COME PROVANO A RIEMPIRE UN CPR. AGGIORNAMENTI SU PRIGIONI, RAZZISMO DI STATO E RIVOLTE IN SICILIA

Diffondiamo da Sicilia No Border:

In questi ultimi giorni il Cpr di Trapani Milo ribolle.

Sono i giorni in cui i famigliari di Moussa Balde e Ousmane Sylla si trovano in Italia per ribadire con forza che i loro cari sono stati uccisi dai Cpr e dal regime di frontiera dello stato italiano.

Ousmane, prima di doversi togliere la vita nel Cpr di Ponte Galeria a Roma, dove “i militari italiani non conoscono altro che il denaro”, è stato detenuto 4 mesi a Trapani Milo. Da qui, a fine gennaio 2024, era stato spostato come molti altri, perché le rivolte che si susseguivano avevano infine reso inagibile la struttura.

Nell’Ottobre 2024, Milo ha riaperto. A novembre una prima nuova rivolta al suo interno, a mostrare che la situazione lì dentro è irrevocabilmente insostenibile: da un lato 5 celerini di Palermo che si certificavano feriti, dall’altro due fratelli tunisini portati prima nella camera di sicurezza della questura di Trapani, e poi in carcere. In questi giorni si vedono tanti furgoni di celerini entrare, almeno un’ambulanza con una persona dentro uscire.

Le storie di chi si trova intrappolato in questa prigione per migranti continuano a dare un’immagine chiara delle diverse funzioni a cui assolvono questi luoghi, oltre che delle tremende condizioni di vita all’interno e della costante violenza poliziesca.

Già conosciamo il ruolo minimo che il CPR di Trapani svolge all’interno del regime di frontiera: il collegamento logistico con l’hotspot di Pantelleria, i ripetuti trasferimenti delle persone identificate nell’hotspot di Pozzallo, Lampedusa o Porto Empedocle. Ma nelle ultime settimane si sta cercando di far tornare a funzionare il Cpr a capienza piena. Alla riapertura in Ottobre si parlava di circa 80 posti, circa un terzo di quanti ce ne fossero prima delle rivolte di Gennaio 2024, ma in questi mesi i detenuti sono aumentati e i posti previsti da bando della prefettura sono i 200 di prima. Mentre dall’alto dello scranno ministeriale si mandano ordini a prefetti e questori di tutta Italia per aumentare gli arresti e le detenzioni di persone immigrate, il Cpr di Trapani si va riempiendo rapidamente di umanità eccedente, in arrivo da ogni parte: dalla Sicilia, dal resto d’Italia, da altri Cpr, dalle carceri, dalle città e dalle campagne. Tutto a grosso profitto degli enti gestori: le cooperative sociali “Vivere Con” e “Consorzio Hera” prima e “Officine sociali” ora.

Ora i reclusi sono circa 130 e la situazione all’interno è totalmente militarizzata e invivibile.

Ma andiamo con ordine.

A inizio Gennaio, al carcere Cavadonna di Siracusa, più di seicento detenuti iniziano una protesta contro la circolare del provveditorato siciliano del DAP in cui si vieta l’ingresso in carcere di molti cibi, tra cui la farina, e vestiti invernali. Viene negato calore. Materiale, perché come ci si scalda senza vestiti in strutture che son senza riscaldamento e acqua calda? E simbolico, quello delle relazioni, del poter ricevere cose da fuori e, dentro, poter cucinare e condividere momenti di socialità. E’ una questione di sicurezza, dicono i carcerieri, declinandola in una retorica paradossale. Si tratterebbe, infatti, di evitare che nei pacchi entrino beni pericolosi non solo perché infiammabili, ma perché “voluttuari”, perché mostrano posizioni “di privilegio” tra detenuti. Secondo il provveditore sarebbe infatti questo a non permettere “una gestione penitenziaria equilibrata ed equa”.

Molto equa ed equilibrata sarebbe allora invece la detenzione al CPR di Milo, dove l’unico cibo fa per tutti schifo e i pacchi sono ritenuti ancora più “voluttuari”. Possono contenere cibo e vestiti senza zip e cappucci, no ai libri. Possono essere depositati in teoria ogni giorno, tranne la domenica, fino alle 20, ma poi chissà quanto ci mettono ad arrivare tra le mani dei reclusi. Nei CPR siciliani il cellulare non lo puoi tenere e a Milo le telefonate costano care e se non hai contanti non chiami proprio nessuno. E sparisci. Anche per il tuo avvocato. E ti isolano. E ti fanno sentire ancora di più che potresti sparire da un momento all’altro.

