TORINO: CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI SANZIONATA UNA SEDE DI CONFAGRICOLTURA

Di seguito condividiamo un volantino distribuito a Torino il 29 luglio, quando una sede di Confagricoltura è stata sanzionata.

IN SOLIDARIETÀ A CHI LOTTA ED È SFRUTTATO NELLE CAMPAGNE, CONTRO LA RIAPERTURA DEL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI, PER SATHNAM, IL 29 LUGLIO UNA SEDE DI CONFAGRICOLTURA A TORINO È STATA SANZIONATA.

Il capitalismo neoliberale si nutre dello sfruttamento massiccio –seppur contingentato nel tempo dalle finestre delineate dalle necessità produttive – di un’ampia fetta della popolazione mondiale, identificata attraverso ben precise linee di oppressione grazie a trappole economiche e ricatti sociali. Tale manodopera a bassissimo costo viene di fatto riconvertita – quando superflua, ingombrante nelle zone della produzione agricola – a individuo produttivo nel business legalizzato delle prigioni di ogni tipo e delle deportazioni, funzionali – anch’esse – alla gestione dei lavoratori in termini di sfruttamento totale delle risorse.

Il ricatto del permesso di soggiorno, la clandestinizzazione forzata di una fetta sempre più ampia della popolazione migrante nonché la criminalizzazione di ogni forma di rivendicazione, dissenso o lotta sono alcuni degli strumenti di cui lo Stato si dota per tentare di far galleggiare la malconcia economia italiana, nonché europea. Anche le campagne piemontesi non sfuggono a queste lampanti dinamiche e non sono altro che uno dei tanti luoghi in cui il connubio tra datori di lavoro e organi amministrativi, prefettizi e questurini dettano i tempi della miseria a cui larga parte della popolazione migrante è costretta.
La retorica mediatica criminalizzante delle persone in viaggio senza documenti europei fornisce inoltre le basi ideologiche razziste che legittimano l’assoggettazione estrema, di alcune categorie, all’economia e alla società neo-liberale: nient’altro che la Colonia a queste latitudini.

C’è un materiale di base che struttura i dispositivi che premono sulle vite delle persone migranti: è importante palesarne le connessioni, mostrarle nude sul piatto dei consumatori avvolti nel privilegio di potersi non fare domande.
Sotto il cocente sole estivo, i braccianti che stanno raccogliendo mirtilli, pesche e mele nel distretto della frutta più grande della regione – il saluzzese- sono senza casa e spesso dormono fuori, sotto quotidiano controllo e intimidazioni delle forze dell’ordine. Ad Alba e nelle Langhe del Barolo, i braccianti vengono sgomberati, ricattati e picchiati nei campi. I prodotti d’eccellenza delle benestanti campagne piemontesi sono prodotti ovunque con lo sfruttamento di manodopera immigrata a basso costo, di persone che lavorano senza contratto o con contratti miseri, senza alloggio e trasporti garantiti dai contratti collettivi. E se comuni e regione spendono centinaia di migliaia di euro di fondi pubblici per qualche container per l’”accoglienza diffusa”, le associazioni datoriali, Confindustria e Coldiretti in primis, tacciono le proprie responsabilità. Quando a fine stagione di raccolta questa manodopera spremuta fino all’osso – sempre al limite di morire di lavoro,- diviene inutile, eccedente, traducibile in altre filiere del guadagno privato e statale, intervengono le forze dell’ordine e gli organi amministrativi che zelanti rastrellano strade, accampamenti, ghetti di fortuna, campi e con retate mirate trasferiscono i braccianti in un nuovo abisso: o nuovi ghetti e nuovi distretti agroindustriali da nord a sud o la questura, il CPR, la deportazione.
Questi dispositivi detentivi, espulsivi e torturatori fungono inoltre da perenne monito ai liberi affinché non alzino la testa, non si ribellino al gioco dei padroni o non solidarizzino con chi a queste, o altre latitudini, lotta, resiste e si ribella.

Solo la chiusura del CPR di Torino nel Marzo 2023 ha potuto, forse, regalare un briciolo di aria in più, garantendo un lasso di tempo con meno retate, con meno capienza detentiva amministrativa nel Nord Italia: con più libertà.

Ma i padroni per essere tali han bisogno di prigioni e deportazioni ed ecco che – in tempo per la fine della prossima stagione di raccolta nei campi del cuneese – riaprirà, a inizio Novembre, il CPR di Corso Brunelleschi.

