CREMONA: MANIFESTO CONTRO LA SICUREZZA


Diffondiamo:

L’OMBRA DEL SABBA NELLA ZONA ROSSA

«Così gli uccelli nella loro venuta fanno a pezzi il mondo perché odiano così tanto quel mondo che non li accetta che loro, a loro volta, non accettano altro che la distruzione di quel mondo».
Lee Edelman

Ebbene sì, anche la “pacificatissima” Cremona si tinge di rosso e non si tratta più solo del rosso che già ne intossica i cieli ad ogni colata dell’acciaieria Arvedi, ma della nuova proposta liberticida introdotta con la scusante dello “stop al degrado”. Ma d’altronde queste operazioni da parte di uno Stato sempre di polizia, che hanno già incontrato un’ottima palestra di rodaggio nel periodo della pandemia, in una città vetrina e provinciale come questa non sorprendono, anzi il più delle volte passano inosservate, come se l’addomesticamento fosse la bandiera di una “psicosi collettiva”, che si alimenta nella distrazione di massa.
Eppure qui nella nebbia ci sono teste ancora capaci di sollevarsi, guardare al di là delle sbarre di una prigione a cielo aperto; sono le teste dei reietti, delle pazze, delle escluse, dei recidivi, delle senza casa e dei senza patria, con i loro corpi scomodi per l’ingranaggio sociale e i loro lancinanti stridii
degni di un cupo stormo di corvi e cornacchie, pronte a cagare sulle loro volanti e beccargli dita e pupille.
Sotto la minaccia del daspo urbano si cerca di blindare intere città, appellandosi alla necessità di difesa da un nemico interno purtroppo immaginario e creato su misura dalla propaganda, che di volta in volta prende l’aspetto degli stranieri d’ogni nazione, così come delle sex workers o dei vandali imbrattatori.
Una manovra che pone un altro tassello nel mosaico di merda che chiamano Stato e che ogni giorno amplia la categoria dei deviati e delle degenerate, una categoria che permette immediatamente di identificare i possibili intralciatori del suo progetto, di modo da spazzarli via o inglobarli nella sua logica. Che le indesiderabili si oppongano, ad un mondo a cui si obbedisce senza neanche lo sforzo di dire si, disertare ogni ordine è già pensare un mondo altro e a agire di conseguenza.

Il manifesto in pdf: qui

COME PROVANO A RIEMPIRE UN CPR. AGGIORNAMENTI SU PRIGIONI, RAZZISMO DI STATO E RIVOLTE IN SICILIA

Diffondiamo da Sicilia No Border:

In questi ultimi giorni il Cpr di Trapani Milo ribolle.

Sono i giorni in cui i famigliari di Moussa Balde e Ousmane Sylla si trovano in Italia per ribadire con forza che i loro cari sono stati uccisi dai Cpr e dal regime di frontiera dello stato italiano.

Ousmane, prima di doversi togliere la vita nel Cpr di Ponte Galeria a Roma, dove “i militari italiani non conoscono altro che il denaro”, è stato detenuto 4 mesi a Trapani Milo. Da qui, a fine gennaio 2024, era stato spostato come molti altri, perché le rivolte che si susseguivano avevano infine reso inagibile la struttura.

Nell’Ottobre 2024, Milo ha riaperto. A novembre una prima nuova rivolta al suo interno, a mostrare che la situazione lì dentro è irrevocabilmente insostenibile: da un lato 5 celerini di Palermo che si certificavano feriti, dall’altro due fratelli tunisini portati prima nella camera di sicurezza della questura di Trapani, e poi in carcere. In questi giorni si vedono tanti furgoni di celerini entrare, almeno un’ambulanza con una persona dentro uscire.

Le storie di chi si trova intrappolato in questa prigione per migranti continuano a dare un’immagine chiara delle diverse funzioni a cui assolvono questi luoghi, oltre che delle tremende condizioni di vita all’interno e della costante violenza poliziesca.

