FINCHÈ DI STATO E PATRIARCATO NON RESTI CHE MACERIE

 

Diffondiamo un intervento letto durante il corteo del 28/11 a Bari.

Il 28 novembre è una giornata di memoria, in memoria di benny petrone morto ammazzato per mano delle squadrette fasciste nel 1977. siamo qui a ricordarci che la guerra interna, così come quella esterna non hanno mai cessato il fuoco.

oggi, quelle stesse mani sporche di sangue sono di chi ci governa, e le stesse che hanno violato qualsiasi forma di diritto nella scuola Diaz a Genova.

La mano che teneva quei manganelli non era diversa, seppur in altre forme, di quella che qualche ora prima aveva ucciso Carlo Giuliani in piazza Alimonda, o di quella che ha ucciso Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Riccardo Rasman.

e oggi siamo qui a ricordare anche che sono passati tre mesi dagli arresti NOPONTE, in cui sono state arrestate tre compagnx, Andre, Bak e Gui, portatx in carcere il 9 settembre in via cautelare, per fatti del carnevale noponte del primo marzo, giorno in cui un vivace corteo attraversò le strade di Messina per dire no al ponte sullo stretto.
Tra le accuse, resistenza e lesioni gravissime.

Andre e Gui sono ancora rinchiusx nelle 4 mure di casa ai domiciliari con braccialetto e divieto di comunicazione con l’esterno, mentre Bak si è ritrovatx di nuovo in stato di arresto e portatx in carcere a Brindisi come misura cautelare a seguito di un’altra operazione infame chiamata IPOGEO, per I fatti del corteo contro il DL sicurezza a catania, del 17 maggio.

All’alba del 20 novembre la digos ha fatto irruzione nelle case di diversx compagnx a Catania, Palermo, Messina e Bari, compiendo perquisizioni a tappeto. Tredici compagnx sono statx denunciatx a piede libero, due invece, Luigi e Bak, sono statx arrestatx preventivamente e tradottx in carcere, con accuse di devastazione e saccheggio. Unx compagnx è braccato da un mandato di cattura europeo.

Il ponte sullo stretto è un’opera devastante, di interesse di stato e mafia, realizzata per mano di Webuild azienda che negli scorsi anni ha realizzato nella base USA di Sigonella 14 edifici da adibire a uffici per uso militare, che finanzia apertamente il genocidio in palestina, e che sottrae case e terra allx abitanti di Messina.

Ci vogliono immobili rispetto all’approvazione del nuovo pacchetto sicurezza, una legge fascista che sottoscrive un’idea di cittá militarizzate e controllate, che punisce violentemente ogni forma di manifestazione di pensiero, aggravandolo se si scaglia contro i servi delle stato. oltre che ricalcare il razzismo di stato che si esprime al massimo della tortura nei Cpr dove le reclusx se provano a rivoltarsi verranno ingabbiatx da una prigione all’altra.

Ci chiamano violenti e noi gridiamo che lo siamo perché la violenza non può essere solo dello stato e delle guardie sui nostri territori e le nostre vite, siamo violentx perché vorremmo vedere queste cittá svendute ai turisti e piene di telecamere crollare in macerie, così come tutte le gabbie dalle galere ai Cpr, luoghi di tortura di Stato. E poco ci interessa se qualche banca, mc donald o azienda complice di Israele e delle torture nei cpr dovrà spendere due spiccioli per la sua vetrina, ne siamo solo felici, l’importante é mostrare che non siamo corpi inermi che possono accettare qualunque abuso e violenza, ma gliela faremo pagare.

Violenza sono i sistemi di controllo sui nostri corpi, dalle telecamere in ogni strada e palazzo, alle videocamere della digos nei cortei, al controllo attraverso i dispositivi in ogni momento della vita quotidiana. Fare tutto questo in nome di un decoro e di un ordine pubblico é abominevole, e per questo non dovremmo stupirci della risposta delle piazze quando decidono di attaccare questi sistemi di controllo e scagliare delle pietre contro le videocamere, perché violento non é questo ma é lo stato che le installa in nome di una sicurezza che é solo una sicurezza dell’ordine pubblico, razzista e classista.

Perché non ci sentiamo sicure in queste strade, ci sentiamo sicure solo al fianco delle nostre sorelle e dellx harraga, e ci sentiamo ancor più sicure con qualche videocamera in meno!

Queste risposte di piazza sono vitali, sono il minimo che si possa fare per reagire senza annichilirsi alle violenze dello stato, e dovrebbero diventare un’abitudine. Perché se si pensa che reprimendo ci staremo zittx e fermx si sbagliano, il nostro obiettivo sará sempre quello di ostacolare il più possibile le opere coloniali ed estrattive, rivoltarci come si rivoltano i popoli del mediterraneo, dal Marocco alla Palestina.

