ORA COME ALLORA

Riceviamo e diffondiamo un testo in solidarietà ai condannati/e del Brennero da Udine.

Il 7 maggio del 2016 un corteo di diverse centinaia di persone si batte per diverse ore al passo del Brennero bloccando autostrada e ferrovia per più di mezza giornata, in risposta alla proclamata intenzione del governo austriaco di costruire un muro anti-immigrati alla frontiera italo-austriaca con la complicità dell’Italia.
Lo Stato decise di processare per quella giornata in totale più di 120 compagni e compagne. La sentenza d’appello ha alla fine condannato 63 di loro a più di 125 anni di carcere. Qualora le condanne fossero confermate in Cassazione, il 5 marzo prossimo, una trentina tra compagne e compagni potrebbero finire in carcere, molti altri e altre ai domiciliari.

Erano gli anni in cui il governo italiano di centro-sinistra iniziava a pagare i signori della guerra libici e le loro milizie di assassini per il blocco e l’internamento nei lager libici di centinaia di migliaia di donne e uomini in fuga da comunità e territori devastati dal colonialismo occidentale e il Mediterraneo diventava un cimitero sempre più vasto; in cui i Balcani ridiventavano costante luogo di transito verso l’Europa, con quella che venne definita rotta balcanica; in cui, all’interno dei confini nazionali, con i “pacchetti sicurezza” Minniti e Salvini lo Stato e il capitale nostrano imprimevano un’ulteriore accelerata – all’interno di una generale continuità inaugurata già molti anni prima – alla guerra ai poveri, ai marginali, ai devianti, ai ribelli, a chi non può o non vuole piegarsi ai ricatti dello sfruttamento, del decoro, del lavoro salariato, della repressione.
Da quei giorni le cose non sono certo migliorate, anzi. Chi cerca di fare ingresso nella fortezza Europa dopo aver affrontato il deserto e i lager libici, o i campi, le deportazioni e i pestaggi delle polizie balcaniche, francesi o ungheresi viene lasciato deliberatamente affogare in mare o morire di freddo in montagna o per strada.
Il genocidio portato avanti (col fondamentale supporto degli alleati occidentali) dallo Stato sionista di Israele verso la popolazione palestinese a Gaza e in Cisgiordania, la guerra tra la Nato e la Federazione Russa in Ucraina generano profitti enormi per l’industria militare e per il comparto della ricerca al servizio dello sviluppo e del rinnovamento del sistema bellico-industriale, la quale è la prima complice e responsabile della morte, del ferimento, della tortura e dello stupro di milioni di oppressi e oppresse.

Sui fronti interni, solo per considerare il nostro, il lascito della gestione militare dell’“emergenza” Covid-19 – oltre ad un riuscito esperimento di mobilitazione generale della popolazione in un simulato scenario di guerra – è un deciso avanzamento del controllo dello Stato e delle sue polizie in ogni ambito della vita, reso possibile non solo dalla presenza fisica di sempre più sbirri e militari nelle strade, ma soprattutto dalla digitalizzazione che tritura quasi ogni anfratto della quotidianità.
Un avanzamento che prefigura e prepara – tanto nel discorso pubblico e quanto nelle realtà dei territori – a conflitti che potrebbero estendersi ben oltre le loro dimensioni attuali.
La guerra di Stato e padroni a sfruttati e sfruttate si fa ogni anno, ogni mese, sempre più aperta e brutale; basti citare l’ultimo pacchetto sicurezza del 2023, i decreti “Piantedosi”, “Cutro” e “Caivano”. Quest’ultimo nato a seguito di due fatti di violenza di genere, che però non è affatto centrale nel decreto ma funge da mera giustificazione per la repressione autoritaria dei minorenni delle periferie. Tutti questi decreti sono volti ad aumentare il carico di sfruttamento e repressione per lavoratori e studenti in lotta, occupanti di case, migranti, per chi si rivolta in carcere o nei CPR, per tutti gli esclusi e le escluse da un ordine in via di lento disfacimento e per questo sempre più aggressivo nel portare avanti i propri progetti di ristrutturazione – in senso tecnico, economico,
sociale, ed in definitiva autoritario – nel tentativo di sopravvivere al tracollo innescato dalle sue stesse incessanti attività distruttive.
Ogni giorno che passa il legame tra frontiere e guerra è sempre più lampante anche nel territorio del Friuli Venezia Giulia, “ultima tappa” della rotta attraverso i Balcani percorsa da coloro che abbandonano luoghi devastati dalle guerre presenti e passate condotte dell’Occidente nel continente asiatico per il saccheggio di materie prime e il controllo dei territori dove vengono estratte; dove il fiume Isonzo, il CPR ed il CARA di Gradisca offrono, a pochi metri di distanza uno dall’altro, un ottimo esempio dei diversi gradi di selezione delle “eccedenze umane” di cui il sistema dell’“accoglienza” è complice; dove si fanno enormi profitti con le commesse per regimi democratici e dittatoriali in guerra permanente, negli stabilimenti Leonardo di Ronchi dei Legionari, di Fincantieri e Goriziane Spa; dove ci si prepara pian piano alla guerra all’interno dei patrii confini, con ben quattro progetti di cosiddette caserme verdi, ossia il concetto di integrazione civile-militare applicato direttamente alla vita quotidiana dei territori intorno agli avamposti delle forze armate.

