Piazza verdi: uomo schiacciato a terra

Mentre l’indignazione da social si scatena per i fatti terribili che avvengono altrove, nessuno pare abbia voglia e intenzione di prendere atto invece di quanto sta accadendo proprio qui, e andando proprio verso quella direzione.

La militarizzazione della città ha dato campo libero alle forze dell’ordine di scaricare l’emergenza su chi vive già in condizioni di marginalità, isolamento ed esclusione.

L’emergenza è stata sfruttata per ripulire le strade da indecorose presenze quali senza fissa dimora, ambulanti, senza documenti, sexworkers e tutte quelle persone non gradite alle città vetrina.

In piazza verdi l’altro ieri uno schieramento di forze dell’ordine si è accanito su un uomo per un commento ironico rivolto alle divise. La persona è stata accerchiata e ammanettata.
Il tentativo di non farsi portare in questura dell’uomo ha scatenato l’ira degli agenti:  strattonato, spintonato per terra, è stato infine caricato in macchina con la forza, sotto lo sguardo basito degli avventori.

Le foto non rendono giustizia dell’ingente schieramento di polizia e della brutalità dell’intervento che ci viene raccontato da un passante, ma si vede bene la sproporzione della forza su un uomo disarmato,  l’uomo è a terra e gli agenti sono piegati su di lui.

 

Carcere: altro che malasanità, questa è vendetta!

Mattia è uno dei cinque detenuti che hanno sottoscritto l’esposto per i fatti di Modena del Marzo 2020, i pestaggi dopo la rivolta e la morte in cella di Salvatore Piscitelli, avvenuta nel carcere di Ascoli Piceno.

Già circa un anno fa fu valutato in Pronto Soccorso ad Ascoli Piceno mentre si trovava in quel carcere (prima che uscisse l’esposto), ed in tale occasione gli fu indicata la necessità di programmare un intervento chirurgico per un grave problema di salute, destinato a peggiorare se trascurato. Attualmente Mattia si trova recluso nel carcere di Montacuto (Ancona). È passato oltre un anno e ancora l’intervento suggerito non è stato effettuato. Nelle ultime settimane la sua situazione di salute si è ulteriormente aggravata ed è stato trasferito ben due volte in Pronto Soccorso. Qui i medici hanno nuovamente programmato un intervento e prescritto la somministrazione di un antibiotico che tuttavia, al rientro in carcere, non gli è stato dato per svariati giorni. Nonostante i ricoveri in Pronto Soccorso il medico del carcere sostiene che le condizioni di salute di Mattia siano buone e che possa effettuare una nuova visita fra 6 mesi.
Nel frattempo, nonostante sia stata disposta l’autorizzazione per l’ingresso di un medico di fiducia da circa un mese, non viene comunicata una data per effettuare la visita.

Come leggere tutto ciò?
Partiamo da una considerazione certamente non originale: la sanità in carcere è pessima di prassi. L’eccezione non è la malasanità, ma trovare un medico non connivente con le guardie.
L’abbiamo visto e continuiamo a vederlo, basti ripensare alle rivolte di un anno fa con cui i detenuti hanno chiesto a gran voce la tutela della propria salute, concetto incompatibile con quello di reclusione. Basti guardare oggi, dopo oltre un anno, quanto la pandemia attraversi ancora quelle mura e continui a diffondersi, senza che vengano adottate misure dignitose per frenare tutto questo. Basti ascoltare cosa ci dicono detenuti e detenute a cui il vaccino anti-COVID viene presentato più come una costrizione che come una scelta: se non ti vaccini ti mettiamo in isolamento, ti blocchiamo ogni attività, ti impediamo ogni visita medica.

