NUOVA PUBBLICAZIONE, REPRINT EDIZIONI: “MARA E LE ALTRE. LE DONNE E LA LOTTA ARMATA: STORIE, INTERVISTE, RIFLESSIONI”

Diffondiamo:

È uscito un nuovo testo del progetto reprinting, copie anastatiche di libri di un certo interesse per i contenuti e di difficile reperibilità. Dopo “La rivolta di piazza statuto”,  “I tupamaros in azione”, “I Nap”, “Com’è cominciata” e “Diritto all’odio”, questa volta abbiamo scelto il testo “Mare e le altre – Le donne e la lotta armata: storie interviste e riflessioni” di Ida Faré e Franca Spirito, edizioni Feltrinelli 1979, un testo introvabile e che riteniamo sia altamente interessante per le testimonianze che riporta. Una serie di racconti ed interviste ad alcune delle protagoniste di gruppi armati degli anni settanta in Italia ed in Germania. Dialoghi, scambi e riflessioni che vogliono indagare le scelte profonde che  le portarono nel percorso della lotta armata senza mitizzare né porre giudizi o accuse, ma un modo per comprendere come le donne hanno vissuto le loro scelte nell’intraprendere il loro percorso di azione diretta, in alcuni casi anche in contraddizione con il movimento femminista di quel periodo o del proprio vissuto. Ed infine,  “Mara e le altre” torna  ancora più attuale in questo periodo in cui viene riaperto il processo per la sparatoria a Cascina Spinotta, dove il 5 giugno 1975 Mara Cagol viene uccisa. La giustizia di stato si ostina nella sua ricerca di vendetta, vendetta in primis nei confronti di un’idea, quella coraggiosa e rivoluzionaria di riprendersi il presente per cambiare il futuro, e vendetta verso uomini e donne che hanno trascorso molti anni della propria vita privati della libertà nelle carceri, spesso il regimi duri e di isolamento, ai quali ed alle quali tornat@ in libertà è stato impedito di parlare o raccontare con le proprie testimonianze delle loro esperienze nella lotta armata. Noi invece riteniamo altamente interessante che di quella esperienza si sappia e si conoscano le storie, attraverso le parole delle sue protagoniste ed eccoci qui…

Per info e spedizioni:

reprintedizioni@autistici.org
Edizioni Reprint


Dalla quarta di copertina:

Scopo di questo libro non è analizzare le ragioni politiche che spingono le donne a entrare nella lotta armata. bensì rintracciare, attraverso le storie di alcune protagoniste, o, là dove il caso lo ha consentito, gli incontri e le interviste, quali sono le possibili motivazioni profonde, le spinte inconsce, che determinano una scelta cosi drammatica e nella maggior parte dei casi irreversibile. Una contraddizione tragica sembra segnare quella scelta poiché íl corpo della donna, la sua sessualità, la sua identità, tutti i nuovi valori che essa tonde a costruire, vengono violentemente e necessariamente cancellati da questo tipo di lotta politica. Eppure nell’atto assoluto, di ribellione totale, sembra agire un’identificazione (anche sognata, anche fantasticata) che riscuote e risveglia qualcosa che non appare estraneo alle donne. Lo conferma la loro partecipazione ai gruppi armati che, anche se non ben nota come percentuale, risulta significativa Si tratta dunque di indagare su questa contraddizione, in alcuni suoi aspetti specifici, il rapporto tra le donne e le istituzioni, di storica estraneità, il rapporto con la violenza esercitata direttamente (rapporto ambivalente, perché da un lato risulta assunzione di parametri maschili, dall’altro racchiude il fascino dell’apparentemente possibile e immediata rottura della subordinazione, fino al gioco liberatorio della clandestinità come illusione di essere fuori da tutte le regole); la realtà materiale in cui di fatto si svolge la pratica dell’azione armata, la condizione di quelle che “sono tornate indietro”: l’analisi della situazione quale appariva alla più “teorica” delle combattenti armate, Ulrike Meinhof, le lotte nelle carceri, in cui le donne dei gruppi armati hanno esercitato una funzione guida; il dibattito sulla violenza nel movimento delle donne, con particolare riferimento ai gruppi che esercitano e si riconoscono nell’azione diretta.
“Il gruppo clandestino si pone per definizione contro e fuori del sistema” — è una prima conclusione delle Autrici — “ma non ha la possibilità di pensarsi e di definirsi, nel senso che il suo ‘contro’ non può che trasformarsi in uguale, anche se contrario. Non riesce più a trovare la possibilità di costruirsi e di differenziarsi da quel sistema violento che vuole combattere e finisce per essere travolto e per indossare il vestito che lo stato gli dà. Si può dire allora che in una situazione come questa le donne rappresentano una contraddizione invisibile, e si sono andate a ficcare in un luogo ìn cui riconoscere la propria differenza e i propri specifici problemi risulta più impossibile che mai.”