Ora come allora siamo dalla parte di chi, con l’azione diretta, decide di attaccare le strutture e i responsabili di questo sistema di annientamento e devastazione, anche perchè “abbattere le frontiere non può essere solo uno slogan con cui reclamare il ritorno a Schengen o una diversa politica di “accoglienza” da parte delle istituzioni e nemmeno una mera espressione di solidarietà nei confronti dei profughi. Significa battersi autonomamente – con quelli che ci stanno – per sconvolgere un ordine sociale marcio fino al midollo”.

Solidali e complici con i condannati/e per il corteo del Brennero

Udine, febbraio 2024

26 FEBBRAIO – 5 MARZO MOBILITAZIONE IN SOLIDARIETÀ AGLI IMPUTATI/E DEL PROCESSO BRENNERO

Diffondiamo da Abbattere le frontiere:

Il 5 marzo (data da confermare) la Corte di Cassazione si pronuncerà sulle condanne per il secondo troncone del processo per il corteo del Brennero del marzo 2016.

L’abbiamo già scritto tante volte, ma vale la pena ricordarlo: in quegli anni si assisteva allo spostamento dalla rotta mediterranea a quella balcanica e nel 2016, per fermare i migranti che dall’Italia provavano a raggiungere il nord Europa, l’Austria aveva deciso di costruire un muro al passo del Brennero, uno dei più utilizzati.

Il luogo non era certo dei migliori per organizzare un corteo il cui obiettivo era bloccare le vie di comunicazione (“se non passano le persone, non passano nemmeno le merci”), ma in tanti e in tante siamo andate fino al confine, a urlare con slogan e sassi che non avremmo lasciato che il muro venisse costruito impunemente. Nei mesi precedenti e in quelli successivi sono state tante le azioni, più o meno incisive, con cui abbiamo ribadito da che parte stiamo: al fianco di chi sceglie di fuggire da guerre, devastazioni ambientali e povertà.

L’Austria ha poi rinunciato a costruire il muro, ma l’attraversamento delle frontiere è diventato di anno in anno più difficile e letale.

Oggi, con la guerra in Ucraina e il massacro in atto in Palestina, il nesso tra guerra e frontiere è più evidente che mai e purtroppo il significato di quella giornata di lotta è sempre più attuale.
La guerra parte da qui: dai laboratori, dalle industrie, dalle università della Fortezza Europa.
Oggi come allora ci sono cose che ci risultano inaccettabili e abbiamo l’esigenza quasi fisica di palesarlo: come era scritto nel testo di indizione del corteo “Provare ad abbattere le frontiere è anche un impegno a non accettare l’inaccettabile. Un esercizio di etica del linguaggio, una pratica di libertà, un incontro possibile tra compagni di rotta”.

I più di 130 anni di carcere con cui lo Stato vuole mettere a tacere questo slancio di solidarietà non sono un peso solo per coloro che potrebbero vedere le loro condanne confermate il marzo prossimo. Sono un’ipoteca sulla possibilità collettiva di lottare, non perché smetteremo di farlo, ma perché quando il prezzo da pagare si alza sono meno le persone disposte a rischiare e questo costituisce un pericolo per la libertà di tutti e tutte.

L’unico modo per non farci schiacciare è continuare a tenere la testa alta, a dire forte e chiaro quello che pensiamo e a comportarci di conseguenza.

Intrecciare legami di solidarietà con coloro con cui condividiamo le lotte e con coloro sui quali più pesano le conseguenze del capitalismo.

Sabotare i piani di chi è disposto a uccidere e sfruttare altri esseri umani e devastare il mondo in cui viviamo, spesso senza nemmeno sporcarsi le mani, solo per mantenere in vita un sistema mortifero.

Facciamo capire chiaramente che non ci faremo spaventare dalle loro condanne, che le ragioni di quella lotta sono ancora le nostre, che non riusciranno mai a metterci a tacere perché oggi lottare è un’esigenza imprescindibile.

Che vogliamo restare umani.

Sono tanti i modi per declinare la solidarietà a chi era al Brennero quel 7 maggio: la lotta contro le frontiere è lotta contro la guerra.

Dal 26 febbraio al 5 marzo facciamo capire che chi lotta non è mai solo/a!

 

OPUSCOLO: SABOTARE LA MACCHINA IMPERFETTA

Diffondiamo questo opuscolo scritto tra l’estate del 2022 e quella del 2023 da alcunx compagnx attivx sul territorio siciliano, sulla macchina della deportazioni in Sicilia, con un focus specifico sul CPR di Caltanissetta.

SABOTARE LA MACCHINA IMPERFETTA- Deportazioni e resistenze dentro e oltre il CPR di  Pian del Lago di Caltanissetta.

PDF – Sabotare la macchina imperfetta

Dall’introduzione:

