A PROPOSITO DI UNA PICCOLA INDAGINE SUI COLLI BOLOGNESI

Riceviamo e diffondiamo un testo relativo ad un’indagine della digos di Bologna per ordine del p.m. Gustapane, conclusasi il 29 luglio 2021 con la perquisizione delle abitazioni di due compagnx a Marzabotto, nell’appennino bolognese. I compagnx risultano indagatx per istigazione a delinquere e offese alla religione tramite imbrattamento. Il processo inizierà il prossimo 14 Dicembre 2023.  Il reato di istigazione fa riferimento ad alcune presenze solidali tra marzo e aprile 2020 presso il carcere della Dozza a Bologna, durante e a seguito della rivolta del 9 e 10 marzo. Invece, offese alla religione, si riferisce, sempre in quel periodo, al deturpamento del muro perimetrale dei portici del santuario di San Luca, tanto caro ai timorosi di dio, con numerose e ingiuriose scritte a sostegno dei detenuti in rivolta e contro dio, stato e patriarcato.

Il testo pdf: A proposito di una piccola indagine sui colli bolognesi

QUALCHE DRITTA IN PIÙ SUL PRELIEVO DEL DNA

Riceviamo e diffondiamo questo foglio che contiene qualche info, speriamo utile, per chi si può trovare a dover rispondere a un “invito” al prelievo del dna durante una perquisizione. Avere qualche conoscenza in più rispetto le procedure che regolano questo tipo di richiesta può essere utile ad evitare di cadere nel trannello della minaccia del prelievo coatto, e farci sentire più sicurx nel sottrarci al prelievo.

BOLOGNA: CORTEO CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

Diffondiamo un piccolo racconto, senz’altro parziale e non esaustivo, del corteo di ieri contro la violenza maschile e di Stato, che ha scaldato il cuore di molte compagne, e anche il nostro. 💜​​​🔥​

Ieri a Bologna un centinaio di compagnx, sorelle, donne, frocie, soggettività queer e non binarie, sono scese in strada, spalla a spalla, contro la violenza maschile e di Stato, per unirsi alla marea di rabbia che ha invaso Roma, cosi come tante altre città.

Il corteo ha attraversato la Bolognina, quartiere storicamente popolare preda di un violento processo di gentrificazione e militarizzazione, fino a raggiungere il centro, in Piazza Verdi.

È stato detto forte e chiaro che se le forze dell’ordine pensano di poter saccheggiare una rabbia che non gli appartiene e che gli è ostile, hanno capito male, che questa sicurezza che spettacolarizza e strumentalizza episodi di violenza per fare pinkwashing istituzionale e coprire campagne securitarie, discriminatorie e razziste, fa parte del problema, non è la soluzione; che se pensano di legiferare sui corpi delle donne, per assoggettare altri corpi, troveranno la strada sbarrata.

Si è ricordato come il sistematico annientamento all’interno delle città di spazi di intersezione e solidarietà alimenti processi di desolidarizzazione nei quartieri, quando é proprio la conoscenza reciproca in quartiere che tante volte ha impedito alla violenza di rimanere un fatto privato, a pemettere che fosse socializzata e affrontata.

Si è ribadito che una società che si autoassolve e che delega a esercito e militari un problema sul quale essa stessa si basa non fa la sicurezza di nessunx, che chi stupra e uccide è un uomo, non un immigrato, e anzi, più spesso è il “bravo ragazzo”, quello “conosciuto”, “inserito”, che “non farebbe male a una mosca”.

Si è ricordata la storia che si ripete da secoli, a ciclo continuo, che stronca le vite di compagne e sorelle per il desiderio maschile di dominarle, assoggettarle, annichilirle, e quanto il risentimento dell’assassino di Giulia verso la sua autonomia sia in perfetta continuità con la violenza istituzionale perpetuata dall’attuale Presidente della Camera Lorenzo Fontana, che accusa della crisi sociale proprio le donne che studiano, pensano, si laureano, non si dedicano alla famiglia e non fanno figli.