Qui un podcast con degli estratti dal libro realizzato dalle compagne di
porfido:

https://porfidotorino.it/2025/04/14/mara-e-le-altre-di-ida-fare-e-franca-spirito/

TORINO: PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR

Diffondiamo

SABATO 10 MAGGIO ORE 18:30
appuntamento in Corso Brunelleschi angolo Via Monginevro

Ora più che mai sentiamo l’esigenza di essere presenti e numerosx sotto le mura del CPR di Torino.

Dal giorno della sua riapertura, i reclusi hanno continuato senza tregua a resistere e lottare contro questo lager di stato. Nella serata di Mercoledì 30 Aprile, il fuoco della rivolta ha divampato portando all’attuale chiusura dell’area Viola.
Nonostante la repentina e brutale repressione di questi momenti, nei giorni a seguire non sono mancati atti – anche consistenti – di insubordinazione.

Sappiamo che l’unica forma di lotta possibile contro questi centri è quella che i detenuti continuano a mettere in campo con coraggio, attraverso proteste quotidiane: dagli scioperi della fame alle rivolte che infiammano le aree.
L’unica soluzione possibile è che questi lager vengano chiusi da dentro e con il fuoco della rivolta, come è successo nel Febbraio 2023.
Dinanzi a questo, il minimo – ma necessario e irrinunciabile – che possiamo fare noi è essere presenti da fuori per trasmettere tutta la forza della solidarietà ai reclusi.

Sappiamo che ci sentono, teniamoci strettx a loro. Non lasciamo nessunx indietro.

Perchè chi lotta non è, e non sarà mai, solx.

FUOCO AI CPR

TORINO: LO SGUARDO DEL NEMICO. DISCUSSIONE CONTRO IL REATO DI DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

Diffondiamo

Alle nostre latitudini vige una certa difficoltà a riconoscere alcuni comportamenti collettivi come fatti intrinsecamente politici. Quando la violenza viene messa in atto dal basso, certe chiavi interpretative tendono, colpevolmente, a svuotare di significato tali pratiche: invisibilizzando la rabbia sociale di chi vive perennemente intrappolato nella subordinazione razziale e di classe. Specifiche situazioni di potente esplosione collettiva vengono così, di conseguenza, depoliticizzate e/o addomesticate.

Da una parte, il potere statale e le sue diramazioni, impongono il proprio monopolio nell’esercizio della violenza tesa a salvaguardare il supposto benessere collettivo.
Dall’altra, esiste tangibile una violenza intrinsecamente, politica: che spezza le logiche del gioco democratico e irrompe in maniera improvvisa, mossa dal senso di ostilità e dal desiderio di libertà. Questa rabbia, che si materializza nella necessità imprescindibile dell’uso della violenza, per opporsi ai propri oppressori e ai simboli del potere, irrompe nelle strade, sale al cielo nel fuoco dei CPR e ribolle tra le celle delle carceri. Spiragli di libertà e liberazione su cui, con cadenza regolare e con l’intento di funzionare a monito per tuttx, cade la repressione.

Le proteste a fine ottobre 2020, culminate con la celebre vetrina infranta di Gucci, contro l’ennesimo lockdown imposto dal governo; il corteo del 4 marzo 2023 in solidarietà al prigioniero anarchico Alfredo Cospito condannato al regime di tortura del 41 bis, le rivolte dell’estate scorsa all’interno del carcere minorile “Ferrante Aporti”, sono potenti esempi, diversi tra di loro, accomunati dalla volontà della Procura di Torino di reprimerli duramente tramite la contestazione del reato di devastazione e saccheggio. Un reato che ha trovato un campo di applicazione molto vasto negli ultimi anni: dal reprimere le componenti ultras, a punire con pene altissime le costanti rivolte nei centri di accoglienza o nei CPR italiani, fino alle galere penali. Un utilizzo dell’articolo 419c.p. che trova la sua genealogia nel fine ultimo di soffocare qualsiasi espressione di conflitto sociale.