Questo opuscolo è stato scritto tra l’estate del 2022 e quella del 2023 da alcunx compagnx attivx sul territorio siciliano. Si incentra sulla macchina della deportazione in Sicilia, focalizzandosi su una struttura specifica – il centro polifunzionale di Pian del Lago a Caltanissetta – al fine di delineare alcune riflessioni più ampie sull’attuale funzionamento del regime di frontiera in Italia e in Europa. Pensiamo che la condivisione di queste informazioni, seppur specifiche e geograficamente situate, possa essere utile anche per altre zone di Italia al fine di sostenere le pratiche di lotta e resistenza di chi viene reclusx nelle carceri “per migranti” e provare così ad inceppare la guerra che lo stato e l’Unione Europea stanno conducendo contro chi, dai vari sud del mondo, cerca di riappropriarsi della libertà e della ricchezza che la democratica Europa coloniale ha loro sottratto e continua a sottrarre.
Per quanto ci riguarda, Pian del Lago, così come tutti i luoghi carcerari, di detenzione amministrativa e della cosiddetta “accoglienza” vanno chiusi. Non c’è soluzione riformista o di presunta umanizzazione di questi luoghi che possa essere praticata: siamo contro l’idea che le condizioni di questi luoghi si possano migliorare, come d’altra parte ci dimostrano da decenni reclusi e recluse e come dimostra anche la storia ventennale di Pian del Lago. I Cpr si chiudono bruciandoli, distruggendoli, si chiudono da dentro, e con il sostegno di chi, da fuori, sostiene le pratiche di chi in questi luoghi ci si ritrova, senza nessun moralismo di nessuna sorta. Da nord a sud, in centri più o meno oppressivi, detenuti e detenute hanno in questi venticinque anni chiuso i centri solo tramite le rivolte. Luoghi che, a differenza di quanto spesso si sente dire, non costituiscono un’eccezione, ma sono parte integrante, produttiva e funzionale del sistema militare delle frontiere e della violenza capitalista. Da venticinque anni abbiamo CPR e altri internamenti, da molto prima abbiamo forme di reclusione e sfruttamento verso le soggettività mostrificate dallo stato e i suoi padroni.
Abbiamo quindi organizzato questo opuscolo attorno ad alcune sezioni: la ricostruzione di una genealogia dei CPR in Sicilia, che permetta di essere consapevoli da una prospettiva storico-politica delle dinamiche repressive che si sono susseguite fino ad ora e che potranno aprirsi in futuro; un focus specifico sul CPR di Caltanissetta, i suoi enti gestori e il vario indotto; le tecniche di militarizzazione contemporanee di questo tipo di strutture nonché le modalità concrete con cui le deportazioni avvengono; le forme di resistenza che sono state fino ad ora possibili.
In conclusione, riportiamo tre contributi, uno uscito su “Il Rovescio”, uno sulla rivista “Lo stato delle città” e uno sul sito “Napoli Monitor”, riguardanti le lotte del 2022 e del 2023. Si tratta di una prima versione, che diffondiamo vistane la necessità.

 

BOLOGNA: CONTRO IL RAZZISMO DI STATO SOLIDARIETÀ A CHI SI RIVOLTA

Riceviamo e diffondiamo:

L’11 e 12 giugno 2020 scoppia una rivolta all’interno del CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) Ex Caserma Serena di Casier, alle porte di Treviso.

In quell’estate di COVID, la gestione statale del virus aveva reso evidente quali fossero le persone che lo stato vuole proteggere a scapito e a danno di quelle da cui si vuole difendere (detenut3, migrant3, non bianch3, pover3 ….).
All’Ex Caserma Serena, mentre un operatore della Cooperativa Nova Facility srl, che gestisce il centro, risulta positivo al tampone, l’ASL locale e la Cooperativa, in collaborazione con Questura e Prefettura, decidono la chiusura totale degli accessi e delle uscite dalla struttura, anche per chi ha un tampone negativo. Centinaia di persone, migranti e non bianche, si trovano quindi di fatto imprigionate, condannate a perdere il lavoro per chi ce l’ha, e esposte più che mai al rischio contagio.

Quell’11 e 12 giugno 2020 chi sta rinchiuso all’ex Caserma decide di ribellarsi, protestando in varie forme.
La questura trasformò questa protesta multipla in responsabilità singola, individuando quattro “ospiti” del Centro come principali fautori e denunciandoli per devastazione e saccheggio, sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale. Uno di loro, Chaka, morirà nel carcere di Verona, in isolamento, il 7 novembre 2020.

Il 20 ottobre 2023 il Tribunale di Treviso ha pronunciato la sentenza di primo grado nei confronti degli altri tre denunciati: Mohammed, Amadou e Abdourahmane. Cadono tutte le accuse, a parte quelle relative ad un episodio avvenuto il 12 giugno, riconosciuto dal giudice come sequestro di persona. I tre sono stati condannati a 1 anno e 8 mesi (Mohammed e Abdourahmane) e 2 anni (Amadou), ciascuno con pena sospesa.

La repressione che i tre hanno subito fino a qui ha voluto fin da subito essere esemplare: si voleva punire una rivolta per dare un segnale a tutte le altre, in un’estate in cui le proteste si moltiplicavano in tutti i luoghi di reclusione per persone immigrate in italia.
Abdou, Mohammed e Amadou, dopo tre anni di carcere, arresti domiciliari, obblighi di firma, sono liberi con pena sospesa. Eppure ancora sotto il ricatto quotidiano di non riuscire più a ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, di non avere abbastanza mezzi economici e reti sociali per sostenere non solo le spese legali, ma anche quelle quotidiane e relative alla loro salute, peggiorata di molto dopo questi tre anni.

Per parlare di questa storia e per confrontarci sulle rivolte, sul razzismo di stato, sulla repressione e sulle solidarietà, venite numeros3 al benefit in sostegno ai tre compagni ! Sarà il 9 dicembre alla casa del mondo, via di vincenzo 18a (Bologna)

In programma :
– Alle 18.30 discussione sui fatti dell’ex caserma e sulle lotte delle persone immigrate dentro all’accoglienza
– Alle 21
Zazza e Dj Nosci (rap + dj set)

Ci sarà un bar e cibo per tutt. Il tutto per sostenere i tre compagni inguaiati. Fate girare!

