TAZ/GIORNATA BENEFIT PER LX INGUAIATX – CONTRO OGNI SGOMBERO E REPRESSIONE

Diffondiamo:

Sabato 13-12 abbiamo deciso di attraversare le strade e le piazze della città per costruire un momento che spezzi l’onda di repressione degli ultimi mesi. Vediamoci per aggiornarci sulle ultime operazioni e per scambiarci pratiche di resistenza e lotta alla repressione. Per ricordarci che la violenza è perpetuata dallo stato, ogni giorno, nelle carceri, nei cpr, negli ospedali, a largo delle nostre coste. Terrorista è lo stato che abbandona, isola, poi incolpa e annienta, chi in questa società non sfrutta e alimenta il capitale. Devastatore è lo stato che sfratta chi non ha scelta, spietatamente, che permette che la nostra terra sia devastata per l’interesse di pochi. Vogliamo continuare ad attraversare la città vetrina che ci stanno costruendo attorno, sempre più sterile e mai realmente pensata e creata secondo i bisogni della gente, stringendoci e ricordandoci che ogni galera uccide, ma il nostro amore per la libertà è un grido più rumoroso. Vediamoci per continuare a parlare non solo dellx compagnx detenutx a noi vicinx, ma anche di Alfredo al 41bis da 3 anni, Maya a Budapest, allx reclusx nei cpr.

Galere e cpr non ne vogliamo più.
Tuttx liberx. Ale, andre, luigi, bak e guido liberx.⛓️‍💥🔥


📌start 11: SPORT: calcio,freesbee, basket, pallavolo, briscola, scopa.. porta ciò a cui vuoi giocare

📌FREE SPOT GRAFITI: porta le spray al resto ci pensiamo noi

📌PRANZO SOLIDALE -AGGIORNAMENTI E CHIACCHERE ANTI REPRESSIONE

📌CARTOLINE E LETTERE SOLIDALI

📌RAP E MUSICHETTE: live rap e open mic. djsets tekno e free sets, porta la tua chiavetta.

BOLOGNA: PROIEZIONE DEL DOCUMENTARIO “COLPEVOLI DI PALESTINA” E CENA BENEFIT SPESE LEGALI

Diffondiamo

Lunedì 15 dicembre ore 19
Al Tribolo, via Donato Creti 69/2

Proiezione del documentario “Colpevoli di Palestina”, a seguire discussione e dibattito

E poi cena vegan benefit per le spese legali di Anan, Ali e Mansrour


Il 24 gennaio 2024 le autorità israeliane chiedono al ministero della giustizia italiano l’arresto cautelare del cittadino palestinese Anan Yaeesh, accusato di partecipazione ad organizzazione terroristica e atti di terrorismo.

Due giorni dopo Anan viene arrestato e tradotto nel carcere di Terni, contestualmente viene avviato un procedimento per estradarlo.

La Corte d’Appello de L’Aquila nel marzo 2024 respinge la richiesta di estradizione, riconoscendo come concreto il rischio di tortura nelle carceri israeliane e il fatto che Anan – in quanto palestinese – sarebbe stato processato da un tribunale militare.

Nonostante ciò, la Direzione Nazionale Antimafia e Antiterrorismo – già protagonista di numerose inchieste contro compagnx anarchicx e di pareri sull’applicazione di quel regime di tortura che è il 41bis – coordina un’indagine per “associazione con finalità di terrorismo internazionale”(art. 270-bis c.p.). Questa porta all’arresto di Anan e di altri due suoi compagni palestinesi: Ali e Mansour.

Ad Agosto 2024 Ali e Mansour vengono scarcerati per mancanza di prove, mentre Anan si trova tutt’ora, dopo un trasferimento, in carcere a Melfi.

Un paio di settimane fa il pubblico ministero in sede processuale richiede dodici anni di reclusione per Anan Yaeesh, nove per Ali Irar e sette per Mansour Dogmosh.

La complicità dello stato italiano nel genocidio palestinese è oramai sempre più evidente: aziende italiane si prodigano nella produzione di armamenti in favore dello stato israeliano e della sua opera di sterminio; università stringono accordi con istituzioni accademiche sioniste con l’obiettivo di mettere in comune tecnologie e ricerca, affinare strumenti repressivi e ideare dispositivi di controllo e di distruzione; giudici e procuratori si spendono in operazioni e processi che sanciscono il filo rosso che collega e nutre gli interessi del governo italiano e israeliano.

