CPR GRADISCA: I FUOCHI DENTRO E I FUOCHI FUORI

Riceviamo e diffondiamo

Continua la violenza per mano dello Stato nel CPR di Gradisca, tra caldo insopportabile e i diversi livelli di tortura a cui sono sottoposti i catturati dalla macchina delle espulsioni.

Manganelli sì, ambulanze no

Nella notte tra il 12 e il 13 giugno nell’area blu si è verificato l’ennesimo pestaggio. A seguito di un litigio all’interno di una cella è intervenuta la polizia in tenuta antisommossa picchiando i reclusi. Un prigioniero in particolare ha riportato diversi ematomi e graffi ben visibili su tutto il corpo e ha raccontato di esser stato picchiato anche in testa, da dietro. Come ormai avviene quasi sempre nel lager di Gradisca, nessun soccorso, nessuna visita, anzi, alle ambulanze non viene permesso di entrare, altrimenti “vedono cosa ci hanno fatto”. Viene chiamato il 118 da dentro, ma la chiamata viene passata ai carabinieri che affermano di non poter fare niente. Viene chiamato il 118 anche da fuori, ma comunque non arriva nessuna ambulanza. Da dentro sentono le sirene avvicinarsi e poi andarsene. Solo la sera tardi, dopo le chiamate esterne, il detenuto viene portato in infermeria, dove viene visitato per finta, senza venire nemmeno toccato, e gli viene dato un antidolorifico. Sta male, ha mal di testa, capogiri e nausea. Eppure lo lasciano lì. La stessa sera un altro recluso sta molto male, è malato da diversi giorni ed è stato imbottito di farmaci per “non farlo parlare”. Anche lui è stato visitato superficialmente qualche giorno prima, gli viene data prima una crema che peggiora la situazione, poi una puntura. Sembrerebbe essere scabbia. Un prigioniero che i giorni scorsi aveva bevuto dello shampoo ed era stato portato in ospedale, è ancora in attesa di essere visitato dallo psichiatra. La visita è stata fissata solo fra due settimane.

Dove non arrivano le botte, arrivano gli psicofarmaci

Le condizioni di “vita” sicuramente non sono d’aiuto: le celle sono sporchissime, gira la scabbia e altre malattie infettive, l’acqua non solo non è potabile, ma è anche calda ed esce direttamente dal muro perchè i rubinetti sono stati rimossi – probabilmente durante le rivolte precedenti – e i prigionieri attuali si stanno arranggiando attacando una bottiglia al muro a mò di rubinetto. L’acqua potabile che ricevono per ogni cella si limita a 6 litri due volte al giorno, chiaramente non abbastanza. Il cibo è quasi immangiabile, quando non ci vengono mischiati psicofarmaci. La pratica del rifiutare il cibo è sempre più diffusa.Le giornate sono calme, perché i reclusi sono stati pacificati “con le gocce”. C’è chi le odia e chi invece le accetta per calmarsi – i meccanismi di sopravvivenza sono molteplici e diversi fra loro, per qualcuno cambiano a seconda di come si sente quel giorno.

Le gabbie del campo sono roventi e le alte dosi di valium somministrate si uniscono al caldo asfissiante di questi giorni nel contribuire a soffocare ed abbattere sul nascere slanci di ribellione e resistenza. Molti dormono e basta, altri non riescono nemmeno a muoversi.Essendo il dolore, il malessere, i problemi di salute, di igiene, burocrazia et similia normale amministrazione, questi non bastano ad attirare l’attenzione di chi lavora nel CPR – l’unico modo sono gli atti di ribellione che non possono essere ignorat: autolesionismo, proteste del cibo, fuochi o rivolte continue che siano.

Infatti, alle 19 circa del 16 giugno viene acceso un bel fuoco, sempre nell’area blu, sembrerebbe per una richiesta di confronto con l’ufficio immigrazione. Poco dopo arriva un lavoratore con l’idrante a spegnere le fiamme, ma i danni sono ormai fatti. La notte successiva, tra il 17 e 18, un altro prigioniero bisognoso di cura psichiatrica si agita per vari motivi, tra cui il fatto che da tempo gli viene impedito di sapere il nome del proprio psichiatra. Viene portato in ospedale e dopo mezz’ora di nulla si taglia per poter finalmente essere visitato. Ad un certo punto si ritrova piegato e circondato:

—”Cosa state facendo?”— chiede.

