AGGIORNAMENTI SULLA SITUAZIONE DI ALFREDO COSPITO

Diffondiamo alcuni aggiornamenti sulla situazione del compagno Alfredo Cospito, che descrivono un evidente inasprimento delle condizioni già di per sé aberranti della reclusione in 41 bis.

Da alcuni mesi, Alfredo sta affrontando una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità del regime detentivo a cui è stato assegnato dal 2022, tra cui il blocco praticamente totale della corrispondenza da/per l’esterno, l’impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), il blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41 bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano.

Tutto ciò avviene, guarda caso, in coincidenza con la condanna in primo grado per rivelazione di segreto d’ufficio del sottosegretario alla giustizia Delmastro (proprio per la vicenda delle intercettazioni ambientali, divulgate in Parlamento da Donzelli, delle conversazioni tra Alfredo e gli altri reclusi che all’epoca facevano parte del suo “gruppo di socialità”). Altre “coincidenze” che viene da pensare possano avere il loro peso in questa vicenda sono le dimissioni a fine del dicembre scorso del direttore del DAP, Giovanni Russo, che aveva testimoniato non proprio a favore di Delmastro nel processo a suo carico e, ancora guarda caso, il ritorno al comando della sezione 41 bis di Bancali del graduato dei GOM che era stato trasferito proprio per il suo coinvolgimento nella faccenda delle intercettazioni.

Rilanciamo quindi l’appello che diffondemmo l’anno scorso in merito alla corrispondenza indirizzata ad Alfredo, come primo passo perché riacquisti incisività e costanza la mobilitazione per strappare Alfredo dall’isolamento e per continuare a lottare contro l’ergastolo e il 41 bis.

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO!

È importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41 bis nel carcere di Bancali (Sassari). Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso sistemi tracciabili quali la raccomandata (anche senza ricevuta di ritorno) o la “Posta 1”. Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per cercare di sbloccare la corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesso semplicemente scompare.

Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto anche attraverso lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è:

Alfredo Cospito
C. C. “G. Bacchiddu”
strada provinciale 56 n. 4
Località Bancali
07100 Sassari

Mentre per inviare le vostre ricevute: cassantirepalp@autistici.org

Contro tutte le galere!

Cassa AntiRep delle Alpi Occidentali

FRANCIA: AGGIORNAMENTI SU LOUNA, COMPAGNA TRANS ANARCHICA ARRESTATA PER UN ATTACCO INCENDIARIO E ASSOCIAZIONE A DELINQUERE

Diffondiamo da Transenne – Barricate contro la transfobia

Louna è una compagna trans anarchica arrestata a metà ottobre 2024, e trattenuta da allora fino a febbraio 2025 in custodia cautelare nel carcere maschile di Tarbes.

Louna è stata accusata di aver dato fuoco a un macchinario utilizzato per la costruzione dell’autostrada A69 tra Castres e Tolosa, un progetto tanto inutile quanto mortifero. È stata rilasciata dal carcere il 14 febbraio 2025, dopo quattro mesi di prigione preventiva. La settimana precedente aveva avuto luogo il suo interrogatorio con il giudice istruttore, durante il quale lx avvocatx di Louna avevano anche presentato una richiesta di rilascio, che è stata poi accettata.

Durante il colloquio con il giudice istruttore, Louna ha rivendicato la responsabilità dell’azione di cui è accusata. Ha detto: “Rivendico di aver tentato di danneggiare un’attrezzatura da costruzione. Tuttavia, non mi scuserò, perché lo considero un atto di legittima difesa dell’ambiente. Ricordiamo che negli anni ’40 lx combattentx della Resistenza erano etichettatx come terroristx: mi chiedo come saremo chiamati in futuro…”. Allo stesso tempo non ha risposto alle viscide richieste del giudice di collaborare alle indagini e fornire informazioni su altre persone.

Il caso non è tuttavia terminato. Louna non è più in carcere, ma è sottoposta a una stretta sorveglianza giudiziaria: ha l’obbligo di rientro notturno, deve presentarsi in caserma una volta alla settimana, le è vietato lasciare la provincia e soprattutto le è vietato avere contatti con le persone a lei vicine…

Seguiranno aggiornamenti sulle indagini in corso e sul futuro processo.

Sito di supporto per aggiornamenti e comunicati: https://soutienlouna.noblogs.org/

Contatti: soutien-louna@riseup.net

Raccolta fondi per le spese legali: https://www.helloasso.com/associations/alerte-planete/collectes/a69-solidarite-face-aux-proces

Un riassunto più dettagliato della vicenda

A metà ottobre 2024, 4 persone sono state arrestate in diverse parti della Francia, per strada in arresti mirati o a casa propria alle 6 del mattino. Ognunx di loro è statx portatx a Tolosa per essere tenutx in custodia di polizia per 94 ore, nell’ambito di un’indagine su una “associazione a delinquere” legata alla lotta contro l’A69. Al termine della custodia di polizia, Louna è stata l’unica persona a essere indagata ed è stata inviata in carcere in detenzione preventiva. È accusata di aver distrutto una scavatrice utilizzando una sostanza esplosiva e di associazione a delinquere con mezzi pericolosi.

