ORA COME ALLORA

Riceviamo e diffondiamo un testo in solidarietà ai condannati/e del Brennero da Udine.

Il 7 maggio del 2016 un corteo di diverse centinaia di persone si batte per diverse ore al passo del Brennero bloccando autostrada e ferrovia per più di mezza giornata, in risposta alla proclamata intenzione del governo austriaco di costruire un muro anti-immigrati alla frontiera italo-austriaca con la complicità dell’Italia.
Lo Stato decise di processare per quella giornata in totale più di 120 compagni e compagne. La sentenza d’appello ha alla fine condannato 63 di loro a più di 125 anni di carcere. Qualora le condanne fossero confermate in Cassazione, il 5 marzo prossimo, una trentina tra compagne e compagni potrebbero finire in carcere, molti altri e altre ai domiciliari.

Erano gli anni in cui il governo italiano di centro-sinistra iniziava a pagare i signori della guerra libici e le loro milizie di assassini per il blocco e l’internamento nei lager libici di centinaia di migliaia di donne e uomini in fuga da comunità e territori devastati dal colonialismo occidentale e il Mediterraneo diventava un cimitero sempre più vasto; in cui i Balcani ridiventavano costante luogo di transito verso l’Europa, con quella che venne definita rotta balcanica; in cui, all’interno dei confini nazionali, con i “pacchetti sicurezza” Minniti e Salvini lo Stato e il capitale nostrano imprimevano un’ulteriore accelerata – all’interno di una generale continuità inaugurata già molti anni prima – alla guerra ai poveri, ai marginali, ai devianti, ai ribelli, a chi non può o non vuole piegarsi ai ricatti dello sfruttamento, del decoro, del lavoro salariato, della repressione.
Da quei giorni le cose non sono certo migliorate, anzi. Chi cerca di fare ingresso nella fortezza Europa dopo aver affrontato il deserto e i lager libici, o i campi, le deportazioni e i pestaggi delle polizie balcaniche, francesi o ungheresi viene lasciato deliberatamente affogare in mare o morire di freddo in montagna o per strada.
Il genocidio portato avanti (col fondamentale supporto degli alleati occidentali) dallo Stato sionista di Israele verso la popolazione palestinese a Gaza e in Cisgiordania, la guerra tra la Nato e la Federazione Russa in Ucraina generano profitti enormi per l’industria militare e per il comparto della ricerca al servizio dello sviluppo e del rinnovamento del sistema bellico-industriale, la quale è la prima complice e responsabile della morte, del ferimento, della tortura e dello stupro di milioni di oppressi e oppresse.

Sui fronti interni, solo per considerare il nostro, il lascito della gestione militare dell’“emergenza” Covid-19 – oltre ad un riuscito esperimento di mobilitazione generale della popolazione in un simulato scenario di guerra – è un deciso avanzamento del controllo dello Stato e delle sue polizie in ogni ambito della vita, reso possibile non solo dalla presenza fisica di sempre più sbirri e militari nelle strade, ma soprattutto dalla digitalizzazione che tritura quasi ogni anfratto della quotidianità.
Un avanzamento che prefigura e prepara – tanto nel discorso pubblico e quanto nelle realtà dei territori – a conflitti che potrebbero estendersi ben oltre le loro dimensioni attuali.
La guerra di Stato e padroni a sfruttati e sfruttate si fa ogni anno, ogni mese, sempre più aperta e brutale; basti citare l’ultimo pacchetto sicurezza del 2023, i decreti “Piantedosi”, “Cutro” e “Caivano”. Quest’ultimo nato a seguito di due fatti di violenza di genere, che però non è affatto centrale nel decreto ma funge da mera giustificazione per la repressione autoritaria dei minorenni delle periferie. Tutti questi decreti sono volti ad aumentare il carico di sfruttamento e repressione per lavoratori e studenti in lotta, occupanti di case, migranti, per chi si rivolta in carcere o nei CPR, per tutti gli esclusi e le escluse da un ordine in via di lento disfacimento e per questo sempre più aggressivo nel portare avanti i propri progetti di ristrutturazione – in senso tecnico, economico,
sociale, ed in definitiva autoritario – nel tentativo di sopravvivere al tracollo innescato dalle sue stesse incessanti attività distruttive.
Ogni giorno che passa il legame tra frontiere e guerra è sempre più lampante anche nel territorio del Friuli Venezia Giulia, “ultima tappa” della rotta attraverso i Balcani percorsa da coloro che abbandonano luoghi devastati dalle guerre presenti e passate condotte dell’Occidente nel continente asiatico per il saccheggio di materie prime e il controllo dei territori dove vengono estratte; dove il fiume Isonzo, il CPR ed il CARA di Gradisca offrono, a pochi metri di distanza uno dall’altro, un ottimo esempio dei diversi gradi di selezione delle “eccedenze umane” di cui il sistema dell’“accoglienza” è complice; dove si fanno enormi profitti con le commesse per regimi democratici e dittatoriali in guerra permanente, negli stabilimenti Leonardo di Ronchi dei Legionari, di Fincantieri e Goriziane Spa; dove ci si prepara pian piano alla guerra all’interno dei patrii confini, con ben quattro progetti di cosiddette caserme verdi, ossia il concetto di integrazione civile-militare applicato direttamente alla vita quotidiana dei territori intorno agli avamposti delle forze armate.

