INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA

Da diffondere il più possibile!

Per rompere l’isolamento a cui l’anarchico Alfredo Cospito* è sottoposto tramite il blocco praticamente totale della corrispondenza, rilanciamo qui la chiamata a mandargli cartoline e lettere… in questo periodo di spostamenti vacanzieri, ecc. potrebbe arrivare corrispondenza a lui diretta da molte amene località!
Questa ennesima chiamata a scrivere al nostro compagno è motivata anche dagli aggiornamenti che ci giungono da Bancali, visto che Alfredo valuta estremamente opportuno continuare e incrementare l’invio di corrispondenza a lui diretta: anche senza tracciabilità, anche solo cartoline con o senza mittente… se ne arrivassero in numero considerevole darebbero un bell’impegno a chi è preposto a bloccargli la posta.
Si è valutato poi che in questo momento la tracciabilità della corrispondenza a lui destinata non sia necessaria quanto lo è stata fino ad ora visto che Alfredo ha accumulato più di 30 trattenimenti di corrispondenza certificata su cui deve esprimersi il Magistrato di Sorveglianza, che però sta tardando a farlo (normale per quanto riguarda Bancali, a detta dell’avvocato che assiste numerosi reclusi in quell’istituto).
Infine, a margine della questione “corrispondenza”, il prossimo 14 settembre ci sarà un’udienza inerente al “giudizio di ottemperanza” nei confronti del carcere di Bancali: si tratta di un procedimento in cui il magistrato valuta se il carcere non è in grado di fare rispettare un’autorizzazione concessa ma che non viene realmente resa possibile. Si tratta dell’accesso di Alfredo alla biblioteca dell’istituto, che era stata autorizzata senza che però ne abbia potuto beneficiare. Se danno ragione ad Alfredo il giudice designerà altra figura differente dal personale penitenziario per fare sì che l’autorizzazione venga rispettata.

Facciamo anche nostra la proposta di “Iniziativa in solidarietà ad Alfredo contro il blocco della posta” formulata dai/dalle compas di S’Idea Libera di Sassari per dare ulteriore sviluppo  al tentativo di inceppare uno dei dispositivi di isolamento applicati nei confronti di Alfredo: un’occasione in più perché, superata questa “fase estiva” di invio di cartoline e lettere senza modalità coordinate, si provi a dare continuità sul lungo periodo all’impegno nel dimostrare ai suoi carcerieri che Alfredo non sarà mai solo!

INIZIATIVA IN SOLIDARIETÀ AD ALFREDO CONTRO IL BLOCCO DELLA POSTA.

In relazione alla situazione di censura, blocco e isolamento di Alfredo in 41 bis a Bancali, vorremmo condividere questa proposta di iniziativa.
Nel tempo sono state diverse le occasioni in cui, in forma individuale o organizzata, si è cercato di rompere l’isolamento tramite la corrispondenza. In questo momento, in cui ci sembra importante battere il ferro con costanza, abbiamo pensato a un’iniziativa che abbia come obiettivo quello di sostenere Alfredo tramite la corrispondenza e dargli un po’ di continuità per avere un certo impatto, o provare ad averlo.

La proposta è la seguente: ogni realtà, collettivo o individuale, che abbia voglia di aderire si prende l’impegno di inviare almeno 7 cartoline ad Alfredo in una determinata settimana. In questo modo, quante più adesioni ci saranno, tanto più riusciremo a garantire una “copertura” nel tempo con una certa continuità.

Proponiamo questa modalità organizzativa:

1. le realtà, individuali o collettive, possono mandare la propria disponibilità alla mail evaliber2@inventati.org entro l’1 settembre.
2. sulla base delle disponibilità butteremo giù un calendario, per cui a ogni realtà sarà data una settimana di riferimento in cui inviare le cartoline/lettere ad Alfredo.

L’indirizzo per scrivere ad Alfredo è:
Alfredo Cospito
C.C. “G.Bacchiddu”
Strada Provinciale 56, n°4
Località Bancali
07100 Sassari

Rompiamo l’isolamento!

Spazio Sociale S’Idea Libera (Sassari)
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

