ROMA: UDIENZA DI CASSAZIONE PER JUAN [26 GENNAIO]

Da: Il Rovescio

Venerdì 26 gennaio alle ore 10, a Roma, si terrà l’udienza di Cassazione contro il nostro compagno Juan per l’attacco alla sede della Lega di Villorba (TV)

Ritirata già durante il dibattimento l’accusa di strage, la procura chiede alla Cassazione di riconoscere nuovamente la messa in pericolo della vita delle persone come era accaduto in primo grado. In appello l’attacco era stato considerato potenzialmente pericoloso per “l’incolumità” ma non per la vita delle persone, cosa che ha portato ad una sensibile riduzione della pena (da 28 anni a 14 anni e 10 mesi di carcere).

Solidarietà a Juan e a tutti i compagni e le compagne imprigionati! Tutti liberi, tutte libere!

BREVE AGGIORNAMENTO SU ZAC + TESTO

Riceviamo e diffondiamo un aggiornamento sulla situazione di Zac + un testo distribuito ad alcune iniziative.

Il tribunale di sorveglianza di Napoli, su richiesta firmata dal questore di Napoli Maurizio Agricola, ha disposto l’applicazione della sorveglianza speciale per Zac di due anni e sei mesi con le seguenti restrizioni: di non allontanarsi dall’abitazione senza preventivo avviso dell’autorità di sorveglianza, di non uscire prima delle 7 e non rientrare dopo le 20, di non associarsi “abitualmente” a persone condannate o preposte a misura di prevenzione o sicurezza, di non accedere a esercizi pubblici e di pubblico trattenimento, vivere onestamente rispettando le leggi, non detenere né portare armi, darsi alla ricerca di un lavoro, non partecipare a pubbliche riunioni, di portare sempre con sé la carta di permanenza, di presentarsi ogni domenica, o comunque a ogni invito, all’autorità preposta alla sorveglianza. A ciò si aggiunga una cauzione di 3000.00 euro da versare come garanzia, ma frazionabile in cinque comode rate.
È stato fatto ricorso. La misura sarà eseguita non appena Zac uscirà dal carcere, a prescindere dall’esito del processo per 280 bis e 270 quinques, che intanto continua con udienze calendarizzate per ora fino alla fine di febbraio (9 gennaio, 31 gennaio, 12 febbraio e 21 febbraio). Seguiranno aggiornamenti e riflessioni più approfondite.

Per scrivere a Zac:
Marco Marino
C.c. di Terni
Via delle Campore, 32
05100 Terni (TR)
Sorvegliati sempre, vigilati mai
ZAC LIBERO!


Di seguito il testo distribuito in alcune iniziative:

CONTRO LO STATO CHE REPRIME E FA LA GUERRA…  RADICALIZZARSI è NECESSARIO
Solidali con Zac, a tuttx lx prigionierx e oppressx della terra

“Radicalizzazione” nell’uso comune che ne è fatto dallo Stato, dalle scuole e dal diritto è un termine diventato ormai sinonimo di “follia”, “pericolosità”, “cieco fanatismo”, che il mondo dei media o della televisione rappresenta con persone urlanti, inneggianti un dio, in preda a delìri o a persone con lo sguardo vitreo che da dietro le sbarre idolatrano un capo o un’ideologia.
Ma il significato di radicale è tutt’altro, profondo come le radici di un albero avvinghiate ai bassifondi terreni. Radicalizzarci, che significa prima di tutto riuscire a farsi una coscienza più ampia sulle cose, è rimasto il nostro unico spiraglio, in un mondo che ci ha tolto tutto o quasi e di fronte a uno Stato che ormai ha il potere di dire tutto il contrario della realtà, come se nulla fosse.
Ad esempio, proprio mentre è in atto l’estremo apice della barbarie colonialista occidentale, con l’occupazione israeliana della Palestina e il genocidio del popolo palestinese, il ministro Piantedosi ha la faccia tosta di affermare serenamente su tutte le reti televisive che in questo momento è sotto attacco il diritto dello Stato di Israele a esistere e che l’Italia deve difendere questo diritto.
Ancora, in scala più piccola, mentre affama e devasta i territori del sud Italia, criminalizza i ragazzi di 14 anni dei quartieri che non vanno a scuola e fanno lavori illegali per contribuire al mantenimento delle famiglie. E infine, mentre si macchia delle peggiori stragi nel mare, nelle carceri, nelle guerre a cui prende parte, accusa di stragismo gli anarchici.

