BESANÇON: AGGIORNAMENTI SU BORIS

UNA CARROZZINA DI CLASSE PER BORIS

Aprile 2020
Due ripetitori illuminano la notte in pieno lockdown.

Mentre la metà della popolazione del globo si rinchiudeva nelle proprie abitazioni per propria volontà o per costrizione, un anarchico di Besançon inforcava la sua bici per andare sul monte Poupet, nella regione del Jura. Dalle cime di questi ripidi pendii, la notte del 10 aprile 2020 Boris ha illuminato con le fiamme della sovversione due grandi ripetitori: quelli di quattro compagnie telefoniche, ma anche della polizia e della gendarmerie, causando danni per circa centomila euro.
Identificato tramite una traccia di DNA ritrovata sul luogo, il compagno verrà rinchiuso nel carcere di Nancy e condannato, nell’aprile 2021, a quattro anni di reclusione, di cui due in prigione.
In una lettera pubblica scritta dal carcere, ha difeso il suo gesto come espressione della sua feroce volontà di opporsi tramite l’azione diretta alla crescente digitalizzazione delle nostre vite, con tutto il controllo, le distruzioni ambientali e sociali che questa comporta.
Disgraziatamente, mentre aspettava la fissazione del processo in appello, in agosto il compagno è stato gravemente ferito dall’incendio della cella dove si trovava. Le indagini sull’origine dell’incendio e sulla prontezza dei secondini a lasciarlo soffocare sono ancora in corso. E’ quindi con il potere medico che Boris si confronta ormai da più di un anno e mezzo.

Agosto 2021- Luglio 2022
Il potere medico in azione

Passato dal reparto Ustioni Gravi dell’ospedale di Metz a quello di rianimazione e poi alle Cure Palliative dell’ospedale di Besançon, Boris è stato regolarmente sottoposto all’ostilità dei camici bianchi, per cui era evidente che un anarchico e un avanzo di galera, ormai tetraplegico, non potesse manifestare la minima volontà di autonomia rispetto a come volesse essere curato.
Solo protestando e facendo scrivere delle lettere Boris ha potuto esprimere la sua tenace volontà di sopravvivere e di ricevere delle cure attive. Ha dovuto battersi a lungo anche contro il perdurante rifiuto dell’ospedale di fornirgli la sua cartella clinica o perché delle persone a lui vicine ma non facenti parti della sua famiglia biologica potessero discutere coi medici della sua situazione.
Come reazione, Elisabeth Batit, dottoressa dell’ospedale di Besançon e responsabile della situazione di Boris all’interno del reparto di cure palliative, ha deciso nel giugno 2022 di fare un ulteriore passo nel tentativo di demolire il compagno come individuo: ha tramesso una segnalazione presso il tribunale di Besançon (lo stesso che aveva gestito le indagini preliminari sulle antenne…) per avviare una procedura di “messa sotto tutela giuridica” del compagno, con la pretesa di “proteggerlo” dalle sue stesse decisioni! Una giudice ha quindi deciso di seguire le sue raccomandazioni nominando un’organismo istituzionale, l’UDAF, come Responsabile giudiziaria di protezione dei maggiorenni , incaricata di prendere in mano e gestire la posta, i conti correnti e le future risorse economiche (come i sussidi di disabilità) del compagno.

