TORINO: MOBILITAZIONE CONTRO GUERRE E FRONTIERE

Segnaliamo questa tre giorni a Torino!

24/25/26 GIUGNO: CHIAMATA PER UN WEEK-END DI MOBILITAZIONE CONTRO GUERRE E FRONTIERE!

Dal 24 al 26 di giugno, Torino ospiterà un weekend di mobilitazione internazionale contro tutte le guerre e tutte le frontiere, in città e altrove.
Desideriamo portare l’attenzione al legame stretto e diretto tra le guerre e quanto accade sulle frontiere.
La ricorrente necessità capitalista della guerra imperialista schierata alla difesa del proprio ordine e al controllo costante di mercato e risorse, costringe milioni di persone a sfuggire e attraversare le frontiere.
Inoltre, gli Stati definiscono attraverso repressione e controllo l’entità del loro territorio integrando o rigettando le persone, secondo le proprie esigenze economiche, inquadrate all’interno di un discorso classificatorio razzista.
Il business tecno–militare privato sfrutta costantemente le conseguenze della spartizione dei territori saccheggiati e colonializzati, sperimentando le sue macabre innovazioni di controllo e sorveglianza, sui corpi di chi attraversa quelle frontiere.

Durante i tre giorni si alterneranno momenti di scambio di pratiche, approfondimenti e mobilitazione.
Sarà possibile essere ospitat* in città per la durata dell’evento.

Porta la tua attrezzatura da campeggio! E se puoi lascia a casa il tuo amico a quattro zampe.
Segui gli aggiornamenti su passamontagna.info e nocprtorino.noblogs.org

Aggiornamento sulle sorveglianze speciali richieste e date a Bologna

AGGIORNAMENTO SULLE SORVEGLIANZE SPECIALI RICHIESTE E DATE A BOLOGNA

A circa due mesi dall’udienza del 12 luglio il tribunale si è espresso sulla proposta di applicazione della sorveglianza speciale per 7 compagne/i di Bologna: 6 i rigetti e un accoglimento.
Al nostro compagno Guido verrà applicata la sorveglianza per due anni con obbligo di dimora.

A pochi giorni dall’udienza il PM Dambruoso aveva presentato un’integrazione affinché il tribunale si esprimesse non solo, come da richiesta iniziale, sulla “pericolosità qualificata” per reati di terrorismo, ma anche sulla pericolosità generica. Ed è infatti sulla base di quest’ultima che la richiesta è stata accolta.

Stando alle motivazioni, sono le accuse mosse dallo stesso Dambruoso con l’Operazione Ritrovo ad avere “spiccata rilevanza”, “prova della propensione ad atti di pericolo accentuato per la sicurezza e la tranquillità pubblica”.  Ci si spinge addirittura nel merito di quell’inchiesta da cui, secondo i giudici, “emerge chiaramente” che il nostro compagno “è stato autore dell’incendio al ponte ripetitore, in località Monte Donato, nel dicembre 2018”.

Ad oggi, l’instancabile PM ha già presentato ricorso contro due dei sei rigetti e non escludiamo se ne possano aggiungere altri.

Tutta la nostra solidarietà va alle compagne e i compagni sottoposte/i a questa infame misura e a tutte/i quelle/i colpiti dallo Stato per aver attaccato questo mondo.

link: https://ilrovescio.info/2021/10/13/aggiornamento-sulle-sorveglianze-speciali-richieste-e-date-a-bologna/

Brucia il telefono

“L’idea di studiare le tematiche di questo opuscolo è nata in un momento femminista tra donne, lesbiche, froci e trans+ di scambio e condivisione sulla lotta contro le frontiere ed i dispositivi repressivi costruiti attorno ed a partire da esse. Nel cercare approfondimenti su cellulari e telefonia ci siamo imbattutx in questo lavoro che per i suoi anni era fatto molto bene. Qualche tempo dopo abbiamo deciso di tradurlo ed aggiornarlo, già che ci stavamo lavorando sopra abbiamo tolto le parti che non ci convincevano del testo. Quindi quanto leggerete non è la traduzione del testo, ma quello che ci sembrava interessante estrapolare con varie parti ampliate o eliminate.”