Si pensa sempre al Sud come a dei territori pacificati, ormai arresi ai soprusi e al martirio della nostra terra che ormai ha più pannelli solari di amazon e ulivi israeliani che altro, ma questa pacificazione é un’illusione. La rabbia c’é ed é tanta, fermata dalle operazioni repressive messe in atto da decenni, che fermano chiunque appena prova a ribellarsi. Perché vogliono un sud zitto e debole, accondiscendente, svenduto ad airbnb.

Negli ultimi mesi sono state arrestate tantissime persone in Italia per le mobilitazioni in solidarietá al popolo Palestinese.

Sono passati 5 mesi dalla manifestazione del 14 giugno a Bari, siamo qui a ricordare che B è stat condannat a 8 mesi di reclusione per resistenza e accensione di fumogeno.

Oggi chi giudica fa parte di un apparato statale complice con il genocidio, come quello italiano, che addestra i piloti israeliani a Trapani a pilotare gli F-35, che permette ai velivoli da guerra sionisti di atterrare a Sigonella, che permette le comunicazioni di guerra in medio oriente tramite il MUOS, che è il terzo paese per invio di armi ad israele grazie alla Leonardo S.p.A., uno stato che è complice nelle università, nei laboratori, nelle fabbriche ed in qualsiasi luogo questo potere va difeso e consolidato.

Siamo qui, ancora, per ricordare che un po di mesi fa dei compagni di Bari sono stati accusati di associazione eversiva con finalità di terrorismo per delle scritte sulla Palestina e Cospito al 41 bis.

Il 41bis è un regime di tortura, di annientamento della persona, con un isolamento totale negando la possibiltá di comunicare con l’esterno che siamo gli affetti o le persone solidali. questo regime di tortura é solo l’apice della repressione e dell’annullamento delle relazioni con l’esterno per chi é reclusx in ogni galera, dalle sezioni comuni all’alta sicurezza.

E qui, ci chiediamo, cosa vuol dire essere terrorista oggi?

Se terrorista significa scrivere FREE GAZA o NO 41BIS su un muro, se terrorista significa volere la liberazione dei corpi migranti imprigionati in un lager di stato, e se terrorista è solo chi fa paura allo stato e crea del caos tanto incontrollabile, allora siamo tuttx terroristi.

E come terroristx vogliamo vendetta per uno stato che altro non fa che creare devastazione nei territori, dalla palestina alla basilicata, terre colonie a cui hanno tolto acqua, case, ossigeno, vento, aria, vita.

L’AMORE che proviamo verso le persone amiche, verso la terra e lx animalx non umane, che sono sempre all’ultimo posto, maltrattate e devastate crea un grande, enorme sentimento di VENDETTA.

NOI QUESTA VENDETTA VOGLIAMO NUTRIRLA, RENDERLA PROTAGONISTA FINCHÈ DI STATO E PATRIARCATO NON RESTI E MACERIE

LIBERTÀ PER TUTTX LX PRIGIONIERX

LIBERTÀ PER LA PALESTINA

FUOCO AD OGNI GABBIA

CHI DEVASTA È LO STATO, CHI SACCHEGGIA È IL CAPITALE

Diffondiamo

All’alba di giovedì 20 novembre è scattata l’operazione Ipogeo orchestrata dalla Procura di Catania, con perquisizioni a Catania, Palermo, Messina, Siracusa e Bari. Per tre delle sedici compagnx inquisitx è stata disposta la detenzione in carcere come misura cautelare. I fatti contestati riguardano quanto accaduto durante il corteo di Catania dello scorso 17 maggio contro il Decreto Sicurezza.

Interruzione di pubblico servizio, imbrattamento, lesioni personali, rapina e devastazione e saccheggio, queste le principali accuse che la Procura muove ai sedici compagnx. Il recupero di devastazione e saccheggio, reato introdotto nel ventennio fascista con il Codice Rocco e rispolverato e sdoganato dal G8 di Genova in poi, è del tutto strategico. La sua estrema ambiguità ne permette l’applicazione nei contesti più disparati facendone deterrente perfetto per cortei e manifestazioni che non intendono rientrare nei recinti della concertazione, che non si accontentano di mere passeggiate e anzi esprimono nelle strade un saldo antagonismo politico. Inoltre, la severità delle pene (dagli otto ai quindici anni) che questo reato prevede lo rende strumento ideale per terrorizzare e reprimere la conflittualità.

A rendere il quadro ancora più tetro contribuisce l’uso diffuso del dispositivo del concorso in reato, anch’esso largamente elargito a buona parte delle compagnx inquisitx nell’Operazione Ipogeo. Si tratta di un articolo del Codice penale che colpisce chi si ritiene concorrere materialmente o moralmente al reato contestato, prevedendo la stessa pena di questo.  Per la Questura e la stampa è stata l’ennesima occasione per rivomitare all’opinione pubblica la solita retorica dei buoni e dei cattivi. Ci ripetono che chi mette in campo pratiche che eccedono il recinto della legalità è un infiltratx che inquina le lotte giuste, quelle ben perimetrate dei sinceri democratici, e va quindi isolatx.

