ROMA: FUORI ALFREDO DAL 41BIS – ASSEMBLEA NAZIONALE

Diffondiamo:

Sono più di tre anni che il nostro compagno Alfredo Cospito è rinchiuso in quella “tomba per vivi” che è il 41bis. Nel frattempo gran parte dei pretesti repressivi utilizzati per applicarglielo sono venuti meno, visto l’esito di alcuni procedimenti giudiziari che vedevano imputati lui e altri anarchici. Entro maggio del prossimo anno è previsto da parte del ministero il rinnovo di questo regime per altri due anni. A seconda della decisione la difesa potrà fare ricorso, una procedura che potrebbe richiedere mesi prima della fissazione di una udienza. È proprio in vista di tale scadenza che tra varie individualità e collettivi anarchici, nonostante le differenze, abbiamo sentito l’esigenza di ritrovarci per discutere e ragionare assieme su come arrivare a quella data.
Dal momento del suo trasferimento nella sezione 41bis del carcere di Bancali è nata una mobilitazione che è andata man mano crescendo, raggiungendo il suo apice ben dopo l’inizio dello sciopero della fame avviato da Alfredo nell’ottobre del 2022. Vari sono i processi imbastiti oggi dallo Stato contro i compagni e le compagne che hanno partecipato in vari modi a quella mobilitazione che pur con i suoi limiti è ugualmente riuscita a ridare credibilità e visibilità alle idee e alle pratiche anarchiche.

Ma ad oggi il compagno è ancora lì rinchiuso e continuiamo a sentire la responsabilità di non lasciarlo solo in questa lotta. Per questo invitiamo le individualità e i gruppi anarchici a due giorni di dibattito e confronto.

L’incontro si terrà a Roma presso il CSA La Torre, in via Bertero 13, a partire dalle ore 15 di sabato 11 Ottobre, con possibilità di proseguire l’assemblea nella mattinata del giorno seguente.
Per arrivare con i mezzi pubblici prendere o la linea 341 da Ponte Mammolo (metro B) o la 311 da Rebibbia (metro B) e scendere all’ultima fermata di via E. Galbani.

ASSEMBLEA NO 41 BIS
ASSEMBLEA NO 41 BIS testo

MESSINA: CORTEO NO PONTE [12 LUGLIO]

Diffondiamo

12 LUGLIO CORTEO NO PONTE A CONTESSE (Messina)
DIFENDIAMO IL NOSTRO TERRITORIO

Dopo Torre Faro/Ganzirri, l’area di Villaggio UNRRA/Contesse è quella con la cantierizzazione del ponte sullo Stretto più invasiva. Gli abitanti di quei quartieri ne hanno avuto già un triste assaggio a causa dell’utilizzo di un’area prossima alla linea ferrata come sito di stoccaggio dei materiali di scavo provenienti dai cantieri del raddoppio ferroviario Giampilieri-Fiumefreddo, che prevede un percorso prevalentemente in galleria.

Con le terre è arrivato l’arsenico e il sequestro dell’area, successivamente le rassicurazioni e l’invasione dei camion. Ma è solo, appunto, l’anticipo di quanto quella porzione di territorio subirebbe se, malauguratamente, dovessero avere inizio i cantieri del ponte.

Tutto questo sotto lo sguardo compiacente dell’amministrazione e del Consiglio Comunale. Qualche timida protesta all’inizio, certo, ma poi basta. Il Sindaco, la Giunta e il Consiglio Comunale (salvo alcune voci critiche) si stanno assumendo la gravissima responsabilità di cedere il nostro territorio agli innumerevoli cantieri del ponte in cambio di pochi spiccioli per le opere compensative.

In cambio del misero 2% dell’investimento complessivo in opere a loro volta spesso impattanti, viene accettata l’invasione della città (così l’ha definita fino ad un certo punto il Sindaco), la deturpazione irreversibile del panorama dello Stretto, il blocco della circolazione urbana, polveri e rumori senza sosta, la sottrazione di acqua in un territorio in piena crisi idrica.

Si disegna un quadro di invivibilità che perdurerebbe per decenni rendendo la nostra città un luogo da cui scappare, più di quanto non si faccia già adesso a causa di elite politiche locali incapaci e predatrici.