—”Altri esami.”

—”Io non sono qui per fare altri esami.”

E dopo il dissenso arrivano le botte. Calci e pugni su un corpo già maltrattato, raggomitolato a terra. Poi arriva la puntura di sedativo, che lo farà dormire fino al pomeriggio del giorno dopo, l’istituzione medica sempre pronta al servizio della repressione.Racconta poi che gli sbirri gli hanno rubato le poche pastiglie della terapia che era riuscito a procurarsi da solo. Oltre a non sapere il nome di chi lo cura, non ha accesso ai propri certificati medici e prescrizioni e i guardiani della coop Ekene che gli danno le medicine nel CPR non seguono le indicazioni date dalla psichiatra del CSM. La sera il recluso si taglia di nuovo, questa volta per far arrivare l’infermiera e farsi dare la terapia di cui ha bisogno. Nel frattempo il recluso picchiato nella notte 12-13 viene ricoverato in ospedale e dopo qualche giorno riportato in CPR. Per una volta la visita dal medico sembra essere andata a buon fine, con la prescrizione di una terapia adeguata.

L’uso sproporzionato e pacificatore degli psicofarmaci è pratica quotidiana, indispensabile per poter anestetizzare e depotenziare chi rifiuta di piegarsi alla privazione della propria libertà, per annichilire in partenza ogni tensione alla ribellione e alla distruzione delle proprie gabbie. L’autolesionismo, recentemente strumentalizzato dai giornali per giustificare i pestaggi, è anch’esso uno strumento usato per ottenere ciò di cui si ha bisogno, come i fuochi.

Varie deportazioni e una fuga felice

Il 19 giugno un prigioniero marocchino sembra venire trasferito in un altro CPR senza preavviso, i compagni di cella non sanno dove: si scopre, alla fine, che si trattava di una deportazione, tramite volo di linea. Lo stesso giorno viene trasferito un altro detenuto. Il 20 giugno attorno all’ora di pranzo viene acceso un altro fuoco nell’area blu. Sembrerebbe in risposta alla minaccia di botte da parte di un lavorante.

Non si ferma, inoltre, la macchina delle espulsioni. Negli ultimi giorni è sicuramente partito un volo charter per la Nigeria: almeno cinque i prigionieri prelevati da Gradisca. Per l’Egitto la solita deportazione dell’ultima venerdì del mese è stata anticipata al mercoledì: da Gradisca, come in altri CPR, in piena notte sono stati presi alcuni reclusi egiziani e trasferiti a Roma Fiumicino, da cui è partito il charter per il Cairo, con scalo a Palermo. Ma, nella giostra di trasferimenti interni – quasi mai motivati ai prigionieri, ma rispondenti alle necessità di controllo, funzionamento e logistica dei campi (ad esempio, alcune celle dell’area blu sono al momento vuote per probabili lavori di ristrutturazione) – almeno un recluso è stato trasferito nella colonia CPR di Gjader. Di altri, sappiamo semplicemente che vengono prelevati, sequestrati nel sequestro, senza sapere la destinazione – altri CPR, un volo di linea – numeri di una macchina anonima che fa sparire persone dopo aver mediaticamente costruito e legittimato l’archetipo dell’altro/diverso, per definizione pericoloso, sulle esistenze delle persone migranti, degli “stranieri”.

Ma la macchina, come sappiamo, è tutt’altro che perfetta. Un ex-prigioniero marocchino proveniente dal CPR di Gradisca è riuscito a darsi alla fuga quando era in procinto di essere caricato su un volo di linea, all’aeroporto di Bologna. La notizia è uscita anche sui media di regime nazionali : una corsa, due guardie che arrancano e un fuocherello alle sterpaglie in questa afosa estate sono bastate a riguadagnargli la libertà.

Che la sua corsa possa continuare leggera! E quella di tutti e tutte verso la libertà!

