OPUSCOLO: NON È FORSE QUESTA GUERRA?

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“Non è forse questa guerra?!” è stato scritto cercando di portare nella discussione collettiva, o individuale che sia, alcune tematiche riguardanti gli intrecci tra alcuni luoghi della Terra, nella fattispecie le rive dello Stretto, e le dinamiche predatorie del capitalismo.
La domanda che titola queste riflessioni e colletta di informazioni non vuole essere retorica, ma la messa a fuoco di un totale dilagare della forma guerra. La riorganizzazione dell’economia mondo sul modello del conflitto totale porta con se un alito mortale di cambiamenti e rinnovate frenesie; il nuovo capitale espande i suoi confini e necessita di tutta una rete di rinnovate infrastrutture a questo dedicate.

Nel corso di queste pagine si sono voluti mettere in evidenza alcuni processi o progetti che costituiscono parte degli sforzi indirizzati alla riorganizzazione del territorio sulla base delle necessità di un élite sempre più lontana dalle persone sulle quali impone i propri piani di accumulo. Qui la questione non è prendere il loro posto, bensì puntare un faro sul come e il chi ci affligge una tale prospettiva talmente mefitica e comprendere come scardinarne l’esistenza.

Elemento fondamentale di questa riflessione è il sempre più acuto sistema repressivo che il legislatore sta mettendo in atto nei confini del ‘bel paese’. Un sistema, quello paventato dal nuovo decreto sicurezza, sempre più stringente ed improntato sulla restrizione della libertà delle persone e la loro sempre più eventuale localizzazione forzata nelle varie forme detentive previste dalla genetica dell’ordine costituito. L’intento che ha mosso la stesura delle pagine di “Non è forse questa guerra?!” è stato quello di raccogliere tra loro dei tasselli che agli occhi di chi scrive costituiscono un più complessivo piano di appropriazione delle esistenze o, quanto meno, una replica di quanto già messo in atto altrove tanto nel suo complesso quanto in maniera frammentata. Dal progetto ponte, alle “smart cities” sino agli interessi che si cuciono sui corpi reclusi, migranti, arginati, incarcerati si evince l’esistenza di un filo rosso, pesante come mille catene, che svela gli intenti di quelle manacce che si allungano minacciose su queste zone del pianeta.

Con la coscienza che questa è una delle tante interpretazioni possibili di elementi ed avvenimenti, si vuole porre nel dibattito questo modo di intrecciarli tra loro. Condividere saperi e percorsi di significazione e conoscenza vuole essere un passo verso una sempre più fitta condivisioni di pratiche. Le informazioni raccolte nel corso di “Non è forse questa guerra?!” sono intrise delle emozioni di chi le intercettava e queste pagine non vogliono essere un triste nenia di rassegnazione, quanto un punto segnato in una, necessariamente, più vasta costellazione emozionale che sia invito ad un’azione sempre più di massa, ossia sempre meno mediata da strutture di delega e rappresentanza.

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TORINO: AGGIORNAMENTO OPERAZIONE CITY

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A fine Dicembre 2024 e a seguito di istanze di revoca delle misure cautelari (applicate il 22 aprile 2024, in relazione al corteo del 4 Marzo 2023) queste sono state di fatto:

  • revocate per 12 compagnx;
  • mantenute nella loro totalità (rigettando le istanze) per 3 compagnx: ancora sottopostx a obbligo di dimora, divieto di dimora e presentazione quotidiana alla p.g.;
  • riformulate per un compagno tutt’ora sottoposto a obbligo di firma quotidiana.

Ricordiamo che a Maggio 2025 inizierà il processo per i 19 imputatx di devastazione e saccheggio in merito a quella giornata di lotta al fianco di Alfredo e contro la tortura del 41bis e dell’ergastolo ostativo.

