OPUSCOLO: “FUORILEGGE. Uscire dal recinto della repressione”

A cura della cassa di solidarietà La Lima

“Questo lavoro è il frutto di un incontro di approfondimento che la cassa di solidarietà La Lima ha avuto con due avvocati (che ringraziamo) ai quali abbiamo posto delle domande. Il lavoro non è naturalmente esaustivo, la materia è ostica e magari anche un po’ noiosa. Ciò che ci ha spinti a volere quell’incontro (e quindi a trascriverne i contenuti e decidere di pubblicarli) non è stato l’interesse per i tecnicismi giuridici, bensì la convinzione che
conoscere quel che accade e come accade possa aiutarci a comprendere anche perché accade e verso quale direzione sta andando la società che vorrebbero plasmare con la repressione.
Questo opuscolo è rivolto non solo a coloro che già hanno avuto modo di conoscere o vivere sulla propria pelle queste esperienze, ma soprattutto a chi comincia a lottare e ad affrontare i nuovi dispositivi con cui lo Stato si aggiorna a maggior tutela dei propri affari. Chi lotta di solito lo fa al di là delle conseguenze cui va incontro, lo fa semplicemente perché non può farne a meno, e questo testo può dare più consapevolezza delle possibili conseguenze del proprio agire.
Chi si ritrova a lottare per condizioni di vita o di lavoro incontra prima o poi la repressione e questo opuscolo può essere uno strumento in più per pararne i colpi e per proseguire a lottare consapevoli che la distinzione tra buoni e cattivi (a seconda delle modalità di lotta più o meno radicali) fa gioco solo al potere che da sempre divide per meglio comandare. I decreti sicurezza e la versatilità delle misure preventive ci dimostrano che basta poco per spazzare via anche le residue forme di opposizione “democratica”.
Non possiamo certo combattere il potere con le sue stesse armi, cioè le leggi, ma conoscerle aiuta a riconoscere l’ingiustizia di fondo del cosiddetto Diritto e della società che lo esercita.”

PDF: Fuorilegge

IMOLA: TATTOO BENEFIT TRANSFEMMINISTA

Diffondiamo:

Una due giorni di tattoo, massaggi, concerti, presentazioni e workshop all’insegna della favolosità!

Presso Brigata Prociona, via Riccione 4, Imola

Se sei una persona molesta statti a casa, chi non lo capisce verrà allontanatx non pacificamente.

IL RICAVATO DEI MASSAGGI E DEI TATTOO SARA’ BENEFIT PER LE PERSONE INDAGATE NEL PROCESSO PER I FATTI DEL 13/11/21 A CESENA

BESANÇON: AGGIORNAMENTI SU BORIS

UNA CARROZZINA DI CLASSE PER BORIS

Aprile 2020
Due ripetitori illuminano la notte in pieno lockdown.

Mentre la metà della popolazione del globo si rinchiudeva nelle proprie abitazioni per propria volontà o per costrizione, un anarchico di Besançon inforcava la sua bici per andare sul monte Poupet, nella regione del Jura. Dalle cime di questi ripidi pendii, la notte del 10 aprile 2020 Boris ha illuminato con le fiamme della sovversione due grandi ripetitori: quelli di quattro compagnie telefoniche, ma anche della polizia e della gendarmerie, causando danni per circa centomila euro.
Identificato tramite una traccia di DNA ritrovata sul luogo, il compagno verrà rinchiuso nel carcere di Nancy e condannato, nell’aprile 2021, a quattro anni di reclusione, di cui due in prigione.
In una lettera pubblica scritta dal carcere, ha difeso il suo gesto come espressione della sua feroce volontà di opporsi tramite l’azione diretta alla crescente digitalizzazione delle nostre vite, con tutto il controllo, le distruzioni ambientali e sociali che questa comporta.
Disgraziatamente, mentre aspettava la fissazione del processo in appello, in agosto il compagno è stato gravemente ferito dall’incendio della cella dove si trovava. Le indagini sull’origine dell’incendio e sulla prontezza dei secondini a lasciarlo soffocare sono ancora in corso. E’ quindi con il potere medico che Boris si confronta ormai da più di un anno e mezzo.

