TORINO: CORTEO CONTRO IL CARCERE

CORTEO SABATO 11 NOVEMBRE
DALLE ORE 15
Angolo via Val della Torre/corso Cincinnato (Torino)


GOVERNARE (DA)I MARGINI:
CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ’ CHE NE HA BISOGNO

Mentre non si riesce più a contare il numero di gente massacrata e la cui vita è in scacco per via di necessità e imperativi di guerra che bussano alle porte di questa Europa apparentemente prossima al collasso sia economico che ecologico; mentre i giornali imperversano in una retorica schiacciante in cui terrorista è nominato colui che lotta, si organizza e risponde – colpo su colpo – alla violenza degli Stati, alla violenza delle colonie e all’ingiustizia strutturale dei sistemi differenziati del capitalismo neo-liberale (ossia la produzione, da parte del capitalismo, di categorie di persone sfruttabili, ricattabili e reprimibili a seconda delle sue necessità); mentre tutto questo succede, il carcere – essenza materiale e simbolica, della dirompenza del sistema di controllo, punizione e messa a valore delle classi oppresse – diventa un nodo centrale contro cui lottare. Non solo per ribadire come il potere si materializzi sulle vite di sfruttati e sfruttabili, ma anche per sottolineare quali alleanze vogliamo ribadire, scoprire e valorizzare nel nostro bisogno di organizzarci contro un’esistenza invivibile e inaccettabile.

Il momento storico in cui ci troviamo a vivere ci impone la necessità di ampliare lo sguardo sul fenomeno carcerario, legandolo non solo a un dispositivo fisico repressivo, ma capendo come la diluizione del sistema carcere al di fuoridelle patrie galere coinvolga inevitabilmente i diversi strati sociali e informi il tessuto sociale tutto. Il governo Meloni e le sue politiche, marcatamente classiste, razziste e securitarie, mostra una continuità a ritmo sostenuto, in rapporto con gli esecutivi precedenti nel creare supposti “soggetti criminali” e nemici da cui difenderci. La tendenza è quella giustizialista che continua a materializzarsi nell’uso della decretazione d’urgenza, sia riguardo al fenomeno della cosiddetta “devianza giovanile” sia a quello della migrazione. Decreti che hanno il medesimo obiettivo politico: privazione della libertà personale e di movimento. Un vero e proprio strapotere penale, e carcerario, quello che si sta sviluppando oltre il perimetro dell’istituzione totale per eccellenza, dove a farne le spese sarà la parte più sfruttabile e ricattabile del tessuto sociale.

Il mito collettivo, secondo cui la prigione protegge (da cosa esattamente?) e quindi sia un male necessario, non è altro che un mito utilizzato per giustificare, quando ancora ce ne sia bisogno, l’istituzione carcere in sé, luogo ove confinare la miseria e soffocare la protesta contro l’ordine stabilito e creare cittadini obbedienti. E questo mito è di sovente ancorato all’idea, quasi religiosa, del “chi ha peccato deve pagare”. Ma invece è ovvio che le carceri, essendo per essenza strutture coercitive, non possono che avere come unico scopo la disciplina e la sicurezza. Questo controllo sociale totalizzante viene esercitato al di là delle mura del carcere, attraverso la paura che esso incute, ma anche per mezzo delle cosiddette pene alternative, ovvero ulteriori strumenti per aumentare la carcerazione diffusa. La prigione è il luogo di punizione per eccellenza, in cui la società capitalista neoliberale rinchiude coloro che dichiara dannosi, per contenere qualsiasi slancio di rivolta sociale e mantenere così al suo interno valori morali basati sulla disuguaglianza, sullo sfruttamento, sul rispetto dell’autorità e sulla sottomissione alla violenza dello Stato.

Le rivolte, gli scioperi della fame, le lotte dei reclusi che caratterizzano la quotidianità delle carceri, sono l’evidenza di una rabbia irriformabile. Una rabbia relegata, dagli organi governamentali, a una totale silenziazione delle sue rivendicazioni, in cui si vuole privare di significato qualsiasi atto di protesta con la conseguente invisibillazione delle condizioni detentive.

Le parole del ministro della Giustizia Nordio, in visita al carcere Lorusso e Cotugno, lo scorso mese in risposta alla morte di due detenute, non fanno altro che speculare sull’accaduto e portare avanti i calcoli politici di governo, di fronte all’evidenza strutturale che il carcere uccide. Lo scopo delle istituzioni penitenziarie è dunque chiaro: controllare, monitorare, punire, uccidere, poiché la necropolitica è parte integrante della logica carceraria.

