UDINE: QUESTA NON E’ CULTURA, E’ PINKWASHING!!

Riceviamo e diffondiamo dalla Laboratoria Transfemminista Queer di Udine:

Mercoledì 8 maggio siamo andatx a dire la nostra all’evento organizzato da Vicino/Lontano, un festival che si tiene a Udine, intellettualoide e sinistroide, su cui avremmo anche tanto altro da dire a proposito di “recupero” e assimilazione di temi conflittuali, masticati e risputati come cibo digeribile per radical chic e borghesi annoiatx.
Ma torniamo ai fatti di mercoledì.
L’evento in questione consisteva nella proiezione del film/doc autobiografico di Paul B. Preciado, “Orlando. My Political Biography”. Abbiamo deciso di andarci e di prendere parola, naturalmente non per il contenuto del film che sentiamo “nostro”, ma per il luogo in cui veniva ospitato, ovvero una delle sale cinematografiche cittadine gestite dal “CEC-centro espressioni cinematografiche”,istituzione culturale cittadina, che qualche mese fa ospitava senza remore, anzi rivendicandolo, il noto “generale V.” e il suo “Il mondo al contrario”.
Riteniamo le due cose semplicemente incompatibili e siamo andatx a dirlo. Le nostre vite non possono essere usate come vernice rosa per ripitturare alcuna reputazione o coscienza.
Abbiamo preso parola appena terminata l’introduzione alla serata, che era già cominciata male, definendo la transizione un “tema disturbante” e chiusa con una sciorinata di ringraziamenti al CEC, che riserva sempre spazi e occasioni anche per temi di questo tipo (…).
Sono stati aperti degli striscioni, volantinato il nostro testo e al termine del nostro intervento ce ne siamo andatx, dichiarando che quella non era una sede idonea per vedere questo film e che lo guarderemo piuttosto collettivamente nei nostri spazi.
Non conosciamo il prosieguo della serata e non ci interessa.
Di sicuro per noi è stato importante esserci, contestare la scelta del luogo e il pinkwashing in corso e andarcene via, ma anche cogliere l’occasione per rendere nota tutta una serie di attacchi che la comunità trans* sta subendo OGGI in Italia e, senza andare troppo lontano, anche nella nostra regione.
Siamo stufx di essere “oggetti” funzionali all’intrattenimento culturale, che riempiono sale e teatri, ma poi, quando c’è da abbandonare il privilegio cis ed etero di fronte a problemi seri come gli attacchi che stiamo subendo, rimaniamo solx a prendere posizione e veniamo definitx un “tema disturbante”.

Infine vogliamo aggiungere, perchè sia chiaro, che l’”occasione” di prendere parola ce la siamo presa, non ci è stata gentilmente messa a disposizione nè dal CEC nè da Vicino/Lontano.

LE VITE DELLE PERSONE TRANS* SONO PIU’ IMPORTANTI DELLE OPINIONI DELLE PERSONE CIS e del loro intrattenimento!

In allegato il volantino distribuito, leggibile anche al post sul blog al link: https://laboratoriatfqudine.noblogs.org/post/2024/05/09/udine-questa-non-e-cultura-epinkwashing/

QUESTA NON E’ CULTURA, E’ PINKWASHING!!

Siamo presenti oggi al Visionario come rete di persone trans, queer e transfemministe per porre l’attenzione sui gravi attacchi che la comunità trans sta subendo in questo momento storico, in Italia e nel mondo. Vogliamo approfittare di questa occasione e di questo pubblico, che immaginiamo alleato, per riappropriarci di una visibilità che solitamente ci viene negata, anche quando si parla di noi.

Vogliamo partire dalla constatazione che questo spazio che ci ospita non è lo spazio giusto, e non è nemmeno uno spazio safe.

