DAL CPR DI GRADISCA: CRONACHE DI LOTTE E RESISTENZA ALL’INTERNO DEL LAGER

Diffondiamo

“Ho avuto un’impressione positiva di ente gestore e forze dell’ordine”, dichiarava qualche giorno fa una parlamentare – esponente di quel partito del cosiddetto centrosinistra, il PD, storicamente il principale responsabile politico dell’esistenza dei campi per le deportazioni – dopo una visita ispettiva fatta a quello di Gradisca.

L’ennesima farsa, l’ennesima narrazione ad uso e consumo dell’esistenza dei campi-lager, con qualche problema di troppo – tocca ammetterlo anche da parte agli strenui difensori della detenzione amministrativa – sulla “agibilità”. Nel rovesciamento più totale della realtà quotidiana di chi vive sulla propria pelle la detenzione a Gradisca e negli altri CPR e carceri della penisola, si mostrano le manovre più subdole per renderlo più operativo e efficace (nell’annichilimento, nel controllo dei corpi).

– “Sta nel distruggere la gabbia”

Rivolte e proteste smontano pezzo dopo pezzo l’infrastruttura della reclusione: sistemi di videosorveglianza, reti, suppellettili, lastre di plexiglass. Colpo su colpo, nei CPR, non è solo uno slogan, ma il ritmo della smontaggio delle sue gabbie. Le condizioni di reclusione e devastazione delle menti e dei corpi (“mi han portato qui per i documenti. Sono rotto giuro“, ci dice un recluso) si riflettono sull’infrastruttura (“non funziona nulla, veramente” gli faceva eco un altro): per ragioni stesse di sopravvivenza il centro deve essere smantellato.

E infatti vediamo confermata un’ipotesi che immaginavamo da tempo: l’area rossa, coinvolta nelle potenti rivolte di gennaio, è tutt’ora per la maggior parte inagibile, con due sole celle in funzione.

Il ministero dell’interno, probabilmente rincuorato dalle parole della parlamentare di opposizione – in fondo, se il servizio funziona, basta dare una spolverata agli ambienti – si affretta a dichiarare che sarebbero imminenti i lavori di ristrutturazione del centro: nuove telecamere di videosorveglianza, la creazione di varchi sicuri per l’accesso dei veicoli (in funzione deportativa?), la sostituzione delle attuali recinzioni di contenimento con barriere anti-scavalcamento (troppe evasioni?) e probabilmente la ristrutturazione dell’area rossa. In poche parole: aumentare l’efficienza del meccanismo di imprigionamento e deportazione.

In controluce, sostenute dalle vive parole di chi è recluso nell’inferno di Gradisca, si intuisce tutta la forza delle rivolte e delle evasioni.

Lo ripetiamo spesso, si tratta delle uniche forme di resistenza possibile dall’interno alla macchina della detenzione e della deportazione, dispositivi tuttavia contrastabili e infrangibili nonostante la loro apparenza di inattacabilità. Il 27 maggio dei grossi fuochi hanno investito l’area blu del CPR di Gradisca. In quei giorni erano in corso, come d’altronde avviene a ritmo settimanale dall’aeroporto di Trieste, le famigerate deportazioni per la Tunisia.

Succede lo stesso due giorni dopo. Sono gesti estremi, ma necessari, che spesso mettono a repentaglio anche chi li compie. È un tutto per tutto. In una cella si sentono male due ragazzi, sono a terra. Solo molto tempo dopo arrivano i sanitari, spaventati a morte – nonostante la scorta di celere eccitata alle loro spalle – come dovrebbe sentirsi chiunque collabori con il lager. I fuochi, per un secondo, forse accendono anche qualche briciolo di consapevolezza in chi si muove attorno e dentro queste strutture di morte, come gli operai-secondini salariati dalla cooperativa EKENE.

