TORINO: AGGIORNAMENTI DA UN CPR IN COSTANTE RICOSTRUZIONE

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A Torino, in seguito all’ultima rivolta al cpr di corso Brunelleschi di venerdì 16 maggio, i tre quarti del cpr sono inagibili. L’area bianca, da cui la rivolta è partita, è bruciata interamente. Le persone che vi erano recluse hanno dovuto dormire fuori per due giorni, e sono successivamente state quasi tutte trasferite. La maggior parte, come spesso accade, è stata deportata nei cpr punitivi del sud Italia: Palazzo San Gervasio, Bari e Brindisi. Spostati come pacchi, anche chi aveva affetti e famiglia vicini, rendendogli oltretutto estremamente più difficile tenere il filo della propria difesa, e obbligandoli a cambiare avvocato da un giorno all’altro e a dover ricostruire tutto daccapo, in un nuovo lager. C’è anche chi dopo varie peripezie e un tentativo fallito di deportazione in Tunisia si trova ora al cpr di Caltanissetta. Il giovane che quella sera aveva tentato di arrampicarsi sulla rete di recinzione ed era caduto, facendosi molto male, è stato portato in ospedale solo dopo ore e ore di insistenze congiunte da parte dei reclusi e dei solidali presenti fuori dalle mura, per poi essere nuovamente recluso. Il suo tentativo di evasione e il conseguente pestaggio da parte delle guardie erano stati le scintille che avevano portato l’insofferenza dei reclusi a manifestarsi nella rivolta.

Ad oggi, nell’area blu, l’unica superstite, sono recluse 30 persone. I lavori vanno avanti nelle adiacenti aree rossa e verde e, da oggi, anche nella bianca, che potrebbero presto essere pronte. Distrutta un’area se ne appronta un’altra, un’affannosa ricostruzione ad ogni costo. Di fronte all’ormai innegabile evidenza del fallimento della gestione del centro, Sanitalia cerca di placare gli animi con vaghe promesse di miglioramenti nelle condizioni di detenzione, come quella di non trattenere più di 30 persone per area, e di portare un dentista a visitare i reclusi nelle loro celle. Ci sono però almeno quattro persone con infezioni gravi in bocca, che avrebbero bisogno di cure urgenti, e non di un dentista a domicilio. Quattro altre persone sono costrette a dormire nella mensa perché con gravi fragilità psichiche, e sono totalmente abbandonate a loro stesse, senza alcun supporto medico. C’è chi non riesce nemmeno a parlare o a fare una doccia; chi chiaramente, anche secondo i parametri di un cpr, dovrebbe essere considerato non idoneo al trattenimento.

Nelle ultime settimane non sono poi mancate le passerelle di parlamentari del PD e di figure istituzionali varie, venute a costatare che i lager funzionino ancora come dovrebbero; come se facessero un giro allo zoo, tra commiserazione e compiacimento. Proprio stamattina dei consiglieri comunali del PD in visita, preannunciati da pulizie frettolose e sguardi minacciosi atti a redarguire da eventuali lamentele, si sono permessi di chiedere ai reclusi perché non volessero tornare nel loro paese. Non si sono meritati risposta, ma si meritano invece di essere menzionati come fautori di questo infame sistema razzista che permette che le persone vengano criminalizzate, imprigionate e deportate per la mancanza di un documento in tasca, e come complici di tutte le torture che in questi lager avvengono.

E’ solo grazie al coraggio dei detenuti che emerge la verità di ciò che accade dietro alle mura di corso Brunelleschi.
Solo grazie alla solidarietà, se queste voci non vengono soffocate.

CPR MACOMER: TRASFERIMENTI AL CPR IN ALBANIA

Diffondiamo

Ieri alle 7 del mattino sono entrati una ventina di agenti in antisommossa dentro il blocco destro e sinistro del CPR di Macomer. Hanno preso con la forza 8 persone, per trasferirle in Albania.

La macchina razzista dello Stato continua il suo sporco lavoro di deportazione. Il nuovo lager sorto in Albania, gestito dalla cooperativa Medihospes, può recludere fino a 144 persone destinate al rimpatrio.