In un momento storico in cui la logica bellica fa parte della quotidianità e con essa la creazione di molteplici nemici interni, risulta sempre più impellente discutere e analizzare le varie componenti della macchina repressiva per non farci cogliere di sorpresa.

Ne parleremo con il collettivo Prison Break Project, che da anni studia criticamente il contesto sociale italiano in relazione alle dinamiche repressive messe in campo dallo stato.

16 MAGGIO – Ore 18
Campus Einaudi (Torino)

BARI: JAPR L’EKK – APRI GLI OCCHI CONTRO LA REPRESSIONE

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Siamo una rete di collettivi e singole soggettività che si riunisce a Bari dall’inizio di settembre 2024 a seguito delle focose proteste accadute nelle carceri italiane nell’estate 2024. Abbiamo riconosciuto anche grazie alle loro proteste come il pugno di ferro dello stato, sta colpendo sempre più forte. Nelle carceri e nei CPR vediamo la violenza della stato nella sua forma più tangibile ma ormai anche nelle strade si vedono gli attacchi mirati a chi in questo Paese prova ad andare avanti. Ce lo stanno facendo capire bene: se hai il portafoglio pieno (e la pelle bianca) “sii felice sei a bari” altrimenti fuori.

Galere e CPR sono strutture detentive fondamentali per la continuazione e la crescita di questa società ipocrita e sbagliata. Quando sei fuori dalla “legge del momento” devi essere punitx, che tu sia un migrante o una persona trans, che il problema sia la casa o il documento… l’obbiettivo è annullarti e gli strumenti sono tanti. Affinché tu possa essere da esempio, perché la nostra libertà significa la loro banca rotta.

Ed è per questo che nasce questa assemblea: alla repressione che cresce vogliamo rispondere costruendo alleanze bastarde e complicità insolite, vogliamo far scoppiare la bolla del decoro urbano e ricolorare le strade. Vogliamo rompere l’isolamento delle persone detenute a Bari, nel carcere e nel cpr, e provare dal basso a costruire una cassa cittadina per chi viene colpitx dalla repressione.

A CHI HA UNA BOMBA DENTRO AL CUORE LIBERTÀ A TUTTX LX PRIGIONIERX – FUOCO AI CPR

https://japrlekk.noblogs.org/

MONTALTO DI FAUGLIA: IL LATO OSCURO DELLA CURA – ABUSI, CONTENZIONI E SILENZI

Diffondiamo

LANCIO DELLA CAMPAGNA “DATE I NUMERI” SULLE CONTENZIONI IN TOSCANA

Le volte in cui, nel solo 2022, donne e uomini sono stati contenuti immobilizzati a letto sono state 7534 in 12 Regioni italiane. Il numero in tutta Italia è certamente molto più alto, visto che le altre 8 Regioni non hanno inviato dati utilizzabili o affermano di non averli. Tra queste la Regione Toscana. “I dati richiesti non sono detenuti dalla scrivente amministrazione”: è la sorprendente risposta ricevuta dalla regione Toscana, i cui funzionari – forse ignari dell’impegno preso dall’intesa Stato-Regioni dell’aprile 2022 sul monitoraggio delle contenzioni entro luglio 2024 – hanno invitato a rivolgersi direttamente a ciascuna delle aziende sanitarie locali oppure ai singoli reparti psichiatrici ospedalieri. Anche nella struttura di Montalto di Fauglia gestita dalla fondazione Stella Maris veniva praticata la contenzione meccanica. Sotto il comunicato sull’ultima udienza del processo sui maltrattamenti alla Stella Maris svoltasi venerdì 21 febbraio 2025.

MONTALTO DI FAUGLIA: IL LATO OSCURO DELLA CURA – ABUSI, CONTENZIONI E SILENZI

Dopo aver assistito all’udienza, l’ennesima, del processo sui maltrattamenti ai ragazzi con disabilità ospiti della struttura di Montalto di Fauglia (Pisa) gestita dalla fondazione Stella Maris, che si è svolta venerdì 21 febbraio, e in attesa della prossima in programma martedì 6 maggio 2025, abbiamo alcune considerazioni da fare.
Nell’udienza di febbraio erano stati ascoltati cinque testimoni della difesa: il medico di base, due assistenti, un infermiere e uno psichiatra.

