BARI: SALUTO AL CPR

Riceviamo e diffondiamo

Da fonti indirette sappiamo che Giovedì 27 c’è stata una rivolta nel Cpr di Bari in seguito a un tentativo di fuga. Il ragazzo che ha provato a fuggire, dopo essere stato preso è stato brutalmente picchiato e rimandato in cella. Una volta tornato i suoi compagni, vedendo le chiare violenze subite, hanno iniziato una piccola rivolta, salendo anche sui tetti e lanciando frutta alle guardie, il tutto sedato dalle forze dell’ordine.

Anche per questo:
Domenica 30 in poch3 compagn3 ci siamo ritrovate sotto le mura del Cpr per portare solidarietà ai detenuti e mostrare che le loro lotte non rimangono isolate come le istituzioni vorrebbero. Ci siamo ritrovate di pomeriggio, con solo fischietti e la nostra voce, urlando cori e cercando di fare più rumore possibile, a posteriori sappiamo che ci hanno sentito ma sul momento non abbiamo ricevuto risposta. Il tutto è durato una ventina di minuti, senza risposta da dentro e senza l’intervento delle guardie.
Non contente del risultato e col dubbio che non ci avessero sentitɜ, altr3 compagn3 sono tornate Martedì 1 Aprile con qualche strumento in più che ci rendesse più rumorosɜ. Ad oggi abbiamo la certezza che ci hanno sentitɜ e adesso loro sanno che quei saluti, quelle urla e quel calore erano per loro e chissà se dalla prossima volta grideremo insieme contro quelle mura infami!

L’ultima visita al Cpr prima di domenica è stata il giorno del presidio
autorizzato fuori dal Cpr di Bari il 22 Febbraio. Abbiamo scelto di comunicare alla questura il presidio e, nonostante sapessimo che la Digos di Bari non permette più di avvicinarsi tanto alle mura, abbiamo comunque comunicato l’intento di avvicinarci il più possibile, specificando il luogo esatto che avrebbe dovuto essere sotto le celle. La Digos non ha rigettato la comunicazione né inviato prescrizioni, rimandando la contrattazione del punto al momento di arrivo in piazza.

La decisione di comunicare il presidio è stata mossa principalmente da 3
ragioni:
– Rendere la giornata inclusiva e accessibile a chiunque volesse portare
solidarietà ai detenuti.
– Poter stare più tempo sotto le mura e poter portare strumentazione
provando a comunicare e non solo a farsi sentire.
– Avevamo pubblicizzato in larga scala la giornata, probabilmente la Digos
e la celere sarebbero state lì ugualmente.
Arrivate in piazza 15 minuti prima del concentramento, la Digos non presenta le prescrizioni ma ci dice che avrebbero dovuto mettere in sicurezza l’area, poiché c’era troppa spazzatura in giro e che l’Amiu (servizio raccolta spazzatura) non era venuta a svuotare i bidoni.Tutte
menzogne perché di spazzatura non ce n’era neanche l’ombra.

Questo dura almeno 1 ora e più, tempo in cui la Digos mostra le prescrizioni rimanendo vaga sulla posizione, rimandando sempre a quando avranno finito di pulire, ma rassicurandoci che una soluzione l’avremmo trovata. Ovviamente una volta “pulito”, le guardie si sono schierate, mentre si schierava la celere la Digos continuava a fingere, continuava a prenderci in giro. Questa è la polizia, queste sono le istituzioni, nonostante i tentativi di isolare il presidio, quel giorno c’è stata una risposta da dentro dopo ore di cori, musica e interventi in inglese, francese e arabo. Per questo abbiamo deciso di continuare a portare solidarietà ai fratelli rinchiusi, ma senza comunicare né chiedere il permesso a nessuno.

Speriamo di aver rovinato il sonno all’allievi finanzieri, ma ancora di più speriamo che una notte non troppo lontana sarà il fuoco del Cpr a svegliarli, e magari le urla di qualche collega.
Morte alla Digos, morte a tutte le forze dell’ordine. Fuoco ai Cpr.

