UDINE: NO ALLA SMART CITY E AL CAPITALISMO DELLA SORVEGLIANZA

Riceviamo e diffondiamo:

DA VENEZIA A UDINE, NO CONTROL ROOM. No alla smart city e al capitalismo della sorveglianza!

Martedì 30 aprile ore 20:30, Spazio autogestito via De Rubeis 43, Udine.

Da marzo 2024, anche Udine, come Venezia, Trento, Bolzano, Milano e altre città entra in una progettualità di smart city. Un videowall di ultima generazione, una parete di 20 metri quadri composta da 12 monitor che trasmette le immagini in costante aggiornamento che provengono dalle telecamere di sorveglianza, che per mezzo di un software integrato da algoritmi di intelligenza artificiale, incrocerà dati come ad esempio il luogo, l’orario, il colore degli indumenti, i dettagli dei veicoli, dalle immagini raccolte in diversi contesti dalle telecamere. Tutto ciò nella Control Room del Comando di Polizia Locale di via Girardini a Udine.
Questa sala operativa permette di incrociare i dati ottenuti tramite le 190 videocamere di sorveglianza poste sul territorio udinese, con un totale di 496 obiettivi montati sulle telecamere stesse, cui andranno ad aggiungersi altre 86 ottiche montate su 26 nuovi apparecchi di videosorveglianza, che vanno sommati ai 18 dispositivi per il riconoscimento delle targhe delle vetture, dislocati nei principali nodi di traffico della città.
Nella realizzazione di queste politiche ultra tecnologiche di sorveglianza di massa, l’ente locale non è solo, si avvale infatti della collaborazione dell’Università di Udine – Dipartimento di Scienze matematiche, informatiche e fisiche che sta lavorando a Progetti di videosorveglianza predittiva con l’utilizzo dell’Intelligenza Artificiale in partenariato con MD Systems, ditta leader nei sistemi di sicurezza e sorveglianza.
Inoltre il Comune di Udine ha appena varato un Protocollo di sicurezza partecipata che prevede un sistema gerarchizzato di delazione di quartiere, in diretto contatto con le forze dell’ordine, atto a distruggere ogni possibile forma di solidarietà spontanea tra vicini di casa (e di classe sociale) per affrontare i problemi di vita di ognuno e a potenziare la criminalizzazione della povertà e della diversità dai canoni dominanti della società. La Regione FVG ha poi votato un nuovo regolamento che permette l’acquisto di droni, videocamere e fototrappole per contrastare l’immigrazione clandestina e il pericolo terrorismo e blindare ulteriormente il confine italo-sloveno, ora che il trattato di Schengen è sospeso. Questi dispositivi potranno essere acquistati anche dalle forze dell’ordine non di frontiera e impiegati nelle città e nei territori.
La smart city è un luogo che integra i sistemi fisici, digitali e umani nelle reti e nei servizi tradizionali (ad esempio nei sistemi pubblici di mobilità).
La prima ricaduta negativa sulla popolazione di questo modello urbano riguarda la privacy e la sorveglianza. Nell’ambiente della smart city, il sistema Internet delle cose – tra cui sensori, telecamere e Wi-Fi – modifica in modo radicale la consapevolezza situazionale e interferisce con la quotidianità delle persone attraverso il controllo totale e la polizia predittiva. Negli attuali scenari urbani la tecnologia non è una cosa a sé, ma è un soggetto che regola l’ambiente in cui si vive e che viene presentato come lo strumento necessario per la sicurezza, intesa come priorità in uno stato di emergenza permanente. Oggi la necessità di “difesa”, viene perseguita attraverso dispositivi di separazione e canalizzazione: le persone, diventate utenti della città, possono essere filtrate in funzione della legittimità riconosciuta alla loro presenza nel dato luogo da securizzare. La NATO richiede il proprio coinvolgimento nelle aree urbane in quanto “le città stanno diventando sempre più i bersagli principali di attacchi militari, politici e terroristici e sono ambienti di violenza e conflitto”. Molti investimenti nel settore della digitalizzazione delle città italiane arrivano dal PNNR, che prevede lo stanziamento di diversi miliardi di euro per la digitalizzazione e la trasformazione di territori vulnerabili in smart city, attraverso il recupero del ruolo dei Comuni e la promozione dei partenariati pubblico- privati. La cooperazione su cui si basano le smart city, vede infatti come soggetti gli enti territoriali regionali e locali, le istituzioni culturali e accademiche, le grandi aziende, i cittadini e i “city users”, cioè coloro che si recano in città per usufruire di un servizio.
In questo scenario una città che si contraddistingue è Venezia, che ha inaugurato una Smart Control Room nel settembre 2020, una vera e propria torre di controllo che ha sede nella sede della polizia municipale al Tronchetto, realizzata e gestita in collaborazione tra Comune, Venis S.p.A., Polizia locale e TIM. La data di nascita della Smart Control Room veneziana non è casuale, il 2020 infatti è l’anno in cui la gestione dell’emergenza Covid -19 criminalizza l’idea di folla e dà inizio ad un disciplinamento di massa attraverso dispositivi di controllo e identificazione che permettono spostamenti e accessi solo alle persone in possesso del Green Pass. Non troppo dissimile è il funzionamento del nuovo contributo d’accesso necessario per visitare Venezia, previsto per aprile 2024.