Inoltre, all’alba del 30 Dicembre sono state notificate ulteriori misure cautelari (stabilite in sede di appello cautelare ed eseguibili solo per coloro che non hanno fatto ricorso in Cassazione):

  • per 3 compagnx l’obbligo di presentazione quotidiano e di dimora;
  • per un compagno di sole firme quotidiane;

Paradossalmente, le stesse misure erano già state notificate e applicate a 3 di queste persone decorso il termine di 10gg dalla pronuncia d’appello per la presentazione del ricorso in Cassazione. Poi, ad una di queste tre, l’obbligo è stato sospeso “in attesa di atto esecutivo”, alle altre due le misure erano state revocate insieme alle cautelari dello stesso tipo relative al precedente troncone primaverile. La confusione derivante dalla doppia notifica e applicazione delle misure per tre degli indagati, si presume sia stata determinata dalle istanze della DIGOS che in data 25 Ottobre 2024 richiedeva con atto interno di notificare ed applicare le misure cautelari a sole 3 persone sul totale di 5, che – non promuovendo ricorso per Cassazione – avrebbero dovuto iniziare a essere sottopostx alle misure.

La data dell’udienza di Cassazione dell’ordinanza di appello richiesto dal PM per i e le restantx indagatx per le fasi preliminari del corteo (aka “carrellistx”) sarà il 30 Gennaio.

Tante sono state le persone che si sono mobilitate al fianco di Alfredo e contro la tortura di Stato in quei mesi di sciopero della fame, altrettante con il cuore e con la rabbia o con il proprio corpo e la propria determinazione sono scese in piazza il 4 Marzo e non solo.
Oggi, quei legami e quelle lotte continuano.

Contro ogni galera.

Contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Libertà per tuttx!

BASTA VERITÀ, SOLO VENDETTA

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BASTA VERITÀ, SOLO VENDETTA

È notizia di questi giorni, uscita dai media regionali su diretta nazionale, Ramy è stato assassinato da una volante dei carabinieri. Le immagini della dashboard del veicolo che sperona Ramy e Fares rompono la quarta parete: ci lascia in un silenzio rabbioso che non farà fatica a tramutarsi in vendetta.

Già, perché la morte di Ramy è di matrice meramente razziale, non c’è stato un incidente, c’è stato un omicidio ancora una volta di Stato, ancora una volta contro una minoranza. A perpetrario è il braccio armato del capitale, che in ogni paese come fu per George Floyd, non nasconde la volontà di ripulire le strade in nome di sicurezza e decoro.

Città più sicure, coadiuvate da zone rosse, divieti stradali, daspo, forze dell’ordine e telecamere impegnate ad individuare nemici interni e se necessario ucciderli. Metodologie che si sono intensificate con il Covid19, prassi consolidate per commettere il silente genocidio in Palestina, strumenti applicati con violenza ovunque il potere economico non vuole intoppi.

La discussione sulla presunta veridicità delle accuse di omicidio da parte dei carabinieri non ci interessa, essa può essere solo una sberla in faccia a qualche bianco borghese benpensante dalla coscienza intorpidita. Amicx, compagnx, affetti di Ramy non ne hanno bisogno. Perché chi come lui ha vissuto nei quartieri-ghetti o appartiene a una minoranza è quotidianamente vittima di abusi da parte delle forze dell’ordine.

Non ci accontentiamo nemmeno dell’etichetta giuridica di “omicidio stradale”. Perché quella di Ramy è stata un‘esecuzione sommaria, di quelle che le guardie possono permettersi di fare senza neanche pensare alle conseguenze, coperti dalle sottane di uno stato razzista e oppressivo.

Quello che vorremmo è che le conseguenze non siano decretate dagli stessi scranni che sistematicamente mettono in gabbia Ix ragazzx che vendono il fumo e chi non possiede la carta d’identità o il permesso di soggiorno. Vorremmo quindi uscire dalla etica della legalità secondo cui giustizia è fatta se gli individui che hanno ucciso Ramy vengono condannati in un tribunale: essa è Ia stessa che garantisce I’applicazione di leggi fatte su misura per perseguitare le minoranze in Italia e alle sue frontiere.

Non avremo pace finché il Mediterraneo continuerà ad essere un cimitero per volontà dei potenti, fino a quando anche una sola persona verrà rinchiusa in gabbie come hotspot e CPR. Non avremo pace e resteremo complici e solidali al fianco di ogni scintilla o fiamma che si scaglierà contro I’oppressione sistemica. Possiamo solo augurarci che, dalla periferia di Parigi a quella di Minneapolis, l’urlo di vendetta infuochi le strade e le città e faccia tremare il potere. Sapremo i vostri nomi.