Come le scorse volte il canovaccio usato dalla difesa è stato lo stesso: i testimoni chiamati in aula hanno sostenuto che i violenti erano in realtà i ragazzi con autismo; nessuno di loro, hanno dichiarato, ha mai visto i colleghi maltrattare gli ospiti. Non c’è stato alcun riscontro alle riprese delle telecamere installate in sala mensa, che hanno immortalato più di 280 episodi di violenza in meno di tre mesi. Una violenza non episodica ma strutturale. Eppure sia le due assistenti che l’infermiere hanno dovuto ammettere di aver ricevuto delle sanzioni disciplinari dalla direzione della Stella Maris per essere stati ripresi dalla telecamere mentre assistevano, senza intervenire, ad atti violenti contro i ragazzi. Una conferma indiretta della conoscenza dei maltrattamenti da parte dei vertici della struttura.

È emerso inoltre, come era già stato messo in evidenza anche durante le udienze precedenti, la mancata formazione del personale da parte della Stella Maris. Una delle due assistenti ha infatti riferito di avere conseguito l’attestato di OSS (Operatrice Socio Sanitaria) solamente nel 2018, quindi dopo gli abusi che risalgono al 2016.

Molto importanti sono stati gli interrogatori del dottor Marinari e dell’infermiere Biagini. Lo psichiatra ha ammesso di avere svolto un doppio ruolo, e questo fatto è abbastanza inquietante già di per sé. Come primario della psichiatria territoriale partecipava alle riunioni semestrali con la Stella Maris per la stesura dei piani individualizzati dei ragazzi. Con questa mansione seguiva soprattutto quelli con autismo che erano il 75% dei ragazzi di Montalto. Dopo la pensione è stato poi assoldato dalla Stella Maris come consulente a contratto e poi ancora come responsabile sanitario della struttura di Montalto fino a oggi. Marinari ha affermato che da primario territoriale della psichiatria proponeva i ricoveri per i ragazzi quando i costi, in caso di assistenza domiciliare oppure di ricovero in struttura al momento della crisi, erano considerati troppo alti dalla Società della salute. Ha detto testualmente: “inserire ragazzi a Montalto era spesso un risparmio economico per la Società della salute”.

L’ultima testimonianza della mattinata è stata quella dell’infermiere Biagini. Ha raccontato in maniera molto asettica come funzionava l’infermeria. Qui la contenzione era una pratica costante e quotidiana. Ha usato testualmente queste parole: “c’era un letto con le contenzioni di tipo meccanico con cinghie ancorate ai quattro lati del letto, più altre cinghie che venivano usate sopra queste”.

Come nei manicomi.

L’infermiere ha detto anche che questi contenimenti provocavano spesso lesioni e lividi e a volte fratture, citando il caso di un ragazzo con una gamba rotta. Ha poi continuato dicendo che a Montalto di Fauglia non c’erano corsi di formazione su come usare questo tipo di contenzione, ma molta improvvisazione. Testualmente: “non c’è stato nessun corso sulla contenzione,veniva detto tutto a voce”. Lo stesso infermiere ha confermato l’uso dei tappeti contenitivi, pratica che  era già emersa durante le scorse udienze. L’utilizzo dei tappeti contenitivi non è stato mai autorizzato né dalla Regione Toscana, né dall’ASL e nemmeno dalla Società della salute. I tappeti contenitivi non risultano essere dei dispositivi approvati da utilizzare in caso di contenzione. L’infermiere, a precisa domanda da parte di un avvocato, ha risposto che ad oggi nella struttura di Marina di Pisa non usano più questo dispositivo, che è stato sostituito da una non meglio qualificata “coperta di sabbia”. Non è stato possibile sapere altro perché nessun avvocato si è sentito di chiedere informazioni aggiuntive su questo ulteriore dispositivo di contenzione.

In cosa consiste la “coperta di sabbia”? Che tipo di dispositivo è? Chi l’ha autorizzato? Qualcuno prima o poi dovrà dare una spiegazione, soprattutto per i familiari delle persone ospitate nella struttura che meritano risposte chiare e trasparenti.

La Stella Maris dovrebbe avere il coraggio di prendere una posizione chiara e definitiva contro ogni metodo coercitivo e degradante. Sarebbe importante che la fondazione abbandonasse per sempre qualsiasi pratica di contenzione o di trattamento inumano.

Indipendentemente dall’esito del processo le sofferenze vissute rimarranno impresse nelle coscienze di chi li ha subite e delle loro famiglie. Esprimiamo loro tutta la nostra solidarietà.

La presunta eccellenza della Stella Maris è un grande bluff. A Fauglia non venivano fornite cure o trattamenti terapeutici, ma si perpetravano atti di violenza e trattamenti degradanti e umilianti. Tutte le pratiche di contenzione, tra cui anche i tappeti contenitivi o “le coperte di sabbia” rappresentano, oltre che inaccettabili forme di abuso, uno dei tanti simboli del fallimento dell’utopia psichiatrica.