* Alfredo Cospito è un compagno anarchico in carcere dal 2012. Inizialmente arrestato e condannato per il ferimento dell’Amministratore Delegato di Ansaldo Nucleare, sta ora scontando una condanna a 23 anni di reclusione emessa nell’ambito del processo “Scripta Manent” in cui sono stati imputati (e alcune e alcuni tra loro anche condannati) vari anarchici e anarchiche. Dopo la sua assegnazione al regime detentivo del 41bis nella primavera del 2022, Alfredo ha intrapreso uno sciopero della fame durato 6 mesi contro il 41bis e l’ergastolo ostativo che, grazie anche all’energica mobilitazione internazionale che ha accompagnato la sua iniziativa, ha portato all’attenzione dell’opinione pubblica l’aberrazione di questo regime carcerario e della condanna a morire in carcere rappresentata dall’ergastolo ostativo.
Alfredo è tuttora rinchiuso nel 41bis di Bancali (Sassari), e il rinnovo o meno della sua assegnazione a tale regime avverrà la prossima primavera. La finalità del 41bis è chiara: annientare fisicamente e psicologicamente gli individui che ci finiscono. Nel caso di Alfredo è evidente una progressiva limitazione nelle già esigue possibilità di vivibilità stabilite per tale regime detentivo: blocco della corrispondenza da/per l’esterno, impossibilità di accedere alla biblioteca interna (autorizzazione che Alfredo aveva avuto dalla Direzione), blocco dei libri regolarmente acquistati in libreria tramite il carcere (come prevede il regime del 41-bis) e di altri beni, come farina o indumenti, di uso quotidiano.

ps: Per chi fosse interessat*, sono state stampate delle cartoline contro il 41bis che si possono richiedere alla mail: cassantirepalpi@autistici.org

SETTIMANA INTERNAZIONALE DI SOLIDARIETÀ CON LX PRIGIONIERX ANARCHICX [23-30 AGOSTO]

Diffondiamo

Contro la società carceraria, creiamo legami.

Quando ci troviamo davanti a una prigione, ci troviamo di fronte alla dura realtà dell’alienazione e della separazione: un muro, una recinzione, torri di guardia, telecamere, cemento e gabbie d’acciaio progettate per tenere gli imputati e i condannati isolati dal resto della società.

Concetti come “riabilitazione” e “pentimento” sono costruiti dalle ideologie degli Stati per sostenere il loro potere, mantenere i territori sotto un’identità nazionale e punire chi si discosta da ciò che considerano legale, progresso o moralità capitalista. Ma una volta fuori dalle mura, possiamo vedere che non sono altro che costruzioni tangibili. È un muro, è materia. Coloro che lo fanno funzionare sono esseri viventi. Sì, la prigione ci isola, ma solo se le diamo quel potere. Quando accettiamo la separazione, i muri diventano permanenti. Per chi sta dentro, l’oblio non è possibile: ogni giorno affrontano la durezza della reclusione. Finché esisteranno gli Stati, ci saranno prigioni e noi saremo dentro le loro mura.

Nella memoria di coloro che ci hanno preceduto manteniamo viva la lotta, dando continuità alle idee e alle azioni di coloro che sono stati segregati dietro sbarre e cemento. Le lotte aldilà delle sbarre fanno parte della memoria collettiva della resistenza.

Dalle dittature più brutali alle “democrazie” dove la violenza di Stato ha un altro volto, ogni Stato cerca di soffocare l’insubordinazione. Anche le idee che sfuggono ai suoi schemi sono perseguitate.

La solidarietà assume molte forme: connessioni, amicizie, scambio di idee, dialoghi e momenti di attacco condivisi. Lx nostrx compagnx non sono isolatx: sono parte viva delle nostre lotte.

In solidarietà con coloro che attraversano le frontiere, con lx fuggitivx, lx esiliatx, lx detenutx in isolamento e coloro che sono caduti nel corso dell’azione o sono stati incriminati.

Contro tutte le prigioni.
Abbiamo scelto una vita di tensione e insubordinazione per cercare una connessione reale.
La forza della vita non può essere sepolta!

https://lapeste.org/semana-internacional-en-solidaridad-por-lxs-presxs-anarquistas-23-al-30-agosto/

MARZABOTTO: AZIONE PER LA FINE DELL’ASSEDIO A GAZA

Riceviamo e diffondiamo:

RESOCONTO della giornata di sabato 9 agosto dall’Appennino

Il 9 agosto, un gruppo di una ventina di persone ha effettuato un’azione spontanea sulla strada Porrettana, all’altezza di Marzabotto, rallentando il traffico per un ora esponendo striscioni e bandiere palestinesi e distribuendo volantini alle persone in auto. L’azione rispondeva alla chiamata di una giornata di mobilitazione internazionale per la fine dell’assedio di Gaza da parte dell’esercito sionista con il sostegno economico militare e morale dei governi occidentali. Dopo 40 minuti di azione sono arrivate tre volanti dei carabinieri che hanno intasato ancora di più il traffico. Le manifestanti si sono allontanate nei boschi, con i carabinieri che si aggiravano nella zona come vespe infastidite fermando passanti e chiedendo i documenti per alcune ore. Le reazioni da parte delle persone incolonnate sono state per lo più di sostegno e solidarietà. Non ci facciamo illusioni: quest’azione è poco, troppo poco. L’auspicio è che possa servire da invito e spinta, che dia forza e coraggio: bloccare gli ingranaggi della guerra è possibile e necessario.