Da allora è stata detenuta nel carcere maschile di Tarbes, nonostante sia una donna trans. E proprio perché è una donna trans, è stata messa in “isolamento”. In concreto, l’isolamento ha significato che il suo unico contatto sociale era con gli sbirri, e che poteva uscire dalla sua cella soltanto quando tutti gli altri detenuti erano nella loro. Questo ha reso estremamente difficile, se non impossibile, fare una passeggiata, fare una doccia o partecipare a qualsiasi attività. Ha subito transfobia a tutti i livelli del sistema giudiziario, dal costante misgendering alle invadenti domande di un giudice che le ha chiesto se voleva sottoporsi a un intervento chirurgico ai genitali e che si è stupito che non ci fosse un follow-up da parte di uno psichiatra per la sua transizione… Malgrado la transfobia e le condizioni di isolamento, Louna ha mantenuto alto il suo spirito durante la detenzione.

Il suo arresto si inserisce in un contesto di mesi di repressione estremamente brutale verso lx attivistx contro l’A69. Oltre alla presenza sproporzionata di sbirri, questa repressione si manifesta anche nel centinaio di processi attualmente in corso, nelle decine di espulsioni di attivistx ordinate dai tribunali, in poliziotti che buttano giù attivistx da 6 metri di altezza e nelle pene detentive già comminate ad altrx due attivistx.

Gli elementi dell’inchiesta

Nella notte tra il 4 e il 5 maggio 2024, un’attrezzatura edile è stata incendiata non lontano dal tracciato della A69. Secondo gli inquirenti, i filmati di videosorveglianza della scena mostravano due persone che davano fuoco a un escavatore e poi una di loro aveva un ritorno di fiamma. La sera stessa, una persona è stata ricoverata d’urgenza in uno degli ospedali più vicini al luogo dell’incendio, con ferite che potevano essere compatibili con l’incidente filmato. Si tratta di Louna, ricoverata in ospedale quella stessa notte.

Secondo i filmati delle telecamere a circuito chiuso dell’ospedale, sembra che tre persone la accompagnassero. Gli investigatori hanno individuato l’auto con cui Louna era arrivata in compagnia di queste tre persone e hanno preso il numero di targa e trovato quindi l’identità dellx proprietarix. Inoltre, Louna ha fornito il numero di telefono di unx parente su un modulo di emergenza, numero che i poliziotti sembrano aver associato a una delle persone che la accompagnavano. Gli agenti di polizia hanno anche sequestrato i suoi vestiti mentre era in ospedale e hanno prelevato del DNA da un paio di pantaloncini e da una mascherina anti-covid. Questo DNA è stato attribuito a una delle persone sospettate di aver accompagnato Louna in ospedale. Durante la visita, i poliziotti hanno anche scattato delle foto allx compagnx, di qualità migliore rispetto alle immagini di videosorveglianza perché scattate con uno smartphone. Questo probabilmente per tentare un riconoscimento facciale, ad esempio confrontandole con le foto dei loro archivi o con quelle dellx attivistx già notx contro l’A69.

Dopo due giorni di degenza, Louna ha deciso autonomamente di lasciare l’ospedale.

Sulla base di questi elementi, a metà ottobre sono state arrestate quattro persone: Louna, due persone sospettate di averla accompagnata e lx proprietarx dell’auto. Sono statx tenutx in custodia dalla polizia per 94 ore e interrogatx. Gli investigatori hanno anche approfittato del tempo trascorso in custodia per recuperare il DNA di Louna da una tazza che aveva usato, oltre ad averlo probabilmente già preso dai suoi vestiti in ospedale. Hanno dichiarato che lo stesso DNA era stato trovato su una mascherina anti-covid lasciata sulla scena dell’incendio. Di conseguenza, Louna è stata incriminata nell’ambito dell’indagine e le altre tre persone sono state rilasciate.

A metà novembre, gli investigatori hanno effettuato una nuova perquisizione e un nuovo arresto a casa di unx attivista, notx alla polizia per il suo attivismo nei circoli ecologisti della sua città, sempre alla ricerca di almeno una delle persone che avevano accompagnato Louna in ospedale. Anche lxi è statx rilasciatx senza ulteriori provvedimenti.

Tra le altre tecniche che la polizia ha detto di aver usato o che presumiamo abbia usato, ha messo sotto controllo le chiamate e i messaggi di testo non criptati di una o più delle persone sospettate, e avrebbe seguito i loro spostamenti tramite il controllo dei loro telefoni cellulari. Sembra inoltre che abbiano chiesto gli estratti conto bancari (anche dellx parenti dellx indagatx) e, dato che lo fanno quasi sistematicamente, possiamo immaginare che abbiano chiesto alle aziende telefoniche i metadati dei numeri che hanno attribuito a unx o più dellx indagatx. Infine, lx parenti di alcune delle persone sospettate sono statx convocatx per essere interrogati durante il fermo di polizia dellx congiuntx, nei casi in cui erano stati designati come parenti da avvisare da parte dellx sospettatx in custodia.

Un’altra indagine è stata aperta a metà dicembre, quando tre persone sono state trattenute in stato di fermo per 36 ore, e poi rilasciate senza ulteriori provvedimenti. L’indagine riguardava diversi incendi in cantieri edili dell’A69.