Già conosciamo il ruolo minimo che il CPR di Trapani svolge all’interno del regime di frontiera: il collegamento logistico con l’hotspot di Pantelleria, i ripetuti trasferimenti delle persone identificate nell’hotspot di Pozzallo, Lampedusa o Porto Empedocle. Ma nelle ultime settimane si sta cercando di far tornare a funzionare il Cpr a capienza piena. Alla riapertura in Ottobre si parlava di circa 80 posti, circa un terzo di quanti ce ne fossero prima delle rivolte di Gennaio 2024, ma in questi mesi i detenuti sono aumentati e i posti previsti da bando della prefettura sono i 200 di prima. Mentre dall’alto dello scranno ministeriale si mandano ordini a prefetti e questori di tutta Italia per aumentare gli arresti e le detenzioni di persone immigrate, il Cpr di Trapani si va riempiendo rapidamente di umanità eccedente, in arrivo da ogni parte: dalla Sicilia, dal resto d’Italia, da altri Cpr, dalle carceri, dalle città e dalle campagne. Tutto a grosso profitto degli enti gestori: le cooperative sociali “Vivere Con” e “Consorzio Hera” prima e “Officine sociali” ora.

Ora i reclusi sono circa 130 e la situazione all’interno è totalmente militarizzata e invivibile.

Ma andiamo con ordine.

A inizio Gennaio, al carcere Cavadonna di Siracusa, più di seicento detenuti iniziano una protesta contro la circolare del provveditorato siciliano del DAP in cui si vieta l’ingresso in carcere di molti cibi, tra cui la farina, e vestiti invernali. Viene negato calore. Materiale, perché come ci si scalda senza vestiti in strutture che son senza riscaldamento e acqua calda? E simbolico, quello delle relazioni, del poter ricevere cose da fuori e, dentro, poter cucinare e condividere momenti di socialità. E’ una questione di sicurezza, dicono i carcerieri, declinandola in una retorica paradossale. Si tratterebbe, infatti, di evitare che nei pacchi entrino beni pericolosi non solo perché infiammabili, ma perché “voluttuari”, perché mostrano posizioni “di privilegio” tra detenuti. Secondo il provveditore sarebbe infatti questo a non permettere “una gestione penitenziaria equilibrata ed equa”.

Molto equa ed equilibrata sarebbe allora invece la detenzione al CPR di Milo, dove l’unico cibo fa per tutti schifo e i pacchi sono ritenuti ancora più “voluttuari”. Possono contenere cibo e vestiti senza zip e cappucci, no ai libri. Possono essere depositati in teoria ogni giorno, tranne la domenica, fino alle 20, ma poi chissà quanto ci mettono ad arrivare tra le mani dei reclusi. Nei CPR siciliani il cellulare non lo puoi tenere e a Milo le telefonate costano care e se non hai contanti non chiami proprio nessuno. E sparisci. Anche per il tuo avvocato. E ti isolano. E ti fanno sentire ancora di più che potresti sparire da un momento all’altro.

A Siracusa lo sciopero del carrello, della cucina e le battiture, hanno consentito ai detenuti di negoziare sulla circolare, riducendo il numero di beni vietati all’ingresso. Nelle settimane successive sappiamo di un aumento di detenuti, soprattutto egiziani, al Cpr di Trapani in arrivo dal Cavadonna di Siracusa. Non è chiaro se si tratti di trasferimenti espressamente punitivi o (più probabilmente) per fine pena e mancanti rinnovi del permesso di soggiorno dentro il carcere, fatto sta che i trasferimenti sono coincisi con la mobilitazione che ha messo in seria difficoltà le autorità carcerarie e che ha visto la protesta allargarsi da Siracusa al Pagliarelli di Palermo, dove più di quattrocento detenuti sono stati per due settimane in sciopero del carrello. Chissà cosa succederà quando il ddl sicurezza entrerà in vigore: tutte queste minime pratiche di autodifesa costeranno un’incriminazione per rivolta e da 2 a 8 anni di carcere.

Sappiamo che da tempo ogni mese da Roma parte un charter di deportazione verso l’Egitto che fa scalo anche a Palermo. Aeroitalia è l’ultima compagnia che sta facendo i voli in questi mesi. E’ plausibile che i trasferimenti dal carcere di Siracusa a Milo facciano parte della macchina della deportazione: che preparino l’imbarco o un rilascio con un ordine di espulsione.

Ma al Cpr di Milo non ci arriva soltanto chi è già recluso in Sicilia. A metà febbraio un volo charter ha portato al Cpr di Trapani una decina di detenuti del Cpr di via Corelli a Milano. Lì era sovraffollato, mentre a Trapani c’era posto e il Cpr andava riempito, c’è da arricchire il nuovo ente gestore. Cosa di meglio se non trasferire un po’ di eccedenza umana, magari provando a liberarsi di chi disturba la “quiete” del Corelli.

