ANNA BENIAMINO INTERROMPE LO SCIOPERO DELLA FAME

Da: Infernourbano

Tramite telefonata apprendiamo che nella sera di oggi, mercoledì 14 dicembre, Anna interrompe lo sciopero della fame avviato 38 giorni fa al fianco di Alfredo, ristretto in 41 bis. Al termine dello sciopero Anna risulta aver perso 13 chili, con una pressione arteriosa di 50 la minima, 80 la massima. Alcuni valori del profilo epatico superano i parametri ritenuti accettabili dal punto di vista sanitario. Nell’ultimo periodo le è stato prospettato più volte da parte del carcere il ricovero in ospedale, ricovero che ha sempre rifiutato.

In questa lotta è in gioco la vita dei nostri compagni in prigione. A tutti noi anarchici e rivoluzionari spetta il compito di fare in modo che venga salvaguardata. Questo vale tanto più nei riguardi di Alfredo, giunto al 56° giorno di sciopero e le cui condizioni si fanno sempre più critiche in attesa della decisione del Tribunale di sorveglianza.

BOLOGNA: CONTRO LA SORVEGLIANZA SPECIALE

Esperienze a confronto

!! Attenzione !!
A causa dello sgombero dello spazio occupato in via Stalingrado 31, l’iniziativa si svolgerà allo spazio di documentazione anarchico “Il Tribolo” in via Donato Creti 69/2. La proiezione è invece annullata.

La misura della sorveglianza speciale (non legata a specifiche accuse di reato ma ad arbitrarie analisi della personalità dell’individuo e dei possibili reati futuri, e i cui provvedimenti sono altrettanto discrezionali) è stata usata sempre più di frequente negli ultimi anni per tentare di fiaccare persone, rapporti sociali e realtà di lotta. Come l’abbiamo sempre avversata continueremo a farlo e a essere solidali con chi viene colpito da questa misura di fascisti natali.

TORINO: AGGIORNAMENTI PROCESSO SCRIPTA MANENT

Da Radio Blackout

 

Il 5 dicembre si è tenuta la prima udienza del processo d’appello bis contro Anna Beniamino ed Alfredo Cospito, già condannati in primo e secondo grado per un attentato alla Caserma degli allievi carabinieri di Fossano nel 2006.

La Corte d’appello di Torino, chiamata a ridefinire la pena nei loro confronti, dopo la decisione della Cassazione di configurare i fatti di Fossano come strage politica, ha accolto una delle tre eccezioni di incostituzionalità avanzate dalla difesa e ha rimandato alla Corte Costituzionale la decisione su quel punto. Nello specifico hanno sollevato la questione di legittimità costituzionale sul divieto di prevalenza di una attenuante specifica (fatto tenue, previsto per i reati contro la personalità dello stato) perché non sarebbe applicabile a Cospito in ragione della recidiva reiterata specifica. Questo significa che avrebbero accolto la tesi difensiva che si tratti di un fatto tenue. Sia chiaro: la prospettiva, nella migliore delle ipotesi, sarebbe comunque di moltissimi anni di carcere.

Durante l’udienza, Alfredo Cospito e Anna Beniamino, arrivati rispettivamente a 46 e 31 giorni di sciopero della fame erano collegati in video conferenza dal carcere di Sassari e da quello di Rebibbia ed hanno fatto dichiarazioni spontanee.
Cospito, recluso in regime di 41bis ha dichiarato che avrebbe continuato la propria lotta contro l’ergastolo ostativo e il 41bis sino al suo ultimo respiro.
In seguito c’è stata la requisitoria del Procuratore generale che ha chiesto l’ergastolo, con un anno di isolamento diurno per Alfredo Cospito e 27 anni ed un mese per Anna Beniamino. Poi la parola è passata agli avvocati difensori. Il 19 dicembre in corte d’appello leggeranno le motivazioni della decisione presa oggi. Poi bisognerà attendere che si pronunci la corte costituzionale.Tempi lunghi, mentre le prospettive di sopravvivenza di Alfredo Cospito, diminuiscono giorno dopo giorno. Il tribunale di Sorveglianza, dopo il ricorso contro il 41bis presentato dai difensori il 1 dicembre, continua a tacere.
Davanti al tribunale ieri c’è stato un presidio di solidali, che prima hanno fatto un blocco stradale e poi si sono mossi in corteo sino ai giardini reali.