Invitiamo a partecipare al PRESIDIO in SOLIDARIETÀ alle VITTIME dei MALTRATTAMENTI alla Stella Maris MARTEDÌ 6 MAGGIO ore 10.30 c/o il Tribunale di Pisa in Piazza della Repubblica.

Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud

per info e contatti:
Collettivo Antipsichiatrico Antonin Artaud
via San Lorenzo 38, 56100 Pisa
antipsichiatriapisa@inventati.org
www.artaudpisa.noblogs.org 3357002669
https://www.youtube.com/@CollettivoArtaud

QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLO SCANDALO DELL’ESCLUSIONE

Riceviamo e diffondiamo questo contributo in risposta a dei testi usciti sulla Fiera dell’editoria e della propaganda anarchica di Roma  e, più in generale, al contesto anarchico e alla tendenza antifemminista portata avanti da qualche persona.

QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLO SCANDALO DELL’ESCLUSIONE

Da diversi anni giro nel contesto anarchico e sicuramente non sono estranea alla lettura di articoli su siti di movimento, né tantomeno al commentarli e confrontarmici su. Purtroppo capita che alcuni di questi, pur trovandoli di dubbio interesse in termini di contenuto, mi risultino poi utili a capire una tendenza oramai consolidata su cui penso sia arrivato il momento di soffermarsi.

Onestamente, sono convinta che non siamo d’accordo su quali siano le basi che dovrebbero accomunarci nell’ideologia anarchica e va bene discutere di questo, ma per favore facciamolo con quest’assunto. Io mi sento di rivendicare la scelta politica di organizzarmi per affinità e di scegliere in base a questa, come quella di diffondere contributi che considero interessanti in base al contenuto e alla persona che li produce. D’altra parte credo che ognun di noi si dia criteri più o meno definiti in questa direzione, altrimenti gli stessi blog non sarebbero più tali, ma piuttosto dei forum dove qualsiasi internetnauta direbbe la sua con o senza pertinenza con i concetti che si vorrebbe diffondere, o una “Fiera del Libro Anarchico” potrebbe trasformarsi in un “Salone dell’Editoria”, se vogliamo, indipendente. Ma diciamoci anche che di saloni del libro già uno ce n’è e basta e avanza. Io mi rivendico di scegliere di diffondere idee che condivido e di riunirmi con chi trovo affine nel voler distruggere ogni gabbia, sabotare la guerra, far fronte al suprematismo scientifico e l’avanzamento tecnologico e, sopratutto, riconoscere e abbattere il dominio umano, bianco e patriarcale. Non vedo dove sia il problema in questo e anzi ringrazio chi si impegna a creare situazioni in cui ciò sia possibile.

Il tema dell’esclusione, d’altra parte, è un tema che sembra essere davvero caro a molti e su cui c’è chi prova a batter chiodo da molto tempo. Che sia per un’insidiosa FOMO (Fear Of Missing Out: Paura di perdersi qualcosa – e spiego a chi è più avvezzo al latino che questo sì, è un anglicismo, mentre un testo scritto in inglese per un evento di taglio internazionale è una scelta di renderne accessibile il contenuto) che colpisce gli umani con tendenza più sociale, o per una mera questione di principio, a me purtroppo ancora non è chiaro perché risulti una punizione così feroce e sopratutto un gesto irrivendicabile. D’altra parte non mi sono mai posta il problema vedendo cacciare infami o gente che si è intascata soldi da casse benefit. E allora qua la domanda che mi sorge spontanea è: non siamo d’accordo sull’esclusione o sui motivi che spingono a questa? E se fosse la seconda ipotesi, perché allora non si parla di questo?