PDF BRUCIA IL TELEFONO

Da: https://www.autistici.org/distrozione/brucia-il-telefono/

Green pass: l’unica “sicurezza” è di essere sfruttatx

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Il codice QR fu sviluppato nel 1994 dalla compagnia giapponese Denso Wave, per tracciare i pezzi di automobili nelle fabbriche di Toyota. Vista la capacità del codice di contenere più dati di un codice a barre, fu in seguito utilizzato da diverse industrie per la gestione delle scorte. […]

Stato e Confindustria hanno individuato nel green pass lo strumento per scaricare le proprie responsabilità su milioni di individux, lavoratrici e lavoratori.

Dove la ‘salute’ è ipocrisia la “sicurezza” diventa “decoro” che libera i padroni consegnandogli ulteriori strumenti di controllo e vessazione: il lasciapassare verde è un documento discriminatorio e classista che nulla c’entra con la tutela della salute e con qualsiasi concetto di prevenzione.

Il covid per qualcuno può essere peggio che per qualcun’altrx e vaccinarsi per qualcunx può essere la scelta migliore, ciò non toglie che la protezione relativa legata alla vaccinazione dura pochi mesi – alcuni Stati sono già al terzo richiamo – e non esclude dalla possibilità di contagiarsi e contagiare: prevenzione vorrebbe che ‘vaccinati’ e ‘non vaccinati’ siano trattatx in modo uguale dal momento che i vaccinatx dopo pochi mesi non sono più protetti da infezioni, e neppure da forme sintomatiche.

Resta inoltre vero che ogni situazione rimane a sé, che si richiede un consenso informato, e che imporre una cura farmacologica in modo indiscriminato – sperimentale o meno – con ricatto, obbligo e coercizione, dovrebbe porre importanti dubbi etici da non liquidare in modo tanto superficiale come sta avvenendo.

Le statistiche da sole non bastano a leggere la realtà e i diversi contesti di oppressione.

Un religioso scientismo torna a contrapporsi ad un antiscientismo di stampo autoritario livellando ogni contraddizione: mentre Stato e padroni strumentalizzano dati e statistiche presentando la scienza come un monolite neutro e perfetto, l’abdicare dei movimenti a qualsiasi confronto circa le possibilità di autodeterminazione e critica dal basso rispetto le misure messe in campo sta lasciando campo libero a contro-letture di derivazione reazionaria e fascista.

Si parla di “senso di comunità” ma tre quarti del mondo subisce le conseguenze del neoliberismo senza nè scelta nè accesso a livelli di benessere minimi: i profitti sulla pelle di chi è sfruttatx non sono mai stati messi in discussione, ‘restare a casa’ in caso di contatto con positivo resta un privilegio per pochx e tamponi e test diagnostici rimangono a carico delle persone.

Il green pass tutela soltanto gli interessi dei soliti noti: liberi si, ma di tornare a sfruttare, mentre le disuguaglianze che hanno segnato la pandemia sin dall’inizio continueranno a farlo.

Stato e padroni per evitare qualsiasi tipo di redistribuzione e cambiamento strutturale stanno cavalcando in ogni ambito un soluzionismo tecnoscientifico che avrà solo l’effetto di rendere invisibili le contraddizioni strutturali dell’organizzazione capitalista all’interno delle città e nei luoghi dello sfruttamento di massa.

La retorica militare della “guerra” al virus, trasversale a tutte le forze politiche ed economiche destre e sinistre, sta trasformando il confronto in censura, il discorso sulla salute in ipocrisia e decoro e il green pass in una sorta di daspo sociale: chi per qualunque motivo non ha le carte in regola, chi non è conforme, chi si ribella ad un ulteriore strumento classista e discriminatorio diventa automaticamente un nemico interno.

Puntare sulla “sicurezza” è utile a fomentare tutte quelle paure che possono essere strumentalizzate in funzione di consenso, le norme messe in campo appaiono infatti più legate ad una ‘decenza’ formale che libera i padroni da ogni responsabilità scaricandole sui lavoratorx, che alla reale salute delle persone che le subiscono.

Ciò che è grave è la legittimazione di un ulteriore estensione del potere datoriale sul corpo dei lavoratorx (di fatto, già consegnato a stato e padroni) sulle condizioni di salute e le scelte di natura sanitaria, sfere che fino a prima di questa emergenza trovavano dei limiti quanto meno formali. Si tratta di un’ulteriore stretta autoritaria nel mondo del lavoro e più in generale nella società, un pericoloso precedente, che non riguarda esclusivamente la minoranza relativa di chi non vuole/non può vaccinarsi.