Agosto 2022
Solidarietà e sospensione delle visite

All’esterno dell’ospedale, rapidamente viene lanciato un appello contro l’accanimento dei poteri giudiziario e medico contro Boris, cui seguono, dal mese di agosto, diverse azioni di solidarietà a lui dedicate: visite colorate sui muri dell’UDAF di Poitiers e Caen; attacchi incendiari di colonnine di ricarica per auto elettriche e di un veicolo di Scopelec a Tolosa; rottura dei vetri di una banca e della sede di una ditta che costruisce carceri, Eiffage, nella stessa città; incendio di un’antenna 5g a Barcellona e di una macchina della polizia a Cochabamba (Bolivia)…
A Besançon, mentre alcuni volantini incazzati iniziavano ad essere distribuiti nel parcheggio dell’ospedale, il direttore decise come rappresaglia di applicare una misura drastica verso il compagno: il divieto di visite per Boris all’infuori della sua famiglia dal 19 agosto 2022 per una durata indeterminata, finché la polizia non avesse individuato gli autori del volantino che invitava alla solidarietà con il compagno. Questo divieto quasi totale di visite è stato pronunciato anche in virtù dei poteri di polizia interni alla struttura, come conseguenza del fatto che “(Boris) era regolarmente visitato da amici presumibilmente legati all’ambiente all’origine dei volantini”. Una misura che l’ospedale ha fatto applicare fermamente arrivando a cacciare con la forza, tramite gli agenti di sicurezza dell’ospedale stesso, i visitatori che protestavano davanti alle porte chiuse a chiave del reparto di cure palliative dove si trovava il compagno. Nel pieno di quella torrida estate, Boris, oltre alle sue difficoltà fisiche, si trovava a dover affrontare quattro processi: l’appello a Nancy per i due ripetitori (sospeso a data da destinarsi visto il suo stato di salute), l’indagine aperta a Nancy in seguito all’incendio della sua cella (ancora in corso), l’appello a Besançon contro la sua “messa sotto tutela” par l’UDAF…e un ricorso al tribunale amministrativo per annullare il divieto di visite!
Questa situazione si è infine conclusa due settimane dopo con grande scorno dell’ospedale di Besançon, che aveva persino tentato un colpo altro di mano con il tribunale il 5 settembre… avanzando l’indecente proposta che le persone con divieto di visita potessero effettuarle a distanza tramite telefono (malgrado la tetraplegia e tracheotomia del compagno). Quel giorno, abbiamo appreso non solo che la celebre Elisabeth Batit – la primaria che aveva infamato Boris al procuratore e ostacolato le sue richieste – s’era messa in malattia per un mese perché si sentiva “minacciata” dalla prosa anarchica, ma anche che un nuovo volantino dello stesso stampo era stato distribuito prima che fosse resa nota la decisione del tribunale, decisione che si rivelo’ favorevole al compagno. “La decisione del direttore dell’ospedale di Besançon di permettere le visite ai soli famigliari deve essere vista, nelle circostanze, come portatrice di una minaccia grave e manifestamente illegittima per i diritti, la dignità e la vita privata del signor X il cui isolamento dovuto alla sua patologia si trova fortemente accentuato”…
Quanto al capitolo poliziesco rispetto ai volantini contro cui l’ospedale ha sporto denuncia per “diffamazione”, precisiamo che la situazione di Boris è stata all’ordine del giorno di una riunione del “Comitato di igiene e sicurezza” dell’ospedale tre giorni dopo la ripresa della visite con lo scopo di “considerare il trasferimento del paziente”; che due sbirri sindacalisti assunti all’ospedale (uno del sindacato sud-santé, l’altro CGT/NPA) hanno portato avanti un’indagine parallela negli ambienti anarchici di Besançon chiedendo un po’ ovunque chi avesse potuto scrivere e distribuire i testi, col pretesto che erano “traumatizzati” dalle critiche portate contro la loro nobile istituzione; che il reparto comunicazione dell’ospedale si è meschinamente vendicato della sentenza del tribunale rilasciando tre settimane dopo una versione edulcorata agli scribacchini de L’est républicain, che è valsa una mezza pagina intitolata “Gli amici di un ex detenuto di Nancy in guerra contro l’ospedale di Besançon”, in cui si apprendeva, tra le altre cose, che “il caso è nelle mani della prefettura di Doubs e dell’agenzia regionale della sanità”. Infine, a inizio gennaio 2023, un compagno e una compagna anarchiche sono state convocate al commissariato di Besançon per fatti di “diffamazione a mezzo stampa”: ci sono andate dichiarando di non avere nulla da dichiarare, e a questo ennesimo tentativo di pressione da parte delle autorità non è seguito nient’altro per il momento.

