Il governo Meloni vara un nuovo “pacchetto sicurezza”. Il provvedimento è stato approvato dal Consiglio dei ministri oggi 16 novembre.
Si parla di “tutele per le forze dell’ordine oggetto di violenza o lesioni”, “contrasto alle occupazioni abusive”, “autorizzazione a detenere senza ulteriore licenza un’arma da fuoco privata diversa da quella di ordinanza per gli agenti di pubblica sicurezza”, “stretta ai blocchi stradali”, “divieto di accesso nelle metropolitane, nelle stazioni ferroviarie e nei porti per chi è già stato denunciato o condannato per furto, rapina o altri reati contro il patrimonio o la persona commessi in quei luoghi.” Diventa “non più obbligatorio il rinvio dell’esecuzione della pena per le donne in gravidanza o madri di figli fino a tre anni”.
Tra le varie misure repressive anche l’introduzione di “un nuovo reato che punisce chi organizza o partecipa una rivolta in un carcere o CPR con atti di violenza, minaccia o con altre condotte pericolose. Un’ulteriore fattispecie di reato punisce chi istiga la rivolta, anche dall’esterno del carcere, con scritti diretti ai detenuti.”
A seguito dell’azione di solidarietà concreta che alcunx compagnx hanno portato avanti martedì scorso al Cpr di Caltanissetta, tentando il blocco della deportazione di alcunx prigionerx, la repressione si stringe su di noi e le persone vicine. Oltre alle denunce ricevute, negli scorsi giorni moltx di noi hanno subito dei fermi in strada. Stamattina, durante uno di questi fermi, D., un amico e compagno è stato trovato privo di documenti ed è al momento in stato di fermo al commissariato di Cefalù, in attesa di essere trasferito a Palermo. Chiamiamo tuttx lx compagnx solidali a ritrovarci in presidio di fronte all’ufficio immigrazione di Palermo, in Via San Lorenzo, 271 per manifestare il nostro sostegno e la nostra vicinanza al compagno fermato.
In un’epoca in cui il tempo vissuto scivola via fagocitando ogni cosa, macinando momenti, notizie e informazioni senza trattenerne nulla, abbiamo scelto di prenderci il tempo di riguardare all’anno passato, per prendere meglio la mira su quello futuro.
Per una fanza di fine anno che raccolga gli articoli salienti pubblicati su Brughiere lanciamo un invito a grafiche e graficx, non maschi etero cis. Il concept è anticarcerario, antipsichiatrico e contro tutte le frontiere: sbarre aperte, muri che si rompono, radici che spaccano il cemento, fiori e farfalle, piante, anche carnivore… ma anche schermi rotti e tutto quanto possa indicare una critica alle tecnologie capitaliste. Raccogliamo i disegni (in bianco e nero) fino al 10 dicembre, da inviare a: brugo@autistiche.org
Questa mattina, 16 novembre, il Ros (di Bologna, Milano, Brescia e Firenze) ha effettuato delle perquisizioni allo spazio anarchico “il tribolo” e nelle abitazioni di 19 compagni/e tra Bologna, Lombardia e Trentino. Le perquisizioni si inseriscono nell indagine per 270 bis, la cui apertura era stata inizialmente notificata a 6 compagni/e nel giugno 2023 e per la quale, nel corso dell estate, il RIS ha eseguito una serie di accertamenti su vari materiali reperiti sui luoghi dei fatti contestati. Oltre al 270 bis (per 11 de perquisiti/e) vengono infatti contestati, solo ad alcuni, una serie di fatti specifici: un attacco a dei ripetitori di telecomunicazioni, un tentato danneggiamento a dei camion della ditta MARR, un blocco stradale tramite danneggiamento di cassonetti, l interruzione di una messa e l occupazione di una gru nel centro di Bologna. Tutti i fatti si inseriscono all interno della lotta contro il 41 bis e in solidarietà al compagno Alfredo Cospito. Da quanto sin ora siamo riusciti a ricostruire il pm avrebbe richiesto il prelievo del DNA per tutti gli indagati. Ribadiamo la nostra solidarietà ad Alfredo e a tutte le/i prigioniere/i!
