SICILIA: ALCUNI APPUNTI SULLE DICHIARAZIONI DEL PROCURATORE IN OCCASIONE DELL’OPERAZIONE “IPOGEO”

Diffondiamo

La scoperta di una camera funeraria scavata nella pietra da il nome alla Via Ipogeo che precede Piazza Lanza, luogo della casa circondariale di Catania. Proprio dal nome di questa via prende il nome dell’operazione condotta dalla procura di Catania ed il reparto antiterrorismo della digos in sinergia con quelli di altre province.

Un’operazione che ha portato alla perquisizione delle abitazione di diversx compagnx tra Catania, Palermo, Bari, Messina, Siracusa e Brindisi ed il trasferimento rispettivamente alla casa circondariale di Piazza Lanza e di Brindisi di due di loro, L. e B. Una terza persona sarebbe soggettx a mandato di cattura europeo ed attualmente (sembrerebbe) ricercata. Unx di loro, B., si trovava già in custodia cautelare presso la sua residenza per i reati contestatele dalla procura di Messina in occasione del carnevale no ponte dello scorso primo di marzo.

Lo stesso ipogeo in cui rinchiudono quotidianamente quelli che loro definiscono corpi carapaci dei loro personalissimi interessi. Il buio della detenzione, ostaggi di stato in una guerra interna tutta voluta da un sistema, quello capitale-coloniale, che non gradisce intoppi alla sua “normale” azione di intumescenza della vita in virtù dello sgocciolante guadagno. Ma il buio del loro sottosuolo non sarà mai veramente così oscuro fino a che a proliferare vi sarà anche il micelio della solidarietà, le luci dell’incendiaria complicità.

Così mentre il procuratore di Catania, F. Curcio, rivendica il diritto al rispetto ed alla dignità del personale in divisa; bisogna ricordarsi di Carlo Giuliani, Aldrovandi, Cucchi, Uva, Riccardo Rasman, Ramy, Rachid Nachat, Ugo Russo…. bisogna ancora ricordarsi di tutte le vittime della reclusione, dai CPR, alle galere, passando per ogni altra forma di localizzazione forzata di corpi nello spazio. Le 55 persone suicidate negli istituti detentivi italiani solo da gennaio a luglio del 2025; Moussa Balde, Ousmane Sylla, Wissem Ben Abdel Latif e tutte le altre persone barbaramente uccise dal sistema di confinamento e deportazione dello stato italiano… domandarsi dove sia il diritto alla dignità e il rispetto per tutte queste persone; prima differenziate dalle molteplici frontiere di questo mondo (tanto interne, quanto esterne; tanto geografiche, quanto morali), poi gerarchizzate, poi marginalizzate, poi risucchiate e poi interrate nell’ipogeo del capitalismo. Ma di questa parola, DIRITTO, non ci si può fidare troppo, dato che strabocca dalle cloache del sistema solo quando serve loro a difendersi, quando serve a PUNIRE.

Continua il procuratore parlando di “attacco gratuito” alle istituzioni. Lo stesso attacco gratuito che i loro squadroni della morte fanno nelle palazzine abitate da gente altrimenti senza casa? Oppure lo stesso che vede i gellieri dei reparti mobili sbombazzare di lacrimogeni le città e i volti delle persone? O forse lo stesso che avviene a Gaza, di cui anche lo stato italiano e i suoi apparati portano le tracce di sangue sulle mani? Lo stesso che ogni manganellata fa schioccare insanguinando persone nelle piazze? Lo stesso attacco fatto dalla loro propaganda di guerra?

È davvero in discussione la possibilità di poter saccheggiare le città? O è assolutamente inconcepibile qualunque intralcio al saccheggio totale non solo delle città?

Cosa saccheggia la vita allora? Cemento? Campi sterminati di pannelli solari? Cavi sotterranei che penetrano terra e fondali? Turismo vorace?Cantierizzazione? Cemento a volontà? Lo stupro quotidiano del lavoro? L’espandersi continuo e ossessivamente vorace del loro progresso (vedi morte)? Le loro infrastrutture della comunicazione e del commercio?

LA VITA È SACCHEGGIATA SOLO DAI LORO PUTRIDI INTERESSI, DIFESI DAI LORO ESERCITI, POLIZIE E TRIBUNALI.

LUIGI, BAK, ANDRE, GUI LIBERX SUBITO!!
LIBERX TUTTX!!!
PALESTINA LIBERA!
NO AL PONTE SULLO STRETTO!