Amministratori e consiglieri risponderanno, per la loro parte, dei disastri causati da cantieri infiniti che vengono spacciati come progresso e modernità, ma che favoriscono solo grandi società di costruzione e piccole lobby locali.
Chiamiamo tutte/i a partecipare al corteo No ponte che si svolgerà giorno 12 luglio, con concentramento alle ore 18.00  in via Calispera (slargo antistante Scuola Salvo d’Acquisto), e che sfilerà per le strade di Villaggio UNRRA e Contesse.

Assemblea No ponte

POLIZZI GENEROSA: MUSICA, INCHIOSTRI, VOCI CONTRO OGNI CARCERE E LA SOCIETÀ CHE NE HA BISOGNO

Diffondiamo

Il 26 luglio a Alavò – Laboratorio per l’autogestione
Polizzi Generosa (PA)

“Ha senso oggi, con un piede dentro la terza guerra mondiale, una iniziativa specifica contro il carcere? C’è ancora tempo per tenere insieme l’attenzione alle condizioni di chi è rinchiuso/a con il pensiero agli occhi affamati dei bambini di Gaza?

Pensiamo di sì, vogliamo credere così, per diverse e importanti ragioni. Perché lo sciopero della fame di Alfredo Cospito, Paolo Todde e di molte/i altre/i, sono gesti individuali che richiamano la resistenza di un intero popolo posto al 41 bis dallo stato sionista. Perché rompere l’aura di sacralità dell’Antimafia in Sicilia, parlando di DNAA, è un colpo al più potente apparato ideologico/morale e militare di spoliazione, controllo e repressione della “nostra” storia nazionale. Perché non disperdere la memoria delle lotte di oggi e di chi ci ha preceduto è parte della nostra liberazione. Perché rimpinguare le casse anti-repressione significa continuare a tessere solidarietà rivoluzionaria.”


PROGRAMMA

Dalla mattina
Tatto circus – tatuaggi flash a prezzo popolare

Dalle 15.30
Discussione a partire dall’opuscolo “Ruolo e strategie repressive della DNAA” (Cassa La Lima, Roma) con alcun* dei curatori

Dalle 18
concerti e hip-hop live

TRENTO: GABBIE NELLE GABBIE

Riceviamo e diffondiamo

5 luglio
Parco delle Coste (Trento)

ore 10
Lettura collettiva: “La Palestina è una questione femminista”

ore 13.12
Pranzo sociale veg: porta piatti, posate e cibo veg da condividere!

ore 15
Presentazione del libro “Carte, forbici, sassi – sfida da e contro le prigioni e il patriarcato” + chiacchierata FLINTA (separata)

ore 19
Aperitiva + Dj Kandeesha

– Il parco è raggiungibile con il 9 (San Vito) e con il 10 (Zeli Marnighe)
– Porta tavoli e sedie da campeggio!

per info: assembleass@tutamail@tutamail.com

TORINO: APPUNTAMENTI DI LOTTA PER L’INIZIO DEL PROCESSO PER L’OPERAZIONE CITY

Diffondiamo

Il 4 Marzo 2023 un corteo in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito – intrapreso il 17 Ottobre 2022 contro 41 bis ed ergastolo ostativo – ha attraversato alcune vie della città di Torino.
Un corteo per rispondere alla decisione della corte di Cassazione, che non esitava a condannare a morte il prigioniero anarchico, dando parere negativo alla revoca del regime speciale di detenzione.
Un corteo con cui rompere il silenzio di fronte alla repressione, le sue pene esemplari ed i suoi strumenti di tortura.
Un corteo autodifeso a tutela di chi decideva di attraversarlo con rabbia, determinazione o anche solo per la necessità di esserci.

Devastazione e saccheggio è il reato che oggi la Procura tenta di utilizzare, tra gli altri, per portare sul banco degli imputati alcunx compagne e compagni che quel corteo lo hanno vissuto insieme a tantx altrx.
Il 3 Luglio 2025, a più di 2 anni da quel momento di strada, il Tribunale di Torino celebra la prima udienza di dibattimento del processo per la cosiddetta “operazione City”, guidata dall’ex direttore della Digos Carlo Ambra e firmata dal PM Paolo Scafi.
Eredità del codice penale fascista Rocco, questo reato è sempre più utilizzato per colpire, non solo momenti di piazza, ma anche e soprattutto lotte e rivolte all’interno dei centri di detenzione penali e amministrativi. Infatti, l’8 Luglio – pochi giorni dopo l’udienza del processo “City” – lo stesso Tribunale pronuncerà la sentenza per le rivolte avvenute nell’IPM Ferrante Aporti la notte fra l’1 e il 2 Agosto 2024. L’inchiesta per quella giornata di rivalsa dei giovani reclusi del minorile di Torino, diretta dal PM Davide Fratta, vede imputate 11 persone sempre per il reato di devastazione e saccheggio.
Quelle rivolte, però, che hanno dato non poco filo da torcere all’amministrazione penitenziaria e reso inagibile buona parte della struttura detentiva, non possono essere considerate un caso isolato, ma devono essere ricordate come parte di una stagione di resistenze, proteste e rivolte che ha infiammato decine e decine di carceri in tutta Italia e che continuano ad infiammare i centri di detenzione amministrativa.