Le deportazioni fanno ingrassare anche le pance di compagnie aeree come Aeroitalia, AirMediterranean, AlbaStar e Smartwings che organizzano appositi voli charter, lucrando sulle espulsioni e sui trasferimenti da un CPR all’altro. Per compiere quest’operazione vengono usati anche aeri di linea. Sappiamo di voli interrotti grazie alla lotta degli stessi detenuti, che sono riusciti a far bloccare la partenza una volta a bordo. Infatti, spesso, le persone oggetto di espulsione o trasferimento vengono sedate. Quindi è nostra responsabilità cercare di inceppare questo tassello della macchina razzista, nel caso dovessimo trovare degli indizi di una deportazione in atto. Di seguito alcune info utili a riguardo:

“Un aereo non può decollare se ogni passeggero non è seduto con le cinture di sicurezza allacciate.
Un modo per ritardare la partenza, chiedendo lo sbarco della persona in stato di trattenimento coatto, è rimanendo in piedi nell’aeromobile, impedendo così la partenza fino all’ottenimento della richiesta di discesa!

Se quando sali su un aereo vedi:
– Pattuglie delle forze dell’ordine fuori (affianco o difronte) dall’aereo;
– Una persona razzializzata, nera o est-europea, seduta nell’aeromobile con affianco 2 brutti ceffi;
Sappi che è altamente probabile che sia in corso una deportazione.”

RESISTERE ALLE DEPORTAZIONI: racconto in messaggistica istantanea di una deportazione bloccata

CONTRO I MILLE VOLTI DEL RAZZISMO DI STATO, BLOCCARE LA MACCHINA DELLE ESPULSIONI È POSSIBILE.

SOLIDARIETÀ AI RECLUSI DI GRADISCA: DI NUOVO SOTTO QUELLE MURA!

Diffondiamo un resoconto e qualche notizia dal presidio sotto il lager CPR di Gradisca d’Isonzo:

Siamo tornate/i domenica 13 aprile sotto il Cpr di Gradisca come sempre per cercare di portare la nostra solidarietà e vicinanza a chi è rinchiuso lì dentro, cercando di rompere la barriera d’omertà che circonda questo Cpr, come tutti gli altri. “Scriveteci, condividete video e testimonianze di quello che succede, fateci sapere come state e come vi trattano, noi faremo uscire di lì la vostra voce” la frase ripetuta al microfono innumerevoli volte, alternandosi al grido di “Libertà”, musica ed interventi di denuncia di cosa sta succedendo negli altri Cpr italiani e in quello di Gradisca.

Negli ultimi mesi dal Cpr goriziano sono uscite numerose testimonianze di rivolte, di fughe riuscite e di tentativi purtroppo non andati a buon fine, e immancabili ogni volta resoconti della violenza repressiva delle guardie e dell’ente gestore – la cooperativa Ekene – incluse le ultime di lancio di gas lacrimogeni direttamente dentro le celle, pestaggi, mancato soccorso per ore e ore di prigioneri feriti e neanche 40 minuti prima dell’inizio del presidio di domenica, l’ennesimo ingresso della celere nelle gabbie.

Domenica il presidio è riuscito ad avvicinarsi molto più del solito al muro e si sono sentite più chiare le urla dei prigionieri in risposta alle nostre parole. Il grido “libertà” è stato spesso lanciato insieme e da dentro molte parole in risposta, purtroppo solo in parte comprensibili: “…mettono le medicine nel cibo…” “… abbattere i muri…” “…siamo persone…”.

Sembra un fatto oramai dato per scontato, ma per chi si trova là dentro, lottare in ogni forma vuol dire subire ancora più abusi fisici e psicologici, per loro è rischioso anche solo urlare di rabbia e chiedere libertà, il tentativo di costruire una lotta comune tra dentro e fuori è quindi un gesto potenzialmente denso di significato e forza.

L’intento della controparte è sempre quello di spezzare i legami di solidarietà tra dentro e fuori, adattando i suoi strumenti a seconda che siano diretti verso chi è rinchiuso o verso chi soldarizza, supporta e sostiene da fuori la lotta dei prigionieri. Questo intento non sta riuscendo ma, per quel che ci riguarda, ci teniamo a sottolineare l’importanza di essere presenti sotto quelle mura, più spesso e più in forze.