Fuoco ai Cpr e a tutti complici del loro funzionamento

SULLE PERQUISE DEL 26 GIUGNO E RELATIVE INDAGINI APERTE

Riceviamo e diffondiamo

Scriviamo per portare solidarietà a tuttx Ix compagnx perquisitx (indagatx e non) all’alba del 24 giugno, in diverse parti d’Italia centro settentrionale: la maggior parte delle persone indagate sono compagnx della Romagna, e/o ci hanno vissuto, e ci pareva carino che partissero due parole proprio da noi, che stiamo e lottiamo e sudiamo in questa terra.

I fatti contestati sono l’incendio di due auto degli sbirri ferroviari nell’aprile del 2023 nel parcheggio della stazione di Rimini: azione che, benchè si spieghi da sola, fu rivendicata contro la violenza delle divise che, nella fattispecie sui binari, si occupano principalmente di schedare e acchiappare le persone migranti e si inseriva in una più ampia lotta contro il 41bis in sostegno allo sciopero della fame di quasi sei mesi del compagno anarchico Alfredo Cospito.

Quando delle perquisizioni arrivano a due anni e mezzo dal fatto contestato (a onor del vero un compagno, nuovamente indagato, fu perquisito anche all’indomani dell’azione) ci possiamo sbilanciare un tantinello nel dire che i nostri solerti Zenigata brancolano nel buio, ma dare addosso alle anarchici si casca sempre bene e il camerată Dambruoso (PM) cerca di fare carriera sulla pelle dex compagnx, complice il fatto che il potere in Italia forse non era mai stato così schiettamente fascista come oggi e che il clima di “guerra esterna” che stato e padroni stanno preparando necessita di nemici interni per compattare i ranghi, è una vecchia storia! E anarchicx, ribelli, dissidenze di genere sono sempre ottimi bersagli. Le indagini colpiscono 15 persone, di disparate provenienze geografiche, accusate di danneggiamento e incendio con aggravante di terrorismo: di certo sappiamo che hanno perquisito otto abitazioni tra Romagna, Toscana e Lombardia (non sappiamo tutt’ora per due indagatx come sia andata) e in taluni casi anche le automobili e c’è da precisare che varie persone non sono state trovate, oppure sono state trovate (e perquisite) il giorno dopo.

Nelle case e nelle auto perquisite hanno sequestrato principalmente materiale informatico (tutto quello che sono riusciti a trovare) qualche vestito (felpe nere col cappuccio ne vuoi?!) oltre che dimostrare una vera e propria ossessione per le “shopper”, sì, le sportine di tela.
Inoltre, per quanto ci è dato sapere, le guardie hanno filmato e fotografato grandissime quantità di materiale cartaceo: opuscoli, volantini, libri, riviste fino e forse soprattutto, diari e agende private, corrispondenza, quaderni di lezioni etc.

Questo aspetto ci pare confermi che una delle ragioni per le quali sono scattate queste perquisizioni sia l’aggiornare i database delle questure su legami, relazioni, questioni personali dellx indagatx.
Dalle carte che abbiamo avuto modo di vedere la notizia di reato, ossia la ragione scatenante che avrebbe dato il via alle perquisizioni, porta la data di quest’anno, il che fa supporre che per gli inquisitori nel 2025 è accaduto qualcosa che lega le persone indagate all’azione del 2023.
Purtroppo fino a che le indagini saranno aperte non ne sapremmo di più.
Intanto ci stringiamo attorno allx compagnx inquisitx, perquisitx e diamo la nostra disponibilità come Cassa Antirepressione a collaborare alle spese che si dovranno sostenere: sentiamoci!

La solidarietà e i legami che si creano con le lotte e nel condividere gli stessi sogni, non si possono arrestare, al massimo ci rompete
un po’ le scatole!

Morte all’autorità,
Viva l’Anarchia!

