IMOLA: VERSO L’UTOPIA

Diffondiamo:

Qual’è il mondo contro cui lottiamo? Qual’è il mondo per cui lottiamo?

Dibattiti e presentazioni di libri su tecnologia, estrattivismo, transizione ecologica e guerra.
Concerti benefit.

VENERDÌ 29 settembre
SABATO 30 settembre
DOMENICA 1 ottobre

Al Brigata, via Riccione 4 – Imola.
[Qui il programma dettagliato.]

BOLOGNA/APPENNINO TOSCO-EMILIANO: SOLLEVAMENTI DELLA TERRA IN MARCIA

Diffondiamo:

Dall’8 al 17 settembre una marcia si snoderà tra la Risaia di Ponticelli e la località di Cutigliano per dire no alla cementificazione e alla distruzione dei territori, contro chi avvelena e mortifica gli ambienti dove viviamo, contro il loro governo e il loro futuro.

Qui il testo della chiamata e il blog di riferimento

GLI INTERESSI MILITARI DIETRO AL PONTE SULLO STRETTO DI MESSINA

L’INSOSTENIBILE PONTE SULLO STRETTO SPINTO DAL GOVERNO PER COLLEGARE BASI NATO

Il Ponte sullo Stretto di Messina non è solo un’infrastruttura devastante dal punto di vista sociale, economico e ambientale ma rappresenta anche il cavallo di Troia per legittimare l’ulteriore escalation del processo di militarizzazione e riarmo della Sicilia e del Mezzogiorno d’Italia, accelerando la conversione del territorio in piattaforma avanzata per le operazioni di guerra e distruzione del pianeta. Il progetto rientra nel Trans-European Transport Network (TEN-T), il cui scopo, tra gli altri, è quello di creare una rete in grado di soddisfare “un piano di azione sulla mobilità militare 2.0″. A sostenerlo economicamente ci pensa l’UE con i finanziamenti provenienti dal Connecting Europe Facility (che finanzia progetti di infrastrutture di trasporto a duplice uso) e dal Fondo Europeo per la Difesa (che sostiene lo sviluppo di sistemi logistici e digitali interoperabili).

Antonio Mazzeo su Radio Onda Rossa


Gli interessi militari dietro al ponte sullo stretto di Messina

MESSINA: VERSO IL CORTEO NO PONTE – TERRA, MARE E LIBERTÀ

Diffondiamo questo testo, in vista del corteo No Ponte del 12 agosto a Messina:

Terra Mare e Libertà

(Maschile e femminile sono casualmente alternati)

Con l’insediamento del governo Meloni è stato riesumato il progetto del ponte sullo Stretto di Messina, una “grande opera” che puzza di propaganda fascista, con la differenza che cento anni fa venivano almeno costruite anche case popolari e bonificate aree inospitali: la carota per far passare il bastone delle leggi fascistissime, dell’olio di ricino, della guerra e della miseria dilagante. I nostri moderni patrioti invece si comportano come se non avessero alcuna necessità di conquistarsi il consenso tramite interventi che possano apparire di una qualche utilità per chi vive questo territorio (il sud fisico e psicogeografico di tutte le periferie del mondo). Sono convinti che il popolo bue accetterà a testa bassa l’ennesima devastazione, con il trito, ritrito e putrido miraggio di posti di lavoro per la realizzazione di questa mastodontica impresa – alla cui realizzazione finale non crede più nessuno, ma il cui corollario di movimentazione terra e denaro fa gola a molti profittatori.
Così, mentre in Emilia Romagna impazzavano le alluvioni, lorsignori si facevano fotografare con la pala in una mano e con l’altra votavano il decreto per il collegamento stabile tra la Sicilia e la Calabria. Lo chiamano “progresso” gli importatori di civilizzazione, ma qui persino le cozze nel lago di Ganzirri sanno che si tratta dell’ennesimo progetto coloniale. Lo sa chi vive a Milazzo, Priolo, Augusta, Gela e Melilli in balìa dell’industria petrolchimica che li ha sfrattati quando è stata costruita, sfruttati e ammalate nel periodo d’oro della produzione e cassaintegrati quando ha ceduto il passo alla concorrenza estera. Lo sanno i niscemesi ai quali la costruzione della base militare USA ha tolto la frescura della sughereta e l’acqua corrente, dando loro in cambio le radiazioni del MUOS e i militari a spadroneggiare per le strade. Lo sanno i granelli di sabbia di Punta Bianca, la Beccaccia e il Martin Pescatore dei Nebrodi, sfregiati dalle esercitazioni militari. Lo sanno gli aranci della Piana di Catania, estirpati per far spazio all’allargamento della base NATO di Sigonella. Lo sanno pure i semi privatizzati dalla Monsanto e i contadini denunciati per aver fatto le talee di pomodori infischiandosene dei brevetti.
Ne fanno esperienza tutte le disoccupate dell’isola e anche chi è emigrato perché non voleva essere più disoccupato.
Ne fanno esperienza i 6000 detenuti e detenute nelle 23 carceri siciliane che fanno dell’isola una colonia penale molecolare.
E ne hanno fatto esperienza i due prigionieri che sono morti inascoltati nella galera di Augusta nel corso di uno sciopero della fame. Ne fanno esperienza ogni giorno le migranti che si sono rivoltate nel CPR di Pian del Lago (Caltanissetta) a inizio luglio e i braccianti agricoli nei campi del vittoriese. E lo stesso vale per Daouda Diane: l’operaio ivoriano scomparso un anno fa nel siracusano, due giorni dopo aver denunciato in un video la situazione di caporalato nel cementificio di Acate dove lavorava. Colonia è quel territorio occupato con la forza, violentato per profitto ed estrazione di risorse, militarizzato per reprimere ogni forma di vita che insorge contro lo sfruttamento. Che il risorgimento in Sicilia ha significato deportazione e repressione violenta è scritto nelle memorie del sangue di noi indigeni, nipoti e pronipoti di chi era partito garibaldino e si scoprì brigante all’indomani dell’unità d’italia. Il Ponte ai nostri occhi significa tutto questo. I lavori, pur mancando ancora il progetto definitivo, sono già stati assegnati alle solite note aziende armate di cemento e sputazza: WeBuild (ex Salini Impregilo), che furono i costruttori della base di Sigonella, dell’autostrada Salerno-Reggio Calabria e i responsabili dello smaltimento dei rifiuti in Campania, per nominare giusto un paio delle loro gloriose imprese. Queste consapevolezze coinvolgono gran parte della comunità che abita in questa terra, e si declinano a vari differenti e difformi livelli di critica.
La critica, come fanno le radici degli alberi, scava smuovendo dubbi: quelle del Salice arrivano in profondità, quelle del Limone sono invece piccole, quelle del Ficus sono addirittura aeree. Tanti alberi, diverse radici nella stessa terra.
“Ci immaginiamo anarchiche e anarchici, e quindi è anche a noi che parliamo, sebbene sarebbe bello avere una lingua comune anche con chi si immagina qualcos’altro o, e chissà non sia la scelta più saggia, non si immagina per nulla” (Terra e libertà, articolo tratto da “Black seed, a green anarchist journal”, trad. hirundo 2017).
Per queste ragioni abbiamo cominciato questo percorso di lotta intrecciando i nostri passi e incrociando i nostri sguardi con tante anime diverse, col comune obiettivo di frapporci all’apertura dei cantieri. Affronteremo a testa alta chiunque provi a reprimere la forza generativa che sgorga dal cuore delle lotte, chiunque chiamerà violento il nostro opporci con ogni mezzo necessario a un progetto che ci violenta e violenta la terra che abitiamo, ma anche quei partiti che provassero ad approfittare di questo variegato amalgama umano con l’intento di mangiarselo al prossimo banchetto elettorale. Gli andremo di traverso, saremo loro indigesti, ci proveremo con tutta la tenacia che ci batte in petto e, se falliremo, cercheremo di farlo sempre meglio.