Essa si basa sul fare della violenza-tortura-morte uno strumento di controllo e deterrenza per gli internati, verso il mondo dei liberi e in particolare verso quegli strati del tessuto sociale che, in diverse forme, escono dagli schemi costruiti attorno ad essi. Grazie allo sciopero della fame di 181 giorni portato avanti da Alfredo Cospito e alla mobilitazione contro il 41bis e l’ergastolo ostativo al suo fianco, è oggi forse maggiormente noto come lo stato utilizzi la tortura, annientando psico-fisicamente le persone detenute nelle carceri per estorcere informazioni, richiedere il pentimento o la dissociazione. Questi sono i meccanismi brutali di cui si avvalgono le istituzioni per il re-inquadramento di massa della società tutta.

Quando il sistema carcerario esplica la sua funzione violenta e mortifera, l’opinione pubblica tende a polarizzarsi in due correnti non dualistiche tra di loro: da una parte si consolida l’approccio giustizialista, dove si criminalizza e si condanna alla responsabilità individuale dell’espiazione della colpa, discorso accettato da un ampia fetta della società. Dall’altra, invece, il paradigma garantista, abbandonate le proprie velleità di assicurazione dello stato di diritto – come il principio di proporzionalità e funzione rieducativa della pena – si riduce alla mera richiesta di più controllo e sorveglianza negli istituti penitenziari, tramite l’assunzione massiccia di guardie, militari e personale sanitario. Nello specifico i sindacati di polizia avanzano rivendicazioni bastate sulla richiesta di più organico con l’obbiettivo di aumentare la loro capacità di coercizione e violenza nei confronti dex detenutx,soprattutto dex rivoltosx.

Entrambi gli approcci danno voce quindi ad un unicum securitario. Un discorso che nel suo complesso va smascherato. La violenza statale si perpetua nell’ordine carcerario anche attraverso il sovraffollamento, la mancanza di cure sanitarie e i pestaggi della polizia. Pensare di riformare le carceri non è un’orizzonte politico desiderabile perché non può esserci una vera emancipazione senza la distruzione totale dei luoghi di reclusione e della società che li necessita.

CONTRO IL CARCERE E LA SOCIETÀ CHE NE HA BISOGNO
Rendiamo tangibile la solidarietà a chi resiste e lotta contro la violenza quotidiana della detenzione, attraversando le strade di Vallette per arrivare fino alle mura del carcere Lorusso Cotugno.

TREVISO: SENTENZA DI PRIMO GRADO PER LE PROTESTE NEL CENTRO DI ACCOGLIENZA EX CASERMA SERENA

Diffondiamo:

Sentenza di primo grado per le proteste nel centro di accoglienza Ex Caserma Serena (Treviso): solidarietà a Mohammed, Abdou e Amadou!

Il 20 ottobre il Tribunale di Treviso ha pronunciato la sentenza di primo grado nei confronti di Mohammed, Amadou e Abdourahmane, per le proteste avvenute l’11 e 12 giugno 2020 dentro il centro di accoglienza Ex Caserma Serena di Treviso, di cui i tre erano accusati.
L’accusa di devastazione e saccheggio è caduta, ma è rimasta quella di sequestro di persona per i fatti del 12 giugno. Il PM aveva inizialmente chiesto condanne di 6 anni, ma al termine di questa udienza due di loro sono stati condannati a 1 anno e 8 mesi, e l’altro a 2 anni.

La repressione che i tre hanno subìto ha voluto fin da subito essere esemplare: si voleva punire una rivolta per dare un segnale a tutte le altre, in un’estate in cui le proteste si moltiplicavano in tutti i luoghi di reclusione per persone immigrate in Italia.
Il quarto imputato di questo processo, Chaka Ouattara è morto in isolamento nel carcere di Verona il 7 novembre 2020 nel silenzio e nell’indifferenza generale.

Abdou, Mohammed e Amadou hanno passato tre anni tra carcere, arresti domiciliari e obblighi di firma. A tutto questo si aggiunge il ricatto quotidiano di non riuscire più a ottenere o rinnovare il permesso di soggiorno, di non avere abbastanza mezzi economici e reti di relazioni per sostenere le spese legali e tutto il peso della repressione.
Per questo è importante tenere viva la solidarietà nei confronti dei tre e di tutt* quell* che spesso nell’isolamento più totale lottano per la propria libertà.