Ma la “buona impressione di ente gestore e forze di polizia” si rivela da moltissime altre cose. Dalle condizioni strutturali del centro (camerate scarne, tarate al minimo, senza alcun tipo di “servizio”, “sicuramente peggio di quanto questo centro era un CIE“, ci riferisce un recluso che si è fatto entrambe le versione della detenzione amministrativa) alla non-gestione sanitaria, nella totale assenza di interventi medici quando servono. “L’unica cosa che danno bene è la terapia, ci vogliono tutti drogati, rivotril, valium, gocce…“, ci dice un recluso. Pare che – per quanto riguarda la gestione psichiatrica – sia coinvolta direttamente anche ASUGI, l’azienda sanitaria locale, che svolge le visite psichiatriche e poi assegna le terapie. Ma il dosaggio della tortura è accuratamente somministrato: c’è chi viene riempito di terapia, c’è chi – pur avendo bisogno di uno specifico farmaco – viene imbottito di altre terapie che non regge, che gli fanno male. I CPR, come tutte le carceri, sono luoghi patogeni per natura.

Due persone, come già condiviso precedentemente, hanno finito per “fare la corda”. Non è bastato perché qualcuno rispondesse alle loro richieste. In un caso, dei compagni di cella hanno dovuto appiccare degli incendi, è l’unico modo perché qualcuno intervenga. E così, mentre un uomo giace a terra con la bava alla bocca, devastato per delle notizie personali, è arrivato un lavorante… per spegnere l’incendio.

L’impressione positiva avuta dalla parlamentare consiste, probabilmente, nello spegnimento di tutti i tentativi – individuali, collettivi – di ribellarsi contro la natura devastatrice e afflittiva di queste colonie dove la tortura è legalizzata.

– Ancora rivolta: fuochi, manganelli, sangue

La totale negligenza sanitaria, ed – oltre – la natura patogena stessa del CPR, è stata anche alla base dell’ultima rivolta nell’area blu. “Scusa il disturbo. Stanno massacrando delle persone qui. Perché stiamo chiedendo il nostro diritto per la sanità“, ci dicono.

E’ la sera del 5 giugno. Un recluso è a terra svenuto nella sua cella, in preda a dolori fortissimi. Nessuno gli presta aiuto, nonostante le ripetute richieste. Qualcuno sostiene che ha ingerito dello shampoo. Dopo una mezz’ora viene acceso un primo fuoco nella sua cella. A quel punto intervengono gli operatori e la polizia, spengono il fuoco e lo portano via in barella.

I fuochi si moltiplicano in tutta l’area blu, in solidarietà con quanto sta accadendo. Il corridoio delle celle è presidiato da guardia di finanza e polizia in antisommossa. Il recluso, dopo qualche schiaffo e una colluttazione avvenuta in infermeria, viene riportato in cella.

Si scaldano gli animi, i fuochi anche. Ci sono lanci verso la polizia, si verificano scontri. Gli idranti cercano di spegnere i fuochi, ma i getti sono anche destinati verso i reclusi e le stanze interne.

A quel punto inizia un intervento muscolare dell’antisommossa, che entra in alcune celle rincorrendo i detenuti e picchiandoli fortissimo, anche quando sono a terra. Dopo qualche minuto di scontri estremamente duri (“stiamo facendo la guerra contro loro“), l’insorgenza viene repressa. Bilancio: teste rotte e corpi ammaccati, senza però piegare l’insubordinazione e la voglia di lottare nei detenuti.

Due giorni dopo, infatti, erano ancora i fuochi da una cella dell’area blu a segnalare la condizione di reclusione del CPR: a due giorni dalla rivolta, dopo essere stato pesantemente malmenato – con ematomi e ferite dappertutto – un recluso non era ancora stato visitato in ospedale.

– Detenzione, repressione, deportazione (e solidarietà)

C’è una testimonianza che sentiamo spesso: quella di una cattività in gabbia – voluta da un ordine di trattenimento, convalidata da un giudice di pace distratto e dai burocrati dell’azienda sanitaria locale, resa possibile da Ekene e tutte le aziende complici della sua riproduzione – a cui corrisponde un totale abbandono. I cessi, il cibo, le cure, i letti: tutto è inservibile nel CPR di Gradisca. Chiuso in una cella, per lunghissime ore sei abbandonato in una situazione di totale subordinazione e al tempo stesso profonda indifferenza. Se stai male resti lì, fin quando qualcuno si degnerà – dopo qualche fuoco magari – a vedere cosa serve. Questa è la realtà della detenzione amministrativa.