Sul fronte esterno conflitti e guerre per il controllo di territoritori strategici e fonti di energia si abbattono sanguinosamente sulle vite di migliaia e migliaia di oppressx, mentre sul fronte interno organi repressivi e detentivi profilano, individuano e schiacciano chi prova ad opporsi a tutto ciò.

Nonostante tutto la solidarietà continua a essere il motore che lega, attraverso pratiche molteplici, chi si ribella e resiste in strada, nelle carceri e dentro i cpr, continuando ad alimentare e portare il conflitto nella parte giusta della barricata, contro lo Stato e i suoi aguzzini.

SOLIDALI CON CHI LOTTA E SI RIBELLA 

CONTRO TUTTE LE GALERE E LE OPPRESSIONI 

SOLIDALI CON ANAN, ALI E MANSOUR

MESSINA: DUE GIORNI A FIANCO DELLX IMPUTATX DEL CARNEVALE NO PONTE ED OPERAZIONE IPOGEO

Diffondiamo:

16/12 ORE 16:30: Piazza Casa Pia, chiacchiere ed aggiornamenti/ Vinbrulè benefit

17/12 ORE 9.00: Presenza solidale al tribunale di Messina


Mercoledì 17 si terrà la prima udienza del processo contro il Carnevale No Ponte per il quale Andre, Gui e Bak sono statx rinchiusx in carcere e poi agli arresti domiciliari come misura cautelare. L’operazione repressiva orchestrata dalla procura di Messina e sostenuta dalla stampa – se non anche da certi altri sinistri personaggi – puntava a sostenere la narrazione dex violentx venutx da fuori e dellx infiltratx per far passare l’idea che ci sia un’unica via per opporsi alla costruzione di quell’opera devastatrice che è il ponte sullo Stretto.

Una via pacificata, come vuole lo Stato, che ci preferirebbe ciechi davanti alle violenze – da quelle che avvengono qui in Sicilia a quelle genocidiarie in Palestina.

E invece non staremo a osservare passivamente un genocidio in diretta televisiva, né tantomeno le infrastrutture che lo rendono possibile: opere di importanza strategico-militare, porti destinati al transito di guerra, fabbriche d’armi, poliziotti attrezzati come dei soldati, basi militari. Un elenco interminabile di soprusi.

Per garantirsi la legittimità di portare avanti la guerra esterna l’Italia, come tutti i paesi del blocco NATO, pratica una repressione interna fatta di sbirri e galera per chiunque si opponga a queste tecnologie di morte. Così in Inghilterra Palestine Action viene dichiarata organizzazione terroristica e alcunx dellx suox membrx rinchiusx in galera per terrorismo, dopo aver preso di mira le fabbriche di armi di Elbit e Leonardo.

In Italia, Anan, Alì e Mansour rischiano condanne rispettivamente a  12, 9 e 7 anni di reclusione per il crimine, denunciato dallo stato assassino di Israele, di aver collaborato all’organizzazione di un attacco a una colonia israeliana in Cisgiordania. Anan ha dichiarato ai giudici italiani che se il suo reato è aver supportato la resistenza palestinese, ossia aver fatto la cosa giusta, davvero non sente di doversi difendere da questa accusa.

L’Imam di Torino è invece rinchiuso nel CPR di Caltanissetta per aver partecipato a diversi cortei e per aver detto, in riferimento al 7 ottobre 2023, che lx oppressx possono difendersi come meglio credono.

Qui da noi, 23 carceri e 2 CPR evocano e mettono in atto quotidianamente la violenza di questa guerra interna contro chi non rientra disciplinatamente nei ranghi.

In risposta al Decreto Sicurezza, che sancisce sotto forma di legge lo stato di guerra interna in cui ci troviamo, un corteo determinato e rabbioso sfilava a maggio di quest’anno per le vie di Catania.

Davanti al carcere di piazza Lanza è esploso, costringendo la sbirraglia alla difensiva e alla fuga.