 

A conclusione del presidio non ci sentivamo più, probabilmente i prigionieri erano stati spostati in celle più lontane dal muro. Ce ne siamo andate/i come sempre con quel po’ di angoscia che gli sbirri stessero aspettando la nostra partenza per essere violenti dentro. Gioia e amarezza quindi quando in serata e ancora questa mattina, arrivano da dentro video e notizie di fuochi, piccoli e grandi, accesi negli ultimi giorni, soprattutto nelle ore notturne e anche nella giornata di ieri, in risposta al presidio. Amarezza perchè sono sempre accompagnati dalla celere che entra nelle gabbie con violenza, per piegare le proteste dei detenuti. Pare sia successo anche negli ultimi giorni, con un intervento muscolare, scudi e manganelli per sedare le proteste di una persona.

L’ex-ddl “sicurezza” è ora legge e si può quindi prevedere cosa questo comporterà all’interno di tutte le galere ma, è lecito pensare, ancor di più nei campi per le deportazioni dove, come per le carceri del circuito penale, è stato introdotto ex-novo il “reato di rivolta” specificamente volto a reprimere ogni episodio di protesta interna o tentativo di evasione e punire con anni di carcere anche le forme di resistenza passiva agli ordini impartiti. Se la “sospensione dell’applicazione delle normali regole di trattamento delle persone detenute” è, per il momento, ancora l’ultima spiaggia a disposizione delle guardie all’interno delle carceri, essa è invece la normalità quotidiana dei prigionieri nei Cpr.

Essi ci mostrano invece come gli inasprimenti penali non riescano a fiaccare la loro lotta per abbattere le gabbie in cui sono rinchiusi, incrinando il sistema detentivo ed espulsivo e l’immagine che li vorrebbe solo passive esistenze “in eccesso”, corpi-merce di scambio, fantasmi buoni solo alla propaganda securitar-razzista di ogni schieramento, anche di quello che il Cpr li ha pensati e aperti e ora vorrebbe far credere di volerli chiudere, o magari solo qualcuno, o solo quello sotto casa.

La macchina del dominio invisibilizza e abusa, insabbiando persino le morti. Sta a noi non lasciarli liberi di fare, smascherandoli per quello che sono: torturatori e assassini.

Ci rivediamo presto a Gradisca, nelle piazze e nelle strade per ripetere che i CPR vanno chiusi, col fuoco, con le rivolte da dentro e da fuori.

https://nofrontierefvg.noblogs.org/

CPR BARI PALESE: “TRASFERIMENTI” E RIVOLTE

Diffondiamo

Ieri Sabato 12 Aprile alle 20.00 circa, un “trasferimento” di 7/8 persone ha scatenato la reazione dei reclusi e di chi stava venendo “trasferito”. Quest’ultimi hanno cercato di resistere, facendo scoppiare una rivolta (non sappiamo l’entità, ma chi ci ha raccontato parla di “tanta polizia”) e qualcuno è anche salito sui tetti, il tutto sedato dopo un ora abbondante dalle guardie maledette.

Chi ci ha raccontato quanto successo parla di trasferimenti verso l’Albania, anche se sappiamo dai media che questi trasferimenti sono avvenuti venerdì con poca trasparenza e con i giornali che riportavano ognunx ciò che voleva. Abbiamo provato a far uscire sui giornali locali la notizia, abbiamo provato a far uscire i soprusi e la violenza fuori dalle mura del Cpr e oltre Viale Europa nel modo più democratico possibile (e di questo ce ne vergognamo) attraverso l’informazione.

Ma sappiamo benissimo che certi temi non vendono quanto altri o peggio ancora certi temi è meglio non toccarli, e quindi tra chi doveva chiedere in redazione e chi aveva la programmazione piena non una parola è stata pubblicata stamattina su ciò che è successo ieri, nessunx giornalista curioso si è spinto oltre ciò che gli è arrivato all’orecchio d’altronde i Cpr sui giornali Baresi ci finiscono solo se una bomba carta sfonda la porta del municipio. E allora speriamo che qualcunx avverti così la stampa della prossima rivolta.