Nell’ultima settimana si sono tenute le udienze finali del processo di primo grado contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar, arrestati il 24 luglio 2020 e accusati (il solo Francisco) dell’invio dei pacchi-bomba al 54° commissariato dei carabineros e a Rodrigo Hinzpeter, ex ministro dell’interno e della difesa nazionale, nonché dirigente del gruppo Quiñenco (25 luglio 2019), ed entrambi del duplice attacco esplosivo nell’edificio dell’immobiliare Tánica (27 febbraio 2020), situato nel quartiere borghese di Vitacura (nell’area metropolitana di Santiago) e avvenuto nel contesto della rivolta generalizzata scoppiata in Cile nell’ottobre 2019. L’azione contro il 54° commissariato e Hinzpeter venne rivendicata dai Cómplices Sediciosos – Fracción por la Venganza, mentre quella nell’edificio Tánica dalle Afinidades Armadas en Revuelta.
Nel dicembre 2021 Francisco si è assunto la responsabilità per entrambe le azioni, sostenendone le ragioni, la scelta degli obiettivi e la significatività rivoluzionaria.
Il 10 agosto 2022, dopo una serie di proroghe al periodo d’indagine, si sono concluse le udienze preliminari e sono state rese note le richieste di condanna: 30 anni di carcere per Mónica e 129 anni per Francisco (secondo il sistema giudiziario vigente nello Stato cileno la procura esprime le richieste prima dell’inizio della fase dibattimentale vera e propria, il juicio oral). Il 18 luglio di quest’anno, dopo un rinvio, è quindi iniziato il processo, cui i compagni hanno assistito in presenza solamente nel corso delle prime e delle ultime udienze, assistendo in videoconferenza per le restanti. Durante quella del 18 luglio il pubblico ministero, rimodulando le richieste iniziali, ha dichiarato che la procura intende infliggere una condanna tra i 20 e i 25 anni a Mónica e una di oltre 150 a Francisco. Durante l’udienza del 19 luglio Francisco ha ribadito l’assunzione di responsabilità per tutte le azioni.
L’arresto e le udienze contro i compagni sono state costantemente seguite dai mass-media in Cile, vista la rilevanza del processo, volto a dare un monito agli anarchici e alle forme di guerriglia sviluppatesi nella realtà sociale cilena in particolare negli ultimi anni, a partire dalla rivolta generalizzata del 2019-‘20. Alle udienze processuali è coincisa una mobilitazione solidale con attività di agitazione e propaganda, trasmissioni sulle frequenze radiofoniche solidali, iniziative in strada e dibattiti, la pubblicazione di un numero unico (“Complicidad y sedición”).
Riportiamo qui di seguito l’aggiornamento sul verdetto e le dichiarazioni finali dei compagni, presenti in aula durante l’udienza del 6 novembre (si tratta di trascrizioni, pertanto non essendovi una stesura scritta la punteggiatura è stata definita da chi ha tradotto).
Verdetto contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar
Ieri, 7 novembre 2023, mentre all’esterno si teneva un presidio solidale, il tribunale – dopo quattro mesi di processo – ha emesso il verdetto contro i compagni Mónica e Francisco.
Francisco è stato dichiarato colpevole come autore per:
– due invii di ordigni esplosivi (alla 54° comisaría dei carabineros e a Hinzpeter);
– un tentato omicidio nei confronti dei carabineros;
– un reato di lesioni gravi nei confronti di un agente dei carabineros;
– un reato di lesioni;
– cinque reati di lesioni lievi;
– un danneggiamento (54° comisaría);
– un tentato omicidio nei confronti di Hinzpeter;
– due reati di collocazione di ordigno esplosivo (edificio Tánica).
È stato assolto dall’accusa di usurpazione di identità.
Mónica è stata condannata in qualità di complice per due reati di collocazione di ordigno esplosivo (edificio Tánica), mentre è stata assolta dall’accusa di possesso di marijuana.
Riassumendo, il tribunale ha accolto quasi tutte le richieste della procura, tranne, nel caso di Francisco, una delle imputazioni di tentato omicidio (che è stata derubricata in lesioni) e l’accusa di furto d’identità (per cui è stata disposta l’assoluzione); nel caso della compagna Mónica ha modificato la sua posizione da “autrice” dei fatti a “complice” e ha rigettato alcune aggravanti richieste dagli inquirenti.