Si è gridata l’ostilità verso una società che intende ridurre i corpi femminili al loro ruolo riproduttivo, utili solo come dispensatori univoci di cure sempre disponibili, dediti all’uomo, al padre, al capo, a riprodurre lo stato nazione bianco.

È stata portata per le strade la voce delle soggettività trans, queer, non binarie e intersex in carcere, sono state ricordate le compagne detenute e tutte le persone che subiscono la violenza della reclusione.

E’ stata portata solidarietà alla resistenza dei movimenti femministi palestinesi e a tutte le donne, le soggettività frocie, queer e non binarie, che stanno lottando per la libertà e per l’autodeterminazione, contro il saccheggio colonialista e imperialista delle nazioni, tutte.

E’ stata ribadita l’importanza dell’autodifesa, della sorellanza, di riprendersi strade e spazi, perché nessuna sia lasciata sola con i propri guai e con la propria rabbia, perché non saremo mai libere finché tuttx non saranno liberx!


BOLOGNA: CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

CHIACCHIERATA CON UNA COMPAGNA AVVOCATO SUL NUOVO PACCHETTO SICUREZZA [MACERIE SU MACERIE]

Condividiamo un podcast di Macerie su Macerie, trasmissione su Radio Blackout, sul nuovo pacchetto sicurezza.

Il 16 novembre il Consiglio dei ministri ha approvato il tanto preannunciato pacchetto sicurezza, ennesima misura sul tema di questo governo, che inasprisce alcuni reati e ne istituisce di nuovi.

Presentato nei giorni scorsi soprattutto alle forze di polizia come una chiara pacca sulle spalle per il lavoro di repressione e tenuta sociale degli ultimi anni, l’elenco delle norme è in continuità col Decreto Cutro del 5 maggio, che già prevedeva una serie di misure aggiuntive in materia penale sulla gestione dei flussi migratori, e il Decreto Caivano, diventato legge con la pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale solo il 13 novembre, qualche giorno fa, particolarmente incentrato sulla creazione di un certo moral panic intorno alla criminalità giovanile.
Il nuovo pacchetto sicurezza ha però delle specificità, che se non si possono dire inedite o inaspettate, rappresentano un salto di qualità rilevante sia contro la possibile crescita dei conflitti sociali in un paese in via di impoverimento rapido e inesorabile, sia contro alcuni soggetti stereotipici (la borseggiatrice incinta, il truffatore di anziani, l’occupatore di case), pronti a essere utilizzati in una campagna di propaganda spietata in quello che si sta delineando come un vero e proprio fronte interno bellico.

 

A Macerie su Macerie una chiacchierata sul tema con Caterina Calia, compagna e avvocato: https://radioblackout.org/podcast/macerie-su-macerie-podcast-20-11-23-il-pacchetto-sicurezza-by-meloni/

UN ALTRO ARRESTATO PER I FATTI DELL’11 FEBBRAIO A BUDAPEST

Diffondiamo:

Questa mattina i carabinieri di Milano si sono presentati a casa di un nostro compagno, Gabriele, e lo hanno arrestato per i fatti dell’undici febbraio a Budapest. Per lui era stato emesso un MAE (mandato di arresto europeo). Gabriele si trova al momento nel carcere di San Vittore in attesa dell’udienza per l’estradizione.

Come ormai ben sappiamo i prigionieri in Ungheria non possono ricevere la posta se non dai contatti autorizzati per i colloqui. Mandiamo tanti telegrammi a Gabriele (ci mettono meno di cartoline e lettere) cosicché possa sentire calore e solidarietà finché è recluso in Italia.

Seguiranno aggiornamenti.

GABRIELE MARCHESI
CC DI MILANO SAN VITTORE
PIAZZA GAETANO FILANGIERI 2
20123 MILANO

TUTTX LIBERX


In seguito all’udienza del 22 novembre a Gabriele sono stati concessi gli arrestati domiciliari con tutte le restrizioni! L’udienza in merito all’estradizione verrà fissata per i primi di dicembre.