Per scrivere a compagnx reclusx

Luigi Calogero bertolani
C/o casa circondariale
Piazza Lanza 11
95123 Catania

Gabriele Maria Venturi
C/o Casa Circondariale
Via Appia 131
72100 Brindisi

NUOVA PUBBLICAZIONE: NEXT STOP MODENA 2020 VIAGGIO TRA LE CARCERI

Diffondiamo:

E’ giunto alle stampe il libro di Claudio Cipriani sulle rivolte nelle carceri del 2020, in particolare quella di Modena, e sulla strage di Stato che in reazione ne seguì, nella quale morirono 14 persone detenute.

Due righe sulla distribuzione

La diffusione del testo procederà su due diversi binari: una che verrà gestita dalle edizioni di Sensibili alle foglie attraverso i suoi canali di distribuzione libraria; mentre l’altra sarà una distribuzione autorganizzata che permetterà di effettuare ulteriori ristampe e insieme rispondere alle volontà di Claudio, cioè di destinare come benefit gli introiti del libro a supporto dei familiari dei morti di Stato di marzo 2020 nelle carceri (es. sostenere spese processuali per eventuale riapertura del procedimento per le morti in Italia o altre proposte che rispettino l’obiettivo prefissato esplicitato anche nel libro).

L’invito è quello di incentivare chiaramente la seconda modalità di distribuzione, anche tramite l’organizzazione di presentazioni che ciascun territorio può scegliere liberamente come declinare, considerando la possibilità di informare e coinvolgere Claudio tramite lettera. Ricordo che è tuttora detenuto al carcere di Secondigliano.
La prefazione del libro è di Stecco, anch’egli tuttora recluso al carcere di Sanremo.

Quindi, il prezzo di acquisto delle copie, per raggiungere il doppio obiettivo della ristampa e del benefit, è quello di copertina del libro, cioè di 15 euro, anche per le distribuzioni, almeno per la prima fase. Le ristampe vanno di 200 copie in 200 copie. Ora siamo alla prima tornata.

Questa sarà la mail di riferimento a cui chiedere le copie  prossimafermata@anche.no e da cui vi saranno forniti i dati per effettuare il pagamento via postepay, ma anche avanzare ogni domanda, richiesta, dubbio, critica. Nonchè la mail utilizzata per dare ulteriori aggiornamenti riguardanti il libro.

Ricordiamo inoltre che il compagno Stecco è dall’8 novembre in sciopero della fame in adesione alla campagna Prisoners for Palestine, e che da qualche giorno gli è stata applicata la censura alla posta, motivata dall’aver denunciato le condizioni detentive del carcere in cui è detenuto. Che questo libro esca proprio nel giorno in cui gli è stata disposta, potrebbe rappresentare un segnale, a ricordarci che per questo Stato stragista, chi parla e alza la testa deve stare zitto.

Un buon motivo che a nostro avviso rievidenzia l’importanza di supportare la diffusione di ogni testo da dentro che racconti ciò che accade, che mostra la vera faccia dello Stato e della detenzione, non sottostando alle forme di censura più o meno implicita che vengono costantemente applicate.

I ringraziamenti da parte di Claudio vanno a chi ha voluto supportare la realizzazione di questo libro, sia a livello di sostegno e vicinanza, sia a livello pratico, in particolare a chi si è prodigatx per supportare i fondamentali costi economici della stampa. Le copie omaggio che ci ha fornito la casa editrice sono state spedite a prigionierx dentro le galere italiane.

Solidarietà a chi si ribella nelle patrie galere di tutto il mondo e a tuttx lx prigionierx per la Palestina in sciopero della fame!

Pdf scheda libro

UDINE: TATTO CIRCUS TRANSFEMMINISTA – IN SOSTEGNO ALLE LOTTE DENTRO E FUORI I CPR

Diffondiamo

7/8 dicembre 2025
Spazio Autogestito Via De Rubeis 43 (Udine)

Da più di 25 anni in Italia esistono dei centri di detenzione cosiddetta amministrativa per persone senza documenti regolari, che sono di fatto dei lager etnici dove donne e uomini provenienti da paesi esterni alla comunità europea, sprovvistx di permesso di soggiorno oppure destinatarie di un provvedimento di espulsione dal territorio nazionale, vengono trattenutx in attesa della deportazione coatta nei paesi d’origine.

