BOLOGNA: GUERRA ALLA DROGA

Il Procuratore Amato annuncia un’ulteriore stretta autoritaria per quanto riguarda… la guerra alla DDDdroga, dice: ” Se non cessa la domanda, non può cessare l’offerta”.

“Dobbiamo occuparci non solo di chi spaccia, ma anche di chi consuma […] nel momento in cui al divieto di fare uso di sostanze venissero associate delle sanzioni, pecuniarie o interdittive, anche l’assuntore avrebbe consapevolezza della sua responsabilità. Un ragazzo, di fronte al rischio di una ‘punizione’, come ad esempio il divieto di frequentare locali per un determinato periodo o il sequestro della macchina, probabilmente ci penserebbe due volte prima di fumare uno spinello”.

Tutto questo servirebbe – come no – per “sensibilizzare sugli ‘effetti collaterali’ connessi all’uso di sostanze”.

Una ‘salute’ e una ‘prevenzione’ che fanno sempre più rima con repressione. Ci si abitua sempre più ai ‘cani antidroga’ nelle scuole, a controlli polizieschi su adolescenti nei parchi, a vessazioni e abusi da parte delle forze dell’ordine.

“Il popolo è minorenne, la repressione è il nostro vaccino, repressione e civiltà.”

Si pensa anche alla possibilità di una sanzione ‘retroattiva’: non solo per chi è sorpreso in flagranza a consumare ma anche per chi risulta aver assunto sostanze, a seguito di analisi.

Facendo leva su una ‘responsabilità personale’ che vede nell’uso/abuso di sostanze psicotrope un comportamento “pericoloso” da punire attivamente, si propongono sanzioni pecuniarie o interdittive da applicare soprattutto in un’ottica “preventiva”, come non allontanarsi dall’abitazione prima o dopo un certo orario, il divieto di frequentare determinati locali pubblici, l’obbligo di presentarsi in orari precisi agli uffici di polizia.

Nonostante i laboratori antiproibizionisti da oltre 20 anni indichino come l’unico modo per stroncare alla radice i narcotraffici sia la depenalizzazione della coltivazione di cannabis per uso personale e il commercio legale delle foglie di coca – come chiedono le popolazioni indigene sudamericane da decenni – le politiche repressive e la caccia alle streghe su categorie sociali già marginalizzate e stigmatizzate non si arresta, anzi, li arresta.

Oltre il 35% della popolazione detenuta è in carcere
per violazione della legge sulle droghe, circa il 30% della popolazione carceraria fa uso di sostanze o ha problemi di dipendenza che spesso esordiscono o si cronicizzano/acutizzano proprio durante la detenzione (alla faccia del tanto declamato ‘recupero sociale’).

Questo è accaduto grazie a leggi repressive come la Fini/Giovanardi, la Bossi/Fini, la Cirielli, le leggi sulla sicurezza volute da Minniti e Salvini.

La Fini Giovanardi è stata stracciata dalla corte costituzionale nel 2014, esiste ancora la 309/90, che il referendum nel 2022 potrebbe ‘migliorare’   – ma solo in parte – depenalizzando uso personale e coltivazione.

La proposta medioevale del procuratore Amato mette in luce tutta l’ipocrisia di un sistema fatto per rimanere tale: tabacco 70mila morti l’anno, alcool 40 mila, eroina circa 168, cocaina 63 , cannabis zero, ma sulle sostanze ‘legali’ si può lucrare accettando tangenti dagli spacciatori autorizzati.

Sebbene enti come le Nazioni Unite abbiano già dichiarato sulla carta diversi anni fa il fallimento della ‘Guerra alla Droga’ – il consumo zero è fantasia – continuare a fare ‘la guerra ‘a chi usa sostanze non solo lede i più fondamentali diritti umani ma  toglie la possibilità di contrastare le narcomafie che hanno proprio bisogno del proibizionismo per alzare i prezzi.

Mentre si incarcerano i piccoli spacciatori, si perseguono i consumatori e le morti per overdose passano inosservate, si lascia intaccato un giro miliardario che evidentemente fa comodo così.

Lo stato di emergenza non perdona,  la stretta autoritaria non solo continua ma minaccia di amplificarsi a dismisura senza trovare argine alcuno.

Nessunx è al sicuro. Lo Stato è la vera ‘droga’, l’autodeterminazione è la risposta!

Piu info: Lab57  https://lab57.indivia.net/
(Laboratorio Antiproibizionista bolognese)

PRESIDIO A LIVORNO: BASTA MORIRE DI CONTENZIONE

Due giorni antipsichiatrica a Livorno

Sono ancora scarse le informazioni riguardanti la morte della persona, originaria della Val di Cornia, ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Livorno deceduta a inizio aprile di quest’anno dopo essere stato legata al letto per oltre una settimana. Le generalità non sono ancora state rese pubbliche. Non sappiamo se è stata fatta un’autopsia e se c’è un indagine della magistratura in corso. Non sappiamo quante contenzioni vengono fatte nel reparto di Livorno.

Di sicuro nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO.

