TRENTO: A PRECIPIZIO [TESTO]

Diffondiamo il testo di un volantino diffuso a Trento da compagne e compagni anarchici che ci sentiamo di condividere. Lo condividiamo introducendolo con questa poesia.

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

Mahmoud Darwish (1941-2008),
poeta palestinese

Di seguito il testo del volantino:

A PRECIPIZIO

Mentre la repressione dello Stato colpisce sempre più duro, a Gaza si stanno spalancando le porte dell’abisso.

Ciò che da anni si sperimenta anche qui contro le minoranze ribelli – una mistificazione costante sul concetto di «terrorismo», l’isolamento carcerario di compagne e compagni per impedire loro persino di leggere e di scrivere, la chiusura di siti e la detenzione dei redattori di un quindicinale anarchico – si sta allargando a chiunque dissenta o anche solo ricordi quella storia che la propaganda di guerra vorrebbe cancellare. Direttori di giornali che auspicano nei salotti televisivi la distruzione di Gaza, studenti picchiati a Livorno per uno striscione che dice «Né con Israele né con Hamas», i governi francese e tedesco che vietano le manifestazione in solidarietà con la popolazione palestinese in quanto «apologia del terrorismo» – tutto questo sta dicendo anche ai più distratti una cosa ben precisa: siamo in guerra.

La spirale in atto non è né sorprendente né casuale. Più la classe dominante occidentale si sente fragile e più diventa feroce. Da un lato deve imporre quella violentissima ristrutturazione della società chiamata quarta rivoluzione industriale, dall’altro vede vacillare – in Ucraina, in Niger e ora con lo shock per il crollo del mito dell’invincibilità dei muro israeliano – il proprio potere globale. E allora colpisce a casaccio: ecologisti dai propositi ben poco rivoluzionari ed ex ambasciatrici che ricordano l’oppressione storica dei palestinesi, passando per un ricercatore universitario fino a ieri simbolo della libertà di parola incarcerata dalla dittatura egiziana, e ora in odore di «terrorismo» per le parole contro Netanyahu. Se all’intellettuale scomodo si tirano le orecchie, il terrore poliziesco vero e proprio è riservato ai giovani proletari di periferie sempre più grandi ed esplosive, e alle masse dei poveri in fuga. Un’umanità da tenere sotto il tallone di ferro anche grazie a quella detenzione amministrativa – cioè all’imprigionamento in assenza di qualsiasi reato – sperimentata proprio in Israele o oggi estesa in tutto il mondo.

La propaganda totalitaria ricalca sempre gli stessi schemi: non accetti la gestione autoritaria del Covid, e allora sei un «negazionista»; non ti schieri con la NATO, e allora sei un «filoputiniano»; consideri il 41 bis una forma di tortura, e allora stai con i mafiosi. Questa logica binaria sta raggiungendo ora il più ignobile parossismo: mentre in Israele giornalisti e persino ex capi dell’esercito o dei servizi segreti definiscono il governo di Netanyahu una banda del Ku Klux Klan (e come altro definire dei ministri che sostengono apertamente la superiorità del sangue ebreo e la natura animalesca dei palestinesi?), in Italia chi dice molto meno finisce alla gogna mediatica o sotto i manganelli della polizia.