Fuoco ai Cpr
Digos infame, giornalista peggio

PRESIDIO IN SOLIDARIETÀ AI PRIGIONIERI E AI RIVOLTOSI DEL CPR DI GRADISCA D’ISONZO

Domenica 13 aprile – Ore 18 – Di fronte al Cpr di Gradisca d’Isonzo

Torniamo sotto le mura del CPR di Gradisca dove le rivolte, le fughe e i fuochi di chi vi è imprigionato continuano ogni giorno a minarne pezzo per pezzo l’esistenza e ad ostacolare la presunta inesorabilità del meccanismo deportativo. Nonostante le deportazioni, i trasferimenti in carcere, i manganelli e i lacrimogeni.

Torniamo per rompere l’isolamento intrinseco a questi campi, apici fisici del razzismo di Stato che segrega, reprime, reclude ed espelle, affinchè violenze e torture non rimangano nel silenzio.

Continuiamo a portare la nostra solidarietà a chi si ribella

Contro tutte le galere

Tutti liberi, tutte libere

Assemblea No CPR FVG

https://nofrontierefvg.noblogs.org/post/2025/04/06/presidio-in-solidarieta-ai-prigionieri-e-ai-rivoltosi-del-cpr-di-gradisca-disonzo-13-aprile/

CPR DI MACOMER, UN LAGER MIGLIORE

Diffondiamo:

Venerdì 21 marzo, ancora una volta, c’è stata la visita istituzionale al CPR di Macomer. Non è la prima volta che delle così dette “cariche pubbliche” entrano lì dentro per osservare le condizioni dei detenuti (che loro chiamano “ospiti”).
Nei mesi scorsi diversi sopralluoghi sono stati fatti dalla deputata di Avs Francesca Ghirra. Anche lei sostiene che i CPR sono luoghi disumani che non dovrebbero esistere, ma poi nella pratica cosa fa? Un esposto alla Procura di Nuoro, per spingere la magistratura a verificare la corretta attuazione dell’appalto da parte dell’ente gestore. Una segnalazione inutile e diretta ad una magistratura funzionale al sistema. Inoltre, la deputata, ha fatto delle interrogazioni parlamentari assolutamente risibili, giusto per poter dire prima delle elezioni di aver fatto qualcosa.

Di stesse vedute sono l’assessore regionale alla sanità della Sardegna, Armando Bertolazzi, e la senatrice Sabrina Licheri, che due settimane fa hanno visitato il centro: apprezzano i “notevoli miglioramenti nella gestione degli ospiti, però segnalano delle criticità ancora da superare”.
L’assessore suggerisce di attivare un reparto di medicina specialistica e l’acquisizione di un defibrillatore.
Queste dichiarazioni faranno contenta la nuova direttrice, Elizabeth Rijo, responsabile di Officine Sociali in Sardegna. Nel suo sito di propaganda (https://elizabethrijo.org/), fatto al tempo in cui si candidò alle ultime regionali sarde, si legge: “Sostengo quelle persone che animano i comitati per la difesa della sanità, le lotte contro l’occupazione militare, le lotte per la valorizzazione del lavoro agricolo, le lotte per la difesa dei posti di lavoro ed i diritti, le proteste per i tagli dei servizi, le battaglie per le scuole e le università accessibili e tante altre lotte giuste e necessarie che riempiono la nostra quotidianità.” Nella trasmissione RAI “Presa Diretta” del 6/04/25, in cui le omissioni erano più delle rivelazioni appaiono sia la Ghirra che la Rijo. Per la Ghirra, incapace di intervenire di fronte a un tentativo di suicidio di un prigioniero che avviene durante la sua visita non sprechiamo parole, per la Rijo il cui progetto è organizzare corsi di ballo per i prigionieri, in perfetto stile nazista, osserviamo che se una persona come lei gestisce il cpr di Macomer possiamo essere sicuri (sic!) che qualcuno penserà a migliorare le condizioni degli ospiti tenendo conto delle LORO lotte quotidiane.