Anche stavolta la risposta repressiva non si è fatta attendere: una valanga di denunce, perquisizioni in diverse case tra Catania, Palermo, Messina, Siracusa e Bari. Tre compagnx, Luigi, Bak e Ale, sono in carcere con vari capi d’accusa, tra cui devastazione e saccheggio e rapina. Anche in questo caso, la retorica di questura e stampa è stata quella dei buoni e dei cattivi: chi mette in campo pratiche che eccedono il recinto della legalità è da considerare come un infiltratx e dunque da isolare.

Di fronte a tutto ciò, non c’è da cedere alla paura e cadere nella trappola dell’isolamento. Lo sciopero della fame dei Prisoners for Palestine nelle carceri britanniche trova eco anche in Italia, con la solidarietà di Stecco. La resistenza giornaliera nelle città e nelle campagne delle persone razializzate,di chi viene privato della propria casa, di chi si rivolta nelle carceri e nei CPR, l’insubordinazione contro le zone rosse, fino alle giornate di sciopero di fine settembre e inizio ottobre in cui con grande determinazione sono state bloccate merci, tangenziali, magazzini, stazioni, porti in solidarietà con il popolo Palestinese: tutto questo ci indica di seguire la nostra rabbia.

Se per lo Stato la rivolta contro questo schifo di mondo è violenza, allora ben venga la violenza. Una violenza che si opponga alla ferocia della macchina repressiva che tutela il capitale e i suoi interessi.

Col cuore strettx allx compagnx in carcere, e il desiderio di riempire le piazze e non lasciarlx solx.

Che lo sperpero del proferire non sia pretesto al tacere.
Che la rapina del significare non sia la tomba di ogni giudizio

ALE ANDRE BAK GUI LUIGI LIBERX SUBITO!!!
LIBERX TUTTX!!

CON LA PALESTINA NEL CUORE
NO AL PONTE SULLO STRETTO


Scarica, Stampa, Diffondi!!

PRESIDIO IN SOLIDARIETÁ AI RECLUSI NEL CPR DI GRADISCA

Diffondiamo: 

Presidio sotto al CPR
Sabato 13 dicembre 2025, ore 17:00

L’ordinaria quotidianità del lager etnico di Gradisca continua a torturare, giorno dopo giorno, con le ormai note complicità delle istituzioni locali, dall’ente gestore Ekene (fresca di rinnovo dell’appalto, lo scorso giugno), all’azienda sanitaria locale – ASUGI – alla questura, alla prefettura, fino a  tutto quell’insieme di piccole e grandi aziende complici che ne permettono l’esistenza e la continuità del funzionamento.

Le testimonianze dall’interno rendono costantemente evidente la funzione dei CPR e le note brutali condizioni della detenzione amministrativa: sequestrare, recludere e torturare le persone senza documenti “rintracciate” sul territorio del nord Italia a partire dalle carceri, dai quartieri, dalle frontiere, ma anche dalle questure, dove molti vengono prima invitati per mezzo di vomitevoli inganni per essere poi trasferiti nei CPR.

I campi per senza-documenti sono i luoghi dove più si esercitano le politiche securitarie e repressive dello stato, per imporre la gerarchia della cittadinanza e il sistema razziale/coloniale dello sfruttamento. Espulsione, detenzione amministrativa e deportazione – i cui effetti devastanti sulle vite dei prigionieri si mostrano in tutta la loro durezza a Gradisca come in tutti gli altri CPR – sono gli apici della quotidiana violenza sulle persone razzializzate, possibili in virtù del sistema delle frontiere e della dominazione coloniale nelle terre “non bianche” del mondo.

È in virtù di queste gerarchie che ad alcune persone è riservato un destino di miseria e dominazione che, in alcuni casi, si conclude con la reclusione e la deportazione. Se solidarizziamo con la resistenza popolare alle retate di massa dell’ICE negli USA di Trump, abbiamo la stessa responsabilità anche dalle nostre parti, dove in forme non dissimili si compiono le stesse retate, le stesse deportazioni, la stessa violenza razzista.

Negli USA, come in Italia e in tutto l’Occidente, l’ordine economico del capitale  e gli apparati dello stato al suo servizio vogliono una popolazione migrante impaurita, ricattata, sottomessa, in modo da poterla sfruttare al meglio per la generazione di profitto a più livelli, utilizzarla come campo di sperimentazione di nuove tecnologie e pratiche di controllo e repressione – un domani eventualmente estendibili a tutti i potenziali nemici interni – e poterla gestire o eliminare qualora ritenuta d’intralcio rispetto alle contingenti esigenze della produzione o della tenuta dell’ordine dato.