A gennaio di quest’anno, Roberto Vannacci, reazionario, omofobo, transfobico, misogino e razzista, presentava il suo sedicente libro al cinema Centrale di Udine, spazio gestito dal CEC, lo stesso ente che ospita oggi questa proiezione. In quell’occasione, mentre una parte di cittadinanza udinese sollevava quesiti e indignazione, il CEC si lavava le mani da ogni responsabilità, scegliendo di non assumere alcuna posizione politica sulla faccenda e tirando in ballo i tanto abusati concetti di “democrazia” e libertà di opinione (a sproposito come fa Vannacci, del resto).
A nostro parere, quelle di Vannacci non sono opinioni che possono essere democraticamente esposte, bensì violenti e pericolosi attacchi d’odio verso la comunità trans e queer, contro le persone razzializzate e l’autodeterminazione delle donne. Lasciare spazio e parola a posizioni di questo tenore è altrettanto grave e ingiustificabile.
Ci teniamo a ribadire che le vite delle persone trans e queer e le loro scelte non sono e non devono essere oggetto di opinione, né da parte delle istituzioni, né da parte di ridicoli figuri del calibro di Vannacci, né da parte di alcuna persona eterosessuale e cisgender.

Vogliamo anche ricordare che il CEC, lo stesso ente che all’inizio dell’anno ospitò Vannacci e che oggi ospita il film di Paul B. Preciado, in occasione del Trans Day of Rememberance 2023 negò le sue sale all’ associazione Euphoria trans FVG, che si occupa dei diritti della comunità trans in regione. Ad ottobre l’associazione prese accordi con il CEC per proiettare al Visionario un documentario, con lo scopo di sensibilizzare la cittadinanza sul tema. A novembre, a ridosso della data prevista, il CEC si “volatizzò”, ignorando le chiamate e i messaggi da parte dell’associazione, che si trovò improvvisamente, ad una settimana dall’evento programmato, senza più lo spazio dove poterlo fare e senza alcun preavviso.
Quindi va bene dare spazio alle tematiche LGBTQIA+, purché ci sia un lauto tornaconto?

A questo punto ci sembra evidente che l’unico criterio di cui si avvale il CEC per valutare a chi dare agibilità nei propri spazi è quello del vile profitto: la vergognosa presenza del generale al Centrale, che la nostra ridente cittadina ha frettolosamente dimenticato, ne è stato l’esempio più clamoroso. Più che di un’istituzione culturale stiamo parlando quindi di una sala a noleggio che non si fa alcuno scrupolo a rendersi disponibile ai fascisti che pagano bene.
Non stupisce che stasera invece ci si ritrovi qui, all’insegna della stessa libertà di opinione di cui sopra, che noi invece chiamiamo pinkwashing. Ci chiediamo cosa ne penserebbe Preciado di questa ospitata. Dal canto nostro, alla luce di quanto successo, non consideriamo il CEC una realtà safe e accogliente per le dissidenze di genere e troviamo a dir poco ipocrite e opportuniste queste scelte di programmazione cosiddette “democratiche”.

Il razzismo e i discorsi discriminatori, misogini, transfobici e omofobi, va ribadito chiaramente, non hanno nulla a che vedere con la libertà di espressione e la democrazia. Non basta una lavata di faccia con qualche evento culturale trans*friendly a mettere la pezza che rimane in ogni caso più grande del buco.

Difendiamo l’autodeterminazione delle persone trans*!

Sapendo che in questa sala sono presenti persone alleate e solidali vogliamo anche a rendere noti una serie di attacchi che la comunità trans sta ricevendo in Italia (e non solo).

A dicembre 2023 Gasparri, senatore di Forza Italia, ha depositato un’interrogazione parlamentare che attaccava la struttura medico-ospedaliera del Careggi di Firenze, una delle poche realtà in Italia che prende in carico persone trans* giovani e adolescenti.
L’interrogazione – a cui hanno fatto seguito una violenta petizione della rete anti-abortista e anti-scelta denominata Pro Vita e diversi interventi pubblici da parte di Fratelli d’Italia e Forza Italia – aveva al centro le terapie ormonali e una presunta assenza di servizi psicologici e psichiatrici a supporto delle persone giovani e delle loro famiglie. A seguire è stata effettuata un’ispezione al Careggi, i cui esiti ufficiali confermano una volontà politica di attacco ai servizi, e una virata verso una sempre maggiore patologizzazione delle persone trans.