Anarchic* contro le frontiere

UN SALUTO AL CPR DI TRAPANI MILO. SCIOPERI DELLA FAME, DELLA SETE E DEI MEDICINALI, RIVOLTE E VENDETTA DI STATO

Diffondiamo da Sicilia NoBorder:

Lunedì sera, un gruppo di solidali ha deciso di recarsi sotto le mura del CPR di Milo per mostrare solidarietà ai prigionieri in sciopero della fame, della sete e dei medicinali da più di una settimana.

Le ultime informazioni circolate da dentro parlavano di tentativi di suicidio. Di una rivolta, la notte di venerdi 28, che avrebbe comportato un danneggiamento alla struttura.

Di sequestro degli ultimi telefoni personali rimasti in mano diretta ai detenuti e del blocco delle comunicazioni con l’esterno anche tramite i telefoni del CPR, finora utilizzabili a pagamento, sorvegliati e con lungo tempo di attesa. Questi sono ora fuori uso e non si sa se e quando li aggiusteranno e renderanno di nuovo funzionanti.

Isolare definitivamente sembra essere la punizione scelta dallo stato di fronte al fatto che, nei giorni scorsi, è stato diffuso su alcuni media un video in cui si sentono chiaramente le aggressioni poliziesche e le invocazioni di aiuto da parte dei prigionieri, le loro grida. È chiaro il bisogno di chi tortura di non lasciar passare informazioni su come le persone recluse vengono maltrattate e disumanizzate.

Di fronte a tutto questo e al tremendo isolamento dei prigionieri, si è sentita forte l’esigenza di andare sotto quelle mura, per portare solidarietà e calore e provare ad ascoltare quello che succede lì dentro dalle stesse voci dei reclusi e poterlo così diffondere fuori.

Appena le solidali son arrivatx, è bastato qualche coro per sentire da subito i detenuti rispondere con battiture, urla e canti che invocavano libertà, ripetuti più volte nei minuti trascorsi insieme.

Nonostante il calore della solidarietà che questi scambi hanno suscitato, si percepiva chiaramente la stanchezza di chi non solo è sottoposto a una guerra quotidiana (“qui dentro è guerra”, continuavano a gridare), ma ha anche la forza di scioperare e resistere organizzandosi con i compagni.

E nel frattempo, le condizioni dentro continuano a peggiorare. Manca il cibo e addirittura la carta igienica.

Abbiamo sentito anche del silenzio nella sezione più vicina ai solidali: probabilmente si tratta della parte della struttura che è stata resa inagibile dalla rivolta di venerdi 28 e dalla repressione poliziesca che ne è seguita. Alcuni detenuti hanno dovuto dormire a terra nei giorni seguenti. Alcuni sono stati trasferiti al CPR di Brindisi. Facile chiedersi se da lì non passeranno invece presto in Albania, dove potranno diventare nuovamente merce fresca.

Hanno voluto riempire Milo per metterlo a pieno regime, per il loro profitto. Ci hanno portato anche persone che venivano da altri CPR del nord Italia in cui il telefono in sessione è conservabile. Le persone si sono ribellate al fatto che qui viene invece sottratto. E ora lo stato si scontra con questa nuova ingovernabilità. Infame, la vuole far pagare a chi è detenuto. I reclusi hanno confermato che le sette persone punite per le ultime rivolte sono state trasferite in carcere. I giornali parlano di resistenza a pubblico ufficiale, minacce e danneggiamento. Non lo si sa. Intanto stanno al carcere di Trapani. Un’altra persona è stata deportata direttamente via mare in Tunisia. Di nuovo, deportazione e anni di galera sono la vendetta di stato per chi prova a difendersi dalle torture.

Ricordiamo che la macchina della deportazione intanto continua incessante. Oltre ai voli settimanali per la Tunisia del martedi e del giovedì, sempre venerdì 28 è partito il solito volo mensile da Palermo verso l’Egitto. A differenza delle ultime volte in cui è stata l’italiana Aeroitalia a effettuare la deportazione, che ne effettua anche per la Tunisia, questo mese la compagnia è stata la croata Trade Air.