Corteo Noponte 12 Agosto

La Macchia libertaria sicula

P.S. mentre impaginavamo questo scritto, Giovanni Truglio (sì, lui, quello delle ccir di Piazza Alimonda) è diventato capo del comando interregionale carabinieri Sicilia e Calabria; e Gianni De Gennaro (sì, lui, quello di G8 e di Leonardo Finmeccanica!) è diventato presidente di Eurolink.


Diamo diffusione ad altre due iniziative previste a Messina nelle prossime settimane:

Iniziativa di autofinanziamento per il corteo No Ponte
4 agosto h 17.00
Oasi Lago Raglio

Campeggio No Ponte
11 – 12 – 13 agosto
Camping Marmora

IT-ALERT, NUOVO SISTEMA DI ALLARME PUBBLICO NAZIONALE

“IT-alert, il nuovo sistema di allarme pubblico nazionale, arriva nella nostra regione con un messaggio di test che, una volta a regime, potrà essere attivato per informare direttamente i cittadini in caso di gravi emergenze imminenti o in corso.” Fonte: sito della Regione Emilia Romagna

Lunedì 10 luglio tutti i cellulari collegati a celle di telefonia mobile dell’Emilia-Romagna squilleranno contemporaneamente ma con un suono diverso rispetto a quello delle normali notifiche. Si tratta del nuovo sistema di allerta di cui si sta dotando l’Italia, già sperimentato in Toscana, Sicilia, Sardegna, Calabria (già al quarto test).

IT-alert diventerà operativo nel 2024 e si attiverà in caso di gravi emergenze o eventi catastrofici imminenti o in corso, come incidenti nucleari o emergenze radiologiche, incidenti rilevanti in stabilimenti industriali, maremoti, collasso di grandi dighe, attività vulcanica.

Il procedere della crisi del sistema capitalista sta esasperando sia le politiche di guerra e di contenzione dell’immigrazione, sia le politiche di precarizzazione e di attacco alle classi sublaterne, determinando una corsa sempre più rapida alla conquista di risorse e mercati nel mondo. In questo contesto risulta evidente a tutte/i quanto emergenze ed eventi critici non possono più essere affrontati come “incidenti di percorso” da denunciare ogniqualvolta ci colpiscono, direttamente o indirettamente (diventando a tutti gli effetti strumenti di ricatto e vessazione in mano ai padroni) ma come elementi strutturali che pongono l’urgenza materiale di una critica radicale e di un’opposizione concreta a questo modello di sviluppo insensato, allo sfruttamento di persone e territori, allo stato di cose presenti.

TRADUZIONI IN CASTIGLIANO DI ALCUNI TESTI SULL’ALLUVIONE PUBBLICATI DI RECENTE

Riceviamo e diffondiamo le traduzioni in castigliano di alcuni contributi pubblicati di recente sull’alluvione.