Le associazioni del terzo settore sedicenti antirazziste dovranno rispondere politicamente dei rapporti che eventualmente sceglieranno di intrattenere con questa kapó patetica. Che dire, infine di Rita Porcu, l’infermiera che stragiura che a Macomer gli psicofarmaci non vengono mescolati nel cibo ma vengono somministrati su richiesta dei detenuti che si sa magari li useranno per sopperire alla crisi di astinenza da corsi di ballo.
Noi sappiamo che i detenuti, reclusi perché privi di documenti, non hanno visto alcun miglioramento. Hanno 3 telefoni per più di 50 persone, non posseggono le schede adatte per chiamare in Africa, quindi sentire le famiglie (quelle che hanno, qualcuno le ha mandate da fuori). Non hanno acqua calda. C’è la storia di un ragazzo, che dopo aver scontato un anno e mezzo in carcere, è stato portato al CPR, con l’inganno che, se si fosse comportato bene, sarebbe uscito dopo pochi giorni. Poi il giudice dice di non essere riuscita a leggere dei documenti del suo avvocato; quindi, gli ha spostato l’udienza di tre mesi. Un altro recluso che ha avuto l’ennesimo rinvio dell’udienza, per protesta, ha tentato di uccidersi tagliandosi sul collo. Un ragazzo è riuscito a farsi fare una spesa alimentare, questa poi è sparita. È andato a reclamarla dagli operatori e uno di questi l’ha picchiato. Li perquisiscono. Dormono tanto, sono sempre stanchi (sarà effetto del cibo migliore?). Dicono: “ci stanno uccidendo lentamente”.
Alla faccia dei miglioramenti, alla faccia delle belle parole dei soliti politicanti di turno.

Condividiamo delle foto che uno dei detenuti vorrebbe divulgare. Questi tagli sul collo non sono di una vittima, ma di una persona che si sta ribellando alla sua reclusione. Pur di non stare lì dentro, alcuni, sono pronti a morire.
Quello che vuole fare Officine è cercare di cambiare volto indossano nuove maschere, quelle che piacciono alla sinistra istituzionale e al suo carrozzone associazionista.
I politici in visita al centro, volenti (sempre) o nolenti (mai), fanno il loro gioco. Così la destra può vantare l’efficacia dei CPR e la sinistra è sempre più tollerante, visti i miglioramenti delle condizioni degli “ospiti”, e si limita a lamentare l’inefficacia della politica dei rimpatri a fronte delle somme spese. Il risultato è che questo business, fatto sulla pelle dei reclusi, è sempre alimentato, e che questi lager non chiudono, ma vogliono apparire “lager migliori” (ricordate il lager di Terezin con le orchestrine di prigionieri organizzate dai nazisti in occasione delle visite della Croce Rossa?).

Ce l’hanno insegnato le stesse persone recluse come si migliorano i cpr: bruciandoli, e successo a Torino e speriamo che la pratica si diffonda, solo loro possono guadagnare la propria libertà.
Noi continuiamo a rafforzare il ponte di solidarietà che abbiamo costruito con loro, tornando lì davanti. L’abbiamo fatto domenica 30 marzo, nonostante il questore di Nuoro, Alfonso Polverino, cerca di intimorirci con avvisi orali, fogli di via e relative denunce per la violazione di questi.
Questa volta il livello dello scontro si è alzato, la risposta delle guardie è stata più forte e noi abbiamo comunicato con i detenuti per poco tempo, tentano di allontanarci per sempre con altre denunce, altri fogli di via.
Mantenere il contatto con i prigionieri sta diventando sempre più difficile, ma noi crediamo che si debba essere solidali con chi lotta per la propria libertà, è una nostra scelta ideologica, politica, etica.
Per questo ci vedremo di nuovo fuori da quel lager, solidali con chi è dentro, sino a quando non saranno tutti liberi.

Anarchic* contro carcere e repressione.

TRAPANI: RABI È STATO AMMAZZATO DAL CPR A MILO

Diffondiamo da Sicilia No Border:

Durante il saluto della scorsa settimana, sono state registrate le voci dei prigionieri, che hanno risposto con calore e rabbia alla presenza dellx solidalx. Parlano della situazione dentro come di “guerra” e raccontano di star portando avanti lo sciopero della fame, della sete e dei medicinali da oltre una settimana. Come si sente dalle voci, qualcuno grida l’assenza di cibo e telefono, da qualcun altro si sente chiaramente urlare la frase terribile e angosciante: “sono morte due persone qui”.