Venerdì mentre il Tribunale di Treviso pronunciava la sua sentenza, c’è stato un presidio solidale davanti al tribunale e diversi striscioni di solidarietà sono apparsi in diverse città d’Italia: a Torino, a Roma in occasione del corteo per la Palestina nelle strade di Torpignattara, e anche a Borgo Mezzanone, in provincia di Foggia, per ribadire ancora una volta che chi lotta non è mai solo.

Per Chaka, in solidarietà con Abdou, Mohammed e Amadou, TUTT LIBER!

FIRENZE: SGOMBERO VIA GRAMSCI 41

Dai canali dell’occupazione Corsica:

Stanno sgomberando viale Gramsci 41! Un compagno è riuscito a prendere il tetto e sta resistendo. Chiunque può raggiunga il posto, un’altra settimana di resistenza sta per iniziare.

Viene segnalato inoltre un fatto grave: la polizia questa mattina ha raggiunto il tetto tramite scale esterne con le torce spente e le pistole in mano.

FIRENZE: CI VOLEVATE FUORI DA RIFREDI? ECCOCI!

Nuova occupazione in via Gramsci 35 mentre continua la resistenza sul tetto del circolo Romito.

Diffondiamo dai canali dell’occupazione Corsica:

Oggi abbiamo aperto questo luogo, lo abbiamo aperto perché in questa città non esistono luoghi di aggregazione, non esistono luoghi di socialità, non esistono case per le persone.
Domenica abbiamo occupato un circolo, un circolo abbandonato nel nostro quartiere, un quartiere che tanto soffre della mancanza di spazi. Un quartiere che sta venendo smembrato dai processi gentrificatori, che dopo aver rovinato il centro dilagano nelle periferie vicine. Ora Nardella, dopo aver reso invivibile il centro parla di vietarci gli air BnB, e non solo questo è troppo poco e troppo tardi ma è proprio sintomo di una precisa volontà di espandere la bolla degli affitti brevi a nuove aree, turistificandole e allontanando ulteriormente i residenti.
Il nostro quartiere lo abbiamo sempre amato ed abitato ma ora non ci vogliono lasciare nessuno spazio. Circolini, parchi, piazze, luoghi occupati e posti di socialità, sempre meno rimane di quello che era il nostro quartiere.

Ma noi non ci arrendiamo. Non siamo disposti a vivere in una città invivibile, in cui si lavora solo per pagare l’affitto (a Firenze la media degli abitanti spendono il 50% del proprio stipendio in affitto) e non c’è spazio per andare a farsi una birra senza spendere dieci euro in un luogo per turisti.
Per questo siamo qui oggi, perché vogliamo dimostrare che questa città di spazi ne ha bisogno e in un modo o nell’altro questi spazi li prenderemo, e se non ci volete nel nostro quartiere ci avrete ovunque, soprattutto dove non ci volete.

UNITI SI VINCE

ROMA: APRIAMO LA STREET PARADE CON UN CARRO CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE

Diffondiamo da L38Squat:

APRIAMO LA STREET PARADE “IL GRIDO DELLE PERIFERIE PRENDE FORZA IN STRADA” CON UN CARRO CONTRO LA VIOLENZA MASCHILE SULLE DONNE

Saremo in testa alla street parade e non vogliamo che siano altri a parlare al posto nostro.

