Op. Prometeo: aggiornamenti su Natascia dal carcere di S. Maria Capua Vetere

Lo scorso 13 marzo Natascia è stata trasferita dalla sezione AS3 del carcere di Piacenza a quella del carcere di Santa Maria Capua Vetere.
L’avvocato è stato avvertito dal carcere di arrivo. Dopo una decina di giorni di isolamento per quarantena, è stata trasferita in sezione in una cella che le stesse guardie chiamano “cubicolo”: una cella singola dove invece sono rinchiuse due persone, che con l’arrivo di Natascia sono diventate tre.

A quanto pare, nel carcere di Santa Maria Capua Vetere il sovraffollamento è cronico.

Nonostante Natascia sia stata inserita in sezione, con lei non valgono le stesse regole che valgono con le altre detenute in AS3.
Non appena arrivata le hanno requisito i cd e il lettore e, nonostante le sue proteste, la situazione ad oggi è rimasta invariata.
La quantità di libri (una borsa) che Nat aveva con sé al suo arrivo nel carcere di S. Maria Capua Vetere pare che abbia messo in crisi le guardie al punto che si sono sentite in dovere di porre un tetto a quelli che può tenere in cella: all’inizio 2, quando Nat ha protestato che persino al 41 bis i libri concessi sono 4, l’hanno alzato, appunto, a 4.

Può chiamare i suoi genitori solo due volte al mese (da Piacenza poteva chiamarli due o tre volte alla settimana) e può fare alcune video chiamate, ma al momento anche in questo a quanto pare ha delle limitazioni. Ha fatto domanda anche per fare i video colloqui con la compagna con cui faceva regolarmente i colloqui e i video colloqui prima di essere trasferita a S. Maria Capua Vetere. Dopo un mese di istanze, invii di documenti, censimenti, rifiuti, garanti, nuove istanze e altri invii di documenti, il carcere si è degnato di concedere una sola ora di colloquio al mese con la compagna in questione: sebbene ci sia un permesso di colloquio permanente rilasciato dal giudice che la autorizza ai colloqui senza limitazioni (a Piacenza poteva fare con Natascia fino a tre colloqui al mese, e in seguito quattro video colloqui al mese di un’ora durante il lockdown), la direzione del carcere di S. Maria Capua Vetere è determinata a marciare sopra la decisione del tribunale affermando che “la discrezione del direttore del carcere è certa. Il giudice autorizza e il direttore stabilisce il numero consentito di colloqui”. A SUA DISCREZIONE. Attualmente l’avvocato ha fatto ricorso alla corte d’assise.
L’avvocato ha inoltre chiesto il trasferimento di Natascia per riavvicinamento territoriale. L’istanza è stata rigettata a causa di una fantasiosa formalità.

Per non farsi mancare nulla, forse a causa dello stesso principio di discrezionalità che regola in modo particolare questo carcere, i pacchi destinati a Natascia vengono aperti dalle guardie in sua assenza, trattenendo ciò che decidono di trattenere senza che né Natascia, né chi manda i pacchi possano essere in grado di sapere realmente che fine abbia fatto ciò che non è stato consegnato.

Sebbene appaia abbastanza chiaro il carattere punitivo di questo trasferimento, Natascia sta bene ed è combattiva come sempre: continuiamo a sostenerla!

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Lunedì 10 maggio, presso il tribunale di Genova, comincerà il dibattimento del processo Prometeo che vede imputati Natascia, Beppe e Robert. Le udienze avranno luogo nei giorni di lunedì e martedì di ogni settimana del mese di maggio (fino a martedì 1 giugno). L’1 e il 2 luglio avranno luogo la requisitoria del pm Manotti e le repliche degli avvocati e, fra luglio e settembre, è prevista la sentenza di primo grado.

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SOLIDALI E COMPLICI CON NATASCIA, BEPPE E ROBERT
SOLIDALI E COMPLICI CON CHI E’ PRIGIONIERO DI UN SOGNO

Per scrivere a Natascia:

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Bologna: 25 aprile con Sante

Domenica 25 aprile 2021, a partire dalle h. 15.00 ricorderemo Sante in P.zza San Rocco.