Il 13 agosto del 2019, nel reparto psichiatrico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è  morta durante un incendio Elena Casetto, 19 anni, bruciata viva nel letto al quale era legata: la contenzione non le ha permesso di fuggire. A oggi per quel terribile evento sono indagati solo i due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale.
Un episodio simile era accaduto nel Manicomio Giudiziario di Pozzuoli nel 1974, quando Antonia Bernardini morì per le ustioni riportate dopo l’incendio che l’aveva avvolta nel letto di contenzione al quale era stata legata ininterrottamente per 43 giorni.
Il 4 agosto del 2009 Francesco Mastrogiovanni è morto per edema polmonare dopo 87 ore consecutive di contenzione nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania, provincia di Salerno. Era stato ricoverato in TSO, trattamento sanitario obbligatorio, senza rispettare le procedure previste dalla legge; sedato e legato con fascette ai polsi e alle caviglie, è rimasto senza mangiare, senza bere e senza nessuno che si preoccupasse di lui fino alla morte.

Nel caso Mastrogiovanni la Corte di Cassazione ha definito l’uso della contenzione meccanica un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica.

Purtroppo contenzione meccanica e farmacologica sono praticate diffusamente anche nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. In nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. Anche la logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive” a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio ancora diffuso della potenziale pericolosità della “pazzia”. Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia giustificabile sottoporre persone diagnosticate come “malate mentali” a mezzi coercitivi, che sia nell’ordine delle cose e corrisponda al loro stesso interesse. Chi condivide questa opinione non considera adeguatamente, sia in termini esistenziali che giuridici, il valore imprescindibile della libertà della persona, tanto più rilevante quanto più attinente a libertà minime, elementari e naturali, come la libertà di movimento.

Oltre al ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica, continua ancora oggi a prevalere nei servizi psichiatrici un atteggiamento custodialistico e l’impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali: obbligo di cura, porte chiuse, grate alle finestre, sequestro dei beni personali, limitazione e controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini.
Sappiamo inoltre, di numerose esperienze in Italia e all’estero dove viene evitata la contenzione. In solo 15 reparti italiani su 320 viene praticata la terapia no restraint, la contenzione è stata abolita e le porte sono aperte.

Sappiamo che questi dispositivi sono strutturali ai luoghi di reclusione e abbandono, ma ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali, penitenziarie italiane e in tutti i luoghi di reclusione.
Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale e coercitivo (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale.

BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!

Sabato 6 Novembre:
– PRESIDIO CONTRO LA CONTENZIONE piazza Damiano Chiesa davanti l’Ospedale nel pomeriggio dalle ore 16
–  alle ore 20 PIZZATA + MUSICA  all’ Ex Caserma Occupata in via Adriana 16

Domenica 7 novembre:
– ore 10 all’ Ex Caserma Occupata inizio assemblea antipsichiatrica
– ore 13 Pranzo a cura di Cucina IppoOasi
nel pomeriggio proseguimento assemblea

Aggiornamento sulle sorveglianze speciali richieste e date a Bologna

AGGIORNAMENTO SULLE SORVEGLIANZE SPECIALI RICHIESTE E DATE A BOLOGNA

A circa due mesi dall’udienza del 12 luglio il tribunale si è espresso sulla proposta di applicazione della sorveglianza speciale per 7 compagne/i di Bologna: 6 i rigetti e un accoglimento.
Al nostro compagno Guido verrà applicata la sorveglianza per due anni con obbligo di dimora.

A pochi giorni dall’udienza il PM Dambruoso aveva presentato un’integrazione affinché il tribunale si esprimesse non solo, come da richiesta iniziale, sulla “pericolosità qualificata” per reati di terrorismo, ma anche sulla pericolosità generica. Ed è infatti sulla base di quest’ultima che la richiesta è stata accolta.

Stando alle motivazioni, sono le accuse mosse dallo stesso Dambruoso con l’Operazione Ritrovo ad avere “spiccata rilevanza”, “prova della propensione ad atti di pericolo accentuato per la sicurezza e la tranquillità pubblica”.  Ci si spinge addirittura nel merito di quell’inchiesta da cui, secondo i giudici, “emerge chiaramente” che il nostro compagno “è stato autore dell’incendio al ponte ripetitore, in località Monte Donato, nel dicembre 2018”.

Ad oggi, l’instancabile PM ha già presentato ricorso contro due dei sei rigetti e non escludiamo se ne possano aggiungere altri.

Tutta la nostra solidarietà va alle compagne e i compagni sottoposte/i a questa infame misura e a tutte/i quelle/i colpiti dallo Stato per aver attaccato questo mondo.

link: https://ilrovescio.info/2021/10/13/aggiornamento-sulle-sorveglianze-speciali-richieste-e-date-a-bologna/

Contro i fascisti sempre, coi servi dei padroni mai

Sull’attacco fascista alla sede della CGIL

Se la nostra solidarietà va alle lavoratrici e ai lavoratori, non certo va alla CGIL, burocrazia sindacale nemica degli sfruttatx. Fasci appesi sempre, ma coi servi dei padroni mai.

Non abbiamo mai sottovalutato la presenza fascista in campo anche in questa fase pandemica, per questo non abbiamo mai rinunciato alla lotta.
Questo attacco è segno dello spazio lasciato a chi è abile a strumentalizzare il malessere generato dall’emergenza.

E’ dall’inizio della pandemia che l’abdicare dei movimenti a qualsiasi confronto/conflitto circa le possibilità di autodeterminazione e critica dal basso rispetto la gestione securitaria ed emergenziale della pandemia ha lasciato campo libero ad iniziative reazionarie.