Il corteo al centro dell’operazione, che ha attraversato Catania passando sotto il carcere di Piazza Lanza, si opponeva al Decreto Sicurezza, l’ennesimo strumento con cui Stato e padroni si armano nella guerra interna contro oppresse e sfruttati. Il cosiddetto Decreto Sicurezza, divenuto legge a giugno, con il suo nauseabondo insieme di nuovi reati e aggravanti prevede sempre più carcere per gli esclusx e per chi si ribella allo stato di cose presenti. Contro queste misure le compagnx arrestatx e inquisitx si sono oppostx e per questo sono statx colpitx dalla repressione. È fondamentale ora non lasciarlx solx mostrando vicinanza, supporto e solidarietà.

Dove il livello dello scontro si abbassa, la repressione ha campo libero. Di fronte alla stretta repressiva l’unico modo che abbiamo per resistere non è piegarci alle regole della controparte, ma dare forza e nutrire le nostre pratiche reagendo all’isolamento. Anche le recenti piazze in solidarietà alla resistenza del popolo palestinese lo hanno dimostrato: non accettare le limitazioni imposte dal nuovo Decreto Sicurezza rende più difficile allo Stato e ai suoi gendarmi applicarne il contenuto.

L’UNICO INFILTRATO È LO STATO!
ADESSO E SEMPRE SOLIDARIETÀ!

BAK, LUIGI E ALE LIBERX!

Per il supporto ai compagni scrivi a vumsec@canaglie.net

OCCHI INDISCRETI. RELAZIONE SULLE MODALITÀ E GLI STRUMENTI DI REPRESSIONE DIGITALE


Diffondiamo da Arachidi:

La tecnologia digitale pervade ogni ambito delle nostre vite, e di certo la repressione statale delle lotte non sfugge a questa regola.

In quanto amici e compagne informatiche periodicamente siamo sottoposte a sessioni di domande su quello che sbirri e questure varie possono fare; altrettanto spesso, ci capita di essere a tiro di comportamenti che denotano una certa leggerezza, e che poco tengono conto di quanti strumenti i suddetti possano avere, e di quanto negli ultimi anni il budget destinato a strumenti di controllo all’avanguardia sia aumentato.

Per questo motivo, e per molti altri, abbiamo deciso di scrivere questo testo che raccogliesse un po’ di informazioni in modo schematico su ciò che abbiamo visto o letto avvenire in questo ultimo periodo (esteso agli ultimi 3 anni circa).

Questo testo NON è pensato per far nascere paranoie, ma come una forma di collettivizzazione; tuttavia questa raccolta può non essere comprensiva di tutte le tecniche utilizzate dallo stato, anche perchè purtroppo della maggior parte si viene a sapere a posteriori, ossia a indagini concluse.

Qui il sul sito il testo completo.

SHULUK: VENTO DAL SUD, SABBIA TRA GLI INGRANAGGI. ALCUNE RIFLESSIONI SULLE REPRESSIONI DEGLI ULTIMI MESI IN SICILIA.

Diffondiamo:

Non dimentichiamoci che la repressione è una conseguenza (non sempre inevitabile) di territori che lottano, non il punto di partenza di speculazioni intrise di colonialismo. C’è chi dice che l’obiettivo è silenziare un territorio anche in vista di una sempre maggiore speculazione e cantierizzazione, per il ponte e i progetti di turistificazione in atto in tutte le città. C’è chi dice che l’arresto di alcunx compagnx che si organizzano contro i cpr e il sistema delle frontiere è un attacco alla lotta contro questo sistema mortifero. Tutto vero, ma ci si scorda di dire che se la repressione agisce è perché qualcunx si è mossx, perché i territori e i corpi che ospita si sono organizzati per resistere e contrastare dei processi che sempre più spesso ci sono presentati come inevitabili. La narrazione di un sud colpito dalla repressione che non menziona la spinta propulsiva che viene da questi territori non fa che nutrire una visione intrisa di vittimismo, che rappresenta persone passive e bisognose di aiuto. E non è così. Lo SHULUK soffia e la gente resiste nei quartieri, negli spazi liberati, nei cpr, nelle galere (semplicemente resiste, anche più di quanto ci immaginiamo).

In quest’isola sicula ormai sommersa dai turisti, viene narrato, per il piacere “forse” delle folle pacifiste e pacificate che esiste anche un’altra forma di turismo, quella che arriva , devasta e saccheggia… e poi si dilegua . Che poi viene perseguitata e incarcerata, negli stessi identici territori che si dice abbia attraversato come delinquente.. passato di lì per caso. E mentre ci impongono il terrore dell’avanzare del deserto, inaridiscono la vita, riducendola ad esistenza, sopravvivenza. Mentre si ingigantisce il totem dello Stato, mentre tutto vuole essere fatto rientrare nel regolare e quotidiano spettacolo delle apparenze, nello stesso momento la loro inquisizione si intensifica. Mentre svendono la vita al peggiore degli offerenti (quello sì che è saccheggio e devastazione!) applicano sapienti le loro operazioni di water-boarding a respiri altrimenti incendiari. Cercando di congelare il caldo ed umido Scirocco.