Se la solidarietà è un’arma, bisognerà anche cominciare ad usarla.
tutt3 liber3!

CPR CALTANISSETTA: AGGIORNAMENTI SULLA REPRESSIONE SEGUITA AL TENTATIVO DI BLOCCARE UNA DEPORTAZIONE

A seguito dell’azione di solidarietà concreta che alcunx compagnx hanno portato avanti martedì scorso al Cpr di Caltanissetta, tentando il blocco della deportazione di alcunx prigionerx, la repressione si stringe su di noi e le persone vicine. Oltre alle denunce ricevute, negli scorsi giorni moltx di noi hanno subito dei fermi in strada. Stamattina, durante uno di questi fermi, D., un amico e compagno è stato trovato privo di documenti ed è al momento in stato di fermo al commissariato di Cefalù, in attesa di essere trasferito a Palermo. Chiamiamo tuttx lx compagnx solidali a ritrovarci in presidio di fronte all’ufficio immigrazione di Palermo, in Via San Lorenzo, 271 per manifestare il nostro sostegno e la nostra vicinanza al compagno fermato.

CONTRO IL RICATTO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO

CONTRO TUTTE LE FRONTIERE

CONTRO TUTTE LE GALERE

TUTTX LIBERX!!

LIBRO BENEFIT PRIGIONIERX: “L’AGNELLO AMMAZZERÀ IL LEONE” DI MARGARET KILLJOY

Fresco fresco di rilegatura, diffondiamo un nuovo libro benefit prigionierx, pensato e creato in quel di Bologna.

“L’agnello ammazzerà il leone” di Margaret Killjoy.

Una storia di avventura di un gruppo di amicx anarco-punk-squatter che vive in una cittadina occupata nell’Iowa che si trova a dover far i conti con Uliksi, un demone dai poteri piuttosto singolari, quando la situazione in città sfugge di mano.

Dal retro di copertina:

“Potrei dirvi che scrivo storie su società anarchiche e personaggix anarchicx perché voglio promuovere il progetto politico dell’anarchismo, e questo sarebbe vero, ma sarebbe solo una parte della verità. Lo faccio perché voglio scrivere narrativa, voglio raccontare al mondo di persone come me e perché sono un’anarchica.

La narrativa si basa sul porre domande. E la domanda che ho posto in questa storia, ovviamente, è: e se un gruppo di anarchicx in una città occupata evocasse un demone cervo per mangiare la gente?”

Stampato con il ciclostile e con rilegatura DIY, tutto il ricavato del libro andrà benefit prigionierx.

Per info su copie, prezzo e distribuzione scrivete a agnelli@insiberia.net

CPR DI CALTANISSETTA: COMPAGNX PROVANO A BLOCCARE UNA DEPORTAZIONE

Diffondiamo:

Oggi un gruppo di persone ha provato a bloccare una deportazione dal CPR di Caltanissetta. Adesso sono in stato di fermo.
Passa parola.

FREEDOM FOR ALL.
NO BORDERS.


https://www.seguonews.it/catanissetta-attivisti-protestano-a-pian-del-lago-e-impediscono-luscita-di-un-pullman-della-polizia

BORDERS, MILITARY, COPS AND DETENTION CENTER FOR REPATRIATION: A NEW ACCELERATION OF STATE RACISM IN ITALY [PART 2]

Pubblichiamo la traduzione in inglese di un articolo suddiviso in due parti condiviso di recente “FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA”. Ringraziamo The Blackwave Collective che ha curato la traduzione affinchè  l’articolo raggiunga quante più persone possibili, oltre barrirere linguistiche e frontiere.

Di seguito la seconda parte (qui in italiano).


We receive and disseminate the first part of a text written by several hands by comrades fighting against Detention Center for Repatriation and borders between Italy and France. In the text, an attempt is made to make a synthesis of the European trends of recent months and the recent decrees passed by the government.

At this link, the first part.

Talks about repeated “migration crises” are a great classic of domestic and European politicians and newspapers. These narratives serve to justify the repression and exploitation of migrant people on European soil. In practical terms, exploitation and racist repression are sustained at the national level by a legislative production made up of decree-laws and at the supranational level by the relentless establishment of treaties and agreements. The ever-increasing presence of militarized borders, cops and jails for undocumented people are the practical implications of these policies.

The “Lampedusa crisis” of recent months, which has seen thousands of people stranded in a semi-prison situation on the island, seems to have accelerated some trends in Italian migration and border management. This text wants to try to dwell on some recent changes (especially from the legislative point of view) to give some small elements of analysis to those who fight against state racism, its jails and its borders. In particular, we will try to trace the latest developments concerning the role of Frontex in Europe, the trends in some European countries on the issue of administrative detention and deportations, and the latest decrees in Italy.

IN ITALY, THE CUTRO LAW: EXPLOITATION OR REPRESSION/EXPULSION

While there is a common trend at the European level to move toward the imprisonment and deportation of more and more people, national policies follow and sometimes anticipate these lines. Regarding Italy in particular, we would like to start by analyzing the so-called Cutro Decree, passed after the shipwreck in February 2023 and converted into law on May 5. This law aims to manage migration through a streamlining of vetting practices for bosses, a calculation of flow quotas that provides for the explicit exploitation of workers who will not be able to obtain documents, and by operating an ironic elimination of the already perverse economic migrant/exile migrant distinction. Any person arriving on Italian soil outside the unrealistic quotas established by the decrees finds their administrative situation squeezed onto the ultra-punitive and marginalizing status of poor migrants who are unable to justify their displacement within the parameters defined by “humanitarian reasons.”

