QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLO SCANDALO DELL’ESCLUSIONE

Riceviamo e diffondiamo questo contributo in risposta a dei testi usciti sulla Fiera dell’editoria e della propaganda anarchica di Roma  e, più in generale, al contesto anarchico e alla tendenza antifemminista portata avanti da qualche persona.

QUALCHE CONSIDERAZIONE SULLO SCANDALO DELL’ESCLUSIONE

Da diversi anni giro nel contesto anarchico e sicuramente non sono estranea alla lettura di articoli su siti di movimento, né tantomeno al commentarli e confrontarmici su. Purtroppo capita che alcuni di questi, pur trovandoli di dubbio interesse in termini di contenuto, mi risultino poi utili a capire una tendenza oramai consolidata su cui penso sia arrivato il momento di soffermarsi.

Onestamente, sono convinta che non siamo d’accordo su quali siano le basi che dovrebbero accomunarci nell’ideologia anarchica e va bene discutere di questo, ma per favore facciamolo con quest’assunto. Io mi sento di rivendicare la scelta politica di organizzarmi per affinità e di scegliere in base a questa, come quella di diffondere contributi che considero interessanti in base al contenuto e alla persona che li produce. D’altra parte credo che ognun di noi si dia criteri più o meno definiti in questa direzione, altrimenti gli stessi blog non sarebbero più tali, ma piuttosto dei forum dove qualsiasi internetnauta direbbe la sua con o senza pertinenza con i concetti che si vorrebbe diffondere, o una “Fiera del Libro Anarchico” potrebbe trasformarsi in un “Salone dell’Editoria”, se vogliamo, indipendente. Ma diciamoci anche che di saloni del libro già uno ce n’è e basta e avanza. Io mi rivendico di scegliere di diffondere idee che condivido e di riunirmi con chi trovo affine nel voler distruggere ogni gabbia, sabotare la guerra, far fronte al suprematismo scientifico e l’avanzamento tecnologico e, sopratutto, riconoscere e abbattere il dominio umano, bianco e patriarcale. Non vedo dove sia il problema in questo e anzi ringrazio chi si impegna a creare situazioni in cui ciò sia possibile.

Il tema dell’esclusione, d’altra parte, è un tema che sembra essere davvero caro a molti e su cui c’è chi prova a batter chiodo da molto tempo. Che sia per un’insidiosa FOMO (Fear Of Missing Out: Paura di perdersi qualcosa – e spiego a chi è più avvezzo al latino che questo sì, è un anglicismo, mentre un testo scritto in inglese per un evento di taglio internazionale è una scelta di renderne accessibile il contenuto) che colpisce gli umani con tendenza più sociale, o per una mera questione di principio, a me purtroppo ancora non è chiaro perché risulti una punizione così feroce e sopratutto un gesto irrivendicabile. D’altra parte non mi sono mai posta il problema vedendo cacciare infami o gente che si è intascata soldi da casse benefit. E allora qua la domanda che mi sorge spontanea è: non siamo d’accordo sull’esclusione o sui motivi che spingono a questa? E se fosse la seconda ipotesi, perché allora non si parla di questo?

Trovo che la scelta di dirottare la discussione sui metodi, piuttosto che sul contenuto, sia fin troppo forviante. E quasi mi viene il sospetto che non sia un caso. Quel che sto riconoscendo in determinate argomentazioni è la tendenza a portare delle narrazioni di fatti in maniera già ben veicolata in termini di concetti da divulgare. Un tipo di narrazione oserei dire sfacciatamente mendace che credevo di attribuire all’informazione di regime e che mi imbarazza riconoscere in quella antagonista. Posso fare l’esempio di testi che han girato nell’internet che si riferiscono a psicosette transfemministe che avrebbero minacciato e aggredito fisicamente i loro oppositori, o a diffusioni di volantini raccontate come violenti blitz femministi. Mi sembra un po’ come quando la Stampa descrive un presidio sotto al carcere con qualche slogan e due torce come un’incursione armata in cui decine di poliziotti restano feriti. Non saremo mica troppo abituati a leggere le carte dei nostri P.M.? Questa necessità di inventar storie, ingigantirle o diffonderle, mi lascia davvero allibita.
Immaginarmi, poi, intere collettività riunirsi a discutere attorno a queste fandonie mi fa rendere conto di quanto sia scarsa la capacità di certi individui di sviluppare un proprio pensiero critico, o comunque, di quanto sia forte questo senso di appartenenza, questa voglia di esser parte “del giro”.
Personalmente inorridisco quando vedo l’unione fare la forza a discapito del pensiero individuale e sono disgustata dagli atteggiamenti gregari e omertosi che ho visto mettere in atto negli anni. Mi dispiace davvero che il dibattito anarchico si trovi così povero di argomenti e contenuti.