Il tribunale dovrebbe emettere la sentenza definitiva, comprensiva degli anni di condanna che peseranno su ciascuno di loro, il prossimo 7 dicembre.
Salutiamo i cuori neri che assumono il compito di colpire i potenti.
Amore e anarchia per Mónica e Francisco.
Dichiarazione di Francisco Solar Domínguez
Buongiorno,
le azioni delle quali mi sono già assunto la responsabilità, che ho rivendicato politicamente e per le quali verrò condannato, fanno tutte parte di una lunga tradizione storica, specificatamente anarchica, che si incarica di restituire, in prima persona e senza necessità di intermediari, i colpi dei potenti e dei repressori; perché se qualcuno pensava che le loro politiche del terrore, basate su imposizioni e restrizioni di ogni sorta, così come su ondate repressive in cui addirittura, spesso e volentieri, calpestano la loro propria legalità (che tanto dicono di difendere e rispettare), sarebbero passate inosservate e non avrebbero suscitato risposte, si sbagliava di grosso.
Siamo in molti a saper aspettare il momento giusto per agire, a concepire la memoria non come un baule in cui riporre ricordi da contemplare e lamentele, ma piuttosto come un motore, che dà impulso all’azione vendicatrice come parte di una nostra pratica politica permanente, che si nutre della nostra storia, con i nostri successi e le nostre sconfitte.
Ed è stato questo esercizio mnemonico a nutrire le azioni individuali che realizzai negli anni 2019 e 2020; azioni individuali che non necessitavano né del consenso né dell’accordo collettivo, ma che furono il risultato dell’analisi, della decisione e della volontà personali, azioni che per alcuni altri furono parte e indubbiamente fortificarono la guerriglia urbana anarchica, la quale non scompare a prescindere dai costanti colpi repressivi, dimostrando nei fatti la praticabilità e l’efficacia delle relazioni informali orientate all’azione rivoluzionaria. Dimostrando peraltro come non sia necessaria una grande struttura organizzativa per la realizzazione di azioni incisive.
In questo senso, è importante far notare come le grandi organizzazioni rigide e stabili si trasformino rapidamente nel proprio stesso fine, cioè si organizzano nient’altro che per fortificare l’organizzazione stessa, a differenza delle organizzazioni informali che basano le proprie relazioni sull’attacco, cosa che conferisce loro quel dinamismo che previene l’irrigidimento e la comparsa di logiche burocratiche.
Le azioni, oltre a essere colpi diretti a dei rappresentanti e a dei simboli del potere, e oltre a dimostrare che è possibile realizzare i suddetti attacchi, costituiscono un mezzo per la diffusione di idee e messaggi, messaggi di ribellione e libertà, che verranno recepiti e posti in pratica da chiunque lo desideri. Messaggi che solo collegati con queste azioni costituiscono un reale pericolo per l’ordine imposto.
E parlo di ordine imposto perché in questa società non esiste un contratto sociale per il quale gli individui abbiano delegato la propria libertà allo Stato in cambio di libertà e sicurezza – impostazione che per inciso costituisce le fondamenta degli Stati moderni – ma, al contrario, lo Stato si fonda sulla spoliazione storica delle libertà degli individui, sottomettendoli e limitandoli in sempre più aspetti della loro vita, cosa che fortifica e perpetua il dominio statale. Lo Stato non è più solo un’istituzione, ma lo si ritrova in ognuna delle nostre relazioni, rendendo ancora più complesso ed esteso il dominio statale, e pertanto azioni contro lo Stato non solo sono giustificate, ma assolutamente necessarie. E, certo – come ha detto anche il signor Pubblico Ministero nella sua requisitoria finale – “concediamogli pure la parola!”, ma una parola che sia vincolata all’azione rivoluzionaria, perché una parola che pretenda costruire nuove relazioni, scevre di qualunque autorità, deve necessariamente andare di pari passo con l’azione rivoluzionaria.