Ecco il testo del volantino distribuito durante l’azione

GIORNATA GLOBALE DELL’AZIONE 9 AGOSTO

Il governo italiano continua a fornire armi a Israele: una scelta che lo rende complice, come gli Stati Uniti, nel genocidio in corso a Gaza. Mentre ipocritamente il governo italiano annuncia che da oggi 9 agosto comincerà a lanciare aiuti umanitari su Gaza, dagli stessi cieli piovono bombe e proiettili venduti dallo stesso governo e prodotti da aziende italiane. Oltre a Leonardo, colosso della produzione e vendita di sistemi d’arma, rappresentata nel nostro territorio dalle aziende N.P.C. Srl di Imola e dalla ITRES Srl di Casalecchio di Reno, nella provincia di Bologna sono presenti altre aziende che vendono armi al governo israeliano, come la Riva Calzoni Spa di Calderara di Reno, la Poggipolini Spa di San Lazzaro di Savena. Queste aziende traggono profitto economico del genocidio in atto!
È il momento di rompere il silenzio. Di agire, contro l’assedio di Gaza e la complicità dei governi.
CHIEDIAMO:
cessate il fuoco immediato
fine dell’assedio
fine della complicità internazionale
sanzioni
libertà e giustizia per la Palestina

Dalla sabbia di Gaza fino ai nostri territori:
LA LIBERTA’ è IL NOSTRO ORIZZONTE COMUNE

MILANO: SULLA SENTENZA DEL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO [OPUSCOLO]


Riceviamo e diffondiamo:

Con l’avvicinarsi della sentenza di primo grado del processo per il corteo
dell’11 febbraio 2023 al fianco di Alfredo in sciopero della fame contro il
41 bis, diversi gruppi e singoli hanno deciso di esprimere la propria
solidarietà agli imputati. Questa solidarietà ha preso la forma di cortei,
presidi, interventi, scritti e, infine, si è espressa con l’interruzione della
giudice durante la lettura della sentenza. Questo breve opuscolo nasce con
l’idea di raccogliere e diffondere gli scritti di coloro che in quelle settimane
hanno deciso di prendere posizione al fianco di tutti gli imputati e, ancora
una volta, contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo

PDF: Sulla sentenza del corteo dell’11 febbraio (Milano 2025)

IL CPR DI BARI PALESE BRUCIA DA SETTIMANE

Riceviamo e diffondiamo

Ad una settimana di distanza dalle rivolte di inizio luglio il Cpr di Bari è andato di nuovo a fuoco, lx reclusx si sono rivoltatx per tre giorni di seguito. La rabbia si è trasformata in fuoco dopo i continui abusi da parte di sbirri, operatori e sanitari, complici diretti della violenza dello stato che decide chi e come è utile al capitale. Persone che decidono deliberatamente di votare la propria vita a questa macchina di violenza e reclusione, vantando il loro razzismo nei propri profili facebook ed utilizzando la narrazione del supporto, dell’aiuto umanitario e dell’accoglienza come scudo per legittimare la loro complicità.

[21 luglio]

Ieri ci hanno chiamati dal Cpr di Bari palese per avvertirci che nel Modulo 7 erano stati accesi dei fuochi per protesta e che alcuni moduli della struttura erano andati a fuoco.
Dall’interno abbiamo appreso di varie persone finite in ospedale per autolesionismo e per le botte ricevute dagli agenti di polizia. Gli stessi agenti che insieme agli operatori si sarebbero poi rifiutati di portare in ospedale una persona con gambe e braccia rotte.
Oggi ci hanno comunicato che non riusciva nemmeno ad andare in bagno ma che a nessunx interessava, e che uno sbirro ha deciso di dirgli “Fatti la galera”.
Sia nella quotidianita che nei momenti di rivolta, la prevaricazione ed il ricatto sono lo strumento con cui sbirri, operatori e sanitari esercitano il potere.
Molte persone si sono tagliate e nessunx è statx soccorsx.
Anche M., l’amico che ci ha chiamatx, ci ha raccontato che dopo 3 anni che non si tagliava è tornato a farlo per la disperazione che vive in quel posto.
Che questa notte bruci a lungo!

[22 luglio]

La rivolta continua anche stanotte.
Ci hanno chiamatx dal modulo 7 mentre i primi fuochi si accendevano.
Anche i moduli 3 e 6 vanno a fuoco.
Lx operatorx sono tuttx uscitx e il centro è pieno di camionette.
Gi sbirri sono con maschere antigas e manganelli pronti a menare.
Lx reclusx sono sui tetti per non respirare il fumo dell’incendio.
Ci dicono che sono le guardie ad aver iniziato, forse per vendetta della rivolta di ieri.

[23 luglio]

La rivolta non si è mai fermata.
Stamattina lx amicx ci hanno detto che non c’erano fuochi accesi e nessunx era sul tetto ma che si continuava a urlare,battere e lottare!
Alle 17 più o meno, dal modulo 4 ci hanno chiamatx per avvisarci che stavano accendendo nuovi fuochi.

