BOLOGNA: TAZ – TEMPORARY AUTONOMOUS ZONE

Diffondiamo:

In risposta alla repressione che prova ad inficiare ogni forma di autodeterminazione ed emancipazione collettiva, che tenta costantemente di demonizzare l’autogestione relegandola ad un problema di ordine pubblico, abbiamo deciso di occupare e costruire collettivamente giornate di libertà e anarchia.

Dalle 18:00
Presentazione delle fanzine “Repressione e acidità di stomaco”:
-Presi a Maalox

Dalle 20:00
-Tavola rotonda tema:
Free party  e  repressione

Dalle 22:00
Proiezioni di KomaK (2002) diretto da Alberto Grifi e a seguire altri film..

A SEGUIRE BALLI PROIBITI…

Double stage!

Area chill out , info point, intervento RdR

TAZ in diretta con Radio Spore

Stand autoproduzioni, Bar, Buffet

NO MACHISM , NO FASCISM, NO SEXISM, NO RACISM

NO SOCIAL, NO DIRETTE, NO FOTO

VIA PRATI DI CAPRARA 12, BOLOGNA

BOLOGNA: STREET SOTTO ASSEDIO IN VIA PRATI DI CAPRARA

Diffondiamo:

Ieri la polizia in assetto antisommossa ha bloccato entrambe le uscite della TAZ di via Prati di Caprara per impedire alla street chiamata dalle occupanti di partire, di fatto, bloccando e circondando da ogni lato e per diverso tempo un centinaio di persone.  Nel tentativo di non lasciare nessuno indietro, appena presa la strada, il corteo è stato attaccato sulla coda. Non ci sono stati nè arresti nè feriti, la street ha poi proseguito sul suo percorso. Ingentissimo lo schieramento di blindati e polizia.

DECOLONIZZARE LA PALESTINA – La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele

Riceviamo e diffondiamo:

“DECOLONIZZARE LA PALESTINA. La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele”

Mentre è in corso l’ennesima tappa della guerra condotta dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese per la conquista dei suoi territori, pubblichiamo i testi di due persone palestinesi che ripercorrono la storia della colonizzazione delle loro terre e la propaganda di rainbow washing di Israele.

164 pagine, 9 euro a singola copia, 6 euro da cinque copie in su. Parte del ricavato del libro sarà benefit per un’organizzazione queer palestinese.

Per ordinare il libro: anarcoqueer@riseup.net

Dalla prefazione:

Al momento della compilazione di questo libro è in corso l’ennesima tappa della guerra condotta dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese per la conquista dei suoi territori. Una guerra che non ha avuto inizio nel 1948, ovvero l’anno della dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele, come ritengono erroneamente molte persone, ma è nata con lo sviluppo dell’ideologia sionista alla fine del XIX secolo, che scelse il territorio palestinese come destinazione del futuro Stato per il popolo ebraico. La migrazione di massa del popolo ebraico verso quelle terre cominciò quindi già alla fine dell’Ottocento, ma il fenomeno acquisì poi consistenza con la fine della prima guerra mondiale, quando la Gran Bretagna acquisì il controllo di quei territori strappati all’Impero Ottomano e si adoperò per sostenere con forza le aspirazioni del movimento sionista. Da allora, il popolo palestinese non ha conosciuto pace. Guerre e ribellioni si sono susseguite, ma la colonizzazione israeliana, con la conquista e il controllo di sempre nuove fette di territorio palestinese, avanza ogni giorno di più, lasciandosi dietro una scia di sangue che non è possibile ignorare. […] Con questo modesto contributo, che prevede la traduzione e la pubblicazione di alcuni testi che ripercorrono la storia della colonizzazione della Palestina e la propaganda di rainbow washing di Israele, tratti da un sito creato da due persone palestinesi residenti in Cisgiordania, speriamo di offrire un piccolo segnale di solidarietà che getti luce su quello che accade realmente in quella piccola porzione di territorio sotto costante assedio.

Prossima uscita delle edizioni Anarcoqueer prevista per gennaio 2024.

“Come stormi del caos. Un progetto queer nichilista e insurrezionale”

PSICOFARMACI E AUTODETERMINAZIONE

Diffondiamo alcune puntate di approfondimento che i/le compagnx di Ricongiunzioni, trasmissione su Radio Blackout dedicata alla salute di, da, con e tra tutti e tutte, stanno curando,  per conoscere gli psicofarmaci. Cosa sono? Come agiscono? Fino al tema dello scalaggio.