Ogni giorno i quartieri popolari vengono dipinti come “terra di nessuno”, facile teatro di violenze contro le donne e la gente che li abita come complice silenziosa.
L’Italia femminicida utilizza i mezzi d’informazione per cristallizzare la violenza. Ogni giorno veniamo bombardatx dalle notizie mediatiche con i particolari scavati nella vita delle donne uccise da mariti, fidanzati, amici cugini e zii senza che venga mai rivolta un’accusa alle fondamenta di una società basata sulla sopraffazione.
La politica difende il potere patriarcale e strumentalizza gli episodi di violenza maschile sulle donne per campagne securitarie che hanno lo scopo di terrorizzarci, disciplinarci e spingerci a restare chiuse in casa. La risposta politica ai più eclatanti episodi di violenza sono blitz di polizia nei quartieri popolari, i militari nelle stazioni e un innalzamento delle pene e tutto ciò niente ha a che fare con il contrasto alla violenza sulle donne. Le tante politiche di populismo penale fatte sulla nostra pelle non hanno mai prodotto alcun risultato: i dati pubblicamente noti che riguardano la violenza maschile sulle donne sono invariati. Mai viene nominata l’importanza delle reti di solidarietà e sorellanza, mai ci si riferisce al lavoro dei centri antiviolenza, mai si parla della necessità di educare contro gli stereotipi di genere che collocano le donne sotto il controllo degli uomini.
Viviamo nelle occupazioni di case, sbarriamo i portoni per portare solidarietà a chi è sotto sfratto, ma sappiamo bene che spesso le mura domestiche sono tutt’altro che luoghi sicuri per noi perchè è proprio in famiglia che avviene il maggior numero di violenze.
Chi parla al posto nostro non sa che alcune volte è stato proprio il senso di appartenenza e la conoscenza reciproca in quartiere a permettere a molte di noi di cavarsela, impedendo che la violenza restasse un fatto privato.
Se il primo passo è riconoscere la violenza che su di noi viene agita, il secondo è avere la possibilità di fuggirne. Sappiamo quanto è complicato riuscirci quando non hai una indipendenza economica o una rete di relazioni su cui poter contare.
Questo è per noi un motivo in più per scendere in strada e darci forza insieme, perché nessuna venga lasciata sola coi propri guai. Lo facciamo con la musica che piace a noi, con lo spirito alto di chi non je la darà mai vinta.
Venerdì 27 ottobre – ore 18.30
Partenza dal primo ponte del quartiere Laurentino 38
(via Ignazio Silone altezza via Gian Pietro Lucini)

PALERMO: FERMARE LA GUERRA E LA MILITARIZZAZIONE DEI TERRITORI

Corteo nazionale
21 ottobre ore 17
Palermo

Contro il MUOS e le basi militari, contro la Leonardo Spa e tutte le fabbriche di morte.

Rilanciamo l’appuntamento previsto per il 21 ottobre a Palermo per un corteo nazionale contro ogni guerra e la sua industria, contro il Muos e le basi militari, contro la Leonardo Spa e la militarizzazione dei territori.
Ribadiamo la nostra solidarietà ad alcunx compagnx siciliani inquisiti per istigazione a delinquere e atto con finalità di terrorismo per aver pubblicato il video di un attacco alla sede palermitana di Leonardo Spa, leader dell’industria elettronica a fini bellici. (https://sciroccomadonie.noblogs.org/post/2023/07/29/guerra-e-repressione-solidarieta-ad-antudo-e-a-tutti-i-compagni-e-compagne-inquisite-i-negli-ultimi-mesi/)

CONTRO LA GUERRA, CONTRO LA PACE
DEL PATRIARCATO, DEI PRODUTTORI DI ARMI, DELLE STRAGI SUL LAVORO, NELLE CARCERI, ALLE FRONTIERE

FIRENZE: PRIDE FAVOLOSKA [30 SETTEMBRE]

Diffondiamo la chiamata della Pride Favoloska… e ci vediamo in strada! 💜🔥

PRIDE TRANSFEMMINISTA QUEER NAZIONALE  – Concentramento ai Giardini della Fortezza ore 17:00,  Firenze.

Le aggressioni subite dallx compagnx queer durante i pride a Firenze, Novara e Rimini, non sono una novità di quest’anno. Esse si inseriscono in un contesto di esasperazione da parte di un certo associazionismo lgbtqia+ che vuole cancellare politica e lotta dai pride. Questo clima, unito alla repressione dello stato, non ci farà tirare indietro o scadere in narrazioni vittimiste: una risposta di piazza significa costruire una realtà alternativa alle loro sfilate prive di ogni conflittualità e politica.

FAVOLOSE: Non siamo orgogliose di amare, o di essere uguali al resto dell’umanità. Siamo orgogliosx di aver preso a pietrate gli sbirri le notti di Stonewall, della Compton Cafeteria e dei White Riots. Orgogliose di aver sabotato a San Remo il congresso dei sessuologi con le fialette puzzolenti. Siamo orgogliose dellx femminellx sulle barricate, della potenza rivoluzionaria delle nostre lotte. Siamo orgogliose della nostra storia, di sapere bene come la nostra comunità ha preso le libertà che ha ottenuto: a pietrate sulle guardie, assaltando municipi e occupando case vuote, non certo votando il PD o scendendo a patti col potere.