In Italia, le più di 160 espulsioni “per motivi di sicurezza” dall’ottobre del 2022 e le detenzioni di Anan Yaeesh, Ahmad Salem,Mohamed Shahin, Tarek Dridi testimoniano tutte di un attacco – non più potenziale, ma già in corso – diretto contro componenti dissidenti o in lotta, all’interno del quale la detenzione amministrativa – grazie ai suoi specifici caratteri di arbitrarietà e flessibilità applicativa – completa e addirittura supera il ruolo di segregazione e intimidazione svolto dal circuito penale, avvicinando passo dopo passo le funzioni dei centri per le deportazioni di casa nostra a quelle delle prigioni amministrative nella colonia sionista di Israele, queste ultime esplicitamente finalizzate al tentativo di stroncare la resistenza all’occupazione.

Non va dimenticato che è nell’ambito delle aggressioni coloniali europee che è stato per la prima volta sperimentato il regime della detenzione amministrativa contro le popolazioni indigene, sempre allo scopo di un più efficiente sfruttamento e repressione: Israele è da questo punto di vista la punta avanzata nell’uso di questo strumento di guerra e reclusione etnica, a partire dalla repressione dei fronti della resistenza palestinese.

Le grandi mobilitazioni a sostegno della resistenza palestinese hanno squarciato il velo sulle complicità occidentali nel regime di genocidio e occupazione in terra di Palestina. Queste stesse complicità hanno permesso la costruzione della “fortezza europa” e del suo regime di oppressione razziale: stragi nel Mediterraneo, rotte tritacarne nei balcani, torture e morte nei CPR, esecuzioni nelle strade, senza dimenticare le complementari forme semi-detentive della cosiddetta accoglienza, sono il drammatico bilancio della guerra verso le persone migranti alle nostre latitudini.

Contro il colonialismo e la macchina delle espulsioni, siamo al fianco di chi vuole muoversi liberamente, dei reclusi e dei resistenti di Gradisca e di ogni luogo di privazione della libertà, che affrontano sulla loro pelle una guerra quotidiana.

Portiamo loro solidarietà e sostegno, mentre resistono giorno dopo giorno al razzismo di stato.

Solidali con i compagnx indagatx in Sardegna per la loro partecipazione alle lotte contro carceri e Cpr, la servitù militare imposta all’isola e razzisti e fascisti nelle piazze, e ai compagnx sicilianx indagatx e arrestatx nell’ambito dell’operazione “ipogeo” costruita attorno a momenti di conflittualità di piazza non delegata e non mediata contro il “Ddl sicurezza”.

Che cadano, pezzo dopo pezzo, le mura delle reclusione e le recinzioni dell’occupazione

Fuoco a tutte le galere

Per la libertà

Presidio in solidarietà ai reclusi del CPR di Gradisca – Contro lager, gabbie e strutture coloniali del razzismo di stato [13/12]

FINCHÈ DI STATO E PATRIARCATO NON RESTI CHE MACERIE

 

Diffondiamo un intervento letto durante il corteo del 28/11 a Bari.

Il 28 novembre è una giornata di memoria, in memoria di benny petrone morto ammazzato per mano delle squadrette fasciste nel 1977. siamo qui a ricordarci che la guerra interna, così come quella esterna non hanno mai cessato il fuoco.

oggi, quelle stesse mani sporche di sangue sono di chi ci governa, e le stesse che hanno violato qualsiasi forma di diritto nella scuola Diaz a Genova.

La mano che teneva quei manganelli non era diversa, seppur in altre forme, di quella che qualche ora prima aveva ucciso Carlo Giuliani in piazza Alimonda, o di quella che ha ucciso Federico Aldrovandi, Giuseppe Uva, Stefano Cucchi, Riccardo Rasman.

e oggi siamo qui a ricordare anche che sono passati tre mesi dagli arresti NOPONTE, in cui sono state arrestate tre compagnx, Andre, Bak e Gui, portatx in carcere il 9 settembre in via cautelare, per fatti del carnevale noponte del primo marzo, giorno in cui un vivace corteo attraversò le strade di Messina per dire no al ponte sullo stretto.
Tra le accuse, resistenza e lesioni gravissime.