Mentre quasi un milione di palestinesi sono in fuga da un lato all’altro della prigione di Gaza con un’unica destinazione consentita: il deserto del Sinai, per sopravvivere nel quale l’ONU si dichiara pronta ad offrire ai fuggiaschi delle generose tende; mentre il ministro della guerra israeliano definisce gli abitanti di Gaza «animali dalle sembianze umane» e una deputata suo stesso partito Likud invoca il «giudizio finale» con la distruzione totale dei gazawi; mentre in quelle terre l’utopia anarchica di una libera federazione, egualitaria e senza Stati, tra arabi ed ebrei giace nel fango e nel sangue, è necessario più che mai non rinunciare né alla propria umanità né alla propria facoltà di giudizio. Il nostro campo è quello delle sfruttate e degli sfruttati contro tutti gli Stati e tutte le borghesie. Siamo senza alcuna ambiguità con le masse palestinesi contro il colonialismo e il razzismo del sistema-Israele. Se affermiamo chiaro e tondo che la violenza dell’oppresso è sempre responsabilità dell’oppressore, l’unica violenza che difendiamo è quella liberatrice e rivoluzionaria: una violenza che non colpisce nel mucchio, che distingue governi e popolazioni, classi dominanti e classi dominate. Dal momento che è proprio per aver sempre difeso – e, nel limite delle nostre capacità, praticato – questo posizionamento etico e sociale che veniamo colpiti dal carcere e dalla repressione, saranno gli stessi princìpi a orientarci anche nel precipizio dell’orrore e delle parole che lo giustificano.

anarchiche e anarchici

STRAGE A GAZA E RAPPRESAGLIA DI ISRAELE SUI PRIGIONIERI

Gaza: ieri sera è stato colpito l’ospedale al-Ahli Aarab Hospital, conosciuto anche come Baptist Hospital. Si parla di oltre 500 persone rimaste uccise tra pazienti, personale sanitario e famiglie che cercavano rifugio, ma il numero di morti potrebbe essere molto più alto. Mobilitazioni in tutta la Cisgiordania. Ad Amman, in Giordania, assaltata la sede dell’ambasciata israeliana.

https://www.osservatoriorepressione.info/strage-gaza-bomba-sullospedale-1000-morti

Israele: per bloccare ogni accesso ai media e ai mezzi di comunicazione da parte dei detenuti, le autorità israeliane hanno interrotto la fornitura di elettricità e acqua ai prigionieri palestinesi (oltre 5.000 detenuti).

https://www.osservatoriorepressione.info/israele-interrotta-la-fornitura-elettricita-acqua-oltre-5-000-detenuti-palestinesi/

PER UNA PALESTINA LIBERA DA DOMINIO E OPPRESSIONE

Diffondiamo il testo di un volantino distribuito ieri a Bologna al presidio in solidarietà al popolo palestinese:

“Israele si deve difendere” è il leitmotiv che viene ripetuto ogni qual volta Israele viene colpito e l’invincibilità del suo esercito viene scalfita, passando da brutale forza di occupazione a vittima di un’aggressione.

È la prima volta che dai territori occupati parte un’offensiva di questo livello. Ma deve essere chiaro: la guerra che lo Stato di Israele ha dichiarato contro i palestinesi è iniziata da molto tempo.  Parliamo di decine e decine di anni di furto della terra, dell’acqua, di apartheid, sfruttamento, espropri, arresti, detenzioni amministrative, morti, uccisioni, aggressioni, umiliazioni e torture.

Il sostegno e l’impunità che Stati Uniti e Europa hanno sempre assicurato alle forze di occupazione Israeliane è responsabile della degenerazione di questo conflitto.

In un contesto del genere non ci stupisce il successo di Hamas, unica organizzazione sul territorio con gli appoggi per organizzare una resistenza armata di tale portata. Dopo il fallimento degli accordi di pace e del così detto “diritto internazionale”, con il progressivo retrocedere di qualsiasi istanza di autodeterminazione e liberazione, davanti alla corruzione e al collaborazionismo di Al-Fatah, non ci coglie alla sprovvista il consenso che questa organizzazione – Hamas – continua a raccogliere. Sappiamo che le destre estreme in ogni tempo hanno fondato il loro potere sul governo della paura.