L’emergenza si sta rivelando un’occasione epocale di attacco alle condizioni di vita di milioni di sfruttatx ma la deriva dominante è un’ipocrita attendismo progressista, composto e democratico. Nonostante gli ultimi due anni abbiano messo in luce tutta la ferocia che sottende al mantenimento di questo sistema di sfruttamento le risposte sono state deboli o isolate.

Liquidare tutto il malcontento diffuso soltanto come interesse borghese o fascista è riduttivo e fa solo il gioco dei padroni: questa narrazione dominante rende ancora più invisibili alcune delle oppressioni, delle diseguaglianze e delle tante contraddizioni che attraversano le strade e quelle piazze.

E’ indicativo che quanto accaduto si inserisca così bene nella propaganda di Stato e padroni.

Assisteremo all’ennesimo siparietto di chi ha compiuto impunemente stragi, di chi ha messo le merci e i profitti prima delle persone, dell’antifascismo da salotto. Lo Stato, i padroni e i suoi servi si laveranno la coscienza sulla pelle dell’antifascismo ma il risultato sarà soltanto un ulteriore azzeramento e livellamento delle contraddizioni in campo, che ridarà lustro al potere, libero di tirare dritto nonostante tutto e tutti.

Ci terremo alla larga dall’ennesimo bagno di ipocrisia, l’antifascismo lo fa chi non ha mai smesso di vivere le strade e i quartieri, chi si batte quotidianamente per l’autodeterminazione, contro lo sfruttamento istituzionalizzato, contro il razzismo e la violenza di Stato.

Sappiamo che non vogliamo tornare alla normalità. Sappiamo che il vaccino non basta e non basterà, sappiamo che il green pass non tutelerà la salute di nessunx e si tradurrà soltanto in un’ulteriore strumento di controllo, sappiamo che finché si rinuncerà alla rabbia, alla critica e al conflitto, non ci sarà lotta e salute per nessunx.

Bologna, ottobre 2021

Brucia il telefono

“L’idea di studiare le tematiche di questo opuscolo è nata in un momento femminista tra donne, lesbiche, froci e trans+ di scambio e condivisione sulla lotta contro le frontiere ed i dispositivi repressivi costruiti attorno ed a partire da esse. Nel cercare approfondimenti su cellulari e telefonia ci siamo imbattutx in questo lavoro che per i suoi anni era fatto molto bene. Qualche tempo dopo abbiamo deciso di tradurlo ed aggiornarlo, già che ci stavamo lavorando sopra abbiamo tolto le parti che non ci convincevano del testo. Quindi quanto leggerete non è la traduzione del testo, ma quello che ci sembrava interessante estrapolare con varie parti ampliate o eliminate.”

PDF BRUCIA IL TELEFONO

Da: https://www.autistici.org/distrozione/brucia-il-telefono/

Green pass: l’unica “sicurezza” è di essere sfruttatx

pdf

Il codice QR fu sviluppato nel 1994 dalla compagnia giapponese Denso Wave, per tracciare i pezzi di automobili nelle fabbriche di Toyota. Vista la capacità del codice di contenere più dati di un codice a barre, fu in seguito utilizzato da diverse industrie per la gestione delle scorte. […]

Stato e Confindustria hanno individuato nel green pass lo strumento per scaricare le proprie responsabilità su milioni di individux, lavoratrici e lavoratori.

Dove la ‘salute’ è ipocrisia la “sicurezza” diventa “decoro” che libera i padroni consegnandogli ulteriori strumenti di controllo e vessazione: il lasciapassare verde è un documento discriminatorio e classista che nulla c’entra con la tutela della salute e con qualsiasi concetto di prevenzione.

Il covid per qualcuno può essere peggio che per qualcun’altrx e vaccinarsi per qualcunx può essere la scelta migliore, ciò non toglie che la protezione relativa legata alla vaccinazione dura pochi mesi – alcuni Stati sono già al terzo richiamo – e non esclude dalla possibilità di contagiarsi e contagiare: prevenzione vorrebbe che ‘vaccinati’ e ‘non vaccinati’ siano trattatx in modo uguale dal momento che i vaccinatx dopo pochi mesi non sono più protetti da infezioni, e neppure da forme sintomatiche.

Resta inoltre vero che ogni situazione rimane a sé, che si richiede un consenso informato, e che imporre una cura farmacologica in modo indiscriminato – sperimentale o meno – con ricatto, obbligo e coercizione, dovrebbe porre importanti dubbi etici da non liquidare in modo tanto superficiale come sta avvenendo.

Le statistiche da sole non bastano a leggere la realtà e i diversi contesti di oppressione.

Un religioso scientismo torna a contrapporsi ad un antiscientismo di stampo autoritario livellando ogni contraddizione: mentre Stato e padroni strumentalizzano dati e statistiche presentando la scienza come un monolite neutro e perfetto, l’abdicare dei movimenti a qualsiasi confronto circa le possibilità di autodeterminazione e critica dal basso rispetto le misure messe in campo sta lasciando campo libero a contro-letture di derivazione reazionaria e fascista.

Si parla di “senso di comunità” ma tre quarti del mondo subisce le conseguenze del neoliberismo senza nè scelta nè accesso a livelli di benessere minimi: i profitti sulla pelle di chi è sfruttatx non sono mai stati messi in discussione, ‘restare a casa’ in caso di contatto con positivo resta un privilegio per pochx e tamponi e test diagnostici rimangono a carico delle persone.

