Diffondiamo sempre a proposito dello scandalo dell’eslcusione e dell’orrido “pamphlet” uscito di recente su qualche sito di area anarchica*:
UN CALZOLAIO VAL PIÙ DI RAFFAELLO[1]
Mi è sempre piaciuta la polemica, la trovo un’attività che sollecita la capacità di riflessione. Se vogliamo siamo anche pertinenti all’argomento tanto caro agli scriventi considerando che il termine deriva dal greco “πολεμικός” che significa “attinente alla guerra”. Ma lasciamo i sofismi agli intellettuali.
Voglio chiarire subito che non mi trovo a dover difendere nessuna Chiesa (non ero tra gli organizzatori/organizzatrici) ma nemmeno nessun Impero (non erano i tre moschettieri al servizio di Luigi XIII nel romanzo di Dumas? Gli stessi che hanno consegnato Mylady al boia condannandola a morte per poi diventare uno un prete, uno un barone e uno un contadino – scegliete voi, che dite di essere contro la guerra ma vi firmate col nome di coloro che alla guerra partecipavano a fianco del re); preferisco, a livello ideale, appartenere a quel branco di selvaggi e selvagge dell’isola di North Sentinel chiamati dai dominatori Sentinelesi, popolo che nel novembre del 2018 uccise un missionario americano che voleva convertirli al cristianesimo, nel 2006 due pescatori di frodo arenatisi sulla riva delle acque intorno all’isola e che già dalla metà del 1800 rifiutavano i contatti con i funzionari britannici.
Mi pare di scorgere, nello scritto pubblicato, giusto una punta di livore per non essere stati “invitati”, in qualità di autorevoli pensatori in ambito anarchico, al dibattito sulla guerra delle ore 18 di sabato 6 aprile dal titolo _Estrattivismo: pietra angolare del capitalismo europeo in guerra. _Forse il tema per come era trattato, quindi nelle sue caratteristiche qualitative, non soddisfava i criteri della Santa Sede e se un argomento non viene esposto secondo le direttive della Dottrina vigente chiunque ne dibatta in termini differenti può essere tacciato di eresia … Un dubbio sorge: non è che forse sono stati loro stessi ad essersi sentiti esclusi perché hanno frequentazioni con persone responsabili negli ultimi anni di atti autoritari nei confronti di compagne (alcune delle quali messe alla berlina con scritti indecenti) o loro stessi ne sono autori?
Se il fine non giustifica i mezzi per deduzione logica l’anarchia non può giustificare che certi libri – e i loro editori indicati come autori di violenze – seppur parlino di anarchismo, girino indisturbati in ambienti che hanno la velleità di dirsi anarchici. Immaginiamo però che _il compromesso_ sia una delle contraddizioni con cui questi saggi hanno imparato a convivere fino ad erigerlo ad _etica_. Conviene quindi attaccare chi prova a sollevare il problema della violenza di genere (non come_discriminante fondamentale_ – così suggeriscono Portos, Aramis e Athos – bensì come _presa in carico_ che gli organizzatori e le organizzatrici si assumono nello squarciare il silenzio che da troppo aleggia) invece che partire da sé e porsi la domanda al contrario: chi stiamo escludendo quando ad un’assemblea, un’iniziativa, una presentazione, un corteo è presente una persona che ha usato la violenza come mezzo di sottomissione e oppressione nei confronti di un’altra persona (se evitiamo il genere va meglio?). Chi stiamo escludendo quando non facciamo nulla per allontanare la prima? Che alternativa viene offerta a chi ha subito l’oppressione se non quella di stare nello stesso ambiente di chi l’ha costretta con la forza a subire un atto umiliante o andarsene?
Ed è in questo contesto che non è possibile un dibattito, come sostenete, perchè la vostra interlocutrice è spesso assente per mero spirito di auto-conservazione. E con quale insolenza potete chiedere un confronto (e spero non con i suoi detrattori) quando l’accusa è di infamia e menzogna? Se concede a _chiunque_ la possibilità di esporne le proprie ragioni, perché non lo fate anche con quegli anarchici che sono interventisti? Perché non ascoltare sfruttatori e oppressori, anche loro avranno la loro buona dose di_ ragioni_ da esporre: quando un detenuto viene picchiato è perché ha aggredito per primo le guardie, quando una persona viene psichiatrizzata è perché è pericolosa per se stessa, quando un animale selvatico viene abbattuto è perché è diventato aggressivo nei confronti degli umani, quando una donna dice di essere stata abusata è un’amante rifiutata … insomma razionalmente hanno tutti le loro buone_ ragioni_, giusto?
