PERQUISIZIONI A COMO

Riceviamo a diffondiamo da Como con tutta la nostra solidarietà per lx compagnx colpitx. No, la repressione non romperà i nostri legami di solidarietà, amicizia, complicità e amore 🔥

Alle 7:45 del mattino di giovedì 8 maggio DIGOS e agenti della polizia hanno fatto irruzione nell’abitazione di una compagnx a Como, con un mandato di perquisizione per un presunto imbrattamento commesso a Como il 7 gennaio scorso, finalizzato alla ricerca di materiale utilizzato per imbrattare. L’abitazione è stata completamente ribaltata, dunque, per cercare delle bombolette spray. Assieme a tutti gli ambienti della casa, anche lx compagnx ha subito una perquisizione personale; si è dovuta spogliare nudx e fare tre squat davanti ad un agente donna -alle sette del mattino!!!!-. Gli sbirri, seppur alla ricerca di materiale utile all’imbrattamento, hanno perquisito tutta l’abitazione, anche il frigorifero e gli scaffali della cucina, buttando per terra il cibo nelle mensole. Inoltre, con il loro mandato avrebbero dovuto limitarsi ad entrare soltanto alla stanza della compagna e negli ambienti comuni della casa; nonostante ciò hanno fatto finta di niente, perquisendo tutta l’abitazione, persuadendo il coinquilino ad essere collaborativo con chiacchiere e discorsi da “sbirri buoni”. Lx compagnx si è fatta la colazione mentre gli infami cercavano prove del grande delitto, gettando a terra il cibo, ribaltando i divani, svuotando tutte le mensole e buttando le cose talmente senza cura che alla fine nessuno riusciva più a muoversi negli spazi dell’abitazione.
Come siano arrivati a sapere l’indirizzo dell’abitazione dellx compagnx, rimane un mistero. Probabilmente appostandosi nei giorni precedenti al di fuori dell’abitazione, controllando chi entrava e usciva.
Dopo aver ribaltato la casa, alle 10 il convoglio di polizia digos e compagnx si è spostato alla seconda location, la casa dei genitori della compagnx, dove aveva ancora la residenza. Qui ha trovato poco o nulla: solo vestiti da bambinx e peluche. Inoltre, la polizia ha più volte ritirato il telefono, dicendo che non c’era bisogno di comunicare con l’avvocato ogni tre minuti (diritto invece legittissimo), e lo ha riconsegnato solo alla fine di tutto il teatrino.
Una volta arrivatx in questura, la persona è stata identificata dalla p. scientifica e portata negli uffici ad attendere dalle 10:30 circa alle 15:30 del pomeriggio per il verbale della perquisizione. Le ore sono passate lentamente, con lx compagnx in balia della voglia di scherzare, provocare, estorcere informazioni e minacciare di ogni digossino. Dato che non si sedeva compostx sulla sedia, è statx fatto alzare e stare in piedi per alcune ore. La digos ha offerto acqua e cibo, dicendosi gentile e pronta a soddisfare ogni bisogno; si è però offesa quando non ha ricevuto neanche un “grazie”.
Atteggiamenti di aggressiva prepotenza come questi, che il sistema e i suoi organi repressivi vorrebbero normalizzare, sono di per sè violenti ed inaccettabili. La rabbia e il senso di sopraffazione sono sentimenti comuni quando si vivono queste situazioni; è importante rimanere lucidx, mantenere la calma e ricordarci di chi ci aspetta fuori dalle mura nemiche della Questura, per un abbraccio o un aiuto a rimettere a posto tutta la casa distrutta dalla polizia.

La repressione non romperà i nostri legami di solidarietà, amicizia, complicità e amore.

CILE: “VI CAVEREMO GLI OCCHI” – COME I CARABINEROS GESTIVANO L’ORDINE PUBBLICO DURANTE LE RIVOLTE DELL’OTTOBRE 2019

Traduciamo e diffondiamo

Claudio Crespo è stato identificato come lo sbirro che ha sparato e mutilato gli occhi di un giovane l’8 novembre 2019, in piena rivolta di ottobre.

Pochi giorni fa, il media CIPER ha diffuso i video registrati dalle bodycam della polizia cilena[1], mostrati in occasione del processo che l’ex agente sta affrontando presso la Quarta Corte Penale di Santiago, accusato di coercizione illegittima con conseguenti lesioni gravi nei confronti di Gustavo Gatica, che ha perso la vista proprio a causa dell’impatto dei proiettili l’8 novembre 2019.
Nei video si possono sentire frasi come: “ti caveremo gli occhi”, “che bruci, quello stronzo” o “dobbiamo uccidere tutti questi stronzi”, mentre in altre registrazioni audiovisive lo si vede strappare una ciocca di capelli a unx detenutx e inviare la foto come trofeo al gruppo Whattsapp chiamato Tijera dove, a quanto pare, era consuetudine tra i miserabili poliziotti scambiarsi le foto dei loro ‘trofei’.