Sobillatore, sovversivo, nappista, brigatista, irrecuperabile, irriducibile: sono state tante le etichette attribuite dai giudici a Sante Notarnicola. Per Bologna e per il Pratello, invece, Sante è sempre stato il compagno, l’oste, il poeta e lo scrittore combattente, punto di riferimento per chiunque volesse conservare memoria del passato e ricevere sostegno alle lotte di oggi. Soprattutto al Pratello la sua presenza è viva nelle decine di progetti sociali, solidali, culturali che ha promosso e realizzato con il coinvolgimento delle nuove generazioni di compagni e compagne, senza mai smettere di occuparsi di carcere e di repressione dei movimenti di lotta.

La data del 25 aprile gli era particolarmente cara, come gli era cara
la memoria della Resistenza e di quei partigiani che avevano
contribuito in maniera fondamentale alla sua formazione politica.

Per questo il prossimo 25 aprile lo vogliamo ancora accanto a noi,
attraverso i ricordi e i racconti di chi lo ha conosciuto, nel luogo
di Bologna che più lo ha visto presente.

Le compagne e i compagni di Bologna


Bologna: presidio sotto il carcere della Dozza


Presidio sotto il carcere della Dozza (Bologna)
Domenica 18 aprile ore 17:00

A un anno dall’inizio della pandemia, secondini e personale carcerario sono i principali vettori – se non gli unici – del contagio dentro le carceri.
Eppure la risposta dello Stato rimane l’adozione di misure sempre più restrittive  e puntive verso i/le dtenuti/e, come la riduzione delle ore d’aria, degli spazi di socialità, dei colloqui in presenza; nonchè i massacri perpetrati dai secondini, la dispersione e l’isolamento di chi un anno fa si è rivoltato e ora si trova sotto processo.

Continuare a lottare, o ricominciare a farlo, è l’unico modo che abbiamo per non farci strappare tutto ciò che è stato ottenuto da chi ha lottato prima di noi dentro e fuori le galere.

Cominciammo con la possibilità di avere il fornelletto; cosa che ci costò sangue, 3 morti, e anni e anni di carcere: qualunque cosa, anche banale, di cui oggi qualunque prigioniero può usufruire – persino il tagliaunghie, o un chilo di pasta, o un dolce – è costata tanto di quel carcere, botte e morti a tutta la generazione precedente di detenuti, quella che non aveva niente e che ha conquistato tutto”

Liberi dal silenzio, Sante Notarnicola

Carcere: altro che malasanità, questa è vendetta!

Mattia è uno dei cinque detenuti che hanno sottoscritto l’esposto per i fatti di Modena del Marzo 2020, i pestaggi dopo la rivolta e la morte in cella di Salvatore Piscitelli, avvenuta nel carcere di Ascoli Piceno.

Già circa un anno fa fu valutato in Pronto Soccorso ad Ascoli Piceno mentre si trovava in quel carcere (prima che uscisse l’esposto), ed in tale occasione gli fu indicata la necessità di programmare un intervento chirurgico per un grave problema di salute, destinato a peggiorare se trascurato. Attualmente Mattia si trova recluso nel carcere di Montacuto (Ancona). È passato oltre un anno e ancora l’intervento suggerito non è stato effettuato. Nelle ultime settimane la sua situazione di salute si è ulteriormente aggravata ed è stato trasferito ben due volte in Pronto Soccorso. Qui i medici hanno nuovamente programmato un intervento e prescritto la somministrazione di un antibiotico che tuttavia, al rientro in carcere, non gli è stato dato per svariati giorni. Nonostante i ricoveri in Pronto Soccorso il medico del carcere sostiene che le condizioni di salute di Mattia siano buone e che possa effettuare una nuova visita fra 6 mesi.
Nel frattempo, nonostante sia stata disposta l’autorizzazione per l’ingresso di un medico di fiducia da circa un mese, non viene comunicata una data per effettuare la visita.