Istituiti nel lontano 1998, con il Testo unico sull’immigrazione voluto dal governo di centro-sinistra e firmato da Livia Turco e Giorgio Napolitano, hanno cambiato nome nel tempo, prima CPT (centri permanenza temporanea), poi CIE (centri identificazione ed espulsione) e infine, ad oggi, CPR (centri di permanenza per il rimpatrio).

Nel 2006 è stato aperto uno di questi lager nella nostra regione, precisamente a Gradisca d’Isonzo, in provincia di Gorizia, chiuso grazie alla forza delle rivolte interne avvenute nel 2013 e ritornato operativo come CPR nel 2019.

I cpr che nel passato sono stati chiusi, lo sono stati grazie al fuoco e ai colpi delle rivolte dei prigionieri al loro interno.

Non è un caso che il “pacchetto sicurezza”, ora legge 80/2025, dedichi particolare attenzione sia a chi si ribella al loro interno – e all’interno delle carceri del circuito penale – sia a chi tenta di spezzare l’isolamento a cui vengono sottoposti i reclusi portando loro solidarietà dall’esterno, introducendo a questo scopo nuovi reati e inasprendo le pene.

I CPR sono luoghi di tortura, segregazione e morte: a Gradisca nel 2013 muore Majid El-Khodra e dal 2020 ad oggi ricordiamo le vite spezzate di Vakhtang Enukidze, Orgest Turia, Anani Ezzedine,Arshad Jahangir.

Quell’”eccedenza umana” che non è più ricattabile nel girone infernale dei documenti, dello sfruttamento nelle campagne, dei cantieri, della logistica e del lavoro nero, chi non “serve” più alla macchina capitalista, viene spremuto un’ultima volta, fatto diventare mera materia prima per creare ancora una volta profitto attraverso la costruzione, il mantenimento e la gestione di questi lager e il funzionamento del business delle deportazioni.

Abbiamo deciso di dedicare questa Tattoo circus alle lotte dentro e fuori ai CPR per prendere posizione esplicita contro questi luoghi, che sono la rappresentazione più concreta e feroce del razzismo di Stato e della violenza delle frontiere, di cui non si può e non si deve in nessun modo essere complici.

Per info: https://laboratoriatfqudine.noblogs.org

UDINE: SOSTENIAMO IL LIBRO DI CLAUDIO! CENA SOCIALE BENEFIT

Diffondiamo

Le rivolte carcerarie del marzo 2020 sono state le più potenti dell’intera storia dello stato italiano e hanno mostrato un’anticipazione di una torsione autoritaria su tutta la società, fino a quel momento inedita. In risposta alla crisi sanitaria e alla richiesta di scarcerazione temporanea da parte dei detenuti, che si sentirono immediatamente in trappola, lo Stato rispose sospendendo colloqui, permessi e con altre misure punitive. In risposta alle giuste rivolte dei detenuti, lo Stato reagì sparando e manganellando.

Claudio, uno dei cinque detenuti che decisero di esporsi nel 2020 presentando un esposto in cui denunciavano ciò che lo Stato aveva agito in quei giorni, ha scritto un libro che ripercorre dalla sua prospettiva gli accadimenti di quelle giornate. La pubblicazione di questo libro, che sta per approdare alla fase di stampa, rappresenta una coraggiosa presa di parola da parte di chi vive l’oppressione e non vi si rassegna. Per questo è importante sostenerla e diffonderla il più possibile.

SOSTENIAMO IL LIBRO DI CLAUDIO!
CENA SOCIALE BENEFIT
SABATO 22 NOVEMBRE 2025 ORE 20.00

SPAZIO AUTOGESTITO DI UDINE
V. DE RUBEIS 43


Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste

liberetutti@autistiche.org

Associazione “Senza sbarre”
c.p.129, 34121 Trieste

TRE FROCIX ENTRANO IN QUESTURA… SMASH. SULLE RECENTI PERQUISIZIONI AI DANNI DI TRE COMPAGNX PADOVANX

Riceviamo e diffondiamo:

Testo in PDF

11 settembre 2025.
Padova, città dalla forte vocazione universitaria ma ancor prima borghese e benestante, ha attraversato un recente periodo esemplare nel panorama nazionale: un’estrema militarizzazione del suo perimetro urbano ha portato ad una profonda pacificazione sociale. La sua tradizione lottarmatista è stata in parte dimenticata e in parte istituzionalizzata, lasciando nel tracciato cittadino solo uno sbiadito ricordo della prima cellula di Ordine Nuovo nata proprio qui, o delle prime azioni delle Brigate Rosse e dei natali dati a Toni Negri.