LOSCHE: In un momento storico in cui il diritto di manifestare e di dissentire sta finendo sotto gli anfibi militari, ci preme ricordare che abbiamo smesso di chiedere il permesso di esistere tanto tempo fa. Scendere in piazza per noi significa prenderci uno spazio e non chiederemo scusa per farlo. In un paese che si fregia di diritti umani ma che utilizza ancora un codice fascista per la “pubblica sicurezza”, atto a reprimere la libertà di manifestare, che utilizza norme fasciste mai abolite per cacciare dalle città chi si ribella. Tra sgomberi, misure cautelari e preventive, “terrorismo” affibbiato sempre di più a chi lotta per case per tutti, contro la povertà e contro le discriminazioni. Ribadiamo che coloro che fanno vivere nel terrore, che, mentre blaterano di nonviolenza e dialogo, distruggono qualsiasi cosa intralci il loro cammino, sono i fautori di questo ordine.

ECOLOGISTE: La Terra è sotto attacco da quel capitalismo che sfoggia arcobaleni a giugno mentre devasta mari e terre. E’ nella nostra essenza di transfinocchie difendere la Terra. Non ci venderemo per un carro della coca cola al pride. Siamo solidali con chiunque agisca per difendere la Terra. Ci opponiamo a ogni grande opera che è utile solo a ricchi e padroni. Solidali e complici con la liberazione animale. Per poter sfrociare liberamente abbiamo bisogno di un pianeta dove non si soffochi, non di arcobaleni di plastica.

INCLUSIVE : Appiattire i pride non cancella la rabbia. “Il pride è per tutti” raccontano gli infami aggressori dell’associazionismo lgbt borghese e bianco. Certo, se se sei un bianco ghei cis borghese la polizia per te è utile. Ma ci siamo anche noi, che con la loro violenza abbiamo a che farci ogni giorno. Non dubitiamo che ciò sia incomprensibile a molti.Ciò che invece è semplice comprendere è il significato di inclusività: includere gli oppressi, non gli oppressori. La nostra pride include le migrantx che abbattono le frontiere, le lavoratricx e le disoccupatx, le ribellx, le redditatedicittadinanza, le bidelle lelle, le metalmeccaniche insorgenti, le puttane in lotta, le finoqquie che non arrivano a fine mese, le commesse stanche di sorridere a ricchi e padroni, le detenute in sciopero della fame e le recluse nei lager CPR. Chiunque senta che questo mondo non sia proprio il migliore possibile, ma non chi difende la miseria, i fili spinati, le galere. Non includeremo mai chi del fare guerra ai popoli ne ha fatto il proprio mestiere; il fascino della divisa non lo subiamo.

ANTIMILITARISTE: Non c’è guerra che come translellefroce sentiamo nostra. Non c’è stato né esercito che riconosciamo di pubblica utilità alla nostra comunità. Rifiutiamo la guerra, ma rifiutiamo anche la logica della sua accettazione passiva. Chi fa la guerra sappiamo benissimo chi è. Il nostro orgoglio è fermare i carichi di armi diretti al fronte, abbassare i profitti di chi con la guerra si compra lo yacht di lusso. Nella nostra comunità non c’è spazio per guerra ed eserciti, confini e muri. Il nostro pride è intralciare i loro piani in ogni maniera.

PROTAGONISTE: Sappiamo benissimo dell’uso strumentale del termine “antagonista” usato dall’associazionismo gay come dalla democrazia cristiana. Ci rivendichiamo di certo l’essere antagoniste verso il mondo capitalista, ma nel nostro pride ci sarà spazio anche per il nostro Protagonismo, quello di tutte le translellebiqueeraceunicornaliene che vi parteciperanno, perché è uno spazio che ci prendiamo per tutte noi e per quelle di noi che in piazza non ci possono essere più!

AUTODIFESE: Non ci protegge lo stato e non ci protegge la polizia. E non abbiamo alcuna intenzione di vendere le nostre cule per chiedergli di farlo. Sosteniamo profondamente la dignità di difenderci da sole e collettivamente. Costruiamo reti di autodifesa, costruiamo una comunità che davvero pensi al bene dell’altrx, e alla nostra sicurezza, autogestendocela come finocchie. Non siamo sicure in piazze piene di militari e volanti ma lo siamo in piazze piene di transphroce e alleate con cui costruire la nostra sicurezza.