[Notte del 23 Luglio]

Lx solidalx sono andate sotto il Cpr per portare un saluto e dare sostegno allx rivoltosx.
Il saluto é durato 5 ore nelle quali si è riuscitx a comunicare con le persone recluse salite sui tetti che urlavano Libertà.
A l’una di notte, M. ci ha chiamatx per dirci che era stato messo in Isolamento e che il pacco che era stato lasciato per lui non era mai arrivato. Anche tutti gli altri pacchi lasciati sono stati consegnati solo dopo che lx reclusx hanno cominciato a protestare anche per quelli.
M. in chiamata ci ha fatto sentire il rumore del suo letto, completamente fatto di ferro, senza nemmeno un materasso su cui dormire.
Ci ha ringraziato per il sostegno e per i fuochi d’artificio, dal tetto è riuscitx a vederli bene, non li vedeva da tanto tempo.

M. ha 22 anni, dopo 7 anni di prigione è uscito per buona condotta, lavorava e aveva una vita, faceva spettacoli al teatro, un’attività che aveva iniziato in carcere.
Da un giorno all’altro è stato fermato e portato nel Cpr, senza sapere neache perché.
Lo stesso stato che ha concesso la libertà a M. ha deciso di toglierla senza scrupoli.
Una libertà concessa solo perché lo stato aveva deciso di aver piegato M. abbastanza.
La “buona condotta” resa il marchio di chi è stato “aggiustato” dal carcere.
Una libertà durata il tempo di tornare clandestinx, tornare ad essere un problema da rinchiudere.

Verso le 17 di due giorni dopo M. è riuscito a fuggire dal Cpr di Bari Palese; era in isolamento.
Non sappiamo se sia ancora libero ma lo speriamo con tutto il cuore.

[24 luglio]

Oggi la situazione nel lager è più tranquilla.
Lx reclusx sono stanchx e in più l’ufficio immigrazione è stato al centro stamattina per fare terrore psicologico allx rivoltosx.
A. un ragazzo tunisino é stata arrestato per le rivolte di ieri
Non eravamo in contatto con lui purtroppo e non sappiamo chi è il suo avvocato.
Sappiamo della differenza di privilegio che c’è tra chi lotta dentro al Cpr e chi fuori.

Riteniamo fondamentale dare sostegno allx reclusx in questi momenti di rivolta, perchè sappiamo che l’unico modo per chiudere i cpr é attraverso le rivolte, il fuoco e la forza delle persone reclusx di resistere.
É importante essere li sotto per non lasciarlx isolatx in questi momenti, in cui l’apparato repressivo si esprime con violenza non solo attraverso gli arresti, ma anche con il costante ricatto del rimpatrio o del prolungamento della reclusione.

“Fumo denso divampa
e sparge l’urlo per la libertà
dei fratelli imprigionati
La fiamma si alza sconfinando
le alte mura militari
della macchina reclusiva dello stato.
Ombre di giganti con il volto coperto
vanno avanti e indietro
dentro il bianco fumo,
organizzando la rivolta
immaginando l’evasione”

NUOVO OPUSCOLO: DEPORTAZIONI. RIFLESSIONI PER ATTACCARE GLI INGRANAGGI DEL RAZZISMO DI STATO

Diffondiamo

I CPR (Centri di Permanenza per il Rimpatrio) vanno chiusi e basta, questo è quello che abbiamo imparato in questi lunghi anni di lotte e resistenze da quei campi di morte. Queste strutture sono un vero e proprio monito alle persone libere, un luogo di violenze e dolore, uno strumento di ricatto per la manodopera sfruttata.

Senza dimenticare tutto quello che avviene prima, per riempire un CPR:
retate nei quartieri, sugli autobus, nei ghetti, lungo tutta la penisola.

Nel corso dell’ultimo anno stiamo anche assistendo ad una forte accelerata delle deportazioni. Infatti, considerando il 2024 i dati parlano di un aumento complessivo del 16% rispetto all’anno precedente e il 2025 lascia chiaramente intendere che questi numeri andranno ad aumentare.


Come compagnx riteniamo necessario continuare ad opporci a tutto questo, soprattutto davanti ai nuovi assetti, che per veder crescere le deportazioni alzano il livello di violenza e razzismo in ogni angolo della società.

Ecco il perché di questo testo, nel quale si è cercato di accendere l’attenzione sulle deportazioni, considerando i diversi meccanismi ed attori che le rendono possibili e sottolineando come nel corso degli ultimi anni l’impianto normativo, che regolamenta ogni aspetto dell’esistenza dei/delle non italianx sia diventato sempre più restrittivo, sia nella possibilità di ottenere e mantenere un permesso di soggiorno, sia nella possibilità di entrare in Italia, in Europa.

Un testo, strumento e pretesto, con cui lanciare una mobilitazione contro le deportazioni che avvengono all’ordine del giorno.

Scarica, stampa, diffondi!