Questa replica della santa inquisizione è parte di uno stratagemma di pacificazione delle lotte, un’operazione di pulizia delle individualità categorizzate come problematiche per il normale svolgimento del mondo così per come vogliono che lo conosciamo. Una pacificazione delle lotte territoriali che mira al loro assorbimento nello sceneggiato democratico, negli argini dei proto(ac)colli previsti nelle norme, comprese quelle del “politicamente corretto”. Un banale (in quanto intrinsecamente accettabile) dispositivo di controllo e prevedibilità delle masse che, affinché riesca, necessita di un certo tipo di mediazione; solitamente riprodotta dalle strutture partitiche e/o sindacali, comunque amministrativo-rappresentative. E che si può dire, poi, dell’ altra faccia della medaglia, l’informazione main stream che usa la retorica questurina deglx agitatorx venutx da fuori?! Quasi a sottolineare che la spinta propulsiva non è propria di chi lotta qui, per togliere agentivitá alle comunità siciliane. In più si cerca di isolare una lotta rendendola esclusivamente competenza di un territorio cercando di non farla uscire dai confini arbitrariamente definiti, un affare da silenziare. La solidarietà è un arma e questo fa paura, per tale motivo si cerca di sminuirla quando si fa sentire.

È che poi si scordano che in questa terra lo scirocco quando soffia porta con sé migliaia e migliaia di granelli, irriducibili alle differenziazioni che li vuole soffocati dentro qualche contenitore identitario. SHULUK arriva umido e caldo dalle frontiere che insistono sin sotto le case che abitiamo, ululando contro le vostre vetrine appena lustrate.

DOPO LA CALMA PRIMA DELLA TEMPESTA

Diffondiamo da Infranero: 

In ogni caso, i fatti sono noti. Ripeterli, magari aumentando la dose dei relativi dettagli tecnici, non porta a nulla. Non si provocano né attacchi di panico né esplosioni di rabbia, e non si percepiscono chiare tracce di ansia. La popolazione civilitica è per lo più indifferente a quanto le accade davanti agli occhi — crede ancora di vivere in un mondo che non c’è più. Un mondo stabile e affidabile con le sue quattro stagioni, gli scaffali dei supermercati ben forniti, le vacanze prenotabili online, gli ambiziosi progetti di carriera, la meritata pensione dopo una più o meno dura vita di lavoro, e le soluzioni tecniche per eventuali imprevisti a portata di mano.

Una compostezza a prova di calamità. Alluvioni. Fiumi secchi. Ondate di calore. Tempeste. Incendi boschivi. Scioglimento di ghiacciai. Carestia dei raccolti. Estinzione di specie animali. Tutto continua come prima. Pandemia. Lockdown. Museruole ad hoc. Vaccinazioni dietro ricatto. Guerra. Genocidio. Sì, una seccatura, ma alla fine andrà tutto bene.
Eppure ormai dovrebbe essere chiaro: non esiste una catastrofe imminente, poiché siamo già dentro alla catastrofe. Evocare cupi scenari futuri è del tutto ridicolo e superfluo, il cupo presente è più che sufficiente. Sufficiente? Per stimolare cosa? Duemila anni di religione sacra che preannuncia il paradiso dopo la fine della vita, e duecento anni di religione profana che promette il comunismo dopo la fine del capitalismo, hanno ottenuto il loro migliore effetto: l’attesa. Perenne e fiduciosa. Davanti al susseguirsi delle catastrofi planetarie, l’umore generale è semplicemente passato dall’ottimismo forzato alla paralisi, in un micidiale miscuglio di rassegnazione e confusione. Di tutte le minacce, è questa la più immediata: la ragione è in ritardo rispetto alla realtà, motivo per cui azioni sostitutive si affollano nello spazio intermedio.
Bisogna infatti ammettere che la mente si trova oggi a confrontarsi con condizioni senza precedenti. È impossibile riflettere sulla nuova realtà senza affrontare contemporaneamente la questione di come questa influenzi il pensiero. Per quanto diversi possano essere i pericoli che incombono su tutti noi, hanno almeno un elemento in comune: sono generati dall’essere umano. Ciò significa che bisogna considerare anche il palese fallimento del pensiero.
Già solo la scelta dei vocaboli da usare pone non pochi problemi. È possibile parlare di cose sproporzionate senza utilizzare parole sproporzionate? Catastrofe? Apocalisse? Beh, di certo non si può parlare di crisi o di disastri. L’uso di questi termini, in relazione ai processi globali in corso, è già di per sé una banalizzazione. Se le parole sono importanti, allora vocaboli come crisi e disastri andrebbero tralasciati. Una crisi petrolifera o una crisi finanziaria, ad esempio, vengono percepite come manifestazioni acute di contraddizioni strutturali (dipendenza da una materia prima, movimento del capitale economico). Resta in piedi l’idea che si tratti tutt’al più di una risolvibile interruzione di un sistema altrimenti funzionante. Lo stesso vale per i disastri. Quando si verifica un’alluvione o un incendio boschivo, vengono prese misure di salvataggio, ma non appena l’emergenza non è più pressante la vita quotidiana torna a scorrere come prima. Perché il dis-astro è una disgrazia originata da una cattiva stella, da un destino avverso. Shit happens, dicono gli anglosassoni.
Sebbene meno rassicuranti, termini come collasso o rovina sono a loro volta fin troppo deterministici. In essi, la conclusione è già prestabilita; non c’è spazio per percorsi alternativi. Ma allora, se il destino è già segnato, perché rifletterci sopra e scriverne (per non parlare del perché agire al fine di influenzarlo)? Al contrario, un termine come antropocene alimenta l’illusione di una transizione verso un’èra moderna stabile e sicura. Un ottimismo davvero fuori luogo, che può solo spingere le case automobilistiche a progettare Suv ecosostenibili o i partiti ecologisti a sostituirsi alle redini del governo. Tutto sommato, nessuna di queste caratterizzazioni della situazione attuale è realmente utile. Piuttosto, sono rivelatrici di chi le utilizza.

