Bologna, 25 aprile 2023
Striscione su via Indipendenza e scritta davanti al Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria dell’Emilia Romagna.
Cresciamo nei terreni incolti, nelle zone asciutte e sassose, ai bordi dei viottoli
Bologna, 25 aprile 2023
Striscione su via Indipendenza e scritta davanti al Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria dell’Emilia Romagna.
Nuova occupazione a Bologna in Via Agucchi 126, sul terreno di un cantiere per l’allargamento dell’autostrada Passante di Mezzo. L’occupazione NO PASSANTE è la seconda in una settimana a Bologna, dopo quella della Vivaia Transfemminista Queer (Via della Certosa 135)
Mercoledì 12/04 ore 18.30 alla Vivaia Tfq (Via della Certosa 35)
Rilanciamo e diamo il benvenuto alla nuova occupazione a Bologna, in via Della Certosa 35 “VIVAIA TFQ”! Accorriamo a supportare
A questo link il loro comunicato: https://viadellacertosa.vado.li/
A questo link il programma: https://programmavivaiatfq.vado.li/
Torniamo in strada dopo l’appuntamento di dicembre scorso, quando migliaia di persone, in Italia come in Francia, si sono riversate nei centri di diverse città ballando insieme a colpi di bpm. Vogliamo tornare a ballare per affermare che non siamo dispostx alla mercificazione e alla repressione dei nostri corpi e dei nostri desideri. Abbiamo scelto la street per ribadire che non accettiamo , né il decreto legge anti-rave, né l’annichilimento che colpisce le forme di vita non omologate. Sfileremo per le vie di Bologna contro la criminalizzazione del dissenso e della libera espressione, al fianco di chi lotta contro uno Stato che cerca di estinguere ogni forma di opposizione e resistenza, proprio nei giorni in cui si commemora la liberazione delle città emiliane dall’invasione nazifascista. Il nostro è un urlo contro la società del controllo ed il sistema carcerario, portiamo la nostra solidarietà ad Alfredo, Anna, Juan… e a chiunque , singolx e collettivx, non smetta di lottare nonostante le pesanti condanne detentive ricevute. Attraverso l’autogestione costruiamo spazi sempre più safe per tuttx condividendo pratiche transfemministe ed antiproibizioniste e lottiamo contro l’oppressione patriarcale che punisce chi non si rende docile. Rivendichiamo la legittimità dell’aprire spazi di libertà ed iniziativa ed espressione, le quali passano dall’avere cura delle rispettive soggettività. Per questo ci rivediamo nelle vie e nelle piazze al grido di ‘SMASH REPRESSiON’. Facciamogli la festa!
IL 22 APRILE A BOLOGNA
NB: per adesioni è necessario scrivere alla mail, i messaggi sui social non verranno presi in considerazione, entro il 13/04.
smashrepression.bologna@canaglie.net
Sabato 15 aprile 2023 ore 15 ritrovo davanti all’ingresso del carcere, via Camporgnago, 40, 20141 Milano
DURANTE TUTTA LA GIORNATA INTERVENTI E MICROFONO APERTO
AL FIANCO DI ALFREDO, AL FIANCO DI CHI LOTTA
Da La Nemesi
Il 17 marzo, presso il tribunale di Bolzano, è stata emessa la sentenza d’appello del processo per la manifestazione contro le frontiere del maggio 2016 al Brennero.
Se c’è stato un generale abbassamento delle pene (da 150 a 123 anni complessivi, con 8 assoluzioni per avvenuta prescrizione del reato), il bilancio è comunque pesante (teniamo presente che il processo era in abbreviato). 28 tra compagne e compagni hanno ricevuto pene sopra i 2 anni, mentre 5 compagni hanno preso più di 4 anni (la condanna più alta è stata a 5 anni e 1 mese di carcere) per concorso in resistenza aggravata, violenza privata, lesioni ecc. Non ha retto, come già in primo grado, l’accusa di devastazione e saccheggio.
Altro elemento significativo è che il giudice ha negato a tutte e tutti coloro che ne hanno fatto richiesta la possibilità di accedere alla cosiddetta riforma Cartabia. Benché la data della sentenza fosse stata rinviata formalmente per consentire a imputati e imputate di ricorrere alla nuova legge, la richiesta di accedervi è stata negata con il pretesto dei precedenti penali e della “pericolosità sociale” di imputate e imputati. Ma c’è un dato ancora più emblematico: l’argomento principale per il rigetto delle “pene sostitutive” è stata la mancata abiura delle proprie condotte da parte degli imputati. La natura sempre più apertamente premiale delle sentenze non vale solo per la magistratura di sorveglianza, ma anche per i tribunali ordinari. A fare la differenza sul tipo di pena non è tanto il reato in sé, ma il “ravvedimento” o meno dell’accusato.
Per più di 30 imputati e imputate, quindi, potrebbero aprirsi in futuro le porte del carcere.
Questa sentenza non fa che prolungare la violenza strutturale del razzismo di Stato, quell’insieme di leggi, pratiche neocoloniali, detenzione amministrativa e dispositivi polizieschi che producono stragi, morti in serie e un’umanità costretta in condizioni di semi-schiavitù. Dalla raccolta nei campi ai tanti settori dell’“economia informale”, dal ricatto del permesso di soggiorno – che pesa sulla logistica, sull’edilizia, sulla ristorazione, sui “lavori di cura”… – al grasso mercato degli affitti in nero, il terrore esercitato dalle frontiere è parte strategica quanto innominabile dello sfruttamento capitalistico.
123 anni di carcere per un corteo ci dicono in modo plateale che siamo in guerra, che i margini del dissenso consentito si restringono e che il conflitto non negoziato è una diserzione dal fronte da punire in modo esemplare.
Il muro anti-immigrati al Brennero – che la polizia austriaca aveva definito una mera “soluzione tecnica”… – non è stato costruito. Forse grazie anche a chi quel 7 maggio 2016 si è battuto con generosità e coraggio.
Solidarietà alle compagne e ai compagni condannati.
Il 24 marzo la Corte d’appello di Lione ha respinto la richiesta d’estradizione presentata dall’Italia nei confronti di Vincenzo Vecchi, uno dei condannati per le giornate di Genova 2001. Vecchi era stato condannato nel 2012 in via definitiva a 11 anni e 6 mesi di carcere per l’accusa di devastazione e saccheggio, reato che in Francia non esiste. Nel codice penale italiano, invece, il reato di devastazione e saccheggio è eredità del fascismo: il codice Rocco lo inserisce fra i reati contro l’ordine pubblico prevedendo pene altissime. Dopo le corti d’appello di Rennes e di Angers, che hanno respinto la richiesta di estradizione rispettivamente nel 2019 e nel 2020, quella di Lione è la terza corte d’appello francese a rifiutare la validità del mandato d’arresto europeo nei confronti di Vincenzo. Secondo i giudici francesi, l’estradizione avrebbe rappresentato un “un oltraggio sproporzionato al rispetto della sua vita privata e familiare”.
Lunedì 10 aprile alle 11 presidio transfemminista in solidarietà alle persone detenute nella sezione femminile del carcere di Rebibbia, al pratone in fondo via Bartolo Longo.