Giorni dopo la diffusione di questi video, lo sbirro Claudio Crespo assicura: “non mi pento di nulla” e “non me ne frega niente”.[2]

Siamo sorpresi? No. La polizia è il braccio armato al servizio dei potenti, difensori in carne e ossa della proprietà, moderni pacificatori che, in cambio di uno stipendio, hanno deciso di usare le armi contro chi sfida la normalità e, attraverso le varie pratiche di violenza politica, affronta un sistema di vita basato su gerarchie e obbedienza. In questo senso, le parole dello sbirro in questione sono una rappresentazione delle dinamiche della polizia, che non ha codici quando si tratta di scontrarsi, facendo della morbosità e dello scherno una sorta di messaggio ai propri padroni, affinché vedano che stanno lavorando per difendere i loro interessi, come un gaucho che appende il corpo smembrato di un puma nel recinto degli appezzamenti in Patagonia, in modo che i suoi capi sappiano del suo lavoro. Ignorando che, a un certo punto, i cacciatori saranno cacciati.

Tuttavia, la pratica anarchica e antiautoritaria è riuscita a colpirli in tutto il mondo, in ogni angolo dove ci sono mani e volontà disposte a pianificare e organizzare gesti di vendetta tradotti in piccole vittorie. Da Kurt Wilckens che ha giustiziato il repressore Benigno Varela[3], ai compagni anarchici insurrezionalisti negli Stati Uniti che hanno inviato pacchi bomba contro le stazioni di polizia, ai libri bomba inviati contro i poliziotti in Grecia, all’artificiere che ha perso una mano e un occhio in Italia, allo sbirro ferito in Cile dopo la detonazione di un pacco bomba all’interno di una stazione di polizia, e a molte altre azioni che hanno dimostrato che l’azione contro la polizia è sempre necessaria e urgente, perché, come abbiamo sottolineato in precedenza, essi sono i difensori in carne e ossa dell’intera infrastruttura del potere e dell’autorità.

La memoria anarchica non si limita a ricordare i compagni morti in azione o per altre cause, ma deve anche individuare e riconoscere le piccole vittorie conquistate nel corso degli anni, e fare in modo che siano elementi imprescindibili per generare un impulso pratico-morale nel presente e nei passi da compiere. In questo senso, sembra necessario ricordare l’azione compiuta qualche anno fa dalle Cellule Rivoluzionarie Mauricio Morales, quando attaccarono con degli esplosivi la sede della Fullclean Security, un’azienda creata dallo sbirro Claudio Crespo dopo essere stato dimesso dall’immonda istituzione in cui difendeva i potenti. L’azienda sotto il controllo del miserabile ha vinto importanti gare d’appalto che gli hanno riempito le tasche, contratti con l’ospedale della polizia per circa 6,5 miliardi di dollari, 3,6 miliardi di dollari con il comune di Lo Barnechea e 40 milioni di dollari con la Delegazione Presidenziale di Maipo.

In particolare, nella notte del Maggio Nero del 20 maggio 2022, intorno alle 23 si è sentito un forte botto nel quartiere Sucre di Ñuñoa, precisamente al numero civico 2161, dove tuttora si trovano gli uffici della Fullclean S.A. Nel giardino antistante l’edificio, la polizia ha trovato cavi, resti di una borsa marrone, pezzi di plastica, una batteria e dei timer, e la Procura Metropolitana del Sud ha preso in carico l’indagine, in quanto ha l’esclusiva su questo tipo di casi.

Di seguito la dichiarazione completa dell’azione esplosiva:

Rivendicazione dell’attacco esplosivo contro la Fullclean Security

Abbiamo attaccato con esplosivi la società di sicurezza privata di Claudio Crespo Guzmán, ex-sbirro mutilatore, cocainomane e parte dei gruppi d’ assalto del fascismo in Cile!

La notte di venerdì 20 maggio del Maggio Nero, ci siamo recati alla Fullclean Security in calle Román Díaz , Ñuñoa, per colpire questo mercenario che, nell’impossibilità di continuare a reprimere in uniforme, ha creato una società privata per esercitare potere e controllo come mezzo di sussistenza.

In questo luogo, è evidente che lo Stato e le imprese di sicurezza private mantengono una relazione necessaria per perpetuare i loro privilegi e la loro autorità. Le attività repressive sono una parte essenziale del loro meccanismo di convalida, quindi non c’è e non ci sarà uno Stato che non imprigioni, mutili o uccida coloro che si oppongono alla sua devastazione e violenza permanente. Queste azioni corrispondono alla continuità di una politica statale che trascende i governi di turno, siano essi di destra, di sinistra, plurinazionali o convenzionali. Non c’è bisogno di separare i leader dalla mafia: tutte le autorità sono ugualmente cattive.

Di fronte a questa realtà repressiva, solidarizziamo combattivamente con il prigioniero sovversivo Marcelo Villarroel, che è ancora in carcere solo a causa delle sentenze emesse dalla giustizia militare, eredità del dittatore Pinochet e perpetuata dai governi e dalle dirigenze intellettuali della democrazia, compreso ciò che resta del governo Boric. Chiamiamo all’agitazione tra il 23 e il 30 maggio per la libertà del nostro compagno.

Poiché un fuoco potente è solo la continuazione di una piccola scintilla, questa azione è in memoria del nostro fratello e compagno Mauricio Morales, le cui idee e pratiche di libertà continuano a essere una bomba contagiosa.

Salutiamo i compagni che nei licei e nelle strade mantengono viva la lotta per la libertà, disprezzando la speranza istituzionale con il fuoco e la disobbedienza.