Gennaio 2023
Al centro riabilitativo

In seguito alla calorosa solidarietà che è stata generosamente espressa in giro per il mondo e a Besançon e soprattutto grazie alla determinazione di Boris a non abbassare la testa di fronte al potere medico, la situazione si è finalmente sbloccata dall’autunno. A ottobre, il compagno ha finalmente ricevuto (dopo più di 8 mesi) la sua cartella clinica su carta e in camera sua. A metà dicembre, ha infine ottenuto il suo trasferimento in un’altra struttura sanitaria, lontano dal reparto di cure palliative di Besançon dove avevano cercato di sotterrarlo e dove non sarebbe mai dovuto arrivare. È in un’altra provincia della regione, nel reparto di riabilitazione per tetraplegie neurologiche che ha finalmente potuto fare una doccia, dopo un anno e mezzo, che ha seguito delle cure intensive di fisioterapia respiratoria o di verticalizzazione per allettati, che uno specialista lavora per adattare una carrozzina al suo corpo… e che una fine della sua ospedalizzazione si inizia a prospettare. Inoltre, in gennaio 2023 in seguito a un’udienza sulle modalità della “messa sotto tutela giuridica” di Boris, i suoi conti correnti e le sue lettere sono state sbloccate, levando per ora di torno UDAF, in attesa di un’udienza più specifica a marzo.
Attualmente, Boris può concretamente cominciare a progettare un ritorno in strada e al sole, lontano dal letto a dalle apparecchiature che lo inchiodano da ben troppo tempo sotto i neon di una stanza di ospedale, e si pone la questione del supporto finanziario. Il bisogno immediato, che è stato discusso con lui e con l’équipe medica del centro di riabilitazione, è l’acquisto di una carrozzina elettrica verticalizzante, costruita su misura e adattata alle sue condizioni, che potrà essere comandata con una sfera posta sotto il suo mento, oltre ad una serie di altri comandi integrati alla sua struttura (come l’apertura delle porte).
Aldilà della volontà del reparto di riabilitazione che si augura una dimissione del compagno entro sei mesi, aldilà delle battaglie tecnico-amministrative con la burocrazia di stato per provare a racimolare dei finanziamenti, è chiaro che bisognerà trovare una discreta somma. L’obiettivo è che Boris ritrovi dell’autonomia con la maggior mobilità possibile grazie a questo tipo di carrozzina elettrica su misura.

“Una carrozzina di classe per Boris”

A Besançon o a Parigi, diverse iniziative sono in preparazione per raccogliere dei fondi e partecipare alla campagna “una carrozzina di classe per Boris”. Ogni individualità o collettivo anti-autoritario che desiderasse a sua volta organizzare in modo decentralizzato un concerto, una mangiata benefit, un torneo di briscola, una discussione o altri momenti di svago per dare il suo contributo a questa operazione, è ovviamente il benvenuto!

Il compagno si è coordinato con due luoghi per raccogliere il vil denaro. Può essere spedito tramite assegno o bonifico (scrivere a retourausoleil at riseup.net), o essere depositato a: Bibliothèque Libertad – 19 rue Burnouf – 75019 Parigi Librairie Autodidacte – 5 rue Marulaz – 25000 Besançon

Durante tutte queste prove, Boris non ha cessato di battersi con i mezzi a sua disposizione, continuando a difendere le sue idee anarchiche. Dopo 11 mesi di prigione, 18 mesi di ospedalizzazione dura e ancora 3 processi sul groppone (per i ripetitori, l’incendio in prigione, e la messa sotto “tutela”), si intravede la luce in fondo ad un primo tunnel: perché possa di nuovo ruggire tra noi, aiutiamo il compagno comprarsi questa carrozzina di classe…

delle anarchiche solidali e complici con Boris
marzo 2023

tradotto da https://lille.indymedia.org/spip.php?article35545&lang=fr

NAPOLI: IN SOLIDARIETÀ CON ZAC E TUTTI I PRIGIONIERI

Operazione repressiva a Napoli e Pozzuoli: arrestato un compagno

Il 28 marzo, in due case a Napoli e Pozzuoli, sono state effettuate perquisizioni legate ad un’indagine per 270 bis, partita in seguito ad altre perquisizioni avvenute nel maggio 2022.

L’esito preliminare delle indagini, ancora in corso, ha portato all’arresto preventivo di un compagno per un attacco incendiario al consolato greco, che l’accusa inserisce nell’ambito della campagna di solidarietà al prigioniero greco Dimitris Koufontinas in sciopero della fame.