Breve ricettario antipsichiatrico sugli psicofarmaci: https://radioblackout.org/podcast/breve-ricettario-antipsichiatrico-sugli-psicofarmaci-del-18-7-2023/

Cosa sono gli psicofarmaci: https://radioblackout.org/podcast/cosa-sono-gli-psicofarmaci-del-08-11-2023/

Smettere gli psicofarmaci: https://radioblackout.org/podcast/smettere-gli-psicofarmaci-del-28-11-23/

“Queste puntate vorrebbero essere la prima di una serie in cui poter discutere di psicofarmaci e dei problemi/complicanze che possono derivare dal loro utilizzo. Infatti, spesso capita – in prima o terza persona – che si verifichino: prescrizioni non richieste, effetti collaterali invalidanti, difficoltà nella comunicazione con lx psichiatrx circa la possibilità di interrompere o cambiare la terapia, il dubbio che lx nostrx amicx stiano peggiorando da quando prendono i farmaci. Cosa dobbiamo fare quando ci troviamo in queste situazioni? Come possiamo tutelarci se decidiamo di prendere dei farmaci ma rimanendo libere di scegliere per i nostri corpi?”

L’invito è a condividere riflessioni ed esperienze inviandole a ricongiunzioni@anche.no per costruire la prossima puntata – tra circa un mese e mezzo – da punti di vista diversi.

QUALCHE DRITTA IN PIÙ SUL PRELIEVO DEL DNA

Riceviamo e diffondiamo questo foglio che contiene qualche info, speriamo utile, per chi si può trovare a dover rispondere a un “invito” al prelievo del dna durante una perquisizione. Avere qualche conoscenza in più rispetto le procedure che regolano questo tipo di richiesta può essere utile ad evitare di cadere nel trannello della minaccia del prelievo coatto, e farci sentire più sicurx nel sottrarci al prelievo.

BOLOGNA: CORTEO CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

Diffondiamo un piccolo racconto, senz’altro parziale e non esaustivo, del corteo di ieri contro la violenza maschile e di Stato, che ha scaldato il cuore di molte compagne, e anche il nostro. 💜​​​🔥​

Ieri a Bologna un centinaio di compagnx, sorelle, donne, frocie, soggettività queer e non binarie, sono scese in strada, spalla a spalla, contro la violenza maschile e di Stato, per unirsi alla marea di rabbia che ha invaso Roma, cosi come tante altre città.

Il corteo ha attraversato la Bolognina, quartiere storicamente popolare preda di un violento processo di gentrificazione e militarizzazione, fino a raggiungere il centro, in Piazza Verdi.

È stato detto forte e chiaro che se le forze dell’ordine pensano di poter saccheggiare una rabbia che non gli appartiene e che gli è ostile, hanno capito male, che questa sicurezza che spettacolarizza e strumentalizza episodi di violenza per fare pinkwashing istituzionale e coprire campagne securitarie, discriminatorie e razziste, fa parte del problema, non è la soluzione; che se pensano di legiferare sui corpi delle donne, per assoggettare altri corpi, troveranno la strada sbarrata.

Si è ricordato come il sistematico annientamento all’interno delle città di spazi di intersezione e solidarietà alimenti processi di desolidarizzazione nei quartieri, quando é proprio la conoscenza reciproca in quartiere che tante volte ha impedito alla violenza di rimanere un fatto privato, a pemettere che fosse socializzata e affrontata.

Si è ribadito che una società che si autoassolve e che delega a esercito e militari un problema sul quale essa stessa si basa non fa la sicurezza di nessunx, che chi stupra e uccide è un uomo, non un immigrato, e anzi, più spesso è il “bravo ragazzo”, quello “conosciuto”, “inserito”, che “non farebbe male a una mosca”.

Si è ricordata la storia che si ripete da secoli, a ciclo continuo, che stronca le vite di compagne e sorelle per il desiderio maschile di dominarle, assoggettarle, annichilirle, e quanto il risentimento dell’assassino di Giulia verso la sua autonomia sia in perfetta continuità con la violenza istituzionale perpetuata dall’attuale Presidente della Camera Lorenzo Fontana, che accusa della crisi sociale proprio le donne che studiano, pensano, si laureano, non si dedicano alla famiglia e non fanno figli.