The law provides for a three-year planning of flows, that is, the quotas of people who can enter for work. The measure was enacted primarily in response to pressure from employers’ organizations and trade associations of productive sectors such as agribusiness, for instance, which complained of a structural labour shortage. Despite the significantly higher quotas in this latest decree than in previous years (more than 450,000), the need is at least double (833,000 quotas, even though the government itself says so(1). That makes it clear that the Italian government expects to use undocumented people and is careful not to propose a form of regularization for those who are already in Italy.

The Italian government consistently used the instrument of flows, which existed since the 1990s, before there was an organic immigration law (the TUI). Its use has fluctuated over the years according to trends in the labour market and migration policies. When the Libyan route was opened (as a result of the NATO invasion of Libya) in 2011, de facto landings supplanted the quota contraction to the point of making it almost impossible to enter Italy legally for work purposes. The subsequent contraction of landings as a result of the policies of the Renzi government (Minniti and all those that came after him), together with the abandonment of some sectors (agriculture as an example) by workers from Eastern Europe, has created a structural labour shortage in some sectors. For a couple of years now, because of this, employer associations have been calling for the flows raised.

Another planned change, designed to simplify bureaucratic procedures, stipulates that, even without a clearance, the worker can already come to Italy to work. In addition, the master who applies to seasonal workers through the flow decree is free from controls. Under the guise of simplification, a rule created that validates irregularity.

Conversely, for those who land on European Mediterranean coasts or for those who are already in Italy, de facto, it is confirmed that the only channel to get documents in Italy remains the application for international protection, of which the criteria increasingly narrowed, while also growing control and repression, and the guarantees, already meagre for those who are asylum seekers, absent for those who no longer have any hope of regularizing themselves, decrease. The Cutro law also heavily intervenes in the discipline of special protection. Until now, special protection was the only meagre possibility of regularization for those who did not fit the asylum criteria and subsidiary protection. In fact, among the criteria was taking into account the violation of “private and family life”: that is, the applicant had a way to assert his family ties on Italian territory, social and labour insertion, and the length of stay in the country. It was also possible to apply directly to the Questore for recognition without going through the asylum procedure(2). The Cutro law eliminates the violation of private and family life as a legitimate reason for obtaining a residence permit, and the applicant will no longer have the Questura channel to apply. The special protection permit will continue to exist, but it can only be issued if there is a risk of torture or inhuman and degrading treatment in the country of origin. It almost eliminates the possibility of access to forms of regularization for all those people who have been living and working in Italy illegally for years. Residence permits for special protection will no longer be able to be converted into residence permits for work.

The condition of illegality in which people will left is particularly violent considering that the Cutro law also provides for an expansion of the list of safe countries, that is, those countries where Italy does not deem there to be a risk of persecution or degrading treatment. Gambia, Nigeria, and Côte d’Ivoire are now on this list. Note that for these four new entries, these are the countries from which most migrants arrive on Italian shores, as well as those for which it is easier to implement deportation decrees because of the ease given by the bilateral agreements present.

In parallel, the Cutro law sneakily attacks the status of asylum seekers, re fining the control and repression devices provided for those who are applying for asylum. The law provides for an increase in hotspots (now there are three) for identification and registrationƒ procedures of asylum seekers. Hotspots are facilities where the Salvini Law (2018) provides for the possibility of deprivation of liberty for up to 30 more days and where the guarantor of detainees intervenes, reflecting their prison-like nature. In hotspots or similar facilities, identity verification will now also be able to take place through the use of photodactyloscopic surveying and access to databases, in line (avant-garde) with the future guidelines of the European pact on migration concerning how to divide “parcel migrants” among member countries of the union.

In the name of the same racist management and detention spirit, the new law stipulates that a resident’s identity is not verifiable, they may be transferred to a Detention Center for Repatriation for up to 90 days, to which 30 days may added. So, among the reasons why one can detained in Detention Center for Repatriation, one can add the case of waiting for a response to the application for international protection. To avoid detention, any asylum seeker must now prove that they can have 4538 euros available which to “buy” the state a life outside the Detention Center for Repatriation.

The structure of this decree converted into law already falters in the first months, with the first ruling to the contrary pronounced at the end of September 2023: a judge of the court of Catania does not validate the detention of 4 people in the hotspot of Pozzallo (Ragusa) (3). A second ruling to this effect comes on October 8, again from a judge in Catania, again concerning the detention of 6 people in the same Pozzallo hotspot, which is not validated. In any case, the structure of the law shows that it wants to translate in writing the evidence of the border as ubiquitous throughout Europe, enshrining in black and white that every detention, deportation and control post must be treated, in fact, as a border. The government is now analyzing appeals filed by judges, considering them mere bureaucracy (4). The legal text of the Cutro Decree remains standing and enforced.

THE LAMPEDUSA “CRISIS”: THE SOUTHERN DECREE AND SUBSEQUENT MEASURES

Still on the media wave generated after a series of landings of several thousand people in Lampedusa in the past two months, the Government passed two more decrees on the migration issue in September 2023.

The first decree concerns regulations on the housing and detention of migrants; it threaded into a Decree concerning the Mezzogiorno. There are two central points: the extension of detention time pending deportation and the ownership of detention facilities.