Il green pass tutela soltanto gli interessi dei soliti noti: liberi si, ma di tornare a sfruttare, mentre le disuguaglianze che hanno segnato la pandemia sin dall’inizio continueranno a farlo.

Stato e padroni per evitare qualsiasi tipo di redistribuzione e cambiamento strutturale stanno cavalcando in ogni ambito un soluzionismo tecnoscientifico che avrà solo l’effetto di rendere invisibili le contraddizioni strutturali dell’organizzazione capitalista all’interno delle città e nei luoghi dello sfruttamento di massa.

La retorica militare della “guerra” al virus, trasversale a tutte le forze politiche ed economiche destre e sinistre, sta trasformando il confronto in censura, il discorso sulla salute in ipocrisia e decoro e il green pass in una sorta di daspo sociale: chi per qualunque motivo non ha le carte in regola, chi non è conforme, chi si ribella ad un ulteriore strumento classista e discriminatorio diventa automaticamente un nemico interno.

Puntare sulla “sicurezza” è utile a fomentare tutte quelle paure che possono essere strumentalizzate in funzione di consenso, le norme messe in campo appaiono infatti più legate ad una ‘decenza’ formale che libera i padroni da ogni responsabilità scaricandole sui lavoratorx, che alla reale salute delle persone che le subiscono.

Ciò che è grave è la legittimazione di un ulteriore estensione del potere datoriale sul corpo dei lavoratorx (di fatto, già consegnato a stato e padroni) sulle condizioni di salute e le scelte di natura sanitaria, sfere che fino a prima di questa emergenza trovavano dei limiti quanto meno formali. Si tratta di un’ulteriore stretta autoritaria nel mondo del lavoro e più in generale nella società, un pericoloso precedente, che non riguarda esclusivamente la minoranza relativa di chi non vuole/non può vaccinarsi.

Salute oggi non è ascolto dei corpi, non è stare bene ed essere felici. Non è vivere in un ambiente, naturale e sociale, sano. Non è realizzare i propri desideri, avere ciò di cui si ha bisogno, buon cibo, buona vita, buone relazioni. Non è invecchiare e morire con serenità e dignità.

Mentre lo spostamento di risorse dal pubblico al privato procede spedito, tagliando sulla sanità pubblica a scapito dell’assistenza primaria, l’indifferenza dilaga e la solidarietà viene strumentalizzata alimentando una guerra tra poverx e creando sempre nuovi ‘mostri’ su cui scaricare insicurezza e timori: la tensione viene scaricata tra oppressx, sospetto e delazione diventano i nuovi paradigmi su cui fondare relazioni e legami in una sempre piu ampia disumanizzazione delle relazioni sociali.

La gestione securitaria della pandemia sta creando una nuova dottrina perbenista della “tolleranza zero”: mentre le relazioni di prossimità e la solidarietà collassano, neoliberismo e salute si stringono la mano procedendo per ricatti economici e sociali sempre più esasperati.

Normare in senso discriminatorio e punitivo è utile a garantire la necessità capitalista di manodopera salariata sottopagata e obbediente, ma la sicurezza sul lavoro oggi è sicurezza di essere sfruttatx!

NON È LA DITTATURA SANITARIA, È LO STATO NEOLIBERISTA! LA SALUTE SI CONQUISTA INSIEME CON LA SOLIDARIETÀ E CON LA LOTTA NON CON UN DISPOSITIVO CHE RICATTA, CONTROLLA, ESCLUDE E DISCRIMINA

Bologna, ottobre 2021


PS. Qual’ora ci fosse bisogno di dirlo, e a scanso di equivoci: strumentalizzare olocausto e camere a gas in funzione anti green pass è una merda.

Op. Prometeo: assolti Beppe, Robert e Nat

Peppe, Robert e Nat assolti in primo grado nel processo per l’operazione Prometeo. Secondo i giornali, sono stati assolti “per non aver commesso il fatto”, con la formula dell’insufficienza di prove.

In attesa della sentenza, compagni e compagne hanno fatto un presidio trasformatosi in corteo.
Nella scorsa udienza il sostituto procuratore della Dda genovese Federico Manotti aveva chiesto 18 anni e quattro mesi per Beppe, e 17 anni per Robert e Natascia.
Beppe, essendo detenuto per un altro procedimento, per ora rimane in carcere, mentre Nat, dopo due anni, è libera!

Link: https://roundrobin.info/2021/10/op-prometeo-assolti-beppe-robert-e-nat/

Vignola: arriva il daspo urbano

Dal 1° settembre in tutta l’area dell’Unione Terre di Castelli (Castelnuovo Rangone, Castelvetro di Modena, Guiglia, Marano sul Panaro, Savignano sul Panaro, Spilamberto, Vignola, Zocca) sarà possibile per le forze dell’ordine utilizzare il daspo urbano per allontanare soggetti indesiderabili,  individualità dissidenti e marginalità sgradite.

La misura, voluta dalla sindaca di Vignola Emilia Muratori (PD) in qualità di assessore dell’Unione con delega alla Sicurezza, potrà essere applicata a luoghi pubblici come le autostazioni, le stazioni dei treni, i centri storici, i servizi sanitari, le scuole,  le fiere, oltre che ai mercati e agli spettacoli, ai parchi, ai centri sportivi e ai luoghi della cultura.