Come leggere tutto ciò?
Partiamo da una considerazione certamente non originale: la sanità in carcere è pessima di prassi. L’eccezione non è la malasanità, ma trovare un medico non connivente con le guardie.
L’abbiamo visto e continuiamo a vederlo, basti ripensare alle rivolte di un anno fa con cui i detenuti hanno chiesto a gran voce la tutela della propria salute, concetto incompatibile con quello di reclusione. Basti guardare oggi, dopo oltre un anno, quanto la pandemia attraversi ancora quelle mura e continui a diffondersi, senza che vengano adottate misure dignitose per frenare tutto questo. Basti ascoltare cosa ci dicono detenuti e detenute a cui il vaccino anti-COVID viene presentato più come una costrizione che come una scelta: se non ti vaccini ti mettiamo in isolamento, ti blocchiamo ogni attività, ti impediamo ogni visita medica.

Ma torniamo un istante alla situazione di Mattia.
Sono ripetute le vessazioni destinate a lui e agli altri detenuti che hanno sottoscritto l’ ormai noto esposto; tra pacchi e corrispondenza rifiutati o trattenuti, posta sottoposta a censura, soldi spediti dai familiari che non vengono recapitati, rifiuti di protocollare richieste interne, e l’onnipresente ricatto sul corpo e sulla salute.
La macchina statale, dopo le brutalità e gli omicidi di massa commessi nelle carceri un anno fa, ha apertamente deciso di non invertire la rotta e di dare chiari segnali a tutti/e coloro che non stanno zitti di fronte ai quotidiani soprusi di carcerieri e personale sanitario.
Il pugno duro messo in campo in decine di galere nel marzo 2020 è una prassi tuttora rivendicata dallo Stato. E chi alza la voce per denunciare la violenza delle guardie e la connivenza dei medici deve essere messo a tacere. Hanno provato a vessare i 5 detenuti autori dell’esposto con trasferimenti, con continue minacce e ripetuti interrogatori. Nulla di tutto ciò, ad oggi, ha avuto l’effetto desiderato. Ora rincarano la dose facendo aggravare volontariamente la situazione di
salute di uno di loro. Vogliono la vendetta. Questo stanno dicendo a Mattia trascurando la sua salute, questo stanno dicendo a tutti noi.

Sempre solidali e complici con chi non chiude gli occhi e non abbassa la testa di fronte agli aguzzini di Stato! Facciamo sentire tutta la nostra solidarietà e rabbia.

Sosteniamoli ancora, come meglio crediamo!
Per scrivere a Mattia, Claudio, Cavazza e Francesco:

Belmonte Cavazza_, C.C. Piacenza, Strada delle Novate 65, 29122 Piacenza.
Claudio Cipriani,_ C.C. Parma, Strada Burla 57, 43122 Parma
Francesco D’Angelo,_C.C. Ferrara, Via Arginone 327 44122 Ferrara
Mattia Palloni, _C.C. Ancona Montacuto, Via Montecavallo 73, 60100 Ancona

Nuova indagine in relazione all’attacco contro la caserma dei carabinieri di Bologna

Da: Inferno Urbano

Nei primi giorni di aprile i carabinieri hanno notificato a Robert, già a processo per l’operazione Prometeo, un avviso di garanzia per l’articolo 280 (attentato con finalità di terrorismo) con annessa la richiesta di accertamenti irripetibili urgenti da svolgersi in data 13 aprile 2021 presso la sede dei RIS di Parma sui materiali repertati in data 27 e 28 novembre 2016 nelle aree prossime alla stazione carabinieri di Bologna- Corticella.

Appena un paio di giorni dopo vengono notificate le stesse carte a Giuseppe, rinchiuso attualmente nel carcere bolognese, indagato sempre per l’inchiesta Prometeo. I fatti contestati riguardano l’esplosione di un ordigno avvenuta la notte del 27 novembre 2016 sotto la caserma dei carabinieri.