Concludiamo con alcune parole di Louna dal carcere:

“Per tutte le lettere di sostegno, grazie per la vostra forza <3 È confortante vedere tanto sostegno nelle mie mani. Come dice una delle lettere “i muri sono spessi, ma la solidarietà è potente!”. Tutti questi piccoli e grandi disegni, poesie, aneddoti, parole d’amore, di tenerezza, di rabbia, di abbracci, di ammiccamenti… Siamo qui! Un grazie speciale alle sorelle trans, noi ci conosciamo, forza!
Grazie per le serate di sostegno, le cene e tutto il resto.
Un pensiero a chi sta lottando qui e altrove, siamo insieme <3 Forza a chi sta costruendo, curando, resistendo <3 Amore e Rabbia
TranS RightS “

Il suo gruppo di supporto segnala alcuni materiali per continuarsi a formarci e ad aggiornarci sulle tecniche di polizia e sulle pratiche di difesa collettiva per preservarci dalla repressione (in francese):

Petit manuel de défense collective:
https://infokiosques.net/spip.php?article1788
Affaire « Lafarge » moyens d’enquêtes:
https://infokiosques.net/spip.php?article2042
Les chouettes hiboux face la répression:
https://infokiosques.net/spip.php?article1706
Sito No trace project:
https://www.notrace.how/fr/

ROMA: LEGAMI BESTIALI

Diffondiamo:

Questa iniziativa nasce dalla necessità condivisa di creare uno spazio di confronto sui legami tra individualitá oppresse da strutture egemoniche patriarcali e speciste.
Ciò che ci interessa è mettere in risalto come queste due forme di sopraffazione si intersecano e si manifestano.
Le ideologie di dominio che perpetuano l’emarginazione di animalə umanə attraverso razzismo, abilismo, colonialismo (..) non agiscono indipendentemente l’una dall’altra ma sono interrelate e sovrapposte.
Così come sono interconnesse anche quelle dellə animalə non umanə e di tutto il vivente. Patriarcato e specismo si rinforzano a vicenda, pongono l’uomo bianco etero cis abile al vertice della scala gerarchica dell’esistente. Per legittimare e mantenere la sua posizione di privilegio, attraverso dualismi inferiorizzanti ed escludenti, riduce il resto dei corpi a materia da recludere, sfruttare, estrarre e mercificare.

I comportamenti che disturbano l’ordine sociale  e/o deviano la norma eterosessuale vengono stigmatizzati come bestiali,  relegati alla dimensione animale con accezione negativa, quindi animalizzati.
In questa cornice anche il veganismo antispecista rappresenta una deviazione dalla norma e sotto questo aspetto si può considerare una pratica queer.  “Il rifiuto di mangiare carne non è solo un rifiuto del patriarcato, ma un fallimento e un’interruzione dell’eteronormatività.”

Ci prendiamo questo momento collettivo aperto nell’ottica di decostruire e ricostruire connessioni tre genere e specie.

PER UNA LIBERAZIONE TOTALE CONTRO GABBIE di OGNI GENERE

Ateneo occupato, 3 maggio 2025, via O. Fattiboni 1, Roma.

Link contributi utili:
https://drive.gattini.ninja/index.html#91506c6c3797,NIKA+1kHPFcoU0Q2F1GVXMprcqOcS6/2sf68/CUw+iU=

BOLOGNA: PRESIDIO AL CARCERE DELLA DOZZA [25 APRILE]

Diffondiamo:

Il 25 aprile è la festa della liberazione, giorno scelto per ricordare la resistenza, la lotta dei partigiani e delle partigiane che hanno scelto di imbracciare le armi contro il regime nazifascista. Ma come si può parlare di liberazione oggi?

Dall’inizio del 2025 la conta delle “morti di stato” non fa che aumentare, per le strade e nei luoghi di reclusione, mentre oltre 700 detenuti continuano a essere torturati quotidianamente nel regime 41 bis. Il Mediterraneo è un cimitero e dentro e fuori le frontiere della fortezza Europa si moltiplicano i lager dove deportare migranti. Ogni giorno in media tre persone vengono uccise sul lavoro mentre le città diventano gabbie smart a cielo aperto. Nei quartieri, sempre più escludenti e militarizzati, vengono istituite “zone rosse” da cui allontanare chiunque venga giudicato “sospetto”. Intanto, sotto i nostri occhi, a Gaza si sta consumando un genocidio e la guerra torna ad essere l’orizzonte storico terribile del nostro tempo. Ed ecco che con l’ultimo pacchetto sicurezza viene sancita la repressione sistematica di qualsiasi forma di dissenso, rendendo così il carcere l’orizzonte sempre più concreto per chiunque intenda mettere in discussione questo sistema di morte.

Oggi come ieri il carcere rappresenta uno dei pilastri della violenza statale volto a mantenere i rapporti di sfruttamento capitalista e razzista.
Oggi come ieri la guerra col suo portato di morte e distruzione viene presentata come la via d’uscita dalla crisi sistemica in atto per continuare a perpetuare lo sfruttamento capitalista su uomo e natura. E dunque, detto ciò, cosa c’è da festeggiare? Di quale liberazione stiamo parlando?

Il 25 aprile invitiamo tuttx sotto al carcere della Dozza affinchè la liberazione non sia solo una celebrazione.

Ci vediamo alle 15 in via Ferrarese davanti le sezioni femminili (in prossimitá del benzinaio).