Opporsi alla sua riapertura è possibile. Tracciare i nessi di senso tra lo sfruttamento nei luoghi di lavoro e il ricatto del permesso di soggiorno e della clandestinità, è un passo nella direzione di attaccare al cuore il razzismo sistemico.

La macchina dello sfruttamento, del razzismo, delle espulsioni e delle torture dentro i lager di Stato ha una lunga lista di responsabilità e complicità. I padroni dell’agricoltura, i lobbisti della filiera del cibo, le aziende, cooperative, società per azioni specializzate nel business della detenzione; le istituzioni che trattano le persone che migrano da una parte come corpi per alimentare le varie filiere del guadagno capitalista – dall’agricoltura, ai centri di detenzione e semi-detenzione, alle deportazioni-, dall’altra come un problema d’ordine pubblico, da marginalizzare nascondere e cacciare; i sindacati e le associazioni conniventi che traggono profitto dal mantenimento dello status quo.

Solidarietà a chi lotta nelle campagne, chi distrugge i CPR e chi sfugge alla violenza delle frontiere.

PDF: Le prigioni che servono ai padroni

https://nocprtorino.noblogs.org/post/2024/07/31/le-prigioni-che-servono-ai-padroni/

CREMONA: MISERIA E CARCASSE

Riceviamo e diffondiamo un volantino distribuito mercoledì 28 febbraio a davanti alla Prosus, una ditta in provincia di Cremona che è letteralmente un mattatoio.

I lavoratori delle cooperative che da anni lavoravano nello stabilimento hanno occupato l’azienda e montato le tende davanti ai cancelli per quattro mesi quando Prosus li ha licenziati per mettere la fabbrica sul mercato ad un prezzo più “vantaggioso”. Circa due settimane fa il presidio è stato sgomberato.

Fra sindacalismo, recupero delle possibili tensioni di rivolta, oppressione e macelli di maiali, industrialismo e tecnologia, alcune rompigonadi hanno voluto dire la loro riguardo la totalità della situazione ad un pubblico gremito per l’arrivo della celebrità di turno al presidio davanti ai cancelli.

Qui il volantino distribuito in pdf: Miseria e carcasse


Cogliamo l’occasione per condividere di seguito una riflessione:

Sabotare la macchina, mettere in discussione quel lavoro nocivo che ammazza e ci ammazza, rivendicare la nostra autodeterminazione fuori dal ricatto di un salario fatto per ghermire e ghermirci, solidarizzare tra oppressx, diventa sempre più necessario se vogliamo rovesciare quell’ordine capitalista e patriarcale che ci opprime.

La catena che siamo costrette ad ingrassare è la stessa che ci lega mani e piedi.

Le innovazioni tecnologiche capitaliste non ci hanno affatto liberatx dallo sfruttamento e dal lavoro, ma hanno permesso ai padroni un migliore e più efficiente sfruttamento sul lavoro.

Se è sul lavoro di milioni di persone che questo modello di sviluppo insensato si regge, è evidente che non si può trattare più solo di diritto “sul lavoro” ma di sabotare la macchina, sottrarsi alla morsa di quel lavoro, vorace e ingordo, che divora ecosistemi, territori e comunità, basato su pratiche crudeli e oppressive, che ingrassano alcuni e tengono alla corda altri.

Non c’è un’altra possibilità, abbiamo una vita e basta per riprenderci quanto ci serve e ribellarci alla macchina, abbiamo una vita e basta per rischiare di essere liberx!

 

IMOLA: VERSO L’UTOPIA

Diffondiamo:

Qual’è il mondo contro cui lottiamo? Qual’è il mondo per cui lottiamo?

Dibattiti e presentazioni di libri su tecnologia, estrattivismo, transizione ecologica e guerra.
Concerti benefit.

VENERDÌ 29 settembre
SABATO 30 settembre
DOMENICA 1 ottobre

Al Brigata, via Riccione 4 – Imola.
[Qui il programma dettagliato.]

IMOLA: VERSO L’UTOPIA. SCRITTI E PENSIERI ANARCHICI

Diffondiamo:

Qual’è il mondo contro cui lottiamo? Qual’è il mondo per cui lottiamo?

Dibattiti e presentazioni di libri su tecnologia, estrattivismo, transizione ecologica e guerra.

