CHI SI RIBELLA NON È MAI SOLO/A

Il 15 ottobre 2011 resta impresso nella testa di chi l’ha vissuto come una boccata d’ossigeno: vale la pena svegliarsi la mattina e vivere per lottare.
A distanza di 11 anni sappiamo che quella fiammata di rabbia ha un riverbero anche tra chi oggi è giovane e l’ha vissuta nei racconti di chi non ha mai smesso di autorganizzarsi nelle lotte.
Ribellarsi resta una possibilità perché c’è chi lo ha fatto, lo fa e lo rifarà. Non c’è altro modo per dimostrarlo e non bastano le parole, le esortazioni o gli slogan.
La repressione ha colpito duramente: arresti in piazza, condanne pesanti anche per devastazione e saccheggio, carcere.
Il monito è rivolto a tutte e tutti noi.
Il 15 febbraio 2022 arriviamo all’udienza conclusiva, quella in corte di Cassazione, per chi è già stato/a condannata/o in secondo grado nell’ultimo troncone processuale.
Se le condanne verranno confermate, alcune delle persone imputate entreranno in carcere.
I risarcimenti richiesti dalle parti civili ammontano a centinaia di migliaia di euro.
La solidarietà che abbiamo dimostrato sin dal primo momento ai/alle manifestanti colpiti/e dallo stato è la stessa che ci guida in tutte le lotte ed è motore delle nostre relazioni.
Martedì 15 febbraio saremo davanti la corte di cassazione, dalle ore 10, in presidio solidale per chi entrerà a processo e per tutte e tutti noi.
Vi invitiamo a partecipare perché non possiamo restare in silenzio.

LIBERI TUTTE

_Le compagne e i compagni_

Insuscettibili di ravvedimento

Ieri mattina, 8 febbraio 2022, Ros e Digos hanno eseguito tre mandati di custodia cautelare e perquisizioni a Torino e dintorni. Una persona è stata raggiunta dall’ordine di arresto mentre si trovava già in carcere, un’altra, sottoposta ad obbligo di dimora è stata arrestata e portata alle Vallette. Un nostro compagno invece dopo la perquisizione si è visto notificare l’obbligo di dimora a Torino insieme alle firme quotidiane e al rientro notturno.

Le indagini inizialmente erano partite vertendo su un’accusa di addestramento e attentato con finalità di terrorismo (270 quinquies e 280 bis) estendendosi poi con l’uso di intercettazioni telefoniche e geolocalizzazioni a reati diversi quali rapina ed evasione e resistenza. Quest’ultimo capo di accusa si riferisce al saluto sotto al carcere cittadino del capodanno scorso durante il quale la polizia in assetto antisommossa aveva largamente utilizzato gas lacrimogeni non riuscendo tuttavia a disperdere lə solidali.

Non ci stupisce quest’ennesima operazione repressiva che colpisce chi non ha mai nascosto il suo odio per l’autorità e la sua avversione per le regole imposte. Nel quadro di questa indagine le frequentazioni politiche e la partecipazione a iniziative anarchiche assurgono ad assioma del profilo psicologico degli indagati.

Esprimiamo la nostra solidarietà a chi non si piega davanti alle limitazioni della libertà e alle costrizioni imposte dallo Stato e a chi lotta per distruggerle.

Compagnə e solidali

Da  https://nocprtorino.noblogs.org/post/2022/02/09/insuscettibili-di-ravvedimento/


Taser in arrivo

A Torino dal primo febbraio la polizia sarà dotata del “taser”, la pistola elettrica che paralizza e stordisce chi viene colpito. Fa parte della dotazione di armi “non letali” di cui sono equipaggiate le polizie di mezzo mondo. In realtà, i dati dei paesi come gli Stati Uniti, dove questi aggeggi sono utilizzati da molti anni smentiscono la non pericolosità di queste armi, perché il numero dei morti ha ormai superato il migliaio. Persone colpite ripetutamente, cardiopatici, persone fragili rischiano di morire se colpite da queste armi di “deterrenza”.
Non solo. I poliziotti verranno dotati di telecamere sistemate sui caschi e le divise: un ulteriore sistema di controllo che le forze del disordine statale potranno accendere e spegnere a piacimento per meglio reprimere le lotte.