Io, di mio, di fronte a giornalisti di ogni sorta e a chi si atteggia come tale, posso dire quel che ho pensato tante volte leggendo carte o giornali e cioè che, ancor più se la reazione è così spropositata, tanto vale farsi sempre meno remore: vendetta feroce e violenta contro oppressori di ogni tipo, sbirri e stupratori.

Per l’anarchia.


Link di riferimento:

POSITIONING TEXT

https://ilrovescio.info/2025/04/02/lettera-aperta-sullinvito-alla-fiera-delleditoria-e-propaganda-anarchica-di-roma-di-juan-sorroche/

https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/04/07/la-disputa-del-sacramento/

ROMA: LEGAMI BESTIALI

Diffondiamo:

Questa iniziativa nasce dalla necessità condivisa di creare uno spazio di confronto sui legami tra individualitá oppresse da strutture egemoniche patriarcali e speciste.
Ciò che ci interessa è mettere in risalto come queste due forme di sopraffazione si intersecano e si manifestano.
Le ideologie di dominio che perpetuano l’emarginazione di animalə umanə attraverso razzismo, abilismo, colonialismo (..) non agiscono indipendentemente l’una dall’altra ma sono interrelate e sovrapposte.
Così come sono interconnesse anche quelle dellə animalə non umanə e di tutto il vivente. Patriarcato e specismo si rinforzano a vicenda, pongono l’uomo bianco etero cis abile al vertice della scala gerarchica dell’esistente. Per legittimare e mantenere la sua posizione di privilegio, attraverso dualismi inferiorizzanti ed escludenti, riduce il resto dei corpi a materia da recludere, sfruttare, estrarre e mercificare.

I comportamenti che disturbano l’ordine sociale  e/o deviano la norma eterosessuale vengono stigmatizzati come bestiali,  relegati alla dimensione animale con accezione negativa, quindi animalizzati.
In questa cornice anche il veganismo antispecista rappresenta una deviazione dalla norma e sotto questo aspetto si può considerare una pratica queer.  “Il rifiuto di mangiare carne non è solo un rifiuto del patriarcato, ma un fallimento e un’interruzione dell’eteronormatività.”

Ci prendiamo questo momento collettivo aperto nell’ottica di decostruire e ricostruire connessioni tre genere e specie.

PER UNA LIBERAZIONE TOTALE CONTRO GABBIE di OGNI GENERE

Ateneo occupato, 3 maggio 2025, via O. Fattiboni 1, Roma.

Link contributi utili:
https://drive.gattini.ninja/index.html#91506c6c3797,NIKA+1kHPFcoU0Q2F1GVXMprcqOcS6/2sf68/CUw+iU=

NUOVA PUBBLICAZIONE: CARTE FORBICI SASSI. SFIDE DA E CONTRO LE PRIGIONI E IL PATRIARCATO

Riceviamo e diffondiamo:

CARTE FORBICI SASSI. Sfide da e contro le prigioni e il patriarcato

Questo libro è una sfida. Sfida a noi stesse nel partire da sé
attraverso il racconto autobiografico di prigioniere. Sfida
all’immaginario comune sul carcere femminile. Sfida alle logiche carcerarie e patriarcali.

LIBRO 222 pag, 8 euro (per le distro 5 euro) benefit prigionierx per info, copie e presentazioni: forbici @ riseup . net

Un insieme di voci di compagne che, ognuna partendo dai suoi interessi ed esperienze personali, possa contribuire alla narrazione di cosa è, oggi, concretamente, il carcere femminile, e di cosa è nello specifico per le compagne anarchiche. Vorremmo creare uno strumento di conoscenza che rompa l’isolamento e ci possa rendere più forti e preparate.
Sappiamo che non esistono ricette né verità assolute, ed è per questo che riteniamo interessante vedere il carcere femminile dagli occhi delle compagne. Perché tutte si sono opposte, in varie forme, al suo potere di coercizione, ed è lì che si capisce cos’è, non descrivendolo in sé ma guardandolo nelle forme della sua ristrutturazione di fronte alla resistenza.

Condivisione di esperienze intorno all’universo carcerario che reputiamo ancor più urgente se pensiamo alla detenzione femminile. L’immaginario carcerario a cui abbiamo avuto più facilmente accesso – attraverso preziosi racconti orali, autobiografie, analisi e forme artistiche -riguarda la sua parte maschile. Ma le nostre esperienze nelle istituzioni totali hanno delle specificità che è necessario nominare per non cadere nell’appiattimento attorno al soggetto maschile inteso come universale. Vorremmo anche andare oltre all’intendere il femminile come una semplice specificità, come se fosse una sottocategoria del genere carcere. Ci sembra invece che proprio perché nel carcere femminile sia più evidente il volto patriarcale del potere, comprendendolo si possa anche gettare luce su questo aspetto del dominio che permea anche il carcere maschile, e tutta la società occidentale.