A Siracusa lo sciopero del carrello, della cucina e le battiture, hanno consentito ai detenuti di negoziare sulla circolare, riducendo il numero di beni vietati all’ingresso. Nelle settimane successive sappiamo di un aumento di detenuti, soprattutto egiziani, al Cpr di Trapani in arrivo dal Cavadonna di Siracusa. Non è chiaro se si tratti di trasferimenti espressamente punitivi o (più probabilmente) per fine pena e mancanti rinnovi del permesso di soggiorno dentro il carcere, fatto sta che i trasferimenti sono coincisi con la mobilitazione che ha messo in seria difficoltà le autorità carcerarie e che ha visto la protesta allargarsi da Siracusa al Pagliarelli di Palermo, dove più di quattrocento detenuti sono stati per due settimane in sciopero del carrello. Chissà cosa succederà quando il ddl sicurezza entrerà in vigore: tutte queste minime pratiche di autodifesa costeranno un’incriminazione per rivolta e da 2 a 8 anni di carcere.

Sappiamo che da tempo ogni mese da Roma parte un charter di deportazione verso l’Egitto che fa scalo anche a Palermo. Aeroitalia è l’ultima compagnia che sta facendo i voli in questi mesi. E’ plausibile che i trasferimenti dal carcere di Siracusa a Milo facciano parte della macchina della deportazione: che preparino l’imbarco o un rilascio con un ordine di espulsione.

Ma al Cpr di Milo non ci arriva soltanto chi è già recluso in Sicilia. A metà febbraio un volo charter ha portato al Cpr di Trapani una decina di detenuti del Cpr di via Corelli a Milano. Lì era sovraffollato, mentre a Trapani c’era posto e il Cpr andava riempito, c’è da arricchire il nuovo ente gestore. Cosa di meglio se non trasferire un po’ di eccedenza umana, magari provando a liberarsi di chi disturba la “quiete” del Corelli.

Continuano anche i trasferimenti dall’hotspot di Pantelleria, dove ci sono stati sbarchi nelle scorse settimane: si parla di decine di persone che stanno così ingrossando il numero dei prigionieri e le tasche dell’ente gestore.

Nel frattempo, mentre a Catania il prefetto ha istituito le zone rosse in gran parte del centro cittadino, utilizzando argomentazioni esplicitamente razziste che prendono di mira lavoratrici sessuali straniere e negozianti gambiani e senegalesi, a Palermo (ma anche a Messina), fermi e raid polizieschi delle ultime settimane hanno portato diverse persone a finire ingabbiate a Milo. Persone che spariscono nelle caserme e solo giorni dopo vengono ritrovate rinchiuse in Cpr.

Per non parlare di quanto successo a Ribera. Il 10 febbraio, nel pieno centro del paese dell’agrigentino, in questo periodo pieno di lavoratori stagionali per la raccolta dell’arancia dichiarata DOP in Europa, un ragazzo tunisino, Mahjoub Aymen, è stato freddato da tre colpi di pistola. Una settimana dopo, polizia e altra gendarmeria ha portato in commissariato decine di persone come parte delle indagini. Sono andati a prendere gente allo stesso bar dell’omicidio, ma anche negli insediamenti informali dove lavoratori stagionali stanno in questo periodo di raccolta. Molti di loro non sono più usciti liberi dalla caserma, ma rinchiusi anch’essi al Cpr di Milo.

Ci sono due elementi che meritano attenzione in questo rinnovato protagonismo del Cpr di Milo.

Il primo è legato al ruolo che continuano ad assumere le cooperative sociali che si susseguono nella gestione del CPR di Trapani: “eccellenze” siciliane che tenendo insieme accoglienza e detenzione hanno fatto fortuna e vincono bandi in tutta Italia.