Un abbraccio fraterno e rivoluzionario a Pato Gallardo, instancabile combattente che si è spento in questi giorni, lasciando una storia impegnata di lotta nella dittatura e nella democrazia.

Saluti e libertà per i nostri prigionieri.

Siamo arrabbiati e stiamo finendo la pazienza, non dite che siamo pochi, dite che ci siamo.

Mandiamo saluti e forza a La Negra Venganza, Grupo Autónomo Revolucionario del Maule, Grupo de Respuesta Animal, Fracción Autonómica Cristián Valdebenito, Células Revolucionarias Nicolás Neira, Célula Anticapitalista Simón Radowitzky e a chi persiste nell’attacco in tutto il mondo.

Nuova sovversione

Libertà o morte

Cellule rivoluzionarie Mauricio Morales

Lo sbirro ha fatto riferimento all’azione intimidatoria sul suo account Twitter, assicurando che “ieri sono stato vittima di un vile attacco terroristico in azienda. Hanno installato una bomba e grazie a Dio non ci sono stati feriti e la mia famiglia sta bene”. A quanto pare, non sa che non è opera divina il fatto che finora le azioni contro di lui siano finalizzate ad assediarlo, e come dicevano i compagni del Gruppo Autonomo Weichafe Matias Katrileo qualche anno fa: “I materiali, gli orari e gli obiettivi li stabiliamo solo noi e avanziamo secondo il senso della guerra… quando pretenderemo che i danni-distruzione siano diversi, lo faremo e tutta la pianificazione sarà finalizzata in quella direzione.[4]

Ci viene in mente questa azione di fronte a tanti commenti – anche da parte di “anarchici” – che tendono ai diritti umani, allineando posizioni e discorsi a settori riformisti, piattaformisti e/o popolari, che cercano solo di riordinare lo scacchiere del potere. Il discorso dei diritti umani non è affatto vicino alle nostre idee, poiché la sua stessa esistenza è strettamente legata alla tutela della democrazia, e la democrazia è di per sé la tutela dello Stato.

Esortiamo a non perdere il nostro fiuto antiautoritario, a non arrendersi e a rafforzare la nostra memoria anarchica, le nostre idee e i nostri orizzonti di confronto.


[1] https://www.ciperchile.cl/2025/04/28/te-vamos-a-sacar-los-ojos-imagenes-revelan-como-claudio-crespo-y-su-equipo-de-fuerzas-especiales-enfrentaban-ataques-durante-el-estallido-social/

[2] https://eldesconcierto.cl/2025/04/29/claudio-crespo-tras-video-donde-amenaza-con-sacarle-los-ojos-a-un-joven-no-me-arrepiento-de-nada

[3] https://informativoanarquista.noblogs.org/post/2023/01/27/memoria-un-dia-como-hoy-en-1923-el-anarquista-kurt-wilckens-asesino-al-coronel-del-ejercito-argentino-varela/

[4] https://es-contrainfo.espiv.net/2018/01/25/santiago-chile-reivindicacion-de-ataque-incendiario-a-bus-del-transantiago/

SCIOPERO DELLA FAME DEI RECLUSI NEL CPR DI MACOMER

Diffondiamo

Martedì scorso i reclusi nel blocco destro del lager (CPR) di Macomer sono stati male dopo aver mangiato il cibo datogli dall’amministrazione. In particolare un ragazzo ha accusato un forte malore e perciò è stato portato in ospedale. I medici hanno confermato che il malore era causato dall’ingestione di cibo avariato. Ieri i suoi compagni del blocco hanno iniziato uno sciopero, rifiutando il cibo e protestando contro l’amministrazione di Officine Sociali, diretta, in Sardegna, da Elizabeth Rijo, già candidata alle scorse elezioni regionali con la lista di Soru e alle comunali di Cagliari con una lista per Massimo Zedda . Sono intervenuti gli antisommossa e qualcuno dei loro dirigenti di polizia ha odorato il cibo dicendo che era immangiabile. La protesta comunque è stata temporaneamente bloccata, ma non lo sciopero del cibo.

Infatti stamattina la rivolta si è riaccesa quando il ragazzo è rientrato dall’ospedale. Per placare tutto è stato forzatamente trasferito a Roma (non sappiamo se per un rimpatrio o per la reclusione in un altro cpr). Oggi anche gli altri due blocchi si sono uniti allo sciopero, i reclusi stanno rifiutando il cibo.

Inoltre nel blocco destro hanno tutti un problema alla pelle: sono comparse delle macchie rosse, che irritano e bruciano. L’amministrazione gli ha somministrato una crema che ha solo peggiorato la situazione.

Solidali con le persone private della libertà, vicini alla loro lotta, facciamo uscire la loro voce aldilà delle mura di quel lager.