VENERDÌ 29 settembre
SABATO 30 settembre
DOMENICA 1 ottobre

Al Brigata, via Riccione 4 – Imola.
[Programma dettagliato in arrivo https://brigataprociona.noblogs.org/post/2023/07/22/verso-lutopia-scritti-e-pensieri-anarchici/]

CUNEO: CORTEO SOLIDALE  CON I BRACCIANTI E I MIGRANTI IN LOTTA 

Diffondiamo:

Ad Alba, nelle ricchissime Langhe, decine di lavoratori agricoli continuano a non avere un tetto sotto cui dormire a pochi giorni dall’inizio della vendemmia. E’ una storia che si ripete identica in molti distretti agricoli, e la provincia di Cuneo è uno degli esempi più lampanti delle contraddizioni insite nella produzione agroindustriale, come da anni dimostrano le vicende della vicina Saluzzo. Per questo domani 19 agosto saremo in piazza al fianco di questi lavoratori, per chiedere ancora una volta casa e documenti per tutt, dal Piemonte alla Puglia.

[fonte fb: comitato lavoratori delle campagne]

FIRENZE: SGOMBERO STUDENTATO AUTOGESTITO PDM27 + ASSEMBLEA PUBBLICA IN DIFESA DEGLI SPAZI OCCUPATI

Dopo l’occupazione Corsica della settimana scorsa un’altra esperienza di autogestione è stata sgomberata ieri mattina in via Ponte di Mezzo a Firenze: si tratta dello studentato autogestito dal 2016, PDM27.

Fin dalle prime ore del giorno un elicottero ha sorvolato la zona per impedire alle persone di salire sul tetto, mentre un ampio dispiegamento di uomini e mezzi ha nuovamente militarizzato il quartiere.

Dai media apprendiamo che, come per Corsica, anche in questo caso “il provvedimento di sgombero è stato emesso dal giudice per le indagini preliminari di Firenze su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia”, un’operazione che “si inquadra nella direttiva inviata dallo stesso ministro dell’Interno Matteo Piantedosi a tutti i prefetti d’Italia, in cui si sollecita a procedere con forza contro le situazioni di illegalità.”

Un intervento che evidenzia come l’antimafia sia sempre più interessata e coinvolta nella repressione politica di movimenti e dissidenze.

Dal Viminale applaudono all’operazione sottolineando come si tratti di “interventi fondamentali per il ripristino della legalità, necessari a garantire migliori condizioni di sicurezza ai cittadini”.

Il solito mantra della sicurezza, quella stessa sicurezza che continua a sacrificare la vita di persone e territori sull’altare della speculazione e del profitto, costruendo città sempre più invivibili ed esclusive.

Lo Stato non si sta facendo scrupoli a strumentalizzare quanto avvenuto all’ex Hotel Astor per far fuori quelle esperienze che si oppongono ad una realtà fatta di solitudine e sfruttamento, e alla turistificazione selvaggia di interi quartieri.

L’immobile secondo la stampa sarebbe destinato ad un progetto di “housing sociale” per persone con vulnerabilità psichica, senza vergogna lo Stato non esita a manipolare l’opinione pubblica sbandierando progetti di interesse sociale per coprire la violenza con cui intanto reprime, sgombera e rade al suolo esperienze di riappropriazione, mutualismo e autogestione.

Solidali con chi resiste!


Intanto rilanciamo da La Polveriera:

ASSEMBLEA PUBBLICA IN DIFESA DEGLI SPAZI OCCUPATI

Vogliono fare il deserto ma non glielo permetteremo.

“Chiamiamo a raccolta tutti coloro che avranno voglia di mettersi in gioco per costruire una resistenza collettiva e cittadina agli sgomberi.”

Venerdì 18 agosto alle 18 in piazza Tasso assemblea pubblica in difesa degli spazi occupati.

 

BORGO MEZZANONE: BRACCIANTI IN SCIOPERO

Diffondiamo dalla pagina del Comitato Lavoratori delle Campagne:

Oggi il ghetto di Borgo Mezzanone, il più grande d’Italia, è stato bloccato da uno sciopero dei braccianti! Nessuno è andato a lavorare e i lavoratori gridano che vogliono documenti, case, contratti! Solo la lotta paga!

Comunicato dei braccianti in sciopero il 10 agosto: Vogliamo le case, non ci danno neanche i containers!