Intervengono, invece, prontamente quando si tratta di reprimere o di deportare. Come accaduto di nuovo l’ultimo venerdì del mese, in direzione dell’Egitto; come accade settimanalmente per la Tunisia. Come si ripete – pescando nel mucchio, senza bisogno di charter, con voli commerciali – in chissà quanti altri casi di cui non veniamo a conoscenza.

In un caso, si è riusciti a ricostruire lo svolgimento di una deportazione anche grazie alla resistenza di chi si è fatto valere nell’ingranaggio della macchina delle espulsioni.

Un mercoledì, un recluso di Gradisca, con l’inganno, è stato avvertito di un imminente trasferimento verso Roma. Fatti i suoi bagagli, è salito tutto sommato tranquillo su una vettura di polizia. Dopo qualche ora si è però accorto che stavano andando in direzione di Bologna. In effetti, lo portano in un’area isolata dell’aeroporto, con il biglietto di rimpatrio già pronto. Quella in corso era una deportazione. “Mi volevano deportare con l’inganno“, ma “non vedevo il senso di condannarmi in quel modo per uno sbaglio” racconta. Lo fanno passare al controllo doganale e lo portano sulla pista, sotto l’aereo della compagnia Royal Air Maroc. Qui capisce di non avere nulla di perdere, dopo una vita passata in Italia con famiglia e una figlia piccola qui. Si rifiuta di salire, mentre attorno ignari passeggeri che si imbarcano iniziano a capire cosa sta accadendo. Anche a causa di questa attenzione, la polizia di scorta decide di non calcare la mano. Lo riportano in CPR, fa una nuova udienza in tribunale, un paio di giorni dopo questo tentativo di deportazione è libero. Un’altra storia di resistenza, in mezzo alle centinaia di altre storia anonime.

Il giorno successivo alla rivolta del 5 giugno, alcunx solidalx hanno portato un piccolo gesto solidarietà ai reclusi all’interno. Se spezzare i fili della solidarietà e della lotta è uno degli obiettivi della repressione, anche qualche fuoco pirotecnico nella notte può superare le mura (materiali e invisibili) della segregazione. I reclusi all’interno hanno risposto al grido di “libertà, libertà“.

La stessa libertà che per qualche minuto devono aver assaporato i 5 reclusi saliti sul tetto del centro nella serata di domenica 8 giugno. Immediatamente braccati dai carabinieri, hanno deciso di stare lassù per diverse ore. “Cosa vuol dire che siamo irregolari? Chi aveva il carcere ha fatto il carcere, ma ora perché siamo qui, in questo posto merda?” si chiedevano.

Che il grido di libertà possa un giorno alzarsi dalle macerie di tutti i CPR. La resistenza ai suoi sistemi di morte e deportazione, nel frattempo, continua: che si estenda a tutte le gabbie, le frontiere e i quartieri militarizzati che mantengono l’ordine coloniale della terra!

Al fianco di chi lotta ogni giorno: Libertà per tutti e tutte! Fuoco a CPR e frontiere!

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2025/06/09/dal-cpr-di-gradisca-cronache-di-lotta-e-resistenza-dallinterno-del-lager/

CPR DI BARI PALESE: FUOCHI, RIVOLTE, SCIOPERI DELLA FAME E REPRESSIONE

La situazione nel Cpr di Bari è insostenibile, il caldo sta rendendo ancora più insopportabile le giornate già infernali.
Abbiamo già scritto della situazione insostenibile e delle lotte quotidiane nei Cpr Pugliesi: https://japrlekk.noblogs.org/post/2025/06/04/rivolte-scioperi-resistenze-ed-evasioni-nel-cpr-di-bari-e-brindisi/
Ma i racconti che ci arrivano in questi giorni sono critici: solo stamattina alle 11 B. ci ha raccontato che nel modulo 3 (uno dei moduli più represso e rivoltoso) sono stati accessi materassi (non sappiamo in che quantità) sempre nel modulo 3 un amico ci ha detto che in tutto il modulo non è arrivato il pranzo fino alle 15.