Qui l’approfondimento su RADIO BLACKOUT


Non solo Torino:

Dopo la sperimentazione avviata a settembre 2018, anche la polizia bolognese, a partire da metà febbraio, avrà in dotazione la pistola elettrica. Idem le volanti della questura di Forlì-Cesena e del commissariato di Cesena e presto anche la polizia della provincia di Modena.

Ad aggiudicarsi la gara per la fornitura di 4482 pistole elettriche su tutto il territorio nazionale l’azienda Axon.


La pistola elettrica si andrà ad aggiungere alla dotazione già in uso consegnando nelle mani delle forze dell’ordine un ulteriore dispositivo potenzialmente mortale, e quindi aumentando, non diminuendo, la potenzialità offensiva e letale di guardie e polizia.

Non tutti sanno che il nome T.A.S.E.R. non si riferisce propriamente all’arma ma al nome dell’azienda che l’ha prodotta e messa in commercio (diventata poi AXON), si tratta dell’acronimo di Thomas A. Swift’s Electronic Rifle, romanzo pubblicato nel 1911, l’azienda si sarebbe ispirata a quest’avventura per il nome della sua ‘impresa’.

Ma vediamo, questa impresa,  dove affonda le sue radici:

Tom Swift e il suo fucile elettrico; oppure Daring Adventures in Elephant Land

Un’ avventura imperialista sullo sfondo di un continente africano rappresentato come selvaggio e oscuro, dove il protagonista, Tom Swift, sviluppa un fucile elettrico per la caccia all’avorio.

L’Africa nel contesto del libro esiste solo come territorio di conquista, le comunità nere locali,  rappresentate come a malapena umane, possono essere saccheggiate, depredate, controllate, guidate o uccise, a completa disposizione dei conquistatori bianchi e “civili”.


Altri riferimenti sul taser:

QUANDO LO STATO SPARA SULLA FOLLA
Le armi non letali come ingrediente della repressione (Qui)

TASER: ARMA A IMPULSI ELETTRICI
Storia, introduzione in Italia, autodifesa (Qui)

TASER
Repressione da shock
Aperiodico del Collettivo Antipsichiatrico Senzanumero (Qui)


PER UN MONDO SENZA PSICHIATRIA, SENZA CARCERE E SENZA FRONTIERE

A luglio del 2021 è stata aperta una sezione ‘nido’ al femminile della Dozza proprio accanto alla sezione psichiatrica – la cosi detta ‘sezione articolazione salute mentale’, l’unica femminile in Emilia Romagna.

Il carcere che annienta gli adulti si è organizzato per l’infanzia: un nido dietro le sbarre accanto al repartino psichiatrico, due dispositivi che insieme esprimono tutta la ferocia del sistema carcerario.

Sabato 22 gennaio dalle 18:00 alle 18:30 su Mezz’ora d’aria, trasmissione radio anticarceraria bolognese sulle frequenze di Radio Città Fujiko, una puntata per parlare di carcere femminile, infanzia reclusa e psichiatria.

PER UN MONDO SENZA PSICHIATRIA, SENZA CARCERE E SENZA FRONTIERE

Il podcast della puntata

La puntata si troverà anche sul sito della trasmissione
https://www.autistici.org/mezzoradaria/

Diffondi

Il 15 febbraio 2021 muore Isabella P., 37 anni,  ‘temporaneamente trasferita’ dall’articolazione femminile di Bologna in quella di Pozzuoli per il tempo dei lavori di ‘ristrutturazione’ nel repartino psichiatrico della Dozza.

Una crisi respiratoria.

Isabella è solo un nome in più nell’elenco dei tanti morti di carcere e di psichiatria.

Isabella non c’è più, l’articolazione ‘salute mentale’ c’è ancora, oggi con una sezione ‘nido’ accanto.

Residenze per l’Esecuzione delle Misure di Sicurezza (Rems): i nuovi manicomi

Contributo su carcere, psichiatria e Rems a cura del Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud di Pisa per l’agenda “Scarceranda 2022”

La Legge n°81 del 2014 ha disposto la chiusura degli OPG (Ospedali Psichiatrici Giudiziari) e ha previsto l’ entrata in funzione delle REMS (Residenze per l’Esecuzione Misure Sicurezza) su tutto il territorio nazionale. La misura di affidamento ai servizi sociali e sanitari, anziché a quelli giudiziari, costituisce un passo in avanti nella riduzione delle misure reclusive totalizzanti, ma, mantenendo inalterato il concetto di pericolosità sociale, non cambia l’essenza della questione.