Salute oggi non è ascolto dei corpi, non è stare bene ed essere felici. Non è vivere in un ambiente, naturale e sociale, sano. Non è realizzare i propri desideri, avere ciò di cui si ha bisogno, buon cibo, buona vita, buone relazioni. Non è invecchiare e morire con serenità e dignità.

Mentre lo spostamento di risorse dal pubblico al privato procede spedito, tagliando sulla sanità pubblica a scapito dell’assistenza primaria, l’indifferenza dilaga e la solidarietà viene strumentalizzata alimentando una guerra tra poverx e creando sempre nuovi ‘mostri’ su cui scaricare insicurezza e timori: la tensione viene scaricata tra oppressx, sospetto e delazione diventano i nuovi paradigmi su cui fondare relazioni e legami in una sempre piu ampia disumanizzazione delle relazioni sociali.

La gestione securitaria della pandemia sta creando una nuova dottrina perbenista della “tolleranza zero”: mentre le relazioni di prossimità e la solidarietà collassano, neoliberismo e salute si stringono la mano procedendo per ricatti economici e sociali sempre più esasperati.

Normare in senso discriminatorio e punitivo è utile a garantire la necessità capitalista di manodopera salariata sottopagata e obbediente, ma la sicurezza sul lavoro oggi è sicurezza di essere sfruttatx!

NON È LA DITTATURA SANITARIA, È LO STATO NEOLIBERISTA! LA SALUTE SI CONQUISTA INSIEME CON LA SOLIDARIETÀ E CON LA LOTTA NON CON UN DISPOSITIVO CHE RICATTA, CONTROLLA, ESCLUDE E DISCRIMINA

Bologna, ottobre 2021


PS. Qual’ora ci fosse bisogno di dirlo, e a scanso di equivoci: strumentalizzare olocausto e camere a gas in funzione anti green pass è una merda.

Vignola: arriva il daspo urbano

Dal 1° settembre in tutta l’area dell’Unione Terre di Castelli (Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Guiglia, Marano sul Panaro, Savignano sul Panaro, Spilamberto, Vignola, Zocca) sarà possibile per le forze dell’ordine utilizzare il daspo urbano per allontanare soggetti indesiderabili,  individualità dissidenti e marginalità sgradite.

La misura, voluta dalla sindaca di Vignola Emilia Muratori (PD) in qualità di assessore dell’Unione con delega alla Sicurezza, potrà essere applicata a luoghi pubblici come le autostazioni, le stazioni dei treni, i centri storici, i servizi sanitari, le scuole,  le fiere, oltre che ai mercati e agli spettacoli, ai parchi, ai centri sportivi e ai luoghi della cultura.

Link: https://www.comune.vignola.mo.it/comune/sindaco/vignola_informa/entra_in_vigore_dal_1settembreil_daspo_urbano.htm


Arriverà quella soglia di saturazione in cui l’insieme delle oppressioni e delle discriminazioni sistemiche diventerà inaccettabile?

Il tema del “decoro” continua ad alimentare una macchina della sicurezza sempre più infame e affamata: ad ogni provvedimento restrittivo ne consegue un altro più duro.

Il disciplinamento esasperato di ogni aspetto della vita sta individuando sempre nuovi bersagli su cui scaricare insicurezza e timori: sicurezza, controllo, disciplinamento e sanzionamento preventivo,  diventano i nuovi paradigmi su cui fondare relazioni e legami in una sempre piu ampia disumanizzazione delle relazioni sociali.

Mentre nei programmi scolastici le istanze femministe e transfemministe vengono depoliticizzate, strumentalizzate e spogliate della loro intrinsceca conflittualità (chi propone il daspo urbano è lo stesso che vuole “cambiare una mentalità patriarcale e retriva”), l’asse portante del controllo patriarcale attraverso cui si perpetra la riduzione strumentale e svilente delle persone a oggetti diventa sempre più forte.

La dottrina della “tolleranza zero”,  la retorica militare della “guerra” al “crimine”, al “nemico”, all'”invasore”, all'”alieno”, la “difesa” e “riconquista” (fortificazione/colonizzazione) dello spazio (riqualificazione e messa a profitto) si accompagnano alla morale “disinfettante” della “pulizia” e del “decoro”.

