BOLOGNA: PARCO DON BOSCO. BOLLETTINO E BILANCIO AL 7 MAGGIO 2025

Riceviamo e diffondiamo:

PARCO DON BOSCO: MR. SBATTI LEGALI NON FA PASSI DI LATO. BOLLETTINO E BILANCIO AL 7 MAGGIO 2025

03 aprile 2024.
Bologna, Parco Don Bosco. Mattina presto. Facce assonnate e tè caldo. Si parlotta e si scherza, tensione nell’aria, unx giovane ghirx sbadiglia su un pioppo. Arrivano le camionette, quante ce n’erano? La digos inizia già a filmare. Qualcunx ci parla, chi davvero, chi per scherzo… presto avrebbero invaso i confini del parco che proteggevamo. Le ore passano rapide scandite da grida: “Attenti! Sono entrati di là!”, “Facce schifose”, “Mi fai male!”, “Daje regaaa”. In quel prato verde le creature volevano ancora giocare a tiro alla fune, allo sparviero, all’arrampicata, a guardie e ladri. Vinsero lx ladrx mentre gridavano: “Fuori! Gli sbirri! Dal Don Bosco!”.

03 aprile 2025. La natura del Parco Don Bosco fiorisce per un’altra primavera ancora, ma un’ombra grigia si aggira tra condomini e cantieri, turbando il risveglio delle creature dopo il riposo invernale. Anche le indagini per i fatti relativi al 20 giugno sono state concluse, e la figura del Signor Sbatti Legali di cui abbiamo parlato qualche mese fa ha preso la sua forma definitiva, mostrandosi in tutta la sua arroganza: un decreto penale di condanna per il 29 gennaio, una condanna in primo grado a seguito del vergognoso pestaggio ad unx di noi da parte dei carabinieri la notte seguente al 3 aprile, due fogli di via da Bologna, tre daspo dagli eventi sportivi applicati “fuori contesto” con obbligo di firma in questura, 23 persone denunciate per le giornate di lotta del 3 aprile e del 20 giugno. Vengono contestati i reati di oltraggio, resistenza e aggressione a pubblico ufficiale, omesso preavviso di manifestazione pubblica, travisamento, rifiuto di identificarsi, lancio di oggetti, interruzione di pubblico servizio. Il tutto aggravato dal concorso con altre creature, perché non eravamo mica pochx, ma uno sciame a difesa degli alberi.

Eccoci, dunque, ancora qui. Nell’attesa che Mr. Sbatti Legali convochi tra qualche mese lx imputatx all’udienza preliminare, continuiamo a tracciare sul cemento di questa città una linea, la traccia di una storia che, seppure irregolare, tutt’oggi si scrive.
I ricordi di notti stellate tra i rami rimangono vividi, le cicatrici nei corpi e nei cuori bruciano ancora. È tempo che le creature si siedano attorno al fuoco per trarre un bilancio di quello che è stato il presidio a difesa del Parco Don Bosco.

Giocare è una cosa tremendamente seria, come la lotta; lo sapevamo allora e lo sappiamo ancora meglio adesso.

Per cosa ci battevamo il 20 Giugno? Per il parco? Certo. Per gli alberi? Ovviamente. Contro il tram? Forse. Il passaggio dal “No al progetto per le nuove scuole Besta” all’opposizione ai lavori per la tranvia non era scontato. Basti pensare a metà marzo 2024, quando la comunità del parco assistette inerme e confusa al primo taglio di alberi armato sul terrapieno di Via Serena, propedeutico al cantiere della linea rossa. Non c’è mai stata nei sei mesi del presidio permanente una riflessione condivisa sulla contestazione al progetto del tram, ma i tre mesi che hanno separato marzo e giugno sono stati sufficienti per rendersi conto che la favola di un trasporto pubblico più green non vale il taglio di un albero, né al Don Bosco né altrove. Ci pare che questo sia un aspetto positivo, che racconta di come una comunità in lotta si trasformi e maturi man mano che gli eventi procedono, e con essi cresca e prenda consapevolezza di sé e dei valori per cui battersi.