Andre e Gui sono ancora rinchiusx nelle 4 mure di casa ai domiciliari con braccialetto e divieto di comunicazione con l’esterno, mentre Bak si è ritrovatx di nuovo in stato di arresto e portatx in carcere a Brindisi come misura cautelare a seguito di un’altra operazione infame chiamata IPOGEO, per I fatti del corteo contro il DL sicurezza a catania, del 17 maggio.

All’alba del 20 novembre la digos ha fatto irruzione nelle case di diversx compagnx a Catania, Palermo, Messina e Bari, compiendo perquisizioni a tappeto. Tredici compagnx sono statx denunciatx a piede libero, due invece, Luigi e Bak, sono statx arrestatx preventivamente e tradottx in carcere, con accuse di devastazione e saccheggio. Unx compagnx è braccato da un mandato di cattura europeo.

Il ponte sullo stretto è un’opera devastante, di interesse di stato e mafia, realizzata per mano di Webuild azienda che negli scorsi anni ha realizzato nella base USA di Sigonella 14 edifici da adibire a uffici per uso militare, che finanzia apertamente il genocidio in palestina, e che sottrae case e terra allx abitanti di Messina.

Ci vogliono immobili rispetto all’approvazione del nuovo pacchetto sicurezza, una legge fascista che sottoscrive un’idea di cittá militarizzate e controllate, che punisce violentemente ogni forma di manifestazione di pensiero, aggravandolo se si scaglia contro i servi delle stato. oltre che ricalcare il razzismo di stato che si esprime al massimo della tortura nei Cpr dove le reclusx se provano a rivoltarsi verranno ingabbiatx da una prigione all’altra.

Ci chiamano violenti e noi gridiamo che lo siamo perché la violenza non può essere solo dello stato e delle guardie sui nostri territori e le nostre vite, siamo violentx perché vorremmo vedere queste cittá svendute ai turisti e piene di telecamere crollare in macerie, così come tutte le gabbie dalle galere ai Cpr, luoghi di tortura di Stato. E poco ci interessa se qualche banca, mc donald o azienda complice di Israele e delle torture nei cpr dovrà spendere due spiccioli per la sua vetrina, ne siamo solo felici, l’importante é mostrare che non siamo corpi inermi che possono accettare qualunque abuso e violenza, ma gliela faremo pagare.

Violenza sono i sistemi di controllo sui nostri corpi, dalle telecamere in ogni strada e palazzo, alle videocamere della digos nei cortei, al controllo attraverso i dispositivi in ogni momento della vita quotidiana. Fare tutto questo in nome di un decoro e di un ordine pubblico é abominevole, e per questo non dovremmo stupirci della risposta delle piazze quando decidono di attaccare questi sistemi di controllo e scagliare delle pietre contro le videocamere, perché violento non é questo ma é lo stato che le installa in nome di una sicurezza che é solo una sicurezza dell’ordine pubblico, razzista e classista.

Perché non ci sentiamo sicure in queste strade, ci sentiamo sicure solo al fianco delle nostre sorelle e dellx harraga, e ci sentiamo ancor più sicure con qualche videocamera in meno!

Queste risposte di piazza sono vitali, sono il minimo che si possa fare per reagire senza annichilirsi alle violenze dello stato, e dovrebbero diventare un’abitudine. Perché se si pensa che reprimendo ci staremo zittx e fermx si sbagliano, il nostro obiettivo sará sempre quello di ostacolare il più possibile le opere coloniali ed estrattive, rivoltarci come si rivoltano i popoli del mediterraneo, dal Marocco alla Palestina.

Si pensa sempre al Sud come a dei territori pacificati, ormai arresi ai soprusi e al martirio della nostra terra che ormai ha più pannelli solari di amazon e ulivi israeliani che altro, ma questa pacificazione é un’illusione. La rabbia c’é ed é tanta, fermata dalle operazioni repressive messe in atto da decenni, che fermano chiunque appena prova a ribellarsi. Perché vogliono un sud zitto e debole, accondiscendente, svenduto ad airbnb.