PER CONTATTI: capitanoacab@bruttocarattere.org

NOTTE DI ORDINARIA VIOLENZA: AGGIORNAMENTI SUL CPR DI PALAZZO SAN GERVASIO

Riceviamo e diffondiamo:

A Palazzo San Gervasio nella notte tra venerdì 20 e sabato 21 l’elisoccorso ha raggiunto la struttura detentiva per portare in pronto soccorso reclusx che dopo aver subito pestaggi e ingerito detersivo erano in condizioni critiche di salute e venivano lasciatx agonizzare al centro della gabbia arancione dove si fa l’aria.
Dalla sera precedente quando un altro detenuto, dopo essere tornato dal pronto soccorso, è stato nuovamente male, le ambulanze non sono state chiamate e le persone tenute sotto sorveglianza in infermeria per evitare che le condizioni di salute potessero essere pubbliche. Alle chiamate delle persone recluse e di solidalx fuori, il 118 ha risposto dicendo che non si sa di cosa parla, che c’è del personale sanitario e che non si ha titolo per chiedere l’intervento.
La tensione provocata dall’ordinaria gestione delle crisi da parte di Officine Sociali, e la ricerca di invisibilizzazione di tutte le condizioni critiche è sfociata nelle proteste durate tutta la giornata del 20 giugno, a cui hanno provato a rispondere prima con gli psicofarmaci e poi con il peso dei manganelli, le botte, udite anche a telefono sono state generali, l’ingresso delle guardie in tutti i moduli ha fatto si che la tensione aumentasse.
Solo verso le due della notte del 21 le persone agonizzanti sono state portate in ospedale.
La responsabilità del personale sanitario degli ospedali regionali, che ignora la natura del lager con cui interagisce costruisce ancora una volta il sistema su cui Stato e Cooperative infliggono violenza sulle persone.
Una violenza che sfocia anche nel controllo e nelle minacce delle azioni di solidarietà portate da fuori, come pacchi trattenuti per ore solo per provocare e ricattare le persone detenute.
A palazzo ogni souvenir sparisce subito. Dentro si lotta. Ci dicono che stanno impicciati.

Officine Sociali, Guardie e Stato aguzzino
Occhi aperti nelle vostre notti di ordinaria violenza

Solidarietà con le persone recluse
Fuoco ai CPR


Puntata di Mezz’ora d’aria a cura dell’assemblea contro galere e cpr con all’interno aggiornamenti su Palazzo San Gervasio.
Qui l’archivio con le puntate precedenti.

Segnaliamo inoltre a Bologna:

Sabato 5 luglio al Lazzaretto autogestito, via Pietro Fiorini 12:
“A Palazzo San Gervasio c’è un lager di Stato”

PERQUISIZIONI ALL’ALBA A TRIESTE

Diffondiamo

Questa mattina alle 7 la questura di Trieste ha effettuato perquisizioni a casa di 11 compagne e in uno spazio ad uso di diverse realtà cittadine.

Nient’altro che l’ennesima operazione repressiva organizzata in grande stile, come dimostrato dal grande spiegamento di agenti e mezzi. I reati contestati riguardano il corteo antifascista del 25 aprile, e dimostrano la volontà politica di continuare a perseguire chi rivendica l’antifascismo come un valore della collettività.

Sospettiamo inoltre che siano state recuperate, dallo spazio di via del bosco, diverse cimici che sarebbero state poste in precedenza.

Comunque
SMRT FAŠIZMU
SVOBODA NARODOM
PALESTINA LIBERA

AGGIORNAMENTI SU GHESPE

Riceviamo e diffondiamo:

Un paio di novità sulla situazione di Ghespe, recluso nel carcere di Spoleto da marzo 2025 per scontare un residuo pena di 5 anni e mezzo per il “botto di capodanno” nell’ambito della c.d. operazione panico.

La direzione del carcere gli ha applicato la censura della corrispondenza a partire da metà maggio, a seguito di una nota inviata dalla digos di Firenze in cui si farebbe cenno alla sua pericolosità sociale, ai suoi contatti con l’ambiente anarchico, ecc. La posta dunque viene tutta letta e timbrata; questo ha ovviamente provocato dei rallentamenti e delle “sparizioni” di lettere, sia in entrata che in uscita. Gli vengono inoltre trattenuti francobolli e adesivi, quindi è meglio non metterglieli in busta.