Ma torniamo un istante alla situazione di Mattia.
Sono ripetute le vessazioni destinate a lui e agli altri detenuti che hanno sottoscritto l’ ormai noto esposto; tra pacchi e corrispondenza rifiutati o trattenuti, posta sottoposta a censura, soldi spediti dai familiari che non vengono recapitati, rifiuti di protocollare richieste interne, e l’onnipresente ricatto sul corpo e sulla salute.
La macchina statale, dopo le brutalità e gli omicidi di massa commessi nelle carceri un anno fa, ha apertamente deciso di non invertire la rotta e di dare chiari segnali a tutti/e coloro che non stanno zitti di fronte ai quotidiani soprusi di carcerieri e personale sanitario.
Il pugno duro messo in campo in decine di galere nel marzo 2020 è una prassi tuttora rivendicata dallo Stato. E chi alza la voce per denunciare la violenza delle guardie e la connivenza dei medici deve essere messo a tacere. Hanno provato a vessare i 5 detenuti autori dell’esposto con trasferimenti, con continue minacce e ripetuti interrogatori. Nulla di tutto ciò, ad oggi, ha avuto l’effetto desiderato. Ora rincarano la dose facendo aggravare volontariamente la situazione di
salute di uno di loro. Vogliono la vendetta. Questo stanno dicendo a Mattia trascurando la sua salute, questo stanno dicendo a tutti noi.

Sempre solidali e complici con chi non chiude gli occhi e non abbassa la testa di fronte agli aguzzini di Stato! Facciamo sentire tutta la nostra solidarietà e rabbia.

Sosteniamoli ancora, come meglio crediamo!
Per scrivere a Mattia, Claudio, Cavazza e Francesco:

Belmonte Cavazza_, C.C. Piacenza, Strada delle Novate 65, 29122 Piacenza.
Claudio Cipriani,_ C.C. Parma, Strada Burla 57, 43122 Parma
Francesco D’Angelo,_C.C. Ferrara, Via Arginone 327 44122 Ferrara
Mattia Palloni, _C.C. Ancona Montacuto, Via Montecavallo 73, 60100 Ancona

Violenta aggressione sbirresca a Milano

Violenta aggressione sbirresca a Milano.

Camionette blindate, almeno cinque tra polizia e carabinieri, caschi, scudi e manganelli. Nel mirino? I giovani, in prevalenza minori, che si sono raccolti intorno alla produzione del nuovo video del rapper Neima Ezza.

I ragazzx sono stati caricati e attaccati con lacrimogeni.
Si parla di una sassaiola, lanci di bottiglie, e di cori contro la polizia: “andatevene!”  “fuori dalle nostre zone!”

La guerriglia è la loro,
Solidarietà ai giovani delle periferie!


Link:
https://www.milanotoday.it/cronaca/polizia-piazza-selinunte-video-rapper.html

Sequestrato il server nostate.net

Il 29.03.21 la polizia olandese ha fatto irruzione nel centro dati che ospita il server nostate.net, sequestrando il server stesso come parte di un’indagine per “terrorismo”. Nostate.net è un collettivo che forniva una piattaforma per siti web di movimenti internazionali di gruppi di solidarietà con i prigionieri, collettivi di multiple campagne, pagine rivoltose e controinformazione internazionale.

Più info qui

Nuova indagine in relazione all’attacco contro la caserma dei carabinieri di Bologna

Da: Inferno Urbano

Nei primi giorni di aprile i carabinieri hanno notificato a Robert, già a processo per l’operazione Prometeo, un avviso di garanzia per l’articolo 280 (attentato con finalità di terrorismo) con annessa la richiesta di accertamenti irripetibili urgenti da svolgersi in data 13 aprile 2021 presso la sede dei RIS di Parma sui materiali repertati in data 27 e 28 novembre 2016 nelle aree prossime alla stazione carabinieri di Bologna- Corticella.

Appena un paio di giorni dopo vengono notificate le stesse carte a Giuseppe, rinchiuso attualmente nel carcere bolognese, indagato sempre per l’inchiesta Prometeo. I fatti contestati riguardano l’esplosione di un ordigno avvenuta la notte del 27 novembre 2016 sotto la caserma dei carabinieri.