Ammettiamolo. Da quanti anni siamo tutti consapevoli di viaggiare su un treno diretto ad alta velocità verso il baratro? Da quanti anni vengono lanciati appelli urgenti richiamando l’attenzione sul fatto che all’umanità resta pochissimo tempo per affrontare gli sviluppi allarmanti che minacciano la sua sopravvivenza? Quante volte sono stati ricordati i rischi del riscaldamento globale, dell’estinzione delle specie, del declino delle acque dolci, delle crescenti zone morte negli oceani, della progressiva deforestazione? Quante volte sono state denunciate, in un contesto simile, le crescenti possibilità della diffusione di virus letali? Oppure, quante volte il conflitto nel Donbass è stato annunciato come la scintilla che avrebbe provocato la terza guerra mondiale?
Eppure, non solo non è stato fatto nulla per scongiurarla, ma la situazione è peggiorata ulteriormente in tutti i settori. Cento anni fa, un singolo terribile avvertimento da parte di eminenti studiosi avrebbe gettato il mondo intero nello sgomento, persino nel panico, e non sarebbe stato privo di conseguenze pratiche. Oggi, vale a malapena una breve notizia.
Cos’è successo? Come nella famosa parabola della rana bollita, la maggior parte delle persone sembrano intorpidite dal graduale riscaldamento nella pentola e dalle ripetute notizie che ne derivano. Tutti sono informati, ma nessuno si sente veramente minacciato. Manca poco tempo, sì, sì, lo sappiamo già, non annoiateci. Anche la maniera in cui vengono date tali informazioni contribuisce alla fatale assuefazione. L’imminente apocalisse diventa una notizia da collocare tra un resoconto politico quotidiano e un reality show. Non che le si conceda troppo poco spazio, ci sono servizi su servizi e trasmissioni speciali sull’argomento. Semplicemente questa minaccia immanente è stata trasformata in un «argomento» a sé stante. Cinque minuti di apocalisse, ed ora passiamo allo sport. Come se il peso di quanto sta accadendo non gravasse su tutte le emozioni, i pensieri, i sogni, i progetti umani. La separazione tra catastrofe e vita quotidiana viene mantenuta artificialmente. In questo modo non è solo la catastrofe a venir resa irreale, ma anche e soprattutto la vita quotidiana.
Da qui, la paralisi. Indubbiamente, la ragione di questa paralisi prolungata è un peso immenso e soverchiante. Non è solo l’immaginazione a cedere di fronte alla catastrofe; le dimensioni di quanto sta avvenendo sono troppo smisurate per essere comprese. Il pianeta, l’umanità, la vita: come possono questi concetti non essere irrimediabilmente astratti in relazione alla nostra esistenza, che è pur sempre individuale? Quando gli scienziati si rivolgono «all’umanità», quando i movimenti si rivolgono al «popolo» o al «proletariato», i loro appelli vengono restituiti con la dicitura «destinatario sconosciuto». Ecco allora affiorare l’ovvia tentazione: non sarebbe più saggio smettere di rimuginare su questioni su cui ci si sente impotenti? Beati coloro che hanno un’immaginazione limitata, che senso ha torturarsi? Meglio dedicarsi a progetti concreti che consentano almeno piccoli miglioramenti, magari pompandoli di confortante retorica (dall’ambulatorio popolare all’orto insorto). Invidiabili sono i nostri antenati, a cui era permesso distruggere il proprio ambiente senza troppi rimorsi!
La scelta tra ignoranza e infelicità è un vecchio argomento filosofico e letterario, solo che a noi questa scelta non è più concessa. Tutti sappiamo. E quando ormai c’è la conoscenza, l’unica alternativa possibile al pensiero è la negazione o la rimozione. Ma come è noto, i fatti negati o rimossi non scompaiono affatto. Continuano ad operare. Sul tavolo anatomico dell’accademia, docenti e ricercatori possono ben continuare a sezionare il marxismo, annunciando di aver rinvenuto in esso frammenti primordiali di un pensiero critico. Nelle piazze reali o virtuali delle metropoli, attivisti e militanti possono ben continuare ad agitarsi e ad esaltarsi per il movimento sociale del momento, annunciando di intravedervi la possibilità concreta di sfidare l’ordine delle cose. Non sono che narrazioni autoconsolatorie davanti a una realtà sempre più atroce.