Agosto 2021- Luglio 2022
Il potere medico in azione

Passato dal reparto Ustioni Gravi dell’ospedale di Metz a quello di rianimazione e poi alle Cure Palliative dell’ospedale di Besançon, Boris è stato regolarmente sottoposto all’ostilità dei camici bianchi, per cui era evidente che un anarchico e un avanzo di galera, ormai tetraplegico, non potesse manifestare la minima volontà di autonomia rispetto a come volesse essere curato.
Solo protestando e facendo scrivere delle lettere Boris ha potuto esprimere la sua tenace volontà di sopravvivere e di ricevere delle cure attive. Ha dovuto battersi a lungo anche contro il perdurante rifiuto dell’ospedale di fornirgli la sua cartella clinica o perché delle persone a lui vicine ma non facenti parti della sua famiglia biologica potessero discutere coi medici della sua situazione.
Come reazione, Elisabeth Batit, dottoressa dell’ospedale di Besançon e responsabile della situazione di Boris all’interno del reparto di cure palliative, ha deciso nel giugno 2022 di fare un ulteriore passo nel tentativo di demolire il compagno come individuo: ha tramesso una segnalazione presso il tribunale di Besançon (lo stesso che aveva gestito le indagini preliminari sulle antenne…) per avviare una procedura di “messa sotto tutela giuridica” del compagno, con la pretesa di “proteggerlo” dalle sue stesse decisioni! Una giudice ha quindi deciso di seguire le sue raccomandazioni nominando un’organismo istituzionale, l’UDAF, come Responsabile giudiziaria di protezione dei maggiorenni , incaricata di prendere in mano e gestire la posta, i conti correnti e le future risorse economiche (come i sussidi di disabilità) del compagno.