Non si può negare la crescita e la proliferazione dei gruppi anarchici, negli ultimi tempi, cosa che ha comportato il fatto che i discorsi e le pratiche antiautoritarie siano presenti in gran parte delle mobilitazioni e delle rivolte attuali. Vedendo l’anarchia come una tensione piuttosto che un punto d’arrivo, e intendendola al pari di una lotta permanente contro ogni espressione dell’autorità piuttosto che una società perfetta o un paradiso terrestre, come in molti suggeriscono, si comprende come queste azioni individuali violente siano una parte imprescindibile di questo percorso di liberazione. Voglio lasciar intendere molto chiaramente che, lungo questo percorso, azioni come queste non sono le prime né saranno le ultime, ma come ho già detto precedentemente sono parte di un continuum storico che non sparirà; nonostante ci condannino a decadi di reclusione, e persino se ci uccidessero, ci saranno sempre individui e gruppi di individui che sono disposti a rispondere alla brutalità dello Stato e del capitalismo: ciò è inevitabile.
Infine, voglio approfittare di questa occasione per mandare un saluto complice ai prigionieri e prigioniere, anarchici e sovversivi, che lottano nelle carceri di questo paese.
Viva l’anarchia!
[6 novembre 2023]
Dichiarazione di Mónica Caballero Sepúlveda
Cercherò di essere abbastanza breve, visto che avevo deciso di non prendere la parola in questa sede, però reputo che sia necessario precisare una serie di questioni piuttosto specifiche rispetto ad alcune affermazioni in prevalenza del Pubblico Ministero.
Dunque, ho deciso di rilasciare una dichiarazione finale in questo processo, che mira a essere una punizione esemplare, perché non posso lasciar passare l’opportunità di difendere e chiarire una serie di aspetti che hanno a che fare con le idee e le pratiche che ho difeso e adottato praticamente negli ultimi 20 anni della mia vita.
Il signor Pubblico Ministero ha chiesto al mio coimputato se sono anarchica. E sì, certo che sono anarchica, però questo che significa? Dicendo anarchismo mi riferisco a un insieme di idee e pratiche che, inquadrate in principi che sono, ad esempio, il mutuo appoggio, la solidarietà, l’autogestione, costruiscono idee e pratiche che si iscrivono nella distruzione e nella costruzione, che voglio dire con questo?, la costruzione di ciò che è…
Quando mi riferisco all’anarchismo, intendo quell’insieme di idee e pratiche che in base a principi come il mutuo appoggio, la solidarietà e l’autogestione, costruiscono le condizioni affinché tutti gli individui… costruiscono le condizioni affinché tutti e tutte ci sviluppiamo in maniera integrale, tuttavia allo stesso tempo queste condizioni mirano alla distruzione di ogni forma di dominio.
Cosa intendo con “ogni forma di dominio”? Quelle forme di dominio che sono, ad esempio, l’attuale sistema di oppressione economica imperante, ciò vale a dire il capitalismo, e anche l’egemonia del potere politico, ovvero l’attuale Stato.
All’interno di queste pratiche noi anarchici possediamo un ampio ventaglio, come ben diceva il Pubblico Ministero. Tra le pratiche anarchiche esiste la violenza, ma ciò non è appannaggio unicamente dell’anarchismo, e allo stesso modo l’anarchismo non contempla la violenza come sua unica espressione pratica; e sì, ci sono compagni che hanno collocato degli ordigni, o che hanno spedito ordigni esplosivi, ma insisto: questa pratica di violenza politica non appartiene al solo anarchismo e l’anarchismo non esercita unicamente la violenza politica.
In relazione a tutto ciò, devo necessariamente porre una domanda e contemporaneamente rispondermi: che cosa caratterizza la pratica anarchica? Le pratiche anarchiche, violente o meno, si inscrivono e traggono ispirazione necessariamente all’interno delle idee antiautoritarie. Non possiamo separare l’idea dalla pratica antiautoritaria anarchica, finanche rivoluzionaria in un ampio spettro, senza tenere in considerazione la complementarietà tra idea e pratica. Vale a dire che le pratiche anarchiche non si sostengono senza la colonna vertebrale delle idee. Mettendo in chiaro tale questione rilevante tra idea e pratica, posso categoricamente dire che una pratica anarchica, violenta o no, non sarà mai indirizzata in maniera indiscriminata.
