ALESSANDRIA: PRESIDIO SOLIDALE SOTTO AL CARCERE

PRESIDIO SOLIDALE AL CARCERE DI ALESSANDRIA – SAN MICHELE
Mercoledì 1 novembre dalle ore 15

L’estensione dei regimi detentivi speciali ai reati contro la libera espressione di pensieri sovversivi, conferma la natura politica della differenziazione penitenziaria. Una prigionia politica che per alcuni rivoluzionari dura da più di 40 anni.

Da qualche settimana il compagno anarchico Gino Vatteroni – accusato di avere violato le prescrizioni della detenzione domiciliare a cui era sottoposto – è rinchiuso nella sezione AS2 del carcere di Alessandria – San Michele. Gino si trovava ai domiciliari perché accusato di aver collaborato alla pubblicazione del giornale anarchico internazionalista Bezmotivny.

PER UN MONDO SENZA GALERE
PER LA LIBERTA’

TORINO: CORTEO CONTRO IL CARCERE

CORTEO SABATO 11 NOVEMBRE
DALLE ORE 15
Angolo via Val della Torre/corso Cincinnato (Torino)


GOVERNARE (DA)I MARGINI:
CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ’ CHE NE HA BISOGNO

Mentre non si riesce più a contare il numero di gente massacrata e la cui vita è in scacco per via di necessità e imperativi di guerra che bussano alle porte di questa Europa apparentemente prossima al collasso sia economico che ecologico; mentre i giornali imperversano in una retorica schiacciante in cui terrorista è nominato colui che lotta, si organizza e risponde – colpo su colpo – alla violenza degli Stati, alla violenza delle colonie e all’ingiustizia strutturale dei sistemi differenziati del capitalismo neo-liberale (ossia la produzione, da parte del capitalismo, di categorie di persone sfruttabili, ricattabili e reprimibili a seconda delle sue necessità); mentre tutto questo succede, il carcere – essenza materiale e simbolica, della dirompenza del sistema di controllo, punizione e messa a valore delle classi oppresse – diventa un nodo centrale contro cui lottare. Non solo per ribadire come il potere si materializzi sulle vite di sfruttati e sfruttabili, ma anche per sottolineare quali alleanze vogliamo ribadire, scoprire e valorizzare nel nostro bisogno di organizzarci contro un’esistenza invivibile e inaccettabile.

Il momento storico in cui ci troviamo a vivere ci impone la necessità di ampliare lo sguardo sul fenomeno carcerario, legandolo non solo a un dispositivo fisico repressivo, ma capendo come la diluizione del sistema carcere al di fuoridelle patrie galere coinvolga inevitabilmente i diversi strati sociali e informi il tessuto sociale tutto. Il governo Meloni e le sue politiche, marcatamente classiste, razziste e securitarie, mostra una continuità a ritmo sostenuto, in rapporto con gli esecutivi precedenti nel creare supposti “soggetti criminali” e nemici da cui difenderci. La tendenza è quella giustizialista che continua a materializzarsi nell’uso della decretazione d’urgenza, sia riguardo al fenomeno della cosiddetta “devianza giovanile” sia a quello della migrazione. Decreti che hanno il medesimo obiettivo politico: privazione della libertà personale e di movimento. Un vero e proprio strapotere penale, e carcerario, quello che si sta sviluppando oltre il perimetro dell’istituzione totale per eccellenza, dove a farne le spese sarà la parte più sfruttabile e ricattabile del tessuto sociale.

Il mito collettivo, secondo cui la prigione protegge (da cosa esattamente?) e quindi sia un male necessario, non è altro che un mito utilizzato per giustificare, quando ancora ce ne sia bisogno, l’istituzione carcere in sé, luogo ove confinare la miseria e soffocare la protesta contro l’ordine stabilito e creare cittadini obbedienti. E questo mito è di sovente ancorato all’idea, quasi religiosa, del “chi ha peccato deve pagare”. Ma invece è ovvio che le carceri, essendo per essenza strutture coercitive, non possono che avere come unico scopo la disciplina e la sicurezza. Questo controllo sociale totalizzante viene esercitato al di là delle mura del carcere, attraverso la paura che esso incute, ma anche per mezzo delle cosiddette pene alternative, ovvero ulteriori strumenti per aumentare la carcerazione diffusa. La prigione è il luogo di punizione per eccellenza, in cui la società capitalista neoliberale rinchiude coloro che dichiara dannosi, per contenere qualsiasi slancio di rivolta sociale e mantenere così al suo interno valori morali basati sulla disuguaglianza, sullo sfruttamento, sul rispetto dell’autorità e sulla sottomissione alla violenza dello Stato.

Le rivolte, gli scioperi della fame, le lotte dei reclusi che caratterizzano la quotidianità delle carceri, sono l’evidenza di una rabbia irriformabile. Una rabbia relegata, dagli organi governamentali, a una totale silenziazione delle sue rivendicazioni, in cui si vuole privare di significato qualsiasi atto di protesta con la conseguente invisibillazione delle condizioni detentive.