GABRI LIBERO
TUTTI LIBERI
TUTTE LIBERE


GABRI LIBERO! NO ESTRADIZIONE!

Nella notte fra il 20 e il 21 novembre Gabriele, un compagno di Milano, è stato arrestato e trasferito nel carcere di San Vittore. In seguito alla prima udienza, mercoledì 22 novembre gli sono stati concessi gli arresti domiciliari con tutte le restrizioni, dove si trova ora. Su di lui pendeva un MAE (mandato d’arresto europeo) emanato dall’Ungheria per i fatti del febbraio 2023, quando alcuni neonazisti presenti a Budapest per commemorare il “giorno dell’onore” vennero attaccati.
Il prossimo appuntamento con la giustizia italiana per lui sarà l’udienza in corte d’appello, l’organo competente in materia di estradizioni, fissata per il 5 dicembre. In questa udienza si entrerà nel merito della decisione per l’estradizione. Esprimiamo la nostra totale solidarietà a Gabriele e rinnoviamo la nostra vicinanza a Ilaria e Tobias. Un pensiero di coraggio e buon augurio anche a tutte le compagne e i compagni tedeschi ricercati dalle autorità per questi MAE.
Mobilitiamoci ovunque affinché Gabriele non venga trasferito in una prigione ungherese dove, come se non bastasse, le condizioni detentive sono tra le peggiori in Europa.

BOLOGNA: CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

Diffondiamo un testo scritto a Bologna da alcune compagne eretiche, transfemministe e antiautoritarie:

CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO. Ci proteggono le nostre compagne non il pacchetto sicurezza 

Abbiamo appreso con rabbia e dolore che Giulia Cecchettin è la 105esima vittima di femminicidio di quest’anno. Vorremmo dirci stupite, ma lo sapevamo già tutte. È la storia che si ripete da secoli, a ciclo continuo, che stronca le vite di compagne e sorelle per il desiderio maschile di dominarle, assoggettarle, annichilirle.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una crescente spettacolarizzazione dei casi di violenza di genere che hanno ricevuto attenzione mediatica, la dinamica è sempre la stessa, mentre si racconta morbosamente la violenza nei minimi dettagli, costringendo la persona coinvolta a ripercorrere costantemente l’accaduto, si cerca di fissare una distanza tra chi commette violenza e la società civile. Lo abbiamo visto succedere a Palermo e lo stiamo rivedendo accadere in questi giorni: chi ci stupra o uccide diventa il “mostro”, il “pazzo”, l'”animale”, troppo difficile ammettere che invece si tratta di una persona “inserita”, conosciuta, un compagno, un amico, un familiare, un conoscente, “quello che non farebbe male a una mosca”, è lo stesso motivo per cui in tante circostanze non siamo credute. È questa normalità che riproduce relazioni di potere e assoggettamento che combattiamo, in famiglia, nelle case, sul lavoro, per le strade.

Si è parlato in questi giorni con indignazione del risentimento che l’assassino mostrava nei confronti della laurea imminente di Giulia, incapace di accettarne l’autonomia, i traguardi, ma se scaviamo, l’odio covato da quest’uomo non ci stupisce e ritorna ben presto familiare. Lorenzo Fontana, attuale Presidente della Camera ed ex ministro della famiglia e della disabilità, figura cardine del Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona del 2019, nel suo testo “La culla vuota della civiltà: all’origine della crisi” senza tanti giri di parole accusa della crisi in corso proprio le donne. Donne che studiano, pensano, si laureano, non si dedicano alla famiglia e non fanno figli. Secondo l’ex ministro attuale Presidente della Camera sono le donne che si sottraggono al loro ruolo di riproduttrici e ancelle del focolare che creano la crisi della nostra società, non chi sfrutta e si arricchisce sulla pelle di comunità e territori, annientandoli. Fontana del resto non fa altro che inserirsi in una lunga genealogia di attacco ai nostri corpi: non dimentichiamo che l’aborto, oggi più che mai minacciato – anche a causa di una normativa che spesso impedisce fattivamente di abortire – era, secondo il codice Rocco, un reato contro «l’integrità e la sanità della stirpe». Una donna non può scegliere se essere madre o se non esserlo: deve riprodurre la società che le uccide, altrimenti è una donna snaturata. Mentre sui giornali si parla di emergenza femminicidi e di uomini impazziti che cedono a raptus, ci si dimentica della continuità storica tra la violenza istituzionale nei confronti delle donne e ciò che si riproduce nelle case e per le strade. Una lunga tradizione di oppressione se si pensa che oltre alla negazione del diritto all’aborto, in Italia il delitto d’onore e il matrimonio riparatore sono rimasti in vigore in Italia fino al 1981.