Negli ultimi mesi sono state arrestate tantissime persone in Italia per le mobilitazioni in solidarietá al popolo Palestinese.

Sono passati 5 mesi dalla manifestazione del 14 giugno a Bari, siamo qui a ricordare che B è stat condannat a 8 mesi di reclusione per resistenza e accensione di fumogeno.

Oggi chi giudica fa parte di un apparato statale complice con il genocidio, come quello italiano, che addestra i piloti israeliani a Trapani a pilotare gli F-35, che permette ai velivoli da guerra sionisti di atterrare a Sigonella, che permette le comunicazioni di guerra in medio oriente tramite il MUOS, che è il terzo paese per invio di armi ad israele grazie alla Leonardo S.p.A., uno stato che è complice nelle università, nei laboratori, nelle fabbriche ed in qualsiasi luogo questo potere va difeso e consolidato.

Siamo qui, ancora, per ricordare che un po di mesi fa dei compagni di Bari sono stati accusati di associazione eversiva con finalità di terrorismo per delle scritte sulla Palestina e Cospito al 41 bis.

Il 41bis è un regime di tortura, di annientamento della persona, con un isolamento totale negando la possibiltá di comunicare con l’esterno che siamo gli affetti o le persone solidali. questo regime di tortura é solo l’apice della repressione e dell’annullamento delle relazioni con l’esterno per chi é reclusx in ogni galera, dalle sezioni comuni all’alta sicurezza.

E qui, ci chiediamo, cosa vuol dire essere terrorista oggi?

Se terrorista significa scrivere FREE GAZA o NO 41BIS su un muro, se terrorista significa volere la liberazione dei corpi migranti imprigionati in un lager di stato, e se terrorista è solo chi fa paura allo stato e crea del caos tanto incontrollabile, allora siamo tuttx terroristi.

E come terroristx vogliamo vendetta per uno stato che altro non fa che creare devastazione nei territori, dalla palestina alla basilicata, terre colonie a cui hanno tolto acqua, case, ossigeno, vento, aria, vita.

L’AMORE che proviamo verso le persone amiche, verso la terra e lx animalx non umane, che sono sempre all’ultimo posto, maltrattate e devastate crea un grande, enorme sentimento di VENDETTA.

NOI QUESTA VENDETTA VOGLIAMO NUTRIRLA, RENDERLA PROTAGONISTA FINCHÈ DI STATO E PATRIARCATO NON RESTI E MACERIE

LIBERTÀ PER TUTTX LX PRIGIONIERX

LIBERTÀ PER LA PALESTINA

FUOCO AD OGNI GABBIA

CHI DEVASTA È LO STATO, CHI SACCHEGGIA È IL CAPITALE

Diffondiamo

All’alba di giovedì 20 novembre è scattata l’operazione Ipogeo orchestrata dalla Procura di Catania, con perquisizioni a Catania, Palermo, Messina, Siracusa e Bari. Per tre delle sedici compagnx inquisitx è stata disposta la detenzione in carcere come misura cautelare. I fatti contestati riguardano quanto accaduto durante il corteo di Catania dello scorso 17 maggio contro il Decreto Sicurezza.

Interruzione di pubblico servizio, imbrattamento, lesioni personali, rapina e devastazione e saccheggio, queste le principali accuse che la Procura muove ai sedici compagnx. Il recupero di devastazione e saccheggio, reato introdotto nel ventennio fascista con il Codice Rocco e rispolverato e sdoganato dal G8 di Genova in poi, è del tutto strategico. La sua estrema ambiguità ne permette l’applicazione nei contesti più disparati facendone deterrente perfetto per cortei e manifestazioni che non intendono rientrare nei recinti della concertazione, che non si accontentano di mere passeggiate e anzi esprimono nelle strade un saldo antagonismo politico. Inoltre, la severità delle pene (dagli otto ai quindici anni) che questo reato prevede lo rende strumento ideale per terrorizzare e reprimere la conflittualità.