Neoliberismo e iper-regolazione penale vanno di pari passo: naturalizzare le ingiustizie sociali e puntare sulla “sicurezza” è utile a fomentare tutte quelle paure che possono essere usate in funzione di consenso.

Normare in senso punitivo si presta alla necessità neoliberista di  manodopera salariata sottopagata: l’essere inseritx/piegatx o meno nella catena dello sfruttamento diventa condizione/presupposto minimo per esistere. Chi è contro, fuori, sotto, o ai margini di questa condizione deve essere neutralizzato poichè mette in discussione l’ordine costituito.

Gli spazi pubblici, inibiti all’incontro libero e generativo, diventano il bersaglio di una macchina repressiva  sempre più specializzata nel rendere invisibili le contraddizioni sociali prodotte dal capitalismo:  identificare, preventivamente allontanare, rinchiudere e castigare tutte quelle soggettività che queste contraddizioni subiscono ed esprimono serve ad impedire qualsiasi possibilità di liberazione,  autodeterminazione e messa in discussione dei rapporti di potere ed oppressione che attraversano le città e le nostre esistenze.

Resistere a tutto questo è una responsabilità di tutte e tutti.

Sulle richieste di sorveglianza speciale a Bologna

AGGIORNAMENTO AL TESTO “CHI NON MUORE SI RITROVA”

Considerazioni in merito all’Operazione “Ritrovo” sulle richieste di sorveglianza speciale

A un anno di distanza dall’Operazione Ritrovo è arrivata la richiesta di 5 anni di sorveglianza speciale con obbligo di dimora per 7 compagni e compagne indagati in quell’inchiesta. L’ udienza è stata fissata per il 12 luglio.

La mossa ci sembra del tutto in linea con quanto avvenuto tanto nel passato recente (vedi Cagliari e Genova) che in quello più remoto. A fronte del fallimento o del drastico ridimensionamento della portata di un’inchiesta, si tenta di colpire le stesse persone con altri mezzi. L’intento è chiaramente quello di non mollare la presa, indebolire quei contesti in cui pensare e organizzare la critica e l’opposizione a questo stato di cose è una prassi che rimane costante, anche col solo far sentire compagni e compagne costantemente sorvegliati, col fiato sul collo, cercando di metterli sotto pressione.

La sorveglianza speciale e, in modo differente, le misure cautelari “minori” come gli obblighi e i divieti di dimora sono misure tanto subdole quanto infami. Chi ne è colpito è isolato in modo apparentemente molto meno impattante rispetto a provvedimenti più pesanti, come gli arresti. Tuttavia, seppur con mezzi diversi, l’obiettivo dello Stato rimane lo stesso: restringere il campo di chi si muove, togliere di mezzo chi si espone e fungere da monito per chiunque avesse intenzione di farlo. E ci può riuscire tanto con il carcere che con altre, seppur più lievi misure. Quando compagni e compagne spariscono dai contesti in cui lottavano fino al giorno prima, proprio a causa di queste misure, ce ne accorgiamo. E se non ci sorprende che di fronte a esse la risposta solidale non si esprima con lo stesso impeto che di fronte a un arresto, ci preme comunque sottolineare che l’obiettivo a cui mirano è spesso il medesimo: arrestare dei percorsi di lotta. E questo non possiamo permetterglielo.

Ci sembra quindi essenziale innanzitutto collettivizzare il contenuto di tali richieste e auspicare che il dibattito e la resistenza a queste misure si allarghino, data anche la mole di sorveglianze richieste sul territorio nazionale negli ultimi mesi: 4 a Cagliari, 2 a Genova (di cui una attualmente attiva), 1 a Torino, 7 a Bologna (precedute da altre 2 nella provincia, di cui una rigettata e una data).

Per quanto riguarda la struttura di queste richieste ci sembra di poter dire che, in linea con l’inchiesta da cui prendono le mosse, sono decisamente raffazzonate.