Reflexiones de un compañero el día siguiente a la inundación

Aluvión, mi solidaridad es selectiva

CON EL AGUA AL CUELLO. Una visión anarquista del aluvión en Romaña


Reflexiones de un compañero el día siguiente a la inundación:

Mientras algunos ríos en Emilia y en Romaña siguen desbordados, con muchos pueblos y ciudades de la llanura inundados y el fango que sigue avanzando aguas abajo, siento la exigencia de expresar algunas reflexiones en caliente sobre los que está ocurriendo en el territorio donde vivo desde hace unos años. No cabe duda que la cantidad de agua caída estos días es excepcional, sin embargo hace tiempo que sabemos, cada vez con mayor certeza, que los eventos atmosféricos extremos son y serán cada vez más frecuentes. A pesar de esto, palpar las consecuencias de unas precipitaciones tan fuertes y concentradas en pocas horas, es algo que me coge desprevenido, emotiva y materialmente. Me he visto en un intercambio continuo de mensajes y llamadas para tener actualizaciones de la situación que están viviendo varias personas de mi entorno, mirando con preocupación al cielo, las laderas de colinas y montañas que van dejando detritos en cada chaparrón, los lechos de torrentes normalmente amigables, cada vez más caudalosos y amenazantes. El verano pasado decíamos una frase medio en broma, para quitar un poco de hierro al asunto: “es el verano más caliente que he vivido. Pero también es el más fresco de los que viviré”. Si traslado este discurso a la pluviometría me produce escalofríos. Escalofríos de miedo, porque está en juego la integridad y la seguridad de personas queridas. Y escalofríos de rabia, porque se que ya hay quienes se están frotando las manos pensando en el dinero que harán con la reconstrucción. Y son los mismos que engordan en un sistema en el que yo y quienes me rodean peleamos por la mera supervivencia material, cuando va bien. El simulacro de la seguridad y de la invulnerabilidad es algo que quiero destruir y dejar atrás, pero para dar cabida a un modo diferente de vivir, de establecer vínculos y compromisos con el carácter imprevisible del ambiente de mi entorno. No para garantizar el tranquilo engorde de quienes reproducen un mundo basado en el dominio. Entonces impedir esa cantera, esa ampliación de la autopista, ese remonte, esa presa, se vuelve algo mucho más urgente, porque lo que está en juego no es algo futuro, imaginario, simbólico o ideal. Es en el presente donde ejercen su furia homicida. Son nuestras propias vidas las que ya están en juego. Ahora que esto me ha quedado más claro, puede que necesite menos valor para arrojar el corazón por encima del obstáculo.

Traducidos de: https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/20/sullalluvione-in-emilia-romagna/#PENSIERI


Aluvión, mi solidaridad es selectiva

Artículo publicado en Bezmotivny, año III número 10

Aproximadamente a partir del martes 16 de mayo, y al hilo de la emergencia del aluvión que ha golpeado parte de la región de Emilia-Romaña, los exponentes de algunas organizaciones políticas autoproclamadas antagonistas del territorio boloñés y algunos grupos de personas congregadas espontáneamente han decidido crear Brigadas de solidaridad con el objetivo de “autogestionar” intervenciones de ayuda a las poblaciones de Emilia-Romaña afectadas por el aluvión de las que todavía se habla mucho. Quizás no sea oportuno detenerse sobre cómo se habla de este aluvión que, ciertamente no es una excepción ni una calamidad inesperada sino que se inserta en la cadena de catástrofes producidas por el modo de producción que devasta la vida y los lugares donde habitan millones de explotados y otros seres, así como por los hombres y mujeres con responsabilidades políticas, técnicas y decisorias concretas a nivel municipal, regional y nacional; ni sobre la forma en que los principales periódicos y medios del régimen afrontan el aluvión, en qué tono (más bien sosegado) y con qué contenidos (dirigidos a no cuestionar seriamente la sociedad que produce estas catástrofes y a salvaguardar la imagen de los responsables de carne y hueso de las mismas).

Lejos de juzgar negativamente a las diversas personas (sin importar si son compañeros o no) que espontáneamente han decidido intentar ayudar con sus propios medios, también y sobre todo individualmente en lugar de organizándose informalmente con los propios amigos, es decir, sin crear organismos de carácter parapolítico (por estar ligadas a organizaciones políticas y/o sindicales – más o menos institucionales – preexistentes), quiero reflexionar de forma polémica sobre esas organizaciones (sin perder tiempo citando sus siglas) que se han aprovechado inmediatamente de la disponibilidad de muchas personas no afectadas directamente por el aluvión de implicarse en la organización de iniciativas de solidaridad genérica, si queremos llamarla así.

Y así es como, en los días sucesivos a los acontecimientos más críticos, en un grupo telegram de coordinación y organización de las ayudas vinculado a una de estas organizaciones “antagonistas” se manifestaba el entusiasmo suscitado por el hecho de que varios periódicos hubieran nombrado las siglas de esta misma organización con elogios, que en las redes sociales se hubieran republicado numerosas veces las fotos de los activistas de la organización junto a otros “voluntarios” –presumo ingenuamente desconocedores de estas payasadas políticas– dispuestos a retirar fango en las localidades afectadas del ayuntamiento de Castel Bolognese.

Apesta, en definitiva, y, que quede claro, no porque personalmente haga apología de las prácticas de ayuda “desinteresada” y religiosamente dirigida a todos los seres humanos (por ejemplo, entre tantos afectados para mí no es prioritario ayudar a burgueses a salvar los bienes encerrados en la mansión de tres pisos); apesta porque quien se llena la boca de solidaridad y apoyo mutuo no tiene reparos en tratar de obtener consenso, visibilidad y reconocimiento político instrumentalizando ciertas tensiones y de ciertas prácticas, hegemonizándolas y haciéndolas pasar por “autogestión desde abajo”.