Repressione della coscienza, repressione su larga scala

Le ultime svolte repressive puntano sempre di più a prevenire la possibilità che ci si possa rendere coscienti delle cause e dei responsabili del proprio malessere; puntano a spaventare con pene esemplari o dissuasive chi, prendendo coscienza, agisce e lotta contro stato e padroni; puntano, infine, a rappresentare come un fanatico chi persevera nella sua ostilità allo stato delle cose.
Così, i contatti tra la popolazione reclusa (fatta perlopiù di proletari e migranti) e l’esterno viene impedita laddove portatrice di sostegno agli atti di ribellione, di pensiero critico e radicale, di informazioni. Infatti, se già prima ogni intervento al megafono, volantino o opuscolo era punito con istigazione a delinquere, ora con il nuovo pacchetto sicurezza vorrebbero introdurre uno specifico reato di rivolta per chi si ribella dentro le mura e il corrispettivo reato di istigazione alla rivolta per chi dall’esterno rivolge scritti ai detenuti. Così, fuori nella società, mentre nelle scuole e università si diffondono e finanziano progetti di “prevenzione alla radicalizzazione” tra gli studenti, tenuti da forze dell’ordine e magistrati manettari, così con il decreto Caivano per i giovani ragazzi dei quartieri e delle periferie, rappresentati come pericolosi nuclei di violenza organizzata in versione adolescente, la soluzione è il carcere o l’isolamento punitivo dentro casa .
Con i decreti in approvazione a fine anno, chi per necessità di un tetto sopra la testa, espulso da orde di turisti statunitensi o nordeuropei che conquistano il centro storico a botte di bnb e ‘rbnb, occupa un appartamento o una casa sarà più duramente punito, salvo che non decida di collaborare al momento dello sgombero, così da spegnere ogni forma di conflittualità e incentivare invece la logica collaborazionista. Per disoccupati e lavoratori che scendono in strada contro lo sfruttamento dei padroni e la mancanza di un salario sono previste pene più alte per i blocchi stradali.
Infine (si fa per dire!) chi continua a difendere le proprie pratiche e pensiero contro lo Stato è per forza terrorista, di cui l’equazione anarchico/radicale=terrorista non rappresenta che l’apice, in un sistema repressivo già molto avanzato per chiunque agisca secondo coscienza.

I soliti anarchici. A chi dovrebbero interessare le vicende di questi terroristi?

Se ci siamo accomodati sull’idea che tanto la repressione antimafia riguarda i “mafiosi” e quella antiterrorismo riguarda anarchici e jihadisti, siamo perduti per due ragioni.
La prima, è che vorrebbe dire che ci stiamo fidando dello stato e dei significati e delle etichette che dà a persone, pensieri e azioni, che la totale delega di noi stessi è compiuta.
La seconda è che se la repressione delle minoranze conflittuali non diventa interesse di tutti, lo Stato avrà sempre più gioco facile nell’estendere repressione a pratiche e realtà anche meno conflittuali, così come a ogni aspetto della vita di ciascuno, dal guadagnarsi il pane illegalmente al difendersi da uno sfratto e così via. E a chi pensa che il calcolo preventivo di come evitare la repressione possa servire a escluderla, forse la risposta è che questo sia utile soltanto all’arretramento delle lotte.
Guardandola più da vicino.
L’equazione anarchici/terroristi ha origini risalenti nel tempo, ma soltanto negli ultimi 3 anni post-pandemici si è arrivati per la prima volta nella storia a condannare degli anarchici per “strage politica” e associazione con finalità di terrorismo, a mettere il primo anarchico al 41bis, ad accusare per la prima volta un compagno di autoaddestramento, reato che fu introdotto dalla normativa contro il cosiddetto terrorismo islamico. Le inchieste antianarchiche si susseguono per ogni azione o parola espressa in solidarietà a prigionierx di tutto il mondo, il giudizio di essere socialmente pericolosx verso la popolazione tutta (nonostante a essere colpite siano personalità e strutture dello Stato con ben precise responsabilità) e la repressione a titolo preventivo, cioè prima che si sia materializzata una qualche azione offensiva, è oramai la normalità. Sulla base del “curriculum” militante, si incasella l’anarchico secondo un profilo più simile al boss mafioso o al kamikaze. Arriverà un punto, dove dire “anarchico” sarà sufficiente nella società ad affermare “pericoloso”, cosa che con la censura in atto alla stampa anarchica già si sta verificando.