Assistiamo da anni a uno spettacolo politico insopportabile, con le poche forme di antagonismo attive e partecipate schiacciate sui soli social media, private di ogni incisività sul reale: il potenziale dissidente della lotta si esaurisce costantemente nel puro simbolismo. Le espressioni di dissenso di maggior intensità sono figlie di un patto non detto con le appendici dell’apparato repressivo (sbirri, magistratura, istituzioni politiche), esaurendosi in momenti di aperto scontro scenici e circoscritti nel tempo, nelle modalità e nella diffusione.

Ogni soggetto dissidente che rifiuta il dialogo con il potere costituito (istituzionale e non) viene sistematicamente e selettivamente escluso dal contesto politico cittadino e ogni azione che esce da tale tracciato va incontro alla mano più pesante della repressione: fogli di via, perquisizioni e denunce sono molto più frequenti che in altri contesti.

Che farci, gli sbirri di Padova sono zelanti come pochi, e con pochi!

 Così, l’11 settembre (data così cara a tantx) tre compagnx padovanx hanno visto rovinarsi la festività. Svegliatx alle 5.30 del mattino agenti della digos, della polizia di stato e dell’antiterrorismo hanno loro notificato ed eseguito un mandato di perquisizione. Sono statx informatx di un indagine a loro carico per i reati di ricettazione, istigazione a delinquere e concorso. Il pubblico ministero Orlandi, recentemente trasferito a Padova, contesta questi capi d’accusa in riferimento a tre striscioni ritrovati mesi prima dagli sbirri che riportavano frasi in solidarietà ad Alfredo Cospito, allx compagnx accusatx a Milano e a Torino per i cortei relativi alla mobilitazione contro il 41-bis e a Awad Mohamed Attia, che rischia l’ergastolo per strage politica a seguito di attacchi incendiari contro le volanti di polizia e carabinieri.

Due ore di perquisizioni hanno visto le loro case rivoltate, gli spazi propri, condivisi e altrui violati dalle sporche mani (almeno ricoperte da guanti) degli sbirri. Sono statx soggettx alle solite tattiche manipolatorie: costanti tentativi di allontanare le persone cui erano stati contestati i fatti dai loro affetti, cercando in questi ultimi complicità, sforzi manipolatori e intimidazioni. Puntando sulla poca conoscenza delle dinamiche investigative, hanno ostacolato il contatto con i legali, intimidito chi aveva atteggiamenti più refrattari e rassicurato chi risultava più disponibile a collaborare, specie tra gli affetti e lx familiarx.

A riprova della natura schifosa e deprecabile dell’operato degli sbirri, tra una violenza fisica e una psicologica, notiamo che non si fanno di certo mancare anche una buona dose di violenza di genere a ogni livello: allx compagnx di unx dellx perquisitx sono state fatte pressioni per tradirlx, cercando di persuaderlx di quanto fosse “un mezzo uomo”, di che vita “lx stesse facendo vivere”. Ad unx altrx perquisitx poi, immancabilmente, sono state fatte pressioni a parlare, tentando di ottenere complicità, perchè “io ho una figlia della tua età, anche tu un giorno sarai madre”. Insomma, bella merda, e belle merde.

Postx in stato di fermo e portatx in questura, sono statx trattenutx per 9 ore, con la ridicola scusa di ritardi nei sistemi informatici, e hanno visto loro sequestrati dispositivi elettronici, supporti di memoria e vestiti. Ha destato particolare disappunto il furto sbirresco delle calzature ai danni dellx sventuratx compagnx. Sbirri state per certo sicuri che non erano scarpe ortopediche, infami piedipiatti.

È stata impiegata, inoltre, la procedura della pre-view: i telefoni dellx compagnx sono stati scansionati meticolosamente sotto i loro occhi, registrandone schermo e audio. Tutto ciò senza lesinare battute di merda, pressioni psicologiche e minacce. Lo zelo sbirresco non è stato fermato nemmeno dai primi nudes: di certo non sarà il pubblico pudore a fermare l’ardore della giustizia, alla ricerca anche solo di una bomboletta nel culo!

Interessante notare, per coloro che leggono complici, il fatto che in sede di pre-view la semplice e reiterata contestazione dell’operato degli sbirri limiti in maniera importante la loro disinvoltura nell’eccedere ben oltre le prescrizioni della procura.

