Rilanciamo da Smash Repression ER (Emilia Romagna)
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Torniamo in strada dopo l’appuntamento di dicembre scorso, quando migliaia di persone, in Italia come in Francia, si sono riversate nei centri di diverse città ballando insieme a colpi di bpm. Vogliamo tornare a ballare per affermare che non siamo dispostx alla mercificazione e alla repressione dei nostri corpi e dei nostri desideri. Abbiamo scelto la street per ribadire che non accettiamo , né il decreto legge anti-rave, né l’annichilimento che colpisce le forme di vita non omologate. Sfileremo per le vie di Bologna contro la criminalizzazione del dissenso e della libera espressione, al fianco di chi lotta contro uno Stato che cerca di estinguere ogni forma di opposizione e resistenza, proprio nei giorni in cui si commemora la liberazione delle città emiliane dall’invasione nazifascista. Il nostro è un urlo contro la società del controllo ed il sistema carcerario, portiamo la nostra solidarietà ad Alfredo, Anna, Juan… e a chiunque , singolx e collettivx, non smetta di lottare nonostante le pesanti condanne detentive ricevute. Attraverso l’autogestione costruiamo spazi sempre più safe per tuttx condividendo pratiche transfemministe ed antiproibizioniste e lottiamo contro l’oppressione patriarcale che punisce chi non si rende docile. Rivendichiamo la legittimità dell’aprire spazi di libertà ed iniziativa ed espressione, le quali passano dall’avere cura delle rispettive soggettività. Per questo ci rivediamo nelle vie e nelle piazze al grido di ‘SMASH REPRESSiON’. Facciamogli la festa!
IL 22 APRILE A BOLOGNA
NB: per adesioni è necessario scrivere alla mail, i messaggi sui social non verranno presi in considerazione, entro il 13/04.
Ci vediamo sabato 15 aprile per un momento di iniziativa pubblica dove porteremo la ricchezza dei nostri percorsi e momenti di workshop e confronto. A presto per ulteriori aggiornamenti…
Operazione repressiva a Napoli e Pozzuoli: arrestato un compagno
Il 28 marzo, in due case a Napoli e Pozzuoli, sono state effettuate perquisizioni legate ad un’indagine per 270 bis, partita in seguito ad altre perquisizioni avvenute nel maggio 2022.
L’esito preliminare delle indagini, ancora in corso, ha portato all’arresto preventivo di un compagno per un attacco incendiario al consolato greco, che l’accusa inserisce nell’ambito della campagna di solidarietà al prigioniero greco Dimitris Koufontinas in sciopero della fame.
Dopo una giornata in questura, il compagno è stato tradotto nel carcere di secondigliano in sezione AS2, mentre tre compagne sono state rilasciate. Secondo le carte i tempi dell’arresto sono stati accelerati dalle incalzanti azioni di solidarietà ad Alfredo Cospito, prigioniero anarchico in sciopero della fame contro 41 bis ed ergastolo ostativo.
Questa operazione si inserisce nel clima di caccia alle streghe che vede nellx anarchicx il nemico pubblico da eliminare. Di fronte al diffondersi delle azioni in solidarietà ad Alfredo in Italia e all’estero, il tentativo dello Stato è di soffocare ogni scintilla di ribellione.
La nostra solidarietà non si fermerà mai di fronte alla repressione.
Assemblea contro carcere e repressione
In occasione dell’udienza di riesame presidio giovedì 6 aprile alle 9 in Piazzale Cenni a Napoli.
Zac è stato trasferito a Terni e si trova in cella con Juan, per scrivergli:
Marco Marino
c.c. di Terni
Strada delle Campore, 32
05100 – Terni
Lunedì 10 aprile alle 11 presidio transfemminista in solidarietà alle persone detenute nella sezione femminile del carcere di Rebibbia, al pratone in fondo via Bartolo Longo.