Ora come allora siamo dalla parte di chi, con l’azione diretta, decide di attaccare le strutture e i responsabili di questo sistema di annientamento e devastazione, anche perchè “abbattere le frontiere non può essere solo uno slogan con cui reclamare il ritorno a Schengen o una diversa politica di “accoglienza” da parte delle istituzioni e nemmeno una mera espressione di solidarietà nei confronti dei profughi. Significa battersi autonomamente – con quelli che ci stanno – per sconvolgere un ordine sociale marcio fino al midollo”.

Solidali e complici con i condannati/e per il corteo del Brennero

Udine, febbraio 2024

ROMA: PRESIDIO DAVANTI AL CPR DI PONTE GALERIA

Diffondiamo:

Domenica 3 MARZO ore 16.00 Presidio davanti al CPR DI PONTE GALERIA [fermata Fiera di Roma del treno per Fiumicino]

Ad un mese dalla morte di Ousmane Sylla e dalla rivolta delle persone recluse repressa tra pestaggi, lacrimogeni ed arresti, andiamo davanti alle mura del centro di espulsione per portare solidarietà e non permettere che cada il silenzio.
La prigionia nei CPR, oggi prolungata fino ad un anno e mezzo, è una pena inflitta sulla base di leggi razziste che associano la pericolosità sociale all’esistenza stessa delle persone immigrate.
Un esempio vicino di ciò che accade in larga scala nei confronti della popolazione palestinese, bombardata, espulsa, assassinata ed imprigionata perché esiste.
L’appuntamento solidale sarà anche l’occasione per raccontare le proteste in corso in altri centri di espulsione e la repressione che sta colpendo Anan Yaeesh, palestinese carcerato a L’Aquila perché Israele ne pretende l’estradizione e il governo italiano ha deciso di servire il colonialismo sionista con ogni mezzo.

Tuttx liberx-Dei CPR solo macerie

Assemblea di solidarietà e lotta

BOLOGNA: IN STRADA CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA

LUNEDÌ 19 FEBBRAIO ORE 17 in PIAZZA DEL TEATRO TESTONI a Bologna.


CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA SOLIDARIETÀ AI COMPAGNI E ALLE COMPAGNE COLPITE

In questi giorni a Bologna alcune/i compagnx sono stati raggiunti dalla disposizione di prelievo coatto del DNA, braccati sul proprio luogo di lavoro o nelle loro case, altrx compagnx rischiano di andare incontro alle medesima sorte nei prossimi giorni.

Questa operazione si inserisce nell’ambito di un’inchiesta per 270 bis (associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico) che vede coinvolti 19 compagnx: inchiesta che prende le mosse dalla mobilitazione in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo.

Durante lo sciopero della fame di Alfredo, a Bologna come in tante altre città, la solidarietà è stata ampia e trasversale: non stupisce perciò questa disposizione generalizzata di prelievo coatto del DNA, che concretizza la possibilità di schedare geneticamente chiunque, anche solo per l’accusa di aver partecipato o portato solidarietà ad un presidio!

E’ interessante notare come nonostante si cerchi la corrispondenza con tracce biologiche appartenenti a un individuo di sesso maschile, rinvenute su di un accendino trovato in prossimità del luogo dove erano stati incendiati alcuni ripetitori, fatto per cui sono indagatx solo 5 persone; il prelievo del DNA sia stato disposto per tuttx lx 19 indagatx, poiché, come si legge nell’ordinanza siglata dalla GIP, si rende necessario verificare “se l’accendino rivenuto sul luogo dell’attentato incendiario sia riconducibile direttamente o indirettamente (per le donne) agli attuali indagati o agli altri soggetti appartenenti alla galassia anarco-insurrezionalista che ha rivendicato l’attentato”.

Ci troviamo di fronte a un cambio di paradigma della procedura repressiva: se prima si dovevano avere delle prove da associare a dei presunti sospettati, adesso si trovano dei sospettati predeterminati su cui cucire le prove.

Una vera e propria schedatura genetica su base ideologica, che colpisce non solo le individualità anarchiche e le loro azioni, ma anche chi ha inteso portare la propria solidarietà sostenendo, ciascuno secondo il proprio sentire e con le proprie modalità, lo sciopero della fame di Alfredo e la lotta contro il regime di tortura del 41 bis.