Se non ci fosse stata la resistenza del Comitato Besta, delle creature del parco, dei collettivi cittadini e di tutte quelle persone e figure leggendarie che animavano il presidio, non avremmo visto nessun passo di lato da parte del sindaco, nessuna ritirata da parte delle guardie il 3 aprile, ma solo una grossa colata di cemento sul parco. Chi oggi si trova imputatx, verrà giudicatx per azioni compiute per ragioni che hanno già vinto sul piano politico pubblico, dal momento in cui l’amministrazione ha compiuto il suo “passo di lato” bloccando un progetto di scuola ingiustificabile e insostenibile nonostante le sue stesse bugie. Invece i cantieri della tranvia proseguono, collassando la viabilità urbana e portando a un aumento di più del 50% il costo dei biglietti per il trasporto “pubblico”. Peccato che quella pista ciclabile green che avrebbe dovuto affiancare i binari di Via Aldo Moro, costata la vita ad alberi sani e adulti e qualche osso rotto ad indomite creature, non sia mai stata realizzata. Al suo posto… lo stesso marciapiede rinnovato e lo stesso terrapieno, su cui svettano oggi giovani alberi appena piantumati che impiegheranno decenni a ripristinare il ruolo ecosistemico che avevano i loro predecessori. Anche la logica ingannevole delle compensazioni si mostra nella sua ridicola limitatezza.

Il presidio al Don Bosco ha messo in seria crisi la governance cittadina. Non ha raggiunto potenzialità destituenti, ma in prospettiva ne ha avute: il moltiplicarsi dei comitati cittadini, la solidarietà proveniente da tutta Italia, gli strani e inattesi legami di complicità che si stringevano al parco. Tutto ciò ha aperto lo spiraglio di una contestazione non solo al progetto delle Nuove Scuole Besta, ma alle modalità della trasformazione urbanistica tout court. Ma anche oltre il piano locale, gli esempi di lotte territoriali sono innumerevoli e costellano tutto lo spazio nazionale. Dalla Val Susa allo Stretto di Messina, da Gallarate a Vicenza, che sia per la difesa del verde urbano o contro opere infrastrutturali e strategiche, dovunque si odono i sussurri o le grida di chi pretende e pratica modi diversi di abitare i territori. Sta a noi mettere in relazione queste esperienze e queste voci per inceppare il meccanismo di questa macchina in avaria.

La violenza subita al parco e la repressione che ne è seguita vanno comprese alla luce di questi ultimi aspetti, ma storicamente non rappresentano una novità o una variabile. Il tentativo è stato quello di disinnescare “l’effetto Besta”, scongiurare nuove “commistioni pericolose” e spezzare i legami di solidarietà attraverso il solito braccio forzuto di uno Stato sempre più armato, levatosi a difesa e con la complicità di un’inquietante amministrazione di sinistra, il cui consenso è sempre più fragile. Una debolezza di senso svelata nelle scioccanti scene in cui le forze dell’ordine si aggrappano alle gambe nude di persone arrampicate sugli alberi. Ecco la stupidità ingiustificabile di chi è cieco e sordo, in contrapposizione agli sguardi spaventati e i sussurri di incoraggiamento provenienti dallx bambinx delle scuole Besta, che ci guardavano incredulx attraverso il cortile.

A riprova di quanto fosse pericolosa la commistione che si era creata al parco (citazione letterale del preoccupato Questore), la mano della legge ha estratto dalle varie aree che formavano l’eterogenea composizione del presidio: tra le persone denunciate troviamo studentx delle superiori, dei vari collettivi politici, quasi tuttx giovanissimx e non riconducibili al volto pubblico del comitato. Un paio di persone per area sono state isolate, e poi colpite. Nonostante queste tattiche divisive, stiamo assistendo all’effetto opposto all’isolamento: la solidarietà come arma trasversale, orizzontale e universale.

