SENTENZA DI SECONDO GRADO PROCESSO BIALYSTOK

Da: Il Rovescio

Martedì 28 Novembre è stata emessa la sentenza di secondo grado riguardo l’“Op. Bialystok”. La richiesta d’appello del Pubblico Ministero è parsa fin dall’inizio povera dal punto di vista motivazionale, tanto che il Procuratore Generale (rappresentante l’accusa in questa fase di giudizio) ha chiesto alla fine della fase dibattimentale la conferma delle pene inflitte nel primo grado.

La Corte ha confermato l’assoluzione della persona già assolta per la collocazione dell’ordigno esplosivo presso la caserma dei Carabinieri di San Giovanni e l’ha ulteriormente assolto anche dalle altre accuse. L’anarchico condannato precedentemente per le macchine del car sharing Eni-enjoy andate a fuoco si è visto confermare la pena (1 anno di reclusione, pena sospesa).

L’anarchica condannata in primo grado a 7 mesi è stata assolta da tutte le accuse, mentre altrx 3 si sono vistx ridurre le pene a 3 mesi in seguito all’assoluzione da alcuni reati specifici minori.

I giudici hanno i soliti 90 giorni per depositare le motivazioni della sentenza.

L’ennesimo castello di carte della Procura (o meglio del ROS) ordito per colpire l’anarchismo nostrano è in buona parte caduto, per l’inconsistenza non solo delle prove specifiche, giudicate insufficienti ai fini di una condanna per quanto riguarda i reati scopo, ma anche dell’impianto accusatorio stesso che prevedeva l’ipotesi di un’associazione di tipo terroristico in linea con le proposte organizzative informali dell’anarchico prigioniero Alfredo Cospito. Accogliamo positivamente questa sentenza in quanto ci sembra che essa vada a togliere un ulteriore tassello della rete tessuta dalla DNAA per tentare di isolare e silenziare i contributi di Alfredo, costruendone un profilo di “pericolosità sociale” atto a giustificarne la collocazione all’interno del regime di 41bis.

Sorridiamo di fronte a quest’ennesimo fallimento dei progetti repressivi dello Stato, e salutiamo con l’occasione tuttx x prigionierx anarchicx e ribellx rinchiusx in ogni parte del mondo, tuttx coloro che sono colpitx da misure giudiziarie o di polizia, x indagatx, quellx sotto processo e tuttx quellx che sfuggono alle maglie del potere.

Come sempre per l’Anarchia e la liberazione totale!

Alcunx di Bialystok

GIORNATA DI MOBILITAZIONE CONTRO L’ESTRADIZIONE DI GABRIELE, PER LA LIBERTÀ DI TUTTE/I LE ANTIFA [5 DICEMBRE]

Diffondiamo:

Chiamiamo per il 5 dicembre, data fondamentale per le sorti di Gabriele, una giornata di solidarietà per fare sentire forza e vicinanza a lui come a tutti e tutte le altre compagne coinvolte in questo caso! Invitiamo in questo giorno chiunque a mostrare striscioni, scritte, graffiti, scendere in strada o utilizzare la propria fantasia per portargli solidarietà ed esprimersi contro la sua estradizione. Gabri deve rimanere in Italia!

Tra il 20 e il 21 novembre a Milano il nostro compagno Gabriele è stato raggiunto da un Mandato d’Arresto Europeo per i fatti accaduti a Budapest nel febbraio 2023. In quel contesto nella capitale ungherese migliaia di neonazisti si sono ritrovati per la commemorazione del “giorno dell’onore” e alcuni di loro sono stati attaccati. Ilaria e Tobias si trovano da febbraio in carcere a Budapest con l’ accusa di aver partecipato a queste azioni e Gabriele è ora agli arresti domiciliari a Milano in attesa dell’udienza, fissata per il 5 dicembre, che deciderà per la sua estradizione in Ungheria.Alcune/i compagne/i tedesche/i su cui pendono altri MAE per gli stessi fatti sono latitanti da mesi.

Di fronte a questo pesante attacco repressivo verso compagni e compagne antifascisti/e che si protrae da 10 mesi rispondiamo con la solidarietà! “Innocenti” o “colpevoli” saremo sempre al loro fianco!