La solidaridad para mí no es algo universal, es resumen, no es algo que quiera dirigir a todo el mundo, a cualquier ser humano en cuanto tal, para limpiar mi conciencia y olvidarme del hecho de que, cada día, si no cuestiono realmente la sociedad industrial, el capitalismo voraz de recursos, energía y metales raros, la explotación, la gentrificación, el consumo de suelo desenfrenado a beneficio de grandes y pequeñas empresas capitalistas (por lo que respecta a la logística por ejemplo, el Instituto Superior para la Protección y la Investigación Ambiental, certifica un récord absoluto para la región de Emilia-Romaña, que entre 2006 y 2021 ha ocupado casi 400 hectáreas construyendo almacenes y polos logísticos), estoy alimentando y legitimando este ciclo de catástrofes. Si la solidaridad en estas contingencias es prestar ayuda a no importa quien entonces no soy solidario, entonces no me importa una mierda implicarme en la ayuda, y participar en la creación de brigadas a uso y consumo de politicuchos leninistas de poca monta.

Yo decido a quien doy solidaridad, ayuda y cercanía, en base a mis conocimientos, mis afinidades, mis relaciones de confianza y amistad, pero también a una conciencia de clase. La solidaridad que concibo es una solidaridad selectiva, no me avergüenzo de tal afirmación.

No quiero servir de mano de obra a las perspectivas políticas de organismos políticos que desprecio y que me hacen vomitar, no quiero obtener ningún consenso de las prácticas de ayuda y cercanía, no quiero explotar la dialéctica de socorrista-socorido para “consolidarme” políticamente, para mostrar a la gente que soy capaz de tapar los agujeros producidos por la sociedad del Estado y Capital. Quizás valga la pena tener en cuenta este aspecto de selectividad en la práctica de la solidaridad, a fin de evitar dejarse instrumentalizar, para tener la certeza de autogestionar realmente esas prácticas de asistencia y ayuda evitando que se conviertan en un instrumento de chantaje, de espectacularización política, y humanamente, añadiría, en un rito de redención.

Traducidos de: https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/20/sullalluvione-in-emilia-romagna/#SOLIDARIET%C3%80%20SELETTIVA


CON EL AGUA AL CUELLO
Una visión anarquista del aluvión en Romaña

Después del fin de la llamada segunda fase del aluvión, hace unos diez días, he estado en Romaña. Siendo sincera, lo que me ha empujado a acercarme ha sido un espíritu espontáneo de solidaridad hacia humanos y animales. Solidaridad de clase o “selectiva1”. Cierto, lo doy por descontado, pero lo especifico para evitar malentendidos. No estoy hablando de una solidaridad entendida de modo genérico, hacia todo el género humano. No puedo amar a quien me explota. La solidaridad la siento hacia mis similares: los/las oprimido/as, los/las explotados/as, los/as excluido/as. Es con estos con quienes intento crear dinámicas de apoyo-mutuo. En el texto la palabra solidaridad va entendida en este sentido.

Consciente de que en situaciones de emergencia el Estado pone en marcha sus dispositivos, decidí acercarme a un refugio que en ese momento alojaba animales inundados a poca distancia de las zonas más afectadas. Esto me hacía temer una eventual colaboración/compromiso con las autoridades, con las cuales como anarquista no quería tener nada que ver, aunque sabía que seguramente me los encontraría en las “zonas calientes”. Mi intento de mantenerme alejada de estos lugares no tuvo éxito. Una vez en el lugar, pude ver que la emergencia animal estaba controlada y que no hacía falta ayuda en el refugio. Así, me dirigí a los pueblos más afectados por el aluvión, algunos de los cuales estaban afrontando la “segunda emergencia2”.

El instintivo espíritu de solidaridad que me empujó a moverme venció mis temores al compromiso. No sólo me ha dado la oportunidad de ver de cerca un dispositivo de emergencia, también ha regulado mis acciones. No me dí cuenta de ello hasta más tarde. Al principio entré en los pueblos con pies de plomo.

Ciudadanos sin Estado

Mi miedo al compromiso con las autoridades se desvaneció de inmediato. Entrando en los pueblos descubrí que Protección Civil no trabajaba en las casas, su papel era meramente “presencial”. Las fuerzas desplegadas eran escasas o nulas. Por ejemplo en Santa’Agata sul Santerno había vehículos y personal uniformado concentrados cerca del ayuntamiento. Estos medios estaban prácticamente parados y muy limpios, incluso al final del día. Para la retirada de las montañas de residuos que cubrían las calles, los habitantes debían acudir al Ayuntamiento y solicitarlo mediante un formulario. Los medios de los Bomberos también eran escasos y estaban dedicados a situaciones puntuales. Las asociaciones humanitarias no aparecieron, a excepción de algunos grupos (como los scouts o Greenpeace). Según algunos habitantes, en los peores momentos del aluvión los medios de rescate no estaban disponibles o eran incapaces de cubrir las necesidades de la mayoría de la población. Estos pueblos se han visto y siguen en un estado de total abandono. Reporto estas informaciones no para levantar una oleada de indignación hacia el Estado y “pedir” algún tipo de intervención. La finalidad de este texto, más allá de describir la situación que he observado, es tratar de comprender las finalidades inherentes al modelo de gestión adoptado en esta emergencia.