Sempre B. ci ha raccontato che nel suo modulo il cibo è arrivato tardi perché “qualcuno dei rivoltosi ” ha bloccato il carrello.  Anche oggi le guardie sono entrate nei moduli (non abbiamo capito se per picchiare o solo spaventare). Ma la lotta e la resistenza non si mostrano solo nel fuoco e nella violenza fisica. A. un caro amico del 2005 che purtroppo sentiamo rinchiuso da molto tempo in quel posto di merda, è in sciopero della fame da 8 giorni, (questo uno dei tanti intrapresi) fuma solo le sigarette (sigarette che quando possiamo mandiamo noi, una delle lamentele più grosse e motivo di rabbia di A. è che il centro non riesce mai a fornirli tabacco), ha entrambe le mani e le gambe ingessate, abbiamo parlato con un suo compagno di cella che dice che è completamente bianco, ed è molto spaventato per lui.

Prima e durante la sua prigionia è stato picchiato e torturato dalle guardie, è rimasto in isolamento per più tempo e subito vari abusi. A. minaccia di uccidersi da un po’ ormai, settimana scorsa in Tunisia gli è  morta la mamma.  Sa di essere rinchiuso lì per nessun motivo, come tuttx d’altronde. La violenza fisica e psicologica subita da A. è insostenibile, sentire la sua voce al telefono che peggiora ogni giorno fa rendersi conto della situazione. Stanno abbandonando a se stesso un ragazzino. I pochi sorrisi e cose felici che ci scambiamo per telefono, la contentezza di sentire dei fuochi d’artificio e sapere che sono per te,che qualcunx affronta la polizia lì fuori come chi è recluso affronta ogni giorno quelle merde, lottare insieme .
Sapere di qualcunx che ti porta un pacco e che è pronto ad ascoltarti come un amicx sono gesti importanti.

Importanti come un post su Facebook?
Questo non lo so, forse qualcosa è sempre meglio di niente(?). La pagina Mai più Lager ha pubblicato una foto di A. raccontando la sua storia, A. era consapevole e contento di questo, sa che è un modo di resistere , un modo di lottare. Da anarchicx priviliegiatx non lo condividiamo, ma da amici di A. e persone che vogliono il meglio per lui, siamo felici di questo.

Non ci sentiamo di screditare nessun tipo di lotta.
A. ci ha chiesto se avessi visto la foto, ed era molto contento, poi mi ha detto che se volevamo pubblicare anche noi sarebbe stato felice. Rispettiamo queste pratiche e le scelte delx opressx di lottare, ma ribadiamo che mostrare la presenza, la complicità e la solidarietà in modo concreto allx reclusx avrà sempre più forza.

A. NON SARÀ IL PROSSIMO ABEL!!
RESTIAMO VICINX ALX RELCUSX DI BARI, PARTECIPAMO AI SALUTI, ATTIVIAMOCI🐈‍⬛️!

LA FORZA PER RIBELLARSI ARRIVERÀ SOLO DA DENTRO, STA A NOI RACCOGLIERE LA LORO RICHIESTA!!
CHI È IN RIVOLTA CHIEDE IL NOSTRO SUPPORTO!
METTI IN GIOCO I TUOI DIRITTI!!!
FUOCO AI CPR
I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO, SI CHIUDONO UNA VOLTA SI CHIUDONO DI NUOVO!

“:L’unico modo è fare come Torino…:”
“In che senso?”:
:”Col fuoco!:”
Discussione avuto con un amico recluso nel Cpr di Bari.
ARRIVERÀ IL CALDO!!
Stamattina un recluso ci ha chiamatx per dirci che stava accendendo un materasso per protesta e che se il giorno dopo il cibo non sarebbe cambiato avrebbe continuato fino a distruggere tutto. A qualsiasi ora nelle chiamate il caos e la rabbia è costante, tanto da rendere difficile la comunicazione.
CHE IL VENTO ALIMENTI IL VOSTRO FUOCO FRATELLI!🔥

AGGIORNAMENTI

Oggi più moduli ci hanno confermato delle rivolte e dei fuochi accesi. F. ci ha raccontato che dopo aver protestato nel proprio modulo è stato trasferito nel modulo 7 e lì è stato picchiato da una quindicina di persone, a detta di F. con la complicità, anzi un vero e proprio pestaggio commissionato da parte del capo dei carabinieri. È la prima volta che ci raccontano di questo ma F. è convinto che sia un modo per punire chi si ribella.  Su questo non sappiamo la verità, ma una cosa che accade spesso è che le persone con cui siamo in contatto, spesso le più ribelli, vengono spesso spostate di moduli con dinamiche non sempre chiare e questo crea delle rotture nei rapporti non indifferente, un ennesima tortura per chi si ribella! Appena possibile abbiamo deciso di portare un saluto a gli amici che ci stavano aspettando e sapevano del nostro arrivo!