Siamo consapevoli che i mesi trascorsi dalla fine del presidio abbiano lasciato in moltx un vuoto difficile da colmare. Ma crediamo anche che tante delle energie che avevano trovato nel parco un luogo in cui confluire scorrano ancora per le vie di Bologna: le occupazioni studentesche, le rivolte per Ramy, le manifestazioni contro il genocidio palestinese e tutte le guerre colonialiste, i movimenti contro la precarietà abitativa e salariale, le piazze contro la violenza di genere e il patriarcato o le politiche securitarie, sono i segni di un quadro che si stravolge. Forse quel vuoto non chiede di essere riempito con le risposte corrette, ma con le giuste domande.

L’esito del processo giudiziario dipenderà anche da quella variegata comunità e dalla sua capacità di ribaltare nuovamente i rapporti di forza e restare unita. Una lunga attesa ci si para davanti: anni di una lentezza giudiziaria inconciliabile con l’incalzare frenetico del sistema capitalista. Di questo ritmo rallentato vogliamo fare tesoro, calandoci nei ricordi e passandoli alla memoria collettiva, affinché possano ispirare futuri orizzonti di lotta.

Creature contro la repressione
7 maggio 2025

DENY, DEFEND, DON BOSCO!

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IBAN: IT75 G050 1802 4000 0002 0000 431
Intestatario: Rete Ecologista Solidale Emilia Romagna
Causale: “Sostegno spese legali vertenza ecologista
parco Don Bosco”


Pdf per stampa e diffusione:
Parco Don Bosco_bollettino_7_maggio

CESENA: PRESENTAZIONE DEL LIBRO “IL RIMOSSO DELLA MINIERA. LA NUOVA FEBBRE DELL’ORO NELL’EUROPA IN GUERRA”

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GIOVEDI’ 29 MAGGIO 2025
Allo Spazio Libertario “Sole e Baleno”, via Sobborgo Valzania 27, Cesena

* Ore 19:30 – Cena Vegan.
* Ore 20:30 – Presentazione del libro “IL RIMOSSO DELLA MINIERA, La nuova febbre dell’oro nell’Europa in guerra”
[Edizioni OG Zero].
https://ogzero.org/studium/il-rimosso-della-miniera/

Non esistono miniere sostenibili.
Da questo assunto, e da un primo articolo che dava notizia di un nuovo progetto estrattivo in valle Viù, in Piemonte, ha preso spunto questo lavoro che si è sviluppato attraverso uno scambio dialettico tra alcune persone allarmate dalla rinnovata predisposizione istituzionale alla concessione di sondaggi. Questa corsa all’oro è nuova soltanto per l’Europa, le grosse industrie minerarie – in specie canadesi e australiane – da decenni continuano a saccheggiare, corrompere e intrigare attorno a bacini minerari, in particolare nel Sud del mondo, con concessioni mai troppo trasparenti.
Intraprendere percorsi di ricerca e analisi delle motivazioni, delle strategie e dei risultati; degli investimenti, dei profitti e della concorrenzialità tra i prodotti variamente e diffusamente estratti porta lontano e per mille filoni si finisce con scoperchiare intrighi e speculazioni che comportano devastazioni, differenti condizioni di vita per interi territori, consumo di risorse che impoveriscono e rendono sterili intere vallate.
Consapevoli che il nuovo “interesse” alla riapertura delle miniere sono i venti di guerra globale che soffiano sopra e sotto la superficie del pianeta.

Ne parleremo con il  Collettivo Escombrera.
In collaborazione con Equal Rights Forlì.

https://spazio-solebaleno.noblogs.org

IL PONTE SULLO STRETTO E IL DECRETO SICUREZZA

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VIETATO LOTTARE CONTRO LE GRANDI OPERE

Il decreto legge in materia di sicurezza è stato definito da moltx il decreto anti-no ponte. Vengono difatti inasprite le pene per i “danni di imbrattamento e danneggiamento di edifici pubblici durante manifestazioni e inserite aggravanti per chi protesta contro opere pubbliche e strategiche come il Ponte sullo Stretto o il Tav”. Sembra chiaro che una parte del decreto legge abbia come focus reprimere il dissenso che la lotta alle grandi opere porta nelle piazze.