Dopo mezz’ora di dialogo, con l’interno gli scambi sono stati interrotti dalle sirene delle volanti della polizia che hanno iniziato a seguirci lungo la recinzione.

Ad aspettarci all’uscita c’era una macchina della digos a bloccare la stradina di campagna, pochi metri dopo sono arrivate altre volanti a chiuderci dai due lati della strada che stavamo percorrendo per raggiungere le macchine. Siamo rimastx bloccatx per un po’ ma dopo qualche coro e canzoncina, rigorosamente ripreso, si sono accontentati di identificare 5 persone e annotare le targhe delle macchine. Non sono mancati manganelli sguainati. Un carabiniere che proveniva da dentro il CPR aveva con sé un taser, confermando che è un’altra arma che hanno a disposizione lì dentro.

In quel momento a Milo, oltre a detenuti, guardie e solidali, c’erano solo le persone che vanno a giocare al Circolo del Tennis, ignare, indifferenti o complici del fatto che accanto a loro ci sia un carcere razzista dove si tortura (questo circolo si trova al civico n. 40/B di Contrada Milo Errante). Una vicina si è affacciata preoccupata, ma poi è tornata a chiudersi dentro casa.

Il silenzio di Milo è stato rotto solo dalle urla di chi si ribella e dellx solidali. Le sirene delle volanti e i manganelli degli sbirri sono un ennesimo tentativo di provare a isolare ancora di più i prigionieri reprimendo chi porta solidarietà diretta fuori dalle mura di questi luoghi infami. Manco a farlo apposta, qualche ora prima del saluto una parlamentare siciliana del PD ha visitato il CPR, accompagnata da un presidio della CGIL all’esterno (e portandosi dietro una maggiore presenza poliziesca intorno alla struttura che è rimasta anche nelle ore successive al suo passaggio.) Ci era già entrata nel gennaio 2024, sollecitata dal mondo dell’associazionismo. Aveva scelto di farsi accompagnare da una collega di partito che lavora per Badia Grande, la cooperativa sociale che si occupa di integrazione, “disabili e immigrati” e per anni ha avuto tra le mani la gestione del CPR di Milo. Ora la parlamentare si è detta scioccata dal fatto che le persone in questi luoghi siano detenute e non accolte. I giornali hanno ripreso queste dichiarazioni e dato il là all’ennesimo processo di mistificazione della realtà.

Per scrupolo, ci teniamo a ribadirlo: i CPR non hanno mai accolto, ma solo torturato e ucciso. Non c’è mai stato un parlamentare che li abbia fatti chiudere, sono piuttosto loro ad aprirli. Solo la rabbia dei reclusi, le loro rivolte e le fiamme da loro appiccate hanno reso inagibili queste strutture. Lo stato non accoglie, né in CPR, né in altri luoghi chiamati con nomi diversi (centri d’accoglienza, hotspot e via dicendo). Lo stato reprime e uccide, prova a tagliare e spezzare le catene della solidarietà tra oppressx.

E noi a tutto questo ci opponiamo.

Torneremo sotto quelle mura infami, chi lotta e si ribella dentro le patrie galere non verrà lasciato solo.

La liberté c’est d’abord dans nos cœurs

La liberté, la liberté

La liberté nous, ça nous fait pas peur

La libertà è in cima ai nostri cuori

La libertà, la libertà

La libertà a noi non fa paura

Ogni sbirro è una frontiera

Acab sempre e fuoco ai Cpr

Liberx Tuttx

CPR DI MACOMER: PERQUISIZIONI, DENUNCE E FOGLI DI VIA

Diffondiamo

Oggi alcuni solidali si sono presentati di fronte al cpr di Macomer per portare un po’ di vicinanza ai reclusi. Al loro arrivo hanno trovato una jeep dei carabinieri e, ai tentativi di comunicazione con i reclusi, c’è stata una risposta, subito silenziata da una camionetta della celere già presente dentro.
Le forze dell’ordine hanno immediatamente bloccato i solidali, pretendendo di portarli in caserma per effettuare foto segnalazioni  e delle perquisizioni personali più accurate delle compagne presenti, nella ricerca di armi.
I solidali si sono negati di spostarsi in caserma e, dopo aver minacciato di trattenerli sino a notte,gli sbirri hanno proceduto alle perquisizioni personali e delle auto sequestrando diverso materiale, sono stati notificati fogli di via e diverse denunce.