NO ESTRADIZIONE! Gabri Libero!
Ilaria e Tobias liberi!
Solidarietà a tutte e tutti i latitanti
Liberi tutti
Libere tutte


AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA PER I FATTI DI BUDAPEST

IMPERIA: PROCESSO A STECCO [4 DICEMBRE]

Da Il Rovescio

Il nostro amico e compagno Stecco, arrestato il mese scorso dopo due anni di latitanza, sarà processato lunedì prossimo presso il tribunale di Imperia per il documento falso che aveva con sé in occasione del suo arresto. Visto che il compagno sarà presente in aula, si tratta di un’occasione per salutarlo e fargli sentire la nostra solidarietà. L’udienza è alle ore 12,00.

AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA PER I FATTI DI BUDAPEST

Diffondiamo da: Osservatorio Repressione:

Ilaria, anarchica e antifascista, è da nove mesi in carcere a Budapest (Ungheria) per i fatti avvenuti durante la cosidetta “Giornata dell’onore”, ovvero il raduno internazionale di neonazisti dell’Est Europa svoltosi nella capitale ungherese lo scorso febbraio.

In una lettera scritta ai propri legali, Ilaria denuncia una situazione da incubo: detenuti al “guinzaglio”, obbligo di guardare il muro durante le soste nei corridoi, “malnutrizione”, scarafaggi, topi e cimici “nelle celle e nei corridoi”, “una sola ora di aria al giorno”. Per più di 6 mesi Ilaria non ha “potuto comunicare con la famiglia”, mentre durante l’unico interrogatorio, avvenuto senza avvocato, è stata umiliata pubblicamente, costretta “a indossare vestiti sporchi, malconci e puzzolenti”. La missiva – costituita di diciotto pagine scritte a mano – è stata depositata presso la Corte d’Appello di Milano dai difensori per chiedere di non dare esecuzione al mandato d’arresto europeo, e quindi al trasferimento in un penitenziario ungherese, di Gabriele, antifascista milanese arrestato qualche giorno fa e ora ai domiciliari.

L’udienza relativa all’estradizione o meno in Ungheria di Gabriele si svolgerà il 5 dicembre, nell’ambito del maxiprocesso intentato dalla magistratura magiara contro una ventina di antifascisti di mezza Europa, arrivati a Budapest lo scorso febbraio per opporsi alla calata continentale dei neonazisti per la cosiddetta “Giornata dell’onore”.

Antifasciste e Antifascisti sono accusati di avere contrastato i nazisti per le strade, provocando ad alcuni di loro ferite giudicate guaribili nel giro di pochi giorni o settimane. Nonostante questo sono accusati di lesioni aggravate o addirittura tentato omicidio, tanto che a Ilaria è stato proposto un patteggiamento per 11 anni di carcere.

Radio Onda d’Urto ne ha parlato con Eugenio Losco, avvocato di Ilaria e Gabriele insieme a Mauro Straini


AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA A BUDAPEST

UN ALTRO ARRESTATO PER I FATTI DELL’11 FEBBRAIO A BUDAPEST

BOLOGNA: CONTRO IL RAZZISMO DI STATO SOLIDARIETÀ A CHI SI RIVOLTA

Riceviamo e diffondiamo:

L’11 e 12 giugno 2020 scoppia una rivolta all’interno del CAS (Centro di Accoglienza Straordinaria) Ex Caserma Serena di Casier, alle porte di Treviso.

In quell’estate di COVID, la gestione statale del virus aveva reso evidente quali fossero le persone che lo stato vuole proteggere a scapito e a danno di quelle da cui si vuole difendere (detenut3, migrant3, non bianch3, pover3 ….).
All’Ex Caserma Serena, mentre un operatore della Cooperativa Nova Facility srl, che gestisce il centro, risulta positivo al tampone, l’ASL locale e la Cooperativa, in collaborazione con Questura e Prefettura, decidono la chiusura totale degli accessi e delle uscite dalla struttura, anche per chi ha un tampone negativo. Centinaia di persone, migranti e non bianche, si trovano quindi di fatto imprigionate, condannate a perdere il lavoro per chi ce l’ha, e esposte più che mai al rischio contagio.

Quell’11 e 12 giugno 2020 chi sta rinchiuso all’ex Caserma decide di ribellarsi, protestando in varie forme.
La questura trasformò questa protesta multipla in responsabilità singola, individuando quattro “ospiti” del Centro come principali fautori e denunciandoli per devastazione e saccheggio, sequestro di persona e resistenza a pubblico ufficiale. Uno di loro, Chaka, morirà nel carcere di Verona, in isolamento, il 7 novembre 2020.