LINK AL PDF

TORINO: AGGIORNAMENTI SUL CPR DI CORSO BRUNELLESCHI

Diffondiamo

Il CPR di Torino imprigiona ad oggi una sessantina di persone divise in 3 aree: Blu, Verde e Gialla.
Dalle rivolte che in primavera distrussero l’area Viola e Bianca, Sanitalia – cooperativa gestrice del centro – ha mantenuto un costante livello di terrore volto a scoraggiare ogni tipo di protesta, soprattutto attraverso la minaccia del carcere. Infatti nelle ultime settimane, in più episodi ci sono stati detenuti trasferiti in galera a seguito di singoli episodi di insubordinazione o di litigio tra prigionieri. Il ritorno dal carcere al CPR, dopo pochi giorni, porta con sé in alcuni casi una misura cautelare, in altri un trasferimento punitivo in un altro CPR, e sempre e comunque un’immediata riconvalida della detenzione amministrativa che, di fatto, azzera il conto dei mesi di trattenimento e inevitabilmente allunga i tempi di detenzione.

È ben chiaro come il clima di paura imposto dai gestori del centro sia volto a pacificare la struttura e così guadagnare economicamente il più possibile dal perdurare dello stato delle cose.
A tal proposito è bene raccontare la situazione odierna dentro il lager di Torino e quali sono gli strumenti di cui si stanno dotando i reclusi per resistere e protestare. Parte cruciale della tortura inflitta quotidianamente ai detenuti ruota attorno alla scarsezza e alla nocività dei beni di prima necessità distribuiti. I prodotti per l’igiene personale vengono somministrati in dosi minime, troppo scarse. L’acqua potabile, nonostante il caldo estivo, è limitata a un litro a pranzo e uno alla cena. Il cibo è rancido, maleodorante e immangiabile.

Qualche giorno fa – alla consegna di pane scaduto e con la data di scadenza modificata a penna – molti detenuti di tutte e tre le aree hanno deciso di rifiutare il cibo per un giorno intero.

Grazie a questa protesta, da quel giorno in poi almeno il pane è stato consegnato non scaduto, dimostrando ai dirigenti del CPR come la determinazione dei detenuti vada molto oltre – e possa sfidare – le umiliazioni, i ricatti e le torture a cui sono sottoposti.

Al fianco dei detenuti di tutti i CPR
Tutti liberi!

 

MILANO: SULLA SENTENZA PER IL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO

Diffondiamo

Il 17 giugno si è concluso il primo grado del processo per il corteo dell’11 febbraio 2023 in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito. Le condanne vanno da 1 anno e 6 mesi fino a 4 anni e 7 per resistenza aggravata, danneggiamento e travisamento.

Nelle settimane intorno a questa data la solidarietà con lə imputatə è stata forte, centinaia di persone hanno partecipato ai presidi fuori dal tribunale, al saluto al carcere di San Vittore e al corteo partito dalle colonne di San Lorenzo. Questi momenti di solidarietà hanno rappresentato un’occasione per parlare nuovamente di cosa sia il 41 bis, un luogo di tortura nel quale più di 700 persone sono rinchiuse ancora oggi, un sistema carcerario che non permette nessun tipo di contatto umano puntando ad annientare fisicamente e psicologicamente chi è detenut al suo interno. I limiti imposti dal 41 bis ad Alfredo e le altre persone recluse sono infiniti e arzigogolati; qualche settimana fa la corte di Cassazione ha accolto il ricorso di Dap e ministro della giustizia contro la decisione del tribunale di Sassari che aveva permesso ad Alfredo di tenere in cella farina e lievito.

A maggio la direzione carceraria di Bancali gli ha vietato l’acquisto di un vangelo apocrifo e alcuni libri di fisica e fantascienza perché considerati pericolosi. In ultimo gli avvocati di Alfredo sono stati recentemente segnalati dal direttore del Carcere all’ufficio di disciplina dell’ordine degli avvocati per averlo salutato a fine colloquio con una stretta di mano e due baci, segnalati per aver espresso empatia nei suoi confronti. Questo è il 41 bis, un regime carcerario che ha sempre controllato in maniera ossessiva anche il lavoro degli avvocati e il loro rapporto con i propri assistiti, utilizzando la legittimazione conferita dalla cosiddetta lotta alla mafia per creare un buco nero intorno alle persone lì rinchiuse.

Con la stessa ferocia con cui lo Stato aveva deciso di lasciar morire di fame Alfredo e poi di lasciarlo marcire tra le mura del 41 bis, si abbatte oggi la repressione su chi ha deciso di lottare contro questo ordinamento penitenziario ed esprimere solidarietà nei confronti del compagno e di tutte le persone detenute. Nel 2023, durante lo sciopero della fame di Alfredo, è stata portata avanti in Italia e non solo una grande mobilitazione che ha trovato espressione in molte forme, dagli appelli di avvocati fino all’azione diretta, passando per i numerosi cortei e appuntamenti in strada. Una mobilitazione che è riuscita a squarciare il silenzio e l’indifferenza che aleggiano intorno alla questione del 41 bis, da sempre relegata al mondo mafioso, legittimata dalla narrazione di forte criminalizzazione dei suoi appartenenti e mai messa in discussione. In quei mesi l’orrore del 41 bis, con le sue disposizioni volte ad annientare i detenuti, è venuto a galla insieme all’ostinazione dello Stato di continuare a torturare chi finisce in quel regime.