BOLOGNA: CONTAPERSONE E PIAZZA ALDROVANDI A NUMERO CHIUSO PER HALLOWEEN

Mentre continuano le retate interforze inaugurate a gennaio con il patto integrato sulla sicurezza, il Sindaco più smart di sempre fa sapere che per Halloween Piazza Aldrovandi sarà ad “accesso limitato”, gestita con l’ausilio di contapersone. La retorica della “sicurezza”, del “decoro” e del “degrado” diventa sempre più aggressiva: si punta il dito contro la “malamovida”, neologismo che si vuole contrapposto a “buona movida”, cioè a quella socialità che rientra perfettamente negli spazi e nei tempi del consumo stabiliti dai padroni. Una città sempre più escludente ed esclusiva, dove mentre si sgomberano sistematicamente spazi sociali ed esperienze di autogestione, si espelle dal territorio e si marginalizza chi non può permettersi i costosi aperitivi del centro.


Link:

Contapersone per gestire piazza Aldrovandi
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/halloween-2023-piazza-aldrovandi-numero-chiuso-f3rs0pcf

Posto di blocco in via Stalingrado con le auto fatte fermare nell’area di servizio

Alcol alla guida, maxicontrollo della polizia in via Stalingrado

Controlli interforze in stazione e centro
https://www.ilrestodelcarlino.it/bologna/cronaca/spaccio-degrado-piazza-verdi-cani-e69086ff

A SCUOLA DI SFRUTTAMENTO DIGITALE

Riceviamo e diffondiamo questa testimonianza.

Memorie di un’operaia dell’educazione

Quando chiusi definitivamente come educatrice all’interno degli istituti residenziali – un’altra storia dell’orrore che richiederebbe pagine – rivolsi la mia attenzione al mondo della scuola.

Già da qualche anno portavo avanti una personale ricerca sui media digitali, per comprendere come le tecnologie dell’informazione e della comunicazione, sempre più invasive e capillari, stessero condizionando i processi di sviluppo, crescita, relazione e interazione, per considerarne quindi usi e opportunità ma anche e soprattutto effetti sulla salute e criticità.

Mi trovai a partecipare ad un progetto all’interno di una scuola in cui ebbi modo di constatare quanto iniziando a parlare di web, media e social network con le studenti e gli studenti, si arrivasse infine a parlare di vissuti, tutti quei vissuti che evidentemente non trovano spazio oltre le grandi platee digitali.

Il legittimo bisogno di condivisione e di espressione di sé venne messo in relazione ai pericoli legati alle piattaforme commerciali online iper-gamificate (1). Si ebbe modo di inquadrare criticamente la rete, l’uso dei media e tante altre cose (2, 2.1). Fu un’esperienza breve ma intensa, da replicare e moltiplicare, che raccolse molto interesse da parte di studenti e insegnanti. Mi convinsi che era qualcosa su cui poteva avere senso investire energie.

Come educatrice, venendo da altri percorsi, avevo bisogno di avere ‘crediti’ affinché le mie ‘competenze digitali’ fossero anche ‘dimostrabili’ sul mercato del lavoro, per cui cercai possibili percorsi ‘professionalizzanti’.

Mi trovai ad avere l’imbarazzo della scelta, il mercato delle formazioni online infatti si è allargato in modo esponenziale. Scelsi un corso ‘professionalizzante’ da consumare comodamente e inutilmente da casa mia, curato da un’ente accreditato che da anni si occupa di pedagogia, per diventare: “un’educatrice esperta in didattica col digitale” al prezzo di qualche centinaia di euro. Questo genere di mercato delle formazioni da’ accesso a crediti per i concorsi a scuola e/o per l’educazione continua in medicina.

“L’ECM è il processo attraverso il quale il professionista della salute si mantiene aggiornato per rispondere ai bisogni dei pazienti, alle esigenze del Servizio sanitario e al proprio sviluppo professionale. La formazione continua in medicina comprende l’acquisizione di nuove conoscenze, abilità e attitudini utili a una pratica competente ed esperta. I professionisti sanitari hanno l’obbligo deontologico di mettere in pratica le nuove conoscenze e competenze per offrire una assistenza qualitativamente utile. Prendersi, quindi, cura dei propri pazienti con competenze aggiornate, senza conflitti di interesse, in modo da poter essere un buon professionista della sanità.” (3)

Qui c’è da fare una premessa, la mia laurea educativa mi colloca tra i professionisti sanitari.

L’Educatore Professionale socio-sanitario si forma nelle Facoltà di Medicina o in corsi interfacoltà con una Laurea LSNT/02 abilitandosi nel settore delle professioni sanitarie, quindi ambiti che fanno capo alle Ausl (Aziende/unità sanitarie locali).

L’Educatore Professionale socio-pedagogico invece si forma nelle Facoltà di Scienze dell’Educazione e della Formazione con una Laurea L19 per operare in vari tipi di progetti e servizi ‘socio-educativi’, ambiti che in linea di massima fanno capo alle Asp (Aziende pubbliche di servizi alla persona).

Questo processo, sottovalutato pressoché da tuttx, ha decretato in molti ambiti la definitiva separazione, frammentazione, medicalizzazione e tecnicizzazione del lavoro educativo, per una “presa in carico” prima di tutto “sanitaria” dell’ ‘utente’, ‘tossicodipendente’, ‘psichiatrico’, ‘disabile’. Come se dipendenza, disagio, sofferenza e abilismo non siano questioni fondamentalmente sociali.