LA REPRESSIONE DEL DISSENSO

Opporsi alla costruzione di ecomostri come questo diventa centrale in un territorio come la Sicilia, devastata dalla siccità, dagli incendi – come è successo a Stromboli – e dalla costante turistificazione e militarizzazione che pervade gli spazi urbani e rurali. Magari nella speranza che il ponte lo costruiscano sfruttando il sovraffollamento nelle carceri?

WE BUILD – TRA GRANDI OPERE E DETENZIONE

A trarne vantaggio saranno i potenti. We Build ad esempio, azienda che ha costruito 14 edifici nella base di Sigonella, che si sta occupando del raddoppio ferroviario in Sicilia e che ha firmato un protocollo di intesa con il Ministero della Giustizia per la formazione professionale e il reinserimento lavorativo dei detenuti. L’azienda si impegna a formare professionalmente detenuti selezionati dal DAP, con particolare attenzione a quelli in possesso di specifiche attitudini e con fine pena breve. Successivamente, i detenuti potranno essere assunti nei cantieri delle società collegate a Webuild.

IL RUOLO MILITARE

Che il Ponte sullo Stretto serva solo per agevolare i trasporti ed il commercio è chiaro. Quello che non è chiaro è quale commercio e quali trasporti agevolerà. Oltre al turismo sfrenato che già rovina l’Isola e impoverisce lx abitantx a favore di pochx, si dice che il Ponte potrà essere utilizzato per trasportare materiale bellico, nonostante i rapporti negativi al riguardo: non risulta poi così strano che il Ponte possa essere attraversato per raggiungere l’aeroporto militare di Trapani Birgi o la base Usa di Sigonella (base operativa utilizzata anche per commettere il genocidio palestinese).

DEVASTAZIONE E SACCHEGGIO

La lotta No Ponte è una lotta che parla dei problemi più evidenti del sistema in cui viviamo: devastazione ambientale, militarizzazione della città (1082 telecamere nella sola città di Messina), crisi abitativa, estrattivismo, carcere. L’imposizione di questo dispositivo funzionale alla messa a profitto e al controllo del territorio necessita di un organico che ha familiarità con le tattiche repressive più violente. Per questo vediamo investire personaggi legati agli abusi polizieschi G8 di Genova nelle cariche di dirigenza delle forze dell’ordine proprio nell’area di Messina e dintorni.

TERRITORI CHE RESISTONO

Alla luce di queste considerazioni: chi devasta e saccheggia il territorio? Quelli che si oppongono alle grandi opere o quelli che le costruiscono?
Noi non abbiamo dubbi, siamo No Ponte, ed è per questo che invitiamo chi parteciperà al corteo del 17 maggio “Liberiamoci dal Decreto Sicurezza” a raggiungere a Messina lx compagnx il giorno successivo, il 18 maggio!

Dopo il corteo a Catania ci vediamo a Messina! Non mancare!


Per maggiori info segui:
– Stretto LibertariA
– Contro il nulla che avanza
– Materiale Piroclastico

DA BOLOGNA A MESSINA: L’UNICO PONTE CHE VOGLIAMO È LA SOLIDARIETÀ TRA INSORTX

Diffondiamo

Colate di cemento, cantieri, speculazione edilizia, disboscamento, grandi opere, repressione… da nord a sud, continuano spietati i piani di dominio e distruzione del vivente, che intendono sacrificare corpi, comunità e territori sull’altare del “progresso”. A questo ricatto del progresso noi non ci stiamo: la lotta contro il ponte sullo stretto riguarda tuttx noi, perché significa lottare contro un modello di sviluppo che non è altro che devastazione delle nostre città e delle nostre vite.

Da Bologna a Messina e alla Sicilia tutta, intrecciamo le lotte e rilanciamo la solidarietà!

«Se invece fossimo il vento e la sabbia che si incontrano e si fanno bufera? Se fossimo le onde che stanno per rompersi? Siamo la forza delle nostre montagne e i nostri sogni sono radici di ginestra che cresce nel fuoco. Siamo pazienze stanche pronte a vendicarsi. […] Nelle vene ci scorre il sangue brigante delle lotte passate. La nostra vita non è in vendita!»