I CPR SI CHIUDONO CON IL FUOCO DEI RECLUSI, A LORO LA NOSTRA SOLIDARIETÀ E COMPLICITÀ

Anarchicx contro carcere e repressione

https://rifiuti.noblogs.org/post/2025/05/08/sciopero-della-fame-dei-reclusi-nel-cpr-di-macomer/

BARI: JAPR L’EKK – APRI GLI OCCHI CONTRO LA REPRESSIONE

Diffondiamo

Siamo una rete di collettivi e singole soggettività che si riunisce a Bari dall’inizio di settembre 2024 a seguito delle focose proteste accadute nelle carceri italiane nell’estate 2024. Abbiamo riconosciuto anche grazie alle loro proteste come il pugno di ferro dello stato, sta colpendo sempre più forte. Nelle carceri e nei CPR vediamo la violenza della stato nella sua forma più tangibile ma ormai anche nelle strade si vedono gli attacchi mirati a chi in questo Paese prova ad andare avanti. Ce lo stanno facendo capire bene: se hai il portafoglio pieno (e la pelle bianca) “sii felice sei a bari” altrimenti fuori.

Galere e CPR sono strutture detentive fondamentali per la continuazione e la crescita di questa società ipocrita e sbagliata. Quando sei fuori dalla “legge del momento” devi essere punitx, che tu sia un migrante o una persona trans, che il problema sia la casa o il documento… l’obbiettivo è annullarti e gli strumenti sono tanti. Affinché tu possa essere da esempio, perché la nostra libertà significa la loro banca rotta.

Ed è per questo che nasce questa assemblea: alla repressione che cresce vogliamo rispondere costruendo alleanze bastarde e complicità insolite, vogliamo far scoppiare la bolla del decoro urbano e ricolorare le strade. Vogliamo rompere l’isolamento delle persone detenute a Bari, nel carcere e nel cpr, e provare dal basso a costruire una cassa cittadina per chi viene colpitx dalla repressione.

A CHI HA UNA BOMBA DENTRO AL CUORE LIBERTÀ A TUTTX LX PRIGIONIERX – FUOCO AI CPR

https://japrlekk.noblogs.org/

MONTALTO DI FAUGLIA: IL LATO OSCURO DELLA CURA – ABUSI, CONTENZIONI E SILENZI

Diffondiamo

LANCIO DELLA CAMPAGNA “DATE I NUMERI” SULLE CONTENZIONI IN TOSCANA

Le volte in cui, nel solo 2022, donne e uomini sono stati contenuti immobilizzati a letto sono state 7534 in 12 Regioni italiane. Il numero in tutta Italia è certamente molto più alto, visto che le altre 8 Regioni non hanno inviato dati utilizzabili o affermano di non averli. Tra queste la Regione Toscana. “I dati richiesti non sono detenuti dalla scrivente amministrazione”: è la sorprendente risposta ricevuta dalla regione Toscana, i cui funzionari – forse ignari dell’impegno preso dall’intesa Stato-Regioni dell’aprile 2022 sul monitoraggio delle contenzioni entro luglio 2024 – hanno invitato a rivolgersi direttamente a ciascuna delle aziende sanitarie locali oppure ai singoli reparti psichiatrici ospedalieri. Anche nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla fondazione Stella Maris veniva praticata la contenzione meccanica. Sotto il comunicato sull’ultima udienza del processo sui maltrattamenti alla Stella Maris svoltasi venerdì 21 febbraio 2025.

MONTALTO DI FAUGLIA: IL LATO OSCURO DELLA CURA – ABUSI, CONTENZIONI E SILENZI

Dopo aver assistito all’udienza, l’ennesima, del processo sui maltrattamenti ai ragazzi con disabilità ospiti della struttura di Montalto di Fauglia (Pisa) gestita dalla fondazione Stella Maris, che si è svolta venerdì 21 febbraio, e in attesa della prossima in programma martedì 6 maggio 2025, abbiamo alcune considerazioni da fare.
Nell’udienza di febbraio erano stati ascoltati cinque testimoni della difesa: il medico di base, due assistenti, un infermiere e uno psichiatra.

Come le scorse volte il canovaccio usato dalla difesa è stato lo stesso: i testimoni chiamati in aula hanno sostenuto che i violenti erano in realtà i ragazzi con autismo; nessuno di loro, hanno dichiarato, ha mai visto i colleghi maltrattare gli ospiti. Non c’è stato alcun riscontro alle riprese delle telecamere installate in sala mensa, che hanno immortalato più di 280 episodi di violenza in meno di tre mesi. Una violenza non episodica ma strutturale. Eppure sia le due assistenti che l’infermiere hanno dovuto ammettere di aver ricevuto delle sanzioni disciplinari dalla direzione della Stella Maris per essere stati ripresi dalla telecamere mentre assistevano, senza intervenire, ad atti violenti contro i ragazzi. Una conferma indiretta della conoscenza dei maltrattamenti da parte dei vertici della struttura.

È emerso inoltre, come era già stato messo in evidenza anche durante le udienze precedenti, la mancata formazione del personale da parte della Stella Maris. Una delle due assistenti ha infatti riferito di avere conseguito l’attestato di OSS (Operatrice Socio Sanitaria) solamente nel 2018, quindi dopo gli abusi che risalgono al 2016.