Dopo una giornata in questura, il compagno è stato tradotto nel carcere di secondigliano in sezione AS2, mentre tre compagne sono state rilasciate. Secondo le carte i tempi dell’arresto sono stati accelerati dalle incalzanti azioni di solidarietà ad Alfredo Cospito, prigioniero anarchico in sciopero della fame contro 41 bis ed ergastolo ostativo.

Questa operazione si inserisce nel clima di caccia alle streghe che vede nellx anarchicx il nemico pubblico da eliminare. Di fronte al diffondersi delle azioni in solidarietà ad Alfredo in Italia e all’estero, il tentativo dello Stato è di soffocare ogni scintilla di ribellione.

La nostra solidarietà non si fermerà mai di fronte alla repressione.

Assemblea contro carcere e repressione

In occasione dell’udienza di riesame presidio giovedì 6 aprile alle 9 in Piazzale Cenni a Napoli.


Zac è stato trasferito a Terni e si trova in cella con Juan, per scrivergli:
Marco Marino
c.c. di Terni
Strada delle Campore, 32
05100 – Terni

SENTENZA D’APPELLO PROCESSO BRENNERO

Da La Nemesi

Il 17 marzo, presso il tribunale di Bolzano, è stata emessa la sentenza d’appello del processo per la manifestazione contro le frontiere del maggio 2016 al Brennero.

Se c’è stato un generale abbassamento delle pene (da 150 a 123 anni complessivi, con 8 assoluzioni per avvenuta prescrizione del reato), il bilancio è comunque pesante (teniamo presente che il processo era in abbreviato). 28 tra compagne e compagni hanno ricevuto pene sopra i 2 anni, mentre 5 compagni hanno preso più di 4 anni (la condanna più alta è stata a 5 anni e 1 mese di carcere) per concorso in resistenza aggravata, violenza privata, lesioni ecc. Non ha retto, come già in primo grado, l’accusa di devastazione e saccheggio.

Altro elemento significativo è che il giudice ha negato a tutte e tutti coloro che ne hanno fatto richiesta la possibilità di accedere alla cosiddetta riforma Cartabia. Benché la data della sentenza fosse stata rinviata formalmente per consentire a imputati e imputate di ricorrere alla nuova legge, la richiesta di accedervi è stata negata con il pretesto dei precedenti penali e della “pericolosità sociale” di imputate e imputati. Ma c’è un dato ancora più emblematico: l’argomento principale per il rigetto delle “pene sostitutive” è stata la mancata abiura delle proprie condotte da parte degli imputati. La natura sempre più apertamente premiale delle sentenze non vale solo per la magistratura di sorveglianza, ma anche per i tribunali ordinari. A fare la differenza sul tipo di pena non è tanto il reato in sé, ma il “ravvedimento” o meno dell’accusato.

Per più di 30 imputati e imputate, quindi, potrebbero aprirsi in futuro le porte del carcere.

Questa sentenza non fa che prolungare la violenza strutturale del razzismo di Stato, quell’insieme di leggi, pratiche neocoloniali, detenzione amministrativa e dispositivi polizieschi che producono stragi, morti in serie e un’umanità costretta in condizioni di semi-schiavitù. Dalla raccolta nei campi ai tanti settori dell’“economia informale”, dal ricatto del permesso di soggiorno – che pesa sulla logistica, sull’edilizia, sulla ristorazione, sui “lavori di cura”… – al grasso mercato degli affitti in nero, il terrore esercitato dalle frontiere è parte strategica quanto innominabile dello sfruttamento capitalistico.

123 anni di carcere per un corteo ci dicono in modo plateale che siamo in guerra, che i margini del dissenso consentito si restringono e che il conflitto non negoziato è una diserzione dal fronte da punire in modo esemplare.

Il muro anti-immigrati al Brennero – che la polizia austriaca aveva definito una mera “soluzione tecnica”… – non è stato costruito. Forse grazie anche a chi quel 7 maggio 2016 si è battuto con generosità e coraggio.

Solidarietà alle compagne e ai compagni condannati.