Ci troviamo oggi con diverse inchieste aperte in Italia riguardo quel periodo di lotta che prevedono accuse e condanne molto gravi: a Torino si sta svolgendo il processo per devastazione e saccheggio per i fatti del 4 marzo 2023, a Bologna si apriranno i processi per i due cortei del 21 dicembre 2022 e del 19 gennaio 2023, inoltre due anni fa è stata aperta un’inchiesta per 270 bis per l’incendio di alcuni ripetitori in opposizione alla guerra in Ucraina e all’imposizione del 41 bis ad Alfredo. Questi sono solo alcuni degli episodi repressivi che riguardano la lotta a fianco di Alfredo e contro il 41 bis.

Nello specifico a Milano le condanne esemplari ricevute il 17 giugno non sono solo l’espressione dell’accanimento di giudici e Stato contro una lotta che ha messo in discussione per alcuni mesi uno dei capisaldi del sistema carcerario italiano, ma anche l’espressione manifesta di anni di aggravamento dei reati di piazza, con continui aumenti di pene per i manifestanti e di maggiori tutele nei confronti delle forze dell’ordine. È lampante il tentativo di delegittimazione dei discorsi e delle pratiche politiche che vengono ridotte a mera questione di ordine pubblico, svuotate di ogni carica rivendicativa e di lotta e represse severamente grazie a un apparato giuridico sempre meglio affilato. Per alcun imputat al processoə milanese l’accusa è di concorso morale in resistenza aggravata: la presenza di queste persone alla manifestazione, e di conseguenza la volontà di portare solidarietà e supporto quel giorno, le ha rese responsabili e quindi perseguibili di quella resistenza che viene contestata in tribunale.

Questo ci fa intuire ancora una volta in che direzione si sta andando. L’obiettivo dello Stato è quello di pacificare ancora di più la società. Il dissenso resta esprimibile finché si parla la lingua della democrazia, finché azioni e concetti rientrano nell’intervallo di valori stabiliti democraticamente; intervallo che è sempre più rosicato dagli innumerevoli interventi legislativi e giudiziari che limitano la possibilità di mettere in campo i propri corpi e le proprie voci per lottare e diffondere l’idea che un mondo diverso sia possibile.

L’accanimento dello Stato nei confronti dei suoi nemici interni, chi lotta e chi rappresenta una minaccia per la sua sicurezza o semplicemente chi è di troppo non è certo niente di nuovo, ma possiamo affermare che l’inasprimento della repressione va di pari passo con il clima di guerra e la corsa al riarmo che i governi stanno portando avanti negli ultimi anni. Per garantirsi quanto più controllo possibile e non lasciare che all’interno dei propri confini la situazione sfugga di mano, da un lato lo Stato mette in campo misure repressive sempre più dure e dall’altro, per assicurarsi un ruolo accanto alle grandi potenze e nei conflitti che generano, firma patti di sicurezza accordando, per esempio, il 5% del PIL nazionale al riarmo e a politiche securitarie.

Per quanto riguarda il processo milanese il discorso non è ancora chiuso, si attendono le motivazioni che arriveranno a 90 giorni dalla sentenza e la fissazione dell’appello. Al di là delle condanne, è stato importante in quelle settimane trovarci in tantə in strada in solidarietà alle persone condannate e contro il 41 bis. Già alla prima assemblea pubblica chiamata a seguito delle richieste di pena della pm, c’è stata molta partecipazione, che non è mancata neanche fuori dal tribunale per i due presidi chiamati in occasione delle due udienze che hanno portato alla sentenza. Molte realtà di movimento si sono sentite di portare il proprio contributo solidale e in tante e tanti abbiamo raggiunto gli appuntamenti in strada per stare vicino alle
persone colpite e riaffermare che il 41bis è tortura. Ciò, oltre a scaldarci i cuori e far sentire meno solə lə compagnə condannatə, ci sembra essere il giusto modo per rispondere a un attacco repressivo.

Ed è così che ci piacerebbe venisse intesa la solidarietà. Laddove colpiscono gli individui rispondere che la lotta è di tuttə e che non si fermerà per delle condanne specifiche, laddove lo Stato ci vuole divisə tra buonə manifestantə e cattivə ribadire che le pratiche di lotta sono tutte valide e che, di fronte alla guerra globale che avanza, sono ancor più da difendere e rilanciare. Anche a Milano lo spazio che ci viene lasciato è esattamente quello che riusciamo a strappare alla controparte; ci sembra allora molto significativa l’unità avuta in strada durante queste due settimane in cui si aspettava la sentenza, presenza e unità che ci fanno apparire più forti agli occhi di chi ci persegue e infine ci giudica. Attenderemo le prossime fasi processuali, con la convinzione che chi lotta non è mai effettivamente solo e che la forza per ribaltare questa sentenza sta nelle mani di chi decide di usarla.