È ormai più che evidente come i tentativi di procure, legislatori, giudici e guardie ambiscano a radere al suolo ogni forma di conflittualità, utilizzando strumenti ereditati dal passato – come le pene da 8 a 15 anni previste per devastazione e saccheggio – o creandone di nuovi – come nel caso dei decreti e dei pacchetti sicurezza di Minniti, Salvini e dell’attuale governo.
Un’ambizione, quella di pacificare attraverso la paura della repressione e la costruzione di nemici interni, più forte man mano che l’escalation bellica coinvolge sempre più da vicino il nostro paese: un paese complice del genocidio in Palestina e promotore delle politiche di riarmo europee.

Di fronte a questi attacchi e a politiche repressive sempre più aggressive, sentiamo di voler tenere stretti gli strumenti di lotta e solidarietà a nostra disposizione coltivandoli e rilanciandoli, per non rimanere indietro o lasciarci qualcunx.

Per questo
Giovedì 3 LUGLIO dalle 9:30
PRESIDIO davanti al TRIBUNALE di Torino
al fianco delle e degli imputatx

Venerdì 4 LUGLIO ore 17
PRESIDIO sotto le mura
dell’IPM Ferrante Aporti

PERUGIA: C’HO LE TURBE – DUE GIORNATE SULL’ANTIPSICHIATRIA

Diffondiamo:

28-29 giugno
Csoa Turba (Perugia)
C’HO LE TURBE – DUE GIORNATE SULL’ANTIPSICHIATRIA

28 giugno
dalle 17: dibattito sull’antipsichiatria con il collettivo Antonin Artoud – da Basaglia a Stella Maris
a seguire cena sociale e concerto punk/metal fori de capoccia

29 giugno
h 18: visione collettiva del documentario “Dentro le proprie mura” di Carlo Corinaldesi
a seguire dibattito


Sarà che il caldo ci dà già i nervi.

Sarà che il governo sta portando avanti il ddl Zaffini, come si trascina una sedia sul pavimento spoglio di una celletta squallida: per logorare, per fare male.

Nel testo, oltre al raddoppio dei termini per i TSO (da 7 a 15 giorni), si introduce il ricorso a «trattamenti coattivi fisici, farmacologici e ambientali» che, come se non fossero già la norma, ora riposeranno su un’ulteriore codifica legale. L’istituzione getta la maschera: con buona pace di Basaglia, che il crimine di pace diventi legge. Il ddl Zaffini è la prova, se mai ce ne fosse bisogno, che seppur chiusi i manicomi, la matrice manicomiale è sopravvissuta. Ha continuato a vivere e prosperare, nelle forme di contenzione meccaniche, chimiche e ambientali, negli elettroshock, nella stigmatizzazione, nella segregazione. Non ha mai smesso di produrre sofferenza, al riparo della facciata di cura e custodia – senza nemmeno sforzarsi troppo nel mantenerla. Lo dimostra il caso Stella Maris, di cui parleremo diffusamente con lx compagnx del collettivo antipsichiatrico Antonin Artaud, che stanno seguendo il processo per i maltrattamenti e le sevizie che nella struttura di Montalto di Fauglia erano pane quotidiano.

Sarà che a due passi da dove abitiamo è stata dichiarata la Zona di Vigilanza Rafforzata, aka Zona Rossa, dalla quale l’allontanamento è arbitrio di polizia. Da un lato l’internamento, dall’altro la zona rossa. In una non puoi entrare, dall’altro non puoi uscire. Espulsione e contenzione: due movimenti speculari, ma armonici, dello stesso tempo repressivo.