Condividiamo un intervento portato sotto al carcere Sant’Anna al corteo anticarcerario del 12 marzo 2023 a Modena:
Siamo qui fuori perché crediamo che quello che succede dietro quelle mura ci riguardi tutte e tutti! Sono passati tre anni da quei giorni di marzo. Dai giorni in cui le rivolte dei detenutx hanno infiammato le carceri di tutta Italia. Dicono che sono morti di overdose, lo hanno detto dal primo giorno, ma queste sono morti di Stato e qui fuori lo sappiamo bene! Perchè anche con l’assunzione di quantitativi rischiosi ed elevati di metadone, la morte per insufficienza respiratoria non sopraggiunge subito, ci sono segnali: sonnolenza, diminuzione delle capacità vitali, si tratta di un processo non immediato, che avrebbe permesso ad eventuali soccorsi di intervenire. Ma chi interviene se chi ha la tua vita in mano è lo stesso che ti ha riempito anche di calci e manganellate? Se è proprio lui che vuole la tua morte? Quattro morti sono sopraggiunte durante e dopo i trasferimenti in altri carceri, questo conferma che non sono stati soccorsi! Il silenzio di medici e infermieri è assordante rispetto gli abusi compiuti in quei giorni e rispetto agli abusi che si perpetuano ogni giorno in tutte le carceri! Infermieri, medici, tecnici, operatori, complici di un sistema che li vede colpevoli per l’omertà con cui attraversano quelle mura. Perché al carcere è evidentemente riconosciuto il diritto di provocare malattia, menomazione e anche di uccidere! Lo ha detto la procura di Modena: “Indagini da archiviare” . Nessuna responsabilità! Sono morti per overdose. Nessun pestaggio. Assistenza sanitaria garantita. Tutto a posto. Vogliono mettere a tacere non solo le ragioni delle rivolte, ma tutto ciò che ne è seguito. Non possiamo permetterlo! Non dobbiamo permetterlo! Perché ne approfitteranno per stringere una morsa ancora più stretta intorno a chi vive l’oppressione carceraria! In carcere si muore, oggi come ieri, oggi piu di ieri. I suicidi sono in continuo aumento! La sindemia ha portato allo scoperto l’incompatibilità della condizione detentiva con qualsiasi concetto di salute, non solo per le ridicole condizioni igieniche, per il sovraffollamento, o per l’assistenza sanitaria inesistente, ma strutturalmente: il carcere è in sè stesso l’antitesi della salute, della prevenzione e della cura per la violenza e la deprivazione su cui si fonda. Isolamento, solitudine, sradicamento, attese e procedure alla mercé completa della discrezionalità di guardie e direzione, sono la prima fonte di deterioramento psicologico per chi subisce la reclusione. L’impossibilità di comunicare annienta e distrugge corpi e menti, generando fragilità, patologie, disturbi e malattie psico-somatiche. Il carcere non deve esistere e le persone devono uscire! Sovvertire le ingiustizie è l’unica possibilità che abbiamo per non soccombere allo schifo che ci circonda e la solidarietà è l’arma che il potere teme di più! Se il carcere è lo strumento che lo Stato ha per mantenere le diseguaglianze, controllare il conflitto sociale e far si che nulla cambi, combatterlo è una necessità per tutte e tutti noi! Cinque detenuti hanno avuto il coraggio e la determinazione di alzare la testa e di esporsi su quanto avvenuto in quei giorni, si sono messi a rischio scegliendo la loro coscienza al silenzio! Ma più saremo, ad alzare la testa, piu qualcosa potrà cambiare.
Siamo al fianco di Alfredo in sciopero della fame da quasi 5 mesi ormai contro il regime del 41 bis. A fianco di Anna, Juan, di tutti i prigionieri anarchici e di chi lotta dentro e fuori le galere. Perché nonostante le sentenze che possono emettere i tribunali, la solidarietà attiva può trasformare la realtà più cupa e aprire varchi insospettabili nei muri dell’isolamento. Soltanto lottando possiamo rompere il filo spinato dell’omertà che avvolge queste mura affinché le rivolte, e il sacrificio di chi non c’è più non siano stati inutili!