Portiamo le nostre voci e la nostra solidarietà alle persone detenute, con la consapevolezza che non saremo mai davvero libere, finchè tuttx non saranno liberx (A)

BOLOGNA: UNA RADIO CONTRO IL CARCERE, PER CHI STA DENTRO E PER CHI STA FUORI

Diffondiamo:

Ricordiamo a tuttx la puntata di Mezz’ora D’aria in onda oggi 19 aprile alle 17.30 sulle frequenze di Radio città Fujiko (FM 103.1) o sul sito della radio.

In questa puntata aggiornamenti su cpr, deportazioni e Albania. Un contributo dal cpr di Trapani Milo. Una testimonianza su cpr e detenzione amministrativa. Info sui recenti attacchi in Francia e sulle rivolte dei giorni scorsi a Piacenza, invito al presidio del 25 aprile sotto al carcere della Dozza.

Finchè  tuttx non saranno liberx.

Ogni mese uno spazio a disposizione delle persone private della libertà a cui fare arrivare saluti, dediche ed esperienze ma anche un momento per condividere le lotte dentro e fuori.

Di seguito i riferimenti della radio, a cui potete far arrivare le vostre dediche, i vostri pensieri ed esperienze:
– contatto whatsapp e telegram per chi volesse mandare con un messaggio i propri saluti dentro: 3501550853.
– per chi volesse scriverci una mail: info@mezzoradaria.com
– Per chi invece volesse inviarci una lettera: Mezz’ora d’aria, presso Radio Città Fujiko, via Zanardi 369, 40131 Bologna.

Ricordiamo che Mezz’ora d’aria è in onda tutti i sabato pomeriggio alle 17:30 in FM 103.1

Qui si può trovare l’archivio delle puntate di questo appuntamento mensile.

SOLIDARIETÀ AI RECLUSI DI GRADISCA: DI NUOVO SOTTO QUELLE MURA!

Diffondiamo un resoconto e qualche notizia dal presidio sotto il lager CPR di Gradisca d’Isonzo:

Siamo tornate/i domenica 13 aprile sotto il Cpr di Gradisca come sempre per cercare di portare la nostra solidarietà e vicinanza a chi è rinchiuso lì dentro, cercando di rompere la barriera d’omertà che circonda questo Cpr, come tutti gli altri. “Scriveteci, condividete video e testimonianze di quello che succede, fateci sapere come state e come vi trattano, noi faremo uscire di lì la vostra voce” la frase ripetuta al microfono innumerevoli volte, alternandosi al grido di “Libertà”, musica ed interventi di denuncia di cosa sta succedendo negli altri Cpr italiani e in quello di Gradisca.

Negli ultimi mesi dal Cpr goriziano sono uscite numerose testimonianze di rivolte, di fughe riuscite e di tentativi purtroppo non andati a buon fine, e immancabili ogni volta resoconti della violenza repressiva delle guardie e dell’ente gestore – la cooperativa Ekene – incluse le ultime di lancio di gas lacrimogeni direttamente dentro le celle, pestaggi, mancato soccorso per ore e ore di prigioneri feriti e neanche 40 minuti prima dell’inizio del presidio di domenica, l’ennesimo ingresso della celere nelle gabbie.

Domenica il presidio è riuscito ad avvicinarsi molto più del solito al muro e si sono sentite più chiare le urla dei prigionieri in risposta alle nostre parole. Il grido “libertà” è stato spesso lanciato insieme e da dentro molte parole in risposta, purtroppo solo in parte comprensibili: “…mettono le medicine nel cibo…” “… abbattere i muri…” “…siamo persone…”.

Sembra un fatto oramai dato per scontato, ma per chi si trova là dentro, lottare in ogni forma vuol dire subire ancora più abusi fisici e psicologici, per loro è rischioso anche solo urlare di rabbia e chiedere libertà, il tentativo di costruire una lotta comune tra dentro e fuori è quindi un gesto potenzialmente denso di significato e forza.

L’intento della controparte è sempre quello di spezzare i legami di solidarietà tra dentro e fuori, adattando i suoi strumenti a seconda che siano diretti verso chi è rinchiuso o verso chi soldarizza, supporta e sostiene da fuori la lotta dei prigionieri. Questo intento non sta riuscendo ma, per quel che ci riguarda, ci teniamo a sottolineare l’importanza di essere presenti sotto quelle mura, più spesso e più in forze.

 

A conclusione del presidio non ci sentivamo più, probabilmente i prigionieri erano stati spostati in celle più lontane dal muro. Ce ne siamo andate/i come sempre con quel po’ di angoscia che gli sbirri stessero aspettando la nostra partenza per essere violenti dentro. Gioia e amarezza quindi quando in serata e ancora questa mattina, arrivano da dentro video e notizie di fuochi, piccoli e grandi, accesi negli ultimi giorni, soprattutto nelle ore notturne e anche nella giornata di ieri, in risposta al presidio. Amarezza perchè sono sempre accompagnati dalla celere che entra nelle gabbie con violenza, per piegare le proteste dei detenuti. Pare sia successo anche negli ultimi giorni, con un intervento muscolare, scudi e manganelli per sedare le proteste di una persona.