E’ stato inoltre disposto da parte del sost. Procuratore De Gregorio della DDA di Firenze, in data 19.06, un prelievo coattivo del DNA da effettuare in carcere, per un decreto emesso il 5 giugno ’25 nell’ambito di un procedimento penale del 2023. In questa indagine, solo accennata, risulterebbe indagato, insieme ad altri, per 305 c.p. (cospirazione politica mediante associazione), per aver “promosso ed organizzato una rudimentale associazione finalizzata alla commissione dei delitti di cui all’art. 302 c.p.”. Nel giustificare questo prelievo, le cartacce fanno il solito resoconto di serate benefit e iniziative/rivendicazioni solidali nei suoi confronti a partire dal suo arresto in Spagna, a “dimostrazione” del suo ruolo di spicco all’interno del movimento anarchico, per poi enunciare la necessità del campione biologico per “approfondire indagini sui soggetti che si sono coagulati attorno a lui” per “verificarne le potenzialità e capacità operative e strategie d’azione” [sic!]. Magie del DNA….

[A questo proposito: segnaliamo il recente ritrovamento di microspie e GPS in due automobili di compagni/e a lui vicini/e…]

Molto più onestamente, in seguito si fa vago riferimento ad “analoghi” attentati con ordigni esplosivi (analoghi all’azione per cui è stato condannato, s’intende) avvenuti nell’ambito della mobilitazione contro il 41bis di cui evidentemente non sanno a chi attribuire la responsabilità. Gli esempi citati: l’ordigno esplosivo al tribunale di Pisa del 23.02.’23 e le bottiglie incendiarie alla caserma Perotti del 30.01.’23. Il Dna, aggiungono, servirebbe inoltre ad accertare la sua presenza “nei luoghi di aggregazione del movimento anarchico“ e la sua collocazione quindi all’interno della cosiddetta “frangia toscana”. Rispetto al DNA, ricordiamo che il prelievo per la banca dati era già stato imposto, a lui come ai/alle altre arrestati/e del 3 agosto 2017, il giorno della convalida dell’arresto e che la principale “prova” usata a suo carico è stata un controversa perizia sul DNA operata in modalità “irripetibile” tra una microtraccia biologica repertata su un frammento di scotch che presumevano facesse parte dell’ordigno esploso, confrontata con campioni biologici prelevati da oggetti a lui attribuiti quali, ad es., lattine. Nel lamentare l’assenza del suo profilo in banca dati, le carte odierne parlano di un “verosimile errore nella procedura di campionamento” eseguito all’epoca nel carcere di Sollicciano. Come ultima motivazione addotta quindi vi è la necessità di “sanare tale mancanza” e l’onere di tale procedura viene assegnato alla digos di Firenze.

Oltre a ciò, permane per lui l’impossibilità di ottenere l’autorizzazione a colloqui visivi con chiunque non sia un suo avvocato e la totale discrezionalità di ciò che passa di volta in volta coi pacchi a colloquio (ad esempio penne, fogli protocollo, occhiali, libri giudicati troppo “sovversivi”) e ricordiamo inoltre che non può ricevere libri tramite posta (poiché questa possibilità, a Spoleto, sarebbe concessa solo a chi segue dei percorsi di studio, eventualità peraltro non prevista in quel carcere). Pare abbastanza evidente che, al di là delle particolari restrizioni che pensiamo siano proprie di un carcere al cui interno vi è una sezione di 41bis, come Spoleto, nei confronti di Ghespe si vada ad aggiungere la volontà ritorsiva per i due anni di irreperibilità prima del suo arresto in Spagna nel febbraio ’25: è particolarmente importante, quindi, fargli sentire la nostra solidarietà e andare sotto a quel carcere, per lui e per gli altri prigionieri. A metà giugno si sono verificate, lì come nel carcere di Terni, delle proteste per le condizioni di detenzione e per il caldo soffocante, tali da richiedere l’intervento della celere e da far dichiarare al segretario regionale del SAPPE che l’Umbria è diventata la “discarica sociale” del sistema penitenziario toscano, invocando la riapertura del supercarcere a Pianosa per i “isolare i detenuti più pericolosi”, anche in vista delle probabili rivolte estive.