Il nostro educatore ‘sanitario’ si è trovato iscritto niente di meno che all’Albo dei Radiologi, divenuto ora “Federazione nazionale degli Ordini dei Tecnici sanitari di radiologia medica, delle professioni sanitarie tecniche, della riabilitazione e della prevenzione” (FNO TSRM PSTRP), in rappresentanza di 19 professioni sanitarie iscritte. Guardare per credere. (4)

La Legge Lorenzin (marzo 2018) ha individuato e regolamentato i nuovi ordini professionali e ha imposto agli educatori con titolo sanitario l’obbligo di iscrizione all’albo pena l’esercizio abusivo della professione, escludendo al contempo dall’élite dei “super qualificati” un esercito di lavoratori già in essere. A completare il quadro infatti la ex Legge Iori, inserita in Legge di Bilancio nel 2017, che ha scaricato sui lavoratori inquadrati come “educatore senza titolo” con meno di 50 anni o meno di 20 anni di anzianità, la gabella di doversi pagare un corso da 60 cfu da conseguire presso le università alla modica cifra di 1800 €.

L’epilogo di una deriva fortemente promossa da autoproclamate “associazioni di categoria” che hanno reso il lavoro educativo una professione definitivamente medicalizzata, soggetta a controllo, disciplina e sanzioni, destinata ad alimentare un sistema economico privatistico chiamato “ordine professionale” con il pagamento di quella che di fatto è una tassa sul lavoro.

Associazioni che si riempiono la bocca di paroloni, pubblicazioni, formazioni, studi, accreditamento, core competences, qualità, carta, dove le persone sono all’ultimo posto,  per lo più oggetto di giochi economici, politici e semantici, e le operaie e gli operai dell’educazione, del sanitario e del socio sanitario sono ridottx a pedine usa e getta in contesti al ribasso, o a lavorare come utensili all’interno di grandi realtà spersonalizzanti, sovraccaricati di mansioni e responsabilità ma senza un reale margine di autonomia e libertà operativa.

Gli educatori, gli insegnanti,  i lavoratori del sociale, del sanitario e del socio-sanitario sono diventati i principali lacchè del marketing aziendale  – lacchè: domestico o valletto in livrea che nei secoli passati precedeva o seguiva per strada il padrone o la padrona – la maggior parte della carta, della ‘progettazione’ e della rendicontazione prodotta dagli operatori sul lavoro serve infatti unicamente alle aziende per vendersi e ottimizzare i profitti sulla pelle di ‘utentx’ e lavortorx.
Si inizia a lavorare, si inizia ad imparare a raccontarsela. Che brutta fine questo ‘educatore’, che pure sembrava muovere da istanze che lo collocavano oltre i saperi unicamente tecnico-oggettivanti. E che sciocca io a credere che a scuola potesse essere ancora diverso…

Il Piano Nazionale Scuola Digitale (PNSD) è il documento di indirizzo del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca “per il lancio di una strategia complessiva di innovazione della scuola italiana e per un nuovo posizionamento del suo sistema educativo nell’era digitale.”

Obiettivo del PNSD, di valenza pluriennale, è quello di “indirizzare l’attività di tutta l’Amministrazione, e fungere da “catalizzatore” per l’impiego di più fonti di risorse a favore dell’innovazione digitale, a partire dalle risorse dei Fondi Strutturali Europei e dai fondi de La Buona Scuola.”

Non posso ripercorrere qui tutto il percorso formativo, ma posso di getto riportare le cose che mi hanno decisamente allarmata e poi tirare giù due pensieri sulle implicazioni che vi ho scorto, che scostano di molto da quei progetti/percorsi critici che immaginavo di portare a scuola. E’ stato subito evidente quanto l’intento principale di questi corsi sia addestrare insegnanti ed educatori, e con loro  studentx e famiglie, all’utilizzo acritico e passivo di ciò che viene imposto e calato dall’alto come grande innovazione.

La prima cosa a precipitarmi nel panico è stato vedere proposto con entusiasmo il sito Educazione Digitale alle insegnanti e agli insegnanti in formazione, una piattaforma digitale di “percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento” riconosciuta dal ministero dell’istruzione (5). Si tratta di alternanza scuola-lavoro, pillole di capitalismo multimediale di cui gli insegnanti diventano i nuovi infermieri somministratori. La carrellata degli sponsor è agghiacciante. Si parla di ambiente, cittadinanza, salute ed ecosostenibilità con Coca-Cola, Novartis, Federchimica e Confindustria, BPER, Leonardo, Enel, EnelX, Leroy Merlen, Melinda… ma l’elenco è lungo.

Agghiacciante allo stesso modo l’app ClassDojo (6) proposta come grande innovazione didattica, una piattaforma commerciale per “il miglioramento dei comportamenti e la gestione del gruppo classe” dove gli insegnanti possono segnalare i comportamenti negativi degli alunni e premiare quelli positivi informando in tempo reale anche le famiglie grazie ad un codice che permette di entrare sul sito e monitorare la situazione.

“Utilizzando questo sistema, dopo aver condiviso con gli studenti le regole e le finalità educative, si genera una classifica a punti che mostra i progressi degli alunni, rappresentati sullo schermo da simpatici avatar. Con un semplice gesto l’insegnante può segnalare un intervento positivo, un compito eseguito in maniera corretta, oppure un comportamento scorretto, un momento di distrazione, ecc. In questo modo, sotto forma di gioco, si effettua un monitoraggio continuo e costante dell’andamento di ogni singolo alunno e della classe intera.
 L’insegnante può inserire la lista dei comportamenti da premiare o comunque degli items da valutare e può scegliere se visualizzare o meno i punti negativi. Ad esempio si può scegliere in maniera del tutto autonoma di ritenere positivo il fatto di parlare con un tono di voce adeguato o di aiutare i compagni in classe. Esiste anche la possibilità di visionare e condividere delle schermate di sintesi riguardo l’andamento in maniera periodica.”