Non è stato facile per nessuna scrivere queste parole; mettersi al tavolo e ripensare, rivivere, chiedersi di tutto quel magma esperienziale cosa potesse essere utile, cosa controproducente, cosa troppo intimo, cosa troppo banale. Questi testi sono autobiografici e parlano di momenti nelle vite di ognuna anche difficili e dolorosi; in diversi dei testi che presentiamo ciò non viene nascosto. Questo per noi è un motivo in più per trovare l’ispirazione nelle parole di chi ha attraversato la paura e l’ha saputa trasformare: troviamo doppiamente validi questi racconti perché sanno non minimizzare le emozioni difficili da vivere, quelle che ci fanno sentire deboli, e al contempo condividerle, per ricordarci che possiamo essere forti. Il fatto stesso che queste compagne abbiano deciso di scrivere questi testi per noi significa che anche attraverso l’esperienza del carcere è possibile trovare la forza di affrontarlo dentro di noi con le nostre idee e il nostro amore per la libertà.

BOLOGNA: STRAPPATI E IMBRATTATI I MANIFESTI DELLA LUVV

Riceviamo e diffondiamo

Nelle scorse settimane sono comparsi a Bologna dei manifesti di LUVV (Lega Uomini Vittime di Violenza), che riprendono la grafica dei manifesti inerenti alla violenza di genere che hanno tappazzato nei mesi scorsi tutta la città – manifesti che tra l’altro riproponevano vittimizzazione secondaria e davano spazio a stereotipi di genere, binarismo, disparità di potere e linguaggio violento.

Questi nuovi manifesti si appropiano delle parole del movimento transfemminista, denunciano presunte “violenze” agite contro gli uomini da parte delle donne, in particolare partner. Tra queste si parla dell’affido dellə figliə che, come il sistema patriarcale pretende, vengono affidatə alla cura delle madri. Questa “violenza”, però, non è altro che la conseguenza del modello di famiglia nucleare e patriarcale, strutturato su un rigido binarismo di genere con conseguenti ruoli ben prestabiliti.

Se da sempre le istituzioni, l’educazione e il sistema economico costruiscono un modello che vede la donna unicamente come madre, che deve concedere tutta la sua vita alla crescita e alla cura dellə figliə, che deve rinunciare alla sua persona per la famiglia, il padre invece, è colui che si occupa unicamente di procurare risorse economiche. Se da sempre è la madre a occuparsi della casa e dellə figlie, nel momento del divorzio i ruoli vengono stabilizzati, affidando la cura fisica, emotiva e psicologica alla madre e il mantenimento economico al padre. Sarebbero quindi le donne, ancora oggi troppo spesso costrette al lavoro riproduttivo, invisibilizzato e non pagato, ad agire violenza sugli uomini? In un paese come l’Italia, in cui oltre l’80% delle donne uccise trovano la morte in famiglia, quale sarebbe la violenza sistemica ai danni degli uomini da parte delle donne?

Come sempre si cerca di rappresentare la violenza strutturale su soggettività femminilizzate come una realtà di natura simmetrica: mentre donne, persone trans* e froc3 vengono ammazzate, stuprate, marginalizzate e cancellate ogni giorno, questi uomini costruiscono una narrazione di vittime sopra la violenza che loro stessi agiscono.

Come sempre quando viene chiesto loro di riconoscere il proprio privilegio, si nascondono dietro il tanto citato “non tutti gli uomini” con il solo scopo di smarcarsi da possibili accuse, di silenziare le violenze reali, di sentirsi meno in colpa per le violenze che agiscono al posto di prendersi realmente la propria fetta di responsabilità!

Le istituzioni legittimano una campagna distruttiva e di disinformazione, dando visibilità a narrazioni che possono fomentare solo odio e legittimare, ancora una volta, discorsi misogini e omolesbobitransfobici. Se la città ci vuole zitt3 e succubi, se la città ci impone la lettura di frasi violente, noi queste scritte le strappiamo, le bruciamo, le imbrattiamo. Prendiamo tutt3 parola con ogni mezzo possibile: strappiamoli, bruciamoli, imbrattiamoli tutt3 insieme, fino all’ultimo manifesto, fino all’ultima scritta. Riprendiamoci ogni muro, ogni manifesto, ogni discorso. Portiamo avanti la nostra rabbia senza aspettare che ci venga chiesto o che sia un’altra morte a smuovere le coscienze. Non c’è spazio per compromessi.