Dalla prima mattina abbiamo notato come l’apparato repressivo tutto si sia prodigato nel creare un’atmosfera paranoica: dalle istituzioni politiche (locali, regionali e nazionali) alla magistratura, passando per sbirri e contro-sbirri e giornali, per tre striscioni si è arrivatx persino a citare il passato brigatista della città! È stata esemplare, a tal riguardo, la conferenza stampa del questore Marco Odorisio a seguito delle perquisizioni e dei fermi. L’allarmismo più totale ha rimbalzato sui quotidiani della penisola e delle isole, ricalcando la stessa sceneggiata a cui avevamo assistito al ritrovamento nei mesi precedenti dei teli incriminati: scritte con una A cerchiata come firma avevano, infatti, giustificato la scorta al tribunale, ai comandi di polizia, guardia di finanza e sbirraglia varia, maggiori controlli in stazione e al comune.

È facile mettere in fila i fatti cui ci stiamo abituando: manifestazioni e espressioni di dissenso ricondotte alla lotta armata senza distinzione alcuna, con buona pace della grande confusione mentale del questore che parla di BR commentando fatti ricondotti da loro a esponenti della cosiddetta “compagine anarchica”. Tutte le pratiche, che questo spiacevole evento ci ha fatto sperimentare ancora una volta, si inseriscono nella più ampia strategia dello stato volta ad abituare le persone ad un controllo sempre maggiore del libero corpo sociale e a un dispiegamento quotidiano sempre più massiccio e smisurato di forze e tattiche.

Vorremmo chiudere con un’ultima riflessione sull’accurata scelta dei reati contestati. L’aggiunta di reati da compro oro, come ricettazione, evidenzia un utilizzo strumentale del diritto penale (come se ne esistesse uno non strumentale) funzionale ad avere più potere in sede di indagine per accedere a misure legalmente concepite come straordinarie e urgenti ( entrare in casa per tre striscioni).

Le procure si dimostrano infami non solo da Milano a Torino, ma fino a Padova, e ben oltre.

 Solidarietà alle persone perquisite a Padova come nel resto d’Italia.

Complici con le loro lotte.

AGGIORNAMENTI SUL SUDAN: CHE LA RIVOLUZIONE SIA UN PUGNALE AVVELENATO NEL CUORE DEI TIRANNI

Riceviamo e diffondiamo questo aggiornamento sulla guerra in Sudan e sulla complicità del governo italiano. In fondo all’articolo trovate i link a varie risorse per saperne di più, tra cui l’intervista a un compagno anarchico sudanese.

A fine ottobre le forze di supporto rapido (RSF), una delle due fazioni della guerra civile che infiamma il Sudan dal 2023, hanno conquistato la città di El-Fasher dopo un assedio durato oltre 500 giorni. Questo fatto è salito agli onori delle cronache anche in Italia, a causa della brutalità con cui è stato compiuto: le immagini satellitari mostrano campi divenuti rossi per il sangue che vi è stato versato, e le stime sono di decine di migliaia di sfollat*, e migliaia di morti.

L’esercito sudanese, che governa ciò che resta del Sudan in seguito ad un colpo di stato nell’aprile 2023, e che è guidato dal generale Al-Berhan (sostenuto dall’ucraina, l’egitto, l’iran, l’arabia saudita e la turchia), si batte contro le forze di supporto rapido (con, tra le altre, le milizie Janjaweed, sostenute dalla russia e gli emirati arabi uniti) del generale Hamdan. Le due fazioni commettono massacri indiscriminati, stupri, pulizia etnica e seminano terrore, contendendosi il territorio e il controllo delle risorse, tra cui oro e petrolio, le sorgenti del Nilo, oltre che la posizione strategica sul mar Rosso.

Il colpo di stato, l’ennesimo di una lunga serie nella storia degli ultimi 60 anni del Sudan, ha avuto come primo effetto quello di soffocare il vento rivoluzionario che soffiava sul Sudan: nel dicembre 2018 la popolazione si rivolta al grido di “pace, libertà, giustizia”, la piazza Al-Qayda a Khartoum viene occupata. Nel giugno del 2019 l’esercito attacca la piazza facendo centinaia di morti (700 secondo alcune stime), i cui corpi vengono buttati nel Nilo. Alla base del sollevamento, troviamo i Comitati di Resistenza. Questi raggruppamenti per quartieri, riorganizzano spontaneamente la vita in modo antiautoritario. Non c’è dunque nessun leader autoproclamato, nessun interlocutore per lo stato… fatto che ha permesso alla rivoluzione di durare, secondo le anarchiche in loco. E ciò mostra come l’anarchismo non sia soltanto un’idea occidentale, e che spesso venga messo in atto spontaneamente quando c’è un’insurrezione.