Questa piattaforma tra i vari optional ha una funzione che rileva il livello del ‘rumore’ in classe.
 Non credo serva aggiungere altro per trarre le proprie conclusioni in merito questa bella applicazione fatta per contenere i ‘comportamenti problema’ in classe inchiodando bambine e bambini ad uno schermo.

Si viene istruiti inoltre su come integrare la didattica a scuola con l’uso dei dispositivi personali degli studenti, con tutto quello che ne può comportare. In tale azione si legge testualmente “La scuola digitale, in collaborazione con le famiglie e gli enti locali, deve aprirsi al cosiddetto BYOD (Bring Your Own Device), ossia a politiche per cui l’utilizzo di dispositivi elettronici personali durante le attività didattiche sia possibile ed efficientemente integrato”.

BYOD è l’acronimo di Bring Your Own Device, ovvero “porta il tuo strumento a scuola”. Una didattica che incentiva l’utilizzo di dispositivi personali degli studenti, integrati con gli strumenti di base che nel piano scuola ogni istituto già di per sé dovrebbe fornire ad a ogni classe.
Si viene inoltre addestrati al registro digitale, già acquisito da tempo, con tutti gli aspetti di controllo ad esso legati, oltre che all’utilizzo di cloud e piattaforme commerciali per la creazione di contenuti digitali e classi virtuali. Tutta la suite google ma anche molte altre applicazioni nate per favorire i processi aziendali, ed ora riadattate per allestire presentazioni interattive e video accattivanti per ‘apprendimenti ‘coinvolgenti’. Insegnanti ed educatori vengono sollecitati a predisporre materiali di studio ‘smart’, che le studenti e gli studenti possano consumare anche sul bus o durante gli spostamenti.

Nella parte di un altro modulo si parla di singolarità tecnologica dandone per scontato il processo. Si anticipa il sempre più prossimo superamento della soglia in cui lo sviluppo della civiltà vedrà il processo tecnologico accelerare oltre la capacità di comprendere e prevedere degli essere umani in termini assolutamente passivi. Viene dato per scontato il capitalismo dell’innovazione tecnologica e il progresso predatorio che lo produce. Viene citato Raymond Kurzweil (7) e il suo testo “Come creare una mente, i segreti del pensiero umano”, si ribadisce che non sappiamo realmente dove la tecnologia ci porterà con questa corsa alla ricerca di essere replica delle capacità del nostro cervello. Si ricorda come la conoscenza rispetto come si sviluppano i pensieri, quindi sul funzionamento del cervello umano, aumenta esponenzialmente, al pari degli investimenti in nanotecnologie, biotecnologie e neuroscienze. Si parla di investimenti privati ma anche pubblici, come i miliardi investiti dall’Unione Europea nello “Human Brain Project” (8), un progetto scientifico nel campo dell’informatica e delle neuroscienze che mira a realizzare, entro il 2023, attraverso un supercomputer, una simulazione del funzionamento completo del cervello umano.

Si dice apertamente quanto l’intelligenza artificiale sia la nuova corsa all’oro. Si parla di memorie estese nei cloud e microchip. Fantascienza che nel 2025/2030 potrebbe essere già disponibile sul mercato. Si afferma quanto oggi non sia possibile ‘preparare i ragazzi al futuro poiché il futuro non lo si può immaginare, si dice palesemente quanto a questo processo non ci si possa opporre ma solo adattarsi. Si parla di nuove generazioni sperdute come i loro genitori e si invita a diventare flessibili alla novità.

Tecnologie che si propongono sempre più come connettore mente-conoscenza per una nuova pedagogia basata sulle evidenze, si, ma capitaliste, che dietro ad una retorica dell’inclusività, della cooperazione e della costruzione interattiva del sapere, nascondono dinamiche piu simili alla manipolazione e alla persuasione usata all’interno di certe aziende per promuovere la compliance dei lavoratori con l’ausilio di sistemi gamificati. Un’educazione decisamente comportamentista, che vede gli alunni e i loro comportamenti come qualcosa da correggere e manipolare a proprio piacere e l’individuo come qualcosa di completamente autofondato, separato dal suo contesto relazionale e ambientale.

Si va verso il “brain-based learning” un insegnamento/ apprendimento sempre più affidato alle neuroscienze e alla psicologia cognitiva per una didattica basata sul risultato, che per essere efficace si avvale di conoscenze approfondite dei processi cerebrali e cognitivi che sottostanno all‟apprendimento.

La strumentalizzazione della didattica laboratoriale e delle teorie costruttiviste (9, 9.1) sta consolidando un modello capitalista sempre più decentralizzato e multidirezionale, e una nuova pedagogia persuasiva dove insegnanti e alunni sono sollecitati e attivamente ingaggiati nel vendere se stessi e nel curarsi di sè solo in quanto produttori e oggetti di consumo. L’incrocio tra gaming ed advertising diventa l’approccio migliore in termini di monetizzazione e profitto per le compagnie del mercato digitale: trovare modi per portare le persone a ripetere determinati comportamenti fino a che questi non diventino abitudinari, desiderabili e ricercati.