SCIOPERANTI: Il lavoro non nobilita l’uomo e non nobilita noi transprocione. Lavorare per il profitto di pochi, guadagnare qualche spicciolo che non ci basta neanche per il mascara, ci priva di quella dignità di cui la comunità lgbtqia+ da sempre è estremamente fiera: la dignità di non cedere, di stare sempre a testa alta. Il nostro pride porta orgogliosamente solidarietà e complicità con tuttx coloro che stanno scioperando, picchettando, bloccando la produzione, che mandano a fanculo il proprio capo, che non hanno la forza di farlo ma vorrebbero. Mentre arcigay & Co si fa sponsorizzare da Deliveroo e altri sfruttatori, ci rivolgiamo alle froce e alle alleate nelle fabbriche, nelle grandi catene, a tutte coloro che di essere costrette a dare i propri giorni a infami sfruttatori, non ne possono più.

SIEROPOSITIVE: La nostra pride è orgogliosamente infetta, rifiuta ogni stigma e violenza che colpisce le persone. Non c’è colpa nell’avere una malattia, siamo orgogliosamente tutte infette e a difesa delle nostre sorelle. Non dimentichiamo il ruolo di stati e polizie nel lasciarci morire durante una pandemia, gridiamo rabbiosamente vendetta per tutte quelle che abbiamo dovuto piangere per l’ignavia di una società che ora ci chiede pure di stare in silenzio.

OCCUPATE: La casa è un diritto. Eppure nessunx di noi quasi ha una casa dove stare. In una città con migliaia di edifici vuoti rivendichiamo la pratica di togliere un po’ di lusso ai signori della città e costruire sfamiglie in case strappate alla speculazione. La nostra pride è schierata contro ogni sgombero e sfratto. Non si può pagare 600 euro al mese per una stanza, prendiamoci le case e non paghiamo più!

DEGRADATE: La gentrificazione e la repressione del decoro ci rende impossibile vivere nelle nostre città. Certa parte di associazionismo lgbt+ ha strizzato l’occhio a queste politiche per avere spazi commerciali e brandizzabili nel lunapark turistico. Alla norma decorosa reagiamo con il degrado dei nostri corpi fastidiosi, la nostra povertà disturbante. Ai Dehors contrapponiamo piazze piene di vita e orge nelle pubbliche vie, quartieri restituiti a chi li abita e ritorno delle comari di quartiere al posto delle guardie. Rivogliamo la nostra città e vogliamo viverci senza dover vendere un rene. Vogliamo i quartieri pieni di vita e non di merce e turismo di lusso. La nostra pride non sarà una parata per i selfie dei turisti. Siamo il degrado che non riuscite a ripulire. Ogni student hotel e Airbnb saranno occupati!

SCARCERATE: Il carcere è parte del problema non della soluzione. Se il carcere fosse una cosa davvero funzionante, ce ne dovrebbero essere sempre di meno. Il fatto che invece aumentino dà una chiara spiegazione del loro vero ruolo: discariche sociali dove allontanare chi sbaglia e non risolvere minimamente le problematiche di questa società che, spingendo alla miseria quasi tutti, non ha altra soluzione che manganelli e gabbie. Abolire il carcere è necessario, e non c’è transfemminismo in un mondo che ha bisogno del carcere.

ANTIRAZZISTE: Sappiamo bene i pilastri su cui si regge questa società. Non basta come fanno i pride ufficiali scrivere antirazzismo e far due interventi per fermare il razzismo. Con i governi stragisti, con chi fa patti con gli sgozzagole libici, con chi costruisce lager (Cpr) in tutta Europa, con chi alza muri alle frontiere e schiera polizia, con chi fa affogare gente in mare, non abbiamo niente da spartire. Non c’è partito che non abbia fatto guerra ai migranti, usando poi le istanze lgbtqia+ per pulirsi la faccia, ben accolto da quei traditori dell’associazionismo gay borghese. Tutta questa ipocrisia deve finire. L’Europa sta facendo un genocidio, e tutti i suoi governi ne sono complici. La nostra Pride vuole ribadire l’odio per il razzismo di stato, il sostegno alle rivolte e alle resistenze dei migranti in Italia e alle frontiere. Libertà per tuttx lx migrantx! Distruggiamo i confini di genere e prendiamo a pietrate quelli degli stati!