Solidali con Zac sotto processo, contro le galere

A marzo di quest’anno arrestano il compagno anarchico Zac, mentre Alfredo era ancora in sciopero della fame contro ergastolo e 41bis. Lo accusano, con i reati di attentato con la finalità di terrorismo e autoaddestramento, di aver lanciato un ordigno fuori al consolato greco nel 2021, che il teorema accusatorio ricollegherebbe alla campagna di solidarietà con Dimitris Koufoundinas, prigioniero all’epoca in sciopero della fame nelle carceri greche. Visto che lo Stato ce ne dà l’occasione con questo processo, ricordiamo che lo sciopero della fame che Koufoundinas stava portando avanti nelle carceri greche era la sua lotta contro una riforma penitenziaria epocale in Grecia, che avrebbe istituito la massima sicurezza per i detenuti politici. E ricordiamo anche che questo avveniva mentre contemporaneamente lo stato greco istituiva la polizia dentro le università per reprimere dai suoi primi afflati, ogni cenno di ribellione, in una situazione di ampio fermento contro le riforme carcerarie ed educative, e nel contesto della repressione sociale e politica scaturita dal lockdown e le altre misure anti-pandemiche. L’anno successivo, la svolta epocale arriva in Italia, quando Alfredo è portato in 41bis, dove ancora oggi, più di un anno e mezzo dopo e pur dopo uno sciopero della fame con cui ha messo a repentaglio la sua vita, si trova rinchiuso. A Zac, viene contestato per la prima volta nella storia della repressione antianarchica il reato di autoaddestramento, all’art. 270-quinquies c.p. che si inserisce nel quadro normativo del decreto Pisanu nel 2005, poi modificato nel 2015, nella cornice della legislazione antiterrorismo cosiddetto islamico, introdotta all’indomani dell’11 settembre e dei successivi attentati di matrice islamica di Londra e Madrid. Questo reato doveva essere utile a colpire quelli che sono stati definiti semplicisticamente e opportunisticamente “lupi solitari”, chi si radicalizza da solo, ad avere insomma nuovi strumenti per colpire ogni “terrorista” senza ricorrere all’impianto associativo. Fino a questo momento, questa accusa è stata utilizzata solo nei confronti dei cosiddetti terroristi islamici, persone finite in cella per il solo fatto di aver scritto un post su facebook. Nei decreti sicurezza di prossima introduzione, si prevede l’inserimento del reato di “detenzione di materiale con finalità di terrorismo”: in parole povere, uno stesso materiale letto da una persona qualunque e letto da un anarchico, diventa reato nel secondo caso. Riuscirà willy il coyote (proprio il cartone animato) guardato da un anarchico, a sfuggire alla finalità di terrorismo?
Queste considerazioni non fanno che rafforzare quello già visto fino a qui con tutte le ultime operazioni, cioè che la principale ragione per processare e rinchiudere questo compagno è il fatto che sia anarchico; è la solidarietà ai detenuti che protestavano nelle galere nel 2020, mentre lo stato li massacrava compiendo una strage di 14 persone, e ad Alfredo, mentre portava avanti uno sciopero della fame durato oltre 6 mesi contro il 41bis. Se lo accusano di solidarietà con i prigionieri in lotta e contro i potenti del mondo, non possiamo che trovarci ancor di più al suo fianco.

FREE ALL ANTIFAS! ALLARGHIAMO LA SOLIDARIETÀ

Diffondiamo:

Dopo la chiusura delle indagini per i fatti di Budapest e l’emanazione di 14 Mandati d’Arresto Europei, ad ottobre 2023, con l’arresto di Gabriele in Italia e di Maja in Germania tra novembre e inizio dicembre il lavoro congiunto delle polizie Europee stringe la sua morsa repressiva attorno ai compagni.

Ci troviamo di fronte a questo grave attacco con un tempo molto ridotto per immaginarci e organizzare la nostra solidarietà prima della decisione per l’estradizione del nostro compagno Grabri e di Maja. Altri arresti potrebbero avvenire nel prossimo periodo.

L’inizio del 2024, ed in particolare gennaio, saranno momenti cruciali per i compagni e le compagne colpiti/e. Invitiamo tutti e tutte a condividere e diffondere le informazioni e gli aggiornamenti relativi a questa vicenda, a mobilitarsi ed esprimere in qualsiasi modo la solidarietà!