Per la vostra vendetta! Per la vostra libertà!

PRESIDIO AL CPR DI TRAPANI-MILO [28 GIUGNO]

Diffondiamo da Sicilia NoBorder:

Il CPR di Trapani è un luogo di detenzione amministrativa, dove lo Stato rinchiude in gabbia le persone che non hanno il giusto pezzo di carta, per poi tentare di deportarle.

Come tutti i CPR è un luogo dove il regime dello Stato e delle frontiere si perpetua tramite la violenza e la tortura. I CPR sono galere che restano in piedi grazie all’uso quotidiano di idranti, manganelli e psicofarmaci, e in cui lo stato fa di tutto per non fare uscire le voci dellx reclusx.

Perché provare a rompere l’isolamento sotto le mura del CPR di Trapani-Milo?

Le notizie che arrivano all’esterno sono di un luogo che tenta in ogni modo di sotterrare le voci che urlano rabbia e chiedono libertà.

Nel CPR di Milo i telefoni personali sono stati sequestrati anche quando ne erano state spaccate le fotocamere e spesso viene impedito anche di usare le cabine del centro. Lenzuola e biancheria sono fatte in modo che non possano esser usate per bruciare, e se lo fanno è per poco, o per impiccarsi – è anche così che lo stato prova ad affossare ogni forma di insubordinazione o determinazione.

Questo luogo è stato teatro di numerose rivolte. Nel marzo 2023 una ribellione aveva costretto, in seguito ad un rogo, alla riduzione dei posti a 40.

A Gennaio del 2024 invece lx reclusx hanno distrutto la struttura, rendendola inagibile per circa il 90% e determinandone la chiusura.

I CPR si chiudono col fuoco dellx reclusx, con la rabbia di chi da dentro urla vendetta e diventa scheggia che si scaglia contro il potere.

In seguito alla distruzione di maggior parte della struttura, e dopo gli ennesimi lavori di ristrutturazione e ammodernamento, il CPR di Milo è tornato ad essere agibile ad Ottobre del 2024, aumentando la capienza fino a 204 posti. Le persone recluse, che in un primo momento erano una 40ina, sono presto diventate più di cento. La vicinanza con l’aereoporto di Palermo, snodo a livello nazionale per le deportazioni in Tunisia ed in Egitto, ha così permesso di far riaccendere anche a Trapani i motori della macchina che uccide, tumula e deporta le persone migranti.

Sabato 28 Giugno ci ritroveremo sotto le mura di questa prigione, in solidarietà allx reclusx e contro lo Stato che rinchiude e tortura. Nella speranza che il CPR di Milo torni inagibile e mai più in funzione, nella speranza che sbarre massicce e muri altissimi per un giorno vengano abbattute dallx reclusx e dallx solidali.

Che questa solidarietà polverizzi anche per poco la distanza che vogliono frapporci, saremo lì, perché compagnx di chi si ribella.

Dove lo stato segna confini noi sogniamo orizzonti, complici e solidali con lx reclusx in lotta

Fuoco alle galere

Freedom, Hurryia, Libertà

TORINO: AGGIORNAMENTI DA UN CPR IN COSTANTE RICOSTRUZIONE

Diffondiamo

A Torino, in seguito all’ultima rivolta al cpr di corso Brunelleschi di venerdì 16 maggio, i tre quarti del cpr sono inagibili. L’area bianca, da cui la rivolta è partita, è bruciata interamente. Le persone che vi erano recluse hanno dovuto dormire fuori per due giorni, e sono successivamente state quasi tutte trasferite. La maggior parte, come spesso accade, è stata deportata nei cpr punitivi del sud Italia: Palazzo San Gervasio, Bari e Brindisi. Spostati come pacchi, anche chi aveva affetti e famiglia vicini, rendendogli oltretutto estremamente più difficile tenere il filo della propria difesa, e obbligandoli a cambiare avvocato da un giorno all’altro e a dover ricostruire tutto daccapo, in un nuovo lager. C’è anche chi dopo varie peripezie e un tentativo fallito di deportazione in Tunisia si trova ora al cpr di Caltanissetta. Il giovane che quella sera aveva tentato di arrampicarsi sulla rete di recinzione ed era caduto, facendosi molto male, è stato portato in ospedale solo dopo ore e ore di insistenze congiunte da parte dei reclusi e dei solidali presenti fuori dalle mura, per poi essere nuovamente recluso. Il suo tentativo di evasione e il conseguente pestaggio da parte delle guardie erano stati le scintille che avevano portato l’insofferenza dei reclusi a manifestarsi nella rivolta.