Agosto 2022
Solidarietà e sospensione delle visite

All’esterno dell’ospedale, rapidamente viene lanciato un appello contro l’accanimento dei poteri giudiziario e medico contro Boris, cui seguono, dal mese di agosto, diverse azioni di solidarietà a lui dedicate: visite colorate sui muri dell’UDAF di Poitiers e Caen; attacchi incendiari di colonnine di ricarica per auto elettriche e di un veicolo di Scopelec a Tolosa; rottura dei vetri di una banca e della sede di una ditta che costruisce carceri, Eiffage, nella stessa città; incendio di un’antenna 5g a Barcellona e di una macchina della polizia a Cochabamba (Bolivia)…
A Besançon, mentre alcuni volantini incazzati iniziavano ad essere distribuiti nel parcheggio dell’ospedale, il direttore decise come rappresaglia di applicare una misura drastica verso il compagno: il divieto di visite per Boris all’infuori della sua famiglia dal 19 agosto 2022 per una durata indeterminata, finché la polizia non avesse individuato gli autori del volantino che invitava alla solidarietà con il compagno. Questo divieto quasi totale di visite è stato pronunciato anche in virtù dei poteri di polizia interni alla struttura, come conseguenza del fatto che “(Boris) era regolarmente visitato da amici presumibilmente legati all’ambiente all’origine dei volantini”. Una misura che l’ospedale ha fatto applicare fermamente arrivando a cacciare con la forza, tramite gli agenti di sicurezza dell’ospedale stesso, i visitatori che protestavano davanti alle porte chiuse a chiave del reparto di cure palliative dove si trovava il compagno. Nel pieno di quella torrida estate, Boris, oltre alle sue difficoltà fisiche, si trovava a dover affrontare quattro processi: l’appello a Nancy per i due ripetitori (sospeso a data da destinarsi visto il suo stato di salute), l’indagine aperta a Nancy in seguito all’incendio della sua cella (ancora in corso), l’appello a Besançon contro la sua “messa sotto tutela” par l’UDAF…e un ricorso al tribunale amministrativo per annullare il divieto di visite!
Questa situazione si è infine conclusa due settimane dopo con grande scorno dell’ospedale di Besançon, che aveva persino tentato un colpo altro di mano con il tribunale il 5 settembre… avanzando l’indecente proposta che le persone con divieto di visita potessero effettuarle a distanza tramite telefono (malgrado la tetraplegia e tracheotomia del compagno). Quel giorno, abbiamo appreso non solo che la celebre Elisabeth Batit – la primaria che aveva infamato Boris al procuratore e ostacolato le sue richieste – s’era messa in malattia per un mese perché si sentiva “minacciata” dalla prosa anarchica, ma anche che un nuovo volantino dello stesso stampo era stato distribuito prima che fosse resa nota la decisione del tribunale, decisione che si rivelo’ favorevole al compagno. “La decisione del direttore dell’ospedale di Besançon di permettere le visite ai soli famigliari deve essere vista, nelle circostanze, come portatrice di una minaccia grave e manifestamente illegittima per i diritti, la dignità e la vita privata del signor X il cui isolamento dovuto alla sua patologia si trova fortemente accentuato”…
Quanto al capitolo poliziesco rispetto ai volantini contro cui l’ospedale ha sporto denuncia per “diffamazione”, precisiamo che la situazione di Boris è stata all’ordine del giorno di una riunione del “Comitato di igiene e sicurezza” dell’ospedale tre giorni dopo la ripresa della visite con lo scopo di “considerare il trasferimento del paziente”; che due sbirri sindacalisti assunti all’ospedale (uno del sindacato sud-santé, l’altro CGT/NPA) hanno portato avanti un’indagine parallela negli ambienti anarchici di Besançon chiedendo un po’ ovunque chi avesse potuto scrivere e distribuire i testi, col pretesto che erano “traumatizzati” dalle critiche portate contro la loro nobile istituzione; che il reparto comunicazione dell’ospedale si è meschinamente vendicato della sentenza del tribunale rilasciando tre settimane dopo una versione edulcorata agli scribacchini de L’est républicain, che è valsa una mezza pagina intitolata “Gli amici di un ex detenuto di Nancy in guerra contro l’ospedale di Besançon”, in cui si apprendeva, tra le altre cose, che “il caso è nelle mani della prefettura di Doubs e dell’agenzia regionale della sanità”. Infine, a inizio gennaio 2023, un compagno e una compagna anarchiche sono state convocate al commissariato di Besançon per fatti di “diffamazione a mezzo stampa”: ci sono andate dichiarando di non avere nulla da dichiarare, e a questo ennesimo tentativo di pressione da parte delle autorità non è seguito nient’altro per il momento.