Qualche foto del corteo. A tre anni dalle rivolte, contro il carcere, al fianco di Alfredo.
Contro la guerra, contro la pace, del patriarcato, dei produttori di armi, delle stragi sul lavoro, nelle carceri, alle frontiereStragista è lo Stato non chi lo combatte! Alfredo, Anna, liberx tuttxContro le basi Nato in Sardegna e ovunque! Con le compagne in lottaScalinata del Pincio, Bologna.Saremo tutte libere solo quanto tutte saranno libere. Fuoco alle galere
Di seguito un testo scritto da alcune compagne l’anno scorso, ristampato e distribuito con qualche piccolo aggiornamento legato al contesto attuale, l’8 marzo 2023 a Bologna.
NIENTE DA SPARTIRE
– Niente da spartire nè col machismo omofobo, transfobico, misogino e assassino di Putin, nè con la chiamata alle armi degli alleati Nato, pronti a dividersi il mondo a costo di un bagno di sangue.
– Niente da spartire con le analisi geopolitiche, non è affar nostro scegliere sull’altare di quale stato e a quali interessi si può sacrificare la vita delle persone.
– Niente da spartire con i mercanti e produttori di armi, prestigioso comparto dell’export Made in Italy che fanno soldi a palate e non hanno cessato i loro sporchi traffici neanche un giorno in piena pandemia, attività essenziali, dicevano, mentre milioni di persone vivevano confinate nelle loro case senza deroghe a costo di sofferenze mentali e fisiche.
– Niente da spartire con l’economia della guerra su cui il capitalismo strutturalmente si regge.
– Niente da spartire con lo spettacolo della guerra. I media sciacalli vanno in cerca instancabilmente di immagini e storie tragiche da dare in pasto all’opinione pubblica al servizio della propaganda guerrafondaia dell’Occidente.
– Niente da spartire con le retoriche del pietismo e dell’eroismo dei politicanti di turno sulla pelle delle donne ucraine,
che fino a quando non sono diventate funzionali alla narrazione dei governati di casa nostra erano invisibili, democraticamente sfruttate e ricattate col cappio al collo dei permessi di soggiorno.
– Niente da spartire con il razzismo dell’accoglienza per cui sulla linea del colore si decide chi far passare e chi far inseguire coi cani alle frontiere e far morire in mare.
– Niente da spartire con i signori del nucleare e della guerra (che sono gli stessi, fatalmente) quelli che di mestiere producono devastazione ambientale e morte. Sono il problema e non la soluzione.
– Niente da spartire con chi ha fatto dei nostri territori una polveriera disseminando basi Nato massicciamente nel sud dell’italia e nelle isole,e reprimendo duramente chi vi si oppone. In queste periferie dell’impero, a Taranto, in Sardegna e in Sicilia le acciaierie e l’industria pesante avvelena e fa ammalare ad ogni respiro e uno dei motivi per cui non si può dismettere è la natura “strategica” della produzione per l’autarchia dell’industria bellica.
– Niente da spartire col silenzio complice di tanta società “civile” di fronte ad uno Stato che pur di difendere un dispositivo di tortura, sta uccidendo un compagno nelle patrie galere.
Sappiamo di vivere in un mondo che si regge sulle stragi in mare, al lavoro, nelle carceri, nelle case, nei campi di concentramento ai confini dell’Occidente in cui milioni di persone vengono usate come strumenti di pressione e merce di scambio, una guerra a bassa intensità in cui, come per la pandemia, il problema dei governanti è stabilire quante morti e quanta sofferenza è “tollerabile” dalla società civile come danno collaterale procurando di spostare il limite sempre un po’ più in là. Sappiamo altresì che la rimozione collettiva di questa ferocia serve allo Stato per conservare saldamente il primato della violenza.
Guerra alla vostra guerra e Guerra alla vostra pace