Questa mattina, 16 novembre, il Ros (di Bologna, Milano, Brescia e Firenze) ha effettuato delle perquisizioni allo spazio anarchico “il tribolo” e nelle abitazioni di 19 compagni/e tra Bologna, Lombardia e Trentino. Le perquisizioni si inseriscono nell indagine per 270 bis, la cui apertura era stata inizialmente notificata a 6 compagni/e nel giugno 2023 e per la quale, nel corso dell estate, il RIS ha eseguito una serie di accertamenti su vari materiali reperiti sui luoghi dei fatti contestati. Oltre al 270 bis (per 11 de perquisiti/e) vengono infatti contestati, solo ad alcuni, una serie di fatti specifici: un attacco a dei ripetitori di telecomunicazioni, un tentato danneggiamento a dei camion della ditta MARR, un blocco stradale tramite danneggiamento di cassonetti, l interruzione di una messa e l occupazione di una gru nel centro di Bologna. Tutti i fatti si inseriscono all interno della lotta contro il 41 bis e in solidarietà al compagno Alfredo Cospito. Da quanto sin ora siamo riusciti a ricostruire il pm avrebbe richiesto il prelievo del DNA per tutti gli indagati. Ribadiamo la nostra solidarietà ad Alfredo e a tutte le/i prigioniere/i!
Fresco fresco di rilegatura, diffondiamo un nuovo libro benefit prigionierx, pensato e creato in quel di Bologna.
“L’agnello ammazzerà il leone” di Margaret Killjoy.
Una storia di avventura di un gruppo di amicx anarco-punk-squatter che vive in una cittadina occupata nell’Iowa che si trova a dover far i conti con Uliksi, un demone dai poteri piuttosto singolari, quando la situazione in città sfugge di mano.
Dal retro di copertina:
“Potrei dirvi che scrivo storie su società anarchiche e personaggix anarchicx perché voglio promuovere il progetto politico dell’anarchismo, e questo sarebbe vero, ma sarebbe solo una parte della verità. Lo faccio perché voglio scrivere narrativa, voglio raccontare al mondo di persone come me e perché sono un’anarchica.
La narrativa si basa sul porre domande. E la domanda che ho posto in questa storia, ovviamente, è: e se un gruppo di anarchicx in una città occupata evocasse un demone cervo per mangiare la gente?”
Stampato con il ciclostile e con rilegatura DIY, tutto il ricavato del libro andrà benefit prigionierx.
Nell’ultima settimana si sono tenute le udienze finali del processo di primo grado contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar, arrestati il 24 luglio 2020 e accusati (il solo Francisco) dell’invio dei pacchi-bomba al 54° commissariato dei carabineros e a Rodrigo Hinzpeter, ex ministro dell’interno e della difesa nazionale, nonché dirigente del gruppo Quiñenco (25 luglio 2019), ed entrambi del duplice attacco esplosivo nell’edificio dell’immobiliare Tánica (27 febbraio 2020), situato nel quartiere borghese di Vitacura (nell’area metropolitana di Santiago) e avvenuto nel contesto della rivolta generalizzata scoppiata in Cile nell’ottobre 2019. L’azione contro il 54° commissariato e Hinzpeter venne rivendicata dai Cómplices Sediciosos – Fracción por la Venganza, mentre quella nell’edificio Tánica dalle Afinidades Armadas en Revuelta.
Nel dicembre 2021 Francisco si è assunto la responsabilità per entrambe le azioni, sostenendone le ragioni, la scelta degli obiettivi e la significatività rivoluzionaria.
Il 10 agosto 2022, dopo una serie di proroghe al periodo d’indagine, si sono concluse le udienze preliminari e sono state rese note le richieste di condanna: 30 anni di carcere per Mónica e 129 anni per Francisco (secondo il sistema giudiziario vigente nello Stato cileno la procura esprime le richieste prima dell’inizio della fase dibattimentale vera e propria, il juicio oral). Il 18 luglio di quest’anno, dopo un rinvio, è quindi iniziato il processo, cui i compagni hanno assistito in presenza solamente nel corso delle prime e delle ultime udienze, assistendo in videoconferenza per le restanti. Durante quella del 18 luglio il pubblico ministero, rimodulando le richieste iniziali, ha dichiarato che la procura intende infliggere una condanna tra i 20 e i 25 anni a Mónica e una di oltre 150 a Francisco. Durante l’udienza del 19 luglio Francisco ha ribadito l’assunzione di responsabilità per tutte le azioni.
L’arresto e le udienze contro i compagni sono state costantemente seguite dai mass-media in Cile, vista la rilevanza del processo, volto a dare un monito agli anarchici e alle forme di guerriglia sviluppatesi nella realtà sociale cilena in particolare negli ultimi anni, a partire dalla rivolta generalizzata del 2019-‘20. Alle udienze processuali è coincisa una mobilitazione solidale con attività di agitazione e propaganda, trasmissioni sulle frequenze radiofoniche solidali, iniziative in strada e dibattiti, la pubblicazione di un numero unico (“Complicidad y sedición”).
Riportiamo qui di seguito l’aggiornamento sul verdetto e le dichiarazioni finali dei compagni, presenti in aula durante l’udienza del 6 novembre (si tratta di trascrizioni, pertanto non essendovi una stesura scritta la punteggiatura è stata definita da chi ha tradotto).
Verdetto contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar
Ieri, 7 novembre 2023, mentre all’esterno si teneva un presidio solidale, il tribunale – dopo quattro mesi di processo – ha emesso il verdetto contro i compagni Mónica e Francisco.
Francisco è stato dichiarato colpevole come autore per:
– due invii di ordigni esplosivi (alla 54° comisaría dei carabineros e a Hinzpeter);
– un tentato omicidio nei confronti dei carabineros;
– un reato di lesioni gravi nei confronti di un agente dei carabineros;
– un reato di lesioni;
– cinque reati di lesioni lievi;
– un danneggiamento (54° comisaría);
– un tentato omicidio nei confronti di Hinzpeter;
– due reati di collocazione di ordigno esplosivo (edificio Tánica).