Il metodo della Scuola di Atene si baserà sulle _ragioni_ del cervello e della conoscenza – davvero pensiamo sia tutto scibile, soprattutto all’interno di una relazione quando spesso nemmeno le persone direttamente interessate possono spiegare perché hanno tollerato abusi e umiliazioni? – Io preferisco il metodo anarchico fatto di calde viscere e cuori gettati oltre l’ostacolo ma anche di menti brillanti, mai arroganti, che quando è il caso con umiltà sanno ammettere i loro errori.
Cuori e menti aperti al continuo movimento perché sono i vecchi e nuovi poteri (anche anarchici) a voler mantenere l’ordine costituito, la stasi, il ristagno.
Come continuare allora ad essere quel flusso, quella corrente che evita la possibilità di divenire palude? Forse iniziando a chiedersi che ce ne facciamo di un anarchismo che non sa vedere la dominazione (nei casi noti di sesso maschile sul femminile)? Di un anarchismo che grida alle _prove _(purtroppo l’unico caso in cui si era tutti e tutte concordi che lei avesse subito un abuso era documentato da video che gli sbirri avevano trovato nei cellulari dei violentatori)_, _che pubblica _ritagli_ di lettere personali senza nemmeno il consenso di chi le ha scritte (pratica da solerti inquirenti), che mette in dubbio costantemente chi ha subito l’oppressione? Di un anarchismo che si fa forte del branco? Di un anarchismo che usa la parola _infamia_ come fosse senza peso? Di un anarchismo che continuare a servirsi di categorie sociali e non delle reali condizioni di oppressione individuale subite (in fondo siamo tutti anarchici, no? Solo che qualcuno ha abusato di qualcun’altra)? … evidentemente mi sfugge qualcosa … Se il fascismo è guerra lo è anche il sessismo, il patriarcato, lo specismo insomma ogni atto di dominazione è guerra mossa dai dom(in)atori verso i dom(in)ati.
Siete buffi, per non usare altri epiteti, quando riuscite a vedere la violenza di genere per mano dei “mostri sbattuti in prima pagina” nell’intera società civile ma non vi accorgete che ne avete uno seduto a fianco (è proprio il caso di dirlo!). Io credo che vivere da anarchici/anarchiche non sia insegnare agli altri/altre come farlo ma farlo in prima persona.
Già Malatesta nel lontano 1896 in una lettera scrisse _Oggi siamo in tanti a chiamarci anarchici, ma v’è spesso tra un anarchico e l’altro tanta differenza che ogni intesa è impossibile e sarebbe assurda … bisogna innanzitutto dividerci per poi riunire insieme quelli che sono d’accordo ed hanno un terreno comune di azione_. E ancora sulle pagine del giornale «L’Anarchia» si legge _Non pretendiamo che le idee qui esposte siano quelle di tutti gli “anarchici” … e non ci occupiamo nemmeno di sapere se siamo la maggioranza o la minoranza, se siamo molti o pochi. Il nostro scopo è stato quello di esporre le _nostre_ idee. Se questo deve determinare una scissione, che del resto esiste già da anni allo stato più o meno latente, che essa venga presto e sia ben netta, poiché nulla è più dannoso della confutazione e dell’equivoco._
Al netto della frase, che è inserita in un dibattito interno relativo alla questione organizzatori/anti-organizzatori, essa rappresenta una buona sintesi di quello che sta succedendo nel contesto contemporaneo nel territorio dominato dallo Stato italiano.
Ma torniamo alla guerra, quella _buona_ degli anarchici e delle anarchiche che non è contro coloro che non la pensano al medesimo modo ma contro chi favorisce forme di oppressione e chi le pratica, a prescindere che sia anarchico o meno. Non sono le parole che ci definiscono ma le nostre azioni se la nostra bussola è l’anarchia, se non capite quanto questo costituisca un problema di senso come potreste comprendere il resto?
[1] Tratto da un famoso aforisma dei nichilisti: Un calzolaio val più di Raffaello, perchè il primo fa delle cose utili, mentre che l’altro fa delle cose che non sono buone a nulla.
Link utili alla comprensione del testo:
https://ilrovescio.info/2025/07/01/da-pari-a-pari-contro-lautoritarismo-identitario/
https://rome-anarchistbookfair.espivblogs.net/testo-di-posizionamento/
https://lanemesi.noblogs.org/post/2025/04/07/la-disputa-del-sacramento/
https://brughiere.noblogs.org/post/2025/04/30/qualche-considerazione-sullo-scandalo-dellesclusione/
https://brughiere.noblogs.org/post/2025/07/18/a-due-a-due-finche-non-diventano-dispari/