RICHIESTA DI APPELLO PER IL PROCESSO “BIALYSTOK”

Diffondiamo: nelle ultime settimane sono state notificate ax imputatx del processo “Bialystok” le richieste di appello alla sentenza di primo grado presentate dall’accusa. Sostanzialmente il pubblico ministero Dall’Olio prova a riproporre lo stesso impianto accusatorio dopo aver fatto un vistoso buco nell’acqua col il processo di primo grado che non ha visto riconoscere le accuse associative (art. 270bis e 416 in subordine), di attentato (art. 280), di istigazione (art. 302 e 414 cp), e di incendio. In risposta le difese hanno presentato a loro volta richiesta di appello.

È evidente l’intenzione della controparte di tenere in vita il più possibile un procedimento che cerca di provare la pericolosità dei rapporti di solidarietà tra anarchicx, e nello specifico la possibilità di Alfredo Cospito di “influenzare” l’anarchismo d’azione all’esterno del carcere attraverso scritti e lettere.

L’udienza è stata fissata per il giorno 30 Maggio.

G8 GENOVA: NEGATA L’ESTRADIZIONE DI VINCENZO VECCHI

Il 24 marzo la Corte d’appello di Lione ha respinto la richiesta d’estradizione presentata dall’Italia nei confronti di Vincenzo Vecchi, uno dei condannati per le giornate di Genova 2001. Vecchi era stato condannato nel 2012 in via definitiva a 11 anni e 6 mesi di carcere per l’accusa di devastazione e saccheggio, reato che in Francia non esiste. Nel codice penale italiano, invece, il reato di devastazione e saccheggio è eredità del fascismo: il codice Rocco lo inserisce fra i reati contro l’ordine pubblico prevedendo pene altissime. Dopo le corti d’appello di Rennes e di Angers, che hanno respinto la richiesta di estradizione rispettivamente nel 2019 e nel 2020, quella di Lione è la terza corte d’appello francese a rifiutare la validità del mandato d’arresto europeo nei confronti di Vincenzo. Secondo i giudici francesi, l’estradizione avrebbe rappresentato un “un oltraggio sproporzionato al rispetto della sua vita privata e familiare”.

SENTENZA DI APPELLO PER JUAN

Sentenza di appello per Juan: il compagno è stato condannato a 14 anni e 10 mesi dalla corte d’assise d’appello di Venezia per gli ordigni contro la sede della Lega di Villorba (Treviso) dell’agosto 2018.

Per scrivere al compagno:
Juan Sorroche Fernandez
Strada delle campore 32
05100 Terni

Solidarietà rivoluzionaria con tutti i prigionieri anarchici!

ALFREDO: RIGETTATE LE RICHIESTE DI DIFFERIMENTO PENA

I tribunali di sorveglianza di Milano e Sassari hanno respinto le richieste di differimento pena – domiciliari – per Alfredo. Lo sciopero della fame è considerato “strumentale”. I giudici milanesi scrivono: “La strumentalità assolutamente certa” dello sciopero “ha dato corso alle patologie presenti”. “La condizione clinica è diretta conseguenza” della protesta al regime del 41bis cui è sottoposto.

SAINTE-SOLINE, MANIFESTAZIONE CONTRO IL BACINO IDRICO: UN COMPAGNO IN TERAPIA INTENSIVA COLPITO ALLA TESTA DA UNA GRANATA ESPLOSIVA

Diamo diffusione al comunicato sulla situazione di S., compagno colpito alla testa da una granata esplosiva a Sainte-Soline durante la manifestazione contro il bacino idrico.

Sabato 25 marzo a Sainte- Soline, il nostro compagno S. è stato colpito alla testa da una granata esplosiva durante la manifestazione contro il bacino idrico.
Nonostante il suo stato di assoluta emergenza, la prefettura ha consapevolmente impedito ai servizi di assistenza sanitaria prima di intervenire, e dopo di trasportarlo in un ospedale in cui potesse ricevere le cure adeguate. Attualmente si trova in terapia intensiva neurochirurgica. La sua prognosi vitale è ancora riservata.
L’esplosione di violenza che i manifestanti hanno subito ha provocato centinaia di feriti, con diverse lesioni fisiche gravi, come riportano i vari bilanci disponibili.
I 30.000 manifestanti erano venuti con l’obiettivo di bloccare la costruzione del mega-bacino idrico di Sainte-Soline: un progetto di monopolizzazione dell’acqua da parte di una minoranza e a vantaggio di un modello capitalista che non ha più nulla da difendere se non la morte. La violenza del braccio armato dello Stato democratico ne è l’espressione più evidente.
Nella breccia aperta dal movimento contro la riforma delle pensioni, la polizia mutila e cerca di assassinare per impedire la rivolta, per difendere la borghesia e il suo mondo.
Nulla indebolirà la nostra determinazione a porre fine al loro dominio. Martedì 28 marzo e nei giorni successivi, rafforziamo gli scioperi e i blocchi, scendiamo in piazza, per S. e per tutti i feriti e i rinchiusi dei nostri movimenti.
Viva la rivoluzione.
Dei compagni di S.
PS: Se avete informazioni sulle circostanze del ferimento di S., contattateci all’indirizzo: s.informations@proton.me.