Siamo stanch3 di essere ammazzat3, siamo stanch3 della vittimizzazione secondaria a cui siamo destinat3 dopo essere mort3, siamo stanch3 delle coscienze che si ripuliscono partecipando a cortei e fiaccolate solo per dire “io ero lì, io non potrei mai farlo”. Ma noi sappiamo bene che sono i bravi ragazzi i primi a ucciderci.

Sappiamo bene che a ucciderci è la transfobia e la transmisoginia sistemica e diffusa, è l’odio riversato sul web, è l’indifferenza dei movimenti femministi che non pensano mai lontanamente di scendere in piazza quando muore una persona trans, razzializzata e/o sex worker.

Siamo arrabbiat3, siamo stanch3, siamo furios3.

Riprendiamoci tutto.

ARGENTINA: SUL MASSACRO DI BARRACAS

Riceviamo e diffondiamo. Da scaricare, distribuire e stampare.

**QUESTO TESTO CONTIENE VIOLENZA FISICA ESPLICITA E LESBODIO\FOBIA*

Fonte: https://lazarzamora.cl/?p=12429

È stato lo scorso 5 Maggio alle 23:30 a Barracas ( Argentina ) l’assassino lesbicida e aggressore, Justo Fernando Barrientos di 67 anni, compie un esecuzione lesbo odiante contro le sue vicine:
Pamela Cobbas e Mercedes Roxana Figueroa, coppia che condivideva la stanza con Andrea Amarante y Sofía Castro Riglos altra coppia di lesbiche che stava vivendo temporaneamente con loro nel hotel/dormitorio di Barracas. Quella notte l’aggressore, apre la porta della stanza, butta combustibile, e lancia dentro un esplosivo artigianale mentre dormivano, dando fuoco e provocando un grande incendio.

Dopo l’attacco le donne sono state ospitalizzate. Pamela e Mercedes sono morte nelle ore successive all’attacco. Andrea è morta domenica. Sofía è fuori pericolo di vita -resta ospedalizzata con bruciature sul viso e le mani. Secondo i medici risponde bene alle cure.

UCCISE PERCHÈ LESBICHE

Secondo le dichiarazioni dei vicini: Pamela 52 anni, vendeva cosmetici e dolci, viveva apertamente il suo lesbismo, visibilizzando sui social  la lotta le lotte delle dissidenze sessuali. Viveva con Roxana Mercedes anche lei 52 anni, e entrambe “se la cavavano come potevano vendendo cosette”.

Andrea, la terza a morire aveva 43 anni, era sopravvissuta al massacro nel locale República di Cromañón ( concerto del gruppo Callejeros nel quale un incendio aveva ucciso 194 persone e fatto 1400 feriti nel 2004). La “Coordinadora Cromañón” ha denunciato che Andrea non aveva mai potuto beneficiare del “Programma per le vittime di Cromañón” ne di nessun aiuto dopo il massacro. Evidenziano anche che Andrea aveva vissuto in strada una parte della sua vita, vivendo povertà e precarizzazione, cosa che inevitabilmente l’asposta alla violenza.

Il femminicida, secondo i vicini, esprimeva apertamente la sua rabbia ” perchè erano lesbiche”. Altre volte, aveva già agito violenza su un uomo in quanto gay, che aveva finito per andarsene del dormitorio. Nella stessa maniera il lesbicida le aveva già aggredite verbalmente in precedenza, con isulti lesbodianti, grassodianti\fobici, e minacce di morte.

(…)

Sofía, oggi è l’unica sopravvissuta al massacro brutale e lesbodiante in Barracas e ha bisogno del massimo aiuto possibile per poter guarire, ricostruirsi e trovare un nuovo posto dove vivere. Se volete supportare infondo trovate i dati per i bonifici.

Le organizzazioni e\o attiviste della diversità sessuale e di genere di Puelmapu sostengono che ci sono varie angoli e intersezioni in questo orribile e brutale crimine e triplo lesbicidio. Per nominarne qualcuna, la classe, la povertà, la precarizzazione  nel quale si trovano i corpi esclusi dal sistema e dai loro familiari. Il silenzio e la banalizzazione di questo tema nei mezzi di comunicazione ( questo caso come quello del massacro in Palestina dovrebbero essere un putiferio ed uno scandalo mondiale) oltre che essere la conseguenza del rinforzarsi dei discorsi di odio grazie al governo di Javier Milei, conservatore, ultraneoliberale e odiatore delle diversità. Nel corso della sua presidenza è salito del 10% il numero di crimini di odio contro le donne, dissidenti sessuali e di genere, rispetto all’anno precedente.

Lo stato ha storicamente denigrato e scartato i corpi che non riproducono l’eterosessualità, sia progressiste o fascista come è il caso del governo argentino, che concentra i suoi obbiettivi nel rinfozare il capitalismo esterno, l’eterosessualità obbligatoria e l’eteronorma, mettendo a rischio le donne e tutte le persone lgbtiqa+.