Occorre fare un breve excursus sulla genesi repressiva che seguì quell’episodio. Il giorno dopo l’esplosione era ospite in città l’allora premier Matteo Renzi che, unitamente alla procura, dichiarò che i responsabili di quel riprovevole gesto sarebbero stati acciuffati a tutti i costi e che sarebbero state messe in campo tutte le risorse necessarie ad assicurare alla giustizia chi aveva osato oltraggiare coi fatti l’autorità indiscussa dell’arma. E in effetti la risposta repressiva non si fece attendere, visto che appena due settimane dopo arrestarono  un giocoliere di strada di origine francese. Per 4 mesi fu rinchiuso in AS2 a Ferrara, ma in breve l’entusiasmo della procura capeggiata da Giuseppe Amato (noto per altre inchieste su “associazioni sovversive”) si smorzò a seguito della scarcerazione del malcapitato dopo che una testimone ritrattò le dichiarazioni fatte. L’inchiesta fu tenuta aperta per circa un altro anno per poi essere chiusa senza ulteriori indagati. Il giocoliere fu condannato in primo grado per possesso (solo presunto per via della testimonianza poi ritrattata) di materiale esplodente, per poi essere completamente assolto in appello.

A quasi 5 anni dai fatti, questa inchiesta viene riesumata dalla stessa pm Antonella Scandellari che, dopo i fallimenti precedenti, ora ci riprova indagando altri due compagni.

Il 10 maggio inizierà a Genova il processo per l’operazione Prometeo e, per rimediare alla pochezza probatoria, gli inquirenti infilano i compagni inquisiti in altri procedimenti: allo scopo di rafforzare la coltre di suggestione con cui imbastiscono le inchieste, si basano su mere ipotesi legate alle idee degli indagati piuttosto che ad azioni concrete. Natascia infatti è stata magicamente inserita nell’operazione Scintilla alla chiusura dell’indagine, mentre ora Beppe e Robert si ritrovano inquisiti in questo nuovo procedimento.

La nullità di chi mette in campo queste farse più che paura ci fa quasi ridere.

Non lasceremo da soli i nostri compagni e le nostre compagne.

Sardegna: solidarietà a Paolo

La vostra gabbia, la nostra rabbia

Dopo il marzo 2020 se la situazione nelle carceri non è migliorata, nemmeno il fermento e la rabbia sono cessati. Episodi in cui singoli o gruppi di detenuti e detenute alzano la testa e prendono coraggio contro i loro aguzzini si sono susseguiti numerosi in quest’anno. Fra questi c’è Paolo.

Paolo è un compagno sardo che vive e lotta a Cagliari da molti anni, il 31 ottobre 2017 è stato arrestato immediatamente dopo aver rapinato un ufficio postale insieme a due altri complici. In secondo grado è stato condannato a 5 anni di reclusione. In questi primi tre anni e mezzo di carcerazione a Uta non è riuscito a godere nenache una volta del beneficio dei 45 giorni di sconto di pena previsti per ogni sei mesi senza rapporti. La sua instancabile tenacia a non voltare lo sguardo di fronte ai soprusi delle guardie oltre ai rapporti gli è costata anche la denuncia per cui il 12 aprile verrà portato a giudizio.
Pochi giorni fa il direttore del carcere ha sottoposto la sua corrispondenza a censura perché “corrisponde con anarchici e organizzatori di presidi al carcere”.

Non abbiamo intenzione di lasciarlo solo. Storie simili alla sua nelle galere sono il quotidiano. Se qualcuno, un compagno questa volta, ha deciso di non lasciar correre e lottare avrà allora tutto il nostro sostegno. Alzare la testa contro l’abominio carcerario è un atto di coraggio. Sostenere questo coraggio è il minimo che chi sta fuori può fare per riconoscerlo.

Paolo libero!

Solidali contro il carcere


Udine: denunce per istigazione a delinquere

Siamo spiacenti: continueremo a fare apologia della ribellione e ad oltraggiare l’oppressione.