Ad oggi, nell’area blu, l’unica superstite, sono recluse 30 persone. I lavori vanno avanti nelle adiacenti aree rossa e verde e, da oggi, anche nella bianca, che potrebbero presto essere pronte. Distrutta un’area se ne appronta un’altra, un’affannosa ricostruzione ad ogni costo. Di fronte all’ormai innegabile evidenza del fallimento della gestione del centro, Sanitalia cerca di placare gli animi con vaghe promesse di miglioramenti nelle condizioni di detenzione, come quella di non trattenere più di 30 persone per area, e di portare un dentista a visitare i reclusi nelle loro celle. Ci sono però almeno quattro persone con infezioni gravi in bocca, che avrebbero bisogno di cure urgenti, e non di un dentista a domicilio. Quattro altre persone sono costrette a dormire nella mensa perché con gravi fragilità psichiche, e sono totalmente abbandonate a loro stesse, senza alcun supporto medico. C’è chi non riesce nemmeno a parlare o a fare una doccia; chi chiaramente, anche secondo i parametri di un cpr, dovrebbe essere considerato non idoneo al trattenimento.

Nelle ultime settimane non sono poi mancate le passerelle di parlamentari del PD e di figure istituzionali varie, venute a costatare che i lager funzionino ancora come dovrebbero; come se facessero un giro allo zoo, tra commiserazione e compiacimento. Proprio stamattina dei consiglieri comunali del PD in visita, preannunciati da pulizie frettolose e sguardi minacciosi atti a redarguire da eventuali lamentele, si sono permessi di chiedere ai reclusi perché non volessero tornare nel loro paese. Non si sono meritati risposta, ma si meritano invece di essere menzionati come fautori di questo infame sistema razzista che permette che le persone vengano criminalizzate, imprigionate e deportate per la mancanza di un documento in tasca, e come complici di tutte le torture che in questi lager avvengono.

E’ solo grazie al coraggio dei detenuti che emerge la verità di ciò che accade dietro alle mura di corso Brunelleschi.
Solo grazie alla solidarietà, se queste voci non vengono soffocate.

CPR MACOMER: TRASFERIMENTI AL CPR IN ALBANIA

Diffondiamo

Ieri alle 7 del mattino sono entrati una ventina di agenti in antisommossa dentro il blocco destro e sinistro del CPR di Macomer. Hanno preso con la forza 8 persone, per trasferirle in Albania.

La macchina razzista dello Stato continua il suo sporco lavoro di deportazione. Il nuovo lager sorto in Albania, gestito dalla cooperativa Medihospes, può recludere fino a 144 persone destinate al rimpatrio.

Le deportazioni fanno ingrassare anche le pance di compagnie aeree come Aeroitalia, AirMediterranean, AlbaStar e Smartwings che organizzano appositi voli charter, lucrando sulle espulsioni e sui trasferimenti da un CPR all’altro. Per compiere quest’operazione vengono usati anche aeri di linea. Sappiamo di voli interrotti grazie alla lotta degli stessi detenuti, che sono riusciti a far bloccare la partenza una volta a bordo. Infatti, spesso, le persone oggetto di espulsione o trasferimento vengono sedate. Quindi è nostra responsabilità cercare di inceppare questo tassello della macchina razzista, nel caso dovessimo trovare degli indizi di una deportazione in atto. Di seguito alcune info utili a riguardo:

“Un aereo non può decollare se ogni passeggero non è seduto con le cinture di sicurezza allacciate.
Un modo per ritardare la partenza, chiedendo lo sbarco della persona in stato di trattenimento coatto, è rimanendo in piedi nell’aeromobile, impedendo così la partenza fino all’ottenimento della richiesta di discesa!