La società cooperativa sociale onlus “Consorzio Hera” con sede a Castelvetrano (TP), ha gestito il CPR di Trapani per anni, fino a novembre 2024. Nasce nel cuore del più grosso distretto di olive da tavola di Italia, è un attore ben posizionato nel mercato della detenzione, gestendo anche l’hotspot di Pozzallo, il Ctra di Modica-Ragusa e il Cpr di Brindisi, dove gestisce anche il CARA e non dimentichiamo che ha provato a guadagnarsi anche la gestione dei centri Albania, poi vinta da Medihospes. Ma, soprattutto, è molto presente con centri di accoglienza, CAS e centri per minori nelle campagne tra la provincia di Trapani e quella di Agrigento. La sappiamo gestire diversi centri d’accoglienza a Campobello di Mazara, dove ogni anno da Settembre centinaia di lavoratori soprattutto West Africani si ritrovano per la raccolta delle olive e si organizzano contro la macchina dello sfruttamento e del razzismo. È lì che nel 2021 ha perso la vita Omar Balde, lavoratore morto bruciato nell’incendio del ghetto, ed è da lì che quando il ghetto è stato sgomberato, nell’estate del 2023, alcune persone sono state portate al Cpr di Milo. Cosa non strana, perché ogni anno, fuori dalla stagione di raccolta, raid polizieschi portano persone da Campobello al Cpr di Milo.

Il Consorzio Hera, che prova a ripulirsi la faccia pubblicamente parlando di diritti e progetti di inclusione, con tanto di servizio civile e progetti di etnopsicologia, è in realtà attore cruciale della macchina dello sfruttamento e della detenzione degli immigrati in Italia (e ne trae pure un bel profitto!).

Lo stesso si può dire per l’ente che da qualche mese lo sta ora gestendo: Officine Cooperative sociali, con sede a Siracusa. E’ anch’essa molto abile nel tenere insieme business detentivo e accoglienza: ora gestisce il CPR di Palazzo San Gervasio (PZ), di Macomer (NU) e di Bari, nonché il CARA di Borgo Mezzanone, l’hotspot di Taranto, il CPA di Pian del Lago (CL). Il suo bilancio è passato dai 559.106 euro del 2021 ai 5 milioni del 2023, fino a raggiungere più di 14 milioni di euro nell’ultimo anno, proprio in coincidenza con l’ottenimento della gestione delle due strutture di Caltanissetta prima e Trapani poi. Bel risultato per una cooperativa che è nata nel 2016 con l’obiettivo di “promuovere inclusione sociale e lavorativa”.

Da questa prospettiva, è chiara la necessità di continuare a prendere consapevolezza che non ci si può troppo perdere in distinzioni e distinguo tra detenzione e accoglienza, come non si stancano di ripetere da anni i richiedenti asilo costretti a vivere al CPA di Pian del Lago, a Caltanissetta, che è contiguo al CPR e condivide con questo parte delle stesse recinzioni. Ancora nell’estate del 2022 hanno più volte occupato le strade del centro città, denunciando le condizioni di detenzione di fatto prodotte dall’effetto combinato di sorveglianza costante, minacce da parte del personale, sottrazione del pocket money, assenza di cure mediche, limitazioni delle possibilità di uscita e 7 chilometri di distanza dal centro cittadino in assenza di alcun tipo di collegamento.

Chiara risulta anche la necessità di ribadire che il CPR è una struttura detentiva, espressione del razzismo di stato, che si articola e riproduce insieme agli interessi del capitale privato, quello dell’agroindustria in primis.

Il secondo elemento è che la rinnovata centralità di Trapani Milo è dovuta anche allo svuotamento del Cpr di Caltanissetta (sappiamo anche di trasferimenti da Pian del Lago a Milo) in previsione dei lavori di ristrutturazione. Infatti è cosa nota che le continue rivolte di questi anni hanno ridotto grandemente la capacità di recludere del centro. E così, gli 11 milioni messi a bando l’anno scorso per l’ampliamento del Cpr stanno trovando concretezza nei lavori che dovrebbero iniziare in queste settimane. Come è possibile ricostruire dal bando della Prefettura di Caltanissetta, l’ampliamento porterà a un incremento di ulteriori 56 posti che si aggiungono ai 92 posti attualmente disponibili. A occuparsi dell’ampliamento e a costruire gli immancabili nuovi uffici per il nuovo personale delle forze dell’ordine che verrà mobilitato all’interno, saranno la Sicil Techno Plus s.r.l, la M.E.GAS. s.r.l. e la Conpat scarl, le prime due con sedi legali rispettivamente a Belpasso e Bronte (CT), la terza proveniente da Roma. A dicembre 2024, secondo quanto è stato possibile ricostruire, i reclusi effettivamente presenti dentro il CPR erano circa una trentina.