Nel lager di Macomer sono al momento recluse una cinquantina di persone, la maggior parte portati da altri cpr per motivi punitivi. Si trova in un posto isolato, difficile da raggiungere e costantemente presidiato dalle forze dell’ordine, che impediscono a chiunque di avvicinarsi a meno di 500 metri. Alle persone recluse viene costantemente impedito di contattare avvocati, accedere al telefono, ricevere pacchi. Ad ogni saluto, la repressione e il tentativo di silenziare la solidarietà aumenta. Ma i legami si rafforzano, i cpr continuano a bruciare, e noi restiamo al fianco di chi lotta per la libertà.

BRINDISI: RESOCONTO DEL PRESIDIO AL CPR DI BRINDISI RESTINICO

Riceviamo e diffondiamo

Mercoledì 19 marzo un gruppo di solidali è stato fuori dal CPR di Brindisi Restinco per un breve saluto allx reclusx. Come altri cpr sul suolo italiano, il luogo si trova fuori dalla città, in un’area militarizzata, con alti muri di cinta e pali ancor più alti muniti di telecamere 360°.  La struttura detentiva si trova nello stesso vetusto complesso del CARA, separata all’interno da un altro muro. É paradigmatico del trattamento delle strutture detentive (non solo per soggetti migranti) in questo paese l’aver non solo relegato in remota periferia il CPR/CARA, ma anche la virtuale impossibilità di trovarne traccia sulle mappe, che riportano solo la dicitura “CARA”. Questo è per noi un ulteriore tassello dell’invisibilizzazione e marginalizzazione delle persone deportate in questi luoghi e, perché no, della loro disumanizzazione agli occhi della cosiddetta “società civile” tutta.

Lx solidalx hanno iniziato a gridare cori di solidarietà a cui subito è arrivata risposta da dentro, colpi sulle celle e grida che dicevano “libertà”, “aiuto” e “siamo bambini”. Si è provato a chiedere cosa intendessero con quest’ultima frase ma non si è ricevuta risposta e non si sa bene come interpretarla, probabilmente è in riferimento al fatto che ci sono persone molto giovani rinchiuse lì dentro. Lo scambio è durato poco e sono stati portati i saluti anche dallx compagnx di Napoli e tutta la solidarietà possibile ad M e A, che sono ora rinchiusi nel cpr di Brindisi. Loro vivevano a Napoli da decenni, prima di essere arrestati dopo un blitz nell’ex-chiesa in cui dormivano con altre persone, portati nella questura di Napoli e subito dopo nel cpr. Poco importano le situazioni personali e familiari di M e A: il giudice di pace ha da poco confermato la convalida delle loro detenzioni. L’obiettivo è sempre quello, rinchiudere e deportare chi non ha i “buoni” documenti, ancora di più se è poverx e non biancx. La storia di M e A mostra anche che i cpr sono utilizzati anche per quei territori, come Napoli, in cui non ci sono centri di espulsione. La logistica della detenzione e dell’espulsione funziona senza sosta e in ogni punto del territorio, bastano uno sbirro zelante, un controllo di documenti, una cella di sicurezza in una questura.

Questo avviene ancor di più nei centri urbani, attraverso l’ introduzione delle zone rosse, volte all’ allontanamento dei soggetti “pericolosi”, parcheggiatori abusivi, o comunque gente marginalizzata dalle piazze che ancora non sono turistiche, come stiamo vedendo accadere a Bari.

Per questa ragione,come rete attiva sul territorio contro ogni struttura detentiva, sentiamo la necessità di opporci all’inasprimento della repressione che tutela il mantenimento del divario fra la città vetrina e il ghetto, attraverso la costruzione di ponti e relazioni fra chi combatte ogni giorno per espandere il fuoco della solidarietà.