En Ravenna los Bomberos pasaban por las calles ordenando la evacuación por megafonía. Las personas, una vez fuera, se encontraban las calles cerradas por lo que se veían obligadas a regresar a sus casas. En Conselice las autoridades dieron la orden de evacuar el pueblo, pero buena parte de la población se negó. Así, la gente se ha quedado encerrada en casa durante 12 días sin agua, gas ni electricidad a causa de la inundación. Los únicos que han llevado comida y bienes de primera necesidad han sido campesinos que se han organizado con tractores, junto a algunos solidarios con botes neumáticos. Esto ocurría a pesar de que los bomberos ordenaban a los solidarios que abandonasen el lugar por riesgo biológico3.

La insuficiente movilización de fuerzas por parte del Estado ha creado un gran sentimiento de desconfianza y mucha rabia hacia la Protección Civil, las administraciones municipales y regionales, las fuerzas del orden, equipos de salvamento, periodistas y políticos que venían de visita. En Sant’Agata sul Santerno, el prefecto de Ravenna fue perseguido por los habitantes pala en mano. En Conselice (y en algunos otros pueblos que no recuerdo) los alcaldes iban escoltados por Carabinieri. En Lavezzola el jefe de una importante empresa agroalimentaria se enfrentó con la alcaldesa (del PD), la Protección Civil, el Consorcio ‘di bonifica’ y los Carabinieri. El Destra Reno estaba por desbordarse y la compuerta para evacuar el agua al canal de drenaje que desembocaba en el Reno –cuyo nivel del agua era mucho más bajo– no se abría a causa de la falta de mantenimiento. Las autoridades habían acudido al lugar pero se limitaban a tomar nota de la situación. Mientras tanto, el empresario se había organizado por sus propios medios para desviar el agua con el apoyo de los habitantes del pueblo. Pero la Alcaldesa no estaba de acuerdo con esta intervención porque no estaba autorizada. Ante la rabia de los habitantes (allí presentes) y la amenaza del jefe –que la ordenaba apartarse, de lo contrario se la habría llevado por delante–, la Alcaldesa no tuvo más remedio que irse, escoltada por los Carabinieri. Así se evitó la entrada de más agua.

Obviamente, este ejemplo no es para demostrar la filantropía de un patrón. Está claro que tenía unos beneficios que proteger. Seguramente era el único capaz de “salvar el pueblo” precisamente porque, en cuanto jefe, dispone de medios y de grandes cantidades de dinero. En este episodio he visto una contradicción del Estado que, bajo el ropaje de Alcaldesa, no ha podido –o no ha querido– tutelar esa parte de población, la burguesía, a la que normalmente representa.

Narración VS realidad

Antes de partir, me informé para ver que carreteras eran transitables. La percepción que tuve al leer varias advertencias era la de una situación similar al primer confinamiento. Carreteras cortadas, controles policiales, control de los movimientos de la población. Por la E45 también vi carteles que sugerían dejar libres las carreteras para que los medios pesados de Protección Civil, Bomberos y Ejército pudieran circular sin problemas. La narración que se estaba construyendo sobre un gran tráfico de vehículos pesados de las autoridades resultó ser falsa. Las carreteras, tanto las principales como las secundarias estaban libres. El tráfico era regular y había pocos vehículos pesados de las autoridades.

Se podía entrar en los pueblos inundados. Encontré controles policiales a la entrada de Sant’Agata sul Santerno que impedían el acceso a los no residentes. Pero los Carabinieri y la Policía Local tenían cierta dificultad para parar a las personas que, con determinación, argumentaban que debían circular libremente. Algún solidario se dejaba intimidar o creía a los Carabinieri que afirmaban que en el pueblo “todo estaba en orden y no se necesitaban voluntarios”, y se daba la vuelta. Pero la mayoría de las personas pasaban de todos modos. O a pié, o cambiando de camino, o inventándose alguna excusa. Dado el gran número de solidarios, a las fuerzas del orden les resultaba muy difícil controlar a todos, a pesar de que en algunos casos había dos filtros para entrar al pueblo.

Unas palabras respecto a la aplicación VolontariSOS… Según las autoridades, solo los registrados podían acceder a las zonas rojas y ayudar a la población. Esto por motivos de aseguración en caso de accidentes, de control y de organización. En esta app, el voluntariado tenía que dar sus datos personales y reservar un “turno”. En la práctica, la mayoría de personas que me he encontrado no se habían registrado. Algunas estaban en contra, y veían en esta app un intento de control y rastreo. Los que se habían registrado contaban que esta aplicación era un rotundo fracaso, ya que todos los “turnos” resultaban ocupados. A pesar de ello, estas personas se habían acercado al lugar igualmente, considerando que era más fácil ir casa por casa ofreciendo ayuda en lugar de depender de una plataforma digital.

Por tanto, se puede afirmar que la circulación de solidarios en estos pueblos estaba bastante fuera del control de las autoridades. Lo mismo se puede decir respecto a la gestión de algunos centros de clasificación de mercancías. En Conselice, por orden del Ayuntamiento, había un gran centro dedicado exclusivamente a la recepción de ayudas. Los bienes, una vez clasificados, tenían que llevarse a los puntos de distribución, a los que la población acudiría a por aquello que necesitase. En la práctica, las personas se acercaban directamente a este centro a por los bienes necesarios y partían con los coches llenos para ir repartiendo calle por calle a quien lo pidiera. Esto gracias al buen criterio de las personas que pasaban por el, que de mutuo acuerdo, decidieron que tenía más sentido distribuir directamente en lugar de acumular bienes en un almacén central y dejar con las manos vacías a las personas como había ordenado el Ayuntamiento.