Sarà che il muro è sempre da entrambi i lati. Uno dà l’illusione di essere aperto, per l’altro non è necessario.

Sarà quel che sarà, sta di fatto che c’abbiamo le turbe. Due giornate di antipsichiatria.


SALUTO ALLX DETENUTX DEL CPR DI BRINDISI-RESTINICO

Riceviamo e diffondiamo

SABATO 28 GIUGNO ORE 18 SALUTO ALLX DETENUTX DEL CPR DI BRINDISI-RESTINCO.

PER ABEL E TUTTE LE PERSONE UCCISE DALLO STATO.

Le istituzioni e i media sembrano aver dimenticato l’omicidio di Abel, anche alcunx professionistx che sembrava volessero fare uscire la merda che c’è nascosta ora sembrano tacere.
Noi non abbiamo dimenticato Abel, così come i suoi amicx, o anche le persone che l’hanno visto morire in cella nel Cpr di Brindisi Restinco.
Brucia ancora dentro, noi sappiamo sempre con più certezza chi e cosa ha ucciso Abel, così come sappiamo delle torture e degli abusi che ogni giorno ci sono in questo e in tutti i Cpr.
In attesa della vendetta, sabato 28 Giugno alle 18 torniamo davanti al Cpr di Brindisi Restinco per urlare che Abel non verrà dimenticato e per unirci alla rabbia dei reclusi!!🏴🐈‍⬛🔥

ABEL VIVE!!
VENDETTA PER ABEL!
VENDETTA PER TUTTX GLI OMICIDI DI STATO!
FUOCO AI CPR!
FREEDOM HURRIYA LIBERTÀ!

FORLÌ: RESISTENZA VERDE. APERITIVO E DISCUSSIONE SULLA LOTTA DEI SARAYAKU

Riceviamo e diffondiamo:

FORLÌ, GIOVEDI’ 19 GIUGNO 2025
al parchetto del centro commerciale “Portici” (zona stazione FC) – Forlì
(in caso di pioggia si farà al circolo ARCI ASYOLI c.so Garibaldi 280 – Forlì)

– ORE 19:30 – APERITIVO VEGAN
– ORE 20:30 – Chiacchierata con Federica Falancia partendo dai suoi libri “I GUARDIANI DELLA FORESTA” e “LA FORZA INVISIBILE” (in prossima uscita).
Dalla lotta dei Kichwa Sarayaku della foresta amazzonica ecuadoriana contro le estrazioni petrolifere ai “diritti della Natura”.

Tutto ha inizio alla fine degli anni ‘90, quando lo Stato dell’Ecuador concede ad una multinazionale argentina il permesso di estrarre petrolio dal territorio dei Sarayaku e la  comunità, composta di sole 1400 persone compresi i bambini si oppone al gigante « Stato » e ai suoi militari. Il libro mette in discussione le certezze della tradizione giuridica occidentale. I sarayaku ci insegnano ad andare oltre il diritto conosciuto e a metterci in ascolto della grande Selva Vivente che li ospita.

Troverai anche un banchetto di materiale informativo.

– SOLIDARIETA’ AX 3 COMPAGNX DENUNCIATX PER IL BEL PRESIDIO/CORTEO DELL’8 FEBBRAIO 2025 IN PIAZZA SAFFI CONTRO IL DDL 1660
___________
Collettivo Samara.
X info:  samara@inventati.org

Iniziativa in collaborazione con Equal Rights Forlì

CATANIA: TAZ NO BORDER

Diffondiamo

Domenica 22 giugno ore 16
Piazza Carlo Alberto

Torniamo in piazza, lo facciamo per rilnciare il presidio che si terrà fuori dall mura del CPR di Trapani-Milo il 28 Giugno

Questa sarà occasione per stringerci alle persone recluse nei centri per rimpatrio, iniziando una raccolta beni e fondi che da questa occasione e nei prossimi mesi sarà fondamentale per ridurre le distanze che questo stato razzista cerca di imporci.

(Nelle slide i beni che possono entrare dentro un CPR – servono vestiti leggeri freschi per l’estate e cibi confezionati – raccogliamo questi e anche maledetti euri per la cassa No Border)

Lo faremo in una giornata di sport popolare, con compagnx della San Berillo ASD, una realtà che pratica lo sport in maniera orizzontale e trasversale

Musica e bella vita – porta quello che vuoi trovare e che hai piacere di condividere

Ci sarà spazio anche per banchetti di autoproduzione, porta il tuo sbanchetto in maniera autogestita

Ci vediamo in Piazza Carlo Alberto alle h.16.00

MESSINA: COSA SONO I CPR? – DISCUSSIONE COLLETTIVA SU LIBERTÀ DI MOVIMENTO E RECLUSIONE

Diffondiamo

Cosa Sono i CPR? Centri Permanenza Rimpatrio, frontiere, territori, corpi.