CAGLIARI: I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO. CONTRO TUTTE LE GALERE

Diffondiamo:

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO
CONTRO TUTTE LE GALERE
CAGLIARI – 29 MARZO ORE 18
Spazio Opposto (Via Martini 23)

La Sardegna, da sempre colonia dello stato italiano, ha visto gran parte del suo territorio sottratto almeno parzialmente ai suoi cittadini in forme differenti nei diversi periodi storici. Luogo di punizione per i pubblici ufficiali che avevano trasgredito alle regole sino alla fine degli anni ’60, luogo di deportazione per i rom durante il periodo fascista (un campo era stato allestito a Perdasdefogu); luogo di deportazione (il carcere dell’Asinara) per i prigionieri politici negli anni ’70-’90; luogo di addestramento interforze (in Sardegna si trova il 60% del territorio militare italiano) e dei servizi segreti (Gladio). Luogo di sviluppo di industrie inquinanti (per esempio la Saras, la più grande raffineria del Mediterraneo), industrie di armi (Leonardo e RWM), aziende del Mossad (Telit), o di devastazione a causa delle imprese green costruttrici di pale eoliche (Terna e c.); sino all’avvento del turismo di massa che, oltre a sottrarre case e portare sfruttamento,esclude i cittadini da zone particolari che restano dedicate solo ai turisti che se le possono permettere.

In un contesto di questo tipo è evidente che le carceri, quasi sempre distanti dai centri abitati, ma da sempre presenti, hanno la funzione, dati anche l’habitat relativamente disperso e i collegamenti non facili, di ribadire che la Sardegna è un luogo in cui si può essere deportati e in cui si può rimanere completamente isolati, esattamente come in una Cayenna. Non a caso nelle strutture detentive dell’isola sono concentrate un gran numero di persone detenute in regime di Alta sicurezza, nonché di coloro che sono detenuti in regime di 41 bis. Un regime di tortura e annientamento all’apice del sistema repressivo dello Stato italiano.

Il potere, in un contesto di preparazione di una guerra capitalista tesa ad evitare una possibile guerra sociale, certamente più dolorosa per il sistema, definisce nuovi nomi e nuove funzioni per i luoghi e introduce le zone rosse, sperimentate in qualche modo nel periodo COVID. Zone sterili, prive non solo fisicamente di nemici sociali e quindi assolutamente conformi alle leggi del potere.

Il CPR di Macomer riassume in sé stesso questa assai sommaria descrizione.

Macomer, situato nel centro della Sardegna, distante dai principali centri abitati, era sede di uno dei Centri Addestramenti Reclute dell’Esercito italiano, in cui talora si veniva destinati per motivi punitivi. Alla fine della leva obbligatoria, rimane una struttura militare (con anche dei settori interforze) ma il paese riacquista il suo ruolo originario nel 2014 con l’apertura di un carcere speciale per “terroristi islamici” nel periodo in cui il nemico era Al Qaeda. Il carcere venne fatto chiudere dalla CEDU per la mancanza dei requisiti minimi previsti dalla UE e, senza ristrutturazione alcuna venne riaperto da Minniti nel 2019 come CPR. La struttura affidata tramite bandi gestiti dalla prefettura ovviamente in maniera “superficiale” è passata tra diverse mani famigerate (ORS, Ekene e ora Officine Sociali) rimanendo sempre lo stesso lager, in cui sono frequenti le rivolte represse con la violenza da tutte le forze dell’ordine presenti (PS, CC e GDF) e dall’esercito. Se nel primo anno di esistenza del CPR chi tentava di avvicinarsi veniva denunciato, negli ultimi due anni il questore Polverino ha decretato la sua zona rossa, estesa a tutta la provincia di Nuoro) emettendo fogli di via per tre anni per tutti coloro che vanno a portare solidarietà ai prigionieri o a tentare di comunicare con gli abitanti del paese e denunciandoli quando partecipano a qualsiasi iniziativa anticarceraria in provincia. Sono almeno una quindicina i fogli di via + emessi negli ultimi due anni: un numero elevatissimo viste le dimensioni del movimento, che continua a lottare anche grazie a chi decide di accollarsi altre denunce per violarli.