Siamo le persone che abitano nel “ghetto” di Borgo Mezzanone. Alcuni di noi vivono qui da tempo, altri sono arrivati da poco. Molti di noi lavorano in agricoltura, e da anni ci organizziamo in autonomia per avere una vita migliore. Siamo scesi in strada tante volte, abbiamo alzato la voce e trovato il modo per farci ascoltare, perché non accettiamo che la nostra vita dipenda da un documento, perché non è giusto essere sfruttati mentre molti fanno i loro interessi e si arricchiscono alle nostre spalle: i padroni, chi costruisce i campi dove viviamo, chi li gestisce, chi decide le politiche migratorie e spesso anche le organizzazioni che dovrebbero difenderci, come i sindacati.

Oggi 10 agosto manifestiamo davanti ai cancelli del CARA, il centro per richiedenti asilo costruito qui a Borgo Mezzanone nel 2005, nel quale si trova anche la sede della Commissione Territoriale per il diritto di asilo: un luogo importante per molti motivi. In questo campo nel 2021 sono stati installati decine di nuovi containers con i fondi della regione Puglia, che dichiarava di voler combattere lo sfruttamento e dare un posto migliore in cui vivere a chi stava nel ghetto. Oltre al danno, la beffa: quei container, che altro non sono che un nuovo ghetto, sono pronti all’uso, ma sono vuoti da due anni, mentre nelle scorse settimane decine di persone hanno perso la casa per gli ennesimi incendi divampati nel ghetto. Tutto questo proprio nel periodo di massimo affollamento dell’anno, quando sta per iniziare la raccolta del pomodoro.

Come ripetiamo da sempre, la vita nei centri di accoglienza e nei campi di lavoro non è la vita che vogliamo, tantomeno se dobbiamo vivere nelle tende o nei container, che non sono case vere, ma solo strutture precarie che arricchiscono che le costruisce e chi le gestisce, dove non siamo liberi e veniamo isolati. Lo sanno bene tanti di noi che vivono dentro il campo: il cibo è estremamente scadente, ci sono pochi posti e i container sono sovraffollati, ci sono pochissimi bagni e le condizioni igieniche, soprattutto d’estate, sono pessime. Abbiamo già protestato in prefettura e con la cooperativa che gestisce il campo molte volte per denunciare queste condizioni, ma poco o nulla è stato fatto. Nel frattempo, ci sono circa 130 nuovi container chiusi da anni, che potrebbero, nell’immediato, migliorare le condizioni soprattutto di chi ha perso la casa. Ma anche aprirli a fine agosto, come ha promesso il Prefetto di Foggia, sarebbe comunque troppo tardi. Non vi sembra assurdo? A noi sembra un’ingiustizia che non possiamo accettare.

Inoltre, come è ormai noto, il governo ha destinato più di 53 milioni dei fondi del PNRR al comune di Manfredonia per l’eliminazione del ghetto di Borgo Mezzanone e per trovare soluzioni abitative alternative per i lavoratori agricoli. A gennaio è stato firmato l’accordo per il progetto, che però ripete il solito copione e propone soluzioni inaccettabili: da un lato realizzare “foresterie” (cioè nuovi “campi”), dall’altro riadattare le borgate della bonifica o della riforma agraria, facendo una distinzione tra lavoratori stagionali e stanziali, come se la precarietà di vita e di lavoro a cui siamo costretti fosse una nostra scelta. Ignorando gli innumerevoli fallimenti di esperienze simili nel passato, si intende usare ingenti quantità di denaro pubblico (e quindi anche i nostri) per questioni che competerebbero ai datori di lavoro. Come se non bastasse, il governo non ha dato alcun segnale sull’approvazione di questo e degli altri progetti presentati dai comuni della provincia, e la scadenza era il 30 giugno: che fine faranno tutti questi soldi?

Già lo scorso 6 marzo eravamo scesi in strada a Foggia per chiedere chiarezza immediata alla prefettura sull’utilizzo di questi fondi e sottolineare l’inefficacia delle soluzioni proposte, e ci era stato risposto che era ancora tutto fermo. Quel giorno abbiamo protestato anche contro i ritardi e i dinieghi della commissione territoriale, ricevendo la promessa di velocizzare i tempi delle risposte e di favorire la regolarizzazione. Ma oggi abbiamo anche nuovi motivi per protestare: con l’approvazione del decreto “Cutro”, le possibilità di avere riconosciuto un permesso di soggiorno si sono ulteriormente ristrette, mentre si parla di fare entrare 400 mila lavoratori con i decreti flussi nei prossimi 3 anni. E per chi è già in Italia e magari è costretta a lavorare “in nero” perchè irregolare, solo silenzio e baracche, rischiando ogni giorno la vita sul lavoro, per strada e anche nei luoghi in cui viviamo.