Continuano anche i trasferimenti dall’hotspot di Pantelleria, dove ci sono stati sbarchi nelle scorse settimane: si parla di decine di persone che stanno così ingrossando il numero dei prigionieri e le tasche dell’ente gestore.

Nel frattempo, mentre a Catania il prefetto ha istituito le zone rosse in gran parte del centro cittadino, utilizzando argomentazioni esplicitamente razziste che prendono di mira lavoratrici sessuali straniere e negozianti gambiani e senegalesi, a Palermo (ma anche a Messina), fermi e raid polizieschi delle ultime settimane hanno portato diverse persone a finire ingabbiate a Milo. Persone che spariscono nelle caserme e solo giorni dopo vengono ritrovate rinchiuse in Cpr.

Per non parlare di quanto successo a Ribera. Il 10 febbraio, nel pieno centro del paese dell’agrigentino, in questo periodo pieno di lavoratori stagionali per la raccolta dell’arancia dichiarata DOP in Europa, un ragazzo tunisino, Mahjoub Aymen, è stato freddato da tre colpi di pistola. Una settimana dopo, polizia e altra gendarmeria ha portato in commissariato decine di persone come parte delle indagini. Sono andati a prendere gente allo stesso bar dell’omicidio, ma anche negli insediamenti informali dove lavoratori stagionali stanno in questo periodo di raccolta. Molti di loro non sono più usciti liberi dalla caserma, ma rinchiusi anch’essi al Cpr di Milo.

Ci sono due elementi che meritano attenzione in questo rinnovato protagonismo del Cpr di Milo.

Il primo è legato al ruolo che continuano ad assumere le cooperative sociali che si susseguono nella gestione del CPR di Trapani: “eccellenze” siciliane che tenendo insieme accoglienza e detenzione hanno fatto fortuna e vincono bandi in tutta Italia.

La società cooperativa sociale onlus “Consorzio Hera” con sede a Castelvetrano (TP), ha gestito il CPR di Trapani per anni, fino a novembre 2024. Nasce nel cuore del più grosso distretto di olive da tavola di Italia, è un attore ben posizionato nel mercato della detenzione, gestendo anche l’hotspot di Pozzallo, il Ctra di Modica-Ragusa e il Cpr di Brindisi, dove gestisce anche il CARA e non dimentichiamo che ha provato a guadagnarsi anche la gestione dei centri Albania, poi vinta da Medihospes. Ma, soprattutto, è molto presente con centri di accoglienza, CAS e centri per minori nelle campagne tra la provincia di Trapani e quella di Agrigento. La sappiamo gestire diversi centri d’accoglienza a Campobello di Mazara, dove ogni anno da Settembre centinaia di lavoratori soprattutto West Africani si ritrovano per la raccolta delle olive e si organizzano contro la macchina dello sfruttamento e del razzismo. È lì che nel 2021 ha perso la vita Omar Balde, lavoratore morto bruciato nell’incendio del ghetto, ed è da lì che quando il ghetto è stato sgomberato, nell’estate del 2023, alcune persone sono state portate al Cpr di Milo. Cosa non strana, perché ogni anno, fuori dalla stagione di raccolta, raid polizieschi portano persone da Campobello al Cpr di Milo.

Il Consorzio Hera, che prova a ripulirsi la faccia pubblicamente parlando di diritti e progetti di inclusione, con tanto di servizio civile e progetti di etnopsicologia, è in realtà attore cruciale della macchina dello sfruttamento e della detenzione degli immigrati in Italia (e ne trae pure un bel profitto!).

Lo stesso si può dire per l’ente che da qualche mese lo sta ora gestendo: Officine Cooperative sociali, con sede a Siracusa. E’ anch’essa molto abile nel tenere insieme business detentivo e accoglienza: ora gestisce il CPR di Palazzo San Gervasio (PZ), di Macomer (NU) e di Bari, nonché il CARA di Borgo Mezzanone, l’hotspot di Taranto, il CPA di Pian del Lago (CL). Il suo bilancio è passato dai 559.106 euro del 2021 ai 5 milioni del 2023, fino a raggiungere più di 14 milioni di euro nell’ultimo anno, proprio in coincidenza con l’ottenimento della gestione delle due strutture di Caltanissetta prima e Trapani poi. Bel risultato per una cooperativa che è nata nel 2016 con l’obiettivo di “promuovere inclusione sociale e lavorativa”.