Gennaio 2023
Al centro riabilitativo

In seguito alla calorosa solidarietà che è stata generosamente espressa in giro per il mondo e a Besançon e soprattutto grazie alla determinazione di Boris a non abbassare la testa di fronte al potere medico, la situazione si è finalmente sbloccata dall’autunno. A ottobre, il compagno ha finalmente ricevuto (dopo più di 8 mesi) la sua cartella clinica su carta e in camera sua. A metà dicembre, ha infine ottenuto il suo trasferimento in un’altra struttura sanitaria, lontano dal reparto di cure palliative di Besançon dove avevano cercato di sotterrarlo e dove non sarebbe mai dovuto arrivare. È in un’altra provincia della regione, nel reparto di riabilitazione per tetraplegie neurologiche che ha finalmente potuto fare una doccia, dopo un anno e mezzo, che ha seguito delle cure intensive di fisioterapia respiratoria o di verticalizzazione per allettati, che uno specialista lavora per adattare una carrozzina al suo corpo… e che una fine della sua ospedalizzazione si inizia a prospettare. Inoltre, in gennaio 2023 in seguito a un’udienza sulle modalità della “messa sotto tutela giuridica” di Boris, i suoi conti correnti e le sue lettere sono state sbloccate, levando per ora di torno UDAF, in attesa di un’udienza più specifica a marzo.
Attualmente, Boris può concretamente cominciare a progettare un ritorno in strada e al sole, lontano dal letto a dalle apparecchiature che lo inchiodano da ben troppo tempo sotto i neon di una stanza di ospedale, e si pone la questione del supporto finanziario. Il bisogno immediato, che è stato discusso con lui e con l’équipe medica del centro di riabilitazione, è l’acquisto di una carrozzina elettrica verticalizzante, costruita su misura e adattata alle sue condizioni, che potrà essere comandata con una sfera posta sotto il suo mento, oltre ad una serie di altri comandi integrati alla sua struttura (come l’apertura delle porte).
Aldilà della volontà del reparto di riabilitazione che si augura una dimissione del compagno entro sei mesi, aldilà delle battaglie tecnico-amministrative con la burocrazia di stato per provare a racimolare dei finanziamenti, è chiaro che bisognerà trovare una discreta somma. L’obiettivo è che Boris ritrovi dell’autonomia con la maggior mobilità possibile grazie a questo tipo di carrozzina elettrica su misura.

“Una carrozzina di classe per Boris”

A Besançon o a Parigi, diverse iniziative sono in preparazione per raccogliere dei fondi e partecipare alla campagna “una carrozzina di classe per Boris”. Ogni individualità o collettivo anti-autoritario che desiderasse a sua volta organizzare in modo decentralizzato un concerto, una mangiata benefit, un torneo di briscola, una discussione o altri momenti di svago per dare il suo contributo a questa operazione, è ovviamente il benvenuto!

Il compagno si è coordinato con due luoghi per raccogliere il vil denaro. Può essere spedito tramite assegno o bonifico (scrivere a retourausoleil at riseup.net), o essere depositato a: Bibliothèque Libertad – 19 rue Burnouf – 75019 Parigi Librairie Autodidacte – 5 rue Marulaz – 25000 Besançon

Durante tutte queste prove, Boris non ha cessato di battersi con i mezzi a sua disposizione, continuando a difendere le sue idee anarchiche. Dopo 11 mesi di prigione, 18 mesi di ospedalizzazione dura e ancora 3 processi sul groppone (per i ripetitori, l’incendio in prigione, e la messa sotto “tutela”), si intravede la luce in fondo ad un primo tunnel: perché possa di nuovo ruggire tra noi, aiutiamo il compagno comprarsi questa carrozzina di classe…

delle anarchiche solidali e complici con Boris
marzo 2023

tradotto da https://lille.indymedia.org/spip.php?article35545&lang=fr

BOLOGNA: SMASH REPRESSION! STREET RAVE PARADE VOL.2

Rilanciamo da Smash Repression ER (Emilia Romagna)
https://fb.me/e/2VRbbyPH2

Torniamo in strada dopo l’appuntamento di dicembre scorso, quando migliaia di persone, in Italia come in Francia, si sono riversate nei centri di diverse città ballando insieme a colpi di bpm. Vogliamo tornare a ballare per affermare che non siamo dispostx alla mercificazione e alla repressione dei nostri corpi e dei nostri desideri. Abbiamo scelto la street per ribadire che non accettiamo , né il decreto legge anti-rave, né l’annichilimento che colpisce le forme di vita non omologate. Sfileremo per le vie di Bologna contro la criminalizzazione del dissenso e della libera espressione, al fianco di chi lotta contro uno Stato che cerca di estinguere ogni forma di opposizione e resistenza, proprio nei giorni in cui si commemora la liberazione delle città emiliane dall’invasione nazifascista. Il nostro è un urlo contro la società del controllo ed il sistema carcerario, portiamo la nostra solidarietà ad Alfredo, Anna, Juan… e a chiunque , singolx e collettivx, non smetta di lottare nonostante le pesanti condanne detentive ricevute. Attraverso l’autogestione costruiamo spazi sempre più safe per tuttx condividendo pratiche transfemministe ed antiproibizioniste e lottiamo contro l’oppressione patriarcale che punisce chi non si rende docile. Rivendichiamo la legittimità dell’aprire spazi di libertà ed iniziativa ed espressione, le quali passano dall’avere cura delle rispettive soggettività. Per questo ci rivediamo nelle vie e nelle piazze al grido di ‘SMASH REPRESSiON’. Facciamogli la festa!