Parole che ci avevano lasciato sgomentx ed esitanti. L’avevamo già visto che chi governa là dentro, seppur si faccia refertare l’inverosimile quando riguarda i loro corpi, se si tratta di quelli dei reclusi cerca di non chiamare le ambulanze o lo fa sempre troppo tardi. Eppure ci siamo ritrovatx col bisogno di cercare altri riscontri prima di diffondere una verità di quel tipo: se invece non sono morte? Compagni in pessime condizioni, massacrati dagli sbirri e dalla violenza atroce di questo lager, i reclusi ne vedono molti partire. Se non sempre li vedono poi tornare in CPR non vuole dire che sono necessariamente morti.

Riconosciamo che questo nostro smarrimento è un prodotto della pervasività della repressione che si esercita in quel luogo. Ma, senza nasconderci, nei fatti non siamo riuscitx ad affidarci totalmente a chi da lì dentro ci affidava la sua verità e abbiamo partecipato anche noi all’isolamento di chi è detenuto. Realizzazione lacerante in queste ore. Ancora una volta a conferma del fatto che abbiamo tanto da imparare.

Da dentro hanno provato a farlo sapere, e purtroppo non è bastato.

E adesso è solo la sconfinata determinazione di chi vive sull’altra sponda di questo mare, e che ora si trova a farsi carico dell’ennesima perdita, che sta rendendo possibile dire che Rabi, un giovane ragazzo tunisino, è morto il 16 marzo al Cpr di Trapani Milo. Rabi è stato ammazzato e la notizia della sua morte insabbiata per 20 giorni da forze dell’ordine, ente gestore e medici. Solo quando il suo corpo è arrivato in Tunisia, la famiglia ha dato notizia della sua morte. A quanto racconta un esponente dell’opposizione tunisina in Italia, fino all’ultimo momento prima del rimpatrio della salma non è stato comunicato l’aereo sul quale avrebbe viaggiato, l’orario di partenza e quello di arrivo. Un’ulteriore violenza di stato sul corpo di Rabi, nei confronti della sua famiglia e delle sue amicizie.

Mentre diffondiamo questa notizia, non abbiamo idea di cosa possa essere successo alla seconda persona. Sappiamo però che ancora in queste notti le rivolte e le proteste dei detenuti sono continue, vengono represse dalla celere e dagli idranti. Sappiamo che stanno deportando in fretta e furia i testimoni via nave in Tunisia, con le navi della GNV dal porto di Palermo (di proprietà di MSC, che continua a rifornire Israele di armi per il suo genocidio). Sappiamo che una dozzina di persone è stata trasferita al Cpr di Brindisi per essere probabilmente trasferita in Albania questa settimana.

Sappiamo che i cosiddetti atti di autolesionismo o i tentativi di farsi fuori sono coraggiosi gesti di liberazione ed evasione da questa insostenibile tortura. E che di vittime lo stato ne ha fatte tantissime, tra cui Ousmane Sylla morto l’anno scorso al Cpr di Roma poco dopo essere stato trasferito proprio da Milo, che i prigionieri avevano reso inagibile con il coraggio delle loro rivolte. Non ce le dimentichiamo queste morti perche’ ci bruciano dentro. Trapani, per altro, è dove sono iniziati in Italia gli omicidi di stato tramite detenzione amministrativa: nel 1999 sei giovani tunisini sono stati bloccati dentro la cella e bruciati così vivi nell’allora CPT.

E mentre il potere sforna l’ennesima legge sicurezza con l’obiettivo di seppellire in carcere chi, detenutx, osa ancora difendersi e di farci desistere dal manifestare solidarieta’, di farci rinunciare ad esprimere tutta la nostra rabbia, noi non possiamo che ribadire tutto il nostro odio verso questo mondo che ci vuole zittx, obbedientx, in riga e riprometterci di continuare a manifestarlo verso ogni sbirro, ogni frontiera, ogni galera. Davanti alle carceri, davanti ai cpr, nelle strade.