Questo scritto non vuole essere un’incitazione per le persone razializzate alla (re)azione più conflittuale e distruttiva. Riteniamo che ogni soggettività e popolo oppresso debba creare autonomamente la propria strada per la vendetta e la libertà. Noi ci uniremo, praticando la conflittualità in base al nostro posizionamento e ai nostri strumenti, alle forme di resistenza dal basso. Queste sono le uniche che possono portare a una sovversione dell’esistente.

FUORI ALFREDO DAL 41 BIS! GIÙ LE MANI DALLA STAMPA ANARCHICA!

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FUORI ALFREDO DAL 41 BIS

GIÙ LE MANI DALLA STAMPA ANARCHICA [PERUGIA, 15 GENNAIO]

Dopo il rinvio di quella prevista per il 10 ottobre, è fissata per il 15 gennaio l’udienza preliminare del procedimento Sibilla, che nel novembre 2021 portò a un’operazione repressiva mirata principalmente contro il giornale anarchico “Vetriolo”. La procura di Perugia sta chiedendo il rinvio a giudizio per 12 anarchici e anarchiche imputati per 19 capi d’accusa, quasi tutti aggravati dalla finalità di terrorismo.

Nel corso degli ultimi mesi sono stati notificati degli atti riguardanti l’avvio di un procedimento con cui la questura di Perugia intende emettere una serie di fogli di via dalla città, motivandoli con la presenza solidale tenutasi il 10 ottobre davanti al tribunale. Predisporsi a emettere dei provvedimenti del genere per un momento come quello, in cui senza particolari turbolenze è accaduto ciò che solitamente avviene in tutte le circostanze di questo tipo (affissione di striscioni, un volantinaggio, qualche intervento, ecc.), assume un significato palese: allontanare i solidali, impedire qualsiasi manifestazione di solidarietà in occasione delle udienze nei confronti degli inquisiti e particolarmente di Alfredo Cospito, recluso in regime di 41 bis nel carcere di Bancali in Sardegna e tra i 12 imputati di questo procedimento.

Mentre gli Stati si attrezzano per la guerra e i profitti per gli armamenti crescono a dismisura, mentre si sprecano le parole a giustificazione del genocidio a Gaza – il primo genocidio automatizzato della storia, dove l’intelligenza artificiale gioca un ruolo determinante –, mentre assistiamo alle consuete chiacchiere sulle stragi sul lavoro a difesa degli interessi dei padroni, mentre è in esame al senato un decreto sicurezza con cui viene preparato un ulteriore attacco contro il conflitto sociale… questi signori si affrettano nuovamente a processare gli anarchici, un “nemico interno” da debellare perché da sempre in lotta contro lo Stato e il capitale.

Pur di attaccare gli anarchici e i percorsi rivoluzionari, lo Stato farnetica di capacità “istigatorie” e “orientative” in un ambito come quello del movimento anarchico, da sempre fautore di un’ostinata e radicale autonomia di pensiero e di azione. Un’affermazione che fa il paio con l’aver sostenuto nel processo Scripta Manent delle condanne per “strage politica” nel paese in cui le stragi, quelle vere, le hanno perpetrate sempre gli apparati statali.

Assieme a quel processo, l’operazione Sibilla è stata determinante nel trasferimento in 41 bis di Alfredo Cospito. Con l’intensa mobilitazione contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo del 2022-23 abbiamo impedito che da Scripta Manent – per via dell’imputazione di “strage politica” – derivassero condanne fino all’ergastolo. Oggi come ieri, con l’approssimarsi di un potenziale processo Sibilla, non è quindi un mero esercizio retorico esprimere solidarietà con gli inquisiti e specialmente con Alfredo, recluso in uno tra i più afflittivi regimi detentivi esistenti in Europa.

CI VEDIAMO MERCOLEDÌ 15 GENNAIO 2025 ALLE ORE 09:30 DAVANTI AL TRIBUNALE DI PERUGIA IN PIAZZA MATTEOTTI.

SOUND OF FREEDOM

Si parte e si torna insieme. La carovana che ha attraversato via Stalingrado.

Riceviamo e diffondiamo:

Non si può fermare il suono 🏴‍☠️

“Cercando l’impossibile, l’uomo ha sempre realizzato e conosciuto il possibile. Coloro che si sono saggiamente limitati a ciò che sembrava possibile non sono mai avanzati di un sol passo.”