Vogliamo un cambio di rotta immediato da parte della commissione territoriale, delle questure e del governo: non possiamo continuare ad attendere mesi e mesi per un documento o un appuntamento, ed è impressionante la gran quantità di esiti negativi alle domande presentate, anche quando soddisfano i già ristrettissimi criteri della legge. Contribuiamo in maniera decisiva all’economia di questa provincia e del paese ma non ci è concesso avere case normali in cu vivere. L’unico vero modo per farla finita con ghetti e caporalato, come dicono istituzioni e giornali, è darci un documento e rispettare i contratti collettivi che prevedono casa e trasporto per gli stagionali.

Per questo siamo qui davanti oggi: pretendiamo risposte precise e urgenti dal presidente della Regione, dal Prefetto e quindi dal Governo per quel che riguarda le case e i documenti.

Chiediamo quindi:

– Apertura immediata dei nuovi container per le persone che ne hanno necessità, a prescindere dal loro status giuridico e dal possesso di un documento. Nel frattempo, continuiamo a pretendere case per tutti;

– Che la commissione territoriale riduca i tempi di attesa e che rilasci pareri positivi a chi fa richiesta di protezione, considerando le condizioni di vita e di lavoro che da anni siamo costretti a sopportare;
– Un riscontro urgente, da parte dell’ente gestore, a seguito della denuncia della situazione all’interno del CARA.

Infine vogliamo chiarezza dalla Prefettura e dal Governo sui tempi e le modalità di realizzazione del progetto PNRR. Non accetteremo l’ennesima speculazione, siamo noi a dover decidere cosa farne. Le soluzioni di cui si parla in nessun modo possono essere costituite, ancora una volta, da centri di accoglienza, tendopoli o campi container. Nessuna persona dovrebbe vivere per strada, in un ghetto ma neanche in una tenda o in un container.

Tutt dobbiamo essere liberi di circolare liberamente, di scegliere la vita che vogliamo, liber da sfruttamento e violenza in tutte le sue forme, compresa quella istituzionale.

Per questo, oggi come ieri, non ci stanchiamo di ripetere che pretendiamo documenti e case per tutt subito e condizioni di lavoro che ci facciano vivere bene.

OPUSCOLO: LA TRANSIZIONE ALLA GUERRA IN CASA

Riceviamo e diffondiamo questi appunti sulla ristrutturazione energetica e digitale delle forze armate, il suo contesto e il mondo che prepara.


Introduzione

Che il complesso militare nostrano si sia mosso con crescente determinazione nella direzione di una sempre più accentuata penetrazione nella cosiddetta “società civile” è un fatto che si è reso sempre più evidente negli ultimi decenni, con una più marcata accelerazione in tempi recenti dettata dalle esigenze della ristrutturazione capitalistica in corso e dagli equilibri politico-militari globali in via di ridefinizione.

La società e la sua cultura sono sempre più penetrare e irradiate dei valori e dei modelli del bellicismo, in funzione dei vecchi e nuovi interessi del complesso tecno-industriale e finanziario. Come ha notato qualcuno, “la logistica della guerra” segue (e anticipa) le velocità, le maniere e, aggiungiamo, le necessità dello Stato capitalista, ne mutua il paradigma di produzione just in time come adeguamento quasi in tempo reale ai mutamenti e ai bisogni del momento.

Dalla firma nell’ormai lontano dicembre 2017 di un protocollo di collaborazione nei progetti di alternanza scuola-lavoro tra il Ministero della Difesa e quelli di Lavoro, Istruzione e Università e Ricerca, alla stipula, il 24 febbraio 2022, di un accordo tra i rappresentanti della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane (CRUI) e la Fondazione Leonardo Med-Or di Marco Minniti, al fine di “promuovere attività culturali, di ricerca e formazione scientifica”; dall’istituzione, nel febbraio 2023, di un “Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della difesa” che dovrebbe, nelle parole del ministro guerrafondaio Guido Crosetto, spostare l’attenzione “anche sull’impatto che la difesa nel suo complesso ha sulla vita di tutti i giorni” grazie all’aiuto di una schiera di servi volontari economisti, giornalisti, intellettuali, accademici, dirigenti d’azienda, all’ormai strutturale penetrazione del comparto bellico industriale in tutte le università italiane, centri di ricerca e laboratori, dipartimenti e consorzi interuniversitari, la lista delle brecce aperte in quasi tutti gli ambiti appare già ampissima e in continua e inarrestabile espansione.