Alcuni giorni fa, una compagna e un compagno hanno scoperto di essere nuovamente indagat* per istigazione a delinquere-apologia (art. 414 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.) per alcuni contenuti della trasmissione radiofonica Zardins Magnetics, realizzata dalla nostra Assemblea e messa in onda ogni giovedì alle 20.00 su Radio Onde Furlane.

Si tratta dell’ennesimo attacco poliziesco e giudiziario alle attività dell’Assemblea tramite accuse basate su reati definibili come “d’opinione”. Infatti, la compagna e il compagno sotto indagine stanno già subendo un processo, per i medesimi reati, presso il tribunale di Udine per vari interventi a manifestazioni e un’intervista radiofonica nel 2019.

Analogamente, una compagna sta subendo ben tre processi a Trieste per imputazioni di istigazione e oltraggio, per vari interventi sotto il locale carcere. Pare che le Digos e le procure di Udine e di Trieste vogliano farci pesare penalmente ogni nostra parola che, superando la sterile libertà di indignarsi, rivendichi la libertà di lottare.

E così, tanto per fare degli esempi dei nostri capi di accusa, affermare che è giusto colpire con l’azione diretta chi (veramente) istiga al razzismo e alla guerra tra poveri, come la Lega, diventa istigazione a delinquere. Dire che la malasanità in carcere è tortura e dunque denunciare come torturatori i medici che se ne fregano dei/delle detenut*, diventa diffamazione.

Raccontare ad un presidio presso un carcere di una rivolta accaduta in un altro carcere, diventa anch’essa istigazione. Gli orizzonti miseri del diritto borghese si rivelano appieno. Con le nostre parole, infatti, non vogliamo spingere nessuno a fare nulla, né intendiamo sporcare il nome di chicchessia che non sia già sporcato dal suo ruolo e dalle sue azioni.

Vogliamo invece valorizzare -questo sì -la ribellione e le lotte che inevitabilmente sorgono, senza bisogno di fantomatici istigatori o istigatrici, dall’oppressione. Riconosciamo in quest’ultima l’unica vera istigatrice alla ribellione, aldilà di tutti gli incubi di una pace sociale totalitaria da parte dello Stato e delle classi dominanti.

Nel nostro piccolo, noi siamo parte di questa ribellione e lotta inestinguibile. Siamo, ad esempio, stat* al fianco dei detenuti del carcere di Udine, quando ci hanno denunciato la loro condizione di malasanità. Così come delle detenute del Coroneo di Trieste, quanto hanno rivendicato sanità, salute e libertà nel pieno dell’attuale epidemia. Siamo stat* e saremo al fianco delle prigioniere anarchiche e dei prigionieri anarchici, rinchius* nelle galere perché lottano per distruggerle.

Pensiamo che sia la nostra pratica in tal senso, più che le parole in sé, a voler essere colpita con questi procedimenti. Si sforzino pure i nostri inquisitori di centellinare ogni parola per darvi un “rilievo penale”.

Noi continueremo a dire quello che pensiamo e soprattutto a praticare l’appoggio e la solidarietà a chi si ribella, lottando contro il carcere e resistendo alla repressione.

Assemblea permanente contro il carcere e la repressione

liberetutti@autistiche.org


Udine: Denunce per istigazione a delinquere

Piacenza: “Vaffanculo, questore pezzo di merda!”

1 aprile 2021

Insulta il questore più volte urlando al microfono “VAFFANCULO, QUESTORE PEZZO DI MERDA!” Denunciato per vilipendio alle istituzioni un sindacalista del S.I.Cobas

Link: https://www.ilpiacenza.it/cronaca/insulta-il-questore-piu-volte-urlando-al-microfono-denunciato-un-si-cobas.html



“La norma tutela le istituzioni, il sentimento di italianità  [e infatti nell’articolo si ribadisce più volte ‘marocchino’ ]  e i simboli rappresentativi dello Stato, così da non intaccare il principio di autorità” colpendo quella “critica che ecceda i limiti di decoro e correttezza e del prestigio delle stesse.”
https://www.brocardi.it/codice-penale/libro-secondo/titolo-i/capo-ii/art290.html