L’ex-ddl “sicurezza” è ora legge e si può quindi prevedere cosa questo comporterà all’interno di tutte le galere ma, è lecito pensare, ancor di più nei campi per le deportazioni dove, come per le carceri del circuito penale, è stato introdotto ex-novo il “reato di rivolta” specificamente volto a reprimere ogni episodio di protesta interna o tentativo di evasione e punire con anni di carcere anche le forme di resistenza passiva agli ordini impartiti. Se la “sospensione dell’applicazione delle normali regole di trattamento delle persone detenute” è, per il momento, ancora l’ultima spiaggia a disposizione delle guardie all’interno delle carceri, essa è invece la normalità quotidiana dei prigionieri nei Cpr.

Essi ci mostrano invece come gli inasprimenti penali non riescano a fiaccare la loro lotta per abbattere le gabbie in cui sono rinchiusi, incrinando il sistema detentivo ed espulsivo e l’immagine che li vorrebbe solo passive esistenze “in eccesso”, corpi-merce di scambio, fantasmi buoni solo alla propaganda securitar-razzista di ogni schieramento, anche di quello che il Cpr li ha pensati e aperti e ora vorrebbe far credere di volerli chiudere, o magari solo qualcuno, o solo quello sotto casa.

La macchina del dominio invisibilizza e abusa, insabbiando persino le morti. Sta a noi non lasciarli liberi di fare, smascherandoli per quello che sono: torturatori e assassini.

Ci rivediamo presto a Gradisca, nelle piazze e nelle strade per ripetere che i CPR vanno chiusi, col fuoco, con le rivolte da dentro e da fuori.

https://nofrontierefvg.noblogs.org/

FORLÌ: BICICLETTATA PER LA PALESTINA

Riceviamo e diffondiamo

Venerdì 18 aprile 2025 (in caso di pioggia, rimandata al 23 aprile)

Alle ore 18.00 ci troviamo davanti al McDonald’s di viale Bologna 74 (Forlì). Mc Donald’s, oltre ad essere l’emblema della multinazionale che distrugge il pianeta e sfrutta lx lavoratrcx, è anche un fiero alleato dell’esercito coloniale israeliano. La campagna mondiale di boicottaggio contro McDonald’s è iniziata quando il franchise israeliano di McDonald’s ha regalato pasti e bevande al personale militare israeliano mentre commetteva il genocidio contro i palestinesi a Gaza, promuovendo questa forma di complicità provocatoria e razzista sui propri canali di social media. Non possiamo lasciar passare questa cosa. Boicottiamo McDonald’s perché cessi la collaborazione con il suo affiliato israeliano, contro l’apartheid e il genocidio commesso contro la popolazione palestinese.

Ci troviamo davanti a questo simbolo di sfruttamento (umano e animale) per poi muoverci caoticx nella città: porta la bici e cartelli, fischietti, quello che vuoi!

NON BLOCCHIAMO IL TRAFFICO, SIAMO IL TRAFFICO!

– ANARCHICX E LIBERTARX –

NUOVA PUBBLICAZIONE: “NON SIAMO STATI NOI AD ASSASSINARE PUIG ANTICH” DEI GRUPPI AUTONOMI RIVOLUZIONARI INTERNAZIONALISTI

Riceviamo e diffondiamo

Gruppi Autonomi Rivoluzionari Internazionalisti
NON SIAMO STATI NOI AD ASSASSINARE PUIG ANTICH

Titolo originale: NO FUIMOS NOSOTROS QUIENES ASESINAMOS A PUIG ANTICH
(Grupos Autónomos Revolucionarios Internacionalistas)
Prometeo Ediciones, primavera 2024.

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Per tradurre un libro editato in una lingua diversa occorrono energie e tempo, è necessario quindi dare un senso perchè questa energia e questo tempo non siano sprecati.
Le parole danno un significato all’agire (anche se spesso l’azione si spiega da sola) che è essenziale per costruire la propria forma di e nel mondo. Le parole da sole non sono sufficienti per comprovare la pratica dell’utopia.
Le parole ci aiutano però a non dimenticare, a far conoscere la nostra storia, la storia dei vinti quando a scrivere la Storia sono i vincitori, la storia delle e degli audaci, di coloro i/le quali azzardano e arrischiano, che lanciano il cuore oltre l’ostacolo. Perché come è apparso sulle colonne de «l’anarchie»: La vita, tutta la vita, è nel presente. Aspettare è perderla.
In queste pagine parleranno i GARI e i prigionieri accusati di far parte dei GARI, come sempre nelle nostre pubblicazioni abbiamo voluto dare risalto alla testimonianza diretta per non travalicare l’esperienza soggettiva del percorso individuale di chi ha voluto intraprendere la propria rivolta contro il Sistema; da qui lo sciopero della fame di quarantatré giorni visto con gli occhi di chi lo ha intrapreso, benché contrario a tale pratica,  come unica possibilità per sottrarsi alle continue umiliazioni ci ha riportato alla mente la vicenda di Alfredo Cospito e dei suoi centoottanta due giorni  di sciopero della fame. Ci ha ricordato che dobbiamo avere fiducia nella capacità di auto-critica di chi lo inizia, come hanno ludicamente dimostrato i compagni dei GARI nella Lettera da Fresnes.
Inoltre ci sembra interessante affrontare la questione del terrorismo, questo mostro spaventoso che solo al sentirlo nominare ci azzittisce atterrite dalla paura dei nostri pensieri. In questo testo troverete una visione differente da quella che apparirà nei libri della Collana La vita non attende di prossima uscita, tratti da Programma della fazione terroristica di Narodnaja Volja e da La lotta terroristica (Morozov 1880).
Come anarchiche non abbiamo risposte certe ma solo una selva di punti interrogativi. Ognuna cercherà le proprie risposte e speriamo che nel farlo la terra ci tremi sotto i piedi.