A prima vista si nota come il conservatori e il fondamentalismi religiosi tornano ad apparire, dopo anni di lotta e resistenza dei gruppi marginalizzati, come nel caso dei corpi lesbici, delle donne e della dissidenza sessuale. In questo caso il corpo lesbico resta completamente invisibilizzato e categorizzato nella scala più bassa della società per via dei discorsi patriarcali macisti e retrogradi, qualificando come “inrazionali”, malatx,(…).

Collettività, individalità e organizzazioni argentine hanno manifestato in differenti territori per dare visibilità al massacro, denunciando la complicità dello stato con la violenza patriarcale. In altre parti del mondo come: Bolivia e $ile stanno organizzando incontri e manifestazioni per denunciare l’orrendo attacco. Chiamiamo ad agire in tutti i territori e con differenti forme.

Abbiamo bisogno di dire che le lesbiche e lesbichx esistono, che dietro ogni vita ci sono dei sogni, figlx, progetti, amori, tristezza. È necessario mantenerci organizzate, organizzare la nostra autodifesa, esprimersi, appoggiarsi, incontrarci e ritualizzare tanto la morte come la vita, condividere possibilità di sussistenza, coordinandoci contro la precarizzazione delle nostre vite senza mendicare allo sato.

E continuare a prendere parola per quelle, quellx e quelli che non ci sono più.

Per solidarizzare economicamente con Sofía.
Alias transferencia: ACIVIL.NIUNA.MENOS
Asunto: lesbianas.
CBU: 1910027855002701341732
Numero de CC 191027013417/3
Da fuori dal paese:  paypal pcortesntref.edu.ar.
PER ULTERIORI INFORMAZIONI @presenteslatam instagram

Ascolta anche l’approfondimento radio: https://www.ondarossa.info/redazionali/2024/06/triplo-lesbicidio-e-sopravvissuta

TRIESTE: LE CHECCHE SCHECCANO

Riceviamo e diffondiamo:

Martedì 27 febbraio, con i nostri corpi e le nostre voci abbiamo portato disordine a un evento al Caffè San Marco a Trieste, che dovrebbe essere tutt’altro che ordinario: la presentazione di due libri, scritti da Silvia Guerini e Costantino Ragusa, che riportano contenuti estremamente transfobici e complottisti sulla stessa esistenza delle persone trans e queer.

Nel libro “Dal corpo neutro al cyborg postumano. Riflessioni critiche all’ideologia gender”, Silvia Guerini, sedicente anarco-ecologista radicale, sostiene che le rivendicazioni transfemministe e LGBTQ+ non trattino dei diritti di una parte di popolazione repressa, ma facciano parte di un’agenda più ampia e potente (ah ah, magari) con al vertice le Big Tech e vari padroni globali.

Gli autori incolpano il capitalismo e lo stato della diffusione della cosidetta “teoria gender” e contestano con pratiche violente la medicalizzazione dei corpi, in particolare dei minorenni che decidono di intraprendere un percorso di affermazione di genere. A marzo 2023, presso l’azienda ospedaliero-universitaria Careggi di Firenze, queste stesse persone hanno organizzato un presidio per denunciare “le conseguenze irreversibili dei bloccanti della pubertà”: un tentativo violento di sovradeterminare le scelte e i percorsi individuali delle persone trans*, invalidandone l’esperienza. Secondo le loro narrazioni, i percorsi di affermazione di genere sarebbero troppo facilmente accessibili. Peccato che gli iter serratissimi, con liste d’attesa infinite, ambienti discriminatori e pratiche istituzionali violente, dobbiamo affrontarli noi e non loro. E che i corpi medicalizzati, psichiatrizzati e messi continuamente in discussione, siano i nostri e non i loro.

Questa visione del mondo è indicativa di quanto i soggetti che la diffondono siano funzionali alla riproduzione dello stato di marginalizzazione e sfruttamento che viviamo: narra un ribaltamento dei rapporti di potere che racconta una realtà in cui froc3 e trans* sono una sorta di classe obbediente e funzionale al capitalismo, che trae guadagno e giovamento dall’attuale organizzazione della società e da chi la governa. Tutto ciò è ridicolo: alla violenza e alla discriminazione che subiamo ogni giorno sui nostri corpi (come accaduto anche martedì!) si somma l’ulteriore marginalizzazione sul piano economico, sociale, sanitario e su ogni aspetto materiale delle nostre vite.

La serata del 27 è stata l’ennesima occasione in cui persone cis-etero hanno tentato di schiacciarci, dettando regole da applicare sui nostri corpi e sulle nostre esistenze, vittimizzandosi e sostenendo che la sofferenza, l’autodeterminazione e la libertà siano retoriche che usiamo per “trasformare i nostri capricci in diritti umani”.