Secondo un compagno, la critica dell’islam si è diffusa enormemente tra la gioventù durante la rivoluzione, molto al di là delle cerchie anarchiche. Le anarchiche sono state parte integrante dell’insurrezione, dei comitati di resistenza, hanno organizzato discussioni, hanno distribuito pasti gratuiti, prodotti di prima necessità e farmaci in diverse città. Diverse anarchiche che svolgono lavori sanitari hanno fornito supporto medico essenziale. La maggior parte delle anarchiche organizzate sono donne e giovani, in un paese dove prima della guerra civile c’erano 18 milioni di student*.
Con l’inizio della guerra civile nell’aprile 2023 molte compagne hanno perso i contatti tra loro, tentando di sopravvivere ed essendo degli obiettivi privilegiati, essendosi esposte in precedenza nel movimento di rivolta.

Durante la rivoluzione sono morti i compagni Abu Al-Rish, Qusay Mudawi e Omar Habbash.

La compagna Sarah è stata stuprata e uccisa dalle milizie Janjaweed a Madani nel dicembre 2023.

Dall’aprile 2023, 12 milioni di persone sono state costrette a lasciare le loro case.
Tra 25 ooo e 150 ooo  persone sono state uccise.
Si stima che il 95% delle persone non riesca a consumare neanche un pasto al giorno, mentre 40 milioni di persone non mangiano tutti i giorni.
Il 75% delle strutture sanitarie non sono in funzione, e un’epidemia di colera si sta diffondendo nel paese.

Il 2 novembre, un compagno sudanese scriveva:

“Oggi piangiamo il martirio dei nostri compagni d’El-Fasher,
caduti difendendo la loro città, le loro famiglie e la loro stessa vita.
Si tratta di: Faisal Adam Ali,   Radwan Abdel Jabbar (« Kahraba »), Adam Kibir Musa, Abdel Ghaffar Al-Tahir (« Al-Sini »).

Piangiamo ugualmente numerosi giovani volontari uccisi dalla milizia terrorista delle Forze di supporto rapido, quando il loro solo “crimine” era di portare cibo agli abitanti della città.

Noi, membri del Gruppo Anarchico, facciamo appello a tutti i compagni:
è arrivato il momento di avvicinarci e unirci contro questa guerra autoritaria e distruttrice. Dobbiamo allertare il mondo intero sullo sterminio di massa perpetrato dalle milizie delle Forze di supporto rapido, sostenute dagli Emirati Arabi uniti. Queste milizie attuano una pulizia etnica e un genocidio fondato sulla “razza”, al servizio d’interessi imperialisti perversi che cercano di controllare le risorse e l’oro al prezzo del sangue. Il mondo non può restare con le braccia incrociate. I rivoluzionari del mondo intero devono conoscere i nostri sacrifici e la nostra lotta contro il terrore capitalista selvaggio, contro il potere e contro la pulizia etnica sistematica.

All’interno del Gruppo anarchico del Sudan, abbiamo perso dei compagni;
alcuni dei nostri membri sono stati feriti, altri sono morti; altri ancora sono confrontati al pericolo imminente della guerra.
Le nostre famiglie soffrono la fame, la mancanza di medicine e di nutrimento.
Abbiamo creduto nell’Anarchia in un paese dove l’autorità è onnipresente, e abbiamo combattuto per difenderci, difendere i nostri ideali e preservare la nostra unità. Oggi, abbiamo bisogno di voi: tendeteci la mano e sosteneteci affinchè possiamo resistere alle autorità e ai Janjawid.

Che la rivoluzione continui! Che sia una lama avvelenata piantata nel cuore dei tiranni”

                                                                                       – Ali Abdel Moneim

In totale, più di 3800 euro sono stati mandati alle compagne dalle anarchiche di francia, ma anche da anarchiche curde, di cina e altre parti d’Asia, e dall’inghilterra. Un anarchico ha in seguito scritto: “Abbiamo potuto mettere al riparo sei compagne. Si trovano ora al sicuro, in etiopia, in ruanda e in kenya. Siamo in un po’ ad essere ancora in sudan. Ci stiamo coordinando per continuare le nostre attività di liberazione dall’estero (perché qui la situazione è troppo pericolosa). Ci avete sostenuto fortemente, avete salvato la vita delle nostre compagne che erano in delle regioni molto pericolose. Speriamo che il vostro supporto non si fermerà. Ogni giorno soffriamo, ma il mio attaccamento alle idee e per l’anarchismo non cessa di crescere. Viva la solidarietà!”