In definitiva la lotta contro il CPR è parte integrante della lotta contro tutte le facce del sistema in Sardegna: quella che devasta l’ambiente, quella che si prepara agli stermini di popolazioni, quella che rende parte dell’isola un paradiso per chi ha denaro e un inferno per chi viene sfruttato all’interno del paradiso. Quella che prepara luoghi di annientamento di intensità e forme diverse per chi, in maniera diretta o indiretta, non può accettare lo stato di cose presenti e pertanto deve essere non visibile a nessuno per non turbare, per chi ha eletto il consumo a suo stile di vita, la vivibilità di un’isola considerata tra le più “belle” del mondo, perché si fa finta di non conoscere l’intensità dello sterminio che viene protratto nel suo interno.

MESSINA: FUORI DAI RIFLETTORI. UN’ALTRA CRONACA DEL CARNEVALE NO PONTE DELL’1 MARZO 2025

Diffondiamo questo resoconto del carnevale no ponte 2025. Complici e solidali con chi lotta contro la devastazione dei territori. Intimidazioni, dissociazioni e violenze sbirresche non spezzeranno la solidarietà!

https://nopassaran.noblogs.org/2025/03/fuori-dai-riflettori-unaltra-cronaca-del-carnevale-noponte-dell1-marzo-2025-2/

MESSINA: CORTEO CARNEVALE NO PONTE [1 MARZO]

Diffondiamo

L’ombra del ponte è già qua: espropri, cantieri propedeutici, depositi di scorie, propaganda, sottrazione di risorse, decreti legge per aggirare prescrizioni e per reprimere il dissenso… Il ponte è il simbolo di un’idea di progresso che se ne infischia delle nostre vite: estrae valore dai territori a costo di devastarli, li sottrae ai bisogni e ai desideri degli abitanti… per far guadagnare i pochi soliti noti.

Per ribaltare questo scenario e far sì che non si ripresenti mai più, abbiamo bisogno di capovolgere prospettive, ricontattare energie, immaginare mondi nuovi, creare relazioni differenti.

E allora… CARNEVALE!

Da sempre festa popolare, eretica, liberatrice, che dissacra, rovescia, si fa beffe del potere, la festa del tempo che tutto distrugge e rinnova!

…un carnevale per difendere lo Stretto, un carnevale per esorcizzare i mostri del profitto, un carnevale di festa, un carnevale di lotta!

Volete inondarci di cemento… …ma sarà la nostra risata che vi seppellirà!

STAMPA E DIFFONDI

FILE STAMPA VOLANTINO

PALERMO: CONTRO L’ESTRATTIVISMO E LE GRANDI OPERE

Diffondiamo

7 febbraio
h 18.00 – via carrettieri 14

Contro l’estrattivismo e le grandi opere!

  • Proiezione del documentario sulla lotta antiestrattivista del popolo mapuche “inkayan gnen ko” (in difesa del fiume Cholchol – Wallmapu)
  • Approfondimento con un compagno cileno sulla lotta Mapuche
  • Aggiornamento sulla repressione in Cile
  • Discussione sulle lotte contro il ponte di Messina e presentazione del corteo Noponte di sabato 1 marzo.

A seguire cena e birrette!

BOLOGNA: SENZA CHIEDERE PERMESSO FEBBRAIO 2025

Diffondiamo:

Giovedì 6 febbraio 2025 sedicesima edizione!

Dalle 17 si aprono le danze: allestimento del mercatino, birrette e microfono aperto.

Dalle 19:30 chiacchiere e riflessioni a partire dall’opuscolo “NON È FORSE QUESTA GUERRA?” con alcunx compagnx sicilianx. Dal progetto ponte, alle “smart cities” sino agli interessi che si cuciono sui corpi reclusi, migranti, arginati, carcerati. Un opuscolo per condividere saperi e percorsi di significazione verso una più fitta condivisione di pratiche, per un’azione sempre più di massa e sempre meno mediata da strutture di delega e rappresentanza.
L’occasione vuole anche essere un invito ad individualità, collettivi, affinità, lotte territoriali e libidiche alla prossima mobilitazione NoPonte che attraverserà le rive dello Stretto nel periodo carnevalesco. Un invito all’incontro di pratiche e pensieri perché tuttx lottiamo contro lo stesso “gelido mostro”.