Se quando sali su un aereo vedi:
– Pattuglie delle forze dell’ordine fuori (affianco o difronte) dall’aereo;
– Una persona razzializzata, nera o est-europea, seduta nell’aeromobile con affianco 2 brutti ceffi;
Sappi che è altamente probabile che sia in corso una deportazione.”

RESISTERE ALLE DEPORTAZIONI: racconto in messaggistica istantanea di una deportazione bloccata

CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO, BLOCCARE LA MACCHINA DELLE ESPULSIONI È POSSIBILE.

SOLIDARIETÀ AI RECLUSI DI GRADISCA: DI NUOVO SOTTO QUELLE MURA!

Diffondiamo un resoconto e qualche notizia dal presidio sotto il lager CPR di Gradisca d’Isonzo:

Siamo tornate/i domenica 13 aprile sotto il Cpr di Gradisca come sempre per cercare di portare la nostra solidarietà e vicinanza a chi è rinchiuso lì dentro, cercando di rompere la barriera d’omertà che circonda questo Cpr, come tutti gli altri. “Scriveteci, condividete video e testimonianze di quello che succede, fateci sapere come state e come vi trattano, noi faremo uscire di lì la vostra voce” la frase ripetuta al microfono innumerevoli volte, alternandosi al grido di “Libertà”, musica ed interventi di denuncia di cosa sta succedendo negli altri Cpr italiani e in quello di Gradisca.

Negli ultimi mesi dal Cpr goriziano sono uscite numerose testimonianze di rivolte, di fughe riuscite e di tentativi purtroppo non andati a buon fine, e immancabili ogni volta resoconti della violenza repressiva delle guardie e dell’ente gestore – la cooperativa Ekene – incluse le ultime di lancio di gas lacrimogeni direttamente dentro le celle, pestaggi, mancato soccorso per ore e ore di prigioneri feriti e neanche 40 minuti prima dell’inizio del presidio di domenica, l’ennesimo ingresso della celere nelle gabbie.

Domenica il presidio è riuscito ad avvicinarsi molto più del solito al muro e si sono sentite più chiare le urla dei prigionieri in risposta alle nostre parole. Il grido “libertà” è stato spesso lanciato insieme e da dentro molte parole in risposta, purtroppo solo in parte comprensibili: “…mettono le medicine nel cibo…” “… abbattere i muri…” “…siamo persone…”.

Sembra un fatto oramai dato per scontato, ma per chi si trova là dentro, lottare in ogni forma vuol dire subire ancora più abusi fisici e psicologici, per loro è rischioso anche solo urlare di rabbia e chiedere libertà, il tentativo di costruire una lotta comune tra dentro e fuori è quindi un gesto potenzialmente denso di significato e forza.

L’intento della controparte è sempre quello di spezzare i legami di solidarietà tra dentro e fuori, adattando i suoi strumenti a seconda che siano diretti verso chi è rinchiuso o verso chi soldarizza, supporta e sostiene da fuori la lotta dei prigionieri. Questo intento non sta riuscendo ma, per quel che ci riguarda, ci teniamo a sottolineare l’importanza di essere presenti sotto quelle mura, più spesso e più in forze.

 

A conclusione del presidio non ci sentivamo più, probabilmente i prigionieri erano stati spostati in celle più lontane dal muro. Ce ne siamo andate/i come sempre con quel po’ di angoscia che gli sbirri stessero aspettando la nostra partenza per essere violenti dentro. Gioia e amarezza quindi quando in serata e ancora questa mattina, arrivano da dentro video e notizie di fuochi, piccoli e grandi, accesi negli ultimi giorni, soprattutto nelle ore notturne e anche nella giornata di ieri, in risposta al presidio. Amarezza perchè sono sempre accompagnati dalla celere che entra nelle gabbie con violenza, per piegare le proteste dei detenuti. Pare sia successo anche negli ultimi giorni, con un intervento muscolare, scudi e manganelli per sedare le proteste di una persona.