Infine, due parole sulla complicità dell’italia.
Nel 2014 l’unione europea, su impulso del governo italiano, ha stretto un  patto, il processo di Karthoum, in cui si impegnava a “finanziare lo sviluppo” in sudan, in cambio di una stretta sul controllo dei migranti. Nel 2016, ai tempi del governo Renzi, è stato firmato un memorandum d’intesa tra il dipartimento di pubblica sicurezza del viminale e la polizia del presidente Omar Al-Bashir, poi deposto. L’accordo prevedeva, ancora una volta, soldi in cambio del controllo delle rotte migratorie, oltre che l’addestramento delle milizie locali. Tra queste milizie c’erano le forze di supporto rapido e i janjaweed. Inoltre, è stato provato che le armi che Leonardo vende agli emirati arabi vengono inviate in sudan.

ROMPIAMO IL SILENZIO SUL GENOCIDIO IN SUDAN!

BASTA COMPLICITà CON LE GUERRE COLONIALI!

BASTA PADRONI CHE SI INGRASSANO VENDENDO ARMI!

SOLIDARIETà INTERNAZIONALISTA!

 


Per saperne di più:

1. Traduzione del primo numero del foglio “le feu meurt”, bollettino anarchico francese

2. Intervista a un compagno anarchico del Sudan

3. La tribù e lo Stato: un tentativo di analizzare il conflitto autoritario in Sudan

4. Perché diventare anarchico in Sudan?

5. Dichiarazione del Gruppo Anarchico in Sudan : genocidio in Sudan

CAGLIARI: PRESIDIO SOLIDALE PER PAOLO DI FRONTE AL TRIBUNALE

Diffondiamo:

PRESIDIO DI FRONTE AL TRIBUNALE DI CAGLIARI
MERCOLEDÌ 12/11 ALLE ORE 9

Il 12 novembre lo Stato italiano con ogni probabilità celebrerà il processo contro il nostro compagno Paolo ed altri due nostri amici. Non sappiamo e non ci interessa sapere se siano o meno gli autori di ciò per cui vengono accusati. Come anarchici, siamo sempre solidali e complici con chi si oppone a una società che produce miseria, disuguaglianze, violenze, morte e genocidi. Ci preme sottolineare come ancora una volta il sistema tramite i suoi servi si accanisca, con continue ritorsioni e tormenti, contro chi, in libertà e in detenzione, non ha mai piegato la testa, schierandosi sempre dalla parte dei più deboli, denunciando le violenze degli sbirri, le torture dello Stato che, nel carcere di Uta, nega ai prigionierx persino l’acqua potabile, contro chi svela la complicità arrogante del tribunale di Sorveglianza e dei garanti che tacciono sui soprusi e sulle torture subiti quotidianamente dai prigionierx.
per questi e per tanti altri motivi Paolo ha portato avanti uno sciopero della fame per 44 giorni tra maggio e giugno.

I tribunali sono strumenti per esercitare la violenza della legalità, pertanto pensiamo che il verdetto sarà usato come punizione esemplare, per mandare a loro, e a tuttx i proletari, il messaggio che non bisogna ribellarsi, ma bisogna accettare in silenzio ogni violenza e tortura dello Stato. Per questo non accetteremo i verdetti di giudici che rappresentano questo sistema assassino.

Siamo solidali e complici con Paolo, Joan e Walter e non li lasceremo soli né nelle galere, né nei tribunali.

Anarchicx contro carcere e repressione

PAOLO LIBERO
TUTTX LIBERX
FUOCO ALLE GALERE

ROMA: PRESIDIO AL CPR DI PONTE GALERIA

Diffondiamo

9 novembre ore 17 presidio al CPR di Ponte Galeria
Appuntamento alla stazione Fiera di Roma del treno per Fiumicino

La grande differenza tra una galera israeliana e un CPR come quello di Ponte Galeria è che la maggior parte delle torture e delle uccisioni l’Italia le ha esternalizzate ed appaltate alle guardie di Libia, Niger e Tunisia coperte dall’UNHCR.

Il razzismo, la segregazione e l’espulsione hanno la stessa radice coloniale, da una parte all’altra del Mediterraneo.