Chiamiamo quindi a una partecipazione numerosa per il presidio al carcere di Spoleto, in loc. Maiano 10, il 5 luglio 2025, alle 16.30: contro ogni galera, per Ghespe, per Paolo Todde che ha sospeso il 21.6 uno sciopero della fame iniziato i primi di maggio nel carcere di Uta (CA), per tuttx x prigionierx.

Per l’Anarchia!

Continuiamo a scrivere a Ghespe!

Salvatore Vespertino
C.D.R. Spoleto
Loc. Maiano 10
06049 Spoleto (PG)

CPR MACOMER: TORTURARE CHI PROTESTA

Diffondiamo:

Giungono aggiornamenti da Macomer

Mentre nel blocco C prosegue la protesta, uno dei due prigionieri in sciopero della fame è stato riportato, ieri notte, nel blocco, profondamente sedato, dopo essere stato minacciato di un’ulteriore periodo di isolamento se non avesse posto fine allo sciopero della fame. Il prigioniero ha comunque deciso di proseguire lo sciopero fino alla liberazione che dipende soprattutto dalla consegna di alcuni moduli da parte della direttrice Elisabeth Rijo, che ci dicono sia sempre assente.

Il prigioniero rimasto in isolamento nella cella situata nel sottosuolo, prosegue lo sciopero della fame e riferiscono che ieri notte è stato ferito da una quindicina di antisommossa che sono entrati nella cella con un’infermiera, lo hanno afferrato di malomodo procurandogli lesioni agli arti e al collo, per trascinarlo nei locali dell’infermeria, issandolo sul lettino e infine lanciandolo a terra e poi saltandogli sopra per immobilizzarlo affinchè l’infermiera gli praticasse due iniezioni di un sedativo potente che lo ha reso incapace di muoversi sino alla mattina. Un dispositivo di tortura medico-poliziesco a tutti gli effetti.

Ancora una volta in questi “non luoghi” razzializzati il sistema esercita tutta la sua violenza nascosta a qualunque sguardo. Allo stesso tempo, per mostrare la maschera democratica, permette gli spettacoli “a sorpresa” di politici, garanti e loro accoliti a cui viene permesso, attraverso il privilegio razziale, di entrare per riportare all’esterno soltanto ciò che l’amministrazione permette che si veda.

Intanto all’interno si continua a torturare..

CHIUDERE CPR E GALERE

TUTTX LIBERX

TORINO: APPUNTAMENTI DI LOTTA PER L’INIZIO DEL PROCESSO PER L’OPERAZIONE CITY

Diffondiamo

Il 4 Marzo 2023 un corteo in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito – intrapreso il 17 Ottobre 2022 contro 41 bis ed ergastolo ostativo – ha attraversato alcune vie della città di Torino.
Un corteo per rispondere alla decisione della corte di Cassazione, che non esitava a condannare a morte il prigioniero anarchico, dando parere negativo alla revoca del regime speciale di detenzione.
Un corteo con cui rompere il silenzio di fronte alla repressione, le sue pene esemplari ed i suoi strumenti di tortura.
Un corteo autodifeso a tutela di chi decideva di attraversarlo con rabbia, determinazione o anche solo per la necessità di esserci.

Devastazione e saccheggio è il reato che oggi la Procura tenta di utilizzare, tra gli altri, per portare sul banco degli imputati alcunx compagne e compagni che quel corteo lo hanno vissuto insieme a tantx altrx.
Il 3 Luglio 2025, a più di 2 anni da quel momento di strada, il Tribunale di Torino celebra la prima udienza di dibattimento del processo per la cosiddetta “operazione City”, guidata dall’ex direttore della Digos Carlo Ambra e firmata dal PM Paolo Scafi.
Eredità del codice penale fascista Rocco, questo reato è sempre più utilizzato per colpire, non solo momenti di piazza, ma anche e soprattutto lotte e rivolte all’interno dei centri di detenzione penali e amministrativi. Infatti, l’8 Luglio – pochi giorni dopo l’udienza del processo “City” – lo stesso Tribunale pronuncerà la sentenza per le rivolte avvenute nell’IPM Ferrante Aporti la notte fra l’1 e il 2 Agosto 2024. L’inchiesta per quella giornata di rivalsa dei giovani reclusi del minorile di Torino, diretta dal PM Davide Fratta, vede imputate 11 persone sempre per il reato di devastazione e saccheggio.
Quelle rivolte, però, che hanno dato non poco filo da torcere all’amministrazione penitenziaria e reso inagibile buona parte della struttura detentiva, non possono essere considerate un caso isolato, ma devono essere ricordate come parte di una stagione di resistenze, proteste e rivolte che ha infiammato decine e decine di carceri in tutta Italia e che continuano ad infiammare i centri di detenzione amministrativa.