Innanzitutto sono misure di sorveglianza richieste non per una pericolosità “generica”, ma per una cosiddetta “qualificata”, ossia destinata a persone indiziate di particolari tipi di reati; nello specifico reati di terrorismo (capo “d” del paragrafo del codice penale sui soggetti destinatari). Ciononostante, il solo reato di terrorismo che emerge dalle carte è quello legato all’Operazione Ritrovo – per cui compagne e compagni sono tutt’ora indagati – che un anno fa ha portato a sette carcerazioni e cinque obblighi di dimora. Quindi, tautologia già vista: il PM prima lancia l’accusa di terrorismo – respinta sia dal Tribunale del riesame che dalla Cassazione seguita all’appello fatto dal PM – e poi usa l’accusa stessa per dimostrare una pericolosità fondata proprio sul terrorismo.

Entrando nel merito del contenuto, le 7 richieste sono piuttosto individualizzate. Tutte quante condividono però un’introduzione comune, che richiama l’ottica preventiva decantata dal PM Dambruoso all’alba dell’Operazione Ritrovo e la concezione repressivo-pandemica secondo cui nel corso dell’ultimo anno si sarebbe verificata un’ «infiltrazione delle anime anarchiche locali all’interno del tessuto sociale al fine di “cavalcare la rabbia”, derivante dalle stringenti limitazioni imposte dal Governo italiano per il contenimento della pandemia Covid-19, ed incanalarla contro le libere istituzioni democratiche»*.

Per qualcuno si cita precipuamente l’essere intestatario dello spazio di documentazione “Il Tribolo” (al cui interno sono stati sequestrati addirittura striscioni e bandiere, da ritenersi dunque a sua personale disposizione), o la partecipazione attiva alla redazione del bollettino anticarcerario OLGa. Per altri l’aver partecipato a livello nazionale o internazionale a cortei e presidi, in particolare nella lotta contro la repressione e in solidarietà a compagni e compagne in carcere.

Non mancano ovviamente passaggi contraddittori. Per qualcuno la pericolosità personale si evincerebbe dal possesso di strumenti informatici di tutela della privacy. Per qualcun’altra dai contenuti (trascrizione di lettere, volantini, resoconti di assemblee) estrapolati da comunicazioni trasparenti, rinvenute su supporti informatici non criptati.

In alcune richieste ci si sofferma più sul “curriculum” militante, a partire dalle prime denunce (superficialmente riportate con inesattezze e refusi); in altre su fatti accaduti nell’ultimo anno, tra cui le manifestazioni di solidarietà ai detenuti in seguito alle rivolte di marzo 2020 e la partecipazione attiva all’Assemblea in solidarietà ai/alle prigionieri/e, oltre che ai contatti epistolari tenuti con questi ultimi, da cui viene tratteggiato per qualcuno un ruolo di “raccordo” a livello nazionale con compagni/e dentro e fuori le galere.

E poi, questo passaggio: «La condivisione delle dinamiche di lotta rivoluzionaria nel campo dell’anti-carcerario e in solidarietà ai detenuti anarchici insurrezionalisti appartenenti alla FAI/FRI» si sposa ideologicamente con «una progettualità eversiva volta a condurre una insurrezione violenta, anche sfruttando e fomentando le rivolte carcerarie»*. L’adesione ideologica sarebbe una condizione per procedere con richieste di misure preventive. Dambruoso lo dice apertamente dall’anno scorso e oggi continua a battere questa strada senza ripensamenti. Il PM, la cui esecrabile carriera nella procura milanese è stata costruita sulla repressione al cosiddetto terrorismo islamico, tenta di seguire oggi le stesse orme contro gli anarchici. E ciò farebbe ridere visti gli scarsi successi, se non fosse che proprio con simili inchieste per terrorismo, il cui fulcro è proprio l’adesione ideologica, lui come altri PM comminano anni di carcere o di misure preventive a destra e a manca.

La controparte attacca, e lo fa con costanza, mantenendo una sorta di “standard punitivo”, come a dire che sotto un certo livello di repressione lo Stato non scende, tanto in termini di anni comminati, che di tipologia di misure dispensate (preventive e non). Se il livello del conflitto si abbassa la repressione avanza o quantomeno non arretra. Proprio perché, lo dicono loro stessi, l’obiettivo è “prevenire”, evitare che tornino gli anni caldi.

E proprio da qui si è pensato di partire. A fronte della loro prevenzione, vogliamo opporre la nostra, organizzando e rilanciando, di fronte a questa ennesima mossa repressiva, lotte e discorsi che essa avrebbe la pretesa di spezzare.