Le parole del ministro della Giustizia Nordio, in visita al carcere Lorusso e Cotugno, lo scorso mese in risposta alla morte di due detenute, non fanno altro che speculare sull’accaduto e portare avanti i calcoli politici di governo, di fronte all’evidenza strutturale che il carcere uccide. Lo scopo delle istituzioni penitenziarie è dunque chiaro: controllare, monitorare, punire, uccidere, poiché la necropolitica è parte integrante della logica carceraria.

Essa si basa sul fare della violenza-tortura-morte uno strumento di controllo e deterrenza per gli internati, verso il mondo dei liberi e in particolare verso quegli strati del tessuto sociale che, in diverse forme, escono dagli schemi costruiti attorno ad essi. Grazie allo sciopero della fame di 181 giorni portato avanti da Alfredo Cospito e alla mobilitazione contro il 41bis e l’ergastolo ostativo al suo fianco, è oggi forse maggiormente noto come lo stato utilizzi la tortura, annientando psico-fisicamente le persone detenute nelle carceri per estorcere informazioni, richiedere il pentimento o la dissociazione. Questi sono i meccanismi brutali di cui si avvalgono le istituzioni per il re-inquadramento di massa della società tutta.

Quando il sistema carcerario esplica la sua funzione violenta e mortifera, l’opinione pubblica tende a polarizzarsi in due correnti non dualistiche tra di loro: da una parte si consolida l’approccio giustizialista, dove si criminalizza e si condanna alla responsabilità individuale dell’espiazione della colpa, discorso accettato da un ampia fetta della società. Dall’altra, invece, il paradigma garantista, abbandonate le proprie velleità di assicurazione dello stato di diritto – come il principio di proporzionalità e funzione rieducativa della pena – si riduce alla mera richiesta di più controllo e sorveglianza negli istituti penitenziari, tramite l’assunzione massiccia di guardie, militari e personale sanitario. Nello specifico i sindacati di polizia avanzano rivendicazioni bastate sulla richiesta di più organico con l’obbiettivo di aumentare la loro capacità di coercizione e violenza nei confronti dex detenutx,soprattutto dex rivoltosx.

Entrambi gli approcci danno voce quindi ad un unicum securitario. Un discorso che nel suo complesso va smascherato. La violenza statale si perpetua nell’ordine carcerario anche attraverso il sovraffollamento, la mancanza di cure sanitarie e i pestaggi della polizia. Pensare di riformare le carceri non è un’orizzonte politico desiderabile perché non può esserci una vera emancipazione senza la distruzione totale dei luoghi di reclusione e della società che li necessita.

CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ CHE NE HA BISOGNO
Rendiamo tangibile la solidarietà a chi resiste e lotta contro la violenza quotidiana della detenzione, attraversando le strade di Vallette per arrivare fino alle mura del carcere Lorusso Cotugno.

ARRESTATO STECCO

 

Il 20 ottobre è stato arrestato a Bordighera il compagno anarchico Luca Dolce, detto Stecco, nel contesto di un’operazione del Nucleo Operativo Centrale di Sicurezza (NOCS) della polizia derivata da un’indagine della Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione, che ha coordinato le DIGOS di Trento, Trieste, Treviso, Genova e Brescia. Il compagno è stato tradotto prima nel carcere di Imperia, poi in quello di Sanremo. Contestualmente, sono state perquisite le case di alcuni compagni a Rovereto. La perquisizione era stata disposta il 16 ottobre a carico di Stecco, per i processi “No name” e “Diana”: gli sbirri hanno sequestrato dispositivi informatici e telefoni ed inoltre si sono presentati a casa della madre e della sorella di Stecco, a Trieste.

Il compagno – irreperibile alle forze dell’ordine dal 2021 – era ricercato per via di un cumulo di condanne definitive a 3 anni e 6 mesi e per un mandato di cattura derivato dalla cosiddetta “operazione senza nome” del 25 febbraio 2022 (per cui sono già stati condannati due compagni e una compagna, tra cui Juan Sorroche, attualmente recluso a Terni). In quest’ultimo procedimento Stecco è accusato di avere favorito la latitanza di Juan con l’uso di documenti falsi. Il compagno, arrestato nel 2019 per l’operazione Renata, aveva già avuto nel successivo processo una condanna a 2 anni sempre per fabbricazione di documenti falsi. Inoltre, ha ricevuto in appello una condanna a 3 anni e 8 mesi nell’ambito del processo sulla manifestazione “Abbattere le frontiere”, tenutasi al valico del Brennero il 7 maggio 2016, e per cui non vi è ancora un pronunciamento definitivo sulla sessantina di compagni e compagne imputati.

Da parte nostra, non possiamo che solidarizzare con chi si rende irreperibile o si sottrae all’infame giustizia borghese.

Con rabbia e con amore
Stecco libero


Per scrivere a Stecco:

Luca Dolce
c/o Casa circondariale Sanremo
Strada Armea 144
18038 Sanremo

FUORI ALFREDO DAL 41-BIS! FUORI TUTTX DAL 41-BIS!