Si è gridata l’ostilità verso una società che intende ridurre i corpi femminili al loro ruolo riproduttivo, utili solo come dispensatori univoci di cure sempre disponibili, dediti all’uomo, al padre, al capo, a riprodurre lo stato nazione bianco.

È stata portata per le strade la voce delle soggettività trans, queer, non binarie e intersex in carcere, sono state ricordate le compagne detenute e tutte le persone che subiscono la violenza della reclusione.

E’ stata portata solidarietà alla resistenza dei movimenti femministi palestinesi e a tutte le donne, le soggettività frocie, queer e non binarie, che stanno lottando per la libertà e per l’autodeterminazione, contro il saccheggio colonialista e imperialista delle nazioni, tutte.

E’ stata ribadita l’importanza dell’autodifesa, della sorellanza, di riprendersi strade e spazi, perché nessuna sia lasciata sola con i propri guai e con la propria rabbia, perché non saremo mai libere finché tuttx non saranno liberx!


BOLOGNA: CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

BOLOGNA: CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

Diffondiamo un testo scritto a Bologna da alcune compagne eretiche, transfemministe e antiautoritarie:

CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO. Ci proteggono le nostre compagne non il pacchetto sicurezza 

Abbiamo appreso con rabbia e dolore che Giulia Cecchettin è la 105esima vittima di femminicidio di quest’anno. Vorremmo dirci stupite, ma lo sapevamo già tutte. È la storia che si ripete da secoli, a ciclo continuo, che stronca le vite di compagne e sorelle per il desiderio maschile di dominarle, assoggettarle, annichilirle.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una crescente spettacolarizzazione dei casi di violenza di genere che hanno ricevuto attenzione mediatica, la dinamica è sempre la stessa, mentre si racconta morbosamente la violenza nei minimi dettagli, costringendo la persona coinvolta a ripercorrere costantemente l’accaduto, si cerca di fissare una distanza tra chi commette violenza e la società civile. Lo abbiamo visto succedere a Palermo e lo stiamo rivedendo accadere in questi giorni: chi ci stupra o uccide diventa il “mostro”, il “pazzo”, l'”animale”, troppo difficile ammettere che invece si tratta di una persona “inserita”, conosciuta, un compagno, un amico, un familiare, un conoscente, “quello che non farebbe male a una mosca”, è lo stesso motivo per cui in tante circostanze non siamo credute. È questa normalità che riproduce relazioni di potere e assoggettamento che combattiamo, in famiglia, nelle case, sul lavoro, per le strade.

Si è parlato in questi giorni con indignazione del risentimento che l’assassino mostrava nei confronti della laurea imminente di Giulia, incapace di accettarne l’autonomia, i traguardi, ma se scaviamo, l’odio covato da quest’uomo non ci stupisce e ritorna ben presto familiare. Lorenzo Fontana, attuale Presidente della Camera ed ex ministro della famiglia e della disabilità, figura cardine del Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona del 2019, nel suo testo “La culla vuota della civiltà: all’origine della crisi” senza tanti giri di parole accusa della crisi in corso proprio le donne. Donne che studiano, pensano, si laureano, non si dedicano alla famiglia e non fanno figli. Secondo l’ex ministro attuale Presidente della Camera sono le donne che si sottraggono al loro ruolo di riproduttrici e ancelle del focolare che creano la crisi della nostra società, non chi sfrutta e si arricchisce sulla pelle di comunità e territori, annientandoli. Fontana del resto non fa altro che inserirsi in una lunga genealogia di attacco ai nostri corpi: non dimentichiamo che l’aborto, oggi più che mai minacciato – anche a causa di una normativa che spesso impedisce fattivamente di abortire – era, secondo il codice Rocco, un reato contro «l’integrità e la sanità della stirpe». Una donna non può scegliere se essere madre o se non esserlo: deve riprodurre la società che le uccide, altrimenti è una donna snaturata. Mentre sui giornali si parla di emergenza femminicidi e di uomini impazziti che cedono a raptus, ci si dimentica della continuità storica tra la violenza istituzionale nei confronti delle donne e ciò che si riproduce nelle case e per le strade. Una lunga tradizione di oppressione se si pensa che oltre alla negazione del diritto all’aborto, in Italia il delitto d’onore e il matrimonio riparatore sono rimasti in vigore in Italia fino al 1981.