La retorica di protezione dell’infanzia non è nuova per le destra e le ultra-destre, con un linguaggio paternalista, patologizzante e infantilizzante. Il Careggi è probabilmente al centro dell’attacco – temiamo come primo tassello di un disegno più ampio – perché è forse il centro con un approccio più solidale e meno patologizzante ai percorsi di affermazione di genere. Questo si iscrive in un quadro più vasto che vede lo smantellamento dei servizi pubblici rispetto al diritto alla salute delle persone trans* da parte delle ultra-destre conservatrici in stretta alleanza con le TERF. Così è già avvenuto in UK, a cui stanno facendo seguito altri paesi.

Per chiarire le questioni in gioco, innanzitutto non vengono somministrati ormoni alle persone trans* giovani o adolescenti, ma nei casi in cui si ritiene necessario e su richiesta della stessa persona coinvolta, con un supporto psicologico e psichiatrico, vengono forniti i cosiddetti sospensori della pubertà. L’obiettivo dei farmaci sospensori non è una transizione precoce irreversibile, nè ovviamente la “castrazione chimica”- eterno incubo ricorrente della narrazione patriarcale – o un tentativo di influenzare le scelte delle giovani persone trans* o delle famiglie ma, invece, dar loro tempo per poter effettuare scelte più mature e ponderate in seguito, tra cui anche quella di non effettuare alcuna terapia ormonale. La somministrazione dei sospensori in adolescenza può consentire alle persone giovani di genere non conforme di evitare lo sviluppo di disturbi dell’ansia, depressione, stress, difficoltà psicologiche e pensieri suicidari. Immaginate le conseguenze di un attacco che mira alla chiusura dell’unico servizio in Italia che prende effettivamente in carico queste persone!

Dell’eventuale somministrazione dei sospensori della pubertà lx genitori (o tutorx) sono sempre informati, tramite consenso informato secondo le normative attuali inerenti ai soggetti minorenni (art. 3 della legge n. 219/2017). Questi farmaci sono prescritti come da Determina AIFA n. 21756/2019 del 25 febbraio 2019 (dopo parere favorevole del Comitato Nazionale di Bioetica in data 13 luglio 2018) solo dopo attenta valutazione multiprofessionale, con il contributo di una équipe multidisciplinare e specialistica, composta da neuropsichiatri dell’infanzia e dell’adolescenza, psicologi dell’età evolutiva, bioeticisti ed endocrinologici. Gli effetti dei sospensori della pubertà si interrompono quando si smette di assumerli e lo sviluppo puberale riprende organicamente. I sospensori della pubertà sono considerati sicuri dalla comunità scientifica internazionale.

Il farmaco di cui si parla così tanto, la triptorelina, è impiegato per modulare la produzione di ormoni sessuali endogeni (quelli prodotti dal corpo) in modo reversibile, sia nelle persone in pubertà che in quelle post-puberali. Appartiene ad una classe di farmaci chiamati GnRHa. Si tratta di farmaci off label, cioè di farmaci pensati inizialmente per essere utilizzati per altri scopi, come tanti altri usati nelle terapie ormonali per le persone T*. Si tratta di una condizione molto comune in una medicina che non è neutrale e non investe allo stesso modo in tutti i campi di ricerca e sviluppo. Confrontata con gli altri farmaci impiegati per la gestione degli ormoni sessuali endogeni, la triptorelina presenta un buon profilo di sicurezza. Purtroppo ad impiegarla sono pochissimi ambulatori e solo in casi eccezionali, con la conseguenza che molte persone trans* si trovano esposte a una più vasta gamma di potenziali effetti collaterali quando ad essa vengono preferiti – come è quasi sempre il caso nella popolazione trans* adulta – gli altri farmaci impiegati per la gestione del testosterone endogeno.

Il discorso si inserisce in un quadro più ampio di attacchi alla salute trans* anche rispetto a un altro farmaco per la terapia sostituitiva ormonale, il Sandrena, declassato recentemente con delibera AIFA da classe A a classe C e di fatto più che raddoppiando il suo costo per chi, per qualsiasi motivo, non è seguitx dagli ambulatori endocrinologici pubblici. Dal momento che Sandrena è uno dei farmaci estrogenici di più ampio uso nell’ambito dei percorsi ormonali di affermazione di genere delle persone transfem*, ci risulta difficile non leggerla come l’ennesima aggressione contro i già pochi diritti delle persone trans*.