Chissà perché un intero modulo è stato dedicato alla progettazione e conduzione di campagne di crowdfunding?! Insegnanti imprenditori procacciatori di fondi e studenti apprendisti manager di se stessi inventori/imprenditori di startup?

Importante in questo senso anche il modulo sul coding e sul pensiero computazionale, discipline che stanno entrando prepotentemente a scuola, fortemente promosse e finanziate, insieme tutte le materie STEM (10), per rispondere alla domanda capitalista di forza lavoro in ambito scientifico, tecnologico, ingegneristico e matematico, testimoniando la progressiva e inesorabile penetrazione di interessi commerciali e speculativi a scuola.

Intanto sfruttamento, precarizzazione, atomizzazione e isolamento sono sempre più accettati come fatti naturali mentre passa assolutamente in secondo piano quanto l’esposizione a dispositivi, smartphone, piattaforme social commerciali, chat e schermi stia invadendo sempre più spazi e tempi di vita, alterando il sonno e la veglia e condizionando i processi affettivi e cognitivi – funzioni riflessive, attenzione, memoria – di moltx, indebolendo sempre più legami e relazioni, esasperando frustrazioni e producendo risentimento senza voce il più delle volte scaricato in basso, tra pari.

Mentre i corpi oppressi sono ridotti sempre più ad oggetti e funzioni in relazione a chi detiene i maggiori privilegi sociali ed economici, e gli spazi di libertà si riducono, la rete si fa veicolo di nuove forme di dominio non solo inerenti al divario digitale e al capitalismo della sorveglianza ma anche e soprattutto relativamente a come questi dispositivi vengono implementati nella vita delle persone.

Le città – e con queste, le scuole – stanno diventando industrie di sfruttamento sempre più mediate da aziende private, interconnesse e digitalmente sorvegliate, disciplinate sempre più in senso autoritario e iper-razionale.

L’accelerazione in corso sta infatti consolidando forme sempre più specializzate di esclusione, potere e dominio: si punta sempre più sulla “sicurezza” per fomentare tutte quelle paure che possono essere strumentalizzate in funzione di consenso.

L’obbiettivo è reprimere il conflitto con l’espulsione di tutte quelle persone  che con la loro presenza ed esistenza svelano i modelli dominanti spersonalizzanti in cui siamo inseritx.

La retorica del ‘decoro’ e del ‘degrado’, la gestione sempre più violenta e razionale dello spazio urbano, la pulizia di quanto imprevisto e non-normato, sta colpendo sempre più soggettività, anche l’infanzia è nel mirino: giovani e adolescenti diventano sempre più un problema di ordine pubblico da reprimere mentre rimangono intatti quei modelli che il sistema stesso riproduce ed esalta, pesci grandi che mangiano pesci piccoli all’interno di realtà dove solo chi ha soldi e potere è preso in considerazione, e chi non accetta di essere un cavallino da corsa non è nessunx.

Una ‘sicurezza’ sempre più ‘preventiva’ volta ad asfaltare tutti gli spazi di fiducia, libertà, relazione, intersezione, prossimità, solidarietà dal basso.

Big Data e Intelligenza Artificiale sono le pietre angolari di queste trasformazioni.

L’interconnessione massiccia di banche dati permetterà sempre più di stabilire correlazioni, effettuare controlli incrociati, elaborare statistiche, rintracciare individui o amministrare luoghi, permettendo una sorta di ‘meteorologia delle masse’ rispetto abitudini, movimenti, consumi, costumi e comportamenti.

La scuola-azienda sta coadiuvando il Capitale nell’esasperare questo paradigma e questo processo, insistendo sull’ottimizzazione iper-razionale della prestazione in un contesto di alienazione esasperata, rabbia e affettività inespressa.

Neuroscienze e psichiatria sono pronte a raccogliere e i cortocircuiti di queste oppressioni e a colonizzare sempre più il quotidiano e l’individuo: la platea di ‘difetti’ e ’tare’ da curare e riparare è destinata ad aumentare proporzionalmente allo sfruttamento e all’oggettivazione che attraversano infanzia ed età adulta (11).

Non si tratta di assumere posizioni dogmatiche rispetto l’utilizzo o meno di media o tecnologie ma di evidenziare come le retoriche dell’innovazione tecnologica e l’agenda digitale a scuola siano su traiettorie che non hanno nulla a che vedere con i reali bisogni di studentx, famiglie, insegnanti ed operatori. 

Si va verso una “didattica del piccolo imprenditore di sè”, un modello che livella di fatto differenze culturali, economiche e sociali, fino a considerare il soggetto pura materia da manipolare.

 

Una ribaltamento semantico a sfondo organicista, comportamentista e interclassista, volto a dissimulare interessi antagonistici di classe e posizionamenti diversi all’interno dell’odierna società neoliberista.

Con la strumentalizzazione dell’educazione cooperativa ed inclusiva, della didattica laboratoriale e delle teorie costruttiviste il Capitale sta entrando sempre di più a scuola e a livello individuale ed estendendo il suo potere in un modo che non c’entra assolutamente nulla col ‘coinvolgere attivamente la persona nella costruzione del suo sapere’ e che sta sottraendo sempre più campo al rischio di qualsiasi relazione di fiducia, quindi di qualsiasi autonomia, sempre più affidata al dispositivo tecnico e alla sua discrezionalità binaria e iper-razionale al servizio di chi ne detiene il potere.