A chi credeva che non fosse possibile, a chi pensava che bastasse una legge, a chi ha creduto di averci zittitx, questo capodanno speriamo rimanga impresso nella memoria: nessuna legge e nessuno Stato potrà mai impedirci di ballare, aggregarci, divertirci e organizzarci in autogestione.

Ad oltre due anni dalla legge anti-rave, in un’epoca di repressione, isolamento, contingentamenti, ticket e zone rosse, volevamo regalarci e regalare a tuttx una fine dell’anno come non se ne vedevano da un po’! Speriamo di esserci riuscitx. È stato incredibile il supporto ricevuto e la forza che insieme siamo riuscitx a creare.

Non cederemo di un passo, continueremo a lottare per darci ancora occasioni di festa libera, per tuttx, con tuttx, in barba al business dei locali, alla domesticazione delle nostre sottoculture, al ricatto della repressione.

Uscire tuttx insieme in corteo, mezzi, macchine, camper, umani e non, è stato impagabile. Ringraziamo tutte le persone che lo hanno reso possibile.

Ci sarebbe piaciuto ritornare per pulire meglio ma gli ingressi sono stati subito bloccati dalle solerti forze dell’ordine ed è difficile i giorni successivi rientrare sul luogo senza incappare nei puffi blu. Sappiamo che possiamo fare meglio tante cose, sappiamo che possiamo fare di piu, ma rimaniamo comunque convintx che la strada sia questa.

Tutta la nostra solidarietá va a chi ha subito il sequestro della sua attrezzatura musicale, ed ora è indagato perchè fermato in prossimità della festa, pensano di spegnere la nostra voglia di resistere colpendo nel mucchio, ricattando le nostre esistenze, ma se siamo unitx, sognare è ancora possibile.

Invitiamo tuttx a sostenere la solidarietá perche nessunx venga lasciato solx!

Per le strade e sotto cassa, ci ritroveremo.

Sound of freedom⁩

Una foto delle solerti forze dell’ordine che bloccano l’ingresso del capannone dopo che la carovana è uscita, accalcate in modo ridicolo intorno alla macchinetta che ha fatto giocare tutta la festa 🏴‍☠️ .

 

TORINO: SALUTO AL CARCERE DI CAPODANNO

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Che l’estate appena passata sia stata calda e rivoltosa nei centri detentivi Piemontesi – e di tutta l’Italia – non è di certo un segreto. Come spesso accade, ciò che è passato nel silenzio, è come Stato e amministrazione penitenziaria abbiano, ben presto, affilato le loro lame facendo cadere la loro vendetta su chi con coraggio e determinazione ha portato avanti le varie forme di protesta estive.

Proprio in questo periodo in cui in lungo e in largo si discute del DDL 1660 e della stretta repressiva formalizzata attraverso l’ennesimo “pacchetto sicurezza”, è bene ricordare che fino a oggi le rivolte dentro CPR, carceri e strutture semi-detentive (detta di “accoglienza”) sono state – e sono – represse grazie alla straordinaria flessibilità e adattabilità del reato di “devastazione e saccheggio”. Così è stato per alcuni dei ragazzi reclusi nel carcere minorile Ferrante Aporti – che con coraggio, a inizio Agosto, han portato avanti una rivolta ed un tentativo di evasione di massa – lo stesso a seguito della rivolta nel carcere di Trieste del Luglio scorso e in diverse altre occasioni. La pena da un minimo di 8 anni ad un massimo di 15 prevista per questo capo d’imputazione è palesemente una conseguenza molto meno flessibile delle sue possibilità di applicazione e rispecchia in pieno la matrice fascista ereditata dal nostro codice penale.

Non possiamo dimenticare di come questa accusa non sia riservata ai soli centri detentivi/semi detentivi e del suo utilizzo contro le piazze definite dagli organi di polizia come più “conflittuali”. Anche qui a Torino non ne sono mancati esempi.

Cosa tiene uniti – oltre la repressione – le strade e le piazze con le rivolte nei centri detentivi? È forse la voglia e la necessità – sempre più impellente – di abbattere quei muri e tentare di costruire complicità e lotta insieme contro questo presente mortifero?