Si assiste alla stretta relazione tra l’evolvere di nuovi scenari bellici a scala globale e l’aumento esponenziale della militarizzazione interna, non solo in termini di sempre più pervasiva presenza militare e poliziesca nei territori, ma anche e non secondariamente, in termini sociali e culturali, per non parlare delle ormai dilaganti strette repressive.

Un tema passato forse un po’ sottotraccia, di cui si è parlato meno, è quello legato al processo di ristrutturazione energetica e logistica che le forze armate, non solo nostrane, stanno intraprendendo e agli obiettivi ad essa strettamente connessi. Ad eccezione infatti di alcuni grandi contesti metropolitani o comunque locali, sembra che la questione degli smart military district e delle caserme verdi dell’Esercito, degli aeroporti azzurri dell’Aeronautica e delle basi blu della Marina militare, di cui si inizia a parlare intorno al 2019, raggiunga raramente gli onori delle cronache nazionali. Ed è proprio a partire da una situazione locale interessata da uno di questi progetti che si è sentita la necessità di iniziare una ricerca sul tema, nel proposito di fornire un primo contributo alla conoscenza dei mutamenti in atto e in procinto di essere attuati all’interno del comparto bellico nostrano nella prospettiva di scenari di conflitto futuri.

Questo contributo, molto lungi, come si vedrà, sia dall’essere esaustivo sia dal voler affrontare la grande complessità della materia oggetto di indagine nella sua interezza, i cambiamenti in atto nel settore militar-industriale – tanto nostrano quanto globale – e la complessità delle sue sempre più strette relazioni dual use con l’ambito civile, si propone di gettare un po’ di luce sui progetti che la difesa sta avviando nella direzione di una generale preparazione a futuri scenari bellici sul fronte interno, nascosti, manco a dirlo, dietro le tende della transizione green e digitale.

Link al testo pdf: Transizione alla guerra in casa_ lettura  
Transizione alla guerra in casa_stampa

IT-ALERT, NUOVO SISTEMA DI ALLARME PUBBLICO NAZIONALE

“IT-alert, il nuovo sistema di allarme pubblico nazionale, arriva nella nostra regione con un messaggio di test che, una volta a regime, potrà essere attivato per informare direttamente i cittadini in caso di gravi emergenze imminenti o in corso.” Fonte: sito della Regione Emilia Romagna

Lunedì 10 luglio tutti i cellulari collegati a celle di telefonia mobile dell’Emilia-Romagna squilleranno contemporaneamente ma con un suono diverso rispetto a quello delle normali notifiche. Si tratta del nuovo sistema di allerta di cui si sta dotando l’Italia, già sperimentato in Toscana, Sicilia, Sardegna, Calabria (già al quarto test).

IT-alert diventerà operativo nel 2024 e si attiverà in caso di gravi emergenze o eventi catastrofici imminenti o in corso, come incidenti nucleari o emergenze radiologiche, incidenti rilevanti in stabilimenti industriali, maremoti, collasso di grandi dighe, attività vulcanica.

Il procedere della crisi del sistema capitalista sta esasperando sia le politiche di guerra e di contenzione dell’immigrazione, sia le politiche di precarizzazione e di attacco alle classi sublaterne, determinando una corsa sempre più rapida alla conquista di risorse e mercati nel mondo. In questo contesto risulta evidente a tutte/i quanto emergenze ed eventi critici non possono più essere affrontati come “incidenti di percorso” da denunciare ogniqualvolta ci colpiscono, direttamente o indirettamente (diventando a tutti gli effetti strumenti di ricatto e vessazione in mano ai padroni) ma come elementi strutturali che pongono l’urgenza materiale di una critica radicale e di un’opposizione concreta a questo modello di sviluppo insensato, allo sfruttamento di persone e territori, allo stato di cose presenti.