Da questa prospettiva, è chiara la necessità di continuare a prendere consapevolezza che non ci si può troppo perdere in distinzioni e distinguo tra detenzione e accoglienza, come non si stancano di ripetere da anni i richiedenti asilo costretti a vivere al CPA di Pian del Lago, a Caltanissetta, che è contiguo al CPR e condivide con questo parte delle stesse recinzioni. Ancora nell’estate del 2022 hanno più volte occupato le strade del centro città, denunciando le condizioni di detenzione di fatto prodotte dall’effetto combinato di sorveglianza costante, minacce da parte del personale, sottrazione del pocket money, assenza di cure mediche, limitazioni delle possibilità di uscita e 7 chilometri di distanza dal centro cittadino in assenza di alcun tipo di collegamento.

Chiara risulta anche la necessità di ribadire che il CPR è una struttura detentiva, espressione del razzismo di stato, che si articola e riproduce insieme agli interessi del capitale privato, quello dell’agroindustria in primis.

Il secondo elemento è che la rinnovata centralità di Trapani Milo è dovuta anche allo svuotamento del Cpr di Caltanissetta (sappiamo anche di trasferimenti da Pian del Lago a Milo) in previsione dei lavori di ristrutturazione. Infatti è cosa nota che le continue rivolte di questi anni hanno ridotto grandemente la capacità di recludere del centro. E così, gli 11 milioni messi a bando l’anno scorso per l’ampliamento del Cpr stanno trovando concretezza nei lavori che dovrebbero iniziare in queste settimane. Come è possibile ricostruire dal bando della Prefettura di Caltanissetta, l’ampliamento porterà a un incremento di ulteriori 56 posti che si aggiungono ai 92 posti attualmente disponibili. A occuparsi dell’ampliamento e a costruire gli immancabili nuovi uffici per il nuovo personale delle forze dell’ordine che verrà mobilitato all’interno, saranno la Sicil Techno Plus s.r.l, la M.E.GAS. s.r.l. e la Conpat scarl, le prime due con sedi legali rispettivamente a Belpasso e Bronte (CT), la terza proveniente da Roma. A dicembre 2024, secondo quanto è stato possibile ricostruire, i reclusi effettivamente presenti dentro il CPR erano circa una trentina.

L’ampliamento del CPR rafforzerà la capacità di cattura di questa macchina della deportazione, che si salda direttamente con la macchina dello sfruttamento delle persone razzializzate in Sicilia, con un elevato numero di reclusi catturati direttamente dalle campagne siciliane, come nel caso dei lavoratori stagionali della fascia trasformata ragusana. Qui i padroni ne sfruttano la condizione di deportabilità attraverso la messa a lavoro in condizioni disumane per poi denunciarne la condizione di “irregolarità” per evitare di pagarli. Una macchina di sorveglianza e cattura che sembra estendersi a macchia d’olio anche in città, in una Caltanissetta sempre più “smart”, con il moltiplicarsi di videocamere di sorveglianza a seguito dei “nuovi patti per la sicurezza urbana” che il Prefetto Armenia ha siglato con i sindaci di Caltanissetta e Gela a ottobre 2024. Che si aggiungono agli occhi sempre presenti delle guardie in pattuglia, che soprattutto in Piazza si possono vedere passare decine di volte in poche ore. A questo si aggiunge la recente “svolta per la sicurezza urbana”, ossia l’assegnazione da parte del Comune di Caltanissetta dei lavori per la “riqualificazione” del chiosco tra due delle principali vie del centro storico all’associazione “Formazione Sicurezza” che dovrà ristrutturarlo perché sia utilizzabile per le “associazioni di volontariato” delle forze dell’ordine. Così, a quanto annuncia la Prefettura, questa ex edicola diventerà ulteriore spazio di vigilanza sul centro storico.

È probabile che il Cpr di Pian del Lago chiuderà per un periodo per garantire la sicurezza dei lavori, e che Milo diventerà ancora più centrale in tutti i meccanismi detentivi sull’isola (e non).

Pian del Lago poi riaprirà, pieno di speranze repressive e telecamere di ultima generazione.

E poi entrambi verranno distrutti, ancora una volta.

Finché non ce ne libereremo, di questi come di tutti i Cpr, grazie al fuoco dei reclusi e a quello della solidarietà.