Molto importanti sono stati gli interrogatori del dottor Marinari e dell’infermiere Biagini. Lo psichiatra ha ammesso di avere svolto un doppio ruolo, e questo fatto è abbastanza inquietante già di per sé. Come primario della psichiatria territoriale partecipava alle riunioni semestrali con la Stella Maris per la stesura dei piani individualizzati dei ragazzi. Con questa mansione seguiva soprattutto quelli con autismo che erano il 75% dei ragazzi di Montalto. Dopo la pensione è stato poi assoldato dalla Stella Maris come consulente a contratto e poi ancora come responsabile sanitario della struttura di Montalto fino a oggi. Marinari ha affermato che da primario territoriale della psichiatria proponeva i ricoveri per i ragazzi quando i costi, in caso di assistenza domiciliare oppure di ricovero in struttura al momento della crisi, erano considerati troppo alti dalla Società della salute. Ha detto testualmente: “inserire ragazzi a Montalto era spesso un risparmio economico per la Società della salute”.

L’ultima testimonianza della mattinata è stata quella dell’infermiere Biagini. Ha raccontato in maniera molto asettica come funzionava l’infermeria. Qui la contenzione era una pratica costante e quotidiana. Ha usato testualmente queste parole: “c’era un letto con le contenzioni di tipo meccanico con cinghie ancorate ai quattro lati del letto, più altre cinghie che venivano usate sopra queste”.

Come nei manicomi.

L’infermiere ha detto anche che questi contenimenti provocavano spesso lesioni e lividi e a volte fratture, citando il caso di un ragazzo con una gamba rotta. Ha poi continuato dicendo che a Montalto di Fauglia non c’erano corsi di formazione su come usare questo tipo di contenzione, ma molta improvvisazione. Testualmente: “non c’è stato nessun corso sulla contenzione,veniva detto tutto a voce”. Lo stesso infermiere ha confermato l’uso dei tappeti contenitivi, pratica che  era già emersa durante le scorse udienze. L’utilizzo dei tappeti contenitivi non è stato mai autorizzato né dalla Regione Toscana, né dall’ASL e nemmeno dalla Società della salute. I tappeti contenitivi non risultano essere dei dispositivi approvati da utilizzare in caso di contenzione. L’infermiere, a precisa domanda da parte di un avvocato, ha risposto che ad oggi nella struttura di Marina di Pisa non usano più questo dispositivo, che è stato sostituito da una non meglio qualificata “coperta di sabbia”. Non è stato possibile sapere altro perché nessun avvocato si è sentito di chiedere informazioni aggiuntive su questo ulteriore dispositivo di contenzione.

In cosa consiste la “coperta di sabbia”? Che tipo di dispositivo è? Chi l’ha autorizzato? Qualcuno prima o poi dovrà dare una spiegazione, soprattutto per i familiari delle persone ospitate nella struttura che meritano risposte chiare e trasparenti.

La Stella Maris dovrebbe avere il coraggio di prendere una posizione chiara e definitiva contro ogni metodo coercitivo e degradante. Sarebbe importante che la fondazione abbandonasse per sempre qualsiasi pratica di contenzione o di trattamento inumano.

Indipendentemente dall’esito del processo le sofferenze vissute rimarranno impresse nelle coscienze di chi li ha subite e delle loro famiglie. Esprimiamo loro tutta la nostra solidarietà.

La presunta eccellenza della Stella Maris è un grande bluff. A Fauglia non venivano fornite cure o trattamenti terapeutici, ma si perpetravano atti di violenza e trattamenti degradanti e umilianti. Tutte le pratiche di contenzione, tra cui anche i tappeti contenitivi o “le coperte di sabbia” rappresentano, oltre che inaccettabili forme di abuso, uno dei tanti simboli del fallimento dell’utopia psichiatrica.

Invitiamo a partecipare al PRESIDIO in SOLIDARIETÀ alle VITTIME dei MALTRATTAMENTI alla Stella Maris MARTEDÌ 6 MAGGIO ore 10.30 c/o il Tribunale di Pisa in Piazza della Repubblica.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
https://www.youtube.com/@CollettivoArtaud

AGGIORNAMENTI SULLA SITUAZIONE DI ALFREDO COSPITO

Diffondiamo alcuni aggiornamenti sulla situazione del compagno Alfredo Cospito, che descrivono un evidente inasprimento delle condizioni già di per sé aberranti della reclusione in 41 bis.

Da alcuni mesi, Alfredo sta affrontando una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità del regime detentivo a cui è stato assegnato dal 2022, tra cui il blocco praticamente totale della corrispondenza da/per l’esterno, l’impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), il blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41 bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano.

Tutto ciò avviene, guarda caso, in coincidenza con la condanna in primo grado per rivelazione di segreto d’ufficio del sottosegretario alla giustizia Delmastro (proprio per la vicenda delle intercettazioni ambientali, divulgate in Parlamento da Donzelli, delle conversazioni tra Alfredo e gli altri reclusi che all’epoca facevano parte del suo “gruppo di socialità”). Altre “coincidenze” che viene da pensare possano avere il loro peso in questa vicenda sono le dimissioni a fine del dicembre scorso del direttore del DAP, Giovanni Russo, che aveva testimoniato non proprio a favore di Delmastro nel processo a suo carico e, ancora guarda caso, il ritorno al comando della sezione 41 bis di Bancali del graduato dei GOM che era stato trasferito proprio per il suo coinvolgimento nella faccenda delle intercettazioni.

Rilanciamo quindi l’appello che diffondemmo l’anno scorso in merito alla corrispondenza indirizzata ad Alfredo, come primo passo perché riacquisti incisività e costanza la mobilitazione per strappare Alfredo dall’isolamento e per continuare a lottare contro l’ergastolo e il 41 bis.