Omicidi e violenze non sono casi isolati, non sono emergenze improvvise dove lupi venuti dal nulla fanno sembrare la nostra rassicurante quotidianità una serie di true crime. La violenza di genere non è un “problema di ordine pubblico” ma qualcosa di strutturale e sistemico che pervade ogni ambito della nostra normalità. Le lacrime di coccodrillo di una società ipocrita a pochi giorni dal 25 novembre non ci interessano.

Amaramente possiamo pensare che, sì, i nostri corpi valgono, amaramente… perchè nella società capitalista e coloniale i nostri corpi valgono solo quando la loro messa a valore è funzionale a riprodurre lo stato nazione bianco, quando reggiamo le famiglie sulle nostre spalle, quando scandiamo la nostra esistenza tra il lavoro salariato sfruttato e gli istanti di un lavoro domestico invisibilizzato. I nostri corpi valgono se siamo dispensatrici univoche di cura, dedite all’uomo, al padre, al capo, sempre disponibili al ruolo di accudimento. I nostri corpi valgono nella misura in cui sono utili alla propaganda dell’emergenza del politicante di turno che vuole assicurarsi qualche voto in più promettendo “sicurezza contro le barbarie”. Una sicurezza che si pretende arrivi senza che sia messo in discussione l’assetto sociale, e che si traduce nel razzismo sulle persone migranti, nella classificazione di “zone della paura”, nell’aumento di militari e polizia per le strade, in retate nei quartieri, arresti e carcere.

Secondo i dati istat, i crimini violenti si sono sistematicamente ridotti dal 1980 a oggi. L’unico dato in lieve aumento sono appunto i femminicidi. Quella che è cambiata radicalmente, in questi anni, è la percezione di un’assenza di sicurezza. Addomesticatx da anni di retoriche dell’emergenza, ci siamo piegatx alla paura, sempre più alienatx. E così ritorna il vecchio motivetto colonialista e fascista: bisogna proteggere le nostre donne dal pericolo nero. Si legifera sui nostri corpi per assoggettare altri corpi, generalizzando risposte punitive e repressive su parti di popolazione proveniente da specifici contesti sociali e territoriali. Il nome di un luogo che ha visto coinvolti ragazzi minorenni in gravi atti di violenza di genere, diventa il nome di una legge in cui la violenza di genere non è assolutamente il focus dell’intervento ma soltanto il pretesto per prendere provvedimenti di natura autoritaria verso fasce di popolazione già marginalizzate come i minorenni delle periferie.

A Bologna in questi giorni un giornale locale riportava che “sono stati soprattutto giovanissimi nordafricani gli autori di violenze sessuali in luoghi pubblici a Bologna.” Giovane, nordafricano, stupratore. Questa l’equazione di chi vuole parlare alle pance per raccogliere consenso.

Non ci rende sicure una società che si autoassolve e che delega a esercito e militari un problema sul quale essa stessa si basa. La divisa che ci bastona per le strade e ci incarcera quando ci difendiamo o lottiamo per una vita radicalmente diversa fa parte del problema, non è la soluzione. Di questa sicurezza che istituzionalizza e riproduce l’uso patriarcale della forza e della prevaricazione non ce ne facciamo nulla. Non sarà armare di più le forze dell’ordine a renderci sicure. Non sarà un inasprimento delle punibilità su chi usa violenza, che fermerà la violenza.

Desideriamo ripensare a tutto un altro genere di sicurezza, a tutto un altro genere di famiglia, a tutto un altro genere di comunità e di vita, che metta in discussione alla radice la violenza maschile e lo sfruttamento predatorio che si abbatte anche sugli altri corpi, che rimetta al centro la sorellanza, la solidarietà tra oppressx, la lotta per un mondo di libere e uguali, la cura reciproca e l’autodeterminazione.

Bologna, novembre 2023

Alcune compagne eretiche, transfemministe, antiautoritarie

CPR CALTANISSETTA: AGGIORNAMENTI SULLA REPRESSIONE SEGUITA AL TENTATIVO DI BLOCCARE UNA DEPORTAZIONE

A seguito dell’azione di solidarietà concreta che alcunx compagnx hanno portato avanti martedì scorso al Cpr di Caltanissetta, tentando il blocco della deportazione di alcunx prigionerx, la repressione si stringe su di noi e le persone vicine. Oltre alle denunce ricevute, negli scorsi giorni moltx di noi hanno subito dei fermi in strada. Stamattina, durante uno di questi fermi, D., un amico e compagno è stato trovato privo di documenti ed è al momento in stato di fermo al commissariato di Cefalù, in attesa di essere trasferito a Palermo. Chiamiamo tuttx lx compagnx solidali a ritrovarci in presidio di fronte all’ufficio immigrazione di Palermo, in Via San Lorenzo, 271 per manifestare il nostro sostegno e la nostra vicinanza al compagno fermato.