Omicidi e violenze non sono casi isolati, non sono emergenze improvvise dove lupi venuti dal nulla fanno sembrare la nostra rassicurante quotidianità una serie di true crime. La violenza di genere non è un “problema di ordine pubblico” ma qualcosa di strutturale e sistemico che pervade ogni ambito della nostra normalità. Le lacrime di coccodrillo di una società ipocrita a pochi giorni dal 25 novembre non ci interessano.

Amaramente possiamo pensare che, sì, i nostri corpi valgono, amaramente… perchè nella società capitalista e coloniale i nostri corpi valgono solo quando la loro messa a valore è funzionale a riprodurre lo stato nazione bianco, quando reggiamo le famiglie sulle nostre spalle, quando scandiamo la nostra esistenza tra il lavoro salariato sfruttato e gli istanti di un lavoro domestico invisibilizzato. I nostri corpi valgono se siamo dispensatrici univoche di cura, dedite all’uomo, al padre, al capo, sempre disponibili al ruolo di accudimento. I nostri corpi valgono nella misura in cui sono utili alla propaganda dell’emergenza del politicante di turno che vuole assicurarsi qualche voto in più promettendo “sicurezza contro le barbarie”. Una sicurezza che si pretende arrivi senza che sia messo in discussione l’assetto sociale, e che si traduce nel razzismo sulle persone migranti, nella classificazione di “zone della paura”, nell’aumento di militari e polizia per le strade, in retate nei quartieri, arresti e carcere.

Secondo i dati istat, i crimini violenti si sono sistematicamente ridotti dal 1980 a oggi. L’unico dato in lieve aumento sono appunto i femminicidi. Quella che è cambiata radicalmente, in questi anni, è la percezione di un’assenza di sicurezza. Addomesticatx da anni di retoriche dell’emergenza, ci siamo piegatx alla paura, sempre più alienatx. E così ritorna il vecchio motivetto colonialista e fascista: bisogna proteggere le nostre donne dal pericolo nero. Si legifera sui nostri corpi per assoggettare altri corpi, generalizzando risposte punitive e repressive su parti di popolazione proveniente da specifici contesti sociali e territoriali. Il nome di un luogo che ha visto coinvolti ragazzi minorenni in gravi atti di violenza di genere, diventa il nome di una legge in cui la violenza di genere non è assolutamente il focus dell’intervento ma soltanto il pretesto per prendere provvedimenti di natura autoritaria verso fasce di popolazione già marginalizzate come i minorenni delle periferie.

A Bologna in questi giorni un giornale locale riportava che “sono stati soprattutto giovanissimi nordafricani gli autori di violenze sessuali in luoghi pubblici a Bologna.” Giovane, nordafricano, stupratore. Questa l’equazione di chi vuole parlare alle pance per raccogliere consenso.

Non ci rende sicure una società che si autoassolve e che delega a esercito e militari un problema sul quale essa stessa si basa. La divisa che ci bastona per le strade e ci incarcera quando ci difendiamo o lottiamo per una vita radicalmente diversa fa parte del problema, non è la soluzione. Di questa sicurezza che istituzionalizza e riproduce l’uso patriarcale della forza e della prevaricazione non ce ne facciamo nulla. Non sarà armare di più le forze dell’ordine a renderci sicure. Non sarà un inasprimento delle punibilità su chi usa violenza, che fermerà la violenza.