Ribadiamo la nostra solidarietà alle persone indagate, braccate dagli sbirri e costrette a farsi prelevare il DNA. Ribadiamo che aldilà dei fantasiosi castelli inquisitori e delle fantomatiche associazioni eversive, in quei giorni nelle strade e nelle piazze al fianco di Alfredo, a dire che il 41 bis è tortura e che il carcere uccide c’eravamo tutte e tutti…

Più forte dell’amore per la libertà c’è solo l’odio per chi ce la toglie

Compagne solidali

MILANO: NÉ PRIGIONE NÉ ESTRADIZIONE – MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA

Diffondiamo:

NÉ PRIGIONE NÉ ESTRADIZIONE
📢 APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA
MILANO, COLONNE DI SAN LORENZO
17 FEBBRAIO, 18.30
Dopo il corteo antifascista del 13 gennaio scorso che ha visto molte persone scendere in piazza in solidarietà agli e alle arrestate e ricercati per gli attacchi contro alcuni neonazisti a Budapest durante le celebrazioni per il “Giorno dell’onore” nel febbraio 2023, scegliamo di tornare un’altra volta in strada.
Aver attraversato così numerosi le vie di Milano dimostra che siamo tanti e tante convinte che sia giusto opporsi al fascismo e che sia importante farlo in prima persona senza delegare alle istituzioni o allo stato il compito di proteggerci dalla violenza e dall’odio fascista; che vogliamo agire fuori dal teatrino mediatico che vede in contrasto maggioranza e opposizione; che sia importante continuare a lottare.
Il 29 gennaio si è svolta la prima udienza del processo a Budapest che si prevede duri almeno un altro anno. Il 13 febbraio a Milano si è svolta un’altra udienza in merito all’estradizione del compagno ai domiciliari che è stata rinviata al 28 marzo chiedendo all’Ungheria una misura di detenzione alternativa al carcere. Anche altri due compagni in Europa sono in attesa delle procedure in seguito all’esecuzione del MAE.
Mentre sulla stampa mainstream i partiti politici fanno campagna elettorale sulla pelle delle persone arrestate e ricercate per i fatti di Budapest, noi vogliamo continuare a esprimere la nostra solidarietà ai compagni e alle compagne che oggi non possono essere al nostro fianco.
Sentiamo forte l’urgenza di opporci alle politiche securitarie dell’Italia e degli altri Paesi europei che collaborano sempre più strettamente nell’ambito del controllo e della repressione. Per l’indagine di Budapest sono stati infatti spiccati 14 MAE (Mandato d’Arresto Europeo), uno strumento che velocizza e semplifica la cooperazione giudiziaria europea, ridotta a pratica amministrativa sempre più basata sulle informative di polizia e priva delle garanzie della procedura giuridica ordinaria. La semplificazione delle procedure a riguardo attuata negli ultimi anni è a senso unico: avvantaggia le richieste afflittive nel mentre rende più difficili possibili alternative alla detenzione. La Ragion di Stato sgomina le tradizionali tutele di chi è “inguaiato con la legge”.
In questo momento di crisi generalizzata in cui peggiorano le condizioni economico-sociali, la guerra infuria appena fuori i confini dell’Europa e al suo interno si rafforzano gruppi e partiti nazi-fascisti, per gli Stati diventa prioritario eliminare qualsiasi forma di dissenso e chiunque decida di lottare e ribellarsi. Per essere vittoriosi sul fronte esterno il fronte interno deve essere pacificato e perciò ogni tipo di opposizione sociale e di contrasto deve essere configurata come “nemico interno da neutralizzare”.
Lo vediamo in Italia con l’inasprimento delle pene per i picchetti e i blocchi stradali, strumenti di lotta fra i più utilizzati dai lavoratori o con l’ultimo Pacchetto Sicurezza del Governo Meloni che prevede l’introduzione di nuovi reati con pene altissime per chi si rivolta all’interno di carceri e CPR, e contemporaneamente conferisce maggiori finanziamenti e poteri alle forze di Polizia.
In Francia intanto si propone di inserire nell’elenco delle organizzazioni terroristiche alcuni gruppi antifascisti mentre in Germania già da tempo la repressione verso questi collettivi e le pratiche che portano avanti è spietata e ha visto nel recente passato la revisione del reato associativo e la sua applicazione per colpirli.
Come possiamo affrontare questa situazione? La tradizione degli oppressi contiene una vasta gamma di pratiche ancora oggi attuali e da riproporre. Nel farlo, è necessario scardinare la dicotomia fra violenza e non-violenza. L’apriori pacifista e legalitario è, come ogni assoluto, un impedimento allo sviluppo di lotte efficaci; come insegnano da oltre sessant’anni gli afroamericani, ci si batte “con ogni mezzo necessario” e, come recita un antico proverbio tedesco, “quando un grave pericolo è alle porte, le vie di mezzo conducono alla morte”.
Perciò siamo al fianco di chi viene accusato di aver aggredito dei nazisti, di aver attaccato sedi dell’estrema destra, di aver contrastato con decisione i dispositivi della Fortezza Europa.
Gli Stati rafforzano i loro legami. Noi rafforziamo i nostri.
LIBERTA’ PER TUTTI E TUTTE

ESITO UDIENZA PER GABRIELE

Il 13 febbraio si è tenuta un’udienza per decidere in merito alla possibile estradizione di Gabriele in Ungheria. L’udienza è terminata con un ulteriore rinvio al 28 marzo.
Nonostante il giudice si fosse ritirato in camera di consiglio per prendere una decisione a fine udienza la scelta finale è stata quella di un nuovo rinvio.
Il giudice italiano ha infatti deciso che venga chiesta all’Ungheria la possibilità di una misura detentiva alternativa al carcere, quindi i domiciliari in Ungheria o in Italia. Questo perché sono state riconosciute delle criticità nelle condizioni di detenzione in carcere in Ungheria.
L’Ungheria dovrà rispondere entro i 15 giorni antecedenti all’udienza del 28 marzo.
Nel frattempo Gabri resta ai domiciliari con tutte le restrizioni.