MASSA: PER MILLE MOTIVI. PRESENZA SOLIDALE CON GLI ANARCHICI ACCUSATI PER LA PUBBLICAZIONE DI “BEZMOTIVNY”

Per mille motivi. Presenza solidale con gli anarchici accusati per la pubblicazione di “Bezmotivny” (Massa, 9 gennaio 2024)

L’8 agosto scorso un’operazione di polizia ha coinvolto dieci anarchici, indagati per associazione sovversiva con finalità di terrorismo e istigazione a delinquere con l’aggravante della finalità di terrorismo, in riferimento alla pubblicazione del quindicinale anarchico internazionalista “Bezmotivny”. A fronte di un’originaria richiesta di arresto in carcere per i dieci indagati, la magistratura ha definito nove misure cautelari: quattro sono pertanto finiti agli arresti domiciliari restrittivi, mentre altri cinque all’obbligo di dimora con rientro notturno. Dopo i primi mesi, nel corso dei quali – tra carcere e domiciliari – si sono verificati alcuni temporanei aggravamenti nelle misure cautelari, per la compagna e i compagni agli arresti domiciliari restrittivi – Gaia, Gino, Luigi e Paolo – è stata fissata un’udienza processuale di giudizio immediato, presso il tribunale di Massa, il 9 gennaio 2024.

Quella di “Bezmotivny” è storia di solidarietà, internazionalismo, sostegno alla prospettiva rivoluzionaria, mentre l’operazione Scripta Scelera, volta a rendere prassi le misure cautelari in riferimento alle accuse di istigazione a delinquere aggravata, è un altro “capitolo” nelle politiche di guerra dello Stato italiano.

Dopo il processo Scripta Manent, il procedimento Sibilla contro “Vetriolo” e il trasferimento in 41 bis di Alfredo Cospito, l’operazione Scripta Scelera ha inteso “smantellare” un giornale anarchico, tentando – vanamente – di dare ancora un monito repressivo, di silenziare l’urgenza della critica sociale, le ragioni della rivolta, la necessità della rivoluzione.

Continuiamo a batterci, vanifichiamo i tentativi di attaccare il principio teorico e pratico della solidarietà rivoluzionaria: sia quella internazionalista con gli sfruttati di tutto il mondo – contro tutte le guerre dei padroni e contro ogni Stato, a partire dal “nostro” –, sia quella con gli anarchici prigionieri.

Per mille motivi, non restiamo inermi: perseveriamo nell’agitazione, nella propaganda, nella lotta rivoluzionaria contro lo Stato e il capitale.

Presenza solidale: martedì 9 gennaio, tribunale di Massa, piazza De Gasperi, ore 08:00.

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO

Ad un anno di distanza dalla mobilitazione che ha accompagnato lo
sciopero della fame, è importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41bis nel carcere di Bancali (Sassari).

Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico
delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso
sistemi tracciabili quali le raccomandate (anche senza ricevuta di ritorno). Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di
conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per lo sblocco della corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesse volte semplicemente scompare.
Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o
foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa
Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto attraverso
lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è: Alfredo Cospito – C/O C.C. “G.Bacchiddu” – Strada Provinciale 56, n°4 – Località Bancali – 07100 Sassari

mentre per inviare le vostre ricevute:
cassantirepalpi@autistici.org

PS: il compagno può acquistare libri attraverso la direzione del carcere; si può dunque inviargli suggerimenti di lettura, accompagnando il titolo e l’autore con i dati relativi alla casa editrice e, se possibile, il codice ISBN.

Contro tutte le galere!
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

NOTE A PARTIRE DAL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO A MILANO

Il 25 giugno a MIlano scatta un’operazione di Polizia che vede emesse sei misure cautelari (obblighi di dimora, divieti e firme) per il corteo dell’11 febbraio scorso in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito. All’oggi di quelle misure non resta più nulla. Il 14 dicembre infatti il gip, su richiesta del pm, ha deciso di revocare tutte le misure cautelari. Al momento le indagini risultano chiuse, il numero delle persone coinvolte è però salito a 13, imputati a vario titolo di resistenza aggravata, travisamento e danneggiamento.
Oltre a dare aggiornamenti ed esprimere la nostra solidarietà alle persone coinvolte in questa operazione repressiva, vorremmo spendere due parole in più su quella giornata e sulla mobilitazione a sostegno dello sciopero della fame di Alfredo contro il regime di 41 bis e l’ergastolo ostativo. La giornata dell’11 febbraio si inseriva all’interno delle numerose iniziative messe in campo di fronte alle menzogne statali, alla violenza mascherata dietro la freddezza della burocrazia e all’aggravarsi delle condizioni di salute di Alfredo, oramai in sciopero della fame da oltre 100 giorni.
In tutta Italia e all’estero si moltiplicavano cortei, blocchi e iniziative informative o di disturbo, attacchi verso le istituzioni e i loro rappresentanti.
A Milano, all’interno di un percorso cittadino nato e cresciuto intorno alla lotta di Alfredo, centinaia di persone decidono di partecipare al corteo chiamato in Piazza XXIV Maggio. Durante il percorso si susseguono interventi, cori, scritte e danneggiamenti ad alcune vetrine, fino a quando la polizia decide che il corteo non può proseguire oltre. Iniziano le cariche e i lanci di lacrimogeni per disperdere i partecipanti che insieme cercano un’altra strada sicura attraverso la quale muoversi per terminare il corteo.