È ormai più che evidente come i tentativi di procure, legislatori, giudici e guardie ambiscano a radere al suolo ogni forma di conflittualità, utilizzando strumenti ereditati dal passato – come le pene da 8 a 15 anni previste per devastazione e saccheggio – o creandone di nuovi – come nel caso dei decreti e dei pacchetti sicurezza di Minniti, Salvini e dell’attuale governo.
Un’ambizione, quella di pacificare attraverso la paura della repressione e la costruzione di nemici interni, più forte man mano che l’escalation bellica coinvolge sempre più da vicino il nostro paese: un paese complice del genocidio in Palestina e promotore delle politiche di riarmo europee.

Di fronte a questi attacchi e a politiche repressive sempre più aggressive, sentiamo di voler tenere stretti gli strumenti di lotta e solidarietà a nostra disposizione coltivandoli e rilanciandoli, per non rimanere indietro o lasciarci qualcunx.

Per questo
Giovedì 3 LUGLIO dalle 9:30
PRESIDIO davanti al TRIBUNALE di Torino
al fianco delle e degli imputatx

Venerdì 4 LUGLIO ore 17
PRESIDIO sotto le mura
dell’IPM Ferrante Aporti

“VORREI ESSERE LIBERO COME UN UCCELLINO” – SALUTO AL CPR DI CALTANISSETTA

Diffondiamo:

Martedì 17 giugno, in seguito alle notizie di reclusx in sciopero della fame, ci siamo recatx sotto le grate del CPR di Caltanissetta.

Questo non luogo disumano, nel pieno centro assolato della Sicilia, trae la sua forza dall’invisibilità. Difatti la struttura, trasformata nel tempo in “Centro governativo polifunzionale per migranti”, è il luogo perfetto dove nascondere un lager.

Con l’arrivo delle temperature sempre più alte, lx reclusx lamentano condizioni sempre più stringenti, che insieme all’ingiustizia sistemica dello stato e dei suoi guardiani rende ancora più crudele lo stato detentivo.

Non usciremo mai da qua“, ci grida una persona da dietro le sbarre.

A testimonianza dell’effetto devastante delle angherie del Giudice di Pace che rinnova di tre mesi in tre mesi la detenzione: questo il motivo dello sciopero della fame di una parte del CPR di Caltanissetta.

Al nostro arrivo lx reclusx hanno gridato da dentro delle loro condizioni, ci hanno detto che un ragazzo si era sentito male.

Voglio essere libero

Vorrei essere un uccellino per volare via da qui dentro

Sono alcune delle frasi che ci hanno colpito e che ci rendono piccolx ed inermi di fronte ad una violenza che in questo paese non ha eguali. Ribadire qui, che lo stato tumula, annienta, deporta e nel migliore dei casi uccide le persone migranti ci sembra scontato.

Ma vogliamo preservare la speranza di chi urla nella notte che vorrebbe essere un uccellino per volare via, preservare questi momenti per riservare allo stato ed ai suoi guardiani la stessa violenza alla quale costringe le persone recluse.

FREEDOM, HURRIYA, LIBERTA’

SALUTO ALLX DETENUTX DEL CPR DI BRINDISI-RESTINICO

Riceviamo e diffondiamo

SABATO 28 GIUGNO ORE 18 SALUTO ALLX DETENUTX DEL CPR DI BRINDISI-RESTINCO.

PER ABEL E TUTTE LE PERSONE UCCISE DALLO STATO.