VENDETTA PER RABI

FUOCO AI CPR

SOLIDALX CON CHI LOTTA CONTRO QUESTO MONDO DI MERDA

BARI: SALUTO AL CPR

Riceviamo e diffondiamo

Da fonti indirette sappiamo che Giovedì 27 c’è stata una rivolta nel Cpr di Bari in seguito a un tentativo di fuga. Il ragazzo che ha provato a fuggire, dopo essere stato preso è stato brutalmente picchiato e rimandato in cella. Una volta tornato i suoi compagni, vedendo le chiare violenze subite, hanno iniziato una piccola rivolta, salendo anche sui tetti e lanciando frutta alle guardie, il tutto sedato dalle forze dell’ordine.

Anche per questo:
Domenica 30 in poch3 compagn3 ci siamo ritrovate sotto le mura del Cpr per portare solidarietà ai detenuti e mostrare che le loro lotte non rimangono isolate come le istituzioni vorrebbero. Ci siamo ritrovate di pomeriggio, con solo fischietti e la nostra voce, urlando cori e cercando di fare più rumore possibile, a posteriori sappiamo che ci hanno sentito ma sul momento non abbiamo ricevuto risposta. Il tutto è durato una ventina di minuti, senza risposta da dentro e senza l’intervento delle guardie.
Non contente del risultato e col dubbio che non ci avessero sentitɜ, altr3 compagn3 sono tornate Martedì 1 Aprile con qualche strumento in più che ci rendesse più rumorosɜ. Ad oggi abbiamo la certezza che ci hanno sentitɜ e adesso loro sanno che quei saluti, quelle urla e quel calore erano per loro e chissà se dalla prossima volta grideremo insieme contro quelle mura infami!

L’ultima visita al Cpr prima di domenica è stata il giorno del presidio
autorizzato fuori dal Cpr di Bari il 22 Febbraio. Abbiamo scelto di comunicare alla questura il presidio e, nonostante sapessimo che la Digos di Bari non permette più di avvicinarsi tanto alle mura, abbiamo comunque comunicato l’intento di avvicinarci il più possibile, specificando il luogo esatto che avrebbe dovuto essere sotto le celle. La Digos non ha rigettato la comunicazione né inviato prescrizioni, rimandando la contrattazione del punto al momento di arrivo in piazza.

La decisione di comunicare il presidio è stata mossa principalmente da 3
ragioni:
– Rendere la giornata inclusiva e accessibile a chiunque volesse portare
solidarietà ai detenuti.
– Poter stare più tempo sotto le mura e poter portare strumentazione
provando a comunicare e non solo a farsi sentire.
– Avevamo pubblicizzato in larga scala la giornata, probabilmente la Digos
e la celere sarebbero state lì ugualmente.
Arrivate in piazza 15 minuti prima del concentramento, la Digos non presenta le prescrizioni ma ci dice che avrebbero dovuto mettere in sicurezza l’area, poiché c’era troppa spazzatura in giro e che l’Amiu (servizio raccolta spazzatura) non era venuta a svuotare i bidoni.Tutte
menzogne perché di spazzatura non ce n’era neanche l’ombra.

Questo dura almeno 1 ora e più, tempo in cui la Digos mostra le prescrizioni rimanendo vaga sulla posizione, rimandando sempre a quando avranno finito di pulire, ma rassicurandoci che una soluzione l’avremmo trovata. Ovviamente una volta “pulito”, le guardie si sono schierate, mentre si schierava la celere la Digos continuava a fingere, continuava a prenderci in giro. Questa è la polizia, queste sono le istituzioni, nonostante i tentativi di isolare il presidio, quel giorno c’è stata una risposta da dentro dopo ore di cori, musica e interventi in inglese, francese e arabo. Per questo abbiamo deciso di continuare a portare solidarietà ai fratelli rinchiusi, ma senza comunicare né chiedere il permesso a nessuno.

Speriamo di aver rovinato il sonno all’allievi finanzieri, ma ancora di più speriamo che una notte non troppo lontana sarà il fuoco del Cpr a svegliarli, e magari le urla di qualche collega.
Morte alla Digos, morte a tutte le forze dell’ordine. Fuoco ai Cpr.

Anarchic* contro le frontiere