È stato assolto dall’accusa di usurpazione di identità.
Mónica è stata condannata in qualità di complice per due reati di collocazione di ordigno esplosivo (edificio Tánica), mentre è stata assolta dall’accusa di possesso di marijuana.
Riassumendo, il tribunale ha accolto quasi tutte le richieste della procura, tranne, nel caso di Francisco, una delle imputazioni di tentato omicidio (che è stata derubricata in lesioni) e l’accusa di furto d’identità (per cui è stata disposta l’assoluzione); nel caso della compagna Mónica ha modificato la sua posizione da “autrice” dei fatti a “complice” e ha rigettato alcune aggravanti richieste dagli inquirenti.
Il tribunale dovrebbe emettere la sentenza definitiva, comprensiva degli anni di condanna che peseranno su ciascuno di loro, il prossimo 7 dicembre.
Salutiamo i cuori neri che assumono il compito di colpire i potenti.
Amore e anarchia per Mónica e Francisco.
Dichiarazione di Francisco Solar Domínguez
Buongiorno,
le azioni delle quali mi sono già assunto la responsabilità, che ho rivendicato politicamente e per le quali verrò condannato, fanno tutte parte di una lunga tradizione storica, specificatamente anarchica, che si incarica di restituire, in prima persona e senza necessità di intermediari, i colpi dei potenti e dei repressori; perché se qualcuno pensava che le loro politiche del terrore, basate su imposizioni e restrizioni di ogni sorta, così come su ondate repressive in cui addirittura, spesso e volentieri, calpestano la loro propria legalità (che tanto dicono di difendere e rispettare), sarebbero passate inosservate e non avrebbero suscitato risposte, si sbagliava di grosso.
Siamo in molti a saper aspettare il momento giusto per agire, a concepire la memoria non come un baule in cui riporre ricordi da contemplare e lamentele, ma piuttosto come un motore, che dà impulso all’azione vendicatrice come parte di una nostra pratica politica permanente, che si nutre della nostra storia, con i nostri successi e le nostre sconfitte.
Ed è stato questo esercizio mnemonico a nutrire le azioni individuali che realizzai negli anni 2019 e 2020; azioni individuali che non necessitavano né del consenso né dell’accordo collettivo, ma che furono il risultato dell’analisi, della decisione e della volontà personali, azioni che per alcuni altri furono parte e indubbiamente fortificarono la guerriglia urbana anarchica, la quale non scompare a prescindere dai costanti colpi repressivi, dimostrando nei fatti la praticabilità e l’efficacia delle relazioni informali orientate all’azione rivoluzionaria. Dimostrando peraltro come non sia necessaria una grande struttura organizzativa per la realizzazione di azioni incisive.
In questo senso, è importante far notare come le grandi organizzazioni rigide e stabili si trasformino rapidamente nel proprio stesso fine, cioè si organizzano nient’altro che per fortificare l’organizzazione stessa, a differenza delle organizzazioni informali che basano le proprie relazioni sull’attacco, cosa che conferisce loro quel dinamismo che previene l’irrigidimento e la comparsa di logiche burocratiche.
Le azioni, oltre a essere colpi diretti a dei rappresentanti e a dei simboli del potere, e oltre a dimostrare che è possibile realizzare i suddetti attacchi, costituiscono un mezzo per la diffusione di idee e messaggi, messaggi di ribellione e libertà, che verranno recepiti e posti in pratica da chiunque lo desideri. Messaggi che solo collegati con queste azioni costituiscono un reale pericolo per l’ordine imposto.
E parlo di ordine imposto perché in questa società non esiste un contratto sociale per il quale gli individui abbiano delegato la propria libertà allo Stato in cambio di libertà e sicurezza – impostazione che per inciso costituisce le fondamenta degli Stati moderni – ma, al contrario, lo Stato si fonda sulla spoliazione storica delle libertà degli individui, sottomettendoli e limitandoli in sempre più aspetti della loro vita, cosa che fortifica e perpetua il dominio statale. Lo Stato non è più solo un’istituzione, ma lo si ritrova in ognuna delle nostre relazioni, rendendo ancora più complesso ed esteso il dominio statale, e pertanto azioni contro lo Stato non solo sono giustificate, ma assolutamente necessarie. E, certo – come ha detto anche il signor Pubblico Ministero nella sua requisitoria finale – “concediamogli pure la parola!”, ma una parola che sia vincolata all’azione rivoluzionaria, perché una parola che pretenda costruire nuove relazioni, scevre di qualunque autorità, deve necessariamente andare di pari passo con l’azione rivoluzionaria.
Non si può negare la crescita e la proliferazione dei gruppi anarchici, negli ultimi tempi, cosa che ha comportato il fatto che i discorsi e le pratiche antiautoritarie siano presenti in gran parte delle mobilitazioni e delle rivolte attuali. Vedendo l’anarchia come una tensione piuttosto che un punto d’arrivo, e intendendola al pari di una lotta permanente contro ogni espressione dell’autorità piuttosto che una società perfetta o un paradiso terrestre, come in molti suggeriscono, si comprende come queste azioni individuali violente siano una parte imprescindibile di questo percorso di liberazione. Voglio lasciar intendere molto chiaramente che, lungo questo percorso, azioni come queste non sono le prime né saranno le ultime, ma come ho già detto precedentemente sono parte di un continuum storico che non sparirà; nonostante ci condannino a decadi di reclusione, e persino se ci uccidessero, ci saranno sempre individui e gruppi di individui che sono disposti a rispondere alla brutalità dello Stato e del capitalismo: ciò è inevitabile.