Il Pubblico Ministero, in una delle sue repliche, chiedo venia, durante la sua requisitoria, ha menzionato un concetto molto azzeccato e antico di noialtri anarchici: si è riferito alla propaganda con il fatto. La prospettiva del Pubblico Ministero sulla propaganda con il fatto, o ciò che ha cercato di spiegare in relazione a questo concetto, è una maniera molto miope di vederla, fondamentalmente perché ha tentato di inquadrarla nel contesto storico in cui ebbe il suo apogeo. Se non ricordo male, tra la fine dell’‘800 e l’inizio del 1900, durante un congresso a Londra, un gruppo di anarchici di diversi luoghi del mondo assunsero come pratica la propaganda con il fatto, e questa propaganda con il fatto la incarnarono attraverso assassinii, collocazioni di ordigni esplosivi, e una lunga lista di altri episodi. Ma la propaganda con il fatto è molto più di questo. Ciò che io sto facendo, ciò che sta facendo il mio coimputato in questo stesso processo, con le nostre parole, è propaganda con il fatto; questo è il punto: tutto ciò va molto più in là del mero esercizio della violenza, e nello specifico degli ordigni esplosivi.
Devo anche sottolineare come in questo processo, così come in tutti gli altri processi penali in cui sono stata e in quelli di cui sono stata spettatrice, nei confronti di compagni e compagne tanto in Cile come in altre parti del mondo, si è sempre assimilata la nostra visione politica a dei fatti delittuosi, e mi pare curioso, per non dire altro, che si stia negando questo aspetto investigativo, altrimenti che senso avrebbe avuto il sequestro delle decine, per non dire centinaia, di libri, le centinaia o migliaia di volantini, poster, opuscoli, e così via? Non capisco se non abbia altro scopo che lo studio della nostra concezione del mondo o del nostro modo di intendere la politica o lo scontro con il dominio, e non comprendo la negazione di questo aspetto.
Come già dicevo prima sono anarchica, pertanto nemica di ogni forma di dominazione, sottomissione od oppressione realizzata attraverso qualsiasi struttura di potere, per cui lo Stato, in tutte le sue forme e rappresentazioni, è illegittimo. Partendo dall’idea per cui questo, lo stesso Stato, si creò e consolidò a partire dall’idea del bene comune, o per lo meno il bene della gran maggioranza, cosa che è assai lontana dalla verità, vivo in un mondo in cui un gruppo privilegiato esiste al prezzo della miseria della grande maggioranza. Costruire forme antagoniste alle relazioni di potere è necessario affinché esista uno sviluppo integrale di tutti gli abitanti di questo mondo, tanto umani quanto animali.
Infine, posso dire a tutti i presenti che aspetto piuttosto tranquillamente il verdetto di questo tribunale, perché so che le idee di emancipazione alle quali ho dedicato buona parte della mia vita trascendono me stessa.
In ultimo, ai presenti e ai miei compagni e compagne presenti, come a coloro che ascolteranno o leggeranno in seguito le mie parole, posso dire che fino all’ultimo respiro che mi rimanga, sempre affermerò: morte allo Stato e che viva l’anarchia!
Riceviamo e diffondiamo dall’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste.
Sulla sentenza del 6 novembre 2023 a Udine ovvero mentre torturiamo vi “invitiamo” a tacere…
Lo scorso 6 novembre si è tenuta, al tribunale di Udine, l’ultima udienza del processo per istigazione a delinquere e diffamazione, relativo alla trasmissione radiofonica Zardins Magnetics.
Si trattava di un procedimento per affermazioni svolte nel febbraio 2021, in occasione di due puntate della trasmissione autogestita dall’Assemblea permanente contro il carcere e la repressione del Friuli e di Trieste, diffusa settimanalmente sulle frequenze di Radio Onde Furlane di Udine. L’accusa di istigazione a delinquere, per la compagna, riguardava la ricostruzione dell’uccisione dei compagni Barbara Azzaroni e Matteo Caggegi ad opera della polizia, a Torino, il 28 febbraio 1979. Per il compagno, invece, riguardava l’aver incitato alla violenza contro la direttrice del carcere di Tolmezzo, Irene Iannucci, e contro la dottoressa Bravo, resposabile dell’area sanitaria del carcere di Udine.
Il compagno e la compagna sono stati assolti dall’accusa di istigazione in quanto il fatto non sussiste, mentre è stato condannato il compagno per la diffamazione nei confronti della direttrice del carcere di Tolmezzo.
Queste righe solo per chiarire due punti per noi essenziali.