Desideriamo che questo comunicato venga diffuso il più possibile.

DICHIARAZIONE DI ALFREDO COSPITO ALL’UDIENZA DI RIESAME PER LE MISURE CAUTELARI DELL’OPERAZIONE SIBILLA

Da: https://lanemesi.noblogs.org/post/2023/03/23/dichiarazione-di-alfredo-cospito-alludienza-di-riesame-per-le-misure-cautelari-delloperazione-sibilla/

“Riceviamo e diamo massima diffusione alla dichiarazione dell’anarchico Alfredo Cospito durante l’udienza di riesame per le misure cautelari dell’operazione Sibilla tenutasi il 14 marzo. Ricordiamo che (come si è appreso un paio di giorni dopo) il tribunale del riesame di Perugia ha annullato, per la seconda volta, l’ordinanza di misure cautelari contro Alfredo e gli altri cinque compagni accusati di istigazione a delinquere con l’aggravante della finalità di terrorismo in relazione alla pubblicazione del giornale anarchico “Vetriolo” e di altri articoli e interventi. L’indagine Sibilla (per cui il pubblico ministero aveva originariamente chiesto otto arresti in carcere per 270 bis c. p. e 414 c. p. con l’aggravante terroristica, successivamente mutati in sei misure cautelari, tra cui un mandato d’arresto in carcere per Alfredo) è uno dei due “pilastri”, assieme al processo Scripta Manent, su cui si basa il provvedimento di detenzione in 41 bis per il compagno.”

Dichiarazione di Alfredo Cospito all’udienza di riesame per le misure cautelari dell’operazione Sibilla

Innanzitutto volevo iniziare con una citazione del mio istigatore:

“Il nostro ordinamento ha introdotto quella figura di isolamento mortuario che è il 41 bis, e che per certi aspetti è più incivile anche di questa mutilazione farmacologica. Questo per dire che il nostro sistema non brilla di civiltà”
Carlo Nordio, 28 marzo 2019

Questo è stato il mio istigatore della lotta che ho iniziato. Non avrei mai pensato di arrivare fino a questo punto, ho sempre trovato ridicolo il melodramma, amo di più la commedia, ma così è andata. In fin dei conti siamo o non siamo il paese del melodramma? E quindi mi tocca finire in bellezza. Però se ci penso qualcosa di ironico c’è: sono l’unico coglione che muore nel progredito Occidente democratico poiché gli viene impedito di leggere e studiare quello che vuole, giornali anarchici, libri anarchici, riviste storiche e scientifiche, senza trascurare gli amati fumetti.

Ammetterete che la cosa è paradossale e anche un po’ buffa, non riesco a vivere in questo modo, proprio non ce la faccio, spero che chi mi ama lo capisca. Non ce la faccio ad arrendermi a questa non-vita, è più forte di me, forse perché sono un testone anarchico abruzzese. Non sono certo un martire, i martiri mi fanno un certo ribrezzo. Sì, sono un terrorista, ho sparato ad un uomo e ho rivendicato con orgoglio quel gesto anche se, lasciatemelo dire, la definizione fa un po’ ridere in bocca a rappresentanti di Stati che hanno sulla coscienza guerre e milioni di morti e che a volte, come uno dei nostri ministri, si arricchisce col commercio di armi. Ma che vogliamo farci, così va il mondo, almeno finché l’anarchia non trionferà e il vero socialismo, quello antiautoritario e antistatalista, vedrà finalmente la luce. Campa cavallo direte voi e anch’io, per adesso gli unici spiragli di luce che vedo sono i gesti di ribellione dei miei fratelli e sorelle rivoluzionari per il mondo e non sono certo poca cosa, perché sono fatti con cuore, passione e coraggio, per quanto sparuti e sconclusionati possano sembrare.