Dalle 20:30 cena per sostenere il progetto di una casa aperta, complice e solidale nelle prealpi varesine. Difendiamo dal pignoramento e dalle more spazi amici dove esprimerci, ritrovarci e organizzarci, fuori delle pressioni e dalle logiche del sistema.

Con noi dal pomeriggio Equal Rights Forlì, distribuzione di materiale antispecista e non solo (libri, opuscoli, musica, magliette, etc.) dal 1996

A scaldarci come di consueto caldo vin brulè benefit prigionierx e inguaiatx!

Distro e banchetti come se non ci fosse un domani, musichette fino a mezzanotte.

https://mercatinoautogestito.noblogs.org/post/2025/01/14/senza-chiedere-permesso-febbraio-2025/

OPUSCOLO: NON È FORSE QUESTA GUERRA?

Diffondiamo

“Non è forse questa guerra?!” è stato scritto cercando di portare nella discussione collettiva, o individuale che sia, alcune tematiche riguardanti gli intrecci tra alcuni luoghi della Terra, nella fattispecie le rive dello Stretto, e le dinamiche predatorie del capitalismo.
La domanda che titola queste riflessioni e colletta di informazioni non vuole essere retorica, ma la messa a fuoco di un totale dilagare della forma guerra. La riorganizzazione dell’economia mondo sul modello del conflitto totale porta con se un alito mortale di cambiamenti e rinnovate frenesie; il nuovo capitale espande i suoi confini e necessita di tutta una rete di rinnovate infrastrutture a questo dedicate.

Nel corso di queste pagine si sono voluti mettere in evidenza alcuni processi o progetti che costituiscono parte degli sforzi indirizzati alla riorganizzazione del territorio sulla base delle necessità di un élite sempre più lontana dalle persone sulle quali impone i propri piani di accumulo. Qui la questione non è prendere il loro posto, bensì puntare un faro sul come e il chi ci affligge una tale prospettiva talmente mefitica e comprendere come scardinarne l’esistenza.

Elemento fondamentale di questa riflessione è il sempre più acuto sistema repressivo che il legislatore sta mettendo in atto nei confini del ‘bel paese’. Un sistema, quello paventato dal nuovo decreto sicurezza, sempre più stringente ed improntato sulla restrizione della libertà delle persone e la loro sempre più eventuale localizzazione forzata nelle varie forme detentive previste dalla genetica dell’ordine costituito. L’intento che ha mosso la stesura delle pagine di “Non è forse questa guerra?!” è stato quello di raccogliere tra loro dei tasselli che agli occhi di chi scrive costituiscono un più complessivo piano di appropriazione delle esistenze o, quanto meno, una replica di quanto già messo in atto altrove tanto nel suo complesso quanto in maniera frammentata. Dal progetto ponte, alle “smart cities” sino agli interessi che si cuciono sui corpi reclusi, migranti, arginati, incarcerati si evince l’esistenza di un filo rosso, pesante come mille catene, che svela gli intenti di quelle manacce che si allungano minacciose su queste zone del pianeta.

Con la coscienza che questa è una delle tante interpretazioni possibili di elementi ed avvenimenti, si vuole porre nel dibattito questo modo di intrecciarli tra loro. Condividere saperi e percorsi di significazione e conoscenza vuole essere un passo verso una sempre più fitta condivisioni di pratiche. Le informazioni raccolte nel corso di “Non è forse questa guerra?!” sono intrise delle emozioni di chi le intercettava e queste pagine non vogliono essere un triste nenia di rassegnazione, quanto un punto segnato in una, necessariamente, più vasta costellazione emozionale che sia invito ad un’azione sempre più di massa, ossia sempre meno mediata da strutture di delega e rappresentanza.

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