In questo quadro rientra la polemica mediatica scatenatasi attorno al caso di Marco, il ragazzo trans rimasto incinto di cui hanno parlato i giornali a gennaio 2024. Marco ha scoperto della gravidanza durante gli esami di controllo per l’isterectomia: il dibattito che ne è seguito è stato violento e sopprimente dei diritti riproduttivi delle persone trans*. Nonostante non ci siano ricerche mediche in tal senso, le persone trans* possono riprodursi. Mentre per le donne cis la gravidanza viene di fatto obbligata ostacolando pratiche abortive, per le persone trans* l’interruzione di gravidanza viene data per scontata come unica opzione. Del resto, fino al 2015, in Italia la sterilizzazione era necessaria per accedere alla rettifica dei documenti anagrafici.

Un altro segnale molto allarmante arriva dall’apertura, all’interno dell’ospedale privato Gemelli di Roma, di un “Ambulatorio multidisciplinare per la disforia di genere”, operativo dal 14 marzo, e indirizzato principalmente alle persone minorenni che si stanno interrogando assieme alle loro famiglie. L’ambulatorio si occupa di “supporto” psicologico e psichiatrico, ma tutti gli elementi a nostra disposizione fanno ipotizzare trattarsi di vere e proprie “terapie riparative” per il ritorno all’auspicata “normalità” dei ruoli di genere. Gli esperti in questione sono infatti tutti professori dell’Università Cattolica del Sacro Cuore, molti dei quali si sono già distinti pubblicamente per le loro dichiarazioni reazionarie: tra questi, Maria Luisa Di Pietro, incaricata di “Bioetica e Famiglia” nel Pontificio Istituto Giovanni Paolo II per Studi su Matrimonio e Famiglia, che nel 2017 in un incontro sulla teoria gender nella parrocchia San Tommaso Moro affermava che «è impossibile pensare di poter essere staccati dal proprio corpo» eppure «si fanno passare idee che mirano ad appiattire il pensiero e a spegnere le coscienze», e Federico Tonioni, che sostiene l’esistenza di differenze di genere identificabile tra menti maschili e femminili. Nella presentazione dell’ambulatorio sul sito del Gemelli, la disforia di genere viene paragonata ai disturbi dell’apprendimento e al fenomeno degli hikikomori e ricondotta a una conseguenza della pervasività di internet nella nostra era, con una prospettiva decisamente patologizzante.

Parlando inoltre di quanto avviene in regione, le liste per le operazioni chirurgiche presso l’ospedale Cattinara a Trieste sono state bloccate senza nessuna spiegazione. Nonostante questa sia stata più volte richiesta e sollecitata, attraverso lettere di interrogazione al consiglio regionale, tutto tace. Sempre in sordina e senza spiegazioni, sono passati da gratuiti a pagamento i processi che permettevano la conservazione della fertilità della persona trans, prima che questa iniziasse la terapia ormonale (che come si sa, a lungo andare, rende la persona non più fertile).

Quest’epoca storica vede le persone trans* in Italia e nel mondo subire attacchi pervasivi e quotidiani, alimentati da una presenza sempre più frequente delle destre al governo, che trovano su questi temi alleanze con le forze cattoliche ultraconservatrici e una parte del femminismo radicale nella sua corrente TERF (Trans Exclusionary Radical Feminism): tutto questo si riversa su un piano mediatico di disinformazione e divulgazione transfobica.

Il”terfismo”, che si propone come ideologia femminista contrapposta a transfemminismo e teorie queer, è essenzialmente una negazione del genere in quanto realtà separata dal sesso: per le terf, il binarismo è insito nella biologia, i ruoli di genere sono una realtà che emana dai cromosomi con cui nasciamo, e chiunque cerchi di porsi oltre e contro questo rigido schema essenzialistico viene accusatx di essere un pericolo sociale, particolarmente nei confronti di donne e bambinx. Non è difficile capire quale terreno comune le TERF trovino con la destra reazionaria patriarcale.

In queste ultime settimane stiamo assistendo a un susseguirsi di atti depositati alla Camera che attaccano il modello affermativo di genere italiano (che già viene applicato a discrezione), non soltanto da parte di partiti come Fratelli d’Italia o Forza Italia, ma anche da parte di Europa Verdi e dal Partito Democratico.
Il rischio concreto è che si retroceda ulteriormente su alcuni diritti minimi già acquisiti con un ritorno alla violenza coercitiva sulle persone trans* (sterilizzazione forzata, impossibilità di procurarsi i farmaci salvavita, difficoltà estreme di accesso al diritto alla salute e riproduttiva).

