CONTRO IL 41-BIS, CONTRO OGNI PRIGIONE

Il 27 giugno si terrà presso la corte di Cassazione l’ultima udienza del processo “Scripta Manent”. Lo scorso 5 maggio il compagno Alfredo Cospito, imputato in questo processo, è stato sottoposto al regime di 41 bis e trasferito al carcere di Bancali. Un regime di tortura e annientamento all’apice del sistema repressivo dello Stato italiano.

SABATO 27 GIUGNO ALLE 19
Iniziativa itinerante, Piazza Tola, Sassari

DOMENICA 26 GIUGNO ALLE 17
Presidio sotto al carcere di Bancali (SS)

NO AL 41 BIS, LIBERX TUTTX

Il 25 maggio, la Corte di Cassazione deciderà in merito al processo relativo all’inchiesta Scripta Manent, processo nel quale una compagna, Anna, è stata condannata a 16 anni e 6 mesi, e tre compagni, Nicola, Marco e Alfredo rispettivamente a 13 mesi, 21 mesi e 20 anni.

Fra i reati per cui sono stati condannati, oltre all’associazione sovversiva e i reati fine ad essa collegati, per alcuni di loro vi è quello di strage. Come al solito lo Stato attua la politica dell’inversione delle responsabilità, quando nella realtà è lo stesso Stato che ogni giorno commette stragi impunite nelle guerre, nelle carceri, nei mari, sul lavoro, nelle strade, in una costante pratica affermata del monopolio della violenza.

Quando qualcuno prova a rompere questo monopolio, restituendo un’infinitesimale parte della violenza statale, viene duramente represso. Per questo, sotto processo ci sono le pratiche rivoluzionarie che gli anarchici e le anarchiche hanno sempre sostenuto e che da sempre fanno parte del loro percorso.

Dietro a questa, come ad altre vicende giudiziarie, c’è il tentativo degli inquirenti di voler rileggere sotto la loro lente di ingrandimento la storia del mondo anarchico, dividendolo tra buoni e cattivi.

Finalità del processo è la volontà di zittire i compagni distribuendo anni di galera. A conferma di tutto ciò, dallo scorso 5 maggio ad Alfredo è stata applicata la tortura legalizzata del 41-Bis, il più pesante regime di isolamento previsto dallo Stato italiano.

Opponiamoci a queste logiche repressive, rimandiamo al mittente la responsabilità delle stragi, difendiamo le pratiche rivoluzionarie.

No al 41-Bis, liber* tutt*!

Sabato 21 maggio saremo in strada a Torino, ore 10 P.zza Borgo Dora, zona Balon.

Cassa Antirepressione Alpi Occidentali

Saluto a Santa Maria Capua Vetere

Riceviamo e diffondiamo:

Domenica scorsa, alcune decine di solidali transfemministx hanno portato un saluto alle persone recluse dentro il carcere di Santa maria capua vetere in occasione del secondo anniversario della “mattanza della settimana santa” del 6 aprile 2020. Le urla da dentro si sono alzate mentre ancora si stava raggiungendo il punto più vicino possibile alle finestre. Tante erano le persone detenute che si sono affacciate chiedendo aiuto e libertà; molte delle grida raccontavano dell’assenza di acqua e cibo immangiabile, nonché delle condizioni pessime e insostenibili della vita dentro. I tentativi di parlare con loro sono stati quasi subito impediti dalle sirene accese dalla penitenziaria per ostacolare la comunicazione e intimidire lx solidalx. Da dentro alcuni hanno iniziato a gridare di andare via per segnalarci l’arrivo delle guardie.

Le urla erano forti e determinate, il tempo a disposizione poco. Appare quantomeno necessario diffondere queste poche notizie sulle condizioni pessime e al limite della sopravvivenza. Nonostante la visibilità mediatica data a ciò che accadde due anni fa e al processo tuttora in corso a carico delle guardie per torture, pestaggi e omicidio colposo, le condizioni per chi è reclusx lì dentro continuano a essere inumane. Questo a dimostrazione che per Stato e istituzioni, ciò che non è sotto i riflettori, può tranquillamente continuare a marcire.

Che delle galere restino soltanto macerie.
LIBERTA PER TUTTE LE PERSONE RECLUSE

TORINO: CORTEO CONTRO SGOMBERI, FRONTIERE E CPR

In montagna come in città gli spazi di autogestione sono sotto attacco.
Solo sulla frontiera del Monginevro in sette mesi ci sono stati tre sgomberi.

Vorrebbero fermare chi si organizza per attraversare e contrastare questo dispositivo che controlla, seleziona e uccide. Il numero di persone che passa il confine rimane alto e la repressione in frontiera non fa che crescere, portando con sé il suo prezzo di feriti e morti, ancora più ora con l’inverno alle porte.
In città, anche e soprattutto in quest’ultimo periodo caratterizzato da Green Pass e continui “stati di emergenza”, il controllo sociale aumenta e la repressione incalza: controlli polizieschi diffusi, retate, sgomberi, sfratti.
Il cpr di corso Brunelleschi, ingranaggio del sistema di detenzione ed espulsione, è l’incarnazione della frontiera in centro a Torino.

Assistiamo al tentativo di distruggere ogni forma di pensiero e pratica non istituzionale e ogni esperienza di autogestione e di disinnescare ogni tensione di lotta; il tentativo di eliminare la pratica delle occupazioni, impedendone di nuove e piano piano sgomberando le vecchie.