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

È importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41 bis nel carcere di Bancali (Sassari). Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso sistemi tracciabili quali la raccomandata (anche senza ricevuta di ritorno) o la “Posta 1”. Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per cercare di sbloccare la corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesso semplicemente scompare.

Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto anche attraverso lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è:

Alfredo Cospito
C. C. “G. Bacchiddu”
strada provinciale 56 n. 4
Località Bancali
07100 Sassari

Mentre per inviare le vostre ricevute: cassantirepalp@autistici.org

Contro tutte le galere!

Cassa AntiRep delle Alpi Occidentali

FRANCIA: AGGIORNAMENTI SU LOUNA, COMPAGNA TRANS ANARCHICA ARRESTATA PER UN ATTACCO INCENDIARIO E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Diffondiamo da Transenne – Barricate contro la transfobia

Louna è una compagna trans anarchica arrestata a metà ottobre 2024, e trattenuta da allora fino a febbraio 2025 in custodia cautelare nel carcere maschile di Tarbes.

Louna è stata accusata di aver dato fuoco a un macchinario utilizzato per la costruzione dell’autostrada A69 tra Castres e Tolosa, un progetto tanto inutile quanto mortifero. È stata rilasciata dal carcere il 14 febbraio 2025, dopo quattro mesi di prigione preventiva. La settimana precedente aveva avuto luogo il suo interrogatorio con il giudice istruttore, durante il quale lx avvocatx di Louna avevano anche presentato una richiesta di rilascio, che è stata poi accettata.

Durante il colloquio con il giudice istruttore, Louna ha rivendicato la responsabilità dell’azione di cui è accusata. Ha detto: “Rivendico di aver tentato di danneggiare un’attrezzatura da costruzione. Tuttavia, non mi scuserò, perché lo considero un atto di legittima difesa dell’ambiente. Ricordiamo che negli anni ’40 lx combattentx della Resistenza erano etichettatx come terroristx: mi chiedo come saremo chiamati in futuro…”. Allo stesso tempo non ha risposto alle viscide richieste del giudice di collaborare alle indagini e fornire informazioni su altre persone.

Il caso non è tuttavia terminato. Louna non è più in carcere, ma è sottoposta a una stretta sorveglianza giudiziaria: ha l’obbligo di rientro notturno, deve presentarsi in caserma una volta alla settimana, le è vietato lasciare la provincia e soprattutto le è vietato avere contatti con le persone a lei vicine…

Seguiranno aggiornamenti sulle indagini in corso e sul futuro processo.

Sito di supporto per aggiornamenti e comunicati: https://soutienlouna.noblogs.org/

Contatti: soutien-louna@riseup.net

Raccolta fondi per le spese legali: https://www.helloasso.com/associations/alerte-planete/collectes/a69-solidarite-face-aux-proces

Un riassunto più dettagliato della vicenda

A metà ottobre 2024, 4 persone sono state arrestate in diverse parti della Francia, per strada in arresti mirati o a casa propria alle 6 del mattino. Ognunx di loro è statx portatx a Tolosa per essere tenutx in custodia di polizia per 94 ore, nell’ambito di un’indagine su una “associazione a delinquere” legata alla lotta contro l’A69. Al termine della custodia di polizia, Louna è stata l’unica persona a essere indagata ed è stata inviata in carcere in detenzione preventiva. È accusata di aver distrutto una scavatrice utilizzando una sostanza esplosiva e di associazione a delinquere con mezzi pericolosi.

Da allora è stata detenuta nel carcere maschile di Tarbes, nonostante sia una donna trans. E proprio perché è una donna trans, è stata messa in “isolamento”. In concreto, l’isolamento ha significato che il suo unico contatto sociale era con gli sbirri, e che poteva uscire dalla sua cella soltanto quando tutti gli altri detenuti erano nella loro. Questo ha reso estremamente difficile, se non impossibile, fare una passeggiata, fare una doccia o partecipare a qualsiasi attività. Ha subito transfobia a tutti i livelli del sistema giudiziario, dal costante misgendering alle invadenti domande di un giudice che le ha chiesto se voleva sottoporsi a un intervento chirurgico ai genitali e che si è stupito che non ci fosse un follow-up da parte di uno psichiatra per la sua transizione… Malgrado la transfobia e le condizioni di isolamento, Louna ha mantenuto alto il suo spirito durante la detenzione.

Il suo arresto si inserisce in un contesto di mesi di repressione estremamente brutale verso lx attivistx contro l’A69. Oltre alla presenza sproporzionata di sbirri, questa repressione si manifesta anche nel centinaio di processi attualmente in corso, nelle decine di espulsioni di attivistx ordinate dai tribunali, in poliziotti che buttano giù attivistx da 6 metri di altezza e nelle pene detentive già comminate ad altrx due attivistx.

Gli elementi dell’inchiesta

Nella notte tra il 4 e il 5 maggio 2024, un’attrezzatura edile è stata incendiata non lontano dal tracciato della A69. Secondo gli inquirenti, i filmati di videosorveglianza della scena mostravano due persone che davano fuoco a un escavatore e poi una di loro aveva un ritorno di fiamma. La sera stessa, una persona è stata ricoverata d’urgenza in uno degli ospedali più vicini al luogo dell’incendio, con ferite che potevano essere compatibili con l’incidente filmato. Si tratta di Louna, ricoverata in ospedale quella stessa notte.