IL 22 APRILE A BOLOGNA

NB: per adesioni è necessario scrivere alla mail, i messaggi sui social non verranno presi in considerazione, entro il 13/04.

Ci vediamo sabato 15 aprile per un momento di iniziativa pubblica dove porteremo la ricchezza dei nostri percorsi e momenti di workshop e confronto. A presto per ulteriori aggiornamenti…

smashrepression.bologna@canaglie.net

NAPOLI: IN SOLIDARIETÀ CON ZAC E TUTTI I PRIGIONIERI

Operazione repressiva a Napoli e Pozzuoli: arrestato un compagno

Il 28 marzo, in due case a Napoli e Pozzuoli, sono state effettuate perquisizioni legate ad un’indagine per 270 bis, partita in seguito ad altre perquisizioni avvenute nel maggio 2022.

L’esito preliminare delle indagini, ancora in corso, ha portato all’arresto preventivo di un compagno per un attacco incendiario al consolato greco, che l’accusa inserisce nell’ambito della campagna di solidarietà al prigioniero greco Dimitris Koufontinas in sciopero della fame.

Dopo una giornata in questura, il compagno è stato tradotto nel carcere di secondigliano in sezione AS2, mentre tre compagne sono state rilasciate. Secondo le carte i tempi dell’arresto sono stati accelerati dalle incalzanti azioni di solidarietà ad Alfredo Cospito, prigioniero anarchico in sciopero della fame contro 41 bis ed ergastolo ostativo.

Questa operazione si inserisce nel clima di caccia alle streghe che vede nellx anarchicx il nemico pubblico da eliminare. Di fronte al diffondersi delle azioni in solidarietà ad Alfredo in Italia e all’estero, il tentativo dello Stato è di soffocare ogni scintilla di ribellione.

La nostra solidarietà non si fermerà mai di fronte alla repressione.

Assemblea contro carcere e repressione

In occasione dell’udienza di riesame presidio giovedì 6 aprile alle 9 in Piazzale Cenni a Napoli.


Zac è stato trasferito a Terni e si trova in cella con Juan, per scrivergli:
Marco Marino
c.c. di Terni
Strada delle Campore, 32
05100 – Terni

SENTENZA D’APPELLO PROCESSO BRENNERO

Da La Nemesi

Il 17 marzo, presso il tribunale di Bolzano, è stata emessa la sentenza d’appello del processo per la manifestazione contro le frontiere del maggio 2016 al Brennero.

Se c’è stato un generale abbassamento delle pene (da 150 a 123 anni complessivi, con 8 assoluzioni per avvenuta prescrizione del reato), il bilancio è comunque pesante (teniamo presente che il processo era in abbreviato). 28 tra compagne e compagni hanno ricevuto pene sopra i 2 anni, mentre 5 compagni hanno preso più di 4 anni (la condanna più alta è stata a 5 anni e 1 mese di carcere) per concorso in resistenza aggravata, violenza privata, lesioni ecc. Non ha retto, come già in primo grado, l’accusa di devastazione e saccheggio.