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Dal prologo di Francisco Solar
Carcere di La Gonzalina – Rancagua
Gennaio 2024

Se stiamo parlando di espressioni di solidarietà rivoluzionaria, solidarietà incentrata sulla liberazione dei compagni imprigionati, è impossibile non citare l’interessante e particolare attività dei Gruppi di Azione Rivoluzionaria Internazionalista (GARI).
Costituito appositamente per sostenere e solidarizzare con i prigionieri del Movimento di Liberazione Iberico (MIL), ha realizzato molte azioni su larga scala per far conoscere e denunciare il brutale trattamento riservato dalla dittatura franchista a questi combattenti imprigionati, che comprendeva anche la pena di morte, come nel caso di Salvador Puig Antich.
Pertanto, l’esperienza di GARI è inseparabile da quella del MIL, dove molti dei suoi membri entrarono a far parte del primo, dando continuità ad approcci e pratiche basati sulla lotta. Così, il modo in cui i membri incarcerati del MIL hanno inteso la solidarietà con i compagni incarcerati, che si riflette in: “[…] l’intensificazione della lotta per distruggere il sistema che genera la repressione è il modo migliore per sviluppare la solidarietà dei rivoluzionari con i prigionieri” , è diventato parte costitutiva delle idee che hanno dato contenuto alle azioni del GARI. Tuttavia, mentre continuare a colpire il potere sarebbe stata la forma più appropriata di solidarietà, che indubbiamente caratterizzava questo gruppo internazionalista, tutta la loro attività ruotava intorno ai prigionieri del MIL. Tutte le loro azioni erano in diretta relazione con la realizzazione di una solidarietà rivoluzionaria che irrompesse con forza sulla scena sociale europea e diffondesse in questo modo la situazione dei compagni imprigionati e la brutalità esercitata dagli ultimi anni del regime di Franco. L’obiettivo era chiaro: evitare le condanne a morte di diversi prigionieri e ottenere la liberazione dei militanti del MIL.
La vita dei GARI fu breve ma di notevole intensità. Scossero la tranquilla normalità di Paesi come l’Olanda, il Belgio e la Francia con ordigni esplosivi, mirando fondamentalmente agli interessi spagnoli. La maggior parte delle loro azioni ottenne, per la loro ampiezza e particolarità, una grande copertura mediatica che, in parte, permise di far conoscere la realtà affrontata dax  prigionierx rivoluzionarx e di generare, in una certa misura, sostegno alla campagna internazionale per la loro liberazione.
L’assassinio di Stato di Salvador Puig Antich da parte della vile garrota segnò un prima e un dopo per l’ampio movimento antifranchista e, in particolare, per l’attività del GARI, con l’entrata in gioco di un fattore decisivo: la vendetta.
L’esecuzione del compagno, lungi dal provocare l’immobilismo dei membri del GARI, costituì una chiara chiamata all’azione che completò e intensificò la lotta per la liberazione dei membri del MIL. La rabbia e l’impotenza si trasformarono rapidamente in attacchi energici contro gli interessi spagnoli, dando un segnale di risposta immediata all’aggressione ricevuta.
Le azioni incorniciate dalla vendetta di Puig Antich riflettono, da un lato, la reazione quasi istintiva dei compagni, che decidono di contrattaccare, e dall’altro la capacità di portare a termine attacchi potenti e immediati, dando un chiaro segno di forza.
Rispondere, vendicare, ripagare ogni aggressione da parte del Potere significa affrontare la guerra in prima persona, significa farsi carico della complessità del conflitto e significa anche saper prendere la parola, capire che non si è spettatori e che le situazioni non sono inavvicinabili.
Sono state queste idee a dare contenuto alle azioni vendicative del 2019 a Santiago [Cile] per le quali sono stato condannato e per le quali sono stato rinchiuso per diversi decenni. Nonostante siano passati vent’anni, il vile assassinio della compagna Claudia López è stato vendicato con una potente esplosione che ha scosso la stazione di polizia dei Carabineros, utilizzata come centro di pianificazione e protezione quella notte del settembre 1998, ferendo diversi poliziotti. Così come gli assassinii e le ondate repressive protette e promosse dall’ex ministro degli Interni Rodrigo Hinzpeter hanno avuto una risposta che ancora oggi tiene in allerta i rappresentanti del potere.
La vendetta, quindi, si inscrive all’interno delle pratiche politiche offensive, dando loro senso e contenuto, costituendo un motore che spinge l’azione vendicativa. Strettamente legata alla memoria, ha la capacità di trovare il momento giusto per entrare in scena, a volte immediatamente, a volte nel corso degli anni. L’importante, ovviamente, è che diventi presente.
In questo senso, la vendetta, oltre al fatto concreto che rappresenta, contiene una dimensione simbolica rilevante nella misura in cui dà conto di un universo di codici condivisi che danno coesione, rafforzano e danno continuità a un determinato gruppo. Non lasciare impunito l’omicidio dex compagnx, praticare la solidarietà rivoluzionaria con x nostrx prigionierx, fanno parte di quell’impalcatura storica che ci permette di continuare a stare in piedi e di non vivere esclusivamente nei libri di storia come molti vorrebbero.
La comprensione della lotta in questo modo spazza via ogni forma di delega che mette nelle mani di terzi la speranza di prendere in mano la situazione.
I GARI non si sono costituiti per ordine di alcun partito o sindacato, né per direttive o mandati di alcun tipo. Ciascuno dei suoi membri, molti dei quali provenienti dal MIL, decise liberamente di dare vita a questo gruppo con lo scopo di sostenere attivamente x proprix compagnx di prigionia. Pertanto, fin dalla sua genesi, l’autonomia è stata un fattore fondamentale che ha determinato ogni loro decisione, che ha dato loro il dinamismo e la flessibilità che ha permesso di adattare le loro pratiche a situazioni e contesti specifici.
Sono stati, in misura maggiore o minore, la continuazione dei MIL, portando avanti l’“intensificazione della lotta per distruggere il Sistema che genera la repressione”, come modo più appropriato e coerente di praticare la solidarietà con x rivoluzionarx imprigionatx, un approccio sviluppato dai MIL, adottato dai GARI e, successivamente, anche da Action Directe.
Questa posizione rompe radicalmente con il vittimismo che generalmente caratterizza la solidarietà con x detenutx, anche quelli che si dichiarano attivx e militantx, ed è per questo che è fondamentale conoscerla e tenerla in considerazione oggi, dove le pratiche assistenziali sono sempre più ricorrenti, dimenticando o tralasciando il fatto e le motivazioni che hanno portato x nostrx compagnx in carcere.