  1. Migrantsconsideredirregularandsubjecttoadeportationdecreecouldnowbe detained up to a maximum of 18 months, with 3-month extensions validated by the judge at the request of the Questore.
  2. BothCentersofPermanenceforRepatriationandHotspotsandCASsare transformed into “works intended for national defence for certain purposes.”

The Government, thanks to the assignment given to Defense and the reclassification of facilities, bypasses consultation with regions and municipalities in identifying the facilities. The Ministry of Defense is in charge of their design and implementation.
The Government has established a fund of 20 million euros for 2023: expenditure of 400,000 euros authorized for 2023 and one million euros in 2024.

Management of the facilities will be entrusted to private individuals, as is currently provided for Permanence Centers, while supervision will remain in the hands of the police force. Procedures for construction work are declared “Extraordinary,” so the MoD can order the immediate procurement of services and supplies as an exception to procedures (as in cases of earthquake or flood).

The number of centres will have deemed “suitable” and may increase over time. Existing buildings, probably former barracks, will also be converted. The armed forces will thus be primarily the operational arm that will allow for cuts in procedures, time, and costs.
In practice, the government is equipping itself with the tools to quickly and extensively set up a series of new prisons for undocumented people, where they will be locked up for a year and a half while awaiting deportation (the idea is one Permanence Center per region).

Yet another decree is then approved three days after the first one. The structure of the new immigration and “security” squeeze (included in yet another 11-article decree-law) provides an additional category of individuals at risk of deportation, i.e. people with long-

term residence permits but considered dangerous “for serious reasons of public order or state security.” It is a really serious measure because it implies that any foreign person, even one with documents, will be at risk of deportation.
Further tightening also to those administrative/legal avenues hitherto possible to try to slow down deportation proceedings: a repeated application for asylum (after the denial of the first one) will not block the execution of a pending removal order.

Another issue is that of the management of minors: the decree provides for the possibility of conducting “anthropometric” and health assessments more quickly, including the use of X-rays, to verify the actual age of people who declare themselves to be unaccompanied minors. If the age declared does not match the assessments (altought such measurements are often inaccurate and scientifically controversial [5]), the alien can condemned for making false statements to a public official, and the conviction may be deportation itself.

Finally, there is a further enlargement of funds designated for migration management: the measure allocates €5 million for 2023 and €20 million from 2024 until 2030 for interventions in favour of the Police and Fire Service. In addition, it increases police personnel at Italian embassies and consulates to enhance entry visa verification.

Summing up this legislative review, we can say that the Meloni government has only ever operated by decrees, starting with the so-called Piantedosi Decree of January 2023, which makes sea rescue more complicated and provides penalties for NGOs that fail to comply with complex procedures.

Legislatively speaking, operating by decrees emphasizes an emergency, emergency and racist management as well as reaffirming a war on the skin of the “migrant enemy,” a situation that reinforced in the use of military engineering for new detention centres.
All the legislative interventions we have written about increasingly operate in various measures an overlap between reception and detention, making the repressive reading more and more evident concerning the act of migrating.

The media necessity of the right-wing discourse on migrants has meant that the decrees were “legally” poorly written: the language denoting them is nebulous, and confused, not to mention that they contain a variety of contradictions, which is why the judges of the Catania section annulled the detentions. Despite this, the decrees are enforceable immediately, and the period of uncertainty about the actual application of the rules weighs even more heavily on the lives of those considered irregular.

It is yet another form of institutional racism.

In conclusion, it will consider how the measures discussed above will implemented in reality. We have spoken here in legal and technical terms, but the venues of the courts are not where we place our energies and expectations of struggle.
We do not yet know how the situation will unfold: the governments’ plans will clash with the struggles and resistance of all those who will continue to cross seas and walls, to break out and destroy the cages in which you want to lock them up, to fight to be able to make decisions about their own lives. And we will see if we can build effective and not just symbolic forms of solidarity with these struggles so that of all these cages will not remain only rubble.

 


NOTES

(1) https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-42/23077

(2) https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2023/06/1-Scheda-su-riforma-della-protezione-speciale-DEF.pdf

BORDERS, MILITARY, COPS AND DETENTION CENTER FOR REPATRIATION : A NEW ACCELERATION OF STATE RACISM IN ITALY [PART 1]

Pubblichiamo la traduzione in inglese di un articolo suddiviso in due parti condiviso di recente “FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA”. Ringraziamo The Blackwave Collective che ha curato la traduzione affinchè  l’articolo raggiunga quante più persone possibili, oltre barrirere linguistiche e frontiere.

Di seguito la prima parte (qui in italiano).


We receive and disseminate the first part of a text written by several hands by comrades fighting against Detention Center for Repatriation and borders between Italy and France. In the text, an attempt is made to make a synthesis of the European trends of recent months and the recent decrees passed by the government.

At this link, the second part.

Talks about repeated “migration crises” are a great classic of domestic and European politicians and newspapers. These narratives serve to justify the repression and exploitation of migrant people on European soil. In practical terms, exploitation and racist repression are sustained at the national level by a legislative production made up of decree-laws and at the supranational level by the relentless establishment of treaties and agreements. The ever-increasing presence of militarized borders, cops and jails for undocumented people are the practical implications of these policies.