Per tutto questo, scendiamo in piazza.
Appuntamento per un corteo a Torino, sabato 6 novembre ore 16:30!

Info: https://www.passamontagna.info/

PRESIDIO A LIVORNO: BASTA MORIRE DI CONTENZIONE

Due giorni antipsichiatrica a Livorno

Sono ancora scarse le informazioni riguardanti la morte della persona, originaria della Val di Cornia, ricoverata nel reparto di psichiatria dell’ospedale di Livorno deceduta a inizio aprile di quest’anno dopo essere stato legata al letto per oltre una settimana. Le generalità non sono ancora state rese pubbliche. Non sappiamo se è stata fatta un’autopsia e se c’è un indagine della magistratura in corso. Non sappiamo quante contenzioni vengono fatte nel reparto di Livorno.

Di sicuro nei reparti psichiatrici italiani si continua a morire di contenzione meccanica, sia in regime di degenza che durante le procedure di TSO.

Il 13 agosto del 2019, nel reparto psichiatrico dell’ospedale Papa Giovanni XXIII di Bergamo è  morta durante un incendio Elena Casetto, 19 anni, bruciata viva nel letto al quale era legata: la contenzione non le ha permesso di fuggire. A oggi per quel terribile evento sono indagati solo i due addetti della ditta che aveva in appalto il servizio antincendio dell’ospedale.
Un episodio simile era accaduto nel Manicomio Giudiziario di Pozzuoli nel 1974, quando Antonia Bernardini morì per le ustioni riportate dopo l’incendio che l’aveva avvolta nel letto di contenzione al quale era stata legata ininterrottamente per 43 giorni.
Il 4 agosto del 2009 Francesco Mastrogiovanni è morto per edema polmonare dopo 87 ore consecutive di contenzione nel reparto di psichiatria dell’Ospedale di Vallo della Lucania, provincia di Salerno. Era stato ricoverato in TSO, trattamento sanitario obbligatorio, senza rispettare le procedure previste dalla legge; sedato e legato con fascette ai polsi e alle caviglie, è rimasto senza mangiare, senza bere e senza nessuno che si preoccupasse di lui fino alla morte.

Nel caso Mastrogiovanni la Corte di Cassazione ha definito l’uso della contenzione meccanica un presidio restrittivo della libertà personale che non ha né una finalità curativa né produce l’effetto di migliorare le condizioni di salute del paziente. La contenzione non è un atto medico e non ha alcuna valenza terapeutica: è un evento violento e dannoso per la salute mentale e fisica di chi la subisce; offende la dignità delle persone e compromette gravemente la relazione terapeutica.

Purtroppo contenzione meccanica e farmacologica sono praticate diffusamente anche nelle strutture che ospitano persone anziane e/o non autosufficienti. In nessun caso la carenza di personale e di strutture può giustificare il ricorso a pratiche coercitive. Anche la logica dei “motivi di sicurezza”, dello “stato di necessità” o delle “persone aggressive” a cui sovente si fa appello nei reparti, deve essere respinta poiché fondata sul pregiudizio ancora diffuso della potenziale pericolosità della “pazzia”. Molti ritengono, per atteggiamento culturale o per formazione, che sia giustificabile sottoporre persone diagnosticate come “malate mentali” a mezzi coercitivi, che sia nell’ordine delle cose e corrisponda al loro stesso interesse. Chi condivide questa opinione non considera adeguatamente, sia in termini esistenziali che giuridici, il valore imprescindibile della libertà della persona, tanto più rilevante quanto più attinente a libertà minime, elementari e naturali, come la libertà di movimento.

Oltre al ricorso alla contenzione meccanica e farmacologica, continua ancora oggi a prevalere nei servizi psichiatrici un atteggiamento custodialistico e l’impiego sistematico di pratiche e dispositivi manicomiali: obbligo di cura, porte chiuse, grate alle finestre, sequestro dei beni personali, limitazione e controllo delle telefonate e di altre relazioni e abitudini.
Sappiamo inoltre, di numerose esperienze in Italia e all’estero dove viene evitata la contenzione. In solo 15 reparti italiani su 320 viene praticata la terapia no restraint, la contenzione è stata abolita e le porte sono aperte.

Sappiamo che questi dispositivi sono strutturali ai luoghi di reclusione e abbandono, ma ribadiamo la necessità di proibire, senza alcuna eccezione, la contenzione meccanica nelle istituzioni sanitarie, assistenziali, penitenziarie italiane e in tutti i luoghi di reclusione.
Continueremo a lottare con forza contro ogni dispositivo manicomiale e coercitivo (obbligo di cura, trattamento sanitario obbligatorio, uso dell’elettroshock, contenzione meccanica, farmacologica e ambientale, ecc) e per il superamento e l’abolizione di ogni pratica lesiva della libertà personale.

BASTA MORIRE DI CONTENZIONE !! STOP ALLA CONTENZIONE!!

Sabato 6 Novembre:
– PRESIDIO CONTRO LA CONTENZIONE piazza Damiano Chiesa davanti l’Ospedale nel pomeriggio dalle ore 16
–  alle ore 20 PIZZATA + MUSICA  all’ Ex Caserma Occupata in via Adriana 16

Domenica 7 novembre:
– ore 10 all’ Ex Caserma Occupata inizio assemblea antipsichiatrica
– ore 13 Pranzo a cura di Cucina IppoOasi
nel pomeriggio proseguimento assemblea