Altro elemento significativo è che il giudice ha negato a tutte e tutti coloro che ne hanno fatto richiesta la possibilità di accedere alla cosiddetta riforma Cartabia. Benché la data della sentenza fosse stata rinviata formalmente per consentire a imputati e imputate di ricorrere alla nuova legge, la richiesta di accedervi è stata negata con il pretesto dei precedenti penali e della “pericolosità sociale” di imputate e imputati. Ma c’è un dato ancora più emblematico: l’argomento principale per il rigetto delle “pene sostitutive” è stata la mancata abiura delle proprie condotte da parte degli imputati. La natura sempre più apertamente premiale delle sentenze non vale solo per la magistratura di sorveglianza, ma anche per i tribunali ordinari. A fare la differenza sul tipo di pena non è tanto il reato in sé, ma il “ravvedimento” o meno dell’accusato.

Per più di 30 imputati e imputate, quindi, potrebbero aprirsi in futuro le porte del carcere.

Questa sentenza non fa che prolungare la violenza strutturale del razzismo di Stato, quell’insieme di leggi, pratiche neocoloniali, detenzione amministrativa e dispositivi polizieschi che producono stragi, morti in serie e un’umanità costretta in condizioni di semi-schiavitù. Dalla raccolta nei campi ai tanti settori dell’“economia informale”, dal ricatto del permesso di soggiorno – che pesa sulla logistica, sull’edilizia, sulla ristorazione, sui “lavori di cura”… – al grasso mercato degli affitti in nero, il terrore esercitato dalle frontiere è parte strategica quanto innominabile dello sfruttamento capitalistico.

123 anni di carcere per un corteo ci dicono in modo plateale che siamo in guerra, che i margini del dissenso consentito si restringono e che il conflitto non negoziato è una diserzione dal fronte da punire in modo esemplare.

Il muro anti-immigrati al Brennero – che la polizia austriaca aveva definito una mera “soluzione tecnica”… – non è stato costruito. Forse grazie anche a chi quel 7 maggio 2016 si è battuto con generosità e coraggio.

Solidarietà alle compagne e ai compagni condannati.

RICHIESTA DI APPELLO PER IL PROCESSO “BIALYSTOK”

Diffondiamo: nelle ultime settimane sono state notificate ax imputatx del processo “Bialystok” le richieste di appello alla sentenza di primo grado presentate dall’accusa. Sostanzialmente il pubblico ministero Dall’Olio prova a riproporre lo stesso impianto accusatorio dopo aver fatto un vistoso buco nell’acqua col il processo di primo grado che non ha visto riconoscere le accuse associative (art. 270bis e 416 in subordine), di attentato (art. 280), di istigazione (art. 302 e 414 cp), e di incendio. In risposta le difese hanno presentato a loro volta richiesta di appello.

È evidente l’intenzione della controparte di tenere in vita il più possibile un procedimento che cerca di provare la pericolosità dei rapporti di solidarietà tra anarchicx, e nello specifico la possibilità di Alfredo Cospito di “influenzare” l’anarchismo d’azione all’esterno del carcere attraverso scritti e lettere.

L’udienza è stata fissata per il giorno 30 Maggio.

G8 GENOVA: NEGATA L’ESTRADIZIONE DI VINCENZO VECCHI

Il 24 marzo la Corte d’appello di Lione ha respinto la richiesta d’estradizione presentata dall’Italia nei confronti di Vincenzo Vecchi, uno dei condannati per le giornate di Genova 2001. Vecchi era stato condannato nel 2012 in via definitiva a 11 anni e 6 mesi di carcere per l’accusa di devastazione e saccheggio, reato che in Francia non esiste. Nel codice penale italiano, invece, il reato di devastazione e saccheggio è eredità del fascismo: il codice Rocco lo inserisce fra i reati contro l’ordine pubblico prevedendo pene altissime. Dopo le corti d’appello di Rennes e di Angers, che hanno respinto la richiesta di estradizione rispettivamente nel 2019 e nel 2020, quella di Lione è la terza corte d’appello francese a rifiutare la validità del mandato d’arresto europeo nei confronti di Vincenzo. Secondo i giudici francesi, l’estradizione avrebbe rappresentato un “un oltraggio sproporzionato al rispetto della sua vita privata e familiare”.