ROMA: IL CORTEO PER ILARIA E LE ALTRX ANTIFA BLOCCATO PER ORE E CARICATO

Diffondiamo:

“Dall’Ungheria alla Palestina Free Them All: al fianco di Gabri, Ilaria, Tobias e i/le compagn* sotto processo, detenut*, ricarcat* “

Il corteo in solidarietà a Ilaria e a tuttx i/le prigionierx è stato bloccato per circa due ore nei pressi dell’ambasciata dell’Ungheria e poi attaccato con una pesante carica per impedire ai compagnx di raggiungere il corteo per la Palestina. Alle 17.30 il corteo è riuscito a ripartire.

LIBERTÀ PER TUTTX LE ANTIFA!

UDINE: TATTOO CIRCUS BENEFIT CONDANNATX DEL BRENNERO

DOMENICA 18 FEBBRAIO
Allo Spazio Autogestito di Via de Rubeis 43, Udine

Il 7 maggio del 2016 un corteo di varie centinaia di persone si batte per diverse ore al passo del Brennero bloccando autostrada e ferrovia per più di mezza giornata, in risposta alla proclamata intenzione del governo austriaco di costruire un muro anti-immigrati alla frontiera italo-austriaca con la complicità dell’Italia.
Lo Stato decise di processare per quella giornata in totale più di 120 compagni e compagne. La sentenza d’appello ha alla fine condannato 63 di loro ad un totale di 123 anni di carcere. Qualora le condanne fossero confermate in Cassazione, il 5 marzo prossimo, una trentina tra compagne e compagni potrebbero finire in carcere, vari altri e altre ai domiciliari.
Come transfemministx riteniamo fondante l’intersezionalità delle lotte e l’importanza di sostenerci l’unx l’altrx contro la repressione che avanza e che colpisce chiunque si esponga contro le nocività e le oppressioni sistemiche.
Ora come allora siamo dalla parte di chi, per mezzo dell’azione diretta, decide di attaccare le strutture e i responsabili di questo sistema di asservimento e devastazione, perchè abbattere le frontiere non può essere solo uno slogan con cui reclamare il ritorno a Schengen o una diversa politica di “accoglienza” da parte delle istituzioni e nemmeno una mera espressione di solidarietà nei confronti dei profughi. Significa battersi autonomamente – con quelli che ci stanno – per sconvolgere un ordine sociale marcio fino al midollo.

PROGRAMMA DELLA GIORNATA

Ore 10.30
Aggiornamento sul processo e discussione a partire da quella giornata di lotta e i suoi legami con il presente.

a seguire PRANZO SOCIALE VEGAN

Nel pomeriggio furious feminist dj set con ERIKA e URANIA IMPOVERITA

Tutto il giorno TATTOO

Come funziona la Tattoo circus

Tattoo Artists presenti:

Lady Electric Ljubljana
Se hai già in mente un tatuaggio (medie o piccole dimensioni) contatta Lady Electric per metterti d’accordo e prenotare un posto scrivendo a ladyelectrictattoo@gmail.com

Krina
Se ti piace lo stile di Krina vieni a vedere il suo flash book e decidi sul momento!

ANGOLO TAROCCHI a cura di Coco
Avete bisogno di un consiglio su quella situazione che vi sembra proprio irrisolvibile? Magari una lettura può aiutarvi a fare chiarezza sui vostri sentimenti e darvi un piccolo suggerimento.
N.B. Qui non si predice il futuro!

Banchetti informativi
Distro
Cibarie vegane e senza glutine
Autoproduzioni
e ciò che va oltre la fantasia…

SE SEI MOLESTO STATTENE A CASA TUA

Se hai domande e curiosità puoi scrivere a laboratoria.tfq.ud@canaglie.org
https://laboratoriatfqudine.noblogs.org/

UNA GRAVE STORIA DI VIOLENZA MEDICA AL CARCERE DI PARMA

Riceviamo e diffondiamo la storia di Sereno Quirino, detenuto da sedici anni nella casa circondariale di Parma.

Mi chiamo Luca Sereno e scrivo per denunciare il trattamento a cui è sottoposto mio padre, Sereno Quirino, detenuto da 16 anni nella casa circondariale di Parma. Negli ultimi anni, ha affrontato gravi problemi di salute, tra cui dischi intervertebrali schiacciati lungo la spina dorsale, calcificazione delle rotule della gamba destra e sinistra, 6 tumori benigni rimossi tra intestino e colon, macchie nere nei polmoni e varie altre patologie.