Ciò che è accaduto negli ultimi cinque anni ha terminato di annientare il mondo così come l’abbiamo conosciuto, quello in cui siamo nati e cresciuti, fino ai resti delle sue illusioni. Ognuno ha visto sbriciolare i propri abituali punti di riferimento; chi lo stato di diritto, chi il potere al popolo, chi il risveglio delle coscienze… pilastri ridotti in polvere e macerie dalla tracotanza del dominio e dall’implacabilità dei suoi algoritmi. In un simile contesto si può fingere di vivere ancora nel Novecento e nel suo immediato prolungamento, alimentandone all’infinito le speranze. Oppure si può prendere infine atto di essere alieni in un territorio perennemente straniero e ostile. Se l’orrore per l’immane tracollo dell’intera civiltà, la rabbia di fronte alle devastanti conseguenze, la testardaggine di non volerle subire passivamente, non portano necessariamente né all’ottimismo beota né al pessimismo impotente, vero è che un minimo di lucidità — «la ferita più vicina al sole» — è oggi più che mai un requisito indispensabile per riconoscere e giocarsi le possibilità residue, quali che siano.

NAPOLI: PRESENTAZIONE NEXT STOP MODENA 2020 DI CLAUDIO CIPRIANI

Diffondiamo:

Presentazione del libro Next Stop Modena 2020. Viaggio tra le carceri – di Claudio Cipriani.

Sabato 13.12 h 18:00 a Santa Fede Liberata, via San Giovanni Maggiore Pignatelli 2, Napoli.

E’ giunto alle stampe il libro di Claudio Cipriani sulle rivolte nelle carceri del 2020, in particolare quella di Modena, e sulla strage di Stato che in reazione ne seguì, nella quale morirono 14 persone detenute.

Il libro non è unicamente testimonianza diretta di quei giorni dal punto di vista e di vissuto di chi era detenuto, ma mette altresí in luce, da un lato, le responsabilità dello Stato dinanzi all’ennesima strage passata sotto silenzio e la fisiologica brutalità del carcere; dall’altro, fa intravedere la possibilità concreta di mettere in pratica relazioni di solidarietà che possano rompere l’isolamento imposto e sovvertire la società carceraria in cui viviamo.

Claudio è tuttora recluso al carcere di Secondigliano e Stecco, che ha scritto la prefazione, al carcere di Sanremo. Ricordiamo inoltre che quest’ultimo è dall’8 novembre in sciopero della fame in adesione alla campagna Prisoners for Palestine, e che da qualche giorno gli è stata applicata la censura alla posta, motivata dall’aver denunciato le condizioni detentive del carcere in cui è detenuto. Che questo libro esca proprio nel giorno in cui gli è stata disposta, potrebbe rappresentare un segnale, a ricordarci che per questo Stato stragista, chi parla e alza la testa deve stare zitto.

Un buon motivo che a nostro avviso rievidenzia l’importanza di supportare la diffusione di ogni testo da dentro che racconti ciò che accade, che mostra la vera faccia dello Stato e della detenzione, non sottostando alle forme di censura più o meno implicita che vengono costantemente applicate.

Il libro è dedicato da Claudio alla memoria di Artur, Sasá, Hafedh, Ali, Slim, Ghazi, Lofti Bem, Erial, Abdellha, Marco, Ante, Carlo Samir, Haitem.

Durante la presentazione sarà possibile acquistare delle copie del libro, i cui proventi, per volontà di Claudio saranno destinati a sostenere la memoria delle persone morte in quelle giornate e loro familiari.