L’ampliamento del CPR rafforzerà la capacità di cattura di questa macchina della deportazione, che si salda direttamente con la macchina dello sfruttamento delle persone razzializzate in Sicilia, con un elevato numero di reclusi catturati direttamente dalle campagne siciliane, come nel caso dei lavoratori stagionali della fascia trasformata ragusana. Qui i padroni ne sfruttano la condizione di deportabilità attraverso la messa a lavoro in condizioni disumane per poi denunciarne la condizione di “irregolarità” per evitare di pagarli. Una macchina di sorveglianza e cattura che sembra estendersi a macchia d’olio anche in città, in una Caltanissetta sempre più “smart”, con il moltiplicarsi di videocamere di sorveglianza a seguito dei “nuovi patti per la sicurezza urbana” che il Prefetto Armenia ha siglato con i sindaci di Caltanissetta e Gela a ottobre 2024. Che si aggiungono agli occhi sempre presenti delle guardie in pattuglia, che soprattutto in Piazza si possono vedere passare decine di volte in poche ore. A questo si aggiunge la recente “svolta per la sicurezza urbana”, ossia l’assegnazione da parte del Comune di Caltanissetta dei lavori per la “riqualificazione” del chiosco tra due delle principali vie del centro storico all’associazione “Formazione Sicurezza” che dovrà ristrutturarlo perché sia utilizzabile per le “associazioni di volontariato” delle forze dell’ordine. Così, a quanto annuncia la Prefettura, questa ex edicola diventerà ulteriore spazio di vigilanza sul centro storico.

È probabile che il Cpr di Pian del Lago chiuderà per un periodo per garantire la sicurezza dei lavori, e che Milo diventerà ancora più centrale in tutti i meccanismi detentivi sull’isola (e non).

Pian del Lago poi riaprirà, pieno di speranze repressive e telecamere di ultima generazione.

E poi entrambi verranno distrutti, ancora una volta.

Finché non ce ne libereremo, di questi come di tutti i Cpr, grazie al fuoco dei reclusi e a quello della solidarietà.

 

MESSINA: FUORI DAI RIFLETTORI. UN’ALTRA CRONACA DEL CARNEVALE NO PONTE DELL’1 MARZO 2025

Diffondiamo questo resoconto del carnevale no ponte 2025. Complici e solidali con chi lotta contro la devastazione dei territori. Intimidazioni, dissociazioni e violenze sbirresche non spezzeranno la solidarietà!

FUORI DAI RIFLETTORI – Un’altra cronaca del Carnevale NOponte dell’1 marzo 2025

NUOVO OPUSCOLO: SULLA LOTTA CONTRO GLI SFRATTI TRA PORTA PALAZZO, AURORA E BARRIERA DI MILANO [TORINO]

Riceviamo e diffondiamo:

Questo opuscolo nasce dall’idea di un’iniziativa svoltasi a Firenze
nel 2022 per parlare della lotta agli sfratti portata avanti tra il 2011
e il 2014 a Torino. L’iniziativa, al tempo, era composta da pezzi di
audio, interviste, articoli, fanzine e interventi radiofonici rilasciati
da chi ha partecipato a quella lotta in quegli anni. Oltre a delle
valutazioni personali a posteriori sul percorso, i suoi limiti e quelle
che erano le prospettive sperate. Per completezza si aggiungeva
una (se pur parziale) cronologia dei fatti e degli eventi di maggior
importanza di quel periodo e in quel ambito specifico. Questo
opuscolo parte da quelle considerazioni e cerca di sviscerare alcuni
degli aspetti che hanno caratterizzato la lotta agli sfratti a Torino nei
quartieri di Porta Palazzo, Aurora e Barriera di Milano.