All’arresto, 16 anni fa, mio padre non presentava alcuno di questi problemi, ma ora è costretto a utilizzare stampelle e, in alcuni giorni, una sedia a rotelle. Durante i processi, viene trasportato in ambulanza e giunge in tribunale sdraiato su un lettino a causa dei suoi gravi problemi di salute.

Dopo molte lotte e richieste con il mio avvocato, siamo riusciti a ottenere visite più complete e specializzate per le sue patologie presso il Centro dei Dolori. Prima di queste visite, a mio padre venivano somministrati diversi medicinali, tra cui Seroquel da 200 mg (tre pastiglie al giorno, quindi 600 mg), Irika, Stinox, Contromal e molti altri. La sua cartella clinica è estremamente complessa, e anche ricordare tutti i farmaci a memoria risulta impossibile.

Questo per evidenziare la difficile situazione di salute di mio padre, che necessita di cure adeguate e di un’attenzione particolare da parte delle autorità penitenziarie. Riusciamo a farlo visitare al Centro dei Dolori, dove dopo esami specializzati per i suoi dolori, gli viene prescritto il cerotto di Fentanil. Questo cerotto rilascia il principio attivo nel corpo per tre giorni, successivamente viene cambiato. Inizia con il dosaggio da 25, poi passa a quello da 50 e infine a quello da 100. A ciò si aggiungono i suoi medicinali “di sempre”, con l’eccezione del Contromal, che viene sostituito dal Fentanil in cerotto.

Circa 3-4 mesi fa, mio padre viene sottoposto a un controllo al Centro dei Dolori. Durante questo controllo, la dottoressa, senza spiegazioni, decide di interrompere tutti i medicinali, compreso il cerotto di Fentanil, in un periodo di soli 9 giorni. Questo avviene dopo anni di assunzione regolare, e la rapida diminuzione delle dosi, senza alcun adeguato scalaggio, solleva interrogativi sulla motivazione di una scelta così drastica. È evidente che una persona che ha assunto dosi così elevate di medicinali derivati dalla morfina e oppiacei per molti anni potrebbe reagire in modo significativo a una interruzione così improvvisa e completa del trattamento. Restiamo perplessi e ci chiediamo quale possa essere il motivo dietro una decisione così radicale, specialmente considerando gli anni di somministrazione di questi farmaci. Mio padre non ha certo guarito miracolosamente da un giorno all’altro; al contrario, la sua situazione è peggiorata. È come se andaste dal medico con la febbre e, anziché prescrivervi una normale tachipirina o effettuare esami specialistici, vi privasse improvvisamente del trattamento. Questo esempio, seppur semplice, mira a illustrare la gravità della situazione. Una dottoressa ha compiuto un gesto simile, togliendo tutto senza apparente motivo. Benché conoscessimo il motivo, senza prove non possiamo dichiararlo apertamente. È evidente che si tratti di qualcosa di più, poiché anche un bambino comprenderebbe che un’azione del genere equivale a tortura.

Dopo quel giorno, mio padre ha subito un intervento per rimuovere polipi e tumori (sei in totale, tra colon e stomaco). Sorprendentemente, dopo l’operazione, non gli è stato somministrato alcun antidolorifico o sollievo. Abbiamo presentato denunce, ma le risposte sono state deludenti, come il commento della dottoressa che ha dichiarato di pensare di aver aumentato il cerotto. Questo è solo un esempio delle risposte ricevute.

Ho deciso di condividere questa storia su una pagina Facebook dedicata ai diritti dei detenuti, accompagnata da foto che documentano quanto accaduto. La trasformazione di mio padre da prima di quel tragico giorno a ora è evidente durante le videochiamate, quando lo vedo in una sedia a rotelle, senza parlare e soffrendo visibilmente. La sensazione di impotenza di fronte a questa situazione mi distrugge, e il dolore che sto vivendo è straziante. Mio padre sta morendo lentamente davanti ai miei occhi, e mi sento totalmente impotente. Dopo questo articolo pubblicato su Facebook, una ragazza dell’Associazione Yairaiha ETS, contatta la garante dei detenuti di Parma, che visita immediatamente il carcere per comprendere la situazione. Nonostante le rassicurazioni iniziali, viene promesso a mio padre un sostituto del cerotto con lo stesso principio attivo come antidolorifico. Tuttavia, questa promessa si rivela una presa in giro, poiché dopo diverse settimane, mio padre è ancora nella stessa situazione.

La garante, chiedendo aggiornamenti, riceve risposte ingannevoli, affermando che tutto è a posto. In realtà, a mio padre è stato somministrato solo uno psicofarmaco che, anziché alleviare il dolore, lo ha reso quasi catatonico. È vergognoso vedere come invece di fornire un antidolorifico di cui mio padre ha estremo bisogno, venga somministrato un farmaco che lo sta trasformando in uno stato quasi vegetativo. Fortunatamente, mio padre ha rifiutato questo psicofarmaco, dimostrando una lucidità che sembra mancare nelle decisioni della struttura penitenziaria. La situazione che mio padre sta vivendo è un chiaro caso di tortura, una pratica inaccettabile. Nonostante gli sforzi della garante dei detenuti, la presa in giro continua, e nemmeno le informazioni sui medicinali somministrati vengono fornite chiaramente.