Solidali con chi si ribella da ogni galera e con lx prigionierx attualmente in sciopero della fame per la Palestina

https://jamme.la/event/presentazione-del-libro-next-stop-modena-2020-di-claudio-cipriani

PERUGIA: TRONCHESE. CONTRO LE SBARRE, DA ENTRAMBI I LATI

Diffondiamo da la Turba a Perugia:

Tronchese – contro le sbarre, da entrambi i lati.
Due presentazioni, due live, tante altre cose.
Domenica 7 dicembre 2025.

Scarceranda 2026 (alle 17h00)

Dal 1999 l’agenda contro il carcere, giorno dopo giorno. Scarceranda viene donata alle persone prigioniere che ne facciano richiesta o segnalate a Radio Onda Rossa, che provvede alla spedizione postale in carcere. Questo è possibile grazie al sostegno di chi, liberx, “acquista” Scarceranda: per ogni copia comprata fuori, una viene mandata dentro.

Potete contribuire alle edizioni future di Scarceranda con i vostri disegni e scritti: saggi, racconti, poesie, ricette culinarie (l’agenda ospita le Ricette evasive: di facile preparazione servendosi del fornelletto, pensate soprattutto per chi è prigionierx, riutilizzando parte del vitto fornito dall’amministrazione penitenziaria).

Se volete far giungere la Scarceranda in carcere a una persona specifica, potete comunicare a Radio Onda Rossa il nominativo dellx prigionierx e l’indirizzo, avendo premura di indicare la città, il carcere e possibilmente anche la sezione.

Perché di carcere non si muoia più, ma neanche di carcere si viva.

Mai farsi arrestare di venerdì (alle 19h00)

Un libro che sin dal titolo è un ottimo suggerimento, ma non solo. Mai farsi arrestare di venerdì. Memoir di un’esperienza carceraria con poesie d’amore verso la fine del mondo, di Sara Caterina Tzarina Casiccia, Eris edizioni.

Questo testo parla di carcere, di misure repressive, di corpi femminili e corpi che non sono liberi di muoversi, ma anche di lotta, di voglia di usare un linguaggio diverso per raccontare tutte queste esperienze perché a volte certe parole sono fredde e non riescono a rappresentare il proprio vissuto. È così che la saggistica si mescola con la poesia. Un modo per condividere il senso di solitudine, il sentirsi intrappolate, la sensazione di esilio che si vive quando non si è libere di spostarsi perché libere non lo si è completamente. Questo è soprattutto un racconto autobiografico, tra prosa, poesia e saggistica. Un memoir che parte da un’esperienza personale in carcere, in Spagna, non per far conoscere solo la propria storia, ma soprattutto quella delle altre persone che l’autrice ha incontrato tra le mura della prigione. Allo stesso tempo questa è una riflessione su che cos’è il carcere e cosa vuol dire starci dentro, riflessioni politiche, ma soprattutto umane ed empatiche.

Porque no estamos todas, faltan las presas – perché non ci siamo tutte, mancano le prigioniere.

Doppio concerto, perché galere e CPR non ne vogliamo più

ATSL – Attempt to Somebody’s Life (Firenze): presentano la loro nuova opera CYRENE. Non un semplice disco, ma un atto d’accusa e ribellione: un concept album imperniato, traccia dopo traccia, sulla denuncia dei crimini commessi contro i migranti nei lager libici.

Nueva Isla Kilombo (Perugia): spazio di resistenza e guerriglia sonora. Piccole sommosse rumorose e liberatrici.

A intervallare silenzio e rumore, cena benefit Radio Onda Rossa e ludopatia solidale con La Smorfiosa – tombola sovversiva autoprodotta.

Per tutta la durata dell’iniziativa, sarà possibile scrivere/disegnare contributi per Scarceranda 2027 in un ambiente tranquillo e fornito di materiale (se però vuoi portarne da casa torna sempre utile). Nello spazio è inoltre presente un angolo con buste, carta da lettere e un indirizzario il più possibile aggiornato per scrivere allx prigionierx.

TRENTO: BENEFIT NO PONTE E OPERAZIONE IPOGEO

Diffondiamo:

Domenica 7 dicembre – giornata di letture collettive e musichette benefit No ponte e operazione Ipogeo – Spazio Piera (via lavisotto 9).

Ore 13 .12 pranzone collettivo in sfamiglia (veg e gluten free).

Ore 15.00 lettura del libro “Stone Butch Blues” di Leslie Feinberg + improv musicale.

A seguire performance e musica di Sickness During Period e Leone Terzo.