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SOMMARIO

Comunicati
SUL SEQUESTRO DI ANGEL SUAREZ[I]
SUL SEQUESTRO DI ANGEL SUAREZ [II]
SUL SEQUESTRO DI ANGEL SUAREZ [III]
SUL SEQUESTRO DI ANGEL SUAREZ [IV]
COMUNICATO STAMPA INVIATO A «LIBERATION»
PER QUANTO RIGUARDA GLI ARRESTI    “IL CASO SUAREZ”.
ALCUNE PRECISAZIONI POLITICHE SU QUELLO CHE NON È UN FATTO DI INTERESSE GIORNALISTICO
LA SOLIDARIETÀ IN AZIONE.
TELEGRAMMA ALLE AUTORITÀ SPAGNOLE
18 LUGLIO DEL 1974
MI CHIAMO MARIA, ABITO A LOURDES E QUESTA NOTTE ASPETTAVO CHE MI PORTASSERO IN CIELO
LETTERA APERTA A «LA DE PECHE DU MIDI»
ULTIMO COMUNICATO STAMPA
IL NOSTRO E’ TERRORISMO?
AUTODISSOLUZIONE DEI GARI
ELENCO DEI SOGGETTI INCRIMINATI (O IN FUGA)

Testi dei gruppi che parteciparono ai gari
DICHIARAZIONI
A «LIBERATION»
DOBBIAMO ULULARE CON I LUPI
IL SEQUESTRO DEL PRINCIPE DELLE ASTURIE
A COSA VI RIFERITE QUANDO PARLATE DI VIOLENZA GRATUITA?
6 GENNAIO DEL 1975
22 APRILE 1976
23 APRILE 1976
TESTO DI UN GRUPPO CHE PARTECIPO’ AI GARI
LETTERE DALLA PRIGIONE
LETTERA DAL CARCERE DE LA SANTE’
NON SIAMO STATI NOI AD ASSASSINARE PUIG ANTICH
SECONDA LETTERA DALLA PRIGIONE DEGLI ACCUSATI DEL GARI
LETTERE DEI PRIGIONIERI DEI GARI DAL CARCERE SULLO SCIOPERO DELLA FAME
LETTERA DA FRESNES
LETTERA DALLA PRIGIONE DI SAINT-MICHEL
LETTERA DEI PRIGIONIERI PER UN NUOVO SCIOPERO DELLA FAME
LETTERA A UN GIUDICE APOLITICO E INDIPENDENTE
LETTERA DEI PREGIONIERI POLITICI DI LA SANTE’

Appndice
IL M.I.L. E LA RESISTENZA ARMATA IN SPAGNA
COMUNICATO PER GLI ARRESTI DOPO IL RILASCIO Dl SUAREZ. – N. 1
COMUNICATO PER GLI ARRESTI DOPO IL RILASCIO Dl SUAREZ. – N. 2
GRUPPI D’AZIONE RIVOLUZIONARIA INTERNAZIONALISTA COMUNICATO STAMPA DEI GRUPPI AUTONOMI INVIATO A «LIBERATION»
DOCUMENTI RELATIVI ALL’ARRESTO Dl COMPAGNI DEL GARI

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pagine 124
formato 12×16,5 cm
1 copia 6 euro
dalle 4 copie 5 euro
spese di spedizione 1,50 euro piego di libri
pacco tracciabile 5 euro
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“E sarà terribile la Federazione del Dolore”

CATANIA: SALUTO AL CARCERE DI BICOCCA

Riceviamo e diffondiamo

CU’ CICCÀTI? (A CHI CERCATE?)