Ne abbiamo parlato con l’avvocato Gianluca Vitale, uno degli avvocati della difesa. Dalla diretta è emerso in modo chiaro che l’intera operazione “Scripta Manent” si basa su forzature giuridiche, che si incardinano in una logica di diritto penale del nemico. La logica che animò il legislatore, quando negli anni Trenta introdusse nell’ordinamento il reato di “strage politica”, un reato che all’epoca prevedeva la condanna a morte immediata, ed oggi porta alla morte con lenta tortura tra carcere a vita e 41bis.
Dal fascismo alla democrazia lo Stato non tollera chi lotta per la sua distruzione.

Ascolta la diretta:

https://radioblackout.org/…/cospito-il-pg-chiede…/

PROCESSO SCRIPTA MANENT: DICHIARAZIONI DI ALFREDO ED ANNA

Diffondiamo le dichiarazioni di Alfredo e Anna all’udienza d’appello per il ricalcolo delle condanne nell’ambito del processo Scripta Manent (Torino, 5 dicembre 2022)

DICHIARAZIONE DI ALFREDO COSPITO

Leggo soltanto quattro righe. Prima di scomparire definitivamente nell’oblio del regime del 41 bis lasciatemi dire poche cose e poi tacerò per sempre. La magistratura della repubblica italiana ha deciso che, troppo sovversivo, non potevo più avere la possibilità di rivedere le stelle, la libertà. Seppellito definitivamente con l’ergastolo ostativo, che non ho dubbi mi darete, con l’assurda accusa di aver commesso una “strage politica”, per due attentati dimostrativi in piena notte, in luoghi deserti, che non dovevano e non potevano ferire o uccidere nessuno e che di fatto non hanno ferito e ucciso nessuno. Non soddisfatti, oltre all’ergastolo ostativo, visto che dalla galera continuavo a scrivere e collaborare alla stampa anarchica, si è deciso di tapparmi la bocca per sempre con la mordacchia medievale del 41 bis, condannandomi ad un limbo senza fine in attesa della morte. Io non ci sto e non mi arrendo, e continuerò il mio sciopero della fame per l’abolizione del 41 bis e dell’ergastolo ostativo fino all’ultimo mio respiro, per far conoscere al mondo questi due abomini repressivi di questo paese. Siamo in 750 in questo regime ed anche per questo mi batto. Al mio fianco i miei fratelli e sorelle anarchici e rivoluzionari. Alla censura e alle cortine fumogene dei media sono abituato, queste ultime hanno l’unico obiettivo di mostrificare qualunque oppositore radicale e rivoluzionario.

Abolizione del regime del 41 bis.
Abolizione dell’ergastolo ostativo.
Solidarietà a tutti i prigionieri anarchici, comunisti e rivoluzionari nel mondo.
Sempre per l’anarchia.
Alfredo Cospito

 

DICHIARAZIONE DI ANNA BENIAMINO

Questo è un processo politico, che si è mostrato teso fin dall’inizio alla somministrazione della pena esemplare, processo alle nostre identità di anarchici più che ai fatti, processo a chi non abiura le proprie idee.
Una strage senza strage attribuita senza prove è il culmine di un crescente impegno di Antiterrorismo e Procure per esorcizzare lo spettro dell’anarchismo d’azione. Nello stesso disegno si colloca l’imposizione del regime 41 bis ad Alfredo Cospito, reo di intrattenere rapporti con il movimento anarchico dal carcere. Lo sciopero della fame ad oltranza che il compagno sta portando avanti dal 20 ottobre è l’extrema ratio contro isolamento e deprivazione sensoriale, fisica, psichica, contro un bavaglio politico. Bavaglio che gli ha impedito finanche di leggere le motivazioni dello sciopero stesso. Il 41 bis è il grado estremo di accanimento dei regimi differenziati: carceri dove l’isolamento continuato e il sovraffollamento delle sezioni comuni sono le due facce di un sistema teso ad annullare l’individuo. Carceri dove le stragi, quelle vere, si sono verificate e si verificano: nella repressione delle rivolte del 2020, nello stillicidio di suicidi, nel trattamento dei più poveri e fragili tra i prigionieri come “materiale residuale” della società tecno-capitalistica imperante. Se qualcosa accadrà ad Alfredo Cospito qualsiasi individuo dotato di pensiero critico capirà chi siano i mandanti ed esecutori del suo annientamento fisico, non essendo riusciti ad effettuare quello politico e ideale. Sono cosciente di essere ostaggio di un sistema che nasconde dietro al feticcio di “sicurezza” e “terrorismo” il suo collasso politico, economico, sociale, ambientale.