*citazioni dalle richieste di sorveglianza speciale


link: Chi non muore si ritrova

Francia: su intelligenza artificiale, sorveglianza e trasporto pubblico

Da: https://www.usine-digitale.fr/article/cibest-va-equiper-la-ligne-cdg-express-en-videosurveillance.N1078609

Cibest doterà la linea CDG Express del proprio sistema di videosorveglianza

L’azienda Cibest, con sede a Besançon (Doubs), è stata selezionata per equipaggiare la futura linea CDG Express con le sue soluzioni di videosorveglianza e conteggio passeggeri. Per fare ciò, si affida in particolare all’intelligenza artificiale.

Un milione di euro è il valore del contratto vinto da Cibest da Hello Paris, il consorzio che gestirà la linea ferroviaria tra l’aeroporto Charles De Gaulle e la Gare de l’Est di Parigi, il CDG Express. Mentre Alstom fornirà i treni, Cibest, che commercializza protezione video, conteggio passeggeri, informazioni sui passeggeri e soluzioni digitali per la retrovisione per gli operatori del trasporto pubblico, è stato selezionato per equipaggiare 13 treni e le loro 52 auto.

Identificare movimenti e attacchi improvvisi

“Forniremo una funzione intelligente complementare con intelligenza artificiale e algoritmi che riguarderanno il rilevamento di oggetti abbandonati”, specifica Fabrice Bernard, direttore tecnico di Cibest. Un algoritmo integrato nelle telecamere di videosorveglianza VCA intelligenti soddisferà questa missione, mentre un modulo aggiuntivo di intelligenza artificiale avrà un computer specifico per eseguire il rilevamento comportamentale.

“Identificherà movimenti improvvisi, cadute o persino aggressioni per dare l’allarme”. Prima in 4G poi in 5G a seconda dell’evoluzione della tecnologia, il treno avrà una connessione in tempo reale tra il treno e gli operatori nel PC di monitoraggio. “A seconda degli allarmi, potranno togliere ogni dubbio coinvolgendo personale di bordo o in banchina , aggiunge Fabrice Bernard.

Le apparecchiature Cibest registreranno continuamente le immagini. “A seconda della disponibilità del collegamento wireless, possiamo consultarli su richiesta. Stiamo lavorando con un partner per il software di terra, Axone, che fornisce un sistema VMS con una funzione per rimandare le telecamere a una parete d’mmagine”.

Nessuna stereoscopia per ridurre i costi

Mentre Cibest utilizza la stereoscopia 3D per i sistemi di misurazione che installa presso i suoi numerosi clienti nel settore del trasporto urbano in Francia e all’estero, la soluzione scelta da CDG Express sarà diversa.
“Per non avere alcun costo aggiuntivo integrando un altro sensore sopra le porte, Hello Paris ha preferito che le telecamere garantissero il conteggio anche se l’affidabilità è inferiore”.

Quando la stereoscopia esegue un conteggio dei passeggeri con una precisione del 98%, l’intelligenza artificiale installata dovrà rilevare persone e movimenti per raggiungere un’affidabilità stimata tra il 70 e l’80%. “Il fatto di avere una sola telecamera per la protezione e il conteggio dei video, anche se il suo posizionamento è meno adatto, resta un’innovazione”. Nel 2021, Cibest e i suoi 55 dipendenti lavoreranno per formalizzare il fabbisogno complessivo al fine di consegnare l’attrezzatura entro l’inizio dell’operatività della linea prevista per il 2024 – 2025.

Nel frattempo, l’azienda prevede di internalizzare la produzione dei suoi computer di bordo, cervello del suo sistema di misurazione e protezione video. Per fare questo verranno investiti 600.000 euro in un nuovo edificio mentre verranno assunti 4 dipendenti. Cibest genera 10 milioni di euro di fatturato, di cui il 25% internazionale.

Colpo di mano poliziesco in Francia: parlamento vuoto approva la Loi Sécurité Globale

È dell’altroieri la notizia dell’approvazione, da parte del parlamento francese, della liberticida «Loi Sécurité Globale», con 75 voti a favore e 33 contro, su un totale in teoria di 577 deputati. Il commento del sito Nantes Révoltée

L’altroieri, giovedì 15 aprile, il Parlamento ha approvato in via definitiva la cosiddetta legge sulla “sicurezza globale”. Una legge autoritaria, che va a consolidare il regime di polizia in Francia. È in un Parlamento vuoto che è stata imposta la legge più liberticida dalla seconda guerra mondiale: 75 voti sono andati a favore, 33 contro. Su un totale, in teoria, di 577 deputati. Poco più del 10% dei parlamentari hanno quindi approvato questa legge. Gli stessi parlamentari eletti da una piccola parte della popolazione, sullo sfondo di un voto parziale e di un ricatto elettorale. Il regime autoritario si è imposto silenziosamente senza traccia di alcuna legittimità.