 

NUOVO OPUSCOLO: SULLA LOTTA CONTRO GLI SFRATTI TRA PORTA PALAZZO, AURORA E BARRIERA DI MILANO [TORINO]

Riceviamo e diffondiamo:

Questo opuscolo nasce dall’idea di un’iniziativa svoltasi a Firenze
nel 2022 per parlare della lotta agli sfratti portata avanti tra il 2011
e il 2014 a Torino. L’iniziativa, al tempo, era composta da pezzi di
audio, interviste, articoli, fanzine e interventi radiofonici rilasciati
da chi ha partecipato a quella lotta in quegli anni. Oltre a delle
valutazioni personali a posteriori sul percorso, i suoi limiti e quelle
che erano le prospettive sperate. Per completezza si aggiungeva
una (se pur parziale) cronologia dei fatti e degli eventi di maggior
importanza di quel periodo e in quel ambito specifico. Questo
opuscolo parte da quelle considerazioni e cerca di sviscerare alcuni
degli aspetti che hanno caratterizzato la lotta agli sfratti a Torino nei
quartieri di Porta Palazzo, Aurora e Barriera di Milano.

Ho deciso di scrivere questo opuscolo perché penso che se pur
quell’esperienza è andata concludendosi e se pur il periodo di
lotta preso in considerazione in questo scritto non copra tutto il
percorso (dopo il 2014 la lotta è proseguita ancora per diversi anni)
quell’esperienza è stata rilevante sia per chi vi ha direttamente
partecipato sia per chi viveva quelle strade al tempo. Oltre che per
la necessità di non lasciar cadere nell’oblio quelle che sono state
esperienze di lotta poiché se pur limitate nel tempo e nello spazio o
piene di contraddizioni e problematicità lasciano comunque spunti di
riflessione e possibilità di ragionamenti futuri. […]

OPUSCOLO IN PDF: torino lotte contro gli sfratti

USO DI SOSTANZE E CULTURA DELLO STUPRO

Riceviamo e diffondiamo:

Questo scritto è il frutto di alcune riflessioni che ho fatto, da solo o con compagnx, nel corso degli ultimi anni. Chi scrive è una persona socializzata maschio, cis, bianco, europeo, che vive in un ambiente piccolo borghese (perlopiù ex studentx universitarix), utilizzatore di sostanze e frequntatore di rave party e serate di musica elettoronica. Mi rivolgo, principalmente ma non solo, ai maschi cis etero, sperando di stimolare riflessioni personali e dibattiti, in una prospettiva di distruzione di privilegi e per essere alleati migliori delle lotte transfemministe.

SCARICA, STAMPA, DIFFONDI!

Testo in PDF

NUOVO OPUSCOLO: PRIMI PASSI… ATTRAVERSO IL DDL SICUREZZA VERSO UNO STATO DI GUERRA

A cura di Materiale Piroclastico

«È la preparazione della guerra in altri ambiti – politici e sociali – che da lungo si preparano ad essere qui arrivati ad un punto di svolta. Dopo i passi che la legislazione emergenziale ha approntato in questi anni, con il ddl 1660-1236 è la volta di scoprire le carte, con un bel salto in avanti. Il terreno è finalmente fertile per l’accrescersi del sentimento patriottico, il pozzo è avvelenato, la costruzione del nemico è ultimata, le forche sono distribuite ai passanti.»

SCARICA, STAMPA, DIFFONDI!

PDF lettura
PDF stampa

NUOVA PUBBLICAZIONE (PRIMA VOLTA IN ITA): PREPARARSI ALLA TORMENTA. RIFLESSIONI ANARCHICHE SULL’ORGANIZZAZIONE

Diffondiamo:

Prepararsi alla tormenta. Riflessioni anarchiche sull’organizzazione.
Di Grupo Tensión (Madrid). Titolo originale “Prepararse para la tormenta. Reflexiones anárquicas en torno a la organización” pubblicato originariamente da Afilando Nuestras Vidas, febbraio 2024.
Traduzione a cura di La Riada, editato da Robin Book, dicembre 2024.

«Quali contribuiti, quali esperienze troviamo nel nutrito arsenale delle idee anarchiche, rispetto a strumenti così comuni come l’organizzazione, l’assemblea, la conflittualità, la progettualità, l’azione diretta o le relazioni tra individui e collettivo?

Come affermiamo la negazione del principio di autorità in forma di lotta permanente contro la stagnazione, la burocrazia, il culto del feticcio organizzativo, l’identità corporativa, il consenso, la democrazia, l’assemblea, lo schiacciamento dell’individuo, la rinuncia ai principi e all’essere inghiottiti dai meccanismi dell’integrazione, riproduzione e assimilazione al sistema capitalista e allo stato?