Il “media” in questo senso smette di “mediare” diventando vincolante per l’identità e determinante per la relazione. Una nuova tecno-ontologia come fondamento di ogni esperienza. Se la scuola e le città si fanno laboratorio, tocca capire chi è la cavia.

 


NOTE

1) Léo Favier, regia (2019)
https://www.arte.tv/it/videos/RC-017841/dopamina/

2) Ippolita (2012) “Nell’acquario di Facebook“ https://brughiere.noblogs.org/biblioteca/#TECNOLOGIEDELDOMINIO

– Ippolita (2019)  “Etica hacker e anarco-capitalismo. Scritti scelti”

– Agnese Trocchi (2019), “Internet, Mon Amour. Cronache prima del crollo di ieri“
https://brughiere.noblogs.org/biblioteca/#INTERNETMONAMOUR

3) https://ape.agenas.it/ecm/ecm.aspx

4) http://www.tsrm.org/

5) https://www.educazionedigitale.it/

6) https://www.classdojo.com/

7) https://it.wikipedia.org/wiki/Raymond_Kurzweil

8) https://it.wikipedia.org/wiki/Human_Brain_Project

9) https://it.wikipedia.org/wiki/Costruzionismo_(teoria_dell’apprendimento)

https://it.wikipedia.org/wiki/Seymour_Papert

10) https://it.wikipedia.org/wiki/STEM

11) STRAPPI. Riflessioni antipsichiatriche
https://brughiere.noblogs.org/post/2022/03/21/strappi-riflessioni-antipsichiatriche/

Brucia il telefono

“L’idea di studiare le tematiche di questo opuscolo è nata in un momento femminista tra donne, lesbiche, froci e trans+ di scambio e condivisione sulla lotta contro le frontiere ed i dispositivi repressivi costruiti attorno ed a partire da esse. Nel cercare approfondimenti su cellulari e telefonia ci siamo imbattutx in questo lavoro che per i suoi anni era fatto molto bene. Qualche tempo dopo abbiamo deciso di tradurlo ed aggiornarlo, già che ci stavamo lavorando sopra abbiamo tolto le parti che non ci convincevano del testo. Quindi quanto leggerete non è la traduzione del testo, ma quello che ci sembrava interessante estrapolare con varie parti ampliate o eliminate.”

PDF BRUCIA IL TELEFONO

Da: https://www.autistici.org/distrozione/brucia-il-telefono/

Francia: su intelligenza artificiale, sorveglianza e trasporto pubblico

Da: https://www.usine-digitale.fr/article/cibest-va-equiper-la-ligne-cdg-express-en-videosurveillance.N1078609

Cibest doterà la linea CDG Express del proprio sistema di videosorveglianza

L’azienda Cibest, con sede a Besançon (Doubs), è stata selezionata per equipaggiare la futura linea CDG Express con le sue soluzioni di videosorveglianza e conteggio passeggeri. Per fare ciò, si affida in particolare all’intelligenza artificiale.

Un milione di euro è il valore del contratto vinto da Cibest da Hello Paris, il consorzio che gestirà la linea ferroviaria tra l’aeroporto Charles De Gaulle e la Gare de l’Est di Parigi, il CDG Express. Mentre Alstom fornirà i treni, Cibest, che commercializza protezione video, conteggio passeggeri, informazioni sui passeggeri e soluzioni digitali per la retrovisione per gli operatori del trasporto pubblico, è stato selezionato per equipaggiare 13 treni e le loro 52 auto.

Identificare movimenti e attacchi improvvisi

“Forniremo una funzione intelligente complementare con intelligenza artificiale e algoritmi che riguarderanno il rilevamento di oggetti abbandonati”, specifica Fabrice Bernard, direttore tecnico di Cibest. Un algoritmo integrato nelle telecamere di videosorveglianza VCA intelligenti soddisferà questa missione, mentre un modulo aggiuntivo di intelligenza artificiale avrà un computer specifico per eseguire il rilevamento comportamentale.

“Identificherà movimenti improvvisi, cadute o persino aggressioni per dare l’allarme”. Prima in 4G poi in 5G a seconda dell’evoluzione della tecnologia, il treno avrà una connessione in tempo reale tra il treno e gli operatori nel PC di monitoraggio. “A seconda degli allarmi, potranno togliere ogni dubbio coinvolgendo personale di bordo o in banchina , aggiunge Fabrice Bernard.

Le apparecchiature Cibest registreranno continuamente le immagini. “A seconda della disponibilità del collegamento wireless, possiamo consultarli su richiesta. Stiamo lavorando con un partner per il software di terra, Axone, che fornisce un sistema VMS con una funzione per rimandare le telecamere a una parete d’mmagine”.

Nessuna stereoscopia per ridurre i costi

Mentre Cibest utilizza la stereoscopia 3D per i sistemi di misurazione che installa presso i suoi numerosi clienti nel settore del trasporto urbano in Francia e all’estero, la soluzione scelta da CDG Express sarà diversa.
“Per non avere alcun costo aggiuntivo integrando un altro sensore sopra le porte, Hello Paris ha preferito che le telecamere garantissero il conteggio anche se l’affidabilità è inferiore”.

Quando la stereoscopia esegue un conteggio dei passeggeri con una precisione del 98%, l’intelligenza artificiale installata dovrà rilevare persone e movimenti per raggiungere un’affidabilità stimata tra il 70 e l’80%. “Il fatto di avere una sola telecamera per la protezione e il conteggio dei video, anche se il suo posizionamento è meno adatto, resta un’innovazione”. Nel 2021, Cibest e i suoi 55 dipendenti lavoreranno per formalizzare il fabbisogno complessivo al fine di consegnare l’attrezzatura entro l’inizio dell’operatività della linea prevista per il 2024 – 2025.