L’ex-ddl “sicurezza” è ora legge e si può quindi prevedere cosa questo comporterà all’interno di tutte le galere ma, è lecito pensare, ancor di più nei campi per le deportazioni dove, come per le carceri del circuito penale, è stato introdotto ex-novo il “reato di rivolta” specificamente volto a reprimere ogni episodio di protesta interna o tentativo di evasione e punire con anni di carcere anche le forme di resistenza passiva agli ordini impartiti. Se la “sospensione dell’applicazione delle normali regole di trattamento delle persone detenute” è, per il momento, ancora l’ultima spiaggia a disposizione delle guardie all’interno delle carceri, essa è invece la normalità quotidiana dei prigionieri nei Cpr.

Essi ci mostrano invece come gli inasprimenti penali non riescano a fiaccare la loro lotta per abbattere le gabbie in cui sono rinchiusi, incrinando il sistema detentivo ed espulsivo e l’immagine che li vorrebbe solo passive esistenze “in eccesso”, corpi-merce di scambio, fantasmi buoni solo alla propaganda securitar-razzista di ogni schieramento, anche di quello che il Cpr li ha pensati e aperti e ora vorrebbe far credere di volerli chiudere, o magari solo qualcuno, o solo quello sotto casa.

La macchina del dominio invisibilizza e abusa, insabbiando persino le morti. Sta a noi non lasciarli liberi di fare, smascherandoli per quello che sono: torturatori e assassini.

Ci rivediamo presto a Gradisca, nelle piazze e nelle strade per ripetere che i CPR vanno chiusi, col fuoco, con le rivolte da dentro e da fuori.

https://nofrontierefvg.noblogs.org/

CPR BARI PALESE: “TRASFERIMENTI” E RIVOLTE

Diffondiamo

Ieri Sabato 12 Aprile alle 20.00 circa, un “trasferimento” di 7/8 persone ha scatenato la reazione dei reclusi e di chi stava venendo “trasferito”. Quest’ultimi hanno cercato di resistere, facendo scoppiare una rivolta (non sappiamo l’entità, ma chi ci ha raccontato parla di “tanta polizia”) e qualcuno è anche salito sui tetti, il tutto sedato dopo un ora abbondante dalle guardie maledette.

Chi ci ha raccontato quanto successo parla di trasferimenti verso l’Albania, anche se sappiamo dai media che questi trasferimenti sono avvenuti venerdì con poca trasparenza e con i giornali che riportavano ognunx ciò che voleva. Abbiamo provato a far uscire sui giornali locali la notizia, abbiamo provato a far uscire i soprusi e la violenza fuori dalle mura del Cpr e oltre Viale Europa nel modo più democratico possibile (e di questo ce ne vergognamo) attraverso l’informazione.

Ma sappiamo benissimo che certi temi non vendono quanto altri o peggio ancora certi temi è meglio non toccarli, e quindi tra chi doveva chiedere in redazione e chi aveva la programmazione piena non una parola è stata pubblicata stamattina su ciò che è successo ieri, nessunx giornalista curioso si è spinto oltre ciò che gli è arrivato all’orecchio d’altronde i Cpr sui giornali Baresi ci finiscono solo se una bomba carta sfonda la porta del municipio. E allora speriamo che qualcunx avverti così la stampa della prossima rivolta.

Fuoco ai Cpr
Digos infame, giornalista peggio

PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI E AI RIVOLTOSI DEL CPR DI GRADISCA D’ISONZO

Domenica 13 aprile – Ore 18 – Di fronte al Cpr di Gradisca d’Isonzo

Torniamo sotto le mura del CPR di Gradisca dove le rivolte, le fughe e i fuochi di chi vi è imprigionato continuano ogni giorno a minarne pezzo per pezzo l’esistenza e ad ostacolare la presunta inesorabilità del meccanismo deportativo. Nonostante le deportazioni, i trasferimenti in carcere, i manganelli e i lacrimogeni.

Torniamo per rompere l’isolamento intrinseco a questi campi, apici fisici del razzismo di Stato che segrega, reprime, reclude ed espelle, affinchè violenze e torture non rimangano nel silenzio.

Continuiamo a portare la nostra solidarietà a chi si ribella

Contro tutte le galere

Tutti liberi, tutte libere

Assemblea No CPR FVG

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2025/04/06/presidio-in-solidarieta-ai-prigionieri-e-ai-rivoltosi-del-cpr-di-gradisca-disonzo-13-aprile/