Cosa intendiamo per conflitto, attacco, azione diretta, sabotaggio, agitazione? Qui troverete un punto di partenza per porci queste domande a partire dall’esperienza pratica dei gruppi d’affinità anarchici, cellula primordiale di un invariabile numero di possibilità orientate al conflitto permanente come unica via per evitare la pacificazione e l’integrazione nelle logiche del sistema.

La cospirazione anarchica assume molte forme.»

PDF versione lettura

PDF versione stampa

NUOVA PUBBLICAZIONE TREMENDE EDIZIONI, COLLANA LE FURIE: RISTAMPA DI MARIA NIKIFOROVA, LA RIVOLUZIONE SENZA ATTESA.

Riceviamo e diffondiamo

NUOVA PUBBLICAZIONE TREMENDE EDIZIONI COLLANA LE FURIE: RISTAMPA DI MARIA NIKIFOROVA, LA RIVOLUZIONE SENZA ATTESA. L’epopea di un’anarchica attraverso l’Ucraina 1902-1919.

“Il nostro compito è di preparare le masse ad una sollevazione ampia e popolare, e di fare la rivoluzione non al posto del popolo, ma con il popolo. È necessario attaccare con violenza la borghesia per distruggere i fondamenti della rivoluzione borghese, oltre che combattere il nazionalismo ucraino. È necessario trovare fondi per la stampa, come è necessario confiscare armi”.

Fino a dove spingere il processo rivoluzionario quando questo non porta che ad un cambiamento al vertice dello Stato? Quando gli operai si stanno impossessando delle fabbriche e i contadini delle terre, come fare affinché la sedia del potere resti vuota e soprattutto le sue gambe vengano frantumate? Che fare quando la contro-rivoluzione arriva da ogni parte? Come evitare di cadere nella trappola di “fare la guerra” a scapito di “approfondire la rivoluzione”? Come riconoscere i falsi amici tra i rivoluzionari dalle intenzioni tuttavia sincere? Quali sono le conseguenze del coordinarsi con gruppi autoritari in un “fronte comune”? Quest’ultimo tipo di strategia sembra in questo caso impossibile senza rinunciare a parte delle proprie idee, ed è d’altronde questa la conclusione che trarrà Maria Nikiforova dopo aver sperimentato un’alleanza con i bolscevichi. Seguiamo il suo percorso non per rallegrarci delle sue alte gesta militari, ma come un’esperienza di situazioni piene di sconvolgimenti rivoluzionari e di difficoltà, come una finestra per affrontare una storia fatta da una successione di possibilità non necessariamente accadute.
————
DALL’INTRODUZIONE:

Ristampare Maria Nikiforova. La rivoluzione senza attesa è per noi una convergenza di intenti dei due progetti a cui stiamo lavorando: la collana “Le Furie” che si occupa di monografie di donne anarchiche e la collana, di prossima uscita, “La Vita Non Attende” che si concentra prevalentemente ma non esclusivamente sulle figure femminili rivoluzionarie e anarchiche dal 1860 agli inizi del Novecento in Russia partendo dalle nichiliste russe, passando per Narodnaja Volja e arrivando alle cernoznamentsy e beznach’alsty. Sarà nel terzo volume di questa serie, infatti, che incontreremo stralci dei diari della Nikiforova. […] Non esiste il culto di Maria Nikiforova, fortunatamente. Non è una Kollontai né una Kutuzova. Nessuna storiografia della sua vita. In parte ciò è dovuto al fatto che trascorse gran parte della sua vita in clandestinità: si unì ad un gruppo terroristico anarchico che metteva in atto azioni bezmotivny all’età di 16 anni e rimase “allo scoperto” solo per due anni (1917-1919). Quindi ci sono pochissimi documenti per risalire alla sua attività e solo foto segnaletiche. Il riconoscimento le poteva essere fatale.

[…] Marusya rappresenta il lato distruttivo dell’anarchismo ma, come scriveva Bakunin, la passione di distruggere è anche una passione creativa. Lei la rivolta non solo l’ha agita ma ha trovato prima di tutto uno spazio per pensare la rivoluzione come parte integrante della Storia. Le condizioni materiali presenti da sole non bastavano, Maryusa ha pensato, osato e voluto quella rivoluzione. Per questo quella di Marusya è stata azione cosciente nella coscienza dell’azione. Questa ristampa, inoltre, ci sembra un’occasione non solo per coinvolgere un compagno prigioniero in un progetto editoriale ma un modo per proseguire il suo.