In aula c’è stata una cospicua presenza di compagni e solidali, in quanto la difesa aveva chiesto che fosse sentito come testimone Alessio Attanasio, detenuto da oltre vent’anni in regime di tortura democratica del 41 bis. Nel dicembre 2020, con un esposto alla procura, Alessio era riuscito a far filtrare, dalla tomba di quel regime detentivo vergognoso, la notizia delle negligenze da parte degli apparati statali nei confronti dei detenuti di Tolmezzo che volevano tutelarsi dal contagio da Covid con presidi sanitari (mascherine). In quelle settimane era infatti scoppiato il caso del focolaio al carcere tolmezzino, anche sui media nazionali, e anche in seguito alla morte di Mario Coco Trovato di 71 anni, recluso in quelle mura. Con il consueto cinismo il giudice durante l’udienza del 6 novembre ha respinto l’istanza, e cioè ha continuato a tutelare quelli della sua stessa razza, i funzionari del ministero della giustizia e i burocrati delle diramazioni sanitarie, che hanno abbandonato i detenuti o hanno impedito loro di poter utilizzare le mascherine. Infatti la testimonianza di Alessio, anche in videoconferenza, confermando quanto subìto da lui stesso e da altri detenuti, avrebbe provocato un vespaio dentro l’apparato e avrebbe avuto come esito probabile il siluramento della Iannucci. Non solo. Nelle udienze precedenti l’accusa ha ottenuto dal giudice la possibilità di far sfilare sul banco dei testimoni ben cinque funzionari a “convalidare” la tesi che nella prigione si stava meglio che non a casa! Alla difesa è stata negata la possibilità di questo unico testimone, con delle scuse puerili. Non diamo altro spazio qui a questi sepolcri imbiancati, alla loro faccia tosta nell’inserire nella propria requisitoria un volantino di 45 anni fa, senza neanche averlo depositato agli atti, all’elencare, senza nessuna attinenza con l’accusa formalizzata, le condanne penali per le quali Alessio è in carcere, al loro ignobile moralismo d’accatto…
Altra cosa fondamentale per noi è sottolineare quanto correttamente espresso anche dalla difesa durante l’udienza, e cioè il carattere politico di tutta questa vicenda, il messaggio era e rimane che non deve essere tollerata in alcun modo alcuna critica agli apparati repressivi e penitenziari: solo obbedienza e silenzio. E questo deve valere sia per chi è fuori, nella società, e tenta di prender parola, di conquistarsi uno spazio pubblico (come può essere una trasmissione radiofonica) in una realtà completamente colonizzata e asservita a fiancheggiare, fare da prestanome e, alla fine, da sicario alla missione del racket capitalista. Di passaggio, teniamo a ricordare anche il significato intimidatorio (perché altri non ne ha) della “visita” della DIGOS agli studi della realtà che ospita Zardins Magnetics da più di 30 anni, Radio Onde Furlane.
E il messaggio deve valere anche per chi, come Alessio Attanasio, sepolto vivo al regime di 41 bis, trova ancora il coraggio e la forza di resistere ai soprusi, alle vessazioni, e di contrattaccare.
Questo messaggio è e rimane un atto intimidatorio gravissimo nei confronti di chi con determinazione lotta per un altro tipo di società, un altro tipo di comunità, fatta di individui non sottomessi e disponibili alla riconquista della loro unicità e autonomia.
Da parte nostra ci teniamo a dire che non rinunceremo a dare voce ai detenuti e non accetteremo di essere zittiti da sbirri, procure e tribunali.
Questo messaggio è un atto intimidatorio gravissimo nei confronti di tutte e di tutti noi! Un messaggio che respingiamo al mittente!
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Scriviamo a:
ALESSIO ATTANASIO
VIA BADU E CARROS, 1
08100 NUORO
L’Italia ha siglato un protocollo d’intesa con l’Albania per realizzare a proprie spese su territorio albanese due centri di identificazione ed espulsione per migranti.