A rendere il quadro ancora più tetro contribuisce l’uso diffuso del dispositivo del concorso in reato, anch’esso largamente elargito a buona parte delle compagnx inquisitx nell’Operazione Ipogeo. Si tratta di un articolo del Codice penale che colpisce chi si ritiene concorrere materialmente o moralmente al reato contestato, prevedendo la stessa pena di questo.  Per la Questura e la stampa è stata l’ennesima occasione per rivomitare all’opinione pubblica la solita retorica dei buoni e dei cattivi. Ci ripetono che chi mette in campo pratiche che eccedono il recinto della legalità è un infiltratx che inquina le lotte giuste, quelle ben perimetrate dei sinceri democratici, e va quindi isolatx.

Il corteo al centro dell’operazione, che ha attraversato Catania passando sotto il carcere di Piazza Lanza, si opponeva al Decreto Sicurezza, l’ennesimo strumento con cui Stato e padroni si armano nella guerra interna contro oppresse e sfruttati. Il cosiddetto Decreto Sicurezza, divenuto legge a giugno, con il suo nauseabondo insieme di nuovi reati e aggravanti prevede sempre più carcere per gli esclusx e per chi si ribella allo stato di cose presenti. Contro queste misure le compagnx arrestatx e inquisitx si sono oppostx e per questo sono statx colpitx dalla repressione. È fondamentale ora non lasciarlx solx mostrando vicinanza, supporto e solidarietà.

Dove il livello dello scontro si abbassa, la repressione ha campo libero. Di fronte alla stretta repressiva l’unico modo che abbiamo per resistere non è piegarci alle regole della controparte, ma dare forza e nutrire le nostre pratiche reagendo all’isolamento. Anche le recenti piazze in solidarietà alla resistenza del popolo palestinese lo hanno dimostrato: non accettare le limitazioni imposte dal nuovo Decreto Sicurezza rende più difficile allo Stato e ai suoi gendarmi applicarne il contenuto.

L’UNICO INFILTRATO È LO STATO!
ADESSO E SEMPRE SOLIDARIETÀ!

BAK, LUIGI E ALE LIBERX!

Per il supporto ai compagni scrivi a vumsec@canaglie.net

SHULUK: VENTO DAL SUD, SABBIA TRA GLI INGRANAGGI. ALCUNE RIFLESSIONI SULLE REPRESSIONI DEGLI ULTIMI MESI IN SICILIA.

Diffondiamo:

Non dimentichiamoci che la repressione è una conseguenza (non sempre inevitabile) di territori che lottano, non il punto di partenza di speculazioni intrise di colonialismo. C’è chi dice che l’obiettivo è silenziare un territorio anche in vista di una sempre maggiore speculazione e cantierizzazione, per il ponte e i progetti di turistificazione in atto in tutte le città. C’è chi dice che l’arresto di alcunx compagnx che si organizzano contro i cpr e il sistema delle frontiere è un attacco alla lotta contro questo sistema mortifero. Tutto vero, ma ci si scorda di dire che se la repressione agisce è perché qualcunx si è mossx, perché i territori e i corpi che ospita si sono organizzati per resistere e contrastare dei processi che sempre più spesso ci sono presentati come inevitabili. La narrazione di un sud colpito dalla repressione che non menziona la spinta propulsiva che viene da questi territori non fa che nutrire una visione intrisa di vittimismo, che rappresenta persone passive e bisognose di aiuto. E non è così. Lo SHULUK soffia e la gente resiste nei quartieri, negli spazi liberati, nei cpr, nelle galere (semplicemente resiste, anche più di quanto ci immaginiamo).

In quest’isola sicula ormai sommersa dai turisti, viene narrato, per il piacere “forse” delle folle pacifiste e pacificate che esiste anche un’altra forma di turismo, quella che arriva , devasta e saccheggia… e poi si dilegua . Che poi viene perseguitata e incarcerata, negli stessi identici territori che si dice abbia attraversato come delinquente.. passato di lì per caso. E mentre ci impongono il terrore dell’avanzare del deserto, inaridiscono la vita, riducendola ad esistenza, sopravvivenza. Mentre si ingigantisce il totem dello Stato, mentre tutto vuole essere fatto rientrare nel regolare e quotidiano spettacolo delle apparenze, nello stesso momento la loro inquisizione si intensifica. Mentre svendono la vita al peggiore degli offerenti (quello sì che è saccheggio e devastazione!) applicano sapienti le loro operazioni di water-boarding a respiri altrimenti incendiari. Cercando di congelare il caldo ed umido Scirocco.