Chiedo a chiunque legga questo testo di aiutarmi. Non sto cercando la liberazione di mio padre né sconti di pena; è responsabile delle sue azioni e deve affrontare le conseguenze. Tuttavia, non merita di essere sottoposto ad una simile tortura. Non sto chiedendo l’impossibile, solo giustizia e un trattamento umano. La sua salute è in serio pericolo, e non posso rimanere inerte, aspettando che la situazione peggiori.

Vi prego, chiunque possa aiutare, chiunque possa fare qualcosa, vi chiedo aiuto. Non so più a chi rivolgermi, mi sento impotente. Questa non è solo una questione di diritti umani, ma di umanità. Spero che la vostra solidarietà possa portare a un cambiamento positivo per mio padre.

Di Luca Sereno, ( figlio di Quirino Sereno)

BOLOGNA: IN SOLIDARIETÀ A JUAN

Diffondiamo:

Oggi 26 gennaio si è tenuta l’udienza in Cassazione per il nostro compagno anarchico Juan, in carcere dal 2019 per un attacco contro la sede della Lega di Villorba, condannato in appello a 14 anni e sette mesi. A Bologna sono stati appesi due striscioni, uno in Piazza dell’Unità, uno in zona universitaria, dove sono stati distribuiti e affissi anche volantini in solidarietà.
Non sappiamo chi ha colpito la sede trevigiana della Lega quel giorno ma abbiamo ben chiaro che le vere stragi sono da un’altra parte.

Solidalirietà a Juan! Contro il razzismo genocida di Stato e Lega Nord! Contro il massacro del popolo palestinese! Solidarietà a tuttx lx antifascistx e rivoltosx internazionalistx in Ungheria, in Europa, nel mondo! Contro le frontiere! Solidarietà allx anarchichx imputatx nel processo del Brennero!

 

AGGIORNAMENTO SUL PROCESSO RONDENBARG – AMBURGO G20 2017

Riceviamo e diffondiamo un aggiornamento sul processo Rondenbarg,  Amburgo G20 2017.

Il 18 gennaio ad Amburgo si è aperto il processo Rondenbarg, legato al corteo della mattina del 7 luglio 2017, in occasione del G20. 73 persone di diverse nazionalità (tra cui due italianx) sono accusatx di “grave violazione della quiete pubblica, violenza contro pubblici ufficiali con un caso particolarmente grave, nonché tentate lesioni personali gravi, formazione di gruppi armati e danni alle cose” per aver preso parte ad un corteo di circa 200 persone che fu violentemente represso dalle forze dell’ordine pochi minuti dopo la partenza. Il bilancio dell’operazione fu di un numero imprecisato di feriti tra cui 14 gravi, alcunx con danni permanenti, e 59 arresti, alcunx rilasciatx tre giorni dopo alla fine del vertice, altrx rimastx per settimane o mesi in custodia cautelare in carcere.
Si tratta di un processo politico, nel quale la Procura di Amburgo vuole dimostrare che la sola presenza ad una manifestazione sia sufficiente per condannare per “supporto morale”, reato depenalizzato nel 1970 e reinserito poco prima del G20 appositamente per colpire x manifestantx.
Per ora sono state fissate 25 udienze fino ad agosto. Durante le prime udienze sono stati visionati dei filmati del corteo e si è discusso sulla natura di esso per capire se l’accusa fosse applicabile applicabile o meno. La prossima udienza si terrà l’8 febbraio, seguiranno aggiornamenti.

Segue una traduzione di un quadro di quanto accaduto dal 2017 ad oggi, dal sito https://gemeinschaftlich.noblogs.org/ su cui sono disponibili ulteriori aggiornamenti e informazioni in tedesco.

Qui un aggiornamento a cura di osservatorio repressione https://www.osservatoriorepressione.info/riprendono-processi-g20-del-2017-ad-amburgo/