Un sentito grazie a chi ha scelto di esserci; a presto, ancora nelle strade.

Solidarietà a tutt i condannat, indagat e perquisit.
Fuoco alle galere e ai tribunali.

GALIPETTES MILANO

MILANO: SUI FATTI DI MALPENSA

Diffondiamo:

Venerdì 11 luglio si apprende la notizia dell’imminente deportazione di un ragazzo gambiano, arrestato il giorno prima in Francia ed espulso in Italia. La deportazione sarebbe dovuta avvenire dall’aeroporto di Malpensa con il volo AT00951 delle 18.05 diretto a Casablanca, della compagnia aerea Royal Air Maroc. Quattro compagnx da Milano si sono mobilitatx per recarsi all’aereoporto con l’intenzione di distribuire dei volantini per informare i passeggeri di ciò che sarebbe accaduto.

Infatti la volontà delle persone a bordo e del pilota incide sulla possibilità di fare partire o meno l’aereo e quindi fermare la deportazione.
Varcata la soglia dell’aeroporto, prima ancora di aver raggiunto la fila di persone nell’area check-in e senza aver distribuito neanche un volantino, lx compagnx sono statx circondatx da un cospicuo numero di agenti di polizia e digossini, per poi essere trattenutx in stato di fermo.

Poco dopo l’identificazione, le forze dell’ordine hanno proceduto con la perquisizione delle borse e il sequestro di qualche volantino. Al termine delle 5 ore di fermo in aereoporto, lx compagnx sono statx rilasciatx con denuncia a piede libero per i seguenti reati: istigazione a delinquere, attentanto alla sicurezza dei trasporti e interruzione di pubblico servizio. Inoltre, sono stati notificati 4 fogli di via della durata di 3 anni dall’aeroporto e dai comuni limitrofi (Ferno e Somma Lombardo). L’aereo ha preso il volo e il ragazzo gambiano è stato deportato “con successo”.

Riflettendoci, non ci sorprende la presenza degli sbirri in questo contesto e la ridicola sproporzione dei capi d’accusa rispetto all’azione che peraltro non si è realizzata (e lo comunichiamo con rammarico).
È chiaro il messaggio della Questura di Varese: l’areoporto di Malpensa è un luogo estremamente securizzato nel quale non può essere tollerata alcuna espressione di lotta. Ma soprattutto è evidente come lo Stato abbia un enorme interesse a non voler alcun intoppo nella macchina delle deportazioni ed è quindi pronto a dispiegare il suo apparato repressivo per far in modo che ciò non avvenga.

Quanto detto finora è funzionale alla tutela dei privilegi di chi detiene il Potere all’interno della fortezza Europa e non solo, e si inserisce all’interno di un progetto di controllo delle migrazioni sempre più stringente: la creazione e il pattugliamento dei confini; la costituzione di un sistema di leggi che si basa sull’individuazione di un “nemico” interno, e la criminalizzazione di chi viene targhettizzato come tale; l’esistenza di lager in cui le persone vengono recluse con la sola colpa di non avere i documenti giusti e le torture che lì dentro vengono perpetrate; la repressione che punisce qualsiasi tentativo di rivolta e mira a distruggere i legami di solidarietà che si creano dentro e fuori; fino alla deportazione forzata tramite voli di linea e voli charter appositamente designati a questo scopo.

Tutti questi ingranaggi mortiferi vanno ad arricchire schiere di spregiudicati attori: basti pensare alle cooperative a cui lo Stato delega la gestione dei cpr (che poco interesse hanno dei reclusx quanto sul lucrare il più possibile tramite gli appalti che vincono), oppure alle compagnie aeree attraverso cui vengono deportate le persone.
Queste politiche si fondano sulla configurazione di un Sistema mondo coloniale, bianco, occidentalocentrico e capitalista che si basa sulla creazione di categorie di razza e civiltà e sulla loro gerarchizzazione.
Ciò determina l’attuale ordine globale tra stati e l’ordine di privilegi all’interno di essi che giustificano lo sfruttamento sistemico.
La tensione alla libertà che ci spinge a lottare è più forte di qualsiasi tentativo di soffocarla. Non ci faremo intimorire dalle misure adottate dalla Questura di Varese, che non fanno altro che alimentare la nostra rabbia nei confronti di questo Sistema liberticida e di chi lo sostiene.

Il meccanismo delle frontiere e della loro protezione non fiaccherà la pulsione che spinge le persone ad attraversarle, e con essa nemmeno la nostra solidarietà e complicità.