Il 30 settembre vogliamo dare una risposta di piazza che ridia senso al concetto di pride, di queer, di rivolta e di lotta. Questo è quello che vogliamo costruire, invitando tuttx quellx che sono stanchx di brand, sponsor e polizia ai pride, a scendere in piazza.

Un pride costruito da e per le persone lgbtqia+. Un pride di lotta intersezionale, che riconosce che la lotta per la libertà è una sola. Una pride che dia spazio ai nostri corpi brutti, non conformi, disabili, neurodivergenti, e non a vetrine di corpi normati dall’estetica imposta.
Un pride schierato in modo chiaro contro ogni discriminazione, che abbatta l’ipocrisia di collaborare con chi ogni giorno ci attacca e ci agisce violenza.
Un pride autogestito, ribelle, gratuito, senza profitto. Un pride che festeggi le sassate di stonewall, le ribellioni in giro per il mondo, come fu concepito alla sua nascita.

Canali e riferimenti: facebook “Favola Loska” – Instagram “favolosk3_1812″


1/10/2023 Assemblea nazionale delle collettive e individue tfq a Firenze.

Gli attacchi subiti ai pride di varie parti d’Italia mostrano che il modo di agire dell’associazionismo lgbt+ ,da sempre schierati con la pacificazione delle lotte, ha preso le forme fisiche dei manganelli degli sbirri che evidentemente tanto gli piacciono.
A tutto questo ci è sembrato doveroso reagire facendo una chiamata nazionale di piazza a Firenze.
Ma sappiamo che una data non può bastare, e la necessità di una rete che dichiari apertamente conflitto con chi si schiera con gli oppressori, invece che cercare dialogo o posto nelle sue file, sia ormai tra le priorità.
Per questo chiamiamo a raccolta tutte le individue e le collettive lgbtqia+ da tutti i territori per conoscerci e costruire una rete con progettualità riguardo i percorsi di contestazione ai pride istituzionalizzati e alla costruzione di lotte translellebiqueeer.
Una necessità che sappiamo essere non solo nostra. Ci vediamo dopo il pride, domenica 1/10/2023 h 11.00 al CPA Firenze Sud.

MONZA: NUOVA CASA PER IL BOCCACCIO

Diffondiamo dal Foa Boccaccio, felici di questa nuova occupazione 🖤🔥

Un’altra spina nel fianco.

Oggi ci siamo presə una nuova casa!
Dopo lo sgombero di Via Timavo 12, abbiamo scelto di non soccombere alla rassegnazione né di cedere alle logiche del profitto di una città sempre più simile a una vetrina a uso e consumo di turisti e ricchi, inaccessibile quindi a moltissime persone che la abitano e attraversano.
Pensiamo sia indispensabile, a Monza come ovunque, avere spazi in cui le relazioni non siano mediate dalla speculazione, dal consumo e dalla competizione e non solo luoghi in cui è netta la divisione tra chi vi può accedere “liberamente” e chi invece ne è esclusə.
È ormai squarciato il velo di ipocrisia di una giunta cosiddetta progressista che si dice attenta ai bisogni giovanili ma nella realtà continua a reprimere e controllaaree chi semplicemente passa il tempo nelle strade, nelle piazze o nei parchetti con chi desidera.
Ed è proprio il desiderio che ci anima, quello di lottare e allearci con altri corpi per costruire la città che vogliamo, quella di cui abbiamo bisogno. Per riuscire a respirare in una città soffocante.
Non scenderemo a patti con questa città e ancor di più con questo governo che non ci ritiene decorosə, che partorisce politiche securitarie e discriminatorie.
Ci prendiamo insieme i nostri spazi e tempi per autorganizzarci, condividendo necessità e sogni.
Come da vent’anni, saremo la loro fastidiosa spina nel fianco. Aspettiamo da subito in via Val D’Ossola 4 chi vuole supportarci e affondare con noi nuove radici in questa occupazione.

Prossimi appuntamenti:

– Venerdì 22 dalle 10:30 inizio giornata di lavori collettivi per prenderci cura dello spazio e scambiare due chiacchiere.

– Sabato 23 dalle 18: Aperitivo a sostegno di prigionierə politichə palestinesi. A seguire presentazione del progetto West Climbing Bank e di Tracciato Plaestina, racconto di viaggio in Cisgiordania con Elena Mistrello.

Foa Boccaccio 003

Per aggiornamenti qui il canale Telegram