Opporsi a questo è necessario.
Potete distruggere la vita delle persone, non riuscirete a spegnere il pensiero e le pratiche antiautoritarie.
Non riuscirete a spezzare la tensione rivoluzionaria, non riuscirete a spegnere l’anarchia.
Saluto Alfredo e tutti i compagni.
Anna Beniamino

 

SPAZIO URBANO E PSICHIATRIZZAZIONE DELLA DISSIDENZA

Diffondiamo un contributo del Collettivo antipsichiatrico Strappi, all’iniziativa MOVIMENTI TRANSFEMMINISTI E SOVVERSIONE DELLO SPAZIO URBANO

[Polizia e psichiatria: conosciamo le loro cure e i loro trattamenti]

Il proliferare di pratiche psichiatriche va di pari passo ai processi che vedono le città configurarsi sempre più come industrie di sfruttamento e controllo. Metropoli mediate da aziende private, interconnesse e digitalmente sorvegliate, disciplinate sempre più in senso autoritario e iper-razionale, centri di profitto burocratizzati, scientificamente normati e igienizzati, tra telecamere “intelligenti”, “innovazione” urbana, sofisticate architetture e panchine antidegrado. Speculazione edilizia e militarizzazione dei territori aprono la strada ad affitti impossibili, sfratti e sgomberi, oltre che a progetti di ipocrisia sociale all’insegna del greenwashing, del socialwashing, della menzogna tecnologica [la smart city] e della falsa coscienza. A colpi di riqualificazione, decoro e repressione, si esaspera l’inesorabile processo di espulsione – legittimato da culture securitarie – di tutte quelle soggettività considerate problematiche al discorso del potere e non utili al profitto. Lungo le strade in ogni città rastrellamenti quotidiani si abbattono sulle fasce più marginalizzate della società. Una “sicurezza” sempre più “preventiva” , volta ad asfaltare tutti gli spazi di fiducia, libertà, relazione, intersezione, prossimità e solidarietà dal basso.

In nome delle bandiere del decoro e del degrado, controllo e repressione identificano costantemente nuovi “mostri” su cui scaricare insicurezza e timori per fomentare tutte quelle paure che possono essere strumentalizzate in funzione di consenso: l’obbiettivo é spezzare qualsiasi possibilità di  solidarietà e impedire qualsivoglia forma di messa in discussione del presente. La retorica del “decoro” e del “degrado”, la gestione violenta e iper-razionale dello spazio urbano, la pulizia di quanto imprevisto e non-normato, non sono altro che l’esito di un potere che si appella in modo sempre maggiore a paradigmi psichiatrici e a dicotomie di stampo binario e patriarcale. Questi paradigmi si consolidano nell’articolazione del potere di pari passo all’irreggimentazione delle strutture che lo regolano, e che regolano le relazioni all’interno dei  territori e tra le persone.

Assistiamo all’uso sempre più frequente e capillare del daspo urbano per allontanare persone “sgradite”, e della manipolabilissima categoria di “pericolosità sociale” di derivazione psichiatrica e fascista per reprimere il conflitto e contenere/sedare diseguaglianze e oppressioni. Vediamo continuamente puntare il dito contro la “malamovida”, neologismo che si vuole contrapposto a “buona movida”, cioè a quella socialità che rientra perfettamente negli spazi e nei tempi del consumo. Anche l’infanzia è nel mirino: attraverso la costruzione mediatica del “bullo” e della “baby gang”, giovani e adolescenti sono continuamente trattati e rappresentati come un problema di ordine pubblico da reprimere mentre rimangono intatti quei modelli che il sistema stesso riproduce ed esalta, pesci grandi che mangiano pesci piccoli all’interno di realtà dove solo chi ha soldi e potere è preso in considerazione, e chi non accetta di essere un cavallino da corsa non è nessuno. Nel frattempo imprese e attività commerciali sono incentivate a tappezzare i marciapiedi di telecamere con la promessa di detrazioni fiscali, gli individui sono incoraggiati a sorvegliare le strade a loro volta, forti di una crescente accessibilità dell’intervento delle forze dell’ordine, cementificandone il ruolo di controllo e repressione anche all’interno dei singoli, costantemente spinti alla delazione piuttosto che alla relazione.