Il 20 ottobre 2023 il Tribunale di Treviso ha pronunciato la sentenza di primo grado nei confronti degli altri tre denunciati: Mohammed, Amadou e Abdourahmane. Cadono tutte le accuse, a parte quelle relative ad un episodio avvenuto il 12 giugno, riconosciuto dal giudice come sequestro di persona. I tre sono stati condannati a 1 anno e 8 mesi (Mohammed e Abdourahmane) e 2 anni (Amadou), ciascuno con pena sospesa.

La repressione che i tre hanno subito fino a qui ha voluto fin da subito essere esemplare: si voleva punire una rivolta per dare un segnale a tutte le altre, in un’estate in cui le proteste si moltiplicavano in tutti i luoghi di reclusione per persone immigrate in italia.
Abdou, Mohammed e Amadou, dopo tre anni di carcere, arresti domiciliari, obblighi di firma, sono liberi con pena sospesa. Eppure ancora sotto il ricatto quotidiano di non riuscire più a ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, di non avere abbastanza mezzi economici e reti sociali per sostenere non solo le spese legali, ma anche quelle quotidiane e relative alla loro salute, peggiorata di molto dopo questi tre anni.

Per parlare di questa storia e per confrontarci sulle rivolte, sul razzismo di stato, sulla repressione e sulle solidarietà, venite numeros3 al benefit in sostegno ai tre compagni ! Sarà il 9 dicembre alla casa del mondo, via di vincenzo 18a (Bologna)

In programma :
– Alle 18.30 discussione sui fatti dell’ex caserma e sulle lotte delle persone immigrate dentro all’accoglienza
– Alle 21
Zazza e Dj Nosci (rap + dj set)

Ci sarà un bar e cibo per tutt. Il tutto per sostenere i tre compagni inguaiati. Fate girare!

Se la solidarietà è un’arma, bisognerà anche cominciare ad usarla.
tutt3 liber3!

A PROPOSITO DI UNA PICCOLA INDAGINE SUI COLLI BOLOGNESI

Riceviamo e diffondiamo un testo relativo ad un’indagine della digos di Bologna per ordine del p.m. Gustapane, conclusasi il 29 luglio 2021 con la perquisizione delle abitazioni di due compagnx a Marzabotto, nell’appennino bolognese. I compagnx risultano indagatx per istigazione a delinquere e offese alla religione tramite imbrattamento. Il processo inizierà il prossimo 14 Dicembre 2023.  Il reato di istigazione fa riferimento ad alcune presenze solidali tra marzo e aprile 2020 presso il carcere della Dozza a Bologna, durante e a seguito della rivolta del 9 e 10 marzo. Invece, offese alla religione, si riferisce, sempre in quel periodo, al deturpamento del muro perimetrale dei portici del santuario di San Luca, tanto caro ai timorosi di dio, con numerose e ingiuriose scritte a sostegno dei detenuti in rivolta e contro dio, stato e patriarcato.

Il testo pdf: A proposito di una piccola indagine sui colli bolognesi

UN ALTRO ARRESTATO PER I FATTI DELL’11 FEBBRAIO A BUDAPEST

Diffondiamo:

Questa mattina i carabinieri di Milano si sono presentati a casa di un nostro compagno, Gabriele, e lo hanno arrestato per i fatti dell’undici febbraio a Budapest. Per lui era stato emesso un MAE (mandato di arresto europeo). Gabriele si trova al momento nel carcere di San Vittore in attesa dell’udienza per l’estradizione.

Come ormai ben sappiamo i prigionieri in Ungheria non possono ricevere la posta se non dai contatti autorizzati per i colloqui. Mandiamo tanti telegrammi a Gabriele (ci mettono meno di cartoline e lettere) cosicché possa sentire calore e solidarietà finché è recluso in Italia.

Seguiranno aggiornamenti.

GABRIELE MARCHESI
CC DI MILANO SAN VITTORE
PIAZZA GAETANO FILANGIERI 2
20123 MILANO

TUTTX LIBERX


In seguito all’udienza del 22 novembre a Gabriele sono stati concessi gli arrestati domiciliari con tutte le restrizioni! L’udienza in merito all’estradizione verrà fissata per i primi di dicembre.