Parliamone in vista del presidio al CPR di Trapani-Milo  del 28 giugno

Sabato 28 giugno sarà una giornata densa, in Sicilia: a Messina ci sarà un corteo in solidarietà alla causa palestinese (di cui seguiranno presto maggiori informazioni), mentre a Trapani ci sarà un presidio sotto le mura del Centro di Permanenza e Rimpatrio.

Una rete solidale che da tempo si muove in aiuto e solidarietà alle persone migranti, tornerà ad esprimere la propria vicinanza, nel tentativo di rompere l’isolamento che subiscono per il solo motivo di aver avuto il desiderio di muoversi da dove sono nate senza avere il pezzo di carta giusto.

Il sistema politico-economico che vuole decidere del mondo è sempre più stringente sui corpi delle persone. Si intesifica la violenza contro chi vive in Palestina e chi gli è solidale; negli USA si intensificano le deportazioni dei migranti; in Italia la stretta repressiva è stata coronata dal dl sicurezza, che criminalizza anche la resistenza passiva, fuori e dentro carceri e cpr; ed, in ultimo, l’approvazione in Senato del decreto sicurezza a firma Piantedosi-Nordio, un decreto liberticida che amplia la possibilità di carcerazione, creando altresì un collegamento diretto tra detenzione penale e quella nei cpr. Si saldano sempre più tra loro il compartimento carcerario, quello delle deportazioni di persone migranti e le industrie. Inoltre, un’Europa complice che rivede il sistema comune d’asilo, legittimando di fatto la possibilità di detenere persone migranti in appositi centri costruiti extraterritorialmente. Ma d’altronde trattasi di un’attitudine ben consolidata; dai campi inglesi in Ruanda, passando per i memorandum e vari rapporti d’intesa in materia di migrazione tra paesi europei (particolarmente quelli cosi detti di frontiera) e paesi attraversati e/o origine di flussi migratori. Insomma il messaggio è chiaro, in tempo di guerra non si gradiscono stranieri all’interno dei confini, motivo per cui, a livello globale, vi è una vera e propria caccia alle streghe nei confronti delle migranti e dei migranti, che vedono i propri corpi marginalizzati, criminalizzati, detenuti e, nel caso in cui si resti in vita tra le braccia dello Stato, deportati. La chiamano detenzione amministrativa, quella determinata dall’assenza di documenti, quella che permette che una persona venga detenuta in dei veri e propri lager, nel caso dell’italia i Centri di Permanenza per il Rimpatrio, dei veri e propri non luoghi dove la persona è ridotta a nulla, una vita condita di psicofarmaci, abusi ed urla di aiuto inascoltate. Detenzione amministrativa la chiamano, la stessa che lo Stato d’Israele esercita contro quelli che definisce “terroristi”, gente di Palestina, invasa, torturata e poi brutalmente uccisa.