Come si finisce in una REMS ? In Italia, in caso di reato, se vi sia sospetto di malattia mentale, il giudice ordina una perizia psichiatrica; se questa si conclude con un giudizio di incapacità di intendere e di volere dell’imputato, lo si proscioglie senza giudizio e se riconosciuto pericoloso socialmente, lo si avvia ad un percorso in una REMS o in una struttura residenziale psichiatrica per periodi di tempo definiti o meno, in relazione alla pericolosità sociale.

La legge 81/2014 non ha intaccato il sistema del “doppio binario”: quello che riserva agli autori di reato – se dichiarati incapaci di intendere e di volere per infermità mentale – un percorso giudiziario speciale, diverso da quello destinato agli altri cittadini. Chiudere i manicomi criminali senza cambiare la legge che li sostiene vuol dire creare nuove strutture, forse più pulite, ma all’interno delle quali finiscono sempre rinchiuse persone giudicate incapaci d’ intendere e volere. Una carenza che non ha reciso la logica sottesa al trattamento dei “folli rei”, quella del mancato riconoscimento di una piena dignità alle persone, anche attraverso l’attribuzione della responsabilità per i propri atti.

Per superare realmente il modello manicomiale occorre non riproporre i criteri e i modelli di custodia e metter mano a una riforma degli articoli del codice di procedura penale che si riferiscono ai concetti di pericolosità sociale del “folle reo, di incapacità e di non imputabilità”, che determinano il percorso di invio alle REMS.

Al contrario con le REMS viene ribadito il collegamento inaccettabile cura-custodia riproponendo uno stigma manicomiale. Ci si collega a sistemi di sorveglianza e gestione esclusiva da parte degli psichiatri, ricostituendo in queste strutture tutte le caratteristiche dei manicomi. La proliferazione di residenze ad alta sorveglianza, dichiaratamente sanitarie, consegna agli psichiatri la responsabilità della custodia, ricostruendo in concreto il dispositivo cura-custodia, e quindi responsabilità penale del curante-custode. Tradotto significa l’inizio di un processo di reinserimento sociale infinito, promesso ma mai raggiunto, legato indissolubilmente a pratiche e percorsi coercitivi, obbligatori, e contenitivi.

Il manicomio non è una struttura, bensì un criterio; la continua ridenominazione di tali strutture, infatti, non può nascondere la medesima contraddizione di fondo: l’isolamento del soggetto dalla realtà sociale per la sua incapacità di adattamento nei confronti di un mondo su cui nessuno muove mai alcuna questione e che nessuno mette mai in discussione. Sarebbe essenziale superare il modello di internamento, non riproporre gli stessi meccanismi e gli stessi dispositivi manicomiali. Il manicomio non è solo una questione di dove e come lo fai, se c’è l’idea della persona come soggetto pericoloso che va isolato, dovunque lo sistemi sarà sempre un manicomio.

Non ci aspettiamo che lo Stato cancelli l’articolo che istituisce la pericolosità sociale, visto che negli ultimi anni è stato utilizzato molto dalla magistratura per colpire e reprimere le lotte.

Nelle REMS la durata della misura di sicurezza non può essere superiore a quella della pena carceraria corrispondente al medesimo reato compiuto. Spesso invece accade che le persone che hanno già scontato in carcere tale pena finiscano nelle REMS e non vengano liberati subito e senza condizioni. Infatti la normativa in vigore effettua questa equiparazione solo per la misura di sicurezza definitiva ma questo non vale per le persone che hanno la libertà vigilata con affidamento ai servizi di salute mentale che può estendersi all’infinito. Sono molti anche i pazienti psichiatrici non imputabili detenuti in carcere in attesa di andare nelle REMS, attesa che può richiedere mesi o addirittura anni, con la conseguenza di tenere dietro le sbarre senza limiti di tempo soggetti che non  dovrebbero starci. La soluzione non è certo costruire nuove REMS né aumentarne la capienza.