—-
SOMMARIO

PACE ALLE CAPANNE GUERRA AI PALAZZI!
INTRODUZIONE ALL’EDIZIONE FRANCESE
EPOPEA DI UN’ANARCHICA ATTRAVERSO L’UCRAINA.
UNA GIOVINEZZA Di BEZMOTIVNIKI
IL GRANDE VIAGGIO
GIORNATE RIVOLUZIONARIE A PIETROGRADO
ALEKSANDROVSK E HULJAJ-POLE
IL COLPO DI STATO DI OTTOBRE IN UCRAINA
LA MINACCIA COSACCA
LA DRUZHINA DEL LIBERO COMBATTIMENTO
LE BATTAGLIE DI ELISAVETGRAD
LA LUNGA RITIRATA
PROCESSO A TAGANROG
UN INVERNO ODIOSO
RITORNO A HULJAJ-POLE
LA ROTTURA
ANARCHICI UNDERGROUND
NON PENSARE MALE DI ME
GLI ANARCHICI UNDERGROUND IN UCRAINA 1920-1930
LA STORIA DI UN VOLANTINO E IL DESTINO DELL’ANARCHICO VARSHAVSKIY
POSTFAZIONE
RIFERIMENTI CRONOLOGICI
PICCOLA BIBLIOGRAFIA


MARIA NIKIFOROVA, LA RIVOLUZIONE SENZA ATTESA. L’epopea di un’anarchica attraverso l’Ucraina 1902-1919.
198 pagine, formato A5.
7 euro copia singola
6 euro dalle 5 copie
1,50 euro piego di libri o 5 euro posta tracciabile
per info e ordini: tremendedizioni@canaglie.org


“E sarà terribile la Federazione del Dolore”

NUOVA PUBBLICAZIONE TREMENDE EDIZIONI, COLLANA LA VITA NON ATTENDE: LE NICHILISTE RUSSE

Diffondiamo

“Il principio fondamentale del nichilismo propriamente detto, fu l’individualismo assoluto. Era la negazione, in nome della libertà individuale, di tutti gli obblighi imposti all’individuo dalla società, dalla famiglia, dalla religione. Il nichilismo fu una reazione appassionata e potente, non contro il dispotismo politico, ma contro il dispotismo morale, che pesa sopra la vita privata ed intima dell’individuo.” da La Russia sotteranea, Syepniak S. (1882)

“Potete perseguitarci fin quando avrete la forza materiale, ma noi abbiamo la forza morale, la forza del progresso storico, la forza delle idee, e le idee non possono essere fermate dalle baionette. […] Se quella società ideale che noi sogniamo si potesse realizzare senza alcun rivolgimento violento, ne saremmo felici con tutta l’anima. Penso unicamente che in determinate circostanze la rivoluzione violenta è un male inevitabile…” Dichiarazione di Sof’ja Bardina al Processo dei Cinquanta (1877)

Nelle nostre intenzioni questo libro vuole essere il primo contributo di una ricerca più ampia, che ci ha appassionate, sulle vicende delle rivoluzionarie russe tra la seconda metà dell’Ottocento e i primi del Novecento.
Affinché la memoria dei loro gesti non rimanga una mera opera celebrativa ma possa fornire validi spunti di riflessione per chi ancora oggi sceglie di agire, animata da una sincera idea di libertà. Sono storie di donne, centinaia, che hanno scelto tanto di non piegarsi al modello che la società aveva stabilito per loro – prima di signorine esemplari poi di mogli devote ed infine di madri diligenti – quanto di rifiutare il privilegio derivante dalla loro classe di appartenenza in nome di un’idea pagata in alcuni casi anche con la vita. Non vogliamo dipingerle come eroine né martirizzarle ma solo restituire il posto che spetta loro.