Questa replica della santa inquisizione è parte di uno stratagemma di pacificazione delle lotte, un’operazione di pulizia delle individualità categorizzate come problematiche per il normale svolgimento del mondo così per come vogliono che lo conosciamo. Una pacificazione delle lotte territoriali che mira al loro assorbimento nello sceneggiato democratico, negli argini dei proto(ac)colli previsti nelle norme, comprese quelle del “politicamente corretto”. Un banale (in quanto intrinsecamente accettabile) dispositivo di controllo e prevedibilità delle masse che, affinché riesca, necessita di un certo tipo di mediazione; solitamente riprodotta dalle strutture partitiche e/o sindacali, comunque amministrativo-rappresentative. E che si può dire, poi, dell’ altra faccia della medaglia, l’informazione main stream che usa la retorica questurina deglx agitatorx venutx da fuori?! Quasi a sottolineare che la spinta propulsiva non è propria di chi lotta qui, per togliere agentivitá alle comunità siciliane. In più si cerca di isolare una lotta rendendola esclusivamente competenza di un territorio cercando di non farla uscire dai confini arbitrariamente definiti, un affare da silenziare. La solidarietà è un arma e questo fa paura, per tale motivo si cerca di sminuirla quando si fa sentire.

È che poi si scordano che in questa terra lo scirocco quando soffia porta con sé migliaia e migliaia di granelli, irriducibili alle differenziazioni che li vuole soffocati dentro qualche contenitore identitario. SHULUK arriva umido e caldo dalle frontiere che insistono sin sotto le case che abitiamo, ululando contro le vostre vetrine appena lustrate.

NAPOLI: PRESENTAZIONE NEXT STOP MODENA 2020 DI CLAUDIO CIPRIANI

Diffondiamo:

Presentazione del libro Next Stop Modena 2020. Viaggio tra le carceri – di Claudio Cipriani.

Sabato 13.12 h 18:00 a Santa Fede Liberata, via San Giovanni Maggiore Pignatelli 2, Napoli.

E’ giunto alle stampe il libro di Claudio Cipriani sulle rivolte nelle carceri del 2020, in particolare quella di Modena, e sulla strage di Stato che in reazione ne seguì, nella quale morirono 14 persone detenute.

Il libro non è unicamente testimonianza diretta di quei giorni dal punto di vista e di vissuto di chi era detenuto, ma mette altresí in luce, da un lato, le responsabilità dello Stato dinanzi all’ennesima strage passata sotto silenzio e la fisiologica brutalità del carcere; dall’altro, fa intravedere la possibilità concreta di mettere in pratica relazioni di solidarietà che possano rompere l’isolamento imposto e sovvertire la società carceraria in cui viviamo.

Claudio è tuttora recluso al carcere di Secondigliano e Stecco, che ha scritto la prefazione, al carcere di Sanremo. Ricordiamo inoltre che quest’ultimo è dall’8 novembre in sciopero della fame in adesione alla campagna Prisoners for Palestine, e che da qualche giorno gli è stata applicata la censura alla posta, motivata dall’aver denunciato le condizioni detentive del carcere in cui è detenuto. Che questo libro esca proprio nel giorno in cui gli è stata disposta, potrebbe rappresentare un segnale, a ricordarci che per questo Stato stragista, chi parla e alza la testa deve stare zitto.

Un buon motivo che a nostro avviso rievidenzia l’importanza di supportare la diffusione di ogni testo da dentro che racconti ciò che accade, che mostra la vera faccia dello Stato e della detenzione, non sottostando alle forme di censura più o meno implicita che vengono costantemente applicate.

Il libro è dedicato da Claudio alla memoria di Artur, Sasá, Hafedh, Ali, Slim, Ghazi, Lofti Bem, Erial, Abdellha, Marco, Ante, Carlo Samir, Haitem.

Durante la presentazione sarà possibile acquistare delle copie del libro, i cui proventi, per volontà di Claudio saranno destinati a sostenere la memoria delle persone morte in quelle giornate e loro familiari.

Solidali con chi si ribella da ogni galera e con lx prigionierx attualmente in sciopero della fame per la Palestina

https://jamme.la/event/presentazione-del-libro-next-stop-modena-2020-di-claudio-cipriani