Le condizioni delle carceri italiane continuano ad essere pessime: le strutture sono fatiscenti, il cibo insalubre, le docce e acqua calda carenti e esiste un sovraffollamento perenne. A tutto questo è da aggiungere annientamento, deprivazione, contenzione fisica, farmacologica, violenza fisica e psicologica.  La reclusione genera disagi, patologie e fragilità che spesso esordiscono in carcere e si protraggono anche dopo la scarcerazione. Nel 2019 sono stati 53 in totale i suicidi negli istituti penitenziari italiani (dato confermato sia dalla fonte del Dipartimento Amministrazione Penitenziaria che da Ristretti Orizzonti) a fronte di una presenza media di 60.610 detenuti ovvero un tasso di 8,7 su 10.000 detenuti mediamente presenti. Per quanto riguarda gli atti di autolesionismo, nel 2019 svetta il carcere di Poggioreale a Napoli con 426 atti (18,79 su 100 detenuti); mentre il valore più alto ogni 100 detenuti lo detiene l’istituto penitenziario di Campobasso con 110,43 atti ogni 100 detenuti, seguito da quello di Belluno che sfiora quota 100 (98,72).

La salute nei luoghi di reclusione è inesistente, manca personale medico e infermieristico , non si trova un banale farmaco per il mal di stomaco ma i detenuti possono avere accesso a svariati psicofarmaci.

Più di un detenuto su 4 è in terapia psichiatrica, con una media del 27,6%. In alcuni istituti addirittura quasi tutti i detenuti sono in terapia psichiatrica: nel carcere di Spoleto risulta psichiatrizzato il 97% dei reclusi, a Lucca il 90% mentre a Vercelli l’86%.

Noi crediamo nel bisogno e nella costruzione di reti sociali autogestite e di spazi sociali autonomi, in grado di garantire un sostegno materiale, una vita senza compromessi di invalidità o Amministratori di Sostegno che gestiscono le esistenze delle persone seguite dalla psichiatria, nonché un reddito e un lavoro non gestiti dai servizi socio-sanitari, bensì autonomamente dal soggetto.

Un concreto percorso di superamento delle istituzioni totali passa necessariamente dallo sviluppo di una cultura non segregazionista, largamente diffusa, capace di praticare principi di libertà, di solidarietà e di valorizzazione delle differenze umane contrapposti ai metodi repressivi e omologanti della  psichiatria.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud-Pisa

per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org / 335 7002669

Protesta e battiture nel carcere di Santa Maria Capua Vetere

Dalla Vampa, Napoli.

Il 1 gennaio nel reparto Senna del carcere di Santa Maria Capua Vetere le donne detenute, circa 50, hanno protestato dopo l’ennesimo maltrattamento di una di loro da parte del medico di turno. C’è stata una battitura e sono stati bruciati alcuni asciugamani.
Della notizia non ha parlato quasi nessuno, se non un paio di articoli che concludono invocando più sicurezza per la polizia penitenziaria, che sarebbe oggetto di continue violenze da parte delle persone detenute. Gli stessi secondini noti per la mattanza dell’Aprile 2020 e di cui un centinaio sono ora sospesi e sotto processo, insieme a diversi funzionari del DAP. La stessa penitenziaria che ogni giorno maltratta, abusa e uccide in questa e in tutte le altre carceri italiane.
Mentre i sindacati di polizia penitenziaria piangono miseria e i vertici del ministero di giustizia fanno di Santa Maria Capua Vetere un caso esemplare per ripulirsi la faccia della strage di Stato avvenuta a Marzo 2020 nelle prigioni italiane, ricominciano a scoppiare focolai in diversi reparti dappertutto. In Campania, sia a Poggioreale che a SMCV sono diverse decine le persone detenute positive. Ma i contagi all’interno non fanno più notizia. Dopo l’iniziale clamore della campagna vaccinale, è evidente che la situazione strutturale di malasanità e sovraffollamento non è mai cambiata.
Ieri un piccolo gruppo di solidali è andato sotto le mura della prigione per portare un grido di solidarietà alla lotta delle detenute di SMCV. Dopo i primi cori, la risposta da dentro è stata immediata, con battiture e urla – “Libertà, hurryia, indulto”. Il saluto è durato poco, ma il messaggio di rabbia e resistenza da dentro è stato forte e chiaro. Torneremo, non mollate.
Tuttx liberx! 🔥



https://lavampa.noblogs.org/post/category/comunicati/

“L’effetto spettatore”

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A proposito di emergenza

Con ‘effetto spettatore’ o anche ‘apatia degli astanti’ si intende quel fenomeno balordo in cui in una situazione d’emergenza gli individui non offrono alcun aiuto a una persona in difficoltà quando sono presenti anche altre persone.
Sembra che la probabilità d’intervento sia inversamente correlata al numero degli astanti. In altre parole minore è il numero delle persone presenti, maggiore è la probabilità che qualcuno di loro presterà aiuto.