Le istituzioni e i media sembrano aver dimenticato l’omicidio di Abel, anche alcunx professionistx che sembrava volessero fare uscire la merda che c’è nascosta ora sembrano tacere.
Noi non abbiamo dimenticato Abel, così come i suoi amicx, o anche le persone che l’hanno visto morire in cella nel Cpr di Brindisi Restinco.
Brucia ancora dentro, noi sappiamo sempre con più certezza chi e cosa ha ucciso Abel, così come sappiamo delle torture e degli abusi che ogni giorno ci sono in questo e in tutti i Cpr.
In attesa della vendetta, sabato 28 Giugno alle 18 torniamo davanti al Cpr di Brindisi Restinco per urlare che Abel non verrà dimenticato e per unirci alla rabbia dei reclusi!!🏴🐈‍⬛🔥

ABEL VIVE!!
VENDETTA PER ABEL!
VENDETTA PER TUTTX GLI OMICIDI DI STATO!
FUOCO AI CPR!
FREEDOM HURRIYA LIBERTÀ!

IERI COME OGGI – IN SOLIDARIETÀ AI CONDANNATI/E A MILANO

Riceviamo e diffondiamo:

IERI COME OGGI

La sentenza di primo grado per il corteo dell’11 febbraio 2023 a Milano al fianco di Alfredo Cospito, all’epoca da quattro mesi in sciopero della fame contro il regime 41bis e l’ergastolo ostativo, ha condannato 10 compagni e compagne a un cumulo complessivo di quasi quarant’anni.

A tutti e tutte loro va la nostra solidarietà e complicità.

Dieci condanne di questa entità sono l’ennesima, sinistra, conferma della progressiva e veloce torsione autoritaria e carceraria dei governi a regime democratico in un contesto di sempre più palese spinta alla guerra dispiegata a scala globale e del conseguente ingabbiamento repressivo che la classe dominante e i suoi apparati repressivi vorrebbero sempre più totale. Una società-carcere a cielo aperto che, se vede nella “mordacchia medievale” del 41bis il suo apice, è resa sempre più tale dai continui salti in avanti repressivi del cosiddetto diritto penale del nemico, passando per uno sfruttamento di terre e popolazioni sempre più brutale, una sorveglianza di massa e una militarizzazione dei territori sempre più capillari, un indottrinamento e disciplinamento sempre più pervasivi.

La lotta con e al fianco di Alfredo, per liberare il suo respiro – e quello degli oltre 700 detenuti e detenute al 41bis – dalla tomba del carcere duro e il nostro da questa affumicante cappa pacificata, è stata una boccata d’ossigeno, un piccolo ma necessario slancio oltre le gabbie – fisiche ma soprattutto mentali – imposte dal nemico che aveva segregato un compagno anarchico a un regime di tortura per farne un monito per tutti e tutte coloro che dentro e fuori le mura delle galere ostacolano – con metodi e pratiche al di là e al di fuori degli schemi dati dalle uniche rappresentazioni mediatico-spettacolari consentite – il tranquillo svolgimento dei piani di riassetto del capitale in incessante ricerca di risorse e manodopera vitali alla sua rigenerazione, con dietro e davanti a sé un abisso di morte e devastazione.

Fare il possibile, fare il necessario, in quei mesi voleva anche dire battersi contro i dispositivi di sbarramento dello stato e della sua polizia e provare a rispedire indietro un poca della violenza che quotidianamente viene somministrata dai suoi servi con e senza divisa, a Milano, a Torino, a Roma, a Trieste e ovunque ci fossero le forze per farlo.

Quel pomeriggio c’eravamo e ci saremo ancora, anche solo per interrompere per qualche ora lo svolgersi di una normalità che si vorrebbe già scritta, l’inesorabilità della vendetta di stato. Anche solo per ribadire che – come dimostrano la resistenza palestinese, i renitenti e i disertori di tutte le guerre, i prigionieri in lotta nei Cpr e nelle carceri, gli insorti in ogni luogo – c’è chi continua e continuerà a ribellarsi e lottare scegliendo di non sottomettersi alla società e al mondo che ci si profila all’orizzonte.

Con Alfredo Cospito

Con tutti i compagni e le compagne prigionieri e in ogni forma privati della libertà

Fuoco a tutte le galere

Compagni e compagne a nordest