Link: https://www.comune.vignola.mo.it/comune/sindaco/vignola_informa/entra_in_vigore_dal_1settembreil_daspo_urbano.htm


Arriverà quella soglia di saturazione in cui l’insieme delle oppressioni e delle discriminazioni sistemiche diventerà inaccettabile?

Il tema del “decoro” continua ad alimentare una macchina della sicurezza sempre più infame e affamata: ad ogni provvedimento restrittivo ne consegue un altro più duro.

Il disciplinamento esasperato di ogni aspetto della vita sta individuando sempre nuovi bersagli su cui scaricare insicurezza e timori: sicurezza, controllo, disciplinamento e sanzionamento preventivo,  diventano i nuovi paradigmi su cui fondare relazioni e legami in una sempre piu ampia disumanizzazione delle relazioni sociali.

Mentre nei programmi scolastici le istanze femministe e transfemministe vengono depoliticizzate, strumentalizzate e spogliate della loro intrinsceca conflittualità (chi propone il daspo urbano è lo stesso che vuole “cambiare una mentalità patriarcale e retriva”), l’asse portante del controllo patriarcale attraverso cui si perpetra la riduzione strumentale e svilente delle persone a oggetti diventa sempre più forte.

La dottrina della “tolleranza zero”,  la retorica militare della “guerra” al “crimine”, al “nemico”, all'”invasore”, all'”alieno”, la “difesa” e “riconquista” (fortificazione/colonizzazione) dello spazio (riqualificazione e messa a profitto) si accompagnano alla morale “disinfettante” della “pulizia” e del “decoro”.

Neoliberismo e iper-regolazione penale vanno di pari passo: naturalizzare le ingiustizie sociali e puntare sulla “sicurezza” è utile a fomentare tutte quelle paure che possono essere usate in funzione di consenso.

Normare in senso punitivo si presta alla necessità neoliberista di  manodopera salariata sottopagata: l’essere inseritx/piegatx o meno nella catena dello sfruttamento diventa condizione/presupposto minimo per esistere. Chi è contro, fuori, sotto, o ai margini di questa condizione deve essere neutralizzato poichè mette in discussione l’ordine costituito.

Gli spazi pubblici, inibiti all’incontro libero e generativo, diventano il bersaglio di una macchina repressiva  sempre più specializzata nel rendere invisibili le contraddizioni sociali prodotte dal capitalismo:  identificare, preventivamente allontanare, rinchiudere e castigare tutte quelle soggettività che queste contraddizioni subiscono ed esprimono serve ad impedire qualsiasi possibilità di liberazione,  autodeterminazione e messa in discussione dei rapporti di potere ed oppressione che attraversano le città e le nostre esistenze.

Resistere a tutto questo è una responsabilità di tutte e tutti.

ALCUNE CONSIDERAZIONI SU ATTUALITÀ E PANDEMIA

Questo scritto prova a raccogliere alcune riflessioni emerse nel contesto pandemico attuale. Non ha la pretesa di essere esaustivo ma solo di tracciare qualche considerazione che tenga conto di alcune complessità.

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UNA PREMESSA NECESSARIA

Il consumo di immagini, emozioni forzate, informazioni e disinformazioni alimentato dai media mainstream è ormai talmente accelerato, quasi parossistico, che ogni notizia che può fare scalpore diventa pervasiva, spingendo la gente a prendere partito (quale che sia), ad esprimere opinioni (quali che siano), consensi, applausi o dissensi ed indignazioni. In un brevissimo lasso di tempo la “notizia” scivola via, slegata dalla vita reale, facendosi sfondo, rappresentazione, teatro a cui si può assistere, vetrina per l’ego atomizzato di ognunx, aliena ad elaborazioni  complesse, come da social network.

E’ stato relativamente difficile non rincorrere l’instant-book del momento, ma non abbiamo mai smesso di dire in modo fermo e determinato quanto l’attualità sia solo quella dei soggetti e non quella del tempo preconfezionato, cello-phanato e distribuito dallo Stato. Per questo abbiamo rifuggito dal farci anche noi attrici e attorx di un triste teatrino sulla pelle deglx ultimx, che è la nostra, e piuttosto che alimentare un dibattito infruttoso, ci siamo preoccupate di non abbandonare le strade e di lottare accanto a chi scelta e voce non è ha, contro chi sfrutta e opprime, come abbiamo sempre fatto.

Come prima cosa ci siamo postx delle domande su come autogestirci e autotutelarci dal virus oltre la burocrazia statale, da un punto di vista pratico e antiautoritario, individuando aspetti da considerare e alcunx possibili criteri basati sul consenso.

Dall’inizio della pandemia in troppx hanno rinunciato ad una riflessione critica  che tenesse conto delle complessità legate al contesto emergenziale che si è venuto a creare. Questo ha lasciato campo libero a fratture che si sono insidiate nei gruppi, spianando la strada a sterili dicotomie (salute, cura – sorveglianza, sicurezza / si vax – no vax…) che ricalcano la propaganda di Stato e fanno solo il gioco delle destre e dei padroni.

Se da una parte è emersa una tendenza diffusa ad esasperare gli aspetti allarmisitico-distopici legati alla pandemia senza il minimo discernimento, dall’altra si è evidenziata invece una generalizzata minimizzazione degli effetti drammatici dei cambiamenti che stiamo vivendo che riflette un attendismo che non rassicura.
Questo processo di polarizzazione è legato a doppio filo con la pervasività di una comunicazione interpersonale sempre più tecnologicamente mediata: le relazioni faccia a faccia diminuiscono sempre più, la conoscenza e le relazioni diventano sempre più filtrate da piattaforme digitali commerciali che influenzano la percezione delle informazioni e dei messaggi, ostacolando rielaborazioni critiche.