La legge Turco-Napolitano, del 1998, è la norma che ha istituito i Centri di Permanenza Temporanea (CPT), centri destinati al trattenimento della persona migrante soggetto di provvedimento di espulsione o allontanamento con accompagnamento coatto alla frontiera che non è eseguibile immediatamente. Così con Decreto Legislativo 25 Luglio 1998, n.286 (“testo unico sull’immigrazione”) viene concepita la possibilità di detenzione amministrativa non relativa alla commissione di fatti di rilevanza penale. Appena dopo quattro anni, nel 2002, si valutò che le disposizioni previste dal decreto legislativo 1998/286 non offrivano valide soluzioni alla questione dell’immigrazione clandestina ed alla criminalità ad esse collegata, così si giunse alla così detta legge Bossi-Fini, la n.189 del 30 Luglio 2002. Le modifiche sono sostanziali e riguardano i diversi aspetti della gestione e prevenzione dell’immigrazione clandestina. Va segnalato che poco tempo prima dell’emanazione della legge Bossi-Fini entra in funzione il sistema EURODAC, sostanzialmente un sistema per la raccolta di informazioni circa il migrante in sede di frontiera, questo risulta utile al fine di stabilire il paese di primo ingresso che vedremo essere il criterio fondamentale per determinare lo Stato competente dell’analisi della domanda d’asilo. Ancora una volta viene prevista la possibilità di trattenere il cittadino straniero nei CPT per un periodo di sessanta giorni, saldando però il trattenimento amministrativo al mondo penitenziario. Viene infatti introdotta la responsabilità penale per lo straniero che non rispetta l’ordine di allontanamento ricevuto. L’articolo 12 della legge Bossi-Fini, in sostituzione dell’articolo 13 della precedente legge “testo unico”, al comma 13 stabilisce che il cittadino straniero soggetto di decreto di allontanamento o espulsione non possa rientrare nei confini dello Stato senza uno specifico permesso del Ministero dell’Interno, pena la reclusione da sei mesi ad un anno, che aumentano da uno a quattro anni nel caso in cui il decreto di espulsione sia stato emesso da un giudice. Con la Legge Bossi-Fini, i CPT vengono trasformati in CIE (Centri Identificazione ed Espulsione), mettendo quindi l’accento sull’aspetto dell’identificazione e dell’espulsione dei cittadini stranieri irregolarmente presenti nei confini dello Stato italiano. Nel 2017 viene varato il decreto legge n.13, il così detto Decreto Minniti, convertito con modificazioni dalla legge 13 aprile 2017, n.46. Il decreto Minniti-Orlando riguarda specificatamente “l’accelerazione dei procedimenti in materia di protezione internazionale e le disposizioni su minori stranieri non accompagnati”, ed è nel contesto di tale decreto legislativo, trasformato poi in legge, che vengono trasformati i CIE, già CPT, in CPR (Centri di Permanenza per i Rimpatri). Si prevede l’ampliamento della rete dei centri per i rimpatri e si eleggono come aree preferibili quelle extra-urbane. Si amplia il periodo di trattenimento possibile attraverso convalida della proroga da parte del giudice di pace. L’ultimo aggiornamento dell’apparato giuridico che riguarda, anche, la questione migranti è il “DL Sicurezza” del Governo a guida Meloni. Approvato poi come decreto legge, nella sua gran parte ricalca la ratio di quelli precedenti. Viene allargata a ventaglio la possibilità di carcerazione o, più in generale, di detenzione; e viene implementata la possibilità di espulsione, allontanamento, perdita della cittadinanza o revoca dello status di protezione internazionale per persone straniere soggette a condanna penale. Al Capo III del DdL, precisamente all’articolo 27, sono previste “disposizioni in materia di rafforzamento della sicurezza delle strutture di trattenimento ed accoglienza per i migranti e di semplificazione delle procedure per la loro realizzazione” e si riportano modifiche al Decreto Legislativo 1998 n.286, cui al comma 7 dell’articolo 14 (“esecuzione dell’espulsione”) viene aggiunto il comma 7.1, che prevede la misura della carcerazione e le sue diverse aggravanti nel caso “si partecipi ad una rivolta mediante atti di violenza o minaccia di resistenza all’esecuzione degli ordini impartiti […], costituiscono atti di resistenza anche la condotta di resistenza passiva”. Inoltre il DL aumenta il tempo possibile di trattenimento del cittadino straniero presso un Centro di Permanenza per il Rimpatrio, rendendo possibile il rinnovo sino a due volte del trattenimento, dunque, sino ad un totale di 180 giorni, contemplando la rinnovabilità della misura di trattenimento anche in conseguenza a ritardi burocratici ed a prescindere dalla condotta collaborativa o meno del migrante trattenuto. Oggi, a seguito dell’approvazione del decreto “Albania III”, la trasformazione del centro di Gjader (Albania), precedentemente predisposto per le “procedure accellerate di frontiera”, in CPR, aggiungendolo di fatti alla rete dei centri per il rimpatrio già presenti sul suolo nazionale. Nel testo del DL 2025/37 si evince la “staordinaria necessità e urgenza di adottare misure volte a garantire la funzionalità e l’efficace utilizzo delle strutture di trattenimento” ed a tal fine con il decreto si stabilisce che i centri albanesi potranno essere utilizzati come centri di trattenimento non “eslusivamente” per persone soccorse e recuperate in mare da navi dell’autorità italiana, ma anche per quelle “destinatarie di provvedimenti di trattenimento con validita o prorogati”, ossia si predispone la possibilità di trasferire persone trattenute nei centri su suolo italiano nei centri, a gestione e giurisdizione italiana, invece presenti in territorio albanese.