A fronte di questa situazuione allarmante, i movimenti LGBTQIA+ e femministi stanno cercando urgentemente di contrastare gli attacchi e le strumentalizzazioni.

Chiediamo a tuttx di unirsi a noi nella lotta, per fronteggiare e opporsi a questo clima di odio e mistificazione e per ribadire la necessità di disporre liberamente dei nostri corpi, oggi come domani!

RACCOLTA TESTI PERSONE RINCHIUSE IN STRUTTURE PSICHIATRICHE

Diffondiamo da Assemblea Rete Antipsichiatrica

Su invito di una persona che si trova in una condizione di reclusione psichiatrica mettiamo a disposizione i nostri indirizzi email con l’intento di raccogliere testimonianze, racconti, scritti e narrazioni di coloro che si ritrovano in strutture psichiatriche come SPDC (Servizi Psichiatrici Diagnosi e Cura), REMS (Residenze per l’Esecuzione della Misura di Sicurezza) o Strutture Residenziali Psichiatriche chiuse.

Gli obiettivi principali sono innanzitutto dare voce a chi non ne ha, riuscendo possibilmente a mettersi/li in relazione ed inoltre rendere pubbliche tali testimonianze (con il consenso della persona e rispettandone l’anonimato) attraverso un’eventuale pubblicazione quanto più possibile periodica.

Rete Assemblea Antipsichiatrica

Per info o invio testimonianze:
assembleaantipsichiatrica@inventati.org

antipsichiatriapisa@inventati.org

TORINO: AGGIORNAMENTO DAL CILE + PRESENTAZIONE “TINTA DEL FUGA”, RIVISTA ANTICARCERARIA

Diffondiamo:

GIOVEDI’ 16 MAGGIO dalle ore 18 all’Ex Lavatoio Occupato

AGGIORNAMENTO DAL CILE – PRESENTAZIONE DEL PROGETTO EDITORIALE “TINTA DE FUGA”

A fronte della continua repressione, a differenti latitudini, di ogni forma di lotta e di dissenso, vediamo come non c’è esitazione, da parte degli Stati, nell’infliggere condanne elevatissime a compagni e compagne che portano avanti lo scontro tramite l’attacco diretto ai responsabili primi del dominio.

Se in Italia viene definitivamente chiuso, con la Cassazione dello scorso 24 aprile, il processo Scripta Manent che vede comminata ad Alfredo Cospito, rinchiuso in 41 bis, una condanna di 23 anni e ad Anna Beniamino di 17 anni e 9 mesi; in Cile pochi mesi fa’ si è concluso il
processo di 1° grado nei confronti di Francisco Solar e Monica Caballero, con le rispettive pene a 86 anni e 12 anni. Sempre in Cile continua la lotta in sostegno a Marcelo Villaroel, rinchiuso da anni e anni per via di quelle che erano le leggi esistenti durante dittatura e
il corrispettivo tribunale speciale militare.

Di tutto questo ne parleremo con un compagno di Santiago del Cile.

CORTEO A TORINO – 2 GIUGNO 2024

CORTEO A TORINO – 2 GIUGNO 2024

ALLA REPRESSIONE SI RISPONDE CON LA LOTTA

Contro la militarizzazione che da decenni procede a piè sospinto nelle
strade, nelle scuole, nelle università e lungo le frontiere.

Contro la mobilitazione feroce della società tutta verso la guerra.

Contro l’intensificarsi della repressione, dove il 41bis e l’ergastolo
ostativo sono l’apice che dà forma al sistema carcerario e alla società
che lo necessita.

Per la creazione di complicità tra chi viene colpito dalla violenza di
Stato e Capitale.

In risposta al fronte di guerra aperto dallo Stato contro nemici interni
e dissidenti, di cui l’ultima operazione torinese “City” (misure
cautelari a riguardo al corteo del marzo 2023 in solidarietà ad Alfredo
Cospito) è l’ennesimo esempio.