En este sentido, hay que señalar que, llegados a cierto punto, el Prefecto de Ravenna hizo llamamientos públicos para que los voluntarios abandonasen las zonas inundadas porque molestaban en la operaciones de las autoridades.

A propósito de los Ángeles del fango

La combinación de personas acudidas a ayudar ha resultado ser una mezcla interesante. Conspiracionistas, anti vacunas, animalistas de todas las edades, no green pass… Personas que por un motivo u otro, hace tiempo que habían madurado una conciencia crítica y unas prácticas, no necesariamente bajo la bandera de algún grupo u organización. De hecho muchos han acudido individualmente, desconfiando de grandes organizaciones centralizadoras, metiendo en el coche todo lo que podía ser útil (limpiadoras de presión, comida para animales, ropa, mantas) y yendo por los pueblos ofreciendo la propia disponibilidad en lugar de acudir a las convocatorias gestionadas por las autoridades.

La retórica de los ángeles del fango propuesta por los medios era ridiculizada por la mayoría de la gente y escucharlo no generaba orgullo, mas bien ponía de los nervios. Muchos voluntarios eran personas afectadas por la inundación que, una vez arreglada su casa donde “el agua les había llegado al cuello”, fueron donde todavía hacía falta, interrumpiendo sus actividades cotidianas, incluido el trabajo. He respirado un clima de colaboración y amigabilidad, privo de prejuicios (por ejemplo ligados al género) y he encontrado a personas con una sensibilidad particular. Una tarde, estando con otras personas ayudando a una familia que estaba viviendo un gran sufrimiento psicológico a causa del aluvión. En un momento dado a alguien del Ayuntamiento se le ocurrió mandar una pareja de Policía Local. Corrí fuera para ver que querían, pero antes de mí, una mujer había salido y les estaba diciendo a los guardias que se fueran inmediatamente, porque la situación era tranquila y ellos sólo habrían causado problemas.

Durante la jornada se alternaban momentos de trabajo duro, momentos de discusión a 360º. Una exigencia común era precisamente la de hablar juntos: del Covid, de la guerra, de estas continuas emergencias que parecen no terminar nunca, de los responsables de todo esto.

Otro aspecto importante ha sido compartir el dolor y el sufrimiento. Puesta en común especialmente “demandada” por las personas afectadas por la inundación que, con frecuencia, te paraban por la calle para charlar, para llorar, para desahogarse. Detrás de estos arrebatos, la conciencia que el aluvión no ha sido simplemente una catástrofe natural imprevista. Sino una catástrofe provocada y no anunciada, o anunciada con gran retraso, con responsables concretos: Protección Civil, Consorcios ‘di bonifica’4, administraciones municipales y regionales.

Resumiendo, esta experiencia ha sido, a pesar del drama, en términos humanos un soplo de aire fresca. Puede que la humanidad todavía sea un riesgo a correr.

¿Qué protocolo?

Sería demasiado fácil afirmar que el Estado no estaba preparado para esta inundación, así como decir que no ha sido capaz de gestionar la situación por culpa de la falta de medios, de un exceso de burocracia o de la incompetencia. Sus acciones son el fruto de una suma de circunstancias y elecciones. Seguramente la población local y los solidarios han creado dificultades a las autoridades. El intento de controlar los movimientos (mediante app y controles policiales), de evacuar zonas enteras, de centralizar la distribución de bienes, de vacunar a la mayor parte de la población… por lo que he visto no ha tenido mucho éxito. Por otro lado, el estado de abandono de estos pueblos me ha dado que pensar. Obviamente se trata de una elección deseada y motivada. Sinceramente a día de hoy no encuentro respuestas definitivas. Se me ocurren hipótesis, pero considero necesario iniciar un debate sobre las formas mediante las que el Estado afronta este tipo de emergencias locales. Visto el próximo colapso al que la sociedad industrial nos está llevando, estas catástrofes serán cada vez más frecuentes. ¿Tal vez el Estado pretenda acostumbrar a la gente a la posible falta de agua, gas, electricidad y bienes de primera necesidad durante días? ¿o bien abandona por completo a la población de modo que esta reclame “más Estado”? ¿O hay intereses que desconocemos en desalojar estos territorios concretos afectados por el aluvión?

Creo que es urgente reflexionar de forma colectiva, sobre todo con quien ha vivido más de cerca el aluvión. Con la experiencia de la pandemia, me he acercado a estos territorios esperando encontrar un determinado dispositivo (militarización, control de desplazamientos, imposibilidad de acceder a las zonas rojas), en la práctica me he encontrado con algo totalmente distinto y eso, debo decirlo, me ha tomado por sorpresa. Entonces, puede que sea importante seguir hablando sobre los estados de emergencia que se nos imponen continuamente, con el objetivo de orientar nuestro actuar. Para transformar una pequeña grieta en el sistema en una vorágine.

Una anarquista

1Alluvione, la mia solidariettà è selettiva, Bezmotiivny, anno III, numero 10

2Con este término entiendo la fase en la que una vez desalojada el agua, toca encontrar material, retirar fango, tirar todo lo dañado y la posterior limpieza.