Attraverso lo strumento della solidarietà – strumento di lotta e non di mera bontà – vogliamo rinnovare l’importanza di non lasciare mai nessunx indietro, ricordarci e ribadire che chi lotta non è mai solx.

Per questo vogliamo ritrovarci il 31 dicembre dal pomeriggio al nuovo anno per portare la nostra solidarietà e vicinanza ai/alle reclusx e rivoltosx dei vari centri detentivi torinesi.

Appuntamenti:

Ore 17 – Via Berrutti e Ferrero // Saluto al carcere minorile “Ferrante Aporti”

Ore 22 – Via Maria Adelaide Aglietta // Saluto alle detenute delle Vallette

Ore 23 – Ritrovo al capolinea del tram 3 // Saluto ai detenuti delle Vallette

GENOVA: IN STRADA CONTRO 41BIS E DDL 1660

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In occasione della conferenza della ex ministra della giustizia Cartabia, torniamo in strada contro il 41bis, in solidarietà di Alfredo e contro il DDL 1660.

Al servizio dell’autorità

Il 4 maggio 2022 l’allora ministro della giustizia Marta Cartabia firmò il decreto di applicazione del regime del 41-bis per il compagno anarchico Alfredo Cospito. A ottobre 2022 Alfredo iniziò uno sciopero della fame contro il regime di 41bis e contro l’ergastolo ostativo che durò per 6 mesi, mettendo seriamente a rischio la sua stessa vita.

Durante quei 182 giorni, scesero in piazza migliaia di persone che insieme ad Alfredo pretendevano non solo che il nostro compagno uscisse da quel regime di tortura ma soprattutto la chiusura del 41bis e la fine dello strumento dell’ergastolo ostativo.

Nonostante le proteste e la nostra lotta il governo, nella persona del ministro Nordio, confermò le disposizioni di Marta Cartabia, condannando a morte Cospito che, invece, ad aprile dello stesso anno riprese a mangiare, salvandosi la vita.

Quello che successe in quei 6 mesi ha dimostrato come lo stato democratico italiano utilizzi lo strumento della tortura e della persecuzione politica dei suoi nemici senza farsi nessuno scrupolo morale. La ragion di stato vince su ogni remora garantista. Il 41 bis è un regime di deprivazione sensoriale, di tortura psicofisica da cui si può uscire solo rinnegando sé stessi o vendendo qualcuno al proprio posto. È emerso in modo evidente come eliminare i propri nemici, reali o potenziali che essi siano, sia più che un’opzione.

E in quella “cornice” di chiarezza statale di risposta e posizionamento compatto rispetto al trattamento del nemico e di disvelamento del volto torturatore e assassino dello stato stesso, dal febbraio 2022, continuava a imperversare il conflitto in Ucraina, che ha spostato il mondo, per come lo conoscevamo, in un mondo in guerra.

Questo fatto epocale chiarisce ulteriormente come la vicenda “un anarchico in 41bis” sia stata non un evento eccezionale, ma piuttosto un passaggio di un modello di disciplinamento e repressione, sempre più utile per uno stato in guerra. Il discorso sottotraccia sembrava essere: ogni possibilità di agire contro lo stato, ogni possibilità di non adeguarsi, di lottare è bandita dal regio stato italico.

Senza fare grandi voli pindarici, è possibile individuare una linea di stretta continuità fra quel provvedimento di origine sinistra e firmato dalla Cartabia con il disegno legge 1660 (già1236 al senato) a firma Nordio, Crosetto e Piantedosi, il cosiddetto Pacchetto Sicurezza, che ha proprio l’obiettivo di normare il dissenso e la lotta, buttando fuori dal “consentito” qualunque “possibilità” di opposizione.

Nel contesto di guerra mondiale e generalizzata, in cui ci troviamo a vivere, la centralizzazione del potere economico, politico, militare e di propaganda e la contemporanea competizione a livello globale stanno portando alla necessità di azzerare la lotta di classe. Il passaggio è qualitativo e non solo quantitativo: la manodopera deve essere obbediente e sottopagata, pena la concreta possibilità di finire in carceri fatiscenti e militarizzate e luoghi di morte, la prospettiva di un cambiamento, anche non radicale, deve essere dimenticata. La pacificazione deve regnare sovrana.