Il potere che queste persone hanno di spingere all’odio e alla queerfobia, di influenzare il pensiero di menti non informate, è pericoloso e mette a rischio la nostra libertà. Troviamo inaccettabile che gli sia stato messo a disposizione un luogo in cui farlo: il Caffè San Marco, che paradossalmente tra i suoi “punti forti” su google indica l’essere queer-friendly, ha concesso a queste persone uno spazio all’interno di uno dei locali storici di Trieste per diffondere messaggi di discriminazione e disinformazione.

Le parole d’odio risuonano se ci sono appoggio e ascolto, ed è per questo che abbiamo deciso di portare disturbo con la nostra presenza, di esprimere la nostra rabbia, di contestare con la nostra stessa esistenza di persone trans* quanto sostenuto da Guerini, Ragusa e Boscarol. Le checche hanno scheccato, abbiamo interrotto questo triste spettacolo di falsa informazione e contenuti queerfobici portando la nostra esperienza, la nostra rabbia, urlando assieme che “l’uomo violento non è malato, ma figlio sano del patriarcato”, nel momento in cui Ragusa ha alzato le mani su più compagn3, dimostrando in azione l’atteggiamento violento e machista che queste persone hanno verso la nostra esistenza, dimostrando che la loro intenzione è di decidere sui nostri corpi, di negarne l’esistenza e la validità.

Siamo dissidenti, siamo indecoros3, le nostre voci non saranno silenziate, i nostri corpi non saranno schiacciati, le nostre esistenze non saranno minate.

QUEER RAGE

Per approfondire lasciamo i link ad articoli di compagnx:
https://infernourbano.altervista.org/sulla-deriva…/

https://infernourbano.altervista.org/postscriptum-al-testo-sulla-deriva-reazionaria-di-alcuni-e-compagni-e/

NUOVA EDIZIONE ANARCOQUEER “COME STORMI DEL CAOS. Un progetto queer nichilista e insurrezionale”

Diffondiamo:

“COME STORMI DEL CAOS. Un progetto queer nichilista e insurrezionale”

Una rivisitazione in chiave anarchica delle teorie queer antisociali, per un progetto insurrezionale e nichilista di attacco all’esistente.

128 pagine, 8 euro a singola copia, 5 euro da cinque copie in su Collana Le Affinità Elettive.

Per ordinare il libro: anarcoqueer@riseup.net

Dalla prefazione:

[…] “Come stormi del caos” trae ispirazione da un filone particolare delle teorie queer, quello cosiddetto “antisociale”, pescando in particolare da autori e collettivi come Lee Edelman, Jack Halberstam, Guy Hocquenghem e il FHAR, ma anche da autori e autrici già riconosciutx per la validità della loro critica sociale, anche se non ascrivibili a un ambito anarchico, come Silvia Federici, Jacques Camatte e Walter Benjamin, in particolare per quanto riguarda le loro riflessioni più riuscite sul capitalismo, la domesticazione, il corpo e la storia; non facendo, in questa operazione, distinzioni tra analisi prodotte in ambito accademico e analisi provenienti da ambienti militanti, ma saccheggiando apertamente quegli aspetti della teoria che possono essere declinati in una prospettiva anarchica e scartando quello che invece è ritenuto superfluo o non condivisibile.
La prospettiva insurrezionale dell’attacco, in contrapposizione con una visione attendista che investe energie nella crescita del movimento in vista di una futura ipotetica “rivoluzione sociale”, si accompagna qui a un approccio nichilista di critica a tutti quei progetti “positivi” di riformismo, inclusività o creazione di alternative alle storture sociali, in quanto facilmente recuperabili dal potere e, anzi, materiale utile per la ristrutturazione in chiave “progressista” (e quindi ancora più totalizzante) del sistema capitalista e dello Stato.
Da qui l’idea di una queerness che, per esprimere al meglio il suo potenziale, rivendica la propria negatività, trasformando in una promessa quell’accusa reazionaria che la vede come prodromo e sintomo del disfacimento dell’ordine sociale. Una queerness che dev’essere quindi anti-politica, perché proprio la politica, nel suo progettare il futuro per garantire la sopravvivenza dell’ordine sociale, è il luogo principale della riproduzione di quell’ordine. Nel suo incrinare l’ideologia del “futurismo riproduttivo”, una queerness che si rivendica come puramente negativa va a spezzare quelle norme che rendono possibile l’assetto sociale assieme a tutti i suoi ruoli, non solo quelli di genere ma anche quelli militanti e rivoluzionari, che nella loro astrazione tentano di rendere intelligibile il soggetto del rifiuto, mantenendolo nell’alienazione e censurando la sua ricerca di gioia immediata, di conflitto, di godimento. Il futuro come ideologia, come luogo-trappola, che secondo le parole di Bædan “assicura il sacrificio di ogni energia vitale per la pura astrazione del proseguimento idealizzato della società”. […]