COLLANA LA VITA NON ATTENDE:LE NICHILISTE RUSSE.
Pagine 192.
Prezzo di copertina 8 euro, 6 euro dalle 5 copie.
Spese di spedizione 1,50 euro piego libri non tracciabile, 5 euro tracciabile.
Per richieste e info tremendedizioni@canaglie.org

NUOVA EDIZIONE ANARCOQUEER: STREGONERIA E CONTROCULTURA GAY, DI ARTHUR EVANS

Diffondiamo

Questo libro-cult degli anni ‘70, per la prima volta reso disponibile a
un pubblico di lingua italiana, parla di riti pagani, sesso gay, orge
sacre e stregoneria. Parla di come il cristianesimo abbia cercato di
annientare quelle forme di spiritualità legate alla venerazione della
natura e alla celebrazione gioiosa del sesso, in cui il travestitismo e
i rapporti omosessuali erano ampiamente praticati e rivestivano una
funzione magica, sacra. Parla del culto della Dea Madre e del Dio
Cornuto, sopravvissuti a secoli, anzi millenni, di persecuzioni
camuffandosi e mostrandosi sotto vari nomi e sembianze, fino ad essere
identificati con entità demoniache.
Dopo l’opera distruttiva del cristianesimo contro ogni forma di eresia,
di sessualità libera e di saggezza naturale, un ulteriore colpo alle
concezioni pagane è arrivato dall’industrialismo, che con le sue
tecnologie e il suo materialismo ha seppellito ogni concezione poetica e
magica della vita sotto i suoi miasmi nefasti.
Arthur Evans in questo libro ci dona un’incisiva critica della
traiettoria storica della civiltà occidentale, esortando a una lotta
senza esclusione di colpi contro il sistema tecno-industriale, che
coniughi una prospettiva queer con una visione profondamente ecologista.

240 pagine, 12 euro a singola copia,
8 euro da cinque copie in su
Collana Le Affinità Elettive
Per ordini e info: anarcoqueer@riseup.net

OPUSCOLO: NON È FORSE QUESTA GUERRA?

Diffondiamo

“Non è forse questa guerra?!” è stato scritto cercando di portare nella discussione collettiva, o individuale che sia, alcune tematiche riguardanti gli intrecci tra alcuni luoghi della Terra, nella fattispecie le rive dello Stretto, e le dinamiche predatorie del capitalismo.
La domanda che titola queste riflessioni e colletta di informazioni non vuole essere retorica, ma la messa a fuoco di un totale dilagare della forma guerra. La riorganizzazione dell’economia mondo sul modello del conflitto totale porta con se un alito mortale di cambiamenti e rinnovate frenesie; il nuovo capitale espande i suoi confini e necessita di tutta una rete di rinnovate infrastrutture a questo dedicate.

Nel corso di queste pagine si sono voluti mettere in evidenza alcuni processi o progetti che costituiscono parte degli sforzi indirizzati alla riorganizzazione del territorio sulla base delle necessità di un élite sempre più lontana dalle persone sulle quali impone i propri piani di accumulo. Qui la questione non è prendere il loro posto, bensì puntare un faro sul come e il chi ci affligge una tale prospettiva talmente mefitica e comprendere come scardinarne l’esistenza.

Elemento fondamentale di questa riflessione è il sempre più acuto sistema repressivo che il legislatore sta mettendo in atto nei confini del ‘bel paese’. Un sistema, quello paventato dal nuovo decreto sicurezza, sempre più stringente ed improntato sulla restrizione della libertà delle persone e la loro sempre più eventuale localizzazione forzata nelle varie forme detentive previste dalla genetica dell’ordine costituito. L’intento che ha mosso la stesura delle pagine di “Non è forse questa guerra?!” è stato quello di raccogliere tra loro dei tasselli che agli occhi di chi scrive costituiscono un più complessivo piano di appropriazione delle esistenze o, quanto meno, una replica di quanto già messo in atto altrove tanto nel suo complesso quanto in maniera frammentata. Dal progetto ponte, alle “smart cities” sino agli interessi che si cuciono sui corpi reclusi, migranti, arginati, incarcerati si evince l’esistenza di un filo rosso, pesante come mille catene, che svela gli intenti di quelle manacce che si allungano minacciose su queste zone del pianeta.

Con la coscienza che questa è una delle tante interpretazioni possibili di elementi ed avvenimenti, si vuole porre nel dibattito questo modo di intrecciarli tra loro. Condividere saperi e percorsi di significazione e conoscenza vuole essere un passo verso una sempre più fitta condivisioni di pratiche. Le informazioni raccolte nel corso di “Non è forse questa guerra?!” sono intrise delle emozioni di chi le intercettava e queste pagine non vogliono essere un triste nenia di rassegnazione, quanto un punto segnato in una, necessariamente, più vasta costellazione emozionale che sia invito ad un’azione sempre più di massa, ossia sempre meno mediata da strutture di delega e rappresentanza.

– FILE LETTURA
– FILE STAMPA