Al di là del piano giudiziario di questa vicenda, ci pare importante ribadire cosa quel giorno e nelle settimane precedenti, aveva animato la testa e il cuore dei tanti che sono scesi in piazza. La determinazione della lotta di Alfredo è riuscita a rompere il silenzio attorno alla tortura di Stato costituita dal regime di 41bis, fatto di isolamento pressoché totale, deprivazione sensoriale e che ha come unico fine l’annullamento fisico e mentale della persona che lo subisce e che lo Stato continua a legittimare e perpetuare attraverso lo spauracchio della mafia.
Da fuori, tante sono state le parole spese per riportare, far emergere le condizioni e la natura violenta e strutturale di quel regime e del carcere tutto. Un’occasione di lotta che tanti e tante hanno condiviso e che in diverse forme aveva trovato una propria agibilità. Non vogliamo qui addentrarci in analisi riguardo la mobilitazione, saremmo sbrigativi e poco chiari, ma crediamo sia importante guardare a quello che è stato e a ciò che resta per poter continuare a creare terreni di lotta. Ci pare che assieme si è riusciti a prenderci dello spazio nel manifestare in strada, e se i numeri hanno sicuramente favorito, fino a un certo punto, un rapporto di forza con chi gestiva l’ordine pubblico, l’eterogeneità nella partecipazione e composizione pensiamo sia stati dei tasselli fondamentali in quei mesi. Essere riusciti a stare in strada, poi senza interfacciarsi con la polizia per contrattare lo spazio ma provando a prendercelo ci sembra un buon auspicio di ciò che potrebbero essere i cortei nella nostra città. Tentare di creare momenti autorganizzati di protesta in cui si cerca di non dialogare con la polizia, tutelando chiunque voglia partecipare con i propri metodi e pratiche, cercando per quanto possibile di stare assieme durante i momenti concitati e di carica. Abbiamo ancora molta strada da fare, di confronti da avere e riflessioni da condividere per mantenere viva la critica al 41bis e all’ergastolo ostativo, ancora più oggi che lo sciopero della fame di Alfredo è giunto al termine.

Il sistema giudiziario e il carcere sono cristallizzatori di una società sempre più diseguale e frammentata, volti a reprimere e disciplinare tutti coloro che non vi si allineano o chi tenta di trasformarlo per una vita all’altezza dei propri desideri. Nella convinzione che sia necessario lottare contro questo stato di cose, continueremo a dare voce e a portare solidarietà a chi si trova ancora rinchiuso ed organizzarci nonostante la repressione continua a colpire e minacciare chiunque non abbassa la testa di fronte alle torture e alle innumerevoli morti nelle carceri, allo sfruttamento nei luoghi di lavoro e dell’istruzione, alla devastazione dell’ambiente, al saccheggio dei territori, alla guerra e al razzismo di stato.

REPRESSIONE A BOLOGNA: CAMPIONAMENTO GENETICO DEL DISSENSO

Estratti dalla puntata del 18 dicembre 2023 di Bello Come Una Prigione Che Brucia

Torniamo a parlare delle strategie repressive messe in atto contro compagne e compagni anarchici a Bologna (operazione che coinvolge anche Lombardia e Trentino), soffermandoci sull’approvazione del prelievo coatto di DNA: per cercare una corrispondenza rispetto a un campione genetico riconducibile a una persona di sesso maschile, il giudice ha approvato la schedatura genetica di 19 individui, tra le quali persone di sesso femminile o imputate di aver partecipato a un presidio.

Grazie al contributo di una compagna di Bologna approfondiamo questi eventi e la cornice tecno-repressiva in cui si inseriscono:

BOLOGNA: CAMPIONAMENTO GENETICO DEL DISSENSO – 41BIS – PSICOFARMACI

BOLOGNA: CONTRO LO STATO, CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA

Diffondiamo un intervento portato al presidio che si è svolto oggi contro il prelievo coatto del DNA a cui saranno sottoposti 19 compagnx.