The “Lampedusa crisis” of recent months, which has seen thousands of people stranded in a semi-prison situation on the island, seems to have accelerated some trends in Italian migration and border management. This text wants to try to dwell on some recent changes (especially from the legislative point of view) to give some small elements of analysis to those who fight against state racism, its jails and its borders. In particular, we will try to trace the latest developments concerning the role of Frontex in Europe, the trends in some European countries on the issue of administrative detention and deportations, and the latest decrees in Italy.

THE ROLE OF FRONTEX IN EUROPEAN BORDER GOVERNANCE

Before we look at what the Italian government has come up with in recent months, let us start with some general trends dictated by internal EU guidelines and policies. The management of the internal borders of European countries is linked to the surveillance and repression activity carried out along the border with non-European countries.

This activity manifests itself concretely in two ways. On the one hand, it results in the militarization of borders through the strengthening of operations conducted by European agencies in charge of defending national borders, primarily Frontex. On the other, there is an increasingly systematic process of outsourcing European borders through the investment of large sums of money intended to finance gradually sharper surveillance technologies, with the creation of detention centres and camps in non-European and transit countries.

Without wishing to go too far back in time, let us try to draw some lines on the European Union’s investment in this area over the past year, particularly since the outbreak of war in Ukraine. The conflict has produced increased scrutiny of Europe’s eastern borders, which crossed by a significant flow of people fleeing and an even greater flow of armaments sent

to the front lines (1). Ukraine historically plays a role in regulating Europe’s eastern border, consquently, the instability in this area has resulted in a strengthened of Frontex in its territories.

The beginning of 2022 marked by the deployment of Joint Operation Terra, an operation that sees dozens of troops deployed across twelve European states, particularly in the eastern European regions (Estonia, Romania, Slovakia). In addition, the agency has initiated several joint operations with states bordering those regions desigend to train local armed forces and border police. The stated aim is to increase the capacity of these countries to protect their borders by combating “illegal” immigration and “migrant smuggling” and consequently defending Europe’s borders. Frontex’s intervention in 2023 concentrated in Ukraine and Moldova due to heavy pressure from people fleeing the Russian-Ukrainian conflict and, in the Balkan area, particularly Macedonia and Romania. (2)

Border management in the Western Mediterranean works quite differently and follows the structural emergency model. While preferential humanitarian corridors opened in Ukraine, which saw the transit of large numbers of (white) migrants, 2367 people died at sea in the Mediterranean in 2002. In the first seven months of 2023, about two thousand people died, including several hundred in two shipwrecks between February and June. On the night of February 25-26, a boat slammed into a shoal off Cutro, Calabria, and capsized in the waves, leading to the deaths of 94 people. In the wake of the massacre, controversy will abound over the role of Frontex and the Italian coast guard in predicting the shipwreck (3). On June 16, 2023, a fishing boat sank off Pylos, Greece, killing 750 people, one of the worst shipwrecks in recent years, yet another massacre caused by Europe’s deadly border management policies. Again, the responsibility of the Coast Guard is mentioned (4). Meanwhile, monitoring activity by Frontex in the Mediterranean underscores the strong presence of irregular immigration in this region, which justifies the intense repressive action conducted by the European agency in the waters between Sicily and North Africa.

Against this backdrop, we arrive at the last months of summer 2023, when, within a short period, numerous boats cross the Mediterranean, leading to an increase in landings on Lampedusa. These partly determined by the tug-of-war between Saied, the Tunisian president, and Brussels over the release of funding under the memoranda with Tunisia.
In the face of the manu militari management called for by Prime Minister Meloni and supported by Von Der Leyen’s proclamations declaring a hard fist against the “traffickers responsible for the thousands of landings,” Frontex says it will increase its support for the Italian police force, doubling the number of hours patrolling the Mediterranean and allocating contingents in Reggio Calabria and Messina to facilitate and speed up the procedures for identifying and expelling irregular migrants. In addition, Frontex has made it clear that it is ready to organize identification missions in non-European countries to facilitate return procedures based on the needs of Italian authorities (5). Recall that the agency is present in Italy through Operation Themis, which consists of 283 units, five vessels, seven aircraft, 18 mobile of fices and four migration control vehicles. In this scenario, in the logic of outsourcing, Frontex would like to expand its influence in Africa. The agency is in talks with the governments of Senegal and Mauritania for direct action on the ground through the deployment of its contingent (6).

We can see that, as far as the management of Europe’s external borders is concerned, EU countries tend to delegate more and more to non-European countries the blockade of flows through Frontex-led military operations and by financially financing local armed forces. At the same time, the discourse of the “migration emergency” makes it possible to justify increasingly repressive measures that serves on the skin of those who try to cross borders. This also brings consequences for laws enacted at the European level.

EUROPEAN TRENDS: MORE PRISONS AND MORE DEPORTATIONS

Whether what is moving at the continent’s external borders and the latest round of decrees in Italy, must be read in parallel with ongoing trends in the European space at large. Two dimensions seem particularly important: the European pact on migration and asylum and national plans to restructure detention and deportation systems.