Infine, voglio approfittare di questa occasione per mandare un saluto complice ai prigionieri e prigioniere, anarchici e sovversivi, che lottano nelle carceri di questo paese.
Viva l’anarchia!
[6 novembre 2023]
Dichiarazione di Mónica Caballero Sepúlveda
Cercherò di essere abbastanza breve, visto che avevo deciso di non prendere la parola in questa sede, però reputo che sia necessario precisare una serie di questioni piuttosto specifiche rispetto ad alcune affermazioni in prevalenza del Pubblico Ministero.
Dunque, ho deciso di rilasciare una dichiarazione finale in questo processo, che mira a essere una punizione esemplare, perché non posso lasciar passare l’opportunità di difendere e chiarire una serie di aspetti che hanno a che fare con le idee e le pratiche che ho difeso e adottato praticamente negli ultimi 20 anni della mia vita.
Il signor Pubblico Ministero ha chiesto al mio coimputato se sono anarchica. E sì, certo che sono anarchica, però questo che significa? Dicendo anarchismo mi riferisco a un insieme di idee e pratiche che, inquadrate in principi che sono, ad esempio, il mutuo appoggio, la solidarietà, l’autogestione, costruiscono idee e pratiche che si iscrivono nella distruzione e nella costruzione, che voglio dire con questo?, la costruzione di ciò che è…
Quando mi riferisco all’anarchismo, intendo quell’insieme di idee e pratiche che in base a principi come il mutuo appoggio, la solidarietà e l’autogestione, costruiscono le condizioni affinché tutti gli individui… costruiscono le condizioni affinché tutti e tutte ci sviluppiamo in maniera integrale, tuttavia allo stesso tempo queste condizioni mirano alla distruzione di ogni forma di dominio.
Cosa intendo con “ogni forma di dominio”? Quelle forme di dominio che sono, ad esempio, l’attuale sistema di oppressione economica imperante, ciò vale a dire il capitalismo, e anche l’egemonia del potere politico, ovvero l’attuale Stato.
All’interno di queste pratiche noi anarchici possediamo un ampio ventaglio, come ben diceva il Pubblico Ministero. Tra le pratiche anarchiche esiste la violenza, ma ciò non è appannaggio unicamente dell’anarchismo, e allo stesso modo l’anarchismo non contempla la violenza come sua unica espressione pratica; e sì, ci sono compagni che hanno collocato degli ordigni, o che hanno spedito ordigni esplosivi, ma insisto: questa pratica di violenza politica non appartiene al solo anarchismo e l’anarchismo non esercita unicamente la violenza politica.
In relazione a tutto ciò, devo necessariamente porre una domanda e contemporaneamente rispondermi: che cosa caratterizza la pratica anarchica? Le pratiche anarchiche, violente o meno, si inscrivono e traggono ispirazione necessariamente all’interno delle idee antiautoritarie. Non possiamo separare l’idea dalla pratica antiautoritaria anarchica, finanche rivoluzionaria in un ampio spettro, senza tenere in considerazione la complementarietà tra idea e pratica. Vale a dire che le pratiche anarchiche non si sostengono senza la colonna vertebrale delle idee. Mettendo in chiaro tale questione rilevante tra idea e pratica, posso categoricamente dire che una pratica anarchica, violenta o no, non sarà mai indirizzata in maniera indiscriminata.
Il Pubblico Ministero, in una delle sue repliche, chiedo venia, durante la sua requisitoria, ha menzionato un concetto molto azzeccato e antico di noialtri anarchici: si è riferito alla propaganda con il fatto. La prospettiva del Pubblico Ministero sulla propaganda con il fatto, o ciò che ha cercato di spiegare in relazione a questo concetto, è una maniera molto miope di vederla, fondamentalmente perché ha tentato di inquadrarla nel contesto storico in cui ebbe il suo apogeo. Se non ricordo male, tra la fine dell’‘800 e l’inizio del 1900, durante un congresso a Londra, un gruppo di anarchici di diversi luoghi del mondo assunsero come pratica la propaganda con il fatto, e questa propaganda con il fatto la incarnarono attraverso assassinii, collocazioni di ordigni esplosivi, e una lunga lista di altri episodi. Ma la propaganda con il fatto è molto più di questo. Ciò che io sto facendo, ciò che sta facendo il mio coimputato in questo stesso processo, con le nostre parole, è propaganda con il fatto; questo è il punto: tutto ciò va molto più in là del mero esercizio della violenza, e nello specifico degli ordigni esplosivi.
Devo anche sottolineare come in questo processo, così come in tutti gli altri processi penali in cui sono stata e in quelli di cui sono stata spettatrice, nei confronti di compagni e compagne tanto in Cile come in altre parti del mondo, si è sempre assimilata la nostra visione politica a dei fatti delittuosi, e mi pare curioso, per non dire altro, che si stia negando questo aspetto investigativo, altrimenti che senso avrebbe avuto il sequestro delle decine, per non dire centinaia, di libri, le centinaia o migliaia di volantini, poster, opuscoli, e così via? Non capisco se non abbia altro scopo che lo studio della nostra concezione del mondo o del nostro modo di intendere la politica o lo scontro con il dominio, e non comprendo la negazione di questo aspetto.
Come già dicevo prima sono anarchica, pertanto nemica di ogni forma di dominazione, sottomissione od oppressione realizzata attraverso qualsiasi struttura di potere, per cui lo Stato, in tutte le sue forme e rappresentazioni, è illegittimo. Partendo dall’idea per cui questo, lo stesso Stato, si creò e consolidò a partire dall’idea del bene comune, o per lo meno il bene della gran maggioranza, cosa che è assai lontana dalla verità, vivo in un mondo in cui un gruppo privilegiato esiste al prezzo della miseria della grande maggioranza. Costruire forme antagoniste alle relazioni di potere è necessario affinché esista uno sviluppo integrale di tutti gli abitanti di questo mondo, tanto umani quanto animali.
