SMASH REPRESSION: STREET PARADE MODENA [FOTO + TESTI]

DALLA STREET PARADE DI MODENA DEL 28 OTTOBRE 2023

Il 28 ottobre 2023, nella città della strage al carcere Sant’Anna,  ad un anno dal rave di Modena nord e dalla legge anti-rave, un anno di sgomberi, repressione e ostilità, per le strade e nei quartieri, un fiume di persone si è ripreso le strade al grido di Smash Repression, contro la società del proibizionismo, delle gabbie e dei CPR, in solidarietà ai rave, alle TAZ, agli spazi sociali e a chi lotta.

Riceviamo e diffondiamo alcune riflessioni, volantini e interventi portati quel giorno + qualche foto.

Siamo qui oggi contro il cosiddetto “decreto anti-rave”, ora legge, primo atto dell’attuale governo neofascista, legge che introduce una pena dai 3 ai 6 anni di reclusione per chi invade terreni o edifici per realizzare “raduni musicali” o altro tipo di intrattenimento  e aggregazione. È evidente la volontà dello Stato di reprimere ogni forma di organizzazione dal basso e impedire qualsiasi tipo di socialità fuori dal mercato, che non sia regolata dalla sua disciplina. Ce lo dicono gli sgomberi che avvengono in ogni città. Ce lo dicono i fogli di via che sono arrivati in questi giorni per impedire a compagne e compagni di essere qui con noi, per fare in modo che qui fuori in strada si sia sempre meno.

 Torniamo in strada oggi di nuovo contro la mercificazione dei nostri corpi e dei nostri desideri, contro la repressione che colpisce sempre più duramente chiunque si oppone a questo modello di sviluppo insensato, per rifiutare il divertimento consumistico e la desertificazione sociale imposta dall’alto, e difendere altri modi di stare insieme. Vogliamo che dalle nostre casse risuoni il grido di chi non si arrende nelle carceri, alle frontiere,  contro i CPR e il razzismo che permea sempre più questa società, contro la società del proibizionismo e delle galere, contro le retoriche del decoro, del degrado e della sicurezza portate avanti dai vari partiti di destra, così come della sinistra cosidetta progressista. Con Alfredo, Anna, Juan, Zac, Stecco… e a chiunque non smetta di lottare nonostante le pesanti condanne detentive ricevute!

SMASH REPRESSION!

A MODENA GLI ASSASSINII DI STATO SONO DI CASA!

In occasione della Street Rave Parade di oggi, il sindaco Muzzarelli e la questura starnazzano raccomandazioni di mantenimento del decoro urbano, di rispetto delle ”procedure democratiche” di espressione del dissenso, ricordandoci inoltre che qualsiasi tipo di ”provocazione” e ”atto violento’ verrà accolto a suon di manganellate democratiche con conseguenze legali annesse e connesse.

Che novità! La solfa è sempre quella: manifestare è un’azione ”legittima” e ”democratica” solo se non si mette veramente in questione l’esistente con le parole e con i fatti, solo se ci si comporta educatamente e responsabilmente accettando le leggi dello Stato e dei padroni fatte apposta per mantenere quella pace fatta di sfruttamento, repressione e guerre che dovremmo conoscere bene. Sapessero il sindaco e la questura quanto ce ne fotte della democrazia e delle loro sacre leggi!

A noi questo mondo fa proprio schifo e moriamo dalla voglia di rovesciarlo; vogliamo essere incompatibili con questo sistema e quindi col decoro e l’ordinarietà democratica. Che questa incompatibilità si esprima coi mezzi che meglio creda dunque; e se queste modalità non sono recuperabili e strumentalizzabili dal potere e dei leccaculi di giornalisti tanto meglio, se li attaccano:EVVIVA!

Che il Sindaco e la questura di una città – che l’8 marzo 2020 ha visto consumarsi all’interno del Carcere S.Anna una strage di Stato terminata con 9 detenuti morti – ci vengano a parlare di rifiuto della violenza, di diritti e di rispetto, la dice lunga su di quanto valgano le loro parole e la loro democrazia. Quel giorno il carcere di Modena, assieme a tante altre galere d’Italia, veniva scosso dalle rivolte dei detenuti, dalla loro rabbia e disperazione per le condizioni disumane accumulatesi da decenni, e non solo per la sospensione dei colloqui in carcere coi parenti motivata dall’emergenza Covid. La risposta alle rivolte da parte dello Stato è stata brutale e ha comportato 9 morti.