Informazioni di base sul processo Rondenbarg

Nel luglio 2017 si è svolto ad Amburgo il vertice annuale del G20, in cui si incontrano i capi di Stato e di governo dei venti paesi più potenti del mondo. In quell’occasione decine di migliaia di persone si sono recate ad Amburgo per scendere in piazza contro i negoziati capitalisti e per un mondo più giusto senza sfruttamento e oppressione. Già prima dell’inizio del vertice la città di Amburgo era blindata da forze dell’ordine e da restrizioni alla libertà di aggregazione come il divieto di manifestazioni in un’area di oltre 30 chilometri quadrati dal centro e il divieto di accampamento.
La prima manifestazione “Welcome to hell” della sera del 6 luglio fu brutalmente caricata e dispersa dalla polizia. Il 7 luglio, primo giorno del vertice, migliaia di attivistx erano in giro fin dalle prime ore del mattino per manifestare e bloccare le vie di accesso ai partecipanti al vertice. Dal campeggio autorizzato nel parco di Altona (fuori dall’area oggetto di restrizioni) sono partite diverse manifestazioni che dovevano congiungersi al corteo principale. Sulla strada per il centro della città, in via Rondenbarg, un gruppo di circa 200 persone è stato bloccato da diverse unità di polizia con idranti che hanno chiuso il corteo davanti e dietro e hanno brutalmente caricato la manifestazione da entrambi i lati costringendo le persone a disperdersi. I manifestanti sono stati violentemente buttati a terra, picchiati ed insultati, ci sono state numerose persone ferite che hanno riportato lacerazioni, contusioni, vertebre compresse e fratture ossee anche esposte. I vigili del fuoco sono arrivati sul posto con 12 ambulanze e 5 veicoli sanitari di emergenza e in un comunicato stampa hanno parlato di “incidente con vittime in massa”.[1]
Ferite particolarmente gravi sono state causate tra l’altro da una ringhiera che si è staccata quando i manifestanti hanno tentato di scappare scavalcandola, venendovi spinti contro dalla polizia. La ringhiera si ruppe e alcunx attivistx caddero con essa da un altezza di circa quattro metri. L’episodio venne così commentato alla radio della polizia: “li hanno proprio fatti a pezzi!”.[2] Il dispiegamento di polizia per l’operazione prevedeva oltre a un centinaio di guardie e due idranti, anche l’unità di arresto e conservazione delle prove (BFE) “Blumberg” della polizia federale, nota per i suoi comportamenti violenti, e l’unità speciale di supporto bavarese (USK).
In totale a Rondenbarg sono state fermate 73 persone, di queste, 59 sono state arrestate e portate al centro di raccolta carcerario (GeSa), le altre 14 sono state trasportate in ospedale con ferite gravi e alcune hanno riportato danni permanenti. Alcunx arrestatx sono rimastx per più di 24 ore nelle celle del GeSa costantemente illuminate, strette e soffocanti e sono stati poi trasferitx in vari istituti penitenziari, anche durante la notte, dopo essere statx condannatx dai “Tribunali accelerati” istituiti appositamente per il vertice del G20. Delle 59 persone arrestate, 42 sono state rilasciate solo domenica 9 luglio dopo la conclusione del vertice. Per altre 12 persone invece è stata disposta la custodia cautelare in carcere, che è caduta solamente dopo settimane, o in alcuni casi mesi, di detenzione.[3]

Fabio, italiano, ha trascorso quasi cinque mesi in custodia ad Amburgo dopo il suo arresto a Rondenbarg. Il suo processo è stato sospeso nel febbraio 2018 perché la giudice è andata in maternità. Nel processo di Fabio, la volontà incondizionata della magistratura di perseguire si è espressa non solo nella durata della custodia cautelare in carcere, ma anche nelle dichiarazioni rese dal giudice regionale Tully durante le udienze per la richiesta di revoca della custodia cautelare. Senza nemmeno aver mai visto Fabio e senza avere nemmeno un rapporto a disposizione, il giudice Tully ha ipotizzato che il diciannovenne avesse “un’inclinazione alla violenza” e “significative carenze caratteriali e educative”. Il concetto di “inclinazione alla violenza” fu introdotto nel diritto penale minorile tedesco dai nazisti nel 1941 e venne mantenuto anche durante la revisione della legge nel 1953. [NdT il processo di Fabio è stato archiviato senza ulteriori richieste nell’autunno 2023]