Infine, posso dire a tutti i presenti che aspetto piuttosto tranquillamente il verdetto di questo tribunale, perché so che le idee di emancipazione alle quali ho dedicato buona parte della mia vita trascendono me stessa.
In ultimo, ai presenti e ai miei compagni e compagne presenti, come a coloro che ascolteranno o leggeranno in seguito le mie parole, posso dire che fino all’ultimo respiro che mi rimanga, sempre affermerò: morte allo Stato e che viva l’anarchia!
Pubblichiamo la traduzione in inglese di un articolo suddiviso in due parti condiviso di recente “FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA”. Ringraziamo The Blackwave Collective che ha curato la traduzione affinchè l’articolo raggiunga quante più persone possibili, oltre barrirere linguistiche e frontiere.
We receive and disseminate the first part of a text written by several hands by comrades fighting against Detention Center for Repatriation and borders between Italy and France. In the text, an attempt is made to make a synthesis of the European trends of recent months and the recent decrees passed by the government.
Talks about repeated “migration crises” are a great classic of domestic and European politicians and newspapers. These narratives serve to justify the repression and exploitation of migrant people on European soil. In practical terms, exploitation and racist repression are sustained at the national level by a legislative production made up of decree-laws and at the supranational level by the relentless establishment of treaties and agreements. The ever-increasing presence of militarized borders, cops and jails for undocumented people are the practical implications of these policies.
The “Lampedusa crisis” of recent months, which has seen thousands of people stranded in a semi-prison situation on the island, seems to have accelerated some trends in Italian migration and border management. This text wants to try to dwell on some recent changes (especially from the legislative point of view) to give some small elements of analysis to those who fight against state racism, its jails and its borders. In particular, we will try to trace the latest developments concerning the role of Frontex in Europe, the trends in some European countries on the issue of administrative detention and deportations, and the latest decrees in Italy.
IN ITALY, THE CUTRO LAW: EXPLOITATION OR REPRESSION/EXPULSION
While there is a common trend at the European level to move toward the imprisonment and deportation of more and more people, national policies follow and sometimes anticipate these lines. Regarding Italy in particular, we would like to start by analyzing the so-called Cutro Decree, passed after the shipwreck in February 2023 and converted into law on May 5. This law aims to manage migration through a streamlining of vetting practices for bosses, a calculation of flow quotas that provides for the explicit exploitation of workers who will not be able to obtain documents, and by operating an ironic elimination of the already perverse economic migrant/exile migrant distinction. Any person arriving on Italian soil outside the unrealistic quotas established by the decrees finds their administrative situation squeezed onto the ultra-punitive and marginalizing status of poor migrants who are unable to justify their displacement within the parameters defined by “humanitarian reasons.”
The law provides for a three-year planning of flows, that is, the quotas of people who can enter for work. The measure was enacted primarily in response to pressure from employers’ organizations and trade associations of productive sectors such as agribusiness, for instance, which complained of a structural labour shortage. Despite the significantly higher quotas in this latest decree than in previous years (more than 450,000), the need is at least double (833,000 quotas, even though the government itself says so(1). That makes it clear that the Italian government expects to use undocumented people and is careful not to propose a form of regularization for those who are already in Italy.
The Italian government consistently used the instrument of flows, which existed since the 1990s, before there was an organic immigration law (the TUI). Its use has fluctuated over the years according to trends in the labour market and migration policies. When the Libyan route was opened (as a result of the NATO invasion of Libya) in 2011, de facto landings supplanted the quota contraction to the point of making it almost impossible to enter Italy legally for work purposes. The subsequent contraction of landings as a result of the policies of the Renzi government (Minniti and all those that came after him), together with the abandonment of some sectors (agriculture as an example) by workers from Eastern Europe, has created a structural labour shortage in some sectors. For a couple of years now, because of this, employer associations have been calling for the flows raised.
Another planned change, designed to simplify bureaucratic procedures, stipulates that, even without a clearance, the worker can already come to Italy to work. In addition, the master who applies to seasonal workers through the flow decree is free from controls. Under the guise of simplification, a rule created that validates irregularity.
Conversely, for those who land on European Mediterranean coasts or for those who are already in Italy, de facto, it is confirmed that the only channel to get documents in Italy remains the application for international protection, of which the criteria increasingly narrowed, while also growing control and repression, and the guarantees, already meagre for those who are asylum seekers, absent for those who no longer have any hope of regularizing themselves, decrease. The Cutro law also heavily intervenes in the discipline of special protection. Until now, special protection was the only meagre possibility of regularization for those who did not fit the asylum criteria and subsidiary protection. In fact, among the criteria was taking into account the violation of “private and family life”: that is, the applicant had a way to assert his family ties on Italian territory, social and labour insertion, and the length of stay in the country. It was also possible to apply directly to the Questore for recognition without going through the asylum procedure(2). The Cutro law eliminates the violation of private and family life as a legitimate reason for obtaining a residence permit, and the applicant will no longer have the Questura channel to apply. The special protection permit will continue to exist, but it can only be issued if there is a risk of torture or inhuman and degrading treatment in the country of origin. It almost eliminates the possibility of access to forms of regularization for all those people who have been living and working in Italy illegally for years. Residence permits for special protection will no longer be able to be converted into residence permits for work.
The condition of illegality in which people will left is particularly violent considering that the Cutro law also provides for an expansion of the list of safe countries, that is, those countries where Italy does not deem there to be a risk of persecution or degrading treatment. Gambia, Nigeria, and Côte d’Ivoire are now on this list. Note that for these four new entries, these are the countries from which most migrants arrive on Italian shores, as well as those for which it is easier to implement deportation decrees because of the ease given by the bilateral agreements present.