Ricordiamo che sono ancora disponibili le uscite precedenti delle
edizioni Anarcoqueer:

* “STREGHE ISTERICHE UNTRICI. Il ruolo della medicina nella repressione delle donne”. 172 pagine, 10 euro a singola copia, 7 euro da cinque
copie in su

* “Guerriglia Frocia. Testi di Ed Mead e Rita “Bo” Brown sulla George Jackson Brigade e il collettivo gay anticarcerario Men Against Sexism
(1975-1978)”. 112 pagine, 8 euro a singola copia, 5 euro da cinque copie
in su

* “DECOLONIZZARE LA PALESTINA. La Palestina attraverso la storia e il
rainbow washing di Israele”. 164 pagine, 9 euro a singola copia, 6 euro
da cinque copie in su

OGNI CUORE É UNA BOMBA A OROLOGERIA

Estratti dal libro “Rote Zora. Guerriglia urbana femminista”  …e un augurio di buon anno nuovo, dalle Brughiere! 🔥🧨

OGNI CUORE É UNA BOMBA A OROLOGERIA

Da sempre le donne hanno combattuto nei gruppi armati, tuttavia la loro partecipazione alla lotta è stata spesso taciuta. Ma i tempi cambiano e, ormai, la partecipazione delle donne alla guerriglia è diventata talmente importante da non poter essere più occultata. Anche la divisione del lavoro secondo la quale le donne si occupano dei compiti relativi all’infrastruttura, mentre gli uomini portano a termine le azioni, è stata superata. I gruppi sovversivi di donne come le Rote Zora sono ancora pochi, ma anche questo cambierà! […]

Le donne sono esposte a ogni livello di violenza: alla violenza indiretta e strutturale di questo sistema sociale che blocca ogni altra possibilità di vita, e ai rapporti di violenza brutale, diretta e personale esercitati dagli uomini. Nel corso degli ultimi anni, abbiamo assistito all’aumento delle violenze contro le donne dei paesi dove la parità dei diritti è riconosciuta formalmente e giuridicamente. Le donne vivono la violenza quotidianamente, sotto forme diverse e su più livelli. Vengono umiliate, sminuite, picchiate, stuprate. Nella RFT ogni 15 minuti una donna viene stuprata! Il 50% delle donne vengono violentate da uomini che conoscono. Ogni anno nella RFT 4 milioni di donne sono maltrattate dai loro mariti! La violenza strutturale è determinata dai maltrattamenti delle donne in seno alla famiglia, dallo stupro, dalla minaccia di stupro e dalla spettacolarizzazione della violenza sulle donne nei media, nella pubblicità e nell’industria della cultura. Comprendere che la violenza contro le donne non è un’eccezione ma un principio generale del dominio maschile, ha permesso di riconoscere quanto la lotta alla violenza sessista vissuta personalmente sia indissociabile dalla lotta contro ogni violenza del sistema. […]

SOTTO L’IMPOTENZA SI NASCONDE LA VIGLIACCHERIA

Ogni donna che ha già tirato una pietra, che non è scappata quando degli uomini l’hanno importunata, ma al contrario ha risposto, potrà condividere il sentimento di liberazione che abbiamo provato quando abbiamo messo una bomba davanti al tribunale costituzionale federale in occasione della decisione relativa all’articolo 218. Nella nostra società la liberazione ha a che fare con la distruzione, distruzione delle strutture che vogliono incatenarci al ruolo di donna. Non riusciremo ad annientare queste strutture finchè non attaccheremo i rapporti che ci vogliono distruggere. Attacchiamoli nelle forme più diverse, ma sempre a partire dal nostro inconciliabile odio per questa società.