Trovo che la scelta di dirottare la discussione sui metodi, piuttosto che sul contenuto, sia fin troppo forviante. E quasi mi viene il sospetto che non sia un caso. Quel che sto riconoscendo in determinate argomentazioni è la tendenza a portare delle narrazioni di fatti in maniera già ben veicolata in termini di concetti da divulgare. Un tipo di narrazione oserei dire sfacciatamente mendace che credevo di attribuire all’informazione di regime e che mi imbarazza riconoscere in quella antagonista. Posso fare l’esempio di testi che han girato nell’internet che si riferiscono a psicosette transfemministe che avrebbero minacciato e aggredito fisicamente i loro oppositori, o a diffusioni di volantini raccontate come violenti blitz femministi. Mi sembra un po’ come quando la Stampa descrive un presidio sotto al carcere con qualche slogan e due torce come un’incursione armata in cui decine di poliziotti restano feriti. Non saremo mica troppo abituati a leggere le carte dei nostri P.M.? Questa necessità di inventar storie, ingigantirle o diffonderle, mi lascia davvero allibita.
Immaginarmi, poi, intere collettività riunirsi a discutere attorno a queste fandonie mi fa rendere conto di quanto sia scarsa la capacità di certi individui di sviluppare un proprio pensiero critico, o comunque, di quanto sia forte questo senso di appartenenza, questa voglia di esser parte “del giro”.
Personalmente inorridisco quando vedo l’unione fare la forza a discapito del pensiero individuale e sono disgustata dagli atteggiamenti gregari e omertosi che ho visto mettere in atto negli anni. Mi dispiace davvero che il dibattito anarchico si trovi così povero di argomenti e contenuti.

Io, di mio, di fronte a giornalisti di ogni sorta e a chi si atteggia come tale, posso dire quel che ho pensato tante volte leggendo carte o giornali e cioè che, ancor più se la reazione è così spropositata, tanto vale farsi sempre meno remore: vendetta feroce e violenta contro oppressori di ogni tipo, sbirri e stupratori.

Per l’anarchia.


Link di riferimento:

POSITIONING TEXT

https://ilrovescio.info/2025/04/02/lettera-aperta-sullinvito-alla-fiera-delleditoria-e-propaganda-anarchica-di-roma-di-juan-sorroche/

https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/04/07/la-disputa-del-sacramento/

AGGIORNAMENTI SULLA SITUAZIONE DI ALFREDO COSPITO

Diffondiamo alcuni aggiornamenti sulla situazione del compagno Alfredo Cospito, che descrivono un evidente inasprimento delle condizioni già di per sé aberranti della reclusione in 41 bis.

Da alcuni mesi, Alfredo sta affrontando una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità del regime detentivo a cui è stato assegnato dal 2022, tra cui il blocco praticamente totale della corrispondenza da/per l’esterno, l’impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), il blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41 bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano.

Tutto ciò avviene, guarda caso, in coincidenza con la condanna in primo grado per rivelazione di segreto d’ufficio del sottosegretario alla giustizia Delmastro (proprio per la vicenda delle intercettazioni ambientali, divulgate in Parlamento da Donzelli, delle conversazioni tra Alfredo e gli altri reclusi che all’epoca facevano parte del suo “gruppo di socialità”). Altre “coincidenze” che viene da pensare possano avere il loro peso in questa vicenda sono le dimissioni a fine del dicembre scorso del direttore del DAP, Giovanni Russo, che aveva testimoniato non proprio a favore di Delmastro nel processo a suo carico e, ancora guarda caso, il ritorno al comando della sezione 41 bis di Bancali del graduato dei GOM che era stato trasferito proprio per il suo coinvolgimento nella faccenda delle intercettazioni.

Rilanciamo quindi l’appello che diffondemmo l’anno scorso in merito alla corrispondenza indirizzata ad Alfredo, come primo passo perché riacquisti incisività e costanza la mobilitazione per strappare Alfredo dall’isolamento e per continuare a lottare contro l’ergastolo e il 41 bis.

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

È importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41 bis nel carcere di Bancali (Sassari). Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso sistemi tracciabili quali la raccomandata (anche senza ricevuta di ritorno) o la “Posta 1”. Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per cercare di sbloccare la corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesso semplicemente scompare.

Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto anche attraverso lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è:

Alfredo Cospito
C. C. “G. Bacchiddu”
strada provinciale 56 n. 4
Località Bancali
07100 Sassari

Mentre per inviare le vostre ricevute: cassantirepalp@autistici.org

Contro tutte le galere!

Cassa AntiRep delle Alpi Occidentali

FRANCIA: AGGIORNAMENTI SU LOUNA, COMPAGNA TRANS ANARCHICA ARRESTATA PER UN ATTACCO INCENDIARIO E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Diffondiamo da Transenne – Barricate contro la transfobia

Louna è una compagna trans anarchica arrestata a metà ottobre 2024, e trattenuta da allora fino a febbraio 2025 in custodia cautelare nel carcere maschile di Tarbes.