Lo spazio pubblico irrimediabilmente costruito a immagine dell’uomo bianco, eterosessuale e borghese richiede prestazioni sempre più abiliste e performative che seguono norme ideali di neurotipicità o aspettative sociali calate dall’alto piuttosto che concrete e reali esigenze provenienti dalle soggettività oppresse che vivono desideri e bisogni altri.

L’organizzazione algoritmica dello sfruttamento, la mercificazione esasperata di ogni aspetto della vita, sta depoliticizzando l’incontro con noi stessi, con l’altro e con l’ambiente e incoraggiando una sempre più ampia disumanizzazione delle relazioni sociali. La psichiatria è pronta a raccogliere i cortocircuiti di queste oppressioni e a colonizzare con nuovo slancio il quotidiano e l’individuo: la platea di “difetti” e “tare” da “curare” è destinata ad aumentare proporzionalmente allo sfruttamento e all’oggettivazione che attraversano sempre più infanzia ed età adulta. Lo sfruttamento, l’isolamento e il disciplinamento esasperato di ogni aspetto della vita, l’insicurezza legata al presente e al futuro, la vede infatti in prima fila nell’individuazione di nuovi “disturbi” e “terapie” per “contenere” con nuove diagnosi e nomenclature le “ansie”, legate a rabbia, paura e frustrazione in crescente aumento, da addomesticare e spiegare con specializzazioni create ad hoc.

Ma la solitudine a fronte di un contesto comunitario deprivato si riferisce anche ad una vita sociale impossibile nei “loculi” domestici cittadini.

La famiglia nucleare patriarcale come modello dominante continua a svolgere il suo ruolo di piccola istituzione totale, laboratorio quotidiano di abusi, isolamento e oppressioni sistemiche: lo spazio domestico e familiare spesso infatti esaspera dinamiche oppressive con la tendenza mattofobica a isolare una vittima, che diventa tante volte capro espiatorio di situazioni nocive, da punire proprio quando manifesta in maniera eterodossa atti di libertà ed espressione di sè che non vengono capiti o accettati. Non dimentichiamo che, così come le violenze, anche il ricorso alla psichiatria, quando avvengono i TSO,  proviene sovente da persone conviventi e spesso parenti della persona interessata, vuoi per mancanza di conoscenza, vuoi per mancata elaborazione di alternative, che il più delle volte nei nuclei famigliari sono assenti o non ricercate per l’accumularsi e incancrenirsi di processi tendenti  a circoli viziosi che si richiudono al loro interno.

Tutto questo, come soggettività con un posizionamento antiautoritario e antipsichiatrico non solo ci riguarda, ma ci chiama in causa. Le strade che vorremmo percorrere sono in direzione altra rispetto alla famiglia intesa come nucleo ciseteronormativo, nella direzione di legami e parentele inedite dove l’aspetto di interdipendenza e cura reciproca si alimentano in un circolo virtuoso.

E’ evidente quanto la fatica ad organizzare una resistenza derivi in primo luogo dall’inesorabile sottrazione di reali spazi di autodeterminazione, soggettivazione e messa in comune delle esperienze, in favore della competizione fra individualità deprivate, impegnate a sopravvivere e concorrere come monadi per rimanere a galla.

CONOSCIAMO LA FALSA SICUREZZA CHE VENDONO PSICHIATRIA E POLIZIA, CONOSCIAMO LE LORO CURE E I LORO TRATTAMENTI!

A fronte di un’oppressione che vede coinvolte sempre più soggettività, crediamo sia urgente e necessario individuare spazi dove liberare complicità, legami nuovi e solidarietà impreviste!