In parallel, the Cutro law sneakily attacks the status of asylum seekers, re fining the control and repression devices provided for those who are applying for asylum. The law provides for an increase in hotspots (now there are three) for identification and registrationƒ procedures of asylum seekers. Hotspots are facilities where the Salvini Law (2018) provides for the possibility of deprivation of liberty for up to 30 more days and where the guarantor of detainees intervenes, reflecting their prison-like nature. In hotspots or similar facilities, identity verification will now also be able to take place through the use of photodactyloscopic surveying and access to databases, in line (avant-garde) with the future guidelines of the European pact on migration concerning how to divide “parcel migrants” among member countries of the union.
In the name of the same racist management and detention spirit, the new law stipulates that a resident’s identity is not verifiable, they may be transferred to a Detention Center for Repatriation for up to 90 days, to which 30 days may added. So, among the reasons why one can detained in Detention Center for Repatriation, one can add the case of waiting for a response to the application for international protection. To avoid detention, any asylum seeker must now prove that they can have 4538 euros available which to “buy” the state a life outside the Detention Center for Repatriation.
The structure of this decree converted into law already falters in the first months, with the first ruling to the contrary pronounced at the end of September 2023: a judge of the court of Catania does not validate the detention of 4 people in the hotspot of Pozzallo (Ragusa) (3). A second ruling to this effect comes on October 8, again from a judge in Catania, again concerning the detention of 6 people in the same Pozzallo hotspot, which is not validated. In any case, the structure of the law shows that it wants to translate in writing the evidence of the border as ubiquitous throughout Europe, enshrining in black and white that every detention, deportation and control post must be treated, in fact, as a border. The government is now analyzing appeals filed by judges, considering them mere bureaucracy (4). The legal text of the Cutro Decree remains standing and enforced.
THE LAMPEDUSA “CRISIS”: THE SOUTHERN DECREE AND SUBSEQUENT MEASURES
Still on the media wave generated after a series of landings of several thousand people in Lampedusa in the past two months, the Government passed two more decrees on the migration issue in September 2023.
The first decree concerns regulations on the housing and detention of migrants; it threaded into a Decree concerning the Mezzogiorno. There are two central points: the extension of detention time pending deportation and the ownership of detention facilities.
Migrantsconsideredirregularandsubjecttoadeportationdecreecouldnowbe detained up to a maximum of 18 months, with 3-month extensions validated by the judge at the request of the Questore.
BothCentersofPermanenceforRepatriationandHotspotsandCASsare transformed into “works intended for national defence for certain purposes.”
The Government, thanks to the assignment given to Defense and the reclassification of facilities, bypasses consultation with regions and municipalities in identifying the facilities. The Ministry of Defense is in charge of their design and implementation.
The Government has established a fund of 20 million euros for 2023: expenditure of 400,000 euros authorized for 2023 and one million euros in 2024.
Management of the facilities will be entrusted to private individuals, as is currently provided for Permanence Centers, while supervision will remain in the hands of the police force. Procedures for construction work are declared “Extraordinary,” so the MoD can order the immediate procurement of services and supplies as an exception to procedures (as in cases of earthquake or flood).
The number of centres will have deemed “suitable” and may increase over time. Existing buildings, probably former barracks, will also be converted. The armed forces will thus be primarily the operational arm that will allow for cuts in procedures, time, and costs.
In practice, the government is equipping itself with the tools to quickly and extensively set up a series of new prisons for undocumented people, where they will be locked up for a year and a half while awaiting deportation (the idea is one Permanence Center per region).
Yet another decree is then approved three days after the first one. The structure of the new immigration and “security” squeeze (included in yet another 11-article decree-law) provides an additional category of individuals at risk of deportation, i.e. people with long-
term residence permits but considered dangerous “for serious reasons of public order or state security.” It is a really serious measure because it implies that any foreign person, even one with documents, will be at risk of deportation.
Further tightening also to those administrative/legal avenues hitherto possible to try to slow down deportation proceedings: a repeated application for asylum (after the denial of the first one) will not block the execution of a pending removal order.
Another issue is that of the management of minors: the decree provides for the possibility of conducting “anthropometric” and health assessments more quickly, including the use of X-rays, to verify the actual age of people who declare themselves to be unaccompanied minors. If the age declared does not match the assessments (altought such measurements are often inaccurate and scientifically controversial [5]), the alien can condemned for making false statements to a public official, and the conviction may be deportation itself.
Finally, there is a further enlargement of funds designated for migration management: the measure allocates €5 million for 2023 and €20 million from 2024 until 2030 for interventions in favour of the Police and Fire Service. In addition, it increases police personnel at Italian embassies and consulates to enhance entry visa verification.
Summing up this legislative review, we can say that the Meloni government has only ever operated by decrees, starting with the so-called Piantedosi Decree of January 2023, which makes sea rescue more complicated and provides penalties for NGOs that fail to comply with complex procedures.
Legislatively speaking, operating by decrees emphasizes an emergency, emergency and racist management as well as reaffirming a war on the skin of the “migrant enemy,” a situation that reinforced in the use of military engineering for new detention centres.
All the legislative interventions we have written about increasingly operate in various measures an overlap between reception and detention, making the repressive reading more and more evident concerning the act of migrating.
The media necessity of the right-wing discourse on migrants has meant that the decrees were “legally” poorly written: the language denoting them is nebulous, and confused, not to mention that they contain a variety of contradictions, which is why the judges of the Catania section annulled the detentions. Despite this, the decrees are enforceable immediately, and the period of uncertainty about the actual application of the rules weighs even more heavily on the lives of those considered irregular.
It is yet another form of institutional racism.
In conclusion, it will consider how the measures discussed above will implemented in reality. We have spoken here in legal and technical terms, but the venues of the courts are not where we place our energies and expectations of struggle.
We do not yet know how the situation will unfold: the governments’ plans will clash with the struggles and resistance of all those who will continue to cross seas and walls, to break out and destroy the cages in which you want to lock them up, to fight to be able to make decisions about their own lives. And we will see if we can build effective and not just symbolic forms of solidarity with these struggles so that of all these cages will not remain only rubble.