Occorre fare un breve excursus sulla genesi repressiva che seguì quell’episodio. Il giorno dopo l’esplosione era ospite in città l’allora premier Matteo Renzi che, unitamente alla procura, dichiarò che i responsabili di quel riprovevole gesto sarebbero stati acciuffati a tutti i costi e che sarebbero state messe in campo tutte le risorse necessarie ad assicurare alla giustizia chi aveva osato oltraggiare coi fatti l’autorità indiscussa dell’arma. E in effetti la risposta repressiva non si fece attendere, visto che appena due settimane dopo arrestarono  un giocoliere di strada di origine francese. Per 4 mesi fu rinchiuso in AS2 a Ferrara, ma in breve l’entusiasmo della procura capeggiata da Giuseppe Amato (noto per altre inchieste su “associazioni sovversive”) si smorzò a seguito della scarcerazione del malcapitato dopo che una testimone ritrattò le dichiarazioni fatte. L’inchiesta fu tenuta aperta per circa un altro anno per poi essere chiusa senza ulteriori indagati. Il giocoliere fu condannato in primo grado per possesso (solo presunto per via della testimonianza poi ritrattata) di materiale esplodente, per poi essere completamente assolto in appello.

A quasi 5 anni dai fatti, questa inchiesta viene riesumata dalla stessa pm Antonella Scandellari che, dopo i fallimenti precedenti, ora ci riprova indagando altri due compagni.

Il 10 maggio inizierà a Genova il processo per l’operazione Prometeo e, per rimediare alla pochezza probatoria, gli inquirenti infilano i compagni inquisiti in altri procedimenti: allo scopo di rafforzare la coltre di suggestione con cui imbastiscono le inchieste, si basano su mere ipotesi legate alle idee degli indagati piuttosto che ad azioni concrete. Natascia infatti è stata magicamente inserita nell’operazione Scintilla alla chiusura dell’indagine, mentre ora Beppe e Robert si ritrovano inquisiti in questo nuovo procedimento.

La nullità di chi mette in campo queste farse più che paura ci fa quasi ridere.

Non lasceremo da soli i nostri compagni e le nostre compagne.

Sardegna: solidarietà a Paolo

La vostra gabbia, la nostra rabbia

Dopo il marzo 2020 se la situazione nelle carceri non è migliorata, nemmeno il fermento e la rabbia sono cessati. Episodi in cui singoli o gruppi di detenuti e detenute alzano la testa e prendono coraggio contro i loro aguzzini si sono susseguiti numerosi in quest’anno. Fra questi c’è Paolo.

Paolo è un compagno sardo che vive e lotta a Cagliari da molti anni, il 31 ottobre 2017 è stato arrestato immediatamente dopo aver rapinato un ufficio postale insieme a due altri complici. In secondo grado è stato condannato a 5 anni di reclusione. In questi primi tre anni e mezzo di carcerazione a Uta non è riuscito a godere nenache una volta del beneficio dei 45 giorni di sconto di pena previsti per ogni sei mesi senza rapporti. La sua instancabile tenacia a non voltare lo sguardo di fronte ai soprusi delle guardie oltre ai rapporti gli è costata anche la denuncia per cui il 12 aprile verrà portato a giudizio.
Pochi giorni fa il direttore del carcere ha sottoposto la sua corrispondenza a censura perché “corrisponde con anarchici e organizzatori di presidi al carcere”.

Non abbiamo intenzione di lasciarlo solo. Storie simili alla sua nelle galere sono il quotidiano. Se qualcuno, un compagno questa volta, ha deciso di non lasciar correre e lottare avrà allora tutto il nostro sostegno. Alzare la testa contro l’abominio carcerario è un atto di coraggio. Sostenere questo coraggio è il minimo che chi sta fuori può fare per riconoscerlo.

Paolo libero!