Per rivendicare la presenza auto-organizzata in strada, sempre più
criminalizzata, e ribadire che la risposta alla repressione è continuare
la lotta!

TORINO: LA REPRESSIONE NON FERMERÀ LE NOSTRE LOTTE [ASSEMBLEA PUBBLICA]

La repressione non fermerà le lotte.

Alla repressione rispondiamo con la lotta.

All’alba del 22 aprile 2024, la Digos di Torino eseguiva 19 misure cautelari nei confronti di altrettante/i compagni/e accusati/e, insieme a molti/e altri/e, a vario titolo, di devastazione e saccheggio, violenza e minaccia a pubblico ufficiale, resistenza e istigazione a delinquere. Il tutto con numerose aggravanti e incorniciato dall’ormai noto strumento repressivo del concorso.

I fatti imputati risalgono al corteo che si è svolto a Torino il 4 marzo 2023 contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo in solidarietà ad Alfredo Cospito in sciopero della fame. Quel momento di piazza era la risposta alla decisione della Corte di Cassazione di confermare la detenzione in 41bis di Alfredo, già in sciopero della fame da più di 4 mesi, e si inseriva all’interno di una mobilitazione internazionale in cui si sono susseguite innumerevoli iniziative e azioni, contro due dei pilastri più coercitivi del sistema giuridico/carcerario italiano volti ad annientare e torturare l’individuo.
Questa inchiesta non è stato un caso isolato,in tante città d’Italia le procure non hanno tardato ad attaccare la solidarietà creatasi in quei mesi.

A fronte di questo ennesimo tentativo di rendere le lotte di piazza sempre più residuali, reprimere e isolare la solidarietà, è fondamentale incontrarci per discutere in una pubblica assemblea come procedere nel contesto attuale.

Del resto, lo Stato ha la necessità intrinseca – sempre più stringente in questi tempi di guerra – di eliminare ogni “moto” contrario all’ordine costituito ed al pensiero unico, di eliminare ogni pratica che ci dia gli strumenti per difenderci e per non farci arretrare.

La nostra volontà è quella di rilanciare una risposta collettiva all’ennesimo tentativo di reprimere i momenti di piazza e la conflittualità. Proprio oggi – mentre Israele porta avanti un genocidio trasmesso in mondovisione, mentre l’economia mondiale punta sempre di più sull’industria bellica, mentre la presenza dei militari nei territori è sempre più pervasiva – stare in strada risulta urgente e necessario.

Di fronte all’attacco diretto ad ogni forma di conflittualità nel contesto di guerra permanente; di fronte al tentativo dello Stato di criminalizzare le pratiche di piazza; al fianco delle indagate e agli indagati per il corteo del 4 marzo 2023, in solidarietà con Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il 41 bis ed ergastolo ostativo.

Assemblea pubblica, atrio di Palazzo Nuovo, Torino. Ore 18:00

UDINE: NO ALLA SMART CITY E AL CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA

Riceviamo e diffondiamo:

DA VENEZIA A UDINE, NO CONTROL ROOM. No alla smart city e al capitalismo della sorveglianza!

Martedì 30 aprile ore 20:30, Spazio autogestito via De Rubeis 43, Udine.