Detto questo, volevo spiegare il senso del mio accanimento contro il regime del 41 bis. Qualche giurista credo l’abbia capito, ma in pochissimi hanno compreso: il 41 bis è una metastasi che rischia e di fatto sta minando il vostro cosiddetto stato di diritto, un cancro che in una democrazia un tantino più totalitaria – e con il governo della Meloni ci siamo quasi – potrà essere usato per reprimere, zittire col terrore qualunque dissidenza politica, qualunque sorta di ipotetico estremismo. Il tribunale che decide la condanna alla mordacchia medievale del 41 bis è del tutto simile a quello speciale fascista, le dinamiche sono le stesse: io potrò uscire da questo girone dantesco solo se rinnegherò il mio credo politico, il mio anarchismo, solo se mi venderò qualche compagno o compagna. Si inizia sempre dagli zingari, dai comunisti, dagli antagonisti, teppisti, sovversivi e poi le sinistre più o meno rivoluzionarie.

Come potevo non oppormi a tutto questo, certo in maniera disperata, e per un anarchico, proprio perché non abbiamo un’organizzazione, la parola data è tutto, per questo andrò avanti fino alla fine. Per concludere, come disse se ricordo bene l’anarchico Henry prima che gli tagliassero la testa: quando lo spettacolo non mi aggrada avrò pure diritto ad abbandonarlo, uscendo e sbattendo rumorosamente la porta. Questo farò nei prossimi giorni, spero con dignità e serenità, per quanto possibile.

Un forte abbraccio a Domenico che al 41 bis di Sassari ha iniziato lo sciopero della fame con la speranza di poter riabbracciare i propri figli e i propri cari, nella mia forte speranza che altri dannati al 41 bis spezzino la rassegnazione e si uniscano alla lotta contro questo regime che fa della costituzione e del cosiddetto – per quanto vale – stato di diritto carta straccia.

Abolizione del regime del 41 bis.
Abolizione dell’ergastolo ostativo.
Solidarietà a tutti i prigionieri anarchici, comunisti e rivoluzionari nel mondo.

Grazie fratelli e sorelle per tutto quello che avete fatto, vi amo e perdonate questa mia illogica caparbietà. Mai piegato, sempre per l’anarchia.

Viva la vita, abbasso la morte.

Alfredo Cospito
[In videoconferenza dal carcere di Opera, 14 marzo 2023]

Nota: Il compagno, citando l’attuale ministro della giustizia Nordio, fa riferimento all’articolo “Castrazione chimica, ritorno al Medioevo”, pubblicato ne “Il Messaggero”, 28 marzo 2019 (attualmente consultabile a questi link: https://www.ilmessaggero.it/editoriali/carlo_nordio/editoriali_carlo_nordio-4390216.html & https://web.archive.org/web/20230323152621/https://www.ilmessaggero.it/editoriali/carlo_nordio/editoriali_carlo_nordio-4390216.html). Inoltre, il riferimento al ministro che si arricchisce con il traffico d’armi riguarda sicuramente l’attuale ministro della difesa Crosetto, presidente di una importante lobby dell’industria bellica al momento della nomina. Infine, Alfredo cita a memoria il compagno Émile Henry (1872–1894), le cui parole esatte sono le seguenti: “Inoltre, ho ben il diritto di uscire dal teatro quando la recita mi diventa odiosa, ed anche di sbattere la porta uscendo, pur col rischio di turbare la tranquillità di quelli che ne sono soddisfatti” (traduzione italiana in Émile Henry, Colpo su colpo, Edizioni Anarchismo, Trieste, 2013, pag. 141; attualmente consultabile anche a questo link: https://www.edizionianarchismo.net/library/emile-henry-colpo-su-colpo).

PDF: Dichiarazione di Alfredo Cospito all’udienza di riesame per le misure cautelari dell’operazione Sibilla