GABRI LIBERO
TUTTI LIBERI
TUTTE LIBERE


GABRI LIBERO! NO ESTRADIZIONE!

Nella notte fra il 20 e il 21 novembre Gabriele, un compagno di Milano, è stato arrestato e trasferito nel carcere di San Vittore. In seguito alla prima udienza, mercoledì 22 novembre gli sono stati concessi gli arresti domiciliari con tutte le restrizioni, dove si trova ora. Su di lui pendeva un MAE (mandato d’arresto europeo) emanato dall’Ungheria per i fatti del febbraio 2023, quando alcuni neonazisti presenti a Budapest per commemorare il “giorno dell’onore” vennero attaccati.
Il prossimo appuntamento con la giustizia italiana per lui sarà l’udienza in corte d’appello, l’organo competente in materia di estradizioni, fissata per il 5 dicembre. In questa udienza si entrerà nel merito della decisione per l’estradizione. Esprimiamo la nostra totale solidarietà a Gabriele e rinnoviamo la nostra vicinanza a Ilaria e Tobias. Un pensiero di coraggio e buon augurio anche a tutte le compagne e i compagni tedeschi ricercati dalle autorità per questi MAE.
Mobilitiamoci ovunque affinché Gabriele non venga trasferito in una prigione ungherese dove, come se non bastasse, le condizioni detentive sono tra le peggiori in Europa.

BOLOGNA: CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO

Diffondiamo un testo scritto a Bologna da alcune compagne eretiche, transfemministe e antiautoritarie:

CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE E DI STATO. Ci proteggono le nostre compagne non il pacchetto sicurezza 

Abbiamo appreso con rabbia e dolore che Giulia Cecchettin è la 105esima vittima di femminicidio di quest’anno. Vorremmo dirci stupite, ma lo sapevamo già tutte. È la storia che si ripete da secoli, a ciclo continuo, che stronca le vite di compagne e sorelle per il desiderio maschile di dominarle, assoggettarle, annichilirle.

Negli ultimi mesi abbiamo assistito ad una crescente spettacolarizzazione dei casi di violenza di genere che hanno ricevuto attenzione mediatica, la dinamica è sempre la stessa, mentre si racconta morbosamente la violenza nei minimi dettagli, costringendo la persona coinvolta a ripercorrere costantemente l’accaduto, si cerca di fissare una distanza tra chi commette violenza e la società civile. Lo abbiamo visto succedere a Palermo e lo stiamo rivedendo accadere in questi giorni: chi ci stupra o uccide diventa il “mostro”, il “pazzo”, l'”animale”, troppo difficile ammettere che invece si tratta di una persona “inserita”, conosciuta, un compagno, un amico, un familiare, un conoscente, “quello che non farebbe male a una mosca”, è lo stesso motivo per cui in tante circostanze non siamo credute. È questa normalità che riproduce relazioni di potere e assoggettamento che combattiamo, in famiglia, nelle case, sul lavoro, per le strade.

Si è parlato in questi giorni con indignazione del risentimento che l’assassino mostrava nei confronti della laurea imminente di Giulia, incapace di accettarne l’autonomia, i traguardi, ma se scaviamo, l’odio covato da quest’uomo non ci stupisce e ritorna ben presto familiare. Lorenzo Fontana, attuale Presidente della Camera ed ex ministro della famiglia e della disabilità, figura cardine del Congresso Mondiale delle Famiglie di Verona del 2019, nel suo testo “La culla vuota della civiltà: all’origine della crisi” senza tanti giri di parole accusa della crisi in corso proprio le donne. Donne che studiano, pensano, si laureano, non si dedicano alla famiglia e non fanno figli. Secondo l’ex ministro attuale Presidente della Camera sono le donne che si sottraggono al loro ruolo di riproduttrici e ancelle del focolare che creano la crisi della nostra società, non chi sfrutta e si arricchisce sulla pelle di comunità e territori, annientandoli. Fontana del resto non fa altro che inserirsi in una lunga genealogia di attacco ai nostri corpi: non dimentichiamo che l’aborto, oggi più che mai minacciato – anche a causa di una normativa che spesso impedisce fattivamente di abortire – era, secondo il codice Rocco, un reato contro «l’integrità e la sanità della stirpe». Una donna non può scegliere se essere madre o se non esserlo: deve riprodurre la società che le uccide, altrimenti è una donna snaturata. Mentre sui giornali si parla di emergenza femminicidi e di uomini impazziti che cedono a raptus, ci si dimentica della continuità storica tra la violenza istituzionale nei confronti delle donne e ciò che si riproduce nelle case e per le strade. Una lunga tradizione di oppressione se si pensa che oltre alla negazione del diritto all’aborto, in Italia il delitto d’onore e il matrimonio riparatore sono rimasti in vigore in Italia fino al 1981.