Alcuni simpatici esperimenti sociali condotti negli anni Sessanta mettono in luce come la maggior parte delle persone tenda a rispondere più lentamente alle situazioni di emergenza in presenza di altri soggetti passivi, evidenziando una forte dipendenza dalle risposte degli altri.

Uno di questi coinvolse alcuni studentx a cui fu chiesto di compilare dei questionari. Ad alcuni di loro fu chiesto di farlo mentre si trovavano in una stanza da soli, ad altrx invece fu chiesto di farlo in una stanza con altre persone, complici dell’esperimento. In entrambe le situazioni a un certo punto fu fatto entrare nella stanza del fumo. Nella stanza con più persone fu chiesto ai complici di fare finta di nulla e di non preoccuparsene.

Gli studenti da soli nella stanza diedero l’allarme per il fumo quasi immediatamente, quelli in compagnia invece fecero finta di nulla e continuarono con le loro faccende, spostando il fumo dal loro volto. Anche se il fumo era diventato così denso da oscurare loro la loro visione, irritando loro gli occhi o facendoli tossire, comunque non era sufficiente perchè lo segnalassero.

Se gli altri non regiscono alla situazione, gli spettatori interpretano la situazione non come un’emergenza e non intervengono.

Genova: Sfascio occupato!

Diffondiamo:

Testa bassa. Paura. Non gridare e non parlare. Chiusi in casa. Chiusi in stanza. Davanti uno schermo che distolga dalla realtà circostante. Trovare oggetti, passatempi sempre nuovi, che distraggano dal vuoto di un’esistenza di plastica. Guardare un video buffo di noi mentre guardiamo un video. Dilursi in un caleidoscopio che non è più un viaggio di colori e scoperte, ma una gabbia in cui passare ore che ti lasciano più spento di prima. Ti risucchiano nella banalità di tutti i giorni. Ti offrono materiale di cui parlare da un palcoscenico in cui ci sono solo interessi da difendere e ruoli fissi da interpretare. Una rotella che salta, niente di nuovo. Una pratica antica. Un luogo vuoto da tempo. Un luogo come ce ne sono tanti in una città sempre più simile a tutte le altre nel mondo. Città governate sulla base del profitto. Città amministrate creando paure, divisioni e isolamento. Luoghi abbandonati e persone fantasma, nello sbrilluccichio delle luci di natale, che si ammassano nel centro città commerciale. I lustrini di un’opulenza arrogante. Accettare, obbedire, svendersi, svendere gli altri. Voltare lo sguardo da ciò che siamo e da ciò che contribuiamo a creare. Chiudere gli occhi per sempre anche se siamo ancora vivi. Aprire un luogo abbandonato senza concessioni o permessi. Un gesto semplice quasi come mangiare, dormire o respirare. Un gesto che solo una società in cancrena, produttrice e consumatrice di torrenti di disperazione e pillole per la felicità istantanea, può riuscire a far apparire senza senso, inopportuno e sconsigliabile. Per i consigli, grazie, sceglieremo comunque con il nostro cuore e la nostra testa. Per le opportunità ci pensiamo, ma stiamo male in questa civiltà proprio perchè non è il motivo del nostro agire né il metro del nostro giudizio. Per il senso, beh, crediamo sia nascosto e custodito nell’atto stesso, nel desiderio di libertà ed eversione. Anche fosse solo per poche ore, pochi giorni o qualche settimana. Anche se l’interesse di qualche fazione, il prurito di qualche funzionario o lo stato di emergenza di questo periodo vorranno chiudere di nuovo questa porta.Pazienza, ne apriremo un’altra.

Questa mattina abbiamo ripreso uno dei tanti angoli abbandonati in città. Lo spazio comincia a vivere, siamo in via Bartolomeo Bianco 40, nell’ex sfasciacarrozze di Granarolo:
– dalle 17.30 chiacchierata aperta sul nuovo spazio e su come organizzarci
– a seguire cena benefit prigionieri

porta ciò che vorresti trovare, attrezzi e materiali! porta piatto e gavetta! fai girare la voce!