3NdT – Básicamente “riesgo de infección, intoxicación/envenenamiento, alergia”. Me parece interesante poner el foco en la segunda. ¿Qué pasaría si unas lluvias torrenciales inundan Huelva, con un vertedero de fosfoyesos a 500m. de la ciudad, que además de muy tóxico también es radioactivo?. Es sólo uno de los muchos ejemplos que se podrían citar dentro del legado tóxico de esta sociedad tecnoindustrial. Seguro que se te ocurre algún ejemplo por tu zona…

4NdT – Bonificare, en italiano la primera acepción es: “Rehabilitar tierras pantanosas para hacerlas productivas; drenar, escurrir”. Romaña es una región con importante producción agrícola y numerosos canales.
Las responsabilidades de las administraciones puede referirse, entre otras, a la superficie cementada (y por tanto impermeabilizada): 650ha en un año, en una zona donde el 80% es de riesgo hidrológico. O en el caso del Consorcio de Bonifica, los trabajos de cementar los fondos de los canales y eliminar la vegetación de los lados realizados hace pocos años.

PDF – CON EL AGUA AL CUELLO

Traducidos de: https://brughiere.noblogs.org/post/2023/05/20/sullalluvione-in-emilia-romagna/#ACQUA%20ALLA%20GOLA

FRANCIA: REPRESSIONE, ARRESTI E SCIOGLIMENTO DI SOULÈVAMENTS DE LA TERRE

Questo 21 giugno il governo francese ha votato per lo scioglimento di Soulèvaments de la Terre, mentre  ieri, con una maxi operazione su larga scala, almeno 18 persone sono state arrestate in una dozzina di luoghi diversi in Francia.

Il testo del decreto:

 

Il comunicato di Les Soulèvements de la Terre di ieri 20 giugno 2023:

PIÙ DI 15 PERSONE ARRESTATE QUESTA MATTINA: NUOVA OPERAZIONE PER TENTARE DI FAR TACERE UN MOVIMENTO POPOLARE

Questa mattina presto, almeno 18 persone sono state arrestate e messe in custodia in una dozzina di luoghi diversi in Francia, tra cui Notre-Dame-des-Landes. Questa operazione poliziesca su larga scala – alla vigilia dell’annunciato scioglimento dei Soulèvements de la terre – è soprattutto un’operazione di comunicazione e intimidazione contro il movimento sociale nel suo complesso.
I motivi non sono ancora del tutto noti, ma in particolare sono stati citati dalla polizia durante i suoi interventi l’azione contro la fabbrica Lafarge a Bouc-bel-air dello scorso dicembre e l’azione a Ste Soline. In questa fase, non è chiaro su quali prove materiali si basi il procedimento.
Questi arresti arrivano in un momento in cui Olivier Veran ha annunciato il previsto scioglimento di Soulèvements de la terre attraverso il decreto nel Consiglio dei Ministri di mercoledì 21 giugno: uno scioglimento prettamente politico e particolarmente preoccupante, richiesto direttamente al Capo dello Stato dall’agroindustria e dalla FNSEA (Fédération nationale des syndicats d’exploitants agricoles). In questo modo, il governo si è piegato alle pressioni del sindacato, che ha minacciato di intraprendere azioni violente contro i membri della Confédération Paysanne e dei Soulèvements de la terre se il gruppo non fosse stato sciolto.
Questi arresti si iscrivono all’interno di una repressione continua, soprattutto dopo l’ondata di arresti del 5 giugno, alcuni dei quali sono durati fino a 82 ore.
Ma il fatto di aver preso di mira poche persone non serve a nascondere la realtà: più di 108.000 persone hanno firmato l’appello “Nous sommes les Soulèvements de la Terre” all’inizio di aprile, ne fanno parte e sostengono il movimento popolare per la difesa della terra e dell’acqua.
Questi arresti confermano l’inquietudine del governo e la sua paura nei confronti di un movimento sempre più popolare e legittimo. In un momento in cui il riscaldamento globale sta accelerando e l’acqua e la terra sono oggetto di appropriazione da parte dell’agrobusiness e delle lobby, c’è un urgente bisogno di una riappropriazione collettiva dei beni comuni e di una condivisione delle risorse in esaurimento.
Nulla fermerà tuttx quellx che si ribelleranno a questa palese ingiustizia. Sappiamo che la vera cospirazione criminale è quella tra il governo, la lobby agroindustriale e l’industria edilizia, che sta distruggendo la Terra in modo irreversibile.
Cercare di mettere a tacere les Soulèvements è un vano tentativo di rompere il termometro piuttosto che preoccuparsi della temperatura.
Ribadiamo il nostro sostegno alle azioni passate e future per la condivisione dell’acqua e della terra, che sono destinate a crescere finché i responsabili continueranno a distruggere e a monopolizzare.
Ribadiamo il nostro sostegno alle azioni passate e future per la condivisione dell’acqua e della terra, che inevitabilmente aumenteranno finché i responsabili continueranno a distruggere e ad accaparrarsi le terre.
Noi rimaniamo saldi e sereni e prepariamo la nostra difesa contro lo scioglimento, lontano dagli spauracchi creati dalla comunicazione del governo. Ribadiamo inoltre la presunzione di innocenza degli arrestati. Andremo in tribunale, fiduciosi nella possibilità di una vittoria legale per ribaltare questa iniqua decisione, come è avvenuto per altri scioglimenti a sfondo politico negli ultimi anni.
In particolare, denunciamo l’arresto di uno dei portavoce di Soulèvements de la terre, che è stato invitato a comparire contemporaneamente su diversi media. Questo arresto mira direttamente a impedirgli di parlare pubblicamente dello scioglimento: un tentativo inaccettabile di imbavagliare la libertà di espressione.
Chiediamo che le manifestazioni previste per domani sera, 21 giugno, alle 19, davanti alle prefetture di tutta la Francia siano mantenute e ampliate.
Ma anche la sera del 28 giugno in tutta la Francia.