Nei CPR, in Italia, lo Stato ci rinchiude le persone destinatarie di un decreto di rimpatrio, per il tempo necessario ad organizzare la deportazione. Se non fosse che li dentro la gente ci entra e non ci esce più. Abusi ed abbandono di ogni genere ed intanto le cooperative spilorchiano spicci sulle sofferenze umane. La polizia pesta brutalmente chi, per richiedere assistenza medica, è costretto a bruciare un materasso, altrimenti le sue sole urla strazianti o quella dei compagni non basterebbe a determinare alcun tipo di intervento, il cui più delle volte si traduce in occasioni per intervenire in assetto antisommossa e picchiare ciecamente chiunque trovino a segno. L’elenco delle persone che muoiono dentro quei maledetti non luoghi è infinito. E questi centri si trovano in tutta Europa ed oltre, come in centri italiani in Albania o quelli finanziati dall’allora governo Renzi in Libia, luoghi dai quali le persone piuttosto che finirci rinchiuse preferiscono tuffarsi in mare aperto al buio.

I CPR sono galere che restano in piedi grazie all’uso quotidiano di idranti, manganelli e psicofarmaci, e in cui lo Stato fa di tutto per non fare uscire le voci dellx reclusx.

…e tutto questo è molto più vicino a noi di quanto sembra.

In Sicilia esistono 2 CPR e altri 5 centri per la detenzione delle persone migranti, più che in qualsiasi altra regione della penisola. Come per esempio ricordiamo anche l’hotspot di Bisconte. Peraltro oggetto di una barbara campagna elettorale che ne millantava la chiusura in una retorica intrisa di paternalismo e becero assistenzialismo. Ma la realtà è che l’ex caserma militare ora hotspot per migranti continua a funzionare. Messina città di frontiera, messina città di passaggio. Cosi le rive dello Stretto si vedono attraversate tanto da fuggitive e fuggitivi, alcunx vittime di qualche decreto d’espulsione quanto dai peggiori degli assassini. L’intreccio che avviene sullo Stretto è micidiale. Caronte&Tourist, un esempio fondamentale di come la messinessissima estorca denaro dalle deportazione lo forniscono i laudi versamenti per il trasporto migranti ed FF.OO dall’isola di Lampedusa, noto punto di sbarco della rotta del Mediterraneo Centrale, sino all’isola siciliana, dove poi vengono smistati nei diversi luoghi della così detta “accoglienza” e deportazione. Poi, Medihospes, cooperativa dell’accoglienza e della cura della persona, si occupa di imbottire di psico-farmaci i pasti  (scaduti) dei detenuti nei CPR e di fiancheggiare l’operazione di tortura ed annullamento della persona messa in opera dallo Stato, tra le altre, ha recentemente acquisito la gestione dei centri albanesi, entrati a far parte della rete di CPR italiani, come scritto sopra, a seguito del decreto ‘Albania III’.  Poi veniamo all’azienda trans-nazionale Webuild, società di punta del consorzio Eurolink, affidatario dei lavori per il ponte sullo Stretto. La società in questione è l’esempio lampante di come l’industria del cemento permei nel mondo della detenzione. Infatti, vediamo Webuild siglare accordi con il DAP (Dipartimento Amministrativo Penitenziario) per la formazione ed assunzione di mano d’opera detenuta, circa 25 mila unità sostengono. Con il preciso intendo di impiegare queste braccia nei cantieri infrastrutturali e quelli che riguardano il PNRR. Così mentre l’ex capo del DAP, Giovanni Russo, avviava un processo di pacificazione ed ammorbidimento delle condizione delle persone detenute al 41-bis, con il duplice interesse di rispondere alle critiche mosse al sistema italiano circa il rispetto dei diritti umani e quello di poter (potenzialmente) estenderne l’applicazione a sempre più detenuti e detenute, il colosso della devastazione ambientale si sfregava le mani. Abbiamo già visto nella costruzione degli stadi in Qatar come ‘Webuild’ intende trattare mano d’opera che viene sostanzialmente schiavizzata, migliaia di morti. Così la necessità di occupare persone detenute giustifica l’ingresso a gamba testa dell’industria dell’infrastruttura nel mondo della detenzione e se contemporaneamente teniamo in conto il corridoio diretto esistente tra istituti penali e i CPR ci rendiamo conto di quanto Webuild sia parte integrante di questa guerra totale ai migranti ed alle persone detenute più in generale.