Louna è stata accusata di aver dato fuoco a un macchinario utilizzato per la costruzione dell’autostrada A69 tra Castres e Tolosa, un progetto tanto inutile quanto mortifero. È stata rilasciata dal carcere il 14 febbraio 2025, dopo quattro mesi di prigione preventiva. La settimana precedente aveva avuto luogo il suo interrogatorio con il giudice istruttore, durante il quale lx avvocatx di Louna avevano anche presentato una richiesta di rilascio, che è stata poi accettata.

Durante il colloquio con il giudice istruttore, Louna ha rivendicato la responsabilità dell’azione di cui è accusata. Ha detto: “Rivendico di aver tentato di danneggiare un’attrezzatura da costruzione. Tuttavia, non mi scuserò, perché lo considero un atto di legittima difesa dell’ambiente. Ricordiamo che negli anni ’40 lx combattentx della Resistenza erano etichettatx come terroristx: mi chiedo come saremo chiamati in futuro…”. Allo stesso tempo non ha risposto alle viscide richieste del giudice di collaborare alle indagini e fornire informazioni su altre persone.

Il caso non è tuttavia terminato. Louna non è più in carcere, ma è sottoposta a una stretta sorveglianza giudiziaria: ha l’obbligo di rientro notturno, deve presentarsi in caserma una volta alla settimana, le è vietato lasciare la provincia e soprattutto le è vietato avere contatti con le persone a lei vicine…

Seguiranno aggiornamenti sulle indagini in corso e sul futuro processo.

Sito di supporto per aggiornamenti e comunicati: https://soutienlouna.noblogs.org/

Contatti: soutien-louna@riseup.net

Raccolta fondi per le spese legali: https://www.helloasso.com/associations/alerte-planete/collectes/a69-solidarite-face-aux-proces

Un riassunto più dettagliato della vicenda

A metà ottobre 2024, 4 persone sono state arrestate in diverse parti della Francia, per strada in arresti mirati o a casa propria alle 6 del mattino. Ognunx di loro è statx portatx a Tolosa per essere tenutx in custodia di polizia per 94 ore, nell’ambito di un’indagine su una “associazione a delinquere” legata alla lotta contro l’A69. Al termine della custodia di polizia, Louna è stata l’unica persona a essere indagata ed è stata inviata in carcere in detenzione preventiva. È accusata di aver distrutto una scavatrice utilizzando una sostanza esplosiva e di associazione a delinquere con mezzi pericolosi.

Da allora è stata detenuta nel carcere maschile di Tarbes, nonostante sia una donna trans. E proprio perché è una donna trans, è stata messa in “isolamento”. In concreto, l’isolamento ha significato che il suo unico contatto sociale era con gli sbirri, e che poteva uscire dalla sua cella soltanto quando tutti gli altri detenuti erano nella loro. Questo ha reso estremamente difficile, se non impossibile, fare una passeggiata, fare una doccia o partecipare a qualsiasi attività. Ha subito transfobia a tutti i livelli del sistema giudiziario, dal costante misgendering alle invadenti domande di un giudice che le ha chiesto se voleva sottoporsi a un intervento chirurgico ai genitali e che si è stupito che non ci fosse un follow-up da parte di uno psichiatra per la sua transizione… Malgrado la transfobia e le condizioni di isolamento, Louna ha mantenuto alto il suo spirito durante la detenzione.

Il suo arresto si inserisce in un contesto di mesi di repressione estremamente brutale verso lx attivistx contro l’A69. Oltre alla presenza sproporzionata di sbirri, questa repressione si manifesta anche nel centinaio di processi attualmente in corso, nelle decine di espulsioni di attivistx ordinate dai tribunali, in poliziotti che buttano giù attivistx da 6 metri di altezza e nelle pene detentive già comminate ad altrx due attivistx.

Gli elementi dell’inchiesta

Nella notte tra il 4 e il 5 maggio 2024, un’attrezzatura edile è stata incendiata non lontano dal tracciato della A69. Secondo gli inquirenti, i filmati di videosorveglianza della scena mostravano due persone che davano fuoco a un escavatore e poi una di loro aveva un ritorno di fiamma. La sera stessa, una persona è stata ricoverata d’urgenza in uno degli ospedali più vicini al luogo dell’incendio, con ferite che potevano essere compatibili con l’incidente filmato. Si tratta di Louna, ricoverata in ospedale quella stessa notte.