In molti contesti ‘compagni’ la componente dei vissuti, delle esperienze, la componente affettiva ed emotiva della vita e delle relazioni che ci animano è stata trascurata generando conflitto e ulteriore sofferenza, facendo sentire le persone ancora più isolate.

E’ emersa una certa indifferenza diffusa per quanto riguarda il prendersi cura di sè e dell’altrx anche nei contesti antiautoritari e di lotta, colonizzati ancora da dinamiche di esclusione, produttività o consumo, e sono sempre meno gli spazi in cui ricercare reciproca soggettivazione nella ricerca comune di liberazioni che siano anche ‘pratiche’.

È UNA GUERRA TRA POVERX QUELLA CHE CI ASPETTA?

Stato, destre e padroni stanno cavalcando la pandemia riducendo le complessità e le relazioni tra le diverse oppressioni per separarle, renderle inoffensive, manipolabili e sfruttabili ai fini produttivo-capitalistici.

Mentre sinistra e Confindustria speculano sulle nostre vite, da oltre un anno assistiamo all’estendersi di derive razziste, abiliste, xenofobe e sessiste, che dal regno del pregiudizio tornano ad affermarsi attraverso un principio di determinazione aspecifico che strizza l’occhio ad uno spietato darwinismo sociale travestito da libertà, volto a naturalizzare le ingiustizie sociali.

Intimamente convintx che in un sistema che genera morte, malattia, disuguaglianza e alienazione come il capitalismo, una malattia non sia solo un’etichetta diagnostica ma sia frutto di interazioni e connessioni tra cultura, società, umanità e ambiente, crediamo sia necessario non smettere di interrogarci sulle contraddizioni, sui dubbi, sugli interessi, sulle oppressioni in campo legate al nuovo contesto che stiamo vivendo.

SU CURA E SALUTE NEL CONTESTO CAPITALISTA


La pandemia ha messo in luce quanto siamo disabituatx a considerare i concetti di ‘salute’, ‘malattia’, ‘cura’, in modo critico, quindi in relazione all’attuale organizzazione socio-economica.

Mentre gli ambienti di vita e di lavoro diventano sempre più piccoli, ristretti e atomizzati, aumenta e si amplifica a dismisura la varietà della divisione del lavoro e dello sfruttamento. La drastica riduzione degli spazi fisici di soggettivazione ha spostato l’alienazione dei Tempi moderni di Chaplin, dalle fabbriche all’individuo.

Si tratta di nuovi paradigmi produttivi meno fondati sulla fabbrica e più sui servizi: la merce sei tu.

Anche la salute è sempre più individualizzata. Divenuta di pertinenza esclusiva di una medicina organizzata definitivamente come corpo separato, la dimensione della ‘cura’ riflette l’organizzazione del corpo sociale a partire dalla divisione del lavoro e dalla divisione in sfere sempre più isolate e mercificate di tutti i fenomeni umani.

Di quel ‘sistema sanitario’ tanto celebrato eredità delle lotte e delle agitazioni dei movimenti degli anni ’70, rimane poco e niente, un’azienda tra le aziende annientata dalle violente privatizzazioni.

Mentre aumenta il potere delle industrie farmaceutiche, la maggior parte dell’insieme di attenzioni e cure necessarie per il sostentamento della vita è lavoro salariato al ribasso, ultra-proletarizzato e fortemente connotato in termini di genere e razza. Quanto non è compreso dai ‘servizi’ rimane tombato nelle case, schiacciato in quel privato alienato che esprime gli stessi meccanismi patriarcali di Stato.

Da controaltare a questo isolamento dei corpi sempre più stringente, un sistema di sfruttamento capillarizzato e in costante crescita.

L’assenza di culture dal basso in merito ai temi della ‘salute’, della ‘malattia’ e della ‘cura’ ha determinato la delega ai tecnici, totale e assoluta, e lasciato campo libero agli interessi del Capitale di espropriare le fasce oppresse della popolazione da scelte e da possibili processi di autodeterminazione in merito.

L’infantilizzazione che lo Stato sta attuando sul corpo sociale è lo specchio del livello di delega che il corpo sociale ha concesso allo Stato e al Capitale.

Irrompono nel dibattito collettivo le problematicità legate alle tecnologie della comunicazione e dell’informazione, al capitalismo della sorveglienza, al mercato delle tecnologie legate alla salute, al corpo e alle relazioni in mano a grandi multinazionali, nonchè l’ambiguità di una scienza mercificata e subordinata al profitto. Emerge come la tecnologia industriale si sia servita del lavoro di milioni di lavoratrici e lavoratorx per creare la ricchezza della ‘classe dirigente’ che aliena, sfrutta e tortura, mentre i corpi oppressi sono ridotti ad oggetti e funzioni in relazione a chi detiene i maggiori privilegi sociali ed economici.

Ma una riflessione critica alla scienza e alla cura nel contesto capitalista che sia realmente antiautoritaria non può sedersi sul proprio privilegio e ridursi ad un’amputazione ideologica della realtà, la trama complessa dei contesti di sfruttamento è infatti composta da molteplici oppressioni che altrimenti rischiano di essere invisibilizzate.