Ma nella democratica città di Modena la violenza va bene solo se viene esercitata dallo Stato contro gli oppressi, ancor meglio se questi sono emarginati, ricattabili o internati all’interno di lager come carceri e CPR. Quasi un mese fa, sempre all’interno del carcere di Modena, perdeva la vita un altro giovane ragazzo per arresto cardiaco nella sezione Nuovi Giunti. Le condizioni di salute in repentino peggioramento erano state segnalate dalle grida e dalle richieste di aiuto degli altri detenuti, ma sono rimaste inascoltate dalle guardie assassine e dal personale del carcere che ha permesso che il detenuto morisse senza venire prontamente soccorso. La violenza di Stato prende corpo anche nelle strade della città, e anche lì causa morti. Taissir Sakka (31 anni) è morto nella notte tra il 14 e 15 ottobre, il suo corpo è stato trovato in un parcheggio della città pieno di botte e con la testa aperta. In relazione a quanto accaduto quella notte sono indagati sei carabinieri.

La società dello Stato e dei padroni si fonda sul monopolio della violenza e sul suo utilizzo sui corpi e le menti di chi si ribella o di chi risulta scomodo. Accettare le narrazioni di chi ci vuole divisi in buoni (decorosi) e cattivi (indisciplinati, ribelli e teppisti violenti) significa fare il gioco di questa società, difendere la violenza di Stato collaborando con esso. I nostri nemici sono lo Stato e i padroni colpevoli di stragi quotidiane sul lavoro, in mare, nelle galere e nei CPR, nei territori occupati militarmente e coinvolti nel conflitto globale che giorno dopo giorno va internazionalizzandosi sempre di più.

Anarchiche e anarchici

Siamo entrati in SMASH REPRESSION urlando con convinzione NO 41-BIS contro la repressione e la violenza di Stato e ci siamo ritrovati a chiedere scusa di esistere su media e stampa. Nella stessa città che ha dato il La al decreto anti-rave e che sta archiviando la strage al carcere Sant’Anna non ci stiamo a rassicurare lo Stato “che la violenza non sarà tollerata in nessun caso, per nessun motivo” come fatto per questa street, assecondando proprio le stesse retoriche che da sempre usano per dividerci in buone e cattive, e reprimerci. Nella stessa città candidata ad ospitare un CPR, dove le morti in carcere continuano, e non solo in carcere, anche per le strade, non ci stiamo a prendere lezioni da chi della violenza ne ha fatto istituto.
Non abbiamo nulla da dimostrare a Stato e pennivendoli. Non ci preoccupa cosa diranno giornali, benpensanti e forcaioli. Non abbiamo nessuna immagine da difendere, non ci interessa se qualcuno ci dipingerà come vandali. Lo hanno sempre fatto e lo faranno sempre.
Post paternalistici legati all’iniziativa dove si invita a “lasciare la città quanto più possibile pulita”, a “non fare la pipì per strada”, dove ci si descrive come “4 scappat* di casa” che devono dimostrare di essere “bravi” e “civili” (solidarietà e rispetto invece a chi è scappat* di casa). Ci chiediamo cosa succederà se la città domani non sarà “pulita” come promesso, cosa succederà se qualcuno scriverà qualcosa sui muri, cosa succederà se i bagni chimici non basteranno, cosa succederà se i giornali ci dipingeranno come sempre, come più gli piace? Si prenderanno le distanze dai barbari incivili? Questo è esattamente ciò che combattiamo, i principi grazie alla quale la repressione ci divide, si riproduce e impera. Nel nome del decoro e di una versione pervertita della sicurezza, ci sono fioriere che valgono più delle vite umane. Capiamo bene che una manifestazione così grossa, in particolare una street, può avere bisogno di attenzioni specifiche, ma che queste attenzioni e questa cura siano per noi, per nostra scelta, non per dimostrare qualcosa a chi ci opprime.