Solidali contro il carcere


Udine: denunce per istigazione a delinquere

Siamo spiacenti: continueremo a fare apologia della ribellione e ad oltraggiare l’oppressione.

Alcuni giorni fa, una compagna e un compagno hanno scoperto di essere nuovamente indagat* per istigazione a delinquere-apologia (art. 414 c.p.) e diffamazione (art. 595 c.p.) per alcuni contenuti della trasmissione radiofonica Zardins Magnetics, realizzata dalla nostra Assemblea e messa in onda ogni giovedì alle 20.00 su Radio Onde Furlane.

Si tratta dell’ennesimo attacco poliziesco e giudiziario alle attività dell’Assemblea tramite accuse basate su reati definibili come “d’opinione”. Infatti, la compagna e il compagno sotto indagine stanno già subendo un processo, per i medesimi reati, presso il tribunale di Udine per vari interventi a manifestazioni e un’intervista radiofonica nel 2019.

Analogamente, una compagna sta subendo ben tre processi a Trieste per imputazioni di istigazione e oltraggio, per vari interventi sotto il locale carcere. Pare che le Digos e le procure di Udine e di Trieste vogliano farci pesare penalmente ogni nostra parola che, superando la sterile libertà di indignarsi, rivendichi la libertà di lottare.

E così, tanto per fare degli esempi dei nostri capi di accusa, affermare che è giusto colpire con l’azione diretta chi (veramente) istiga al razzismo e alla guerra tra poveri, come la Lega, diventa istigazione a delinquere. Dire che la malasanità in carcere è tortura e dunque denunciare come torturatori i medici che se ne fregano dei/delle detenut*, diventa diffamazione.

Raccontare ad un presidio presso un carcere di una rivolta accaduta in un altro carcere, diventa anch’essa istigazione. Gli orizzonti miseri del diritto borghese si rivelano appieno. Con le nostre parole, infatti, non vogliamo spingere nessuno a fare nulla, né intendiamo sporcare il nome di chicchessia che non sia già sporcato dal suo ruolo e dalle sue azioni.

Vogliamo invece valorizzare -questo sì -la ribellione e le lotte che inevitabilmente sorgono, senza bisogno di fantomatici istigatori o istigatrici, dall’oppressione. Riconosciamo in quest’ultima l’unica vera istigatrice alla ribellione, aldilà di tutti gli incubi di una pace sociale totalitaria da parte dello Stato e delle classi dominanti.

Nel nostro piccolo, noi siamo parte di questa ribellione e lotta inestinguibile. Siamo, ad esempio, stat* al fianco dei detenuti del carcere di Udine, quando ci hanno denunciato la loro condizione di malasanità. Così come delle detenute del Coroneo di Trieste, quanto hanno rivendicato sanità, salute e libertà nel pieno dell’attuale epidemia. Siamo stat* e saremo al fianco delle prigioniere anarchiche e dei prigionieri anarchici, rinchius* nelle galere perché lottano per distruggerle.

Pensiamo che sia la nostra pratica in tal senso, più che le parole in sé, a voler essere colpita con questi procedimenti. Si sforzino pure i nostri inquisitori di centellinare ogni parola per darvi un “rilievo penale”.

Noi continueremo a dire quello che pensiamo e soprattutto a praticare l’appoggio e la solidarietà a chi si ribella, lottando contro il carcere e resistendo alla repressione.

Assemblea permanente contro il carcere e la repressione

liberetutti@autistiche.org


Udine: Denunce per istigazione a delinquere

Carcere: Rompiamo il silenzio

da Assemblea parenti e solidali delle persone detenute.

CHI HA DIFESO LA PROPRIA VITA NON SI PROCESSA!

Un anno fa le persone detenute hanno indicato l’unica soluzione possibile per evitare il contagio di massa in celle sovraffollate: svuotare le galere.