Si tratta quindi di impegnarsi nello svelare le interellazioni tra le diverse oppressioni che stanno attraversando la vita di milioni di persone in un contesto di sfruttamento sistemico, globalizzato e interconnesso.


QUALCHE RIFLESSIONE SU OBBLIGO VACCINALE E TUTELA DAL VIRUS


E’ la prima volta che vaccini basati sulla tecnologia a mRNA vengono sperimentati e non ci sono garanzie sul comportamento a lungo termine: già solo questo dovrebbe bastare nel considerare qualsiasi obbligo, ricatto o pressione, moralmente sbagliato.

Per questa campagna vaccinale il dubbio, che pure costituisce il motore dello stesso metodo scientifico, non è ammesso. La medicina, intesa nella sua applicazione tecnico-farmacologica, si erge a scienza esatta rinnegando le stesse basi filosofiche che la animano. 

Lo stesso Stato che ha compiuto impunemente stragi, cerca di costruire un nemico unico e perfetto, scaricando l’emergenza su chi non risponde prontamente ad una scelta che ha tutto il diritto di essere ponderata.

Oscillare tra carità e punizione, polarizzare le posizioni, serve a scaricare le responsabilità, ad individualizzare le colpe, a livellare le contraddizioni e ad abbattere tutto ciò che non si conforma al ritmo stabilito dal Capitale.

Se da una parte è necessario lottare per l’accesso a possibilità di cura per tutti e tutte, contro i brevetti e i profitti delle multinazionali sulla pelle di chi soffre, dall’altra legittimare l’imposizione di una vaccinazione sperimentale con coercizione e ricatto rappresenta un pericoloso precedente che non riguarda esclusivamente la minoranza relativa di coloro che non vogliono/non possono vaccinarsi.

E’ importante considerare che il rifiuto dei farmaci o dei vaccini non si configura solo come privilegio, rimane aperto il tema del rapporto tra medicina e culture, tra medicina occidentale e colonialismo medico, fermo restando le disparità di accesso alla salute in un sistema globalizzato di sfruttamento dove le diseguaglianze hanno stretti legami di interdipendenza.

Quindi se un discorso pro o contro la vaccinazione in astratto è un cortocircuito costruito e fasullo buono solo a coprire le falle di un sistema che inizia a fare acqua da tutte le parti e in modo evidente, è chiaro come il nemico rimanga uno Stato paternalista che ha bisogno di infantilizzare il corpo sociale per tutelare esclusivamente i propri interessi economici.

Essere contro la coercizione e l’obbligo vaccinale non ci ha impedisce di interrogarci sulla necessità di tutela di contagio dal virus, soprattutto per quanto riguarda chi è piu esposto e vulnerabile nei luoghi di reclusione e dello sfruttamento di massa, dove le relazioni sono imposte e non volute. E’ evidente che dove non c’è spazio per la soggettivazione e la cura reciproca, per la relazione e il consenso, si fa strada la burocrazia e la coercizione, e che a pagarne il prezzo, oggi come ieri, saranno sempre e comunque tutte quelle vite già discriminate, considerate di scarso valore o ritenute ‘improduttive’.

Se è vero che la vaccinazione stia risultando efficace nell’abbassare i ricoveri, le morti e la pressione sul sistema sanitario, è vero anche che la campagna vaccinale portata avanti dal governo a reti unificate ha spinto moltx a non tenere nessuna precauzione circa reazioni avverse anche gravi che potevano essere evitate.

É importante considerare che la ‘protezione’ al momento si riferisce ad un minore rischio di infettarsi, quindi di contrarre la malattia in modo grave e di trasmettere il virus. Non tutela davvero dalla possibilità di contagiarsi e contagiare, ma diminuisce la probabilità che soggetti fragili contraggano la malattia, o la contraggano in modo grave.

Mentre tuttx fuori, rassicurati dai proclami di Stato, si sono completamente disinibitx per quanto riguarda qualsiasi misura di prevenzione di base – perchè è arrivato il vaccino e basta il green pass – è evidente invece che il dispositivo tecnico della vaccinazione non basterà.

Appellarsi ad un senso di ‘comunità’ nella società neoliberista assume caratteri farseschi quando tre quarti del mondo non ha accesso a livelli di salute minimi.

Prevenzione, riduzione del danno, redistribuzione delle risorse non se ne vedono, rapporti di forza per mettere in discussione un sistema al collasso che si ostina a tirare dritto nonostante tutto e tutti, nemmeno.

Intanto le case farmaceutiche produttrici di vaccini a mRNA – quelli che si stanno rivelando statisticamente più efficaci  – alzano il prezzo dei farmaci.

Si procede per ricatti, e saranno sempre di più.

SU GREEN PASS

Ed è così che si arriva al green pass, un’escamotage che lo Stato sta trovando per scaricare di nuovo su gli individux le proprie responsabilità: si ricattano le persone con un documento che le metterà all’angolo per poter accedere a molte attività al chiuso, esasperando ulteriormente differenze e certificando nuove discriminazioni.

Una misura che non ha niente a che vedere con la tutela della salute e con qualsiasi concetto di prevenzione. Chi diventerà lo sbirro di chi?

Potrebbe diventare obbligatorio per trasporti a lunga percorrenza, per la scuola e per il lavoro. Opporsi a questo ricatto non solo è giusto, ma necessario.