Secondo i filmati delle telecamere a circuito chiuso dell’ospedale, sembra che tre persone la accompagnassero. Gli investigatori hanno individuato l’auto con cui Louna era arrivata in compagnia di queste tre persone e hanno preso il numero di targa e trovato quindi l’identità dellx proprietarix. Inoltre, Louna ha fornito il numero di telefono di unx parente su un modulo di emergenza, numero che i poliziotti sembrano aver associato a una delle persone che la accompagnavano. Gli agenti di polizia hanno anche sequestrato i suoi vestiti mentre era in ospedale e hanno prelevato del DNA da un paio di pantaloncini e da una mascherina anti-covid. Questo DNA è stato attribuito a una delle persone sospettate di aver accompagnato Louna in ospedale. Durante la visita, i poliziotti hanno anche scattato delle foto allx compagnx, di qualità migliore rispetto alle immagini di videosorveglianza perché scattate con uno smartphone. Questo probabilmente per tentare un riconoscimento facciale, ad esempio confrontandole con le foto dei loro archivi o con quelle dellx attivistx già notx contro l’A69.

Dopo due giorni di degenza, Louna ha deciso autonomamente di lasciare l’ospedale.

Sulla base di questi elementi, a metà ottobre sono state arrestate quattro persone: Louna, due persone sospettate di averla accompagnata e lx proprietarx dell’auto. Sono statx tenutx in custodia dalla polizia per 94 ore e interrogatx. Gli investigatori hanno anche approfittato del tempo trascorso in custodia per recuperare il DNA di Louna da una tazza che aveva usato, oltre ad averlo probabilmente già preso dai suoi vestiti in ospedale. Hanno dichiarato che lo stesso DNA era stato trovato su una mascherina anti-covid lasciata sulla scena dell’incendio. Di conseguenza, Louna è stata incriminata nell’ambito dell’indagine e le altre tre persone sono state rilasciate.

A metà novembre, gli investigatori hanno effettuato una nuova perquisizione e un nuovo arresto a casa di unx attivista, notx alla polizia per il suo attivismo nei circoli ecologisti della sua città, sempre alla ricerca di almeno una delle persone che avevano accompagnato Louna in ospedale. Anche lxi è statx rilasciatx senza ulteriori provvedimenti.

Tra le altre tecniche che la polizia ha detto di aver usato o che presumiamo abbia usato, ha messo sotto controllo le chiamate e i messaggi di testo non criptati di una o più delle persone sospettate, e avrebbe seguito i loro spostamenti tramite il controllo dei loro telefoni cellulari. Sembra inoltre che abbiano chiesto gli estratti conto bancari (anche dellx parenti dellx indagatx) e, dato che lo fanno quasi sistematicamente, possiamo immaginare che abbiano chiesto alle aziende telefoniche i metadati dei numeri che hanno attribuito a unx o più dellx indagatx. Infine, lx parenti di alcune delle persone sospettate sono statx convocatx per essere interrogati durante il fermo di polizia dellx congiuntx, nei casi in cui erano stati designati come parenti da avvisare da parte dellx sospettatx in custodia.

Un’altra indagine è stata aperta a metà dicembre, quando tre persone sono state trattenute in stato di fermo per 36 ore, e poi rilasciate senza ulteriori provvedimenti. L’indagine riguardava diversi incendi in cantieri edili dell’A69.

Concludiamo con alcune parole di Louna dal carcere:

“Per tutte le lettere di sostegno, grazie per la vostra forza <3 È confortante vedere tanto sostegno nelle mie mani. Come dice una delle lettere “i muri sono spessi, ma la solidarietà è potente!”. Tutti questi piccoli e grandi disegni, poesie, aneddoti, parole d’amore, di tenerezza, di rabbia, di abbracci, di ammiccamenti… Siamo qui! Un grazie speciale alle sorelle trans, noi ci conosciamo, forza!
Grazie per le serate di sostegno, le cene e tutto il resto.
Un pensiero a chi sta lottando qui e altrove, siamo insieme <3 Forza a chi sta costruendo, curando, resistendo <3 Amore e Rabbia
TranS RightS “

Il suo gruppo di supporto segnala alcuni materiali per continuarsi a formarci e ad aggiornarci sulle tecniche di polizia e sulle pratiche di difesa collettiva per preservarci dalla repressione (in francese):

Petit manuel de défense collective:
https://infokiosques.net/spip.php?article1788
Affaire « Lafarge » moyens d’enquêtes:
https://infokiosques.net/spip.php?article2042
Les chouettes hiboux face la répression:
https://infokiosques.net/spip.php?article1706
Sito No trace project:
https://www.notrace.how/fr/

USA: MARIUS MASON RISPEDITO IN UN CARCERE FEMMINILE DOPO LE ORDINANZE ANTI-TRANSGENDER DI TRUMP

Diffondiamo da Transenne – Barricate contro la transfobia

Marius Mason, prigioniero anarchico, fece coming out come persona trans in carcere nel 2016. Dopo dure battaglie ottenne di iniziare le terapie ormonali e cambiò i suoi documenti legali. Nel 2022 venne trasferito in un carcere maschile come da sua richiesta. Oggi, il governo sempre più transfobico dei cosiddetti Stati Uniti lo ha ritrasferito in un carcere femminile in seguito alle ordinanze di Trump.