“Potrà accogliere fino a 3 mila persone che rimarranno il tempo necessario per espletare le procedure delle domande di asilo ed eventualmente rimpatrio. L’accordo non riguarda i minori, le donne in gravidanza e gli altri soggetti vulnerabili, non si applica agli immigrati che giungono sulle coste e sul territorio italiani ma a quelli salvati nel Mediterraneo da navi italiane, come quelle di Marina e Gdf, non quelle delle ong. Il flusso complessivo potrebbe arrivare fino a 36mila persone che si alternano. Al porto di Shengjin, l’Italia si occuperà delle procedure di sbarco e identificazione e realizzerà un centro di prima accoglienza e screening. A Gjader, nel nord ovest dell’Albania, realizzerà una struttura modello Cpr per le successive procedure.”
Una volta a regime, ci potrà essere un flusso annuale di 36-39 mila persone”, ha spiegato Meloni, chiarendo che la giurisdizione dei centri sarà italiana, mentre l’Albania collaborerà con le sue forze di polizia per sicurezza e sorveglianza.
“Se l’Italia chiama l’Albania c’è” ha affermato il primo ministro albanese, ricordando che il suo Paese è in attesa di entrare nell’Ue, ma “è uno Stato europeo: ci manca la U davanti ma ciò non ci impedisce di essere e vedere il mondo come europei”.
La mattina del 3 novembre 2023 è stato sgomberato il CSOA Terra di nessuno di Genova, realtà attiva dal ’96 al quartiere Lagaccio. Lo spazio era già stato sgomberato ad ottobre del 2021 per poi essere rioccupato sei mesi dopo, nel giugno del 2022, col tentativo delle occupanti di chiederne l’assegnazione da parte del Comune, interlocuzione presto fallita.
Come da copione lo Stato non esita a colpire quartieri e intere comunità cancellando dalla geografia urbana delle città luoghi con decenni di storia di resistenza, solidarietà e autogestione.
Ciò rende evidente non solo quanto sia inutile qualsiasi tipo di interlocuzione quando il tavolo è truccato, ma quanto non sia possibile alcuna trattativa con chi sgombera e reprime, questa ricerca di “riconoscimento” depotenzia e toglie linfa alla lotta e alla possibilità che altri spazi occupati autogestiti possano esistere e autodeterminarsi, liberi da vincoli e ricatti.
L’attacco che in ogni città autogestione e spazi sociali stanno subendo deve porci nell’ottica di riconquistare campo, non di cederlo o cedere ad un “si salvi chi può”.
In questa direzione secondo noi si inserisce la mobilitazione contro la nuova legge anti-rave: nel procedimento contro ignoti citato nel decreto di sequestro preventivo dell’area occupata dal CSOA Terra di nessuno compare infatti proprio il famigerato art. 633 bis, “Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumita’ pubblica”*, in vigore dal 31/12/2022, regalino di questa nuova legge.
Viene indicato un “evento musicale” – una serata punk programmata a settembre allo spazio – all’interno di un’area che viene definita “senza i requisiti per svolgere qualsiasi tipo di evento”. Nel testo viene citata la formula con cui è stata pubblicizzata l’iniziativa “musica selvaggia ed estrema dal vivo”, facendo riferimento a materiale fotografico e locandine.
Un articolo, il 633 bis, che nasce per colpire i rave e le feste ma che ha invece il chiaro intento di reprimere qualsiasi forma di aggregazione e socialità non rientri nella disciplina imposta dallo Stato, col pretesto della “sicurezza”.
Tutta la nostra solidarietà e complicità a chi nonostante sgomberi e repressione resiste e non smette di lottare!
Dai canali del CSOA Terra di nessuno
Art. 633 bis Invasione di terreni o edifici con pericolo per la salute pubblica o l’incolumita’ pubblica.
Chiunque organizza o promuove l’invasione arbitraria di terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine di realizzare un raduno musicale o avente altro scopo di intrattenimento, e’ punito con la reclusione da tre a sei anni e con la multa da euro 1.000 a euro 10.000, quando dall’invasione deriva un concreto pericolo per la salute pubblica o per l’incolumita’ pubblica a causa dell’inosservanza delle norme in materia di sostanze stupefacenti ovvero in materia di sicurezza o di igiene degli spettacoli e delle manifestazioni pubbliche di intrattenimento, anche in ragione del numero dei partecipanti ovvero dello stato dei luoghi.
E’ sempre ordinata la confisca delle cose che servirono o furono destinate a commettere il reato di cui al primo comma, nonche’ di quelle utilizzate per realizzare le finalita’ dell’occupazione o di quelle che ne sono il prodotto o il profitto.