Da marzo 2024, anche Udine, come Venezia, Trento, Bolzano, Milano e altre città entra in una progettualità di smart city. Un videowall di ultima generazione, una parete di 20 metri quadri composta da 12 monitor che trasmette le immagini in costante aggiornamento che provengono dalle telecamere di sorveglianza, che per mezzo di un software integrato da algoritmi di intelligenza artificiale, incrocerà dati come ad esempio il luogo, l’orario, il colore degli indumenti, i dettagli dei veicoli, dalle immagini raccolte in diversi contesti dalle telecamere. Tutto ciò nella Control Room del Comando di Polizia Locale di via Girardini a Udine.
Questa sala operativa permette di incrociare i dati ottenuti tramite le 190 videocamere di sorveglianza poste sul territorio udinese, con un totale di 496 obiettivi montati sulle telecamere stesse, cui andranno ad aggiungersi altre 86 ottiche montate su 26 nuovi apparecchi di videosorveglianza, che vanno sommati ai 18 dispositivi per il riconoscimento delle targhe delle vetture, dislocati nei principali nodi di traffico della città.
Nella realizzazione di queste politiche ultra tecnologiche di sorveglianza di massa, l’ente locale non è solo, si avvale infatti della collaborazione dell’Università di Udine – Dipartimento di Scienze matematiche, informatiche e fisiche che sta lavorando a Progetti di videosorveglianza predittiva con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in partenariato con MD Systems, ditta leader nei sistemi di sicurezza e sorveglianza.
Inoltre il Comune di Udine ha appena varato un Protocollo di sicurezza partecipata che prevede un sistema gerarchizzato di delazione di quartiere, in diretto contatto con le forze dell’ordine, atto a distruggere ogni possibile forma di solidarietà spontanea tra vicini di casa (e di classe sociale) per affrontare i problemi di vita di ognuno e a potenziare la criminalizzazione della povertà e della diversità dai canoni dominanti della società. La Regione FVG ha poi votato un nuovo regolamento che permette l’acquisto di droni, videocamere e fototrappole per contrastare l’immigrazione clandestina e il pericolo terrorismo e blindare ulteriormente il confine italo-sloveno, ora che il trattato di Schengen è sospeso. Questi dispositivi potranno essere acquistati anche dalle forze dell’ordine non di frontiera e impiegati nelle città e nei territori.
La smart city è un luogo che integra i sistemi fisici, digitali e umani nelle reti e nei servizi tradizionali (ad esempio nei sistemi pubblici di mobilità).
La prima ricaduta negativa sulla popolazione di questo modello urbano riguarda la privacy e la sorveglianza. Nell’ambiente della smart city, il sistema Internet delle cose – tra cui sensori, telecamere e Wi-Fi – modifica in modo radicale la consapevolezza situazionale e interferisce con la quotidianità delle persone attraverso il controllo totale e la polizia predittiva. Negli attuali scenari urbani la tecnologia non è una cosa a sé, ma è un soggetto che regola l’ambiente in cui si vive e che viene presentato come lo strumento necessario per la sicurezza, intesa come priorità in uno stato di emergenza permanente. Oggi la necessità di “difesa”, viene perseguita attraverso dispositivi di separazione e canalizzazione: le persone, diventate utenti della città, possono essere filtrate in funzione della legittimità riconosciuta alla loro presenza nel dato luogo da securizzare. La NATO richiede il proprio coinvolgimento nelle aree urbane in quanto “le città stanno diventando sempre più i bersagli principali di attacchi militari, politici e terroristici e sono ambienti di violenza e conflitto”. Molti investimenti nel settore della digitalizzazione delle città italiane arrivano dal PNNR, che prevede lo stanziamento di diversi miliardi di euro per la digitalizzazione e la trasformazione di territori vulnerabili in smart city, attraverso il recupero del ruolo dei Comuni e la promozione dei partenariati pubblico- privati. La cooperazione su cui si basano le smart city, vede infatti come soggetti gli enti territoriali regionali e locali, le istituzioni culturali e accademiche, le grandi aziende, i cittadini e i “city users”, cioè coloro che si recano in città per usufruire di un servizio.
In questo scenario una città che si contraddistingue è Venezia, che ha inaugurato una Smart Control Room nel settembre 2020, una vera e propria torre di controllo che ha sede nella sede della polizia municipale al Tronchetto, realizzata e gestita in collaborazione tra Comune, Venis S.p.A., Polizia locale e TIM. La data di nascita della Smart Control Room veneziana non è casuale, il 2020 infatti è l’anno in cui la gestione dell’emergenza Covid -19 criminalizza l’idea di folla e dà inizio ad un disciplinamento di massa attraverso dispositivi di controllo e identificazione che permettono spostamenti e accessi solo alle persone in possesso del Green Pass. Non troppo dissimile è il funzionamento del nuovo contributo d’accesso necessario per visitare Venezia, previsto per aprile 2024.

BOLOGNA: FINCHÉ TUTTX NON SARANNO LIBERX

Diffondiamo:

Oggi abbiamo deciso di partecipare al corteo per il 25 aprile, al fianco del popolo palestinese, con uno spezzone antimilitarista anarchico, contro guerra e repressione.