Nel frattempo, l’azienda prevede di internalizzare la produzione dei suoi computer di bordo, cervello del suo sistema di misurazione e protezione video. Per fare questo verranno investiti 600.000 euro in un nuovo edificio mentre verranno assunti 4 dipendenti. Cibest genera 10 milioni di euro di fatturato, di cui il 25% internazionale.

Colpo di mano poliziesco in Francia: parlamento vuoto approva la Loi Sécurité Globale

È dell’altroieri la notizia dell’approvazione, da parte del parlamento francese, della liberticida «Loi Sécurité Globale», con 75 voti a favore e 33 contro, su un totale in teoria di 577 deputati. Il commento del sito Nantes Révoltée

L’altroieri, giovedì 15 aprile, il Parlamento ha approvato in via definitiva la cosiddetta legge sulla “sicurezza globale”. Una legge autoritaria, che va a consolidare il regime di polizia in Francia. È in un Parlamento vuoto che è stata imposta la legge più liberticida dalla seconda guerra mondiale: 75 voti sono andati a favore, 33 contro. Su un totale, in teoria, di 577 deputati. Poco più del 10% dei parlamentari hanno quindi approvato questa legge. Gli stessi parlamentari eletti da una piccola parte della popolazione, sullo sfondo di un voto parziale e di un ricatto elettorale. Il regime autoritario si è imposto silenziosamente senza traccia di alcuna legittimità.

In concreto, questo significa la generalizzazione dei droni in tutti gli interventi delle forze dell’ordine, l’obbligo di sfocare le immagini dei volti degli agenti di polizia e il rischio di essere sottoposti a violenze, di venire arrestati e condannati per chiunque filmerà gli agenti, mentre le immagini delle manifestazioni potranno essere riprese dalle telecamere pedonali e trasmesse in diretta … Questa è la porta aperta all’impiego massiccio del rilevamento di immagini in tempo reale con l’utilizzo di software automatizzati, tra cui il riconoscimento facciale. Ma anche l’autorizzazione al porto d’armi per la polizia fuori servizio, anche nei luoghi pubblici, e più in generale i pieni poteri alle forze dell’ordine che hanno carta bianca già da anni.

Lo scorso inverno più di 500.000 persone hanno manifestato contro il progetto di legge in diverse occasioni. Cortei di massa e decisi, nonostante la terribile repressione. Centinaia di arresti e feriti.

Lo stesso Difensore dei diritti, ma anche il Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa, relatori speciali dell’Onu, sono allarmati dalla legge sulla “sicurezza globale”. Una legge che tutti riconoscono come di estrema destra e che mostra bene il cambiamento della natura del regime politico in Francia. Eppure: niente. Un potere inarrestabile che si muove come un rullo compressore e schiaccia qualsiasi cosa sul suo cammino. E che, ancora peggio, continua a comprare droni, veicoli blindati e granate nel mezzo di una crisi sanitaria, con incredibile arroganza. Non siamo riusciti a spaventare il governo.

Allora come fermare questo circuito di autodistruzione? Eravamo milioni a mobilitarci contro la riforma delle pensioni alla fine del 2019. Centinaia di migliaia l’anno dopo per difendere le libertà. Il più delle volte troppo bravi e disciplinati o storditi dalla paura, come fulminati, mentre il cielo si oscurava. Conosciamo tutti le ricette per la sconfitta. Docili processioni. Si chiede calma. Incontri nei corridoi dorati del potere. “Dissociazioni” pubbliche e “condanne” al minimo gesto di rabbia da parte delle organizzazioni di sinistra. A Nantes come a Parigi, queste organizzazioni hanno persino smesso di invocare manifestazioni per paura della “violenza” dei manifestanti! Perdere senza nemmeno combattere. Per quale problema? Quale risultato? Seguire le regole del gioco del nemico è la certezza di essere sconfitti.

Una “dittatura” che si nasconde sempre meno dai suoi disastri su tutti i livelli, una sorveglianza di massa e un regime di emergenza per la sanità destinato a durare: abbiamo ancora il tempo di cercare di essere “responsabili” e “comprensivi” agli occhi dei media che, in ogni caso, lavorano contro le nostre lotte? Abbiamo ancora il lusso di essere “ragionevoli” con LBD+ rivolti ai nostri corpi? C’è solo una rivolta che ha scosso seriamente il potere negli ultimi 10 anni: quella dei Gilet Gialli. E non stava seguendo nessuna delle regole del gioco, nessuno dei piani, e stava direttamente, materialmente, prendendo di mira gli ingranaggi del potere e dei suoi rappresentanti. Macron e i suoi complici lo hanno ripetuto sufficientemente: sono in guerra. Capiscono solo la forza e reagiscono solo quando temono per la propria integrità e per quella dei loro amici.

+LBD è una sigla che sta per «lanceur de balles de défense», un’arma molto utilizzata, soprattutto negli ultimi anni, dalle forze dell’ordine per reprimere le manifestazioni nelle piazze francesi. È considerataun’arma “non letale” ma di fatto ha provocato tantissimi feriti negli ultimi anni e, come denunciano alcune ricerche oltre che molti collettivi, la presunta non letalità dell’arma andrebbe seriamente messa in discussione.