Ho deciso di scrivere questo opuscolo perché penso che se pur
quell’esperienza è andata concludendosi e se pur il periodo di
lotta preso in considerazione in questo scritto non copra tutto il
percorso (dopo il 2014 la lotta è proseguita ancora per diversi anni)
quell’esperienza è stata rilevante sia per chi vi ha direttamente
partecipato sia per chi viveva quelle strade al tempo. Oltre che per
la necessità di non lasciar cadere nell’oblio quelle che sono state
esperienze di lotta poiché se pur limitate nel tempo e nello spazio o
piene di contraddizioni e problematicità lasciano comunque spunti di
riflessione e possibilità di ragionamenti futuri. […]

OPUSCOLO IN PDF: torino lotte contro gli sfratti

CATANIA: VOLI LA CIVETTA

Alfredo M. Bonanno.
Discussione e testimonianze sul movimento anarchico degli anni ’60, ’70, ’80

Palestra LuPo (Piazza Pietro Lupo 25)
4 marzo
ore 17.30

Se la lotta non è una meta, ma un modello interpretativo della realtà, per riappacificarci con il nostro intelletto abbiamo la necessità di conoscere la storia delle lotte nel nostro territorio. La nostra isola trattata alla stregua di una colonia; dove riversare nocività industriali, basi, armi e soldati oltre a ogni tipo di prigione, ha ormai una salda ed univoca narrazione.

La sottomissione, il disinteresse e l’indifferenza, queste le caratteristiche che regnano sovrani nella Trinacria, non sono solo un atteggiamento temporaneo legato ad uno specifico contesto, ma sono una categoria dell’anima, un tratto comune della popolazione, una tara di lombrosiana memoria. Questa tossica vulgata è strumentale, palesemente per proteggere lo Status Quo ed è fondamentale per isolare tra rabbia e impotenza qualsiasi pensiero sovversivo individuale.

Riappropriarsi della conoscenza di una Sicilia ribelle e indomabile non è assolutamente da ritenere come risolutivo, ma è senza ombra di dubbio concime per le teste che nascondono un seme di ribellione, che altrimenti potrebbe non germogliare mai.

Nel giorno in cui Alfredo Maria Bonanno avrebbe compiuto 88 anni ci sembra doveroso cogliere l’occasione per parlare di un eccezionale figura anarchica e del suo contesto.

Prolifico autore che ha scritto più di 150 opere tradotte in decine di lingue, non ha mai smesso di mettere il suo pensiero e il suo corpo al servizio della libertà, senza aver avuto mai paura di perderla. I suoi continui studi ed interventi sui metodi e le strutture organizzative anarchiche, in un modo o in un altro, hanno influenzato nella sua interezza l’odierno pensiero anarchico; rimanendo per lo più sconosciuto nel territorio dove è nato, ha passato la sua giovinezza e soprattutto, ha dato luogo alle sue prime battaglie. Nostra intenzione è recuperare questo passato attraverso le testimonianze di chi, quelle battaglie, le ha vissute in prima persona prima che cadano nell’oblio, rafforzando il mito della Sicilia impassibile e inerte a qualsiasi moto di rivolta.

MESSINA: CORTEO CARNEVALE NO PONTE [1 MARZO]

Diffondiamo

L’ombra del ponte è già qua: espropri, cantieri propedeutici, depositi di scorie, propaganda, sottrazione di risorse, decreti legge per aggirare prescrizioni e per reprimere il dissenso… Il ponte è il simbolo di un’idea di progresso che se ne infischia delle nostre vite: estrae valore dai territori a costo di devastarli, li sottrae ai bisogni e ai desideri degli abitanti… per far guadagnare i pochi soliti noti.

Per ribaltare questo scenario e far sì che non si ripresenti mai più, abbiamo bisogno di capovolgere prospettive, ricontattare energie, immaginare mondi nuovi, creare relazioni differenti.

E allora… CARNEVALE!

Da sempre festa popolare, eretica, liberatrice, che dissacra, rovescia, si fa beffe del potere, la festa del tempo che tutto distrugge e rinnova!

…un carnevale per difendere lo Stretto, un carnevale per esorcizzare i mostri del profitto, un carnevale di festa, un carnevale di lotta!

Volete inondarci di cemento… …ma sarà la nostra risata che vi seppellirà!

STAMPA E DIFFONDI

FILE STAMPA VOLANTINO

NAPOLI: PER MOUSSA, OUSMANE E TUTTX LX ALTRX CONTRO I CPR E IL RAZZISMO DI STATO

“PER MOUSSA, OUSMANE E TUTTX LX ALTRX CONTRO I CPR E IL RAZZISMO DI STATO”

Ousmane Sylla e Moussa Balde erano due ragazzi provenienti dalla Guinea Conakry, morti di “suicidio” mentre erano nelle mani dello Stato. Le loro storie sono simili a quelle di tante altre persone razzializzate che attraversano l’Europa, dove non avere i documenti giusti diventa un motivo legittimo per disumanizzarle, torturarle e ucciderle impunemente: per strada, sul posto di lavoro e nelle prigioni appositamente costruite dagli Stati razzisti e coloniali.