Alle proteste e alle richieste di salute e libertà lo Stato ha risposto con pestaggi, trasferimenti punitivi, morti e torture: strano modo di tutelare la salute delle persone…

Il tracollo sanitario che ha trasformato le carceri in focolai era in corso già da tempo, così come il sovraffollamento. Quanto sta accadendo in queste settimane nella sezione femminile di Rebibbia, al pari di altre carceri, ne è una terribile conseguenza: ad oggi si parla di 40 donne contagiate e sono le stesse detenute a raccontare del mancato ricovero per chi è in gravi condizioni, della mancanza di mascherine e di tamponi, dell’isolamento totale cui sono costrette tra la chiusura dei colloqui e l’obbligo di stare in cella 24 ore su 24.

L’8 aprile, 54 detenuti di Rebibbia verranno processati in aula bunker per la rivolta del 9 marzo 2020. Altre 20 detenute sono sotto indagine per una protesta avvenuta in contemporanea nella sezione femminile.

Noi siamo al loro fianco e vogliamo che la nostra solidarietà arrivi forte e chiara. Chi ha protestato aveva ragione: l’unica sicurezza contro il contagio non può che essere la libertà.

GIOVEDÌ 8 APRILE – ORE 9:30
presidio davanti l’aula bunker di Rebibbia (via del Casale di San Basilio 168)

VENERDÌ 9 APRILE – ORE 17
a un anno dalla morte di Salvo, compagno che ha lottato dentro e fuori le carceri fino all’ultimo respiro, in via dei Volsci, sotto la sede di Radio Onda Rossa

DOMENICA 11 APRILE – ORE 10:30
presidio con microfoni aperti davanti alla sezione femminile di Rebibbia (pratone) per portare i nostri saluti alle detenute

Chiunque abbia voglia di contattarci, può farlo a uno di questi indirizzi:

Punto Solidale, via Augusto Dulceri 211 – 00176 Roma
indirizzo mail: dulceri211[at]gmail.com

Assemblea parenti e solidali delle persone detenute

Link: Rete evasioni

Chi ha compagnx non morirà, ciao Sante.

Ciao Sante,
noi lo sappiamo
che le loro prigioni,
sono sempre per noi.

Oggi abbiamo una responsabilità in più,
sulla memoria, su tutto.
Chi ha compagni non morirà.

“Non ho nulla da vendere. Ci ho messo 50 anni a diventare Comunista. E 20 anni 8 mesi ed 1 giorno di prigione. E 11 anni di carcere di massima sicurezza. E cinque anni di celle punitive. E la posta censurata. E i vetri divisori ai colloqui (per 3 anni non ho potuto accarezzarti, Severina). E le cariche dei carabinieri nei cortili delle prigioni. E il sangue nelle celle. E il sangue dal naso. E il sangue dalla bocca. E i denti rotti. E la fame all’Asinara. E il silenzio obbligatorio al bunker della Centrale, a Cala d’Oliva. E i racconti dei torturati. E i colpi contro le porte per non farti dormire. E i colloqui respinti senza un motivo. E la posta sottratta. E il linciaggio del vicino di cella. E il vivere col cuore in gola. E la pressione che sale. E il cuore che senti ingrossare. E il compagno che se ne va con la testa. E le divisioni a cinque unità nei cortili. E le rotture politiche. E le divisioni che teoricamente avrebbero dovuto rafforzarci. E il dilagare del soggettivismo. E i vetri infranti ai colloqui. E le rivendicazioni coi pugni chiusi. E la ritirata strategica. E gli scioperi della fame condannati. E i sorrisi spariti. E i soggettivisti sconfitti. E gli odi tra i compagni. E le demolizioni personali. E la disgregazione umana. E le perquisizioni anali. E le sei diottrie perse. E l’assalto coi cani nelle celle. E i compagni colpiti da schizofrenia. E i primi tradimenti. E la massa dei dissociati. E l’isolamento politico. E l’isolamento umano. E la piorrea che avanza. E gli anni che passano e i giorni che conti. E i silenzi, i silenzi, i silenzi.
Questo, tutto questo ho pagato. Questo e altro ancora ho da difendere”

“Liberi dal silenzio” Sante Notarnicola