E in Italia, per garantire il controllo della lotta di classe, il potere viene sempre più a centralizzarsi nel governo, vale a dire nell’esecutivo, come è stato per il caso di Cospito così come sembra apparire per il caso dell’appalto dei lager in Albania e come conferma il DDL. Una chiara dichiarazione di guerra nei confronti dei “reietti”, degli esclusi, volontari o meno.

Alla ricetta che ci stanno preparando manganello all’interno, bombe all’esterno, la migliore risposta non può che essere aprire nuovi spazi di lotta e di conflitto e di solidarietà e di mutuo appoggio, ripartendo dalle forme di lotta che ci vorrebbero togliere di mano.

Contro il 41 bis e l’ergastolo ostativo, No al DDL 1660

Contro lo stato di guerra

Per il conflitto sociale

 

CATANIA: CORTEO CONTRO GUERRE E DDL SICUREZZA

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Corteo 21 dicembre ore 17.00
Piazza Iolanda (CT)

Per la cancellazione dell’intero disegno di legge sicurezza. Il ddl 1236 (ex 1660) criminalizza le lotte sociali, trasformando in reati comportamenti che hanno a che fare con la marginalità sociale e con le disuguaglianze economiche.
Contro le guerre e il genocidio. I nuovi tagli all’ istruzione, tagli alla sanità, all’ambiente e agli ammortizzatori sociali, corrispondono ad un aumento record delle spese militari. Il ddl sicurezza è diretta emanazione di questa economia proiettata verso la guerra e la repressione del dissenso interno. Con la resistenza curda nel rojava. Con la resistenza palestinese, consci che niente sarà più uguale se il genocidio palestinese avviene nel più  totale e sordo silenzio.
Contro lo sgombero degli spazi sociali. Sosteniamo i luoghi di socialità occupati e autogestiti contro le logiche del profitto. A sostegno delle ex occupanti del consultorio autogestito “Mi Cuerpo Es Mio” e contro lo sgombero della LUPO (laboratorio urbano popolare occupato)!

BRESCIA: NO ALLA VIDEOCONFERENZA! JUAN LIBERO!

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Ci stiamo ormai abituando alla videoconferenza imposta durante i processo come fatto normalizzato e immodificabile?

I nostri stessi compagni – che magari non vediamo da anni e che rischiamo di non vedere per anni – diventano delle immagini in uno schermo, la cui voce può essere interrotta premendo un semplice bottone.

Come sempre, il pretesto iniziale (il “terrorismo”) si allarga (la pericolosità dell’imputato, il risparmio sulle traduzioni dal carcere), e la sparizione del corpo dell’accusato diventa un atto burocratico. Mentre la corte decide dei prossimi anni di vita (e di carcere) dell’imputato, la giudice nega al nostro compagno la possibilità di essere fisicamente presente, come Juan ha chiesto.

Juan, da anni detenuto in AS2 nel carcere di Terni, è sotto processo a Brescia con l’accusa di terrorismo per l’attacco contro la scuola di polizia POLGAI.

NO ALLA VIDEOCONFERENZA! JUAN LIBERO!

Domenica 15 dicembre, ore 20:00, al Circolo Anarchico Bonometti, vicolo Borgondio 6, Brescia: Incontro-dibattito. Il mito della prova scientifica. L’uso del DNA nelle indagini e nei processi (come in quello contro Juan).

Lunedì 16 dicembre, ore 10:30: presidio davanti al Tribunale di Brescia, via Lattanzio Gambara 40, in occasione di una nuova udienza contro il compagno Juan.

anarchiche e anarchici

PALERMO: BENEFIT STREGATO CONTRO LA REPRESSIONE

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Venerdì *13.12*

Dalle *ore 18*

Ci vediamo in Via Carrettieri 14 per una serata a sostegno di compagnx inguaitx a seguito di azioni solidali con chi lotta contro la macchina della deportazione e l’infamia dei CPR in Sicilia.
⚫️Cena benefit
🟣Vin brulé (e le immancabili birrette!)
⚫️Vendita biglietti per la riffa (lotteria) stregata del 5 gennaio – in palio tante autoproduzioni artistiche, erboristiche, erotiche e ghiotte!

Amiche ci faranno ascoltare i loro ritmi bisbetici