Pubblichiamo la traduzione in inglese di un articolo suddiviso in due parti condiviso di recente “FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA”. Ringraziamo The Blackwave Collective che ha curato la traduzione affinchè l’articolo raggiunga quante più persone possibili, oltre barrirere linguistiche e frontiere.
We receive and disseminate the first part of a text written by several hands by comrades fighting against Detention Center for Repatriation and borders between Italy and France. In the text, an attempt is made to make a synthesis of the European trends of recent months and the recent decrees passed by the government.
Talks about repeated “migration crises” are a great classic of domestic and European politicians and newspapers. These narratives serve to justify the repression and exploitation of migrant people on European soil. In practical terms, exploitation and racist repression are sustained at the national level by a legislative production made up of decree-laws and at the supranational level by the relentless establishment of treaties and agreements. The ever-increasing presence of militarized borders, cops and jails for undocumented people are the practical implications of these policies.
The “Lampedusa crisis” of recent months, which has seen thousands of people stranded in a semi-prison situation on the island, seems to have accelerated some trends in Italian migration and border management. This text wants to try to dwell on some recent changes (especially from the legislative point of view) to give some small elements of analysis to those who fight against state racism, its jails and its borders. In particular, we will try to trace the latest developments concerning the role of Frontex in Europe, the trends in some European countries on the issue of administrative detention and deportations, and the latest decrees in Italy.
THE ROLE OF FRONTEX IN EUROPEAN BORDER GOVERNANCE
Before we look at what the Italian government has come up with in recent months, let us start with some general trends dictated by internal EU guidelines and policies. The management of the internal borders of European countries is linked to the surveillance and repression activity carried out along the border with non-European countries.
This activity manifests itself concretely in two ways. On the one hand, it results in the militarization of borders through the strengthening of operations conducted by European agencies in charge of defending national borders, primarily Frontex. On the other, there is an increasingly systematic process of outsourcing European borders through the investment of large sums of money intended to finance gradually sharper surveillance technologies, with the creation of detention centres and camps in non-European and transit countries.
Without wishing to go too far back in time, let us try to draw some lines on the European Union’s investment in this area over the past year, particularly since the outbreak of war in Ukraine. The conflict has produced increased scrutiny of Europe’s eastern borders, which crossed by a significant flow of people fleeing and an even greater flow of armaments sent
to the front lines (1). Ukraine historically plays a role in regulating Europe’s eastern border, consquently, the instability in this area has resulted in a strengthened of Frontex in its territories.
The beginning of 2022 marked by the deployment of Joint Operation Terra, an operation that sees dozens of troops deployed across twelve European states, particularly in the eastern European regions (Estonia, Romania, Slovakia). In addition, the agency has initiated several joint operations with states bordering those regions desigend to train local armed forces and border police. The stated aim is to increase the capacity of these countries to protect their borders by combating “illegal” immigration and “migrant smuggling” and consequently defending Europe’s borders. Frontex’s intervention in 2023 concentrated in Ukraine and Moldova due to heavy pressure from people fleeing the Russian-Ukrainian conflict and, in the Balkan area, particularly Macedonia and Romania. (2)
Border management in the Western Mediterranean works quite differently and follows the structural emergency model. While preferential humanitarian corridors opened in Ukraine, which saw the transit of large numbers of (white) migrants, 2367 people died at sea in the Mediterranean in 2002. In the first seven months of 2023, about two thousand people died, including several hundred in two shipwrecks between February and June. On the night of February 25-26, a boat slammed into a shoal off Cutro, Calabria, and capsized in the waves, leading to the deaths of 94 people. In the wake of the massacre, controversy will abound over the role of Frontex and the Italian coast guard in predicting the shipwreck (3). On June 16, 2023, a fishing boat sank off Pylos, Greece, killing 750 people, one of the worst shipwrecks in recent years, yet another massacre caused by Europe’s deadly border management policies. Again, the responsibility of the Coast Guard is mentioned (4). Meanwhile, monitoring activity by Frontex in the Mediterranean underscores the strong presence of irregular immigration in this region, which justifies the intense repressive action conducted by the European agency in the waters between Sicily and North Africa.
Against this backdrop, we arrive at the last months of summer 2023, when, within a short period, numerous boats cross the Mediterranean, leading to an increase in landings on Lampedusa. These partly determined by the tug-of-war between Saied, the Tunisian president, and Brussels over the release of funding under the memoranda with Tunisia.
In the face of the manu militari management called for by Prime Minister Meloni and supported by Von Der Leyen’s proclamations declaring a hard fist against the “traffickers responsible for the thousands of landings,” Frontex says it will increase its support for the Italian police force, doubling the number of hours patrolling the Mediterranean and allocating contingents in Reggio Calabria and Messina to facilitate and speed up the procedures for identifying and expelling irregular migrants. In addition, Frontex has made it clear that it is ready to organize identification missions in non-European countries to facilitate return procedures based on the needs of Italian authorities (5). Recall that the agency is present in Italy through Operation Themis, which consists of 283 units, five vessels, seven aircraft, 18 mobile of fices and four migration control vehicles. In this scenario, in the logic of outsourcing, Frontex would like to expand its influence in Africa. The agency is in talks with the governments of Senegal and Mauritania for direct action on the ground through the deployment of its contingent (6).
We can see that, as far as the management of Europe’s external borders is concerned, EU countries tend to delegate more and more to non-European countries the blockade of flows through Frontex-led military operations and by financially financing local armed forces. At the same time, the discourse of the “migration emergency” makes it possible to justify increasingly repressive measures that serves on the skin of those who try to cross borders. This also brings consequences for laws enacted at the European level.
EUROPEAN TRENDS: MORE PRISONS AND MORE DEPORTATIONS
Whether what is moving at the continent’s external borders and the latest round of decrees in Italy, must be read in parallel with ongoing trends in the European space at large. Two dimensions seem particularly important: the European pact on migration and asylum and national plans to restructure detention and deportation systems.