Pubblicato sul sito Nantes Révoltée

La smart city che avanza

Da https://www.radiocittafujiko.it/autobus-bologna-in-arrivo-la-possibilita-di-pagare-con-carta-contactless/

Bologna, 2021

Eccola qui la smart city. La bologna sostenibile, innovativa, pratica, competitiva, all’avanguardia.

“Il futuro del viaggio su autobus è già qui: dal 30 marzo, su tutta la Linea 25 e su 150 autobus dell’area urbana di Bologna, sarà disponibile un nuovo metodo di pagamento della corsa, mediante carta di credito contactless.
Questo nuovo sistema permetterà all’utenza di acquistare il proprio biglietto direttamente sull’autobus, passando la propria carta vicino ai nuovi validatori, consentendogli così di viaggiare col mezzo pubblico indipendentemente dal tipo di corsa effettuata e dei cambi necessari per arrivare a destinazione.”

“Caratteristica fondamentale di questo nuovo mezzo è la sua praticità, oltre che per il pagamento, anche per le corse che gli utenti dovranno effettuare. Il sistema, infatti, non comporterà modifiche di tariffario: se un utente, per necessità, dovesse cambiare più autobus nel corso della giornata non pagherebbe comunque più dei 6€ richiesti dall’attuale abbonamento giornaliero, e non dovrà neanche occuparsi di effettuare il pagamento più comodo alle sue esigenze, dato che il sistema gestirà la richiesta in automatico. E non gli sarà neanche difficile verificare il suo titolo di viaggio, dato che all’utente, quando gli sarà richiesto il biglietto, basterà dichiarare al controllore le ultime quattro cifre della propria carta, in modo che il sistema possa riconoscere chi usufruisce del servizio e garantire al contempo la sua privacy.”

Sarà tutto semplicissimo insomma! Pratico e veloce! La miglior tariffa! Il miglior vantaggio! E soprattutto per il nostro bene! Privacy garantita! Sarà tutto comodissimo!

“Questo è solo il primo tassello di un processo di sostenibilità, sicurezza e digitalizzazione di cui l’assessore regionale alla mobilità, Andrea Corsini, ha fatto accenno durante la presentazione; processo che ha lo scopo di incoraggiare l’uso del trasporto pubblico locale, soprattutto per i più giovani.”

Insomma le tre paroline magiche: sostenibilità, sicurezza e digitalizzazione.
La solita vecchia bugia per cui il digitale trasforma la merda in green e  la sicurezza si fa con la sorveglianza e il controllo.
L’assessore vuole incoraggiare l’uso del trasporto pubblico locale da parte dei giovani… con il contactless?

“Il sistema, ovviamente, non sostituirà gli altri metodi di pagamento, ma si aggiungerà agli stessi”
Certo. Finchè gli stessi non verranno dichiarati obsoleti.

«I pagamenti devono essere un acceleratore al processo di digitalizzazione, perché impattano positivamente con la nostra vita quotidiana» ha dichiarato, infatti, il direttore del Public Sector di SIA, Emiliano Doveri, il quale ipotizza che questa esperienza si possa applicare in futuro non solo alla mobilità, ma anche a parcheggi, bike sharing e musei, grazie alla sua sostenibilità e praticità.”

Dunque pagamenti veloci e digitali, e abitudini e spostamenti sempre piu tracciati impatterebbero positivamente la nostra vita.

Bisognerebbe chiedere cosa ne pensano del processo di digitalizzazione le cassiere e i commessi vessati dai contapersone negli store, com’è migliorata la loro vita sui luoghi di lavoro.

E’ il modello Amazon. Con il pretesto dell’ottimizzazione si stanno trasformando le città in industrie di sfruttamento, interconnesse e digitalmente sorvegliate. Non-luoghi, ripuliti, inibiti al vagabondaggio, agli incontri estemporanei e al confronto con l’alterità.

La digitalizzazione delle città aumenterà le forme di discriminazione ed esclusione, depoliticizzando lo spazio pubblico in una sempre piu ampia disumanizzazione delle relazioni sociali. Il controllo totale e l’organizzazione algoritmica dello sfruttamento, si ripercuoterà necessariamente su chi è già vulnerabilizzato e sfruttato, e naturalmente su chi si ribella e lotta. Tutto questo si consumerà attraverso i grandi profitti finanziari dei soliti pochi, con investimenti che non hanno nulla di green se non il colore dei soldi (e nemmeno quello ormai) , e che serviranno unicamente a rafforzare il potere dei mercanti e dei loro amici governanti.

“L’obiettivo, come dichiarato dalla presidentessa, sarà quella di rendere disponibile il servizio su tutta la flotta di Tper, anche per le aree extra-urbane, entro il 2022, anche grazie ai finanziamenti regionali e comunitari già stanziati per il progetto.”

Sì, perchè avevano proprio bisogno del contactless le aree extra-urbane.


https://www.regione.emilia-romagna.it/notizie/attualita/sul-bus-anche-senza-il-biglietto-tradizionale-si-paga-a-bordo-con-carta-di-credito-bancomat-smartphone-e-smartwatch

1.500 ‘validatori’  su tutto il territorio regionale per un investimento complessivo di 3 milioni e 275mila euro cofinanziati al 50% dalla Regione attraverso fondi comunitari PorFesr e per il restante 50% dalle aziende Tpl – Seta, Start Romagna, Tep e Tper – attraverso una gara che ha visto Tper nel ruolo di capofila.