ORDIGNO ESPLOSIVO ALLA CORTE COSTITUZIONALE FEDERALE. 4 MARZO 1975, KARLSRUHE

Le Donne delle Cellule Rivoluzionarie hanno compiuto un attacco contro la Corte Costituzionale il 4 marzo 1975. Non per “difendere la Costituzione della Corte Costituzionale” come sostiene il signor Abendroth, ma per difendere noi stesse da questa Costituzione, che fornisce un quadro legale allo sfruttamento quotidiano, all’infiacchimento e al logoramento psichico di milioni di donne e uomini. Una Costituzione che costringe all’illegalità le donne, e molte le uccide quando non lasciano decidere alla mafia dei medici e dei giudici sulla propria sessualità, l’uso del proprio corpo, il numero dei propri figli. Noi non ci uniamo al lamento di coloro che si dolgono perché la Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionale una legge votata democraticamente dal Parlamento, in quanto non c’è una differenza sostanziale quando 6 o 600 stronzi dettano le condizioni di vita a 60 milioni di persone. Noi facciamo però distinzioni molto nette, nelle attuali condizioni, tra le leggi più o meno dannose nei confronti del popolo, che questo pugno di servi del capitale, pagati con i soldi delle tasse, emana contro di noi. La sentenza terroristica della Corte Costituzionale, che ribadisce essere giusto e legale il divieto di abortire secondo il famigerato “statuto liberal-democratico”, è così intollerabile, per il disprezzo e l’annientamento delle donne che presuppone, che noi la combatteremo con tutti i mezzi possibili. […]
L’articolo 218 non impedisce alcun aborto e questo lo sanno anche coloro che per il suo mantenimento tirano in ballo Dio e gli sbirri.

Lo sanno:
– I tribunali, per i quali da sempre l’assassinio di una donna che si ribella conta meno di quello di un porco oppressore. Siamo solidali con tutte le donne che si liberano dei loro oppressori.
– Le chiese, che nella loro millenaria storia hanno perpetuato la loro struttura fascista, secondo cui le donne non sono persone, ma madri o puttane, “santificate” o punite per la loro sessualità attraverso la gravidanza, poiché sanno bene che è la paura a riempire le loro chiese. Non abbiamo dimenticato che le chiese hanno messo al rogo le nostre sorelle femministe nel medioevo. Noi donne non dobbiamo più andare nelle chiese se non per sconsacrare questi covi di sessismo, per esempio attraverso scritte murali, slogan urlati in coro durante le funzioni, petardi e bombe fumogene… e per dare pubblicamente aria alle tonache ammuffite di preti e cardinali.
– i medici, che tengono per sé sia le loro conoscenze mediche che le loro mancate conoscenze per continuare il loro sfruttamento dell’utero. I quali umiliano e ricattano le donne in cerca di aiuto e anche se le aiutano usano per lo più il metodo pericoloso, sorpassato e brutale del raschiamento, rifiutando di imparare a praticare il sistema innocuo dell’aspirazione. Additiamo pubblicamente questi porci, scriviamolo sulle loro macchine, sulle loro ville. […]

Verrà il giorno in cui le donne si ribelleranno… ma solo se iniziamo oggi!

 


L’anno scorso… https://brughiere.noblogs.org/post/2022/12/29/estratti-dal-libro-di-mau-quelli-erano-i-tempi/

DECOLONIZZARE LA PALESTINA – La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele

Riceviamo e diffondiamo:

“DECOLONIZZARE LA PALESTINA. La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele”

Mentre è in corso l’ennesima tappa della guerra condotta dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese per la conquista dei suoi territori, pubblichiamo i testi di due persone palestinesi che ripercorrono la storia della colonizzazione delle loro terre e la propaganda di rainbow washing di Israele.

164 pagine, 9 euro a singola copia, 6 euro da cinque copie in su. Parte del ricavato del libro sarà benefit per un’organizzazione queer palestinese.

Per ordinare il libro: anarcoqueer@riseup.net

Dalla prefazione:

Al momento della compilazione di questo libro è in corso l’ennesima tappa della guerra condotta dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese per la conquista dei suoi territori. Una guerra che non ha avuto inizio nel 1948, ovvero l’anno della dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele, come ritengono erroneamente molte persone, ma è nata con lo sviluppo dell’ideologia sionista alla fine del XIX secolo, che scelse il territorio palestinese come destinazione del futuro Stato per il popolo ebraico. La migrazione di massa del popolo ebraico verso quelle terre cominciò quindi già alla fine dell’Ottocento, ma il fenomeno acquisì poi consistenza con la fine della prima guerra mondiale, quando la Gran Bretagna acquisì il controllo di quei territori strappati all’Impero Ottomano e si adoperò per sostenere con forza le aspirazioni del movimento sionista. Da allora, il popolo palestinese non ha conosciuto pace. Guerre e ribellioni si sono susseguite, ma la colonizzazione israeliana, con la conquista e il controllo di sempre nuove fette di territorio palestinese, avanza ogni giorno di più, lasciandosi dietro una scia di sangue che non è possibile ignorare. […] Con questo modesto contributo, che prevede la traduzione e la pubblicazione di alcuni testi che ripercorrono la storia della colonizzazione della Palestina e la propaganda di rainbow washing di Israele, tratti da un sito creato da due persone palestinesi residenti in Cisgiordania, speriamo di offrire un piccolo segnale di solidarietà che getti luce su quello che accade realmente in quella piccola porzione di territorio sotto costante assedio.

Prossima uscita delle edizioni Anarcoqueer prevista per gennaio 2024.

“Come stormi del caos. Un progetto queer nichilista e insurrezionale”