Marius ha ancora poco meno di due anni da scontare. È un anarchico ecologista e antispecista che fu condannato nel 2009 a 22 anni di carcere con l’accusa di terrorismo per il suo coinvolgimento in danni alla proprietà contro aziende ecocide. Il suo arresto faceva parte di quella campagna repressiva oggi nota come “Green scare”. La condanna a 22 anni di carcere inflitta a Marius non gli ha impedito di continuare a lottare contro l’ingiustizia, e mentre era dietro le sbarre si è instancabilmente battuto per i diritti delle persone trans detenute.

Quello che è appena accaduto a Marius è quello che sta accadendo in massa alle persone trans detenute negli Stati Uniti dopo le ordinanze anti-transgender di Trump, nonostante le molteplici sentenze dei tribunali che bloccano le politiche del presidente. Nell’ordinanza di Trump vi è anche l’ordine di bloccare le terapie mediche di affermazione di genere per le persone trans in custodia federale e il misconoscimento del loro cambio di nome legale in favore dei dati anagrafici assegnati alla nascita. I funzionari del Dipartimento dell’Amministrazione Carceraria chiedono ora che il personale si riferisca allx detenutx trans con i loro nomi di nascita e con pronomi non corretti, oltre a negare le richieste di abbigliamento adeguato al loro genere. Il Dipartimento ha anche revocato le politiche che consentivano alle donne trans di essere perquisite da guardie di sesso femminile.

Ovviamente tutto questo significa un incremento dei già elevati livelli di violenza sessuale e discriminazione dietro le sbarre nei confronti delle persone trans.

Per scrivere a Marius e inviargli un po’ di affetto e sostegno, indirizzate le lettere a:
MARIE MASON -061 FCI Danbury ROUTE 37 DANBURY, CT 06811, USA

https://supportmariusmason.org

NUOVA PUBBLICAZIONE: CARTE FORBICI SASSI. SFIDE DA E CONTRO LE PRIGIONI E IL PATRIARCATO

Riceviamo e diffondiamo:

CARTE FORBICI SASSI. Sfide da e contro le prigioni e il patriarcato

Questo libro è una sfida. Sfida a noi stesse nel partire da sé
attraverso il racconto autobiografico di prigioniere. Sfida
all’immaginario comune sul carcere femminile. Sfida alle logiche carcerarie e patriarcali.

LIBRO 222 pag, 8 euro (per le distro 5 euro) benefit prigionierx per info, copie e presentazioni: forbici @ riseup . net

Un insieme di voci di compagne che, ognuna partendo dai suoi interessi ed esperienze personali, possa contribuire alla narrazione di cosa è, oggi, concretamente, il carcere femminile, e di cosa è nello specifico per le compagne anarchiche. Vorremmo creare uno strumento di conoscenza che rompa l’isolamento e ci possa rendere più forti e preparate.
Sappiamo che non esistono ricette né verità assolute, ed è per questo che riteniamo interessante vedere il carcere femminile dagli occhi delle compagne. Perché tutte si sono opposte, in varie forme, al suo potere di coercizione, ed è lì che si capisce cos’è, non descrivendolo in sé ma guardandolo nelle forme della sua ristrutturazione di fronte alla resistenza.

Condivisione di esperienze intorno all’universo carcerario che reputiamo ancor più urgente se pensiamo alla detenzione femminile. L’immaginario carcerario a cui abbiamo avuto più facilmente accesso – attraverso preziosi racconti orali, autobiografie, analisi e forme artistiche -riguarda la sua parte maschile. Ma le nostre esperienze nelle istituzioni totali hanno delle specificità che è necessario nominare per non cadere nell’appiattimento attorno al soggetto maschile inteso come universale. Vorremmo anche andare oltre all’intendere il femminile come una semplice specificità, come se fosse una sottocategoria del genere carcere. Ci sembra invece che proprio perché nel carcere femminile sia più evidente il volto patriarcale del potere, comprendendolo si possa anche gettare luce su questo aspetto del dominio che permea anche il carcere maschile, e tutta la società occidentale.

Non è stato facile per nessuna scrivere queste parole; mettersi al tavolo e ripensare, rivivere, chiedersi di tutto quel magma esperienziale cosa potesse essere utile, cosa controproducente, cosa troppo intimo, cosa troppo banale. Questi testi sono autobiografici e parlano di momenti nelle vite di ognuna anche difficili e dolorosi; in diversi dei testi che presentiamo ciò non viene nascosto. Questo per noi è un motivo in più per trovare l’ispirazione nelle parole di chi ha attraversato la paura e l’ha saputa trasformare: troviamo doppiamente validi questi racconti perché sanno non minimizzare le emozioni difficili da vivere, quelle che ci fanno sentire deboli, e al contempo condividerle, per ricordarci che possiamo essere forti. Il fatto stesso che queste compagne abbiano deciso di scrivere questi testi per noi significa che anche attraverso l’esperienza del carcere è possibile trovare la forza di affrontarlo dentro di noi con le nostre idee e il nostro amore per la libertà.