The European Pact on Migration and Asylum is a European Union project that has not yet been adopted but expected to pass in 2024, before the European elections. Although it has presented as major innovation (repressive, of course), this pact does not seem to have invented much, but it could accelerate mechanisms already in place. The pact provides, among other things :
to more tightly bind non-European countries’ obtaining visas to travel to Europe in exchange for consular laissez-passers to be able to deport even more undocumented people to those same countries. France has been doing this for quite some time: either you agree to “repatriate” tuX illegals, or I will cut off your visas.
to systematize the screening of asylum applications at the external border, in continuity with the hotspot approach and the latest Italian decrees;
reforming the Schengen treaty: the possibility of re-establishing border controls between European countries (as has been happening for years between France and Italy) and launching joint police operations against “irregular movements”;
to further strengthen European databases in which to record the identities of foreigners arriving on the continent “illegally” and-or asylum seekers (e.g., by extending the time frame in which to keep the fingerprints of people intercepted at the border so that it becomes even more complex to apply for asylum in a country other than the one in which one arrives);
of suspending everything “in case of crisis” or “instrumentalization”: accelerated asylum procedures a bit for all, imprisonment in Detention Center for Repatriations if there is a “risk of flight,” etc.In reality, these are not new measures, and it is hard to know at what point the pact will transform the current situation or merely legalize at the European level what is already happening in various countries. Instead, the point that seems most innovative is the one that concerns the mechanisms for redistributing asylum seekers (the famous Dublin Regulation), which has always been a significant element of tension between the governments of the countries on Europe’s southern and eastern borders and those in the centre and north. All the theatre that the Italian government has been doing in recent
weeks is also related to this: which state should “take care” of the new arrivals, locking them up in centres, judging whether they can stay in the territory, and possibly sending them back-and where did they come from?
The European pact provides three options for EU countries :
either they agree to “relocate” (as if they were parcels) asylum seekers intercepted at external borders;
or they must contribute financially to expulsions by other European states;
or else they participate (economically and logistically) in European external border controls.All this stuff is called “European solidarity”: if you don’t want to participate in the control and selection of poor immigrants, hunt for money to expel them.Beyond the legal framework they are working on at the European level, several EU countries are already implementing similar mechanisms concerning the administrative detention and deportation system. Several European states are fine-tuning the deportation machine, such as Spain, where two years ago they built what is probably the biggest Detention Center for Repatriation in Europe in Algeciras, 500 places (7), or such as Germany, where the Detention Center for Repatriation at Berlin’s Brandenburg airport is going from 24 to 108 places (8), and where they are talking about lengthening administrative detention from 10 to 28 days (9).
Specifically we do not know if there is any indication from the EU to this effect-the project that the Meloni government (and others before it) is pursuing to systematize the imprisonment of undocumented persons by increasing the length of administrative detention and building a Detention Center for Repatriation in each region is just what has been happening in France for some time. In 2019, there will be an increase from 45 to 90 days of detention. By 2025, according to the Macron government’s plans, the additional places in administrative detention places will be more than thousand, plus or minus 75,000 more prisoners per year. A new CRA (the French Detention Center for Repatriations) inaugurated in Lyon, several centres opened in Mayotte (an island off the Indian Ocean considered to be a French department) during the neo-colonial operation known as Wambushu, and new constructions planned in Orléans, Nantes, Bordeaux, Dunkirk, and Paris (next to Charles de Gaulle airport, where there is already a CRA) (10). It’s not over: in early October, French Interior Minister Darmanin announced six more new CRAs to double the number of places in administrative detention. There is also talk in France of lengthening administrative detention to 18 months for “foreign offenders.”
NOTE
(1) Recall that a few months before the outbreak of the conflict, another “migration crisis” erupted at the Polish-Belarus border. Pressure from hundreds of people from the Middle East and Africa transiting Belarus led to massive border crossings between December 2022 and March 2023, resulting in a militarization of the Polish border and the construction of a barbed wire wall between the two states.
(2) All operations in which Frontex is engaged are publicly available in the news section of their website.
Riceviamo e diffondiamo dall’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste.
Sulla sentenza del 6 novembre 2023 a Udine ovvero mentre torturiamo vi “invitiamo” a tacere…
Lo scorso 6 novembre si è tenuta, al tribunale di Udine, l’ultima udienza del processo per istigazione a delinquere e diffamazione, relativo alla trasmissione radiofonica Zardins Magnetics.
Si trattava di un procedimento per affermazioni svolte nel febbraio 2021, in occasione di due puntate della trasmissione autogestita dall’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste, diffusa settimanalmente sulle frequenze di Radio Onde Furlane di Udine. L’accusa di istigazione a delinquere, per la compagna, riguardava la ricostruzione dell’uccisione dei compagni Barbara Azzaroni e Matteo Caggegi ad opera della polizia, a Torino, il 28 febbraio 1979. Per il compagno, invece, riguardava l’aver incitato alla violenza contro la direttrice del carcere di Tolmezzo, Irene Iannucci, e contro la dottoressa Bravo, resposabile dell’area sanitaria del carcere di Udine.
Il compagno e la compagna sono stati assolti dall’accusa di istigazione in quanto il fatto non sussiste, mentre è stato condannato il compagno per la diffamazione nei confronti della direttrice del carcere di Tolmezzo.
Queste righe solo per chiarire due punti per noi essenziali.