CATANIA, 13 aprile – SALUTO AL CARCERE DI BICOCCA.

Domenica sera il silenzio assordante che circonda l’Istituto penitenziaro Bicocca di Catania è stato rotto dalle grida dellx solidali che a gran voce hanno urlato solidarietà e vicinanza alle reclusx.

Si è poi saputo che in mattinata tre ragazzi a Palermo erano riusciti ad evadere dall’Istituto minorile, il Malaspina. Uno dei tre che è stato ricatturato, rimesso in cella ha provato a dargli fuoco, si è rivoltato contro i guardiani e inferto tagli su sé stesso.

Non sappiamo altro che questo: che tentare di evadere, distruggere la propria cella, ferirsi sono gesti per provare a difendersi la vita mentre ci si ritrova sepoltx in una condizione inumana.
Una condizione in cui, da quando il Decreto Caivano è in vigore, ci stanno finendo sempre più giovanx. E col dl sicurezza questa cosa aumenterà.

I giornali poi dicono che sono stranieri. I minori stranieri in carcere ci finiscono molto più facilmente, anche e soprattutto come sola custodia cautelare. Nelle carceri siciliane vivono condizioni particolari di inferno, anche per il razzismo dei guardiani.

Il Malaspina, sta dentro la città. Il minorile di Catania, quello con più posti della regione, sta invece in periferia, nella zona industriale, in mezzo al nulla. E’ all’interno del complesso penitenziario del Bicocca.

Il carcere di Bicocca è di quelli che isolano del tutto lx detenutx. Un posto poco raggiungibile, sovraffollato (185 detenutx su 136 posti disponibili in regime di AS3) ed un solo muro di cinta divide la struttura per adulti in massima sicurezza da quella per minori. Dentro quelle mura esterne, si trovano così, separati ma assieme, anime che condividono, sotto regimi diversi, la stessa tortura, quella dello stato. E su cui lo stato vorrebbe marcare a sangue lo stesso perenne presente come destino, senza possibilità di uscita. Il dl sicurezza con il reato di rivolta e l’introduzione delle “condotte di resistenza passiva” lo mostra chiaramente.

Il numero degli agenti della penitenziaria supera quelli previsti, chiaro segnale che quei luoghi vengono tenuti in piedi dalla repressione che stato e guardie riversano sullx detenutx.

Lx reclusx, al nostro arrivo, hanno fatto delle battiture, sventolato le fiammelle degli accendini, urlato dei cori, provato ad interagire con lx solidalx.

“A cu’ ciccàti?”> – sono le parole che unx ha urlato dalla finestra. Significa “chi cercate?”. Si stava preoccupando di capire chi in caso andare a chiamare, pensando che i nostri cori fossero rivolti solo a quel qualcunx.

Ci piacerebbe abbracciarlx, per ringraziarlx della solidarietà e dell’umanità del suo gesto, per dirgli che non eravamo lì per qualcunx, ma per ognunx di loro, eravamo lì per lxi, per tuttx.

Ci siamo lasciatx con dellx compagnx che urlavano “torneremo”, siamo sicurx che sarà così.

Anche per questo ci vediamo il 15/04 a Piazza Castello: per immaginare e costruire solidarietà per tuttx lx reclusx, dalle carceri ai CPR!

MORTE ALLO STATO
MORTE ALLO STATO DI POLIZIA
MORTE ALLO STATO DI GUERRA

CPR BARI PALESE: “TRASFERIMENTI” E RIVOLTE

Diffondiamo

Ieri Sabato 12 Aprile alle 20.00 circa, un “trasferimento” di 7/8 persone ha scatenato la reazione dei reclusi e di chi stava venendo “trasferito”. Quest’ultimi hanno cercato di resistere, facendo scoppiare una rivolta (non sappiamo l’entità, ma chi ci ha raccontato parla di “tanta polizia”) e qualcuno è anche salito sui tetti, il tutto sedato dopo un ora abbondante dalle guardie maledette.

Chi ci ha raccontato quanto successo parla di trasferimenti verso l’Albania, anche se sappiamo dai media che questi trasferimenti sono avvenuti venerdì con poca trasparenza e con i giornali che riportavano ognunx ciò che voleva. Abbiamo provato a far uscire sui giornali locali la notizia, abbiamo provato a far uscire i soprusi e la violenza fuori dalle mura del Cpr e oltre Viale Europa nel modo più democratico possibile (e di questo ce ne vergognamo) attraverso l’informazione.

Ma sappiamo benissimo che certi temi non vendono quanto altri o peggio ancora certi temi è meglio non toccarli, e quindi tra chi doveva chiedere in redazione e chi aveva la programmazione piena non una parola è stata pubblicata stamattina su ciò che è successo ieri, nessunx giornalista curioso si è spinto oltre ciò che gli è arrivato all’orecchio d’altronde i Cpr sui giornali Baresi ci finiscono solo se una bomba carta sfonda la porta del municipio. E allora speriamo che qualcunx avverti così la stampa della prossima rivolta.

Fuoco ai Cpr
Digos infame, giornalista peggio