The European Pact on Migration and Asylum is a European Union project that has not yet been adopted but expected to pass in 2024, before the European elections. Although it has presented as major innovation (repressive, of course), this pact does not seem to have invented much, but it could accelerate mechanisms already in place. The pact provides, among other things :

  • to more tightly bind non-European countries’ obtaining visas to travel to Europe in exchange for consular laissez-passers to be able to deport even more undocumented people to those same countries. France has been doing this for quite some time: either you agree to “repatriate” tuX illegals, or I will cut off your visas.
  • to systematize the screening of asylum applications at the external border, in continuity with the hotspot approach and the latest Italian decrees;
  • reforming the Schengen treaty: the possibility of re-establishing border controls between European countries (as has been happening for years between France and Italy) and launching joint police operations against “irregular movements”;
  • to further strengthen European databases in which to record the identities of foreigners arriving on the continent “illegally” and-or asylum seekers (e.g., by extending the time frame in which to keep the fingerprints of people intercepted at the border so that it becomes even more complex to apply for asylum in a country other than the one in which one arrives);
  • of suspending everything “in case of crisis” or “instrumentalization”: accelerated asylum procedures a bit for all, imprisonment in Detention Center for Repatriations if there is a “risk of flight,” etc.In reality, these are not new measures, and it is hard to know at what point the pact will transform the current situation or merely legalize at the European level what is already happening in various countries. Instead, the point that seems most innovative is the one that concerns the mechanisms for redistributing asylum seekers (the famous Dublin Regulation), which has always been a significant element of tension between the governments of the countries on Europe’s southern and eastern borders and those in the centre and north. All the theatre that the Italian government has been doing in recent

weeks is also related to this: which state should “take care” of the new arrivals, locking them up in centres, judging whether they can stay in the territory, and possibly sending them back-and where did they come from?
The European pact provides three options for EU countries :

  • either they agree to “relocate” (as if they were parcels) asylum seekers intercepted at external borders;
  • or they must contribute financially to expulsions by other European states;
  • or else they participate (economically and logistically) in European external border controls.All this stuff is called “European solidarity”: if you don’t want to participate in the control and selection of poor immigrants, hunt for money to expel them.Beyond the legal framework they are working on at the European level, several EU countries are already implementing similar mechanisms concerning the administrative detention and deportation system. Several European states are fine-tuning the deportation machine, such as Spain, where two years ago they built what is probably the biggest Detention Center for Repatriation in Europe in Algeciras, 500 places (7), or such as Germany, where the Detention Center for Repatriation at Berlin’s Brandenburg airport is going from 24 to 108 places (8), and where they are talking about lengthening administrative detention from 10 to 28 days (9).
    Specifically we do not know if there is any indication from the EU to this effect-the project that the Meloni government (and others before it) is pursuing to systematize the imprisonment of undocumented persons by increasing the length of administrative detention and building a Detention Center for Repatriation in each region is just what has been happening in France for some time. In 2019, there will be an increase from 45 to 90 days of detention. By 2025, according to the Macron government’s plans, the additional places in administrative detention places will be more than thousand, plus or minus 75,000 more prisoners per year. A new CRA (the French Detention Center for Repatriations) inaugurated in Lyon, several centres opened in Mayotte (an island off the Indian Ocean considered to be a French department) during the neo-colonial operation known as Wambushu, and new constructions planned in Orléans, Nantes, Bordeaux, Dunkirk, and Paris (next to Charles de Gaulle airport, where there is already a CRA) (10). It’s not over: in early October, French Interior Minister Darmanin announced six more new CRAs to double the number of places in administrative detention. There is also talk in France of lengthening administrative detention to 18 months for “foreign offenders.”

 


NOTE

(1) Recall that a few months before the outbreak of the conflict, another “migration crisis” erupted at the Polish-Belarus border. Pressure from hundreds of people from the Middle East and Africa transiting Belarus led to massive border crossings between December 2022 and March 2023, resulting in a militarization of the Polish border and the construction of a barbed wire wall between the two states.

(2) All operations in which Frontex is engaged are publicly available in the news section of their website.

(3) https://www.repubblica.it/cronaca/2023/09/06/news/cutro_naufragio_dati_frontex_migranti-413503943/

ACCORDO ITALIA-ALBANIA PER LA COSTRUZIONE DI DUE CENTRI DI IDENTIFICAZIONE ED ESPULSIONE PER MIGRANTI

Si delocalizzano i lager in Albania.

L’Italia ha siglato un protocollo d’intesa con l’Albania per realizzare a proprie spese su territorio albanese due centri di identificazione ed espulsione per migranti.

“Potrà accogliere fino a 3 mila persone che rimarranno il tempo necessario per espletare le procedure delle domande di asilo ed eventualmente rimpatrio. L’accordo non riguarda i minori, le donne in gravidanza e gli altri soggetti vulnerabili, non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Gdf, non quelle delle ong. Il flusso complessivo potrebbe arrivare fino a 36mila persone che si alternano. Al porto di Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening. A Gjader, nel nord ovest dell’Albania, realizzerà una struttura modello Cpr per le successive procedure.”

Una volta a regime, ci potrà essere un flusso annuale di 36-39 mila persone”, ha spiegato Meloni, chiarendo che la giurisdizione dei centri sarà italiana, mentre l’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per sicurezza e sorveglianza.

“Se l’Italia chiama l’Albania c’è” ha affermato il primo ministro albanese, ricordando che il suo Paese è in attesa di entrare nell’Ue, ma “è uno Stato europeo: ci manca la U davanti ma ciò non ci impedisce di essere e vedere il mondo come europei”.

Link: https://www.ansa.it/sito/notizie/politica/2023/11/06/meloni-con-lalbania-un-protocollo-per-gestire-i-flussi-di-migranti_2be5459d-3401-44f6-9db6-36c18e0d80fb.html

https://qds.it/meloni-incontra-rama-accordo-su-due-centri-per-migranti-in-albania/

https://www.open.online/2023/11/06/italia-albania-intesa-migranti-centri-rimpatrio-meloni-rama/