In aula c’è stata una cospicua presenza di compagni e solidali, in quanto la difesa aveva chiesto che fosse sentito come testimone Alessio Attanasio, detenuto da oltre vent’anni in regime di tortura democratica del 41 bis. Nel dicembre 2020, con un esposto alla procura, Alessio era riuscito a far filtrare, dalla tomba di quel regime detentivo vergognoso, la notizia delle negligenze da parte degli apparati statali nei confronti dei detenuti di Tolmezzo che volevano tutelarsi dal contagio da Covid con presidi sanitari (mascherine). In quelle settimane era infatti scoppiato il caso del focolaio al carcere tolmezzino, anche sui media nazionali, e anche in seguito alla morte di Mario Coco Trovato di 71 anni, recluso in quelle mura. Con il consueto cinismo il giudice durante l’udienza del 6 novembre ha respinto l’istanza, e cioè ha continuato a tutelare quelli della sua stessa razza, i funzionari del ministero della giustizia e i burocrati delle diramazioni sanitarie, che hanno abbandonato i detenuti o hanno impedito loro di poter utilizzare le mascherine. Infatti la testimonianza di Alessio, anche in videoconferenza, confermando quanto subìto da lui stesso e da altri detenuti, avrebbe provocato un vespaio dentro l’apparato e avrebbe avuto come esito probabile il siluramento della Iannucci. Non solo. Nelle udienze precedenti l’accusa ha ottenuto dal giudice la possibilità di far sfilare sul banco dei testimoni ben cinque funzionari a “convalidare” la tesi che nella prigione si stava meglio che non a casa! Alla difesa è stata negata la possibilità di questo unico testimone, con delle scuse puerili. Non diamo altro spazio qui a questi sepolcri imbiancati, alla loro faccia tosta nell’inserire nella propria requisitoria un volantino di 45 anni fa, senza neanche averlo depositato agli atti, all’elencare, senza nessuna attinenza con l’accusa formalizzata, le condanne penali per le quali Alessio è in carcere, al loro ignobile moralismo d’accatto…
Altra cosa fondamentale per noi è sottolineare quanto correttamente espresso anche dalla difesa durante l’udienza, e cioè il carattere politico di tutta questa vicenda, il messaggio era e rimane che non deve essere tollerata in alcun modo alcuna critica agli apparati repressivi e penitenziari: solo obbedienza e silenzio. E questo deve valere sia per chi è fuori, nella società, e tenta di prender parola, di conquistarsi uno spazio pubblico (come può essere una trasmissione radiofonica) in una realtà completamente colonizzata e asservita a fiancheggiare, fare da prestanome e, alla fine, da sicario alla missione del racket capitalista. Di passaggio, teniamo a ricordare anche il significato intimidatorio (perché altri non ne ha) della “visita” della DIGOS agli studi della realtà che ospita Zardins Magnetics da più di 30 anni, Radio Onde Furlane.
E il messaggio deve valere anche per chi, come Alessio Attanasio, sepolto vivo al regime di 41 bis, trova ancora il coraggio e la forza di resistere ai soprusi, alle vessazioni, e di contrattaccare.
Questo messaggio è e rimane un atto intimidatorio gravissimo nei confronti di chi con determinazione lotta per un altro tipo di società, un altro tipo di comunità, fatta di individui non sottomessi e disponibili alla riconquista della loro unicità e autonomia.
Da parte nostra ci teniamo a dire che non rinunceremo a dare voce ai detenuti e non accetteremo di essere zittiti da sbirri, procure e tribunali.
Questo messaggio è un atto intimidatorio gravissimo nei confronti di tutte e di tutti noi! Un messaggio che respingiamo al mittente!
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Scriviamo a:
ALESSIO ATTANASIO
VIA BADU E CARROS, 1
08100 NUORO
Il pomeriggio del 4 novembre, mentre in una Cagliari blindata si svolgeva la festa nazionale delle forze armate alla presenza del protettore di torturatori Mattarella, del suo compare mercante d’armi da guerra Crosetto e i criminali delle frecce tricolori, un gruppo di una quindicina di solidali di tutta la Sardegna si è recato al CPR di Macomer per portare un saluto ai reclusi in uno dei peggiori lager italiani. Eludendo la vigilanza di una pattuglia presente nei pressi, i solidali hanno iniziato a mettere musica e ancor prima di iniziare a rivolgersi ai detenuti abbiamo potuto vedere un blindato carico di carabinieri che, forse memori della rivolta di settembre, sono entrati nella struttura per intimidirli. Infatti, contrariamente a quanto è sempre successo, non c’è stata nessuna risposta al saluto, mentre nella zona il silenzio era impressionante.
Dopo un quarto d’ora la pattuglia di vigilanza si è avvicinata intimando di interrompere il saluto ma i solidali hanno continuato sino all’arrivo di diverse volanti, auto dei carabinieri e della digos con manganello d’ordinanza (in tutto una trentina di sbirri), che hanno bloccato i/le partecipanti, sequestrato dei fumogeni, eseguito perquisizioni minuziose sia personali che delle auto, alla ricerca di armi e continue provocazioni anche a carattere sessista verso le compagne presenti. Tutti/e sono stati trattenuti/e sotto la pioggia battente per circa 5 ore per poi essere lasciati liberi di muoversi non senza avere prima ricevuto una denuncia per manifestazione non autorizzata.
Per quanto consapevoli che sia necessario rafforzare le relazioni con i migranti dietro le sbarre, soprattutto per potere raccogliere e rispondere alle loro richieste, siamo soddisfatti di avere dimostrato che noi ci siamo, che le continue intimidazioni sbirresche non ci preoccupano e che ci sentiranno ancora dietro quelle mura urlare che i CPR e tutte le carceri si chiudono con il fuoco.
Alfredo libero, Domenico libero, tutte libere, tutti liberi.
Alcunx compagni e compagne contro il carcere e la repressione
Diffondiamo da La Vampa una mostra sul d.l. Caivano per la libera divulgazione.
“Nonostante la grande attenzione mediatica agli episodi di cronaca, la violenza di genere non è assolutamente il focus dell’intervento governativo, ma diviene un mero pretesto per prendere dei provvedimenti di natura autoritaria verso – in questo caso – i minorenni delle periferie.”