Ci preoccupa però, questo si, come alleate e solidali, come dissidenti sessuali, come persone che lottano contro ogni forma di dominio e oppressione, che la resistenza palestinese venga assimilata ad una forza fondamentalista di estrema destra. Ci chiediamo a chi fa comodo che la brutalità dell’occupazione israeliana venga rappresentata come “scontro tra civiltà”. Non è uno scontro tra civiltà. E questo dobbiamo dirlo forte e chiaro. Non è uno scontro tra l’ “occidente civilizzato” e il “brutale mondo arabo”. Questa narrazione è falsa, tendenziosa, distorta. In un contesto di guerra globale rifiutiamo il ruolo di facili pedine da usare dall’asse imperialista di turno sullo scacchiere internazionale.

Vogliamo anche dire molto chiaramente che rifiutiamo la normalizzazione della tortura  e della cultura dello stupro come possibile arma di liberazione. Combattere per l’autodeterminazione e la libertà ammettendo come possibili queste azioni significa già aver rinunciato ad un mondo di libere e uguali.

Rifiutiamo altresì la narrazione propugnata dai media, dove non si esita a strumentalizzare episodi violenti, facendo leva sulla morbosità del pubblico, per fare tabula rasa delle uccisioni e degli abusi quotidiani compiuti sui palestinesi.

La nostra solidarietà è internazionalista, anti-coloniale, antirazzista, antisessista, contro qualsiasi forma di dominio e oppressione.
From the river to the sea Palestina will be free

PALERMO: FERMARE LA GUERRA E LA MILITARIZZAZIONE DEI TERRITORI

Corteo nazionale
21 ottobre ore 17
Palermo

Contro il MUOS e le basi militari, contro la Leonardo Spa e tutte le fabbriche di morte.

Rilanciamo l’appuntamento previsto per il 21 ottobre a Palermo per un corteo nazionale contro ogni guerra e la sua industria, contro il Muos e le basi militari, contro la Leonardo Spa e la militarizzazione dei territori.
Ribadiamo la nostra solidarietà ad alcunx compagnx siciliani inquisiti per istigazione a delinquere e atto con finalità di terrorismo per aver pubblicato il video di un attacco alla sede palermitana di Leonardo Spa, leader dell’industria elettronica a fini bellici. (https://sciroccomadonie.noblogs.org/post/2023/07/29/guerra-e-repressione-solidarieta-ad-antudo-e-a-tutti-i-compagni-e-compagne-inquisite-i-negli-ultimi-mesi/)

CONTRO LA GUERRA, CONTRO LA PACE
DEL PATRIARCATO, DEI PRODUTTORI DI ARMI, DELLE STRAGI SUL LAVORO, NELLE CARCERI, ALLE FRONTIERE

IMOLA: VERSO L’UTOPIA

Diffondiamo:

Qual’è il mondo contro cui lottiamo? Qual’è il mondo per cui lottiamo?

Dibattiti e presentazioni di libri su tecnologia, estrattivismo, transizione ecologica e guerra.
Concerti benefit.

VENERDÌ 29 settembre
SABATO 30 settembre
DOMENICA 1 ottobre

Al Brigata, via Riccione 4 – Imola.
[Qui il programma dettagliato.]

IMOLA: VERSO L’UTOPIA. SCRITTI E PENSIERI ANARCHICI

Diffondiamo:

Qual’è il mondo contro cui lottiamo? Qual’è il mondo per cui lottiamo?

Dibattiti e presentazioni di libri su tecnologia, estrattivismo, transizione ecologica e guerra.

VENERDÌ 29 settembre
SABATO 30 settembre
DOMENICA 1 ottobre

Al Brigata, via Riccione 4 – Imola.
[Programma dettagliato in arrivo https://brigataprociona.noblogs.org/post/2023/07/22/verso-lutopia-scritti-e-pensieri-anarchici/]

GLI INTERESSI MILITARI DIETRO AL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA

L’INSOSTENIBILE PONTE SULLO STRETTO SPINTO DAL GOVERNO PER COLLEGARE BASI NATO

Il Ponte sullo Stretto di Messina non è solo un’infrastruttura devastante dal punto di vista sociale, economico e ambientale ma rappresenta anche il cavallo di Troia per legittimare l’ulteriore escalation del processo di militarizzazione e riarmo della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia, accelerando la conversione del territorio in piattaforma avanzata per le operazioni di guerra e distruzione del pianeta. Il progetto rientra nel Trans-European Transport Network (TEN-T), il cui scopo, tra gli altri, è quello di creare una rete in grado di soddisfare “un piano di azione sulla mobilità militare 2.0″. A sostenerlo economicamente ci pensa l’UE con i finanziamenti provenienti dal Connecting Europe Facility (che finanzia progetti di infrastrutture di trasporto a duplice uso) e dal Fondo Europeo per la Difesa (che sostiene lo sviluppo di sistemi logistici e digitali interoperabili).

Antonio Mazzeo su Radio Onda Rossa


Gli interessi militari dietro al ponte sullo stretto di Messina

OPUSCOLO: LA TRANSIZIONE ALLA GUERRA IN CASA

Riceviamo e diffondiamo questi appunti sulla ristrutturazione energetica e digitale delle forze armate, il suo contesto e il mondo che prepara.


Introduzione

Che il complesso militare nostrano si sia mosso con crescente determinazione nella direzione di una sempre più accentuata penetrazione nella cosiddetta “società civile” è un fatto che si è reso sempre più evidente negli ultimi decenni, con una più marcata accelerazione in tempi recenti dettata dalle esigenze della ristrutturazione capitalistica in corso e dagli equilibri politico-militari globali in via di ridefinizione.

La società e la sua cultura sono sempre più penetrare e irradiate dei valori e dei modelli del bellicismo, in funzione dei vecchi e nuovi interessi del complesso tecno-industriale e finanziario. Come ha notato qualcuno, “la logistica della guerra” segue (e anticipa) le velocità, le maniere e, aggiungiamo, le necessità dello Stato capitalista, ne mutua il paradigma di produzione just in time come adeguamento quasi in tempo reale ai mutamenti e ai bisogni del momento.

Dalla firma nell’ormai lontano dicembre 2017 di un protocollo di collaborazione nei progetti di alternanza scuola-lavoro tra il Ministero della Difesa e quelli di Lavoro, Istruzione e Università e Ricerca, alla stipula, il 24 febbraio 2022, di un accordo tra i rappresentanti della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e la Fondazione Leonardo Med-Or di Marco Minniti, al fine di “promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica”; dall’istituzione, nel febbraio 2023, di un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa” che dovrebbe, nelle parole del ministro guerrafondaio Guido Crosetto, spostare l’attenzione “anche sull’impatto che la difesa nel suo complesso ha sulla vita di tutti i giorni” grazie all’aiuto di una schiera di servi volontari economisti, giornalisti, intellettuali, accademici, dirigenti d’azienda, all’ormai strutturale penetrazione del comparto bellico industriale in tutte le università italiane, centri di ricerca e laboratori, dipartimenti e consorzi interuniversitari, la lista delle brecce aperte in quasi tutti gli ambiti appare già ampissima e in continua e inarrestabile espansione.

Si assiste alla stretta relazione tra l’evolvere di nuovi scenari bellici a scala globale e l’aumento esponenziale della militarizzazione interna, non solo in termini di sempre più pervasiva presenza militare e poliziesca nei territori, ma anche e non secondariamente, in termini sociali e culturali, per non parlare delle ormai dilaganti strette repressive.

Un tema passato forse un po’ sottotraccia, di cui si è parlato meno, è quello legato al processo di ristrutturazione energetica e logistica che le forze armate, non solo nostrane, stanno intraprendendo e agli obiettivi ad essa strettamente connessi. Ad eccezione infatti di alcuni grandi contesti metropolitani o comunque locali, sembra che la questione degli smart military district e delle caserme verdi dell’Esercito, degli aeroporti azzurri dell’Aeronautica e delle basi blu della Marina militare, di cui si inizia a parlare intorno al 2019, raggiunga raramente gli onori delle cronache nazionali. Ed è proprio a partire da una situazione locale interessata da uno di questi progetti che si è sentita la necessità di iniziare una ricerca sul tema, nel proposito di fornire un primo contributo alla conoscenza dei mutamenti in atto e in procinto di essere attuati all’interno del comparto bellico nostrano nella prospettiva di scenari di conflitto futuri.