Ci saranno anche -> distro – swap party – sfilata drag

Il ricavato andrà in benefit alle compagnx inguaiatx – Andre, Bak, Gui e Luigi liberx – liberx tuttx

PADOVA: CORTEO IN SOLIDARIETÀ AX COMPAGNX IN CARCERE, PER UN MONDO SENZA GALERE

Diffondiamo:

Il carcere è da sempre un luogo tetro, nato per rinchiudere le persone indesiderate alla società. O meglio a chi la società la controlla. I prigionieri per dissidenza sono tanto antichi quanto le stesse prigioni. La risposta dell’organizzazione statale (dalle monarchie assolutiste alle cosidette democrazie liberali) contro la lotta rivoluzionaria è sempre stata la stessa: carcere, carcere e ancora carcere. Se non addirittura morte quando le azioni degli insorti generarono una destabilizzazione politica tale che l’unico modo di recuperare il tanto amato ordine fosse l’esecuzione di chi si era reso protagonista di tale caos. Viviamo in un mondo in rapido cambiamento: l’avanzamento del tecnocontrollo che tutto domina e che tutto può, silenziosamente si inserisce in ogni spazio e in ogni dove. Nel frattempo grasse e grosse operazioni di polizia sceniche e scenografiche continuano a mandare dentro sempre più compagnx. Esemplare è il caso di Anan per il quale al rifiuto dei tribunali dell’estradizione in Israele per delle azioni di resistenza in Cisgiordania, lo Stato Italiano si è fatto, come fa sempre più spesso, tentacolo dell’entità sionista buttandolo in carcere. Un processo farsa dove prima si decide il reato di cui accusarlo e poi si capisce come renderlo colpevole.
Trasferimenti di carceri, testi della difesa rifiutati, tutto per cercare di spezzare i movimenti di solidarietà che si sono mossi per denunciare l’ennesimo abominio sionista in terra italiana. In fondo per quanto riguarda controllo e repressione l’Italia sta proprio imparando dai migliori, con arresti sempre più frequenti come le perquisizioni di questi mesi ci stanno dimostrando. Carcere facile e repressione facile. Ti metto dentro un paio di settimane giusto per ricordati dove devi stare nell’ordine delle cose che io presiedo. Un pensiero lineare e quanto mai onesto quello dello Stato, che, perlomeno, sta iniziando a smettere di cianciare di libertà per mostrarsi sempre più nella sua reale natura. Gli indesiderati, appunto, i più colpiti. E chi meglio di Tarek per esemplificare il tutto? Una persona di origine non italiana che il 5 Ottobre dello scorso anno si è rifiutato di accettare in silenzio il massacro sionista e alla vista della violenza dei servi in divisa ha risposto, come tanti e tante altre, ed è passato all’attacco. Per questo si trova ora da oltre un anno in carcere. Eppure Tarek è tutte noi, è quell’istante di rabbia che scoppia alla vista delle luci blu, è quell’attimo di coscienza che straborda e ci ricorda del perchè stiamo da una parte specifica. Quella della lotta. Quella della rivolta. Come non pensare quindi a quelle persone che per la lotta sono sepolte vive dentro le infami galere dello Stato?
Come Juan con fine pena nel 2045, accusato di alcune azioni, tra le quali un attacco alla POLGAI di Brescia, infame scuola di polizia di cui sono documentate le collaborazioni con i servizi di sicurezza israeliani. Come non pensare a Stecco in carcere e che, alla stesura di questo testo, si trova in sciopero della fame in sostegno ai prigionieri politici britannici che lottano contro l’accusa di terrorismo che l’entità coloniale inglese affigge loro per non accettare inermi il genocidio a Gaza. E ancora Alfredo, che nei prossimi mesi riceverà la riconferma del regime assassino del 41bis, nonostante nel processo che aveva fatto partire la misura cautelare, ovvero quello contro il giornale anarchico rivoluzionario Il Vetriolo, sia stato assolto da ogni falsa accusa che era stata mossa nei suoi confronti. Se lo Stato attacca bisogna rispondere con qualunque mezzo a propria dispozione, e uno dei mezzi che possiamo mettere in campo è la solidarietà alle persone rinchiuse.
Ribadiamo anche che noi siamo solidali con loro se innocenti e ancora più solidali se colpevoli. Per questo vogliamo che le strade di Padova si riempiano dei nomi dei compagni e delle compagne tenute in ostaggio dallo Stato italiano per la loro lotta partigiana, per urlare libertà per chi ha messo a repentaglio la sua.
Portiamo Solidarietà a tuttx i compagnx in carcere, portiamo la loro storia, il loro esempio e la loro voce in ogni angolo della città. Non vogliamo però dimenticare tutta la popolazione carceria ostaggio delle leggi di questo Stato. Il carcere e le sue appendici più infami come il CPR e il 41bis sono tortura, morte e abuso.
Contro ogni carcere e la società che ne ha bisogno, dalla parte dei compagni rinchiusi e dex detenutx tuttx scendiamo in piazza a Padova il 7 Dicembre per non lasciare indietro nessunx e per rivendicarci la libertà della lotta e la libertà dex compagnx.

Fuoco Alla Galere
Tuttx Liberx

CORTEO PER UN MONDO SENZA GALERE
DALLA PARTE DEX COMPAGNX RINCHIUSX PER LA LOTTA

PADOVA 7 DICEMBRE 2025
ORE 15:00 PIAZZA DELLA FRUTTA


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