La storia dei CPR è fatta di quotidiane resistenze individuali e collettive che spesso hanno acceso la solidarietà all’esterno.
Ad oggi il CPR di Ponte Galeria è stato ricacciato nel silenzio, nulla è dato sapere dalla voce diretta delle persone imprigionate.

A Roma il PD – che ha avuto tra le sue fila i consulenti di Leonardo, i diretti responsabili dei lager in Libia e del bottino coloniale consegnato ad ENI – gioca una battaglia elettorale sul corpo delle persone colpite dal razzismo di stato dichiarando cose che non farà mai, come la chiusura dei CPR che il PD stesso ha aperto.

Crediamo sia importante rompere l’isolamento delle persone imprigionate e far sentire forte la nostra solidarietà fuori da quelle mura.

Assemblea di solidarietà e lotta

AGGIORNAMENTO DAL CPR DI TORINO (NOVEMBRE 2025)

Diffondiamo

La sera del 20 ottobre, tra le 19:30 e le 20:00, cinque persone hanno deciso di salire sul tetto dell’area verde per protestare, mettendo in gioco il proprio corpo per rivendicare la libertà a partire da alcune questioni specifiche. C’era chi stava protestando per avere informazioni chiare sulle proprie istanze di liberazione, denunciando le continue menzogne dell’amministrazione del CPR al solo scopo di pacificare le persone recluse, chi protestava per l’impossibilità di parlare con il proprio avvocato perché, come spesso accade, l’amministrazione ostacola il più possibile le comunicazioni, nascondendosi dietro a burocraticismi e cavilli; e chi rivendicava l’accesso alle proprie medicine, bloccate perché troppo lento il passaggio di consegna della cartella clinica proveniente dal carcere.
I reclusi hanno scelto di lottare insieme, salendo sul tetto e usando il proprio corpo come leva per fare pressione sull’amministrazione e ottenere “il rispetto dei propri diritti” – come ci dicono da dentro. Anche dalle altre aree, le persone hanno sostenuto la protesta, amplificando le rivendicazioni rendendole collettive. Non sono mancate le reazioni immediate dell’amministrazione e della polizia, che hanno minacciato di trasferire le persone alle Vallette, facendo così ripartire il conteggio dei giorni di detenzione.

Se dalla riapertura del CPR di Torino Sanitalia ha tentato di oscurare la tortura portando avanti una gestione all’insegna del detto “bastone e carota” e quindi concedendo qualche miglioria delle condizioni quotidiane, dall’altra parte non sono mancate politiche estremamente punitive e repressione anche a suon di burocraticismi nei confronti di chi dentro quel centro si ribella. Dai trasferimenti in carcere, purtroppo sempre più frequenti, ai trasferimenti punitivi nel CPR in Albania, diventati non solo reali ma anche una minaccia quotidiana per chi vive ogni giorno la violenza della detenzione nel CPR, i fatti delle ultime settimane ci mostrano l’altro lato della violenza razzista di Sanitalia ai danni delle persone recluse e di chi prova lottando a rompere il velo di pacificazione tanto agognato dall’amministrazione.

A riprova di ciò, dopo il mese di settembre scandito da quotidiani gesti di ribellione dentro il CPR, alle prime di settimane di ottobre dove diversi reclusi hanno deciso di mettere a rischio la propria vita buttandosi dal tetto pur di poter uscire da quel centro – la quotidianità punitiva del CPR è tornata a farsi sentire. Il cibo è tornato ad essere immangiabile, definito “becchime per uccelli”, si tratta spesso solo di pasta o riso, spesso marcio e andato a male. Molte persone hanno sofferto di diarrea per giorni e, come accadeva anche con la precedente amministrazione del CPR, vengono messi psicofarmaci nei pasti, lasciando le persone confuse e stordite. Da dentro ci raccontano che da oltre tre mesi non viene distribuito nulla di fresco.
Come spesso accade nei luoghi di tortura, nonostante l’arrivo del freddo, il riscaldamento non funziona e le persone sono costrette sotto le coperte anche durante il giorno. In una delle aree i bagni sono praticamente interdetti e, nonostante le continue richieste d’intervento, la situazione non sembra cambierà a breve.

Anche le deportazioni continuano. Infatti, la sera di venerdì 24 ottobre, 10 persone sono state prelevate con un bus dal CPR e sono state deportate, probabilmente proprio in Albania. Al contempo, se 10 persone sono uscite, 20 sono state portate dentro al CPR di Torino proprio la mattina dopo. Di nuovo, la notte tra il 29 ed il 30 ottobre, altre 10 persone sono state portate in Albania.