In un contesto di guerra e riarmo esplicito si esaspera la repressione dei nemici interni, sempre più persone sono private della libertà. Nei quartieri vediamo aumentare ogni giorno la militarizzazione, il razzismo e la guerra contro i poveri, con l’ausilio delle violenze quotidiane delle forze dell’ordine, mentre nelle carceri le condizioni di detenzione diventano sempre più dure.

In un momento in cui lo stato affila i suoi dispositivi repressivi e il carcere si sovrappone sempre più al manicomio, ribadiamo che la città per cui lottiamo non ha quartieri con le sbarre!

Abbiamo deciso di scendere in strada per esprimere la nostra solidarietà e complicità ai compagni Alfredo Cospito e Anna Beniamino, per i quali ieri la cassazione ha confermato le condanne rispettivamente a 23 anni e a 17 anni e 9 mesi.

Contro la tortura del 41 bis, contro le violenze di stato, contro il nuovo piano carceri, al fianco di chi lotta.

Libertà per tutte e tutti!

Appuntamento al carcere della Dozza sabato 27 aprile alle 15:00 davanti alla sezione femminile lato via Ferrarese  (benzinaio).

BOLOGNA: PRESIDIO AL CARCERE DELLA DOZZA

Riceviamo e diffondiamo:

SABATO 27 APRILE alle 15.00 ci vediamo davanti alla sezione femminile del carcere della Dozza. Appuntamento al benzinaio Eni di Via Ferrarese, dietro al carcere.

Contro le violenze di stato, contro il nuovo piano carceri, libertà per tutte e tutti!

– A gennaio al carcere della Dozza un detenuto ha tentato il suicidio.

– Nei primi mesi dell’anno due detenuti a distanza di poche settimane hanno dato fuoco alla loro cella.

– A marzo nella sezione femminile due detenute si sono tolte la vita mentre una terza è rimasta gravemente ferita.

– Di recente un detenuto si è rivoltato ai suoi aguzzini con il supporto di un estintore.

Questi sono solo alcuni degli episodi riportati dalla stampa locale, chissà invece quante sono le storie e le proteste che non riescono a oltrepassare quelle mura.
Mentre nei quartieri vediamo aumentare ogni giorno la guerra contro i poveri, il razzismo e la repressione, con l’ausilio delle violenze quotidiane delle forze dell’ordine per le strade, nelle carceri le condizioni di detenzione diventano sempre più dure, in celle sempre più sovraffollate, dove d’estate si soffoca e di inverno si gela, senza acqua calda, tra cibo scadente e i soprusi costanti delle guardie.
Con il piano carceri gli stessi governanti che hanno riempito le galere fino a farle scoppiare intendono continuare ad investire nella costruzione di nuovi centri detentivi e padiglioni.
In un momento in cui il carcere si sovrappone sempre più al manicomio, e sempre più persone sono private della libertà, torniamo sotto al carcere della Dozza per ribadire che la città per cui lottiamo non ha carceri né quartieri con le sbarre! Portiamo la nostra solidarietà ai detenutx, facciamogli sentire che non sono solx!

Compagnx solidalx⁩

BOLOGNA: CHI VIVE DI GUERRA NON VA LASCIATO IN PACE

Diffondiamo

VERSO IL CORTEO “DISARMIAMO LA FIOCCHI MUNIZIONI” DEL 18 MAGGIO A LECCO

Un’azienda che fattura 100 milioni di euro in armi esportate in tutto il mondo e che dal 2021 ha visto incrementare i suoi utili del 70% è una chiara immagine della direzione presa da questo mondo. Un’immagine che si lega a stretto filo con il genocidio del popolo palestinese, con i nuovi armamenti e le nuovi classi di leva mobilitate sul fronte russo-ucraino, con un’operazione militare che si prepara nel Mar Rosso a difesa del libero mercato. Saremo in piazza per discutere e presentare un momento di contrasto all’economia di guerra e alla corsa agli armamenti, con chi lo sta organizzando. Lo faremo alla vigilia dell’udienza che deciderà quanti anni Anna e Alfredo, compagni anarchici accusati di un ordigno di fronte a una scuola allievi carabinieri (che, ricordiamocelo, sono dei militari), dovranno passare in carcere, perché opporsi alla guerra esterna e opporsi alla guerra interna vadano di pari passo.

Martedì 23 aprile ore 17

Piazza Verdi Bologna