In concreto, questo significa la generalizzazione dei droni in tutti gli interventi delle forze dell’ordine, l’obbligo di sfocare le immagini dei volti degli agenti di polizia e il rischio di essere sottoposti a violenze, di venire arrestati e condannati per chiunque filmerà gli agenti, mentre le immagini delle manifestazioni potranno essere riprese dalle telecamere pedonali e trasmesse in diretta … Questa è la porta aperta all’impiego massiccio del rilevamento di immagini in tempo reale con l’utilizzo di software automatizzati, tra cui il riconoscimento facciale. Ma anche l’autorizzazione al porto d’armi per la polizia fuori servizio, anche nei luoghi pubblici, e più in generale i pieni poteri alle forze dell’ordine che hanno carta bianca già da anni.

Lo scorso inverno più di 500.000 persone hanno manifestato contro il progetto di legge in diverse occasioni. Cortei di massa e decisi, nonostante la terribile repressione. Centinaia di arresti e feriti.

Lo stesso Difensore dei diritti, ma anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, relatori speciali dell’Onu, sono allarmati dalla legge sulla “sicurezza globale”. Una legge che tutti riconoscono come di estrema destra e che mostra bene il cambiamento della natura del regime politico in Francia. Eppure: niente. Un potere inarrestabile che si muove come un rullo compressore e schiaccia qualsiasi cosa sul suo cammino. E che, ancora peggio, continua a comprare droni, veicoli blindati e granate nel mezzo di una crisi sanitaria, con incredibile arroganza. Non siamo riusciti a spaventare il governo.

Allora come fermare questo circuito di autodistruzione? Eravamo milioni a mobilitarci contro la riforma delle pensioni alla fine del 2019. Centinaia di migliaia l’anno dopo per difendere le libertà. Il più delle volte troppo bravi e disciplinati o storditi dalla paura, come fulminati, mentre il cielo si oscurava. Conosciamo tutti le ricette per la sconfitta. Docili processioni. Si chiede calma. Incontri nei corridoi dorati del potere. “Dissociazioni” pubbliche e “condanne” al minimo gesto di rabbia da parte delle organizzazioni di sinistra. A Nantes come a Parigi, queste organizzazioni hanno persino smesso di invocare manifestazioni per paura della “violenza” dei manifestanti! Perdere senza nemmeno combattere. Per quale problema? Quale risultato? Seguire le regole del gioco del nemico è la certezza di essere sconfitti.

Una “dittatura” che si nasconde sempre meno dai suoi disastri su tutti i livelli, una sorveglianza di massa e un regime di emergenza per la sanità destinato a durare: abbiamo ancora il tempo di cercare di essere “responsabili” e “comprensivi” agli occhi dei media che, in ogni caso, lavorano contro le nostre lotte? Abbiamo ancora il lusso di essere “ragionevoli” con LBD+ rivolti ai nostri corpi? C’è solo una rivolta che ha scosso seriamente il potere negli ultimi 10 anni: quella dei Gilet Gialli. E non stava seguendo nessuna delle regole del gioco, nessuno dei piani, e stava direttamente, materialmente, prendendo di mira gli ingranaggi del potere e dei suoi rappresentanti. Macron e i suoi complici lo hanno ripetuto sufficientemente: sono in guerra. Capiscono solo la forza e reagiscono solo quando temono per la propria integrità e per quella dei loro amici.

+LBD è una sigla che sta per «lanceur de balles de défense», un’arma molto utilizzata, soprattutto negli ultimi anni, dalle forze dell’ordine per reprimere le manifestazioni nelle piazze francesi. È considerataun’arma “non letale” ma di fatto ha provocato tantissimi feriti negli ultimi anni e, come denunciano alcune ricerche oltre che molti collettivi, la presunta non letalità dell’arma andrebbe seriamente messa in discussione.

Pubblicato sul sito Nantes Révoltée