Riceviamo e diffondiamo
Mercoledì 19 marzo un gruppo di solidali è stato fuori dal CPR di Brindisi Restinco per un breve saluto allx reclusx. Come altri cpr sul suolo italiano, il luogo si trova fuori dalla città, in un’area militarizzata, con alti muri di cinta e pali ancor più alti muniti di telecamere 360°. La struttura detentiva si trova nello stesso vetusto complesso del CARA, separata all’interno da un altro muro. É paradigmatico del trattamento delle strutture detentive (non solo per soggetti migranti) in questo paese l’aver non solo relegato in remota periferia il CPR/CARA, ma anche la virtuale impossibilità di trovarne traccia sulle mappe, che riportano solo la dicitura “CARA”. Questo è per noi un ulteriore tassello dell’invisibilizzazione e marginalizzazione delle persone deportate in questi luoghi e, perché no, della loro disumanizzazione agli occhi della cosiddetta “società civile” tutta.
Lx solidalx hanno iniziato a gridare cori di solidarietà a cui subito è arrivata risposta da dentro, colpi sulle celle e grida che dicevano “libertà”, “aiuto” e “siamo bambini”. Si è provato a chiedere cosa intendessero con quest’ultima frase ma non si è ricevuta risposta e non si sa bene come interpretarla, probabilmente è in riferimento al fatto che ci sono persone molto giovani rinchiuse lì dentro. Lo scambio è durato poco e sono stati portati i saluti anche dallx compagnx di Napoli e tutta la solidarietà possibile ad M e A, che sono ora rinchiusi nel cpr di Brindisi. Loro vivevano a Napoli da decenni, prima di essere arrestati dopo un blitz nell’ex-chiesa in cui dormivano con altre persone, portati nella questura di Napoli e subito dopo nel cpr. Poco importano le situazioni personali e familiari di M e A: il giudice di pace ha da poco confermato la convalida delle loro detenzioni. L’obiettivo è sempre quello, rinchiudere e deportare chi non ha i “buoni” documenti, ancora di più se è poverx e non biancx. La storia di M e A mostra anche che i cpr sono utilizzati anche per quei territori, come Napoli, in cui non ci sono centri di espulsione. La logistica della detenzione e dell’espulsione funziona senza sosta e in ogni punto del territorio, bastano uno sbirro zelante, un controllo di documenti, una cella di sicurezza in una questura.
Questo avviene ancor di più nei centri urbani, attraverso l’ introduzione delle zone rosse, volte all’ allontanamento dei soggetti “pericolosi”, parcheggiatori abusivi, o comunque gente marginalizzata dalle piazze che ancora non sono turistiche, come stiamo vedendo accadere a Bari.
Per questa ragione,come rete attiva sul territorio contro ogni struttura detentiva, sentiamo la necessità di opporci all’inasprimento della repressione che tutela il mantenimento del divario fra la città vetrina e il ghetto, attraverso la costruzione di ponti e relazioni fra chi combatte ogni giorno per espandere il fuoco della solidarietà.