Per un mondo senza Stati, frontiere e galere. Sempre solidali con chi viene oppressx e con chi si ribella.

Assemblea nocpr Milano

PUGLIA: MALEFLICK [BENEFIT 27 LUGLIO]

Riceviamo e diffondiamo

Apprendiamo con ben poco stupore la fine delle indagini per i fatti dell’11 gennaio, sera in cui a Bologna le strade del centro erano attraversate da una nuvola che turbava la tranquillità borghese al grido di vendetta per Ramy.
A vario titolo sono indagate 15 persone, due delle quali fermate quello stesso giorno, per: manifestazione non autorizzata,  interruzione di pubblico servizio, travisamento, resistenza aggravata, lesioni, violenza privata, lancio di oggetti, danneggiamento; nulla che ci stupisca.

Neanche 4 mesi dopo, negli stessi giorni in cui la procura depositava queste denunce, al Corvetto muore un altro ragazzo, Mohamed, nelle stesse circostanze di Ramy. Un inseguimento omicida che racconta di come in quartiere si muoia ancora, e si muoia per mano di un braccio armato classista e razzista, che con un gesto tanto semplice quanto giustificabile a posteriori, toglie la vita a ragazzi giovanissimi. Vite già marchiate dalla società come sacrificabili prima ancora di quelle notti, come d’altronde tutte le vite di serie B: delle persone razzializzate, dei detenuti, di chi lavora giornate intere per stipendi da fame, della gente spinta ai margini, degli abitanti dei quartieri sempre in condizioni precarie e di sussistenza.

Mohamed è morto senza che nessuna strada tremasse per lui, che nessun telegiornale realizzasse servizi. Solo sui quotidiani qualche trafiletto che lo paragonava a Ramy. Perché invece la vicenda di Ramy è stata di risonanza nazionale? Non era certo la prima di questo tipo ma per qualche motivo nei media e nelle persone ha avuto un impatto e una presenza diversa. E’ stata la risposta immediata e spontanea di rabbia e di protesta che i suoi amici e le persone del suo quartiere hanno dato la sera stessa della sua morte a portarla sotto gli occhi di tutti? In un mondo che si sta polarizzando sempre di più i quartieri cosa rappresentano? Che visibilità hanno le persone che li abitano, e perché le loro voci risuonano solo quando le istanze che portano prendono spazio in queste modalità esplosive? Le dimostrazioni di rabbia collettiva sono momenti fini a se stessi, come sempre vengono raccontati? O costruiscono anch’essi la realtà in cui ci muoviamo?

Vorremmo che la stessa risonanza delle vetrine rotte la avessero queste domande che attendono risposte collettive, funzionali ad organizzarsi in modo complice e solidale per contrastare le oppressioni sistemiche quotidiane.

Mentre uccidono i nostri amici e familiari, noi siamo indagati per un livido ad uno sbirro, ACAB. Alcunx dellx imputatx.

Alla luce di queste parole stiamo organizzando (in Puglia) una giornata benefit. Tutto il ricavato verrà utilizzato per affrontare le spese legali dei compagnx inguaiatx.

La giornata sarà caratterizzata da momenti di condivisone, chiacchiere, laboratori, musica, cinema e cibo vagano. Oltre gli svarioni, sarebbe bello anche confrontarci e affrontare dibattiti su temi importanti riguardo la repressione e la criminalizzazione delle persone razzializzate, il ruolo delle strutture detentive quali il carcere e i cpr e il ruolo che assumiamo come individui e come collettività nei confronti di queste tematiche.
Ci piacerebbe che fosse una giornata di co-creazione e condivisione e per questo sono benvenutx tutti coloro che hanno voglia di condividere le loro autoproduzioni, attraverso banketti di ogni genere. Ci sarà anche la possibilità e lo spazio per condividere, in maniera orizzontale, saperi e
pratiche attraverso laboratori. Chiunque voglia organizzare workshop o portare le proprie creazioni può
comunicarlo alla seguente mail: maleflick@mortemale.org (scriveteci le vostre eventuali necessità così
da organizzarci al meglio, cercate di portare tutto l’occorrente tranne la corrente).

Potete scrivere alla stessa email per avere info sul luogo di incontro (loro ci ascoltano, shhh).
Ci sarà la possibilità di rimanere a dormire e campeggiare.

Ci vediamo domenica dalle 11:00

Programma indicativo e per niente preciso:

Mezzogiorno: pranz8 e abbiocco
Pomeriggio: lab-oratorio (poco)seri-grafia e cudd ca v’lit
Tardopomeriggiosera: kiakkiere serietà e comunicazione analogica
Sera: cenetti e sballetti
Post-sera: https://www.youtube.com/watch?v=v9WnNCr_s38

Radio e banketti all day long

Portate ciò che vorreste trovare

No fasci
No sbirri
No machi

Stay rebel
Stay underground