26 FEBBRAIO – 5 MARZO MOBILITAZIONE IN SOLIDARIETÀ AGLI IMPUTATI/E DEL PROCESSO BRENNERO

Diffondiamo da Abbattere le frontiere:

Il 5 marzo (data da confermare) la Corte di Cassazione si pronuncerà sulle condanne per il secondo troncone del processo per il corteo del Brennero del marzo 2016.

L’abbiamo già scritto tante volte, ma vale la pena ricordarlo: in quegli anni si assisteva allo spostamento dalla rotta mediterranea a quella balcanica e nel 2016, per fermare i migranti che dall’Italia provavano a raggiungere il nord Europa, l’Austria aveva deciso di costruire un muro al passo del Brennero, uno dei più utilizzati.

Il luogo non era certo dei migliori per organizzare un corteo il cui obiettivo era bloccare le vie di comunicazione (“se non passano le persone, non passano nemmeno le merci”), ma in tanti e in tante siamo andate fino al confine, a urlare con slogan e sassi che non avremmo lasciato che il muro venisse costruito impunemente. Nei mesi precedenti e in quelli successivi sono state tante le azioni, più o meno incisive, con cui abbiamo ribadito da che parte stiamo: al fianco di chi sceglie di fuggire da guerre, devastazioni ambientali e povertà.

L’Austria ha poi rinunciato a costruire il muro, ma l’attraversamento delle frontiere è diventato di anno in anno più difficile e letale.

Oggi, con la guerra in Ucraina e il massacro in atto in Palestina, il nesso tra guerra e frontiere è più evidente che mai e purtroppo il significato di quella giornata di lotta è sempre più attuale.
La guerra parte da qui: dai laboratori, dalle industrie, dalle università della Fortezza Europa.
Oggi come allora ci sono cose che ci risultano inaccettabili e abbiamo l’esigenza quasi fisica di palesarlo: come era scritto nel testo di indizione del corteo “Provare ad abbattere le frontiere è anche un impegno a non accettare l’inaccettabile. Un esercizio di etica del linguaggio, una pratica di libertà, un incontro possibile tra compagni di rotta”.

I più di 130 anni di carcere con cui lo Stato vuole mettere a tacere questo slancio di solidarietà non sono un peso solo per coloro che potrebbero vedere le loro condanne confermate il marzo prossimo. Sono un’ipoteca sulla possibilità collettiva di lottare, non perché smetteremo di farlo, ma perché quando il prezzo da pagare si alza sono meno le persone disposte a rischiare e questo costituisce un pericolo per la libertà di tutti e tutte.

L’unico modo per non farci schiacciare è continuare a tenere la testa alta, a dire forte e chiaro quello che pensiamo e a comportarci di conseguenza.

Intrecciare legami di solidarietà con coloro con cui condividiamo le lotte e con coloro sui quali più pesano le conseguenze del capitalismo.

Sabotare i piani di chi è disposto a uccidere e sfruttare altri esseri umani e devastare il mondo in cui viviamo, spesso senza nemmeno sporcarsi le mani, solo per mantenere in vita un sistema mortifero.

Facciamo capire chiaramente che non ci faremo spaventare dalle loro condanne, che le ragioni di quella lotta sono ancora le nostre, che non riusciranno mai a metterci a tacere perché oggi lottare è un’esigenza imprescindibile.

Che vogliamo restare umani.

Sono tanti i modi per declinare la solidarietà a chi era al Brennero quel 7 maggio: la lotta contro le frontiere è lotta contro la guerra.

Dal 26 febbraio al 5 marzo facciamo capire che chi lotta non è mai solo/a!