 

FRANCIA: PERQUISIZIONI, REPRESSIONE E MOLESTIE CONTRO I NO TAV

Diffondiamo:

Ieri, 16 giugno, un gruppo di persone è stato fermato dalla gendarmerie francese a Modane, durante il viaggio verso la manifestazione No TAV che si sarebbe tenuta il giorno successivo in Valle Maurienne.

Il fermo al posto di blocco è iniziato con l’identificazione e la perquisizione dei mezzi, degli effetti personali e delle persone fisiche, rifiutando a più riprese di mostrare il mandato di perquisizione.
A seguito dell’identificazione, 17 persone del gruppo sono state riconosciute come partecipanti alla manifestazione del 25 marzo a Sainte Soline, e coinvolte in una più vasta misura del governo francese di qualche giorno precedente, che vedeva 107 persone interdette dal territorio nazionale. La misura prevede l’allontanamento dei soggetti “stranieri” dallo Stato francese dal 17 al 22 giugno. L’interdizione era stata emessa sulla base di un ricollegamento dei soggetti alla manifestazione contro i mega-bacini di questo Marzo e al movimento  “Les soulevements de la terre”, accusato di fomentare azioni violente in contesti di manifestazione. Tra queste persone rientra illegittimamente anche un cittadino francese trattato anch’esso come “straniero”. Sia l’accusa di partecipazione alla manifestazione di Sainte Soline, sia il ricollegamento ad atti violenti, è stata fatta su basi totalmente arbitrarie.

Dopo aver perquisito con fare violento ed invasivo le vetture, gli effetti personali e le persone fisiche, le 17 persone accusate sono state scortate, alcune nei propri mezzi altre nelle camionette, alcune ammanettate, nella caserma della Paf e detenute per ore senza aver accesso al supporto legale e linguistico; gli è stato negato, inizialmente, l’accesso ai servizi igienici e all’acqua. I tentativi di dialogo e mediazione hanno avuto come risposta minacce psicologiche (“ne taseriamo due”, “gli facciamo passare la voglia di ritornare in Francia”, “ne teniamo due dentro stanotte”) e violenze fisiche, come spintoni e strattoni.

All’uscita dalla Paf le persone, obbligate a rimpatriare per forza dal Frejus (traforo a pagamento), erano di più dei posti disponibili nelle macchine.
Sì è dunque reso necessario il trasporto di due persone nella vettura della gendarmerie con loro richiesta esplicita, viscida e molesta che fossero due persone socializzate femmine.

Questi fatti riteniamo attacchino il diritto a manifestare il proprio dissenso, di solidarizzare con le reti ecologiste internazionali, bruciando quei confini che ci vedono divise nei progetti di lotta.

Siamo pazze arrendetevi.

CONTRO IL PONTE, CONTRO QUESTO MONDO

Diamo diffusione ad un volantino distributo a Messina al corteo No ponte il 17 giugno 2023

CONTRO IL PONTE, CONTRO QUESTO MONDO

Il progetto del ponte prevede di sacrificare questi luoghi e la vita di chi li abita, ignora senza difficoltà tutte le ragioni tecniche e di buon senso contrarie alla sua realizzazione, si propone di schiacciare qualsiasi opposizione materiale ad esso. Tutto per la gloria dello Stato, i profitti del capitale, il ricatto del lavoro, il mito dello sviluppo, nonché il risparmio di tempo per arrivare prima alla morte.
Siamo contro il ponte perché è il prodotto e il simbolo del mondo in cui siamo costretti a vivere, con le sue gabbie di acciaio e cemento, con le sue reti di corpi e merci che devono muoversi senza tregua, sempre più veloci.
Chi è nato è cresciuto in questa terra dovrebbe percepire chiaramente la voracità coloniale di questa grande opera. Dovremmo sentirla sulla nostra pelle, nelle nostre ossa, dopo che ci hanno già imposto l’industrializzazione, i petrolchimici, le basi e i poligoni militari, le politiche agricole europee, con il loro portato di nocività e veleni, di distruzione di luoghi, comunità e forme di vita autonome, di emigrazione forzata, mentre quello che rimane viene trasformato in una vetrina artificiale per turisti annoiati.
Se il progresso tanto sbandierato è il progresso del petrolchimico e delle basi militari perché il ponte dovrebbe essere diverso? Perché dovremmo continuare ad affidarci agli esperti e ai tecnici che da sempre propagandano e legittimano i processi devastanti portati avanti da Stato e Capitale?
Non è possibile separare la lotta contro il ponte da quella contro il mondo che lo vuole, lo progetta e lo produce. L’opposizione al ponte e il suo sabotaggio possono e devono avvenire non solo qui dove intendono realizzarlo, ma ovunque ci sia un’infrastruttura destinata al dominio e alla distruzione del vivente, e che contribuisce a mantenere in piedi questo mondo a noi nemico. Ognuna e ognuno con le proprie pratiche e le proprie tensioni, per un’opposizione continua, diffusa e senza sosta. C’è solo l’imbarazzo della scelta!