Le indagini sono state seguite dal SOKO Black Block, unità speciale appositamente costituita, che ha successivamente identificato altrx attivistx tramite fotografie e ha effettuato decine di perquisizioni domiciliari. Finora il Tribunale distrettuale ha presentato accuse contro un totale di 73 imputatx divisx in otto gruppi procedurali.[4] Tuttavia, le indagini sono state notificate ad un totale di 85 persone.
Tra questi vi sono tre cittadinx svizzerx che sono stati giudicati dal Tribunale di Zurigo per il procedimento Rondenbarg. Il loro processo, inizialmente rinviato a causa del Covid, si è svolto solamente il 16 aprile 2021 presso il Tribunale distrettuale di Zurigo. In questo processo il giudice aveva già emesso il verdetto in anticipo. Nel fascicolo del Tribunale messo a disposizione per l’ispezione prima del processo c’era infatti un documento con una sentenza già completamente formulata contenente le motivazioni del giudice Vogel, datato autunno 2020. Gli imputati hanno lasciato l’aula durante il processo per protesta contro questa farsa. Il verdetto è arrivato per iscritto il 21 aprile 2021: due compagnx sono statx giudicatx colpevoli e condannatx al pagamento di multe per violenza e minacce contro pubblici ufficiali e per violazione della quiete pubblica,[5] mentre il terzo è stato assolto.
Il 3 dicembre 2020 presso la Camera penale minorile 27 del Tribunale regionale di Amburgo, è iniziato il processo contro x cinque imputatx più giovani, che nel luglio 2017 erano ancora minorenni. L’imputazione, per queste cinque persone come per le altre, è quella di “grave violazione della quiete pubblica, violenza contro pubblico ufficiale con un caso particolarmente grave, nonché tentate lesioni personali gravi, formazione di gruppi armati e danni alle cose”, il processo avrebbe dovuto svolgersi a porte chiuse. Il giudice Halbach, che ha in carico il processo, è noto per le sue dure condanne contro gli occupanti abusivi e per le condanne lievi o sospese contro gli stupratori di gruppo. Tuttavia, solo le prime due udienze hanno avuto luogo il 3 e il 9 dicembre 2020.[6] Il 27 gennaio 2021 il processo è stato annullato a causa del Covid.[7]
Un nuovo tentativo da parte del tribunale nel procedimento Rondenbarg avrà luogo nel gennaio 2024. Il processo contro sei imputatx inizierà il 18 gennaio 2024 ad Amburgo, finora sono state fissate 25 udienze. La procura non accusa lx imputatx di alcuna azione personale: con l’ausilio della formula “azione collettiva” si mira ad emettere condanne senza avere prove concrete e individuali delle accuse, ma basandosi solamente sulla presenza ad una manifestazione. L’obiettivo è criminalizzare chiunque prenda parte ad una manifestazione. Se il Tribunale desse seguito alle richieste del pubblico ministero e condannasse le persone coinvolte nel procedimento Rondenbarg, la libertà di riunione, il mezzo più importante del dibattito politico negli spazi pubblici, sarebbe fortemente messa a rischio.
L’intento della Procura della Repubblica è annullare la riforma sulla violazione della pace del 1970, paragrafo 125: prima del 1970, la semplice presenza in una “assemblea non pacifica” era un reato penale.[8] Oggi, il cosiddetto “supporto morale” viene talvolta utilizzato per condannare le persone come “complici”: questa interpretazione è già stata utilizzata nel processo Elbchausee sempre per fatti accaduti nel contesto del G20, sebbene la Corte federale di giustizia (BGH) abbia più volte sottolineato in passato che la semplice presenza in una “folla violenta” non è sufficiente per una condanna per violazione della pace. Nel 2017, tuttavia, la Corte federale di giustizia ha deciso che le “marce ostentate” [“ostentative Mitmarschieren” NdT] potevano essere punite per violazione della pace, sebbene questa norma dovrebbe applicarsi ai gruppi di hooligan e non alle manifestazioni politiche.[9]

La campagna “Gemeinschaftlicher Widerstand” [resistenza comunitaria NdT] è stata lanciata alla fine del 2019 con l’obiettivo di portare sostegno politico alle persone imputate nel cosiddetto procedimento Rondenbarg del G20 e prevede presidi, manifestazioni, eventi e altre azioni di solidarietà, l’appello alla solidarietà è stato firmato da più di 100 realtà. Sosteniamo le persone colpite attraverso una rete di relazioni e azioni di protesta. La nostra solidarietà va a tuttx x compagnx colpitx dalla repressione dello Stato.

Per la chiusura del procedimento e la liberazione dei prigionieri!

 


NOTE

1 Comunicato stampa dei vigili del fuoco di Amburgo, 7 luglio 2017 https://web.archive.org/web/20171201032002/https://www.presseportal.de/blaulicht/pm/82522/3679470
2 “Die haben sie ja schön platt gemacht, alter Schwede” Dal giornale serale ARD, 10 agosto 2017 https://www.youtube.com/watch?v=EdJKWGVd5jg
3 Risposta del Senato a un’interrogazione della sinistra sulle misure che comportarono la privazione della libertà durante il vertice del G20, 12 giugno 2018 https://kleineanfragen.de/hamburg/21/13300-freiheitsentziehende-massnahmen-bei-dem-g20-gipfel
4 Comunicato stampa del Tribunale regionale superiore anseatico, 27 novembre 2020 https://web.archive.org/web/20201127171600/https://justiz.hamburg.de/pressemitteilungen/14681614/pressemitteilung-2020-11-27-olg-01/
5 Comunicato sulla sentenza della Rote Hilfe Schweiz, 22 aprile 2021 https://rotehilfech.noblogs.org/post/2021/04/22/urteil-im-zurcher-g20-prozess/
6 Rapporti sul processo di Rondenbarg sul blog della Rote Hilfe Rondenbarg https://rondenbarg-prozess.rote-hilfe.de/category/prozessberichte/ e su United we Stand https://unitedwestand.blackblogs.org/category/rondenbarg/
7 Avviso di chiusura del processo sul blog Rondenbarg della Rote Hilfe https://rondenbarg-prozess.rote-hilfe.de/category/prozessberichte/
8 Articolo al CILIP sulla storia del diritto di manifestare, 7 agosto 2002 https://www.cilip.de/2002/08/07/per-gesetz-gegen-ein-grundrecht-eine-kurze-geschichte-des-demonstrationsrechts/
9 Sentenza della Corte Federale di Giustizia (BGH) del 24 maggio 2017 https://www.hrr-strafrecht.de/hrr/2/16/2-414-16.php