CONTRO IL RICATTO DEL PERMESSO DI SOGGIORNO

CONTRO TUTTE LE FRONTIERE

CONTRO TUTTE LE GALERE

TUTTX LIBERX!!

CPR DI CALTANISSETTA: COMPAGNX PROVANO A BLOCCARE UNA DEPORTAZIONE

Diffondiamo:

Oggi un gruppo di persone ha provato a bloccare una deportazione dal CPR di Caltanissetta. Adesso sono in stato di fermo.
Passa parola.

FREEDOM FOR ALL.
NO BORDERS.


https://www.seguonews.it/catanissetta-attivisti-protestano-a-pian-del-lago-e-impediscono-luscita-di-un-pullman-della-polizia

BORDERS, MILITARY, COPS AND DETENTION CENTER FOR REPATRIATION: A NEW ACCELERATION OF STATE RACISM IN ITALY [PART 2]

Pubblichiamo la traduzione in inglese di un articolo suddiviso in due parti condiviso di recente “FRONTIERE, MILITARI, SBIRRI E CPR : UNA NUOVA ACCELERATA DEL RAZZISMO DI STATO IN ITALIA”. Ringraziamo The Blackwave Collective che ha curato la traduzione affinchè  l’articolo raggiunga quante più persone possibili, oltre barrirere linguistiche e frontiere.

Di seguito la seconda parte (qui in italiano).


We receive and disseminate the first part of a text written by several hands by comrades fighting against Detention Center for Repatriation and borders between Italy and France. In the text, an attempt is made to make a synthesis of the European trends of recent months and the recent decrees passed by the government.

At this link, the first part.

Talks about repeated “migration crises” are a great classic of domestic and European politicians and newspapers. These narratives serve to justify the repression and exploitation of migrant people on European soil. In practical terms, exploitation and racist repression are sustained at the national level by a legislative production made up of decree-laws and at the supranational level by the relentless establishment of treaties and agreements. The ever-increasing presence of militarized borders, cops and jails for undocumented people are the practical implications of these policies.

The “Lampedusa crisis” of recent months, which has seen thousands of people stranded in a semi-prison situation on the island, seems to have accelerated some trends in Italian migration and border management. This text wants to try to dwell on some recent changes (especially from the legislative point of view) to give some small elements of analysis to those who fight against state racism, its jails and its borders. In particular, we will try to trace the latest developments concerning the role of Frontex in Europe, the trends in some European countries on the issue of administrative detention and deportations, and the latest decrees in Italy.

IN ITALY, THE CUTRO LAW: EXPLOITATION OR REPRESSION/EXPULSION

While there is a common trend at the European level to move toward the imprisonment and deportation of more and more people, national policies follow and sometimes anticipate these lines. Regarding Italy in particular, we would like to start by analyzing the so-called Cutro Decree, passed after the shipwreck in February 2023 and converted into law on May 5. This law aims to manage migration through a streamlining of vetting practices for bosses, a calculation of flow quotas that provides for the explicit exploitation of workers who will not be able to obtain documents, and by operating an ironic elimination of the already perverse economic migrant/exile migrant distinction. Any person arriving on Italian soil outside the unrealistic quotas established by the decrees finds their administrative situation squeezed onto the ultra-punitive and marginalizing status of poor migrants who are unable to justify their displacement within the parameters defined by “humanitarian reasons.”

The law provides for a three-year planning of flows, that is, the quotas of people who can enter for work. The measure was enacted primarily in response to pressure from employers’ organizations and trade associations of productive sectors such as agribusiness, for instance, which complained of a structural labour shortage. Despite the significantly higher quotas in this latest decree than in previous years (more than 450,000), the need is at least double (833,000 quotas, even though the government itself says so(1). That makes it clear that the Italian government expects to use undocumented people and is careful not to propose a form of regularization for those who are already in Italy.