Moussa Balde muore nel maggio del 2021 nel CPR (Centro di permanenza per il rimpatrio) di Torino dopo essere stato brutalmente picchiato da tre fascisti a Ventimiglia: anzichè essere assistito viene portato all’ospedaletto, reparto d’isolamento all’interno del CPR dove verrà trovato morto. 

Ousmane Sylla muore nel febbraio del 2024 nel CPR di Ponte Galeria a Roma, lì trasferito dal CPR di Trapani, a seguito delle rivolte scoppiate nello stesso anno. Anche Ousmane come Moussa viene trattenuto nel CPR nonostante le sue condizioni di malessere psico-fisico, rese note per via delle segnalazioni fatte da avvocato e psicologa. 

Moussa e Ousmane sono solo alcuni tra le tante persone che quotidianamente vengono sequestrate dallo Stato italiano e dimenticate dietro mura di cemento dove avviene ogni forma di violenze e torture. Dagli anni 90′ a oggi, ogni governo, a prescindere dal colore di partito, ha finanziato e legittimato l’esistenza di questi campi di detenzione amministrativa. 10 sono attualmente operativi in Italia: a Milano, Torino, Gradisca d’Isonzo, Roma, Palazzo San Gervasio, Macomer, Brindisi, Bari, Trapani, Caltanissetta.

I CPR sono parte integrante delle politiche migratorie europee e nazionali, che esternalizzano le frontiere attraverso accordi bilaterali (come gli accordi tra Italia e Libia) e la costruzione di strutture di selezione e di detenzione (come l’ultimo progetto di un hotspot/CPR a gestione italiana in Albania). Ma il governo italiano vuole andare ancora piu in là, perfezionando ancora di piu la macchina delle espulsioni grazie all’apertura di nuovi CPR (uno in ogni regione) e all’introduzione di uno specifico reato – nel DDL 1660 – per reprimere ancora di più chiunque si rivolti o protesti, anche in forma passiva, all’interno di queste strutture di morte.

Questo nuovo strumento repressivo é la risposta diretta alle rivolte che scuotono i CPR da quando esistono. É un dato di fatto : se dei CPR sono stati chiusi in questo paese, lo si deve solo ed esclusivamente alle rivolte dei detenuti al loro interno, anche a costo della propria vita. L’ultima chiusura è stata proprio quella del CPR di Torino, a marzo 2023, in seguito a settimane di lotte all’interno di quelle mura. É la stessa struttura in cui Moussa ha perso la vita, e di cui è stata recentemente annunciata la riapertura.  Intanto, qualche settimana fa la rivolta dei prigionieri è riuscita a far chiudere una parte del CPR di Gradisca, in Friuli Venezia Giulia, ma le proteste, i tentativi d’evasione, gli incendi sono all’ordine del giorno in tutti i CPR.

Noi scegliamo di stare dalla parte di chi si rivolta nei CPR, e al fianco di coloro che, con la loro forza, si battono non solo per la memoria degli affetti che lo Stato gli ha tolto, ma anche affinchè queste prigioni non esistano più. Per questo, in occasione dell’udienza preliminare per l’assassinio di Moussa Balde a Torino, ci incontreremo a Napoli con le famiglie di Moussa e Ousmane, per esprimere la nostra solidarietà e per continuare la lotta contro i CPR e le politiche razziste di questo paese.

Ci vediamo giovedi 20 febbraio alle 18.30, allo SKA
(calata trinità maggiore 15, napoli)

Dopo la discussione, cena benefit per le famiglie di Moussa e Ousmane.

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO

POUR OUSMANE ET MOUSSA, NI OUBLI NI PARDON

ROMA: SUMUD. LA RESISTENZA COME RISPOSTA COLLETTIVA AL TRAUMA DELL’OPPRESSIONE

Diffondiamo:

SAMAH JABR in dialogo con il collettivo antipsichiatrico Senzanumero e l’associazione nontantoprecisi: la resistenza come risposta collettiva al trauma dell’oppressione.