Scegliendo deliberatamente di lavarsi la coscienza, lo Stato sta sancendo un’ulteriore frattura tra un’umanità di serie A e un’umanità di serie B per tutelare gli interessi dei soliti noti, liberi si, ma di tornare a sfruttare, mentre le disuguaglianze che hanno segnato la pandemia sin dall’inizio continueranno a farlo.

CHI HA PAGATO FIN’ORA E CHI PAGHERÀ?

A ogni latitudine sono state le fasce della popolazione più svantaggiate – all’interno delle quali si trovano la maggior parte dei migrantx e dei non bianchx – a essere colpite dalla pandemia.

Le frontiere hanno mostrato tutta la loro violenza evidenziando come a questo mondo muri e confini esistano sempre e soltanto contro i poveri, mentre merci ed economie assassine possono girare indisturbate.

La diffusione globale del virus ha viaggiato infatti in business class alla stessa velocità dei numeri in borsa, non annegando sui barconi nel mediterraneo. Ma le morti contano solo se hanno effetto sui mercati, le vite valgono soltanto se è possibile metterle a profitto.

L’ultimo anno ha messo in luce tutta la ferocia che sottende al mantenimento di questo sistema di sfruttamento:

La strage nelle carceri ha svelato la violenza strutturale su cui si fondano tutti  i luoghi di reclusione, oltre che l’omertà dell’intervento sanitario nelle galere italiane, dove l’eccezione non è la ‘malasanità’, ma trovare un medico non connivente con le guardie. Il silenzio di medici e infermieri è stato assordante rispetto gli abusi compiuti in quei giorni e rispetto agli abusi che si perpetuano ogni giorno in tutte le carceri: la salute nei luoghi di reclusione è isolamento, annientamento, deprivazione, contenzione fisica, farmacologica, psicologica, violenza e repressione sistemica. La reclusione genera disturbi e menomazione, patologie e fragilità che spesso esordiscono in carcere e si protraggono anche dopo la scarcerazione. A questo si aggiungono la fatiscenza strutturale degli ambienti, l’insalubrità del cibo, l’assenza di docce, e il trito e ritrito affollamento, buono soltanto come scusa per mantenere intatto il meccanismo.

Negli ospedali, nelle residenze per anziani, nelle strutture sociosanitarie si é consumata una strage silenziosa e taciuta: operatrici e operatori sbattuti in reparti covid senza formazione e protezioni adeguate, lavoratorx ‘usa e getta’ obbligatx a lavorare pure se positivx fino alla comparsa dei sintomi, protocolli fatti di tachipirina e vigile attesa e persone murate in casa senza alcuna cura o visita medica e condannata alla morte. Mentre il numero dei morti saliva il ricatto salute/lavoro ha visto tutelati i profitti dei padroni prima ancora della salute delle persone, come osservato drammaticamente in Lombardia, dove ospedali e luoghi di lavoro hanno continuato ad alimentare inesauribili il serbatoio dei positivi.

Deroga su deroga si sono continuate a tenere aperte le grandi fabbriche per volere di Confindustria costringendo le persone ad andare a lavoro sui mezzi pubblici,  mentre si chiedeva in parlamento uno scudo penale bipartisan per proteggere imprenditori e manager delle aziende pubbliche.

Anche l’istituzione scolastica ha mostrato tutta la sua ipocrisia: milioni di euro per l’acquisto di banchi a rotelle per la didattica digitale ‘a seduta innovativa’ spacciati come misura anticovid, mentre la sofferenza di bambini e bambine è scomparsa per decreto.

La morte è stata rimossa, strumentalizzata, spettacolarizzata, per essere piegata ad una propaganda del terrore che ha impedito qualsiasi processo collettivo di socializzazione del lutto e di condivisione del dolore.

Lo stesso Stato che ha sempre tutelato solo e soltanto gli interessi dei padroni, tenta oggi d’un sol colpo di pulirsi la coscienza sbandierando un’ipocrita volontà di proteggere i più fragili, quando l’eccezionalità della pandemia nel contesto capitalista ha reso evidente quanto i profitti legati alle merci siano sempre venutx prima delle persone.

Tutto questo è sempre stato vero, non è arrivato oggi col covid e non andrà via con un vaccino.

CONCLUSIONI

L’isolamento imposto durante il lockdown si è insediato su una condizione di profonda miseria umana e materiale che ha sterilizzato rapporti e legami e impedito elaborazioni critiche dei vissuti e della realtà, mostrando come questo sistema capitalista sia il vero responsabile dell’alineazione e della povertà che solca a tutti i livelli le nostre relazioni e le nostre possibilità di autodeterminazione e riappropriazione, oltre che il principale attore della frammentazione/atomizzazione che ci attraversa.

CHE FARE?

Intanto ricostruire un tessuto umano in grado di rimettere in campo rapporti di forza, riappropriarsi dei quartieri, di bisogni e desideri, tessere alleanze e intersezioni, costruire solidarietà, riprendersi zone autonome e indipendenti dal potere statale, farla pagare a chi sfrutta e opprime.

Non sappiamo bene “che fare”, domanda antica, forse ci sono tante cose da fare, vediamo bene però, un passo alla volta, dove tutto sta andando.

 Agosto 2021, Bologna

 


Link: Considerazioni sull’autogestione della salute