Collettivo antipsichiatrico STRAPPI

Link: https://antipsi.noblogs.org/post/2022/11/10/spazio-urbano-e-psichiatrizzazione-della-dissidenza/

PDF PSICHIATRIZZAZIONE DISSIDENZA

 

ANTIMAFIA E REPRESSIONE POLITICA – LOTTA PRIGIONIERE/I DHKP-C IN GRECIA

 

Estratti dalla puntata di Lunedì 7 novembre 2022 di Bello Come Una Prigione Che Brucia su Radio Blackout

Link: https://radioblackout.org/podcast/antimafia-e-repressione-politica-lotta-prigioniere-i-dhkp-c-in-grecia/


Due compagni siciliani, Claudio e Dario, sono stati “candidati” alla sorveglianza speciale per la loro partecipazione alle lotte sul territorio contro carcere, grandi opere e varie nocività sociali. In questa diretta, grazie al contributo di Claudio, più che soffermarci sul dispositivo della sorveglianza speciale, tenteremo soprattutto di osservare il ruolo della Procura Antimafia-Antiterrorismo e del Ros dei Carabinieri nella repressione della conflittualità politica, con un’evidente dimensione di sperimentazione sul territorio siciliano.

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Cerchiamo di dare notizia di un altro sciopero della fame di cui si parla pochissimo e che riguarda prigioniere e prigionieri turchi nelle carceri greche. Arresti scaturiti dall’operazione antiterrorismo contro l’organizzazione DHKP-C e l’attacco al sito di controinformazione anti-imperialistfront.org; una storia attraversata dagli scambi istituzionali tra due stati reciprocamente ostili, come Grecia e Turchia, che trovano un piano di cooperazione sul versante repressivo. Ne parliamo in compagnia di Gabrio.

MESSINA: SOLIDARIETÀ SOTTO ATTACCO, SPEZZIAMO LE CATENE DELL’ISOLAMENTO E DELLA REPRESSIONE!

In questi giorni alcuni compagni siciliani sono stati raggiunti da 5 decreti penali di condanna dall’ammontare di 4.450 euro a testa per aver portato la loro solidarietà alle persone recluse nel carcere di Messina.

Questa estate, a seguito del  campeggio antimilitarista svoltosi nella città dello Stretto – una tre giorni partita dalla necessità di mettere in relazione le lotte antimilitariste per un momento di intersezione e scambio sul territorio – un nutrito gruppo di compagni e compagne ha raggiunto il carcere di Gazzi per portare un saluto alle persone detenute, improvvisando un corteo intorno alle mura del carcere. Il gruppo di solidali ha poi appeso uno striscione e lasciato delle scritte sui muri.

Qualche scritta solidale è diventata immediatamente materiale per la costruzione del “disegno criminoso” del pubblico ministero, mentre il corteo solidale e i cori contro il carcere si sono aggiudicati  “vilipendio all’ordine giudiziario e all’assemblea legislativa autrice dell’istituzione dell’articolo 41 bis”. Questo non ci stupisce se pensiamo che per i solerti tutori della legge un manifesto affisso sui muri della città si è tradotto in “istigazione a delinquere” e un’intervista rilasciata in radio da un compagno per raccontare del percorso assembleare siciliano “Per chi sente il ticchettio” è diventata indizio di “pericolosità sociale”, così come l’aver occupato un parco durante un’iniziativa antimilitarista.

E’ evidente quanto l’operazione che si sta muovendo su Messina si riferisca al fermo proposito della Procura di spezzare qualsiasi intersezione e vivacità antagonista sul territorio. Lo Stato teme la solidarietà e perciò l’attacca con l’obbiettivo di scoraggiare, dividere e isolare chiunque intenda sfidare l’attendismo dilagante e lottare. Ad essere sotto attacco infatti non è solo qualche compagno, ma tuttx noi. In un momento in cui è sempre più chiaro a molte la necessità di mobilitarsi e agire sul presente, le maglie della legge e della repressione si stringono con l’obiettivo di tenerci isolate e ancorate ad un’esistenza rassegnata, fatta di miseria e oppressione.

Noi ci rivendichiamo la nostra ostilità ad una realtà regolata dalla guerra e fatta di sfruttamento, ci rivendichiamo la solidarietà nei confronti delle persone recluse, nei confronti di Anna, Alfredo, Juan e tuttx x prigionierx, contro il 41-bis, il carcere e la società che lo produce: finchè dell’ultima galera non rimarrà neanche una pietra.