Come individualità in lotta contro carcere, sfruttamento e repressione, rifiutiamo questo genere di messaggi e di discorso.

NON CHIEDIAMO SCUSA DI ESISTERE, LOTTIAMO PER ESISTERE!

SE È LEGALE NON CI PIACE – Ad un anno dal decreto anti-rave

È passato ormai un anno dal cosiddetto “decreto anti-rave”, un anno da quando sull’onda dell’indignazione generale causata dal Witchtek di Modena, è stato introdotto un nuovo reato: invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumità pubblica (art. 633-bis). Tale reato è punito con la reclusione da 3 a 6 anni e con la multa da 1.000 a 10.000 euro, oltre che con la confisca del sound e delle attrezzature.
La repressione delle feste è la parte folkloristica del decreto da dare in pasto all’elettorato. Per capirne le vere intenzioni, cioè quelle di togliere ogni margine al dissenso non fine a sé stesso, dobbiamo ricordarci che introduce nuove disposizioni riguardanti l’ergastolo ostativo, rendendo particolarmente difficile la concessione di benefici penitenziari per i detenuti che non collaborano con la giustizia.
In Italia abbiamo visto in questi mesi un’escalation repressiva che ha portato ad una vera e propria caccia alle streghe nei confronti di chi, di volta in volta, è stato additato come il nemico pubblico di turno – i ravers, i migranti, gli ecologisti, gli anarchici – con leggi create ad hoc per colpire queste individualità e le loro azioni.
Lo Stato che fa la guerra ai free party è lo stesso Stato che quotidianamente lascia morire persone dentro la cella di un carcere o in mare, lo stesso Stato che quotidianamente tortura e abusa dentro galere e CPR o alle frontiere. È lo stesso Stato che schiera la polizia a difesa delle fabbriche, picchiando chi decide di scioperare. È lo stesso Stato che vorrebbe seppellire vivi i nostri compagni e le nostre compagne a colpi di sentenze di tribunale e anni di galera.
Ogni volta che si manifesta una forma di conflitto, la repressione colpisce con forza. Per questo crediamo che la lotta contro il decreto anti-rave non possa essere una lotta isolata, ma vada inserita in una cornice più ampia che renda evidente, da una parte, il tentativo di disciplinamento da parte dello Stato – che vorrebbe annichilire qualsiasi forma di azione diretta – dall’altra, l’intersecarsi di tutte le lotte – da quella contro il carcere e il 41 bis, a quella contro il TAV, le basi militari e le grandi opere.
Per questo crediamo sia importante non delegittimare il potenziale sovversivo dei free party, non cercare il dialogo con gli sbirri, non giustificarsi dicendo che “non stiamo facendo niente di male” o “non siamo criminali”: quando balliamo stiamo commettendo un reato. Il nostro posizionamento non è neutro: anche la festa è un momento conflittuale!
Il rave è un atto illegale e come tale implica il conflitto con l’autorità. Non vogliamo e non dobbiamo giustificarci agli occhi dello Stato, non vogliamo ottenere alcuna legittimità o riconoscimento. Rivendichiamo la nostra illegalità perché non vogliamo un posto nel loro sistema marcio, né tantomeno vogliamo essere accettati! Rivendichiamo la nostra illegalità perché sono loro ad imporre regole e leggi: non pensiamo che la creazione di TAZ sia un “diritto” da “liberi cittadini”, bensì un’azione concreta che ogni individuo può intraprendere per gettare le basi di un’esistenza autogestita, per gettare il cuore oltre l’ostacolo rappresentato da una realtà opprimente, di repressione, guerre e sfruttamento. Ed è nei confronti di questa realtà e delle loro leggi che ribadiamo tutto il nostro odio…

Perché una società che abolisce tutte le avventure, rende la distruzione di questa società l’unica avventura possibile.

Nemiche dello Stato

FREE PALESTINE

Siamo qui ma il nostro cuore e le nostre menti sono al fianco della Palestina, per lo stop immediato del massacro in corso e contro tutti i governi che lo stanno avallando.

In aggiornamento…