Secondo i filmati delle telecamere a circuito chiuso dell’ospedale, sembra che tre persone la accompagnassero. Gli investigatori hanno individuato l’auto con cui Louna era arrivata in compagnia di queste tre persone e hanno preso il numero di targa e trovato quindi l’identità dellx proprietarix. Inoltre, Louna ha fornito il numero di telefono di unx parente su un modulo di emergenza, numero che i poliziotti sembrano aver associato a una delle persone che la accompagnavano. Gli agenti di polizia hanno anche sequestrato i suoi vestiti mentre era in ospedale e hanno prelevato del DNA da un paio di pantaloncini e da una mascherina anti-covid. Questo DNA è stato attribuito a una delle persone sospettate di aver accompagnato Louna in ospedale. Durante la visita, i poliziotti hanno anche scattato delle foto allx compagnx, di qualità migliore rispetto alle immagini di videosorveglianza perché scattate con uno smartphone. Questo probabilmente per tentare un riconoscimento facciale, ad esempio confrontandole con le foto dei loro archivi o con quelle dellx attivistx già notx contro l’A69.

Dopo due giorni di degenza, Louna ha deciso autonomamente di lasciare l’ospedale.

Sulla base di questi elementi, a metà ottobre sono state arrestate quattro persone: Louna, due persone sospettate di averla accompagnata e lx proprietarx dell’auto. Sono statx tenutx in custodia dalla polizia per 94 ore e interrogatx. Gli investigatori hanno anche approfittato del tempo trascorso in custodia per recuperare il DNA di Louna da una tazza che aveva usato, oltre ad averlo probabilmente già preso dai suoi vestiti in ospedale. Hanno dichiarato che lo stesso DNA era stato trovato su una mascherina anti-covid lasciata sulla scena dell’incendio. Di conseguenza, Louna è stata incriminata nell’ambito dell’indagine e le altre tre persone sono state rilasciate.

A metà novembre, gli investigatori hanno effettuato una nuova perquisizione e un nuovo arresto a casa di unx attivista, notx alla polizia per il suo attivismo nei circoli ecologisti della sua città, sempre alla ricerca di almeno una delle persone che avevano accompagnato Louna in ospedale. Anche lxi è statx rilasciatx senza ulteriori provvedimenti.

Tra le altre tecniche che la polizia ha detto di aver usato o che presumiamo abbia usato, ha messo sotto controllo le chiamate e i messaggi di testo non criptati di una o più delle persone sospettate, e avrebbe seguito i loro spostamenti tramite il controllo dei loro telefoni cellulari. Sembra inoltre che abbiano chiesto gli estratti conto bancari (anche dellx parenti dellx indagatx) e, dato che lo fanno quasi sistematicamente, possiamo immaginare che abbiano chiesto alle aziende telefoniche i metadati dei numeri che hanno attribuito a unx o più dellx indagatx. Infine, lx parenti di alcune delle persone sospettate sono statx convocatx per essere interrogati durante il fermo di polizia dellx congiuntx, nei casi in cui erano stati designati come parenti da avvisare da parte dellx sospettatx in custodia.

Un’altra indagine è stata aperta a metà dicembre, quando tre persone sono state trattenute in stato di fermo per 36 ore, e poi rilasciate senza ulteriori provvedimenti. L’indagine riguardava diversi incendi in cantieri edili dell’A69.

Concludiamo con alcune parole di Louna dal carcere:

“Per tutte le lettere di sostegno, grazie per la vostra forza <3 È confortante vedere tanto sostegno nelle mie mani. Come dice una delle lettere “i muri sono spessi, ma la solidarietà è potente!”. Tutti questi piccoli e grandi disegni, poesie, aneddoti, parole d’amore, di tenerezza, di rabbia, di abbracci, di ammiccamenti… Siamo qui! Un grazie speciale alle sorelle trans, noi ci conosciamo, forza!
Grazie per le serate di sostegno, le cene e tutto il resto.
Un pensiero a chi sta lottando qui e altrove, siamo insieme <3 Forza a chi sta costruendo, curando, resistendo <3 Amore e Rabbia
TranS RightS “

Il suo gruppo di supporto segnala alcuni materiali per continuarsi a formarci e ad aggiornarci sulle tecniche di polizia e sulle pratiche di difesa collettiva per preservarci dalla repressione (in francese):

Petit manuel de défense collective:
https://infokiosques.net/spip.php?article1788
Affaire « Lafarge » moyens d’enquêtes:
https://infokiosques.net/spip.php?article2042
Les chouettes hiboux face la répression:
https://infokiosques.net/spip.php?article1706
Sito No trace project:
https://www.notrace.how/fr/