The Italian government consistently used the instrument of flows, which existed since the 1990s, before there was an organic immigration law (the TUI). Its use has fluctuated over the years according to trends in the labour market and migration policies. When the Libyan route was opened (as a result of the NATO invasion of Libya) in 2011, de facto landings supplanted the quota contraction to the point of making it almost impossible to enter Italy legally for work purposes. The subsequent contraction of landings as a result of the policies of the Renzi government (Minniti and all those that came after him), together with the abandonment of some sectors (agriculture as an example) by workers from Eastern Europe, has created a structural labour shortage in some sectors. For a couple of years now, because of this, employer associations have been calling for the flows raised.

Another planned change, designed to simplify bureaucratic procedures, stipulates that, even without a clearance, the worker can already come to Italy to work. In addition, the master who applies to seasonal workers through the flow decree is free from controls. Under the guise of simplification, a rule created that validates irregularity.

Conversely, for those who land on European Mediterranean coasts or for those who are already in Italy, de facto, it is confirmed that the only channel to get documents in Italy remains the application for international protection, of which the criteria increasingly narrowed, while also growing control and repression, and the guarantees, already meagre for those who are asylum seekers, absent for those who no longer have any hope of regularizing themselves, decrease. The Cutro law also heavily intervenes in the discipline of special protection. Until now, special protection was the only meagre possibility of regularization for those who did not fit the asylum criteria and subsidiary protection. In fact, among the criteria was taking into account the violation of “private and family life”: that is, the applicant had a way to assert his family ties on Italian territory, social and labour insertion, and the length of stay in the country. It was also possible to apply directly to the Questore for recognition without going through the asylum procedure(2). The Cutro law eliminates the violation of private and family life as a legitimate reason for obtaining a residence permit, and the applicant will no longer have the Questura channel to apply. The special protection permit will continue to exist, but it can only be issued if there is a risk of torture or inhuman and degrading treatment in the country of origin. It almost eliminates the possibility of access to forms of regularization for all those people who have been living and working in Italy illegally for years. Residence permits for special protection will no longer be able to be converted into residence permits for work.

The condition of illegality in which people will left is particularly violent considering that the Cutro law also provides for an expansion of the list of safe countries, that is, those countries where Italy does not deem there to be a risk of persecution or degrading treatment. Gambia, Nigeria, and Côte d’Ivoire are now on this list. Note that for these four new entries, these are the countries from which most migrants arrive on Italian shores, as well as those for which it is easier to implement deportation decrees because of the ease given by the bilateral agreements present.

In parallel, the Cutro law sneakily attacks the status of asylum seekers, re fining the control and repression devices provided for those who are applying for asylum. The law provides for an increase in hotspots (now there are three) for identification and registrationƒ procedures of asylum seekers. Hotspots are facilities where the Salvini Law (2018) provides for the possibility of deprivation of liberty for up to 30 more days and where the guarantor of detainees intervenes, reflecting their prison-like nature. In hotspots or similar facilities, identity verification will now also be able to take place through the use of photodactyloscopic surveying and access to databases, in line (avant-garde) with the future guidelines of the European pact on migration concerning how to divide “parcel migrants” among member countries of the union.

In the name of the same racist management and detention spirit, the new law stipulates that a resident’s identity is not verifiable, they may be transferred to a Detention Center for Repatriation for up to 90 days, to which 30 days may added. So, among the reasons why one can detained in Detention Center for Repatriation, one can add the case of waiting for a response to the application for international protection. To avoid detention, any asylum seeker must now prove that they can have 4538 euros available which to “buy” the state a life outside the Detention Center for Repatriation.

The structure of this decree converted into law already falters in the first months, with the first ruling to the contrary pronounced at the end of September 2023: a judge of the court of Catania does not validate the detention of 4 people in the hotspot of Pozzallo (Ragusa) (3). A second ruling to this effect comes on October 8, again from a judge in Catania, again concerning the detention of 6 people in the same Pozzallo hotspot, which is not validated. In any case, the structure of the law shows that it wants to translate in writing the evidence of the border as ubiquitous throughout Europe, enshrining in black and white that every detention, deportation and control post must be treated, in fact, as a border. The government is now analyzing appeals filed by judges, considering them mere bureaucracy (4). The legal text of the Cutro Decree remains standing and enforced.

THE LAMPEDUSA “CRISIS”: THE SOUTHERN DECREE AND SUBSEQUENT MEASURES

Still on the media wave generated after a series of landings of several thousand people in Lampedusa in the past two months, the Government passed two more decrees on the migration issue in September 2023.