28/02/25 ore 17:30
postO – VIA CASTELGUIDONE 4 – ROMA

“Il miglioramento della salute mentale e la ‘liberazione psichica’ delle palestinesi dovrà andare di pari passo con gli sforzi per liberare il territorio palestinese.
Finché l’ingiustizia e l’umiliazione continueranno, i nostri strumenti medici e psicoterapeutici non resteranno che palliativi. L’occupazione è in effetti tanto un problema di salute mentale quanto un problema politico”.

Samah Jabr – Sumud. Resistere all’oppressione

BOLOGNA: PER MOUSSA BALDE ED OUSMANE SYLLA

Diffondiamo:

Per sostenere le loro famiglie nella ricerca di veritá e giustizia. Per la chiusura di tutti i cpr.

Mercoledì 19 febbraio alle 19:30 a La Casa del Mondo, in via Antonio di Vincenzo 18 a/b, incontro con le famiglie di Moussa Balde ed Ousmane Sylla.

A seguire cena benefit a cura dell’assemblea contro galere e cpr.

https://balotta.org/event/bologna-per-moussa-balde-ed-ousmane-sylla

PALERMO: 400 DETENUTI IN SCIOPERO DELLA FAME AL PAGLIARELLI

Nei giorni scorsi è scoppiata una rivolta nel carcere Pagliarelli di Palermo, a causa delle nuove restrizioni in vigore che prevedono il divieto di ricevere, tramite pacchi postali, alimenti ed altri oggetti come coperte e maglioni di pile. 400 detenuti hanno dato il via a uno sciopero della fame. Condividiamo la seguente riflessione: 

400 detenuti in sciopero della fame. I motivi della protesta nel carcere di Palermo: “In una situazione carceraria disastrosa che l’anno scorso ha registrato il record di suicidi, ed in cui il sovraffollamento è una costante, appare assurdo gravare in maniera ancora maggiore sulla vita dellx reclusx”

Ci riempie il cuore una rivolta collettiva per due ragioni:
– La prima per ovvie ragioni di solidarietà e di complicità. Un governo che introduce il reato di “resistenza passiva”, reato al vaglio del senato, con il nuovo DDL sicurezza si ritrova a fronteggiare una rivolta collettiva di 400 persone, detenutx che non abbassano la testa di fronte a limitazioni assurde, volte alla mera repressione che mira all’annientamento delle condizioni umane decenti. Niente più cibo dall’esterno, tuttx con lo stesso sapori in bocca: quello che sa di rancido, imposto dall’apparato repressivo.
– La seconda è che finalmente una rivolta in carcere, finalmente collettiva, finalmente finalizzata a distruggere una discriminazione classista, finalmente da dentro una rivolta contro il potere che reprime in maniera strutturale.

COMPLICI E SOLIDALI SEMPRE AL FIANCO DI OGNI RIBELLE CONTRO IL POTERE

DENTRO NESSUNX SOLO MACERIE

 

FORLÌ: ASSEMBLEA APERTA PER COSTRUIRE UNA MOBILITAZIONE CONTRO IL PACCHETTO SICUREZZA

Diffondiamo

C’è chi dirà che è “troppo tardi”, perchè ormai i giochi nei palazzi del potere sono fatti, ma non pensiamo di costruire una mobilitzione per fare “pressione” sul governo (non esistono governi amici, e questo meno che mai!) ma per trovarci assieme, per organizzarsi tra affini e scoprire chissà nuove complicità, perchè il gioco della repressione è isolare, far prender male, illuderci della nostra impotenza.

E invece crediamo sia fondamentale, proprio nei momenti più bui, guardarsi negli occhi e desiderare di accendere quella fiamma di ribellione, ancora una volta!

ASSEMBLEA APERTA ALLE REALTà, COLLETTIVI, INDIVIDUI DELLA ROMAGNA INTERESSAT* A COSTRUIRE UNA MOBILITAZIONE CONTRO IL DECRETO SICUREZZA E LE SVOLTE REPRESSIVE DEL GOVERNO.

SABATO 22 FEBBRAIO ORE 15.30 AL CIRCOLO ASYOLI (CORSO GARIBALDI 280 FORLI)

– Collettivo Samara –
samara@inventati.org