Questo contributo, molto lungi, come si vedrà, sia dall’essere esaustivo sia dal voler affrontare la grande complessità della materia oggetto di indagine nella sua interezza, i cambiamenti in atto nel settore militar-industriale – tanto nostrano quanto globale – e la complessità delle sue sempre più strette relazioni dual use con l’ambito civile, si propone di gettare un po’ di luce sui progetti che la difesa sta avviando nella direzione di una generale preparazione a futuri scenari bellici sul fronte interno, nascosti, manco a dirlo, dietro le tende della transizione green e digitale.

Link al testo pdf: Transizione alla guerra in casa_ lettura  
Transizione alla guerra in casa_stampa

ACCORDO UE SUL PIANO PER LA PRODUZIONE DI MUNIZIONI

Previsto un fondo da 500 milioni, ratifica finale entro luglio.

“L’Unione europea ha raggiunto l’accordo politico sul piano per aumentare la produzione di munizioni a un milione di pezzi l’anno. L’Act in support of ammunition production (Asap), proposto a maggio dalla Commissione Ue, prevede un fondo da 500 milioni di euro dal bilancio comunitario per il co-finanziamento dei progetti industriali nazionali per le munizioni e apre la strada alla possibilità per i Paesi di usare parte dei fondi del Pnrr e di coesione per sostenere la produzione. Il piano contribuirà ad aumentare le consegne di armi da artiglieria all’Ucraina. La firma finale e l’entrata in vigore sono attese entro fine luglio.”

Fonte: https://www.ansa.it/amp/sito/notizie/mondo/europa/2023/07/07/accordo-ue-sul-piano-per-la-produzione-di-munizioni_87a9ccda-b11f-4aae-b3a2-a2299e431a78.html

 

IT-ALERT, NUOVO SISTEMA DI ALLARME PUBBLICO NAZIONALE

“IT-alert, il nuovo sistema di allarme pubblico nazionale, arriva nella nostra regione con un messaggio di test che, una volta a regime, potrà essere attivato per informare direttamente i cittadini in caso di gravi emergenze imminenti o in corso.” Fonte: sito della Regione Emilia Romagna

Lunedì 10 luglio tutti i cellulari collegati a celle di telefonia mobile dell’Emilia-Romagna squilleranno contemporaneamente ma con un suono diverso rispetto a quello delle normali notifiche. Si tratta del nuovo sistema di allerta di cui si sta dotando l’Italia, già sperimentato in Toscana, Sicilia, Sardegna, Calabria (già al quarto test).

IT-alert diventerà operativo nel 2024 e si attiverà in caso di gravi emergenze o eventi catastrofici imminenti o in corso, come incidenti nucleari o emergenze radiologiche, incidenti rilevanti in stabilimenti industriali, maremoti, collasso di grandi dighe, attività vulcanica.

Il procedere della crisi del sistema capitalista sta esasperando sia le politiche di guerra e di contenzione dell’immigrazione, sia le politiche di precarizzazione e di attacco alle classi sublaterne, determinando una corsa sempre più rapida alla conquista di risorse e mercati nel mondo. In questo contesto risulta evidente a tutte/i quanto emergenze ed eventi critici non possono più essere affrontati come “incidenti di percorso” da denunciare ogniqualvolta ci colpiscono, direttamente o indirettamente (diventando a tutti gli effetti strumenti di ricatto e vessazione in mano ai padroni) ma come elementi strutturali che pongono l’urgenza materiale di una critica radicale e di un’opposizione concreta a questo modello di sviluppo insensato, allo sfruttamento di persone e territori, allo stato di cose presenti.