Omicidi e violenze non sono casi isolati, non sono emergenze improvvise dove lupi venuti dal nulla fanno sembrare la nostra rassicurante quotidianità una serie di true crime. La violenza di genere non è un “problema di ordine pubblico” ma qualcosa di strutturale e sistemico che pervade ogni ambito della nostra normalità. Le lacrime di coccodrillo di una società ipocrita a pochi giorni dal 25 novembre non ci interessano.

Amaramente possiamo pensare che, sì, i nostri corpi valgono, amaramente… perchè nella società capitalista e coloniale i nostri corpi valgono solo quando la loro messa a valore è funzionale a riprodurre lo stato nazione bianco, quando reggiamo le famiglie sulle nostre spalle, quando scandiamo la nostra esistenza tra il lavoro salariato sfruttato e gli istanti di un lavoro domestico invisibilizzato. I nostri corpi valgono se siamo dispensatrici univoche di cura, dedite all’uomo, al padre, al capo, sempre disponibili al ruolo di accudimento. I nostri corpi valgono nella misura in cui sono utili alla propaganda dell’emergenza del politicante di turno che vuole assicurarsi qualche voto in più promettendo “sicurezza contro le barbarie”. Una sicurezza che si pretende arrivi senza che sia messo in discussione l’assetto sociale, e che si traduce nel razzismo sulle persone migranti, nella classificazione di “zone della paura”, nell’aumento di militari e polizia per le strade, in retate nei quartieri, arresti e carcere.

Secondo i dati istat, i crimini violenti si sono sistematicamente ridotti dal 1980 a oggi. L’unico dato in lieve aumento sono appunto i femminicidi. Quella che è cambiata radicalmente, in questi anni, è la percezione di un’assenza di sicurezza. Addomesticatx da anni di retoriche dell’emergenza, ci siamo piegatx alla paura, sempre più alienatx. E così ritorna il vecchio motivetto colonialista e fascista: bisogna proteggere le nostre donne dal pericolo nero. Si legifera sui nostri corpi per assoggettare altri corpi, generalizzando risposte punitive e repressive su parti di popolazione proveniente da specifici contesti sociali e territoriali. Il nome di un luogo che ha visto coinvolti ragazzi minorenni in gravi atti di violenza di genere, diventa il nome di una legge in cui la violenza di genere non è assolutamente il focus dell’intervento ma soltanto il pretesto per prendere provvedimenti di natura autoritaria verso fasce di popolazione già marginalizzate come i minorenni delle periferie.

A Bologna in questi giorni un giornale locale riportava che “sono stati soprattutto giovanissimi nordafricani gli autori di violenze sessuali in luoghi pubblici a Bologna.” Giovane, nordafricano, stupratore. Questa l’equazione di chi vuole parlare alle pance per raccogliere consenso.

Non ci rende sicure una società che si autoassolve e che delega a esercito e militari un problema sul quale essa stessa si basa. La divisa che ci bastona per le strade e ci incarcera quando ci difendiamo o lottiamo per una vita radicalmente diversa fa parte del problema, non è la soluzione. Di questa sicurezza che istituzionalizza e riproduce l’uso patriarcale della forza e della prevaricazione non ce ne facciamo nulla. Non sarà armare di più le forze dell’ordine a renderci sicure. Non sarà un inasprimento delle punibilità su chi usa violenza, che fermerà la violenza.

Desideriamo ripensare a tutto un altro genere di sicurezza, a tutto un altro genere di famiglia, a tutto un altro genere di comunità e di vita, che metta in discussione alla radice la violenza maschile e lo sfruttamento predatorio che si abbatte anche sugli altri corpi, che rimetta al centro la sorellanza, la solidarietà tra oppressx, la lotta per un mondo di libere e uguali, la cura reciproca e l’autodeterminazione.

Bologna, novembre 2023

Alcune compagne eretiche, transfemministe, antiautoritarie