The first decree concerns regulations on the housing and detention of migrants; it threaded into a Decree concerning the Mezzogiorno. There are two central points: the extension of detention time pending deportation and the ownership of detention facilities.

  1. Migrantsconsideredirregularandsubjecttoadeportationdecreecouldnowbe detained up to a maximum of 18 months, with 3-month extensions validated by the judge at the request of the Questore.
  2. BothCentersofPermanenceforRepatriationandHotspotsandCASsare transformed into “works intended for national defence for certain purposes.”

The Government, thanks to the assignment given to Defense and the reclassification of facilities, bypasses consultation with regions and municipalities in identifying the facilities. The Ministry of Defense is in charge of their design and implementation.
The Government has established a fund of 20 million euros for 2023: expenditure of 400,000 euros authorized for 2023 and one million euros in 2024.

Management of the facilities will be entrusted to private individuals, as is currently provided for Permanence Centers, while supervision will remain in the hands of the police force. Procedures for construction work are declared “Extraordinary,” so the MoD can order the immediate procurement of services and supplies as an exception to procedures (as in cases of earthquake or flood).

The number of centres will have deemed “suitable” and may increase over time. Existing buildings, probably former barracks, will also be converted. The armed forces will thus be primarily the operational arm that will allow for cuts in procedures, time, and costs.
In practice, the government is equipping itself with the tools to quickly and extensively set up a series of new prisons for undocumented people, where they will be locked up for a year and a half while awaiting deportation (the idea is one Permanence Center per region).

Yet another decree is then approved three days after the first one. The structure of the new immigration and “security” squeeze (included in yet another 11-article decree-law) provides an additional category of individuals at risk of deportation, i.e. people with long-

term residence permits but considered dangerous “for serious reasons of public order or state security.” It is a really serious measure because it implies that any foreign person, even one with documents, will be at risk of deportation.
Further tightening also to those administrative/legal avenues hitherto possible to try to slow down deportation proceedings: a repeated application for asylum (after the denial of the first one) will not block the execution of a pending removal order.

Another issue is that of the management of minors: the decree provides for the possibility of conducting “anthropometric” and health assessments more quickly, including the use of X-rays, to verify the actual age of people who declare themselves to be unaccompanied minors. If the age declared does not match the assessments (altought such measurements are often inaccurate and scientifically controversial [5]), the alien can condemned for making false statements to a public official, and the conviction may be deportation itself.

Finally, there is a further enlargement of funds designated for migration management: the measure allocates €5 million for 2023 and €20 million from 2024 until 2030 for interventions in favour of the Police and Fire Service. In addition, it increases police personnel at Italian embassies and consulates to enhance entry visa verification.

Summing up this legislative review, we can say that the Meloni government has only ever operated by decrees, starting with the so-called Piantedosi Decree of January 2023, which makes sea rescue more complicated and provides penalties for NGOs that fail to comply with complex procedures.

Legislatively speaking, operating by decrees emphasizes an emergency, emergency and racist management as well as reaffirming a war on the skin of the “migrant enemy,” a situation that reinforced in the use of military engineering for new detention centres.
All the legislative interventions we have written about increasingly operate in various measures an overlap between reception and detention, making the repressive reading more and more evident concerning the act of migrating.

The media necessity of the right-wing discourse on migrants has meant that the decrees were “legally” poorly written: the language denoting them is nebulous, and confused, not to mention that they contain a variety of contradictions, which is why the judges of the Catania section annulled the detentions. Despite this, the decrees are enforceable immediately, and the period of uncertainty about the actual application of the rules weighs even more heavily on the lives of those considered irregular.

It is yet another form of institutional racism.

In conclusion, it will consider how the measures discussed above will implemented in reality. We have spoken here in legal and technical terms, but the venues of the courts are not where we place our energies and expectations of struggle.
We do not yet know how the situation will unfold: the governments’ plans will clash with the struggles and resistance of all those who will continue to cross seas and walls, to break out and destroy the cages in which you want to lock them up, to fight to be able to make decisions about their own lives. And we will see if we can build effective and not just symbolic forms of solidarity with these struggles so that of all these cages will not remain only rubble.

 


NOTES

(1) https://www.governo.it/it/articolo/comunicato-stampa-del-consiglio-dei-ministri-n-42/23077

(2) https://www.asgi.it/wp-content/uploads/2023/06/1-Scheda-su-riforma-della-protezione-speciale-DEF.pdf