Quella della privatizzazioni delle carceri ebbe inizio con il decreto “salva Italia” del governo Monti, con la supposta costruzione del primo carcere completamente privato a Bolzano (progetto che poi non ha avuto seguito). Quindi lo Stato domanda ancora come capitalizzare le persone che tiene sequestrate alle grandi aziende. E se le carceri diventano via via bacini di assunzione e di profitti possiamo osservarlo come un mercato, dunque chi ne beneficia economicamente avrà bisogno di sempre più clientela, ossia gente da rinchiudere. L’inaugurazione di ciò che si può definire il “carcere cantiere” in Italia. Quindi carceri e CPR divengono luoghi che non devono lasciare possibilità di scrutare all’interno, degli spazi ben marcati dal “fuori”, ma contemporaneamente divengono simbolo del sadico potere dello Stato, che si sciacqua la sua faccia criminale con progetti di lavoro e “reinserimento” che non sono altro che l’ennesima estrazione di valore da corpi altrimenti inerti. Carcere, 41-bis e CPR, diventano dunque oggetto di ostentazione, spettacolarizzazione delle condanne e rivendicazione del loro potenziale punitivo . Si opacizzano le condizioni interne e se ne esaltano le capacità di propaganda per i governi che si susseguono. Ed infine, se da un lato divengono sempre più bacini di estrazione di forza lavoro in maniera centralizzata, certamente questi non luoghi di sequestro statale sono da sempre luoghi dove si sperimentano tecnologie di controllo e di rilevazione biometrica, lo stesso vale per le frontiere. La guerra ai migranti ed alle migranti e la sempre maggiore necessità di controllo negli istituti detentivi sono da sempre gli strumenti necessari ad un continuo guadagno del compartimento scientifico-militare-tecnologico. Così attraverso una percepita crisi migratoria e di sicurezza (in particolare dei centri urbani) si normalizzano pratiche di schedatura bio-metrica e forme di controllo e detenzione varie. Dai riconoscimenti biometrici, ai pattugliamenti delle frontiere, la millantata crisi migratoria crea la possibilità per svariate sperimentazioni e smisurati guadagni. Droni, telecamere, software, piattaforme di gestione integrata, scambio di dati, leggi sempre più marcatamente liberticide, connivenza istituzionale fanno si che ogni persona che arriva in Europa per prima cosa dev’essere detenuta e da questa condizione di detenzione e controllo provare a seguire gli iter burocratici per la legalizzazione e, così, si agevola il processo di deportazione di tutte le persone che non hanno il “diritto” di rimanere sul suolo europeo, processo che viene del tutto normalizzato come questione di serietà delle istituzioni europee. Mentre si potenziano le tecnologie di controllo sul corpo di migranti, prendono campo progetti come ‘Rearm EU’, con la previsione di spese sino a 800 milioni per armamenti e controllo di frontiere (che sono tanto i confini degli Stati, luoghi di conflitto, luoghi di detenzione). Quindi vi è la conformazione di un gigantesco campo di sperimentazione di tecniche di controllo e repressione attraverso la disumanizzazione delle persone detenute e il loro sempre più stretto controllo. Sicurezza, innovazione, controllo e progresso sono gli elementi fondanti di una società che assumono sempre più spiccatamente un carattere punitivo. La sicurezza di tutti si raggiunge solo attraverso l’oppressione di un gruppo specifico di persone, questo è il mantra che ci viene continuamente sbattuto in faccia.

Diversi dunque i quesiti che vogliamo porci. Capire il funzionamento e la logica che presiede questi mattatoi è senza dubbio utile. Ma la presenza di questi presidi militari di trattenimento sui territori che significano? In che modo detenzione, deportazione di persone migranti e guerra si possono alimentare a vicenda? Come stare vicine a chi chiede a gran voce e con il corpo la libertà?

Discutiamone insieme, scambiamoci informazioni, idee, desideri; costruiamo complicità. Anche in vista del prossimo presidio al CPR di Trapani-Milo di sabato 28 giugno.

FREEDOM, HURRYIA, LIBERTÀ 

 


Presidio al CPR DI Trapani-Milo

28 giugno ore 16