CONTRO LO STATO, CONTRO LA SCHEDATURA GENETICA

La mobilitazione che l’anno scorso ha sostenuto il compagno Alfredo Cospito in sciopero della fame contro il regime di 41-bis e l’ergastolo ostativo ha coinvolto moltissime persone in tutti i continenti, persone con convinzioni ed esperienze politiche anche diverse, ma che, ognuna con le proprie pratiche, si sono mosse per squarciare il muro di silenzio, ipocrisia e omertà sulla tortura del carcere duro.

Anche a Bologna in tantə si sono attivatə in questa lotta accanto ad Alfredo, contro il proposito dello Stato di murare il nostro compagno in una tomba per vivi sperando così di tappargli definitivamente la bocca: non sono mancati momenti collettivi, momenti di piazza, azioni, presidi, cortei, street parade… E’ giusto perciò restituire pubblicamente cosa sta accadendo a 19 compagnx, che nei prossimi giorni saranno sottopostx a prelievo coatto del DNA.

Per farlo bisogna partire da un’indagine per associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico aperta in città per colpire la solidarietà che si è mossa, vivace e trasversale, un’ipotesi associativa che vedrebbe coinvolte 11 persone, più altre 8.

Un’operazione che si è articolata in modo inconsueto, connotata fin da subito da tecniche di indagine pseudo-scientifiche:
– nessuna roboante richiesta di misure cautelari
– perquisizioni a diversi mesi dalla notifica di apertura delle indagini
– accertamenti tecnici irripetibili su materiale repertato, che necessitano, per essere seguiti, di costosi periti
– disposizione generalizzata di prelievo coatto del DNA, anche a persone che hanno portato la loro solidarietà solo ad un presidio.

Parliamo di quella stessa pseudo-scienza con cui oggi il potere cerca di irregimentare la sua forza in ogni campo, ammantandola di oggettività.

Un’indagine che riflette un cambio di paradigma della procedura repressiva: se prima si dovevano avere delle prove da associare a dei presunti sospettati, adesso si trovano dei sospettati predeterminati su cui cucire delle prove.

É evidente che questa richiesta di prelievo coatto si inserisce nella progressiva e sempre più pervasiva necessità di sorveglianza da parte dello Stato: se a livello internazionale massacri, guerre e genocidi si intensificano, a livello locale aumenta lo sfruttamento, il disciplinamento e il controllo sociale.

Lo Stato teme le idee anarchiche perché c’è un contesto che sempre più ne da’ ragione!

In ogni città sfratti e sgomberi sono all’ordine del giorno, le lotte per la casa, così come quelle ambientali ed ecologiste, vengono duramente represse! La scuola mostra sempre più il suo volto di agenzia al soldo del potere, volta a selezionare la nuova classe dirigente e la nuova classe da sfruttare, sempre più territorio di conquista militare. Ciò che rimane della sanità pubblica e territoriale viene inesorabilmente smantellato e privatizzato, per privilegiare paradigmi discrezionali di stampo classista e autoritario. Dentro le carceri, nei cpr, alle frontiere, si muore, mentre all’esterno vivere diventa sempre più difficile per moltx.

Un mondo che assomiglia sempre più ad un carcere a cielo aperto, dove mentre nelle stanze ai piani alti tecnici e padroni ingrassano, ai piani inferiori sfruttatx e oppressi muoiono di solitudine, povertà, deprivazione e isolamento.

Siamo di fronte al tentativo di schedare coloro che non fanno mistero di manifestare la loro ostilità a un sistema capitalista e patriarcale sempre più predatorio che annienta l’esistenza di individui, comunità e territori.

Una schedatura genetica su base ideologica che oggi colpisce le anarchiche e gli anarchici, e chi ha portato loro solidarietà, e domani chissà!

Non si tratta perciò solo di banale violazione della privacy, istanza che piace molto a progressisti e sinceri democratici, ma di una raffinata tecnica di controllo di massa che ha lo scopo di spaventare, annichilire e contrastare tutti coloro che non hanno intenzione di rassegnarsi a questo stato di cose, né di smettere di portare avanti piani di conflittualità.

Se tenteranno di spaventarci e dividerci, risponderemo ancora più unitx! Fanculo al prelievo del DNA, fanculo alla schedatura genetica.