La Direzione nazionale antimafia e antiterrorismo e gli organi centrali di polizia, nell’udienza di ieri davanti al tribunale di sorveglianza di Roma hanno chiesto la revoca del 41 bis per Alfredo Cospito. Il tribunale si è riservato di decidere.

Link: https://www.osservatoriorepressione.info/la-direzione-nazionale-antimafia-antiterrorismo-chiede-la-revoca-del-41-bis-alfredo-cospito/

AGGIORNAMENTI SU NASCI, COMPAGNO PRIGIONIERO NEL CARCERE DI TRENTO

Diffondiamo da Il Rovescio:

Qualche notizia in più sul nostro amico Nasci e sulle vicende che hanno portato alla sua carcerazione a Spini di Gardolo.

Nasci è stato arrestato dalla DIGOS la mattina dello scorso martedì 10 ottobre per un cumulo di un anno e due mesi di condanne per tre diversi episodi: l’occupazione, nel febbraio 2017, del Municipio di Mori (un paese di circa 10.000 anime vicino a Rovereto), nel corso di una partecipata e vivace mobilitazione contro un progetto – purtroppo poi realizzato – di devastazione ambientale; una scritta vergata su un muro di Firenze nell’agosto di quell’anno, durante un’iniziativa in solidarietà agli arrestati e arrestate dell’Operazione Panico; i fatti del 9 febbraio 2018 a Trento, quando compagni e compagne contestarono con modalità creative (tra le quali dei seri danni al negozio di abbigliamento di un fascista accoltellatore) la consueta kermesse di Casapound in occasione della “Giornata delle Foibe”.

Determinante, nello spedire in galera il nostro compagno, è stato il rifiuto di ogni misura alternativa al carcere (che normalmente avrebbe dovuto ottenere, dato che il cumulo di condanne rientrava nei termini di legge) da parte del Tribunale di Sorveglianza di Trento, opportunamente istruito dall’UEPE (Ufficio Esecuzione Penale Esterna) che ha preteso e non ottenuto da Nasci la cosiddetta “revisione” delle sue idee e scelte di vita. Ancora una volta, dopo l’Operazione Renata e i casi di Poza e Rupert (e quello di Sasha, tuttora in detenzione domiciliare solo perché madre di una bambina piccola): o l’abiura, o la galera.

Dalla visita del suo avvocato sappiamo che Nasci sta bene. Uscito dai “nuovi giunti”, si trova adesso in sezione, in cella con un ragazzo giovane e tranquillo.
Ha sentito il partecipato e rumoroso presidio tenuto sotto al carcere nella serata di martedì 10 ottobre. Sa dell’ampia solidarietà che sta ricevendo (non solo da compagni in senso stretto) e ne è molto felice. Ha ricevuto regolarmente i telegrammi che gli sono stati spediti.

Solidarietà, complicità e affetto a Nasci!
Libertà per tutti e tutte!

Per scrivere al compagno:

Matteo Nascimben

CC di Spini di Gardolo

Via Cesare Beccaria, 13
38121 Località Produttiva, Trento (TN)

CARCERE DI TRAPANI: DETENUTI OCCUPANO UN PIANO DELLA SEZIONE

“Protesta di un gruppo di detenuti della casa circondariale Pietro Cerulli di Trapani”

Dai media apprendiamo di una sollevazione la sera del 12 ottobre al carcere di Trapani: un gruppo di detenuti della Sezione Tirreno (dove sono reclusi i detenuti rivoltosi o ritenuti “aggressivi”) avrebbero occupato un intero piano della sezione per diverse ore.

https://www.lasicilia.it/cronaca/rivolta-nel-carcere-di-trapani-una-ventina-di-detenuti-asserragliati-per-ore-1920900/

CUNEO: TORTURE SUI DETENUTI

Quando qualcuno assimila il carcere al manicomio non lo fa per esercizio di retorica: se a cavallo tra gli anni ’60 e ’70 il Dottor Coda torturava i “malati” applicando elettrodi alle tempie, procurando infinite scariche e insopportabile dolore – un  “trattamento” praticato di fronte a tutti, perché tutti vedessero cosa li aspettava se… – nel 2023 nelle carceri i detenuti vengono pestati e torturati allo stesso modo, a Cuneo, anche con l’ausilio del taser.

https://www.osservatoriorepressione.info/torture-carcere-cuneo-indagati-23-agenti-penitenziari

https://www.lastampa.it/cronaca/2023/10/12/news/lispettore_aguzzino_le_torture_nel_carcere_di_cuneo_dietro_il_blitz_cera_il_capo_degli_agenti-13778215/

MODENA: STREET RAVE PARADE

SMASH REPRESSION/MODENA – 28 OTTOBRE 2023

Ad un anno esatto dal rave di Modena nord e dalla legge anti-rave, un anno di sgomberi, repressione e ostilità, per le strade e nei quartieri, nella città che ha visto la strage al carcere Sant’Anna, contro la società del proibizionismo, delle gabbie e dei CPR, in solidarietà ai rave, alle TAZ, agli spazi sociali e a chi lotta… tuttx a Modena il 28 ottobre! 🏴‍☠️