Desideriamo ripensare a tutto un altro genere di sicurezza, a tutto un altro genere di famiglia, a tutto un altro genere di comunità e di vita, che metta in discussione alla radice la violenza maschile e lo sfruttamento predatorio che si abbatte anche sugli altri corpi, che rimetta al centro la sorellanza, la solidarietà tra oppressx, la lotta per un mondo di libere e uguali, la cura reciproca e l’autodeterminazione.

Bologna, novembre 2023

Alcune compagne eretiche, transfemministe, antiautoritarie

NUOVO “PACCHETTO SICUREZZA”

Il governo Meloni vara un nuovo “pacchetto sicurezza”. Il provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri oggi 16 novembre.

Si parla di “tutele per le forze dell’ordine oggetto di violenza o lesioni”, “contrasto alle occupazioni abusive”, “autorizzazione a detenere senza ulteriore licenza un’arma da fuoco privata diversa da quella di ordinanza per gli agenti di pubblica sicurezza”, “stretta ai blocchi stradali”, “divieto di accesso nelle metropolitane, nelle stazioni ferroviarie e nei porti per chi è già stato denunciato o condannato per furto, rapina o altri reati contro il patrimonio o la persona commessi in quei luoghi.” Diventa “non più obbligatorio il rinvio dell’esecuzione della pena per le donne in gravidanza o madri di figli fino a tre anni”.

Tra le varie misure repressive anche l’introduzione di “un nuovo reato che punisce chi organizza o partecipa una rivolta in un carcere o CPR con atti di violenza, minaccia o con altre condotte pericolose. Un’ulteriore fattispecie di reato punisce chi istiga la rivolta, anche dall’esterno del carcere, con scritti diretti ai detenuti.”

Fonte: https://www.tgcom24.mediaset.it/politica/cdm-approva-pacchetto-sicurezza-arma-fuoco-privata-polizia_72988261-202302k.shtml

CPR CALTANISSETTA: AGGIORNAMENTI SULLA REPRESSIONE SEGUITA AL TENTATIVO DI BLOCCARE UNA DEPORTAZIONE

A seguito dell’azione di solidarietà concreta che alcunx compagnx hanno portato avanti martedì scorso al Cpr di Caltanissetta, tentando il blocco della deportazione di alcunx prigionerx, la repressione si stringe su di noi e le persone vicine. Oltre alle denunce ricevute, negli scorsi giorni moltx di noi hanno subito dei fermi in strada. Stamattina, durante uno di questi fermi, D., un amico e compagno è stato trovato privo di documenti ed è al momento in stato di fermo al commissariato di Cefalù, in attesa di essere trasferito a Palermo. Chiamiamo tuttx lx compagnx solidali a ritrovarci in presidio di fronte all’ufficio immigrazione di Palermo, in Via San Lorenzo, 271 per manifestare il nostro sostegno e la nostra vicinanza al compagno fermato.

CONTRO IL RICATTO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO

CONTRO TUTTE LE FRONTIERE

CONTRO TUTTE LE GALERE

TUTTX LIBERX!!

BRUGHIERE – CRONACHE DAI BASSIFONDI BOLOGNESI E DINTORNI [FANZINE]

In un’epoca in cui il tempo vissuto scivola via fagocitando ogni cosa, macinando momenti, notizie e informazioni senza trattenerne nulla, abbiamo scelto di prenderci il tempo di riguardare all’anno passato, per prendere meglio la mira su quello futuro.

Per una fanza di fine anno che raccolga gli articoli salienti pubblicati su Brughiere lanciamo un invito a grafiche e graficx, non maschi etero cis. Il concept è anticarcerario, antipsichiatrico e contro tutte le frontiere: sbarre aperte, muri che si rompono, radici che spaccano il cemento, fiori e farfalle, piante, anche carnivore… ma anche schermi rotti e tutto quanto possa indicare una critica alle tecnologie capitaliste. Raccogliamo i disegni (in bianco e nero) fino al 10 dicembre, da inviare a: brugo@autistiche.org