 

TORINO: PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR E ASSEMBLEA PUBBLICA

Diffondiamo:

I CPR BRUCIANO ANCORA:
CONTRO IL RAZZISMO DI STATO E I SUOI COMPLICI

PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR
DOMENICA 30 MARZO ORE 14.30
C.SO BRUNELLESCHI ANGOLO VIA MONGINEVRO

Dopo due giornate di presidi e cortei per le strade adiacenti al Cpr di corso Brunelleschi, che hanno bloccato la normalità del quartiere di Pozzo Strada per qualche ora e dimostrato la propria ostilità nei confronti della riapertura di un lager di stato, sentiamo la necessità di continuare a stare sotto quelle mura per portare solidarietà a chi viene privato della libertà.

Poco più di due anni fa, il CPR di Torino veniva distrutto dalla rabbia dei reclusi, rendendo materialmente più fragile un tassello della macchina delle espulsioni. Dopo quelle infuocate giornate invernali, numerose sono state le rivolte, le evasioni e gli scontri con la polizia, che hanno caratterizzato e continuano tutt’ora a scandire la quotidianità all’interno dei centri di detenzione amministrativa. Per due anni Torino è stata privata di uno strumento di tortura e deterrenza verso le persone senza un documento europeo; ora il governo italiano, con la complicità del nuovo ente gestore Sanitalia, a partire dallo scorso lunedì 24 marzo ha reso di nuovo operativo il Cpr per continuare a propagandare e guadagnare sulla vita delle persone razzializzate e povere.

Sta a noi cercare di ostacolare il razzismo di Stato e rendere la solidarietà il più tangibile possibile: è sempre più urgente e fondamentale provare a stare in strada, creare nuove complicità e supportare chi è costretto a subire la violenza strutturale della detenzione amministrativa.

CAGLIARI: I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO. CONTRO TUTTE LE GALERE

Diffondiamo:

I CPR SI CHIUDONO COL FUOCO
CONTRO TUTTE LE GALERE
CAGLIARI – 29 MARZO ORE 18
Spazio Opposto (Via Martini 23)

La Sardegna, da sempre colonia dello stato italiano, ha visto gran parte del suo territorio sottratto almeno parzialmente ai suoi cittadini in forme differenti nei diversi periodi storici. Luogo di punizione per i pubblici ufficiali che avevano trasgredito alle regole sino alla fine degli anni ’60, luogo di deportazione per i rom durante il periodo fascista (un campo era stato allestito a Perdasdefogu); luogo di deportazione (il carcere dell’Asinara) per i prigionieri politici negli anni ’70-’90; luogo di addestramento interforze (in Sardegna si trova il 60% del territorio militare italiano) e dei servizi segreti (Gladio). Luogo di sviluppo di industrie inquinanti (per esempio la Saras, la più grande raffineria del Mediterraneo), industrie di armi (Leonardo e RWM), aziende del Mossad (Telit), o di devastazione a causa delle imprese green costruttrici di pale eoliche (Terna e c.); sino all’avvento del turismo di massa che, oltre a sottrarre case e portare sfruttamento,esclude i cittadini da zone particolari che restano dedicate solo ai turisti che se le possono permettere.

In un contesto di questo tipo è evidente che le carceri, quasi sempre distanti dai centri abitati, ma da sempre presenti, hanno la funzione, dati anche l’habitat relativamente disperso e i collegamenti non facili, di ribadire che la Sardegna è un luogo in cui si può essere deportati e in cui si può rimanere completamente isolati, esattamente come in una Cayenna. Non a caso nelle strutture detentive dell’isola sono concentrate un gran numero di persone detenute in regime di Alta sicurezza, nonché di coloro che sono detenuti in regime di 41 bis. Un regime di tortura e annientamento all’apice del sistema repressivo dello Stato italiano.

Il potere, in un contesto di preparazione di una guerra capitalista tesa ad evitare una possibile guerra sociale, certamente più dolorosa per il sistema, definisce nuovi nomi e nuove funzioni per i luoghi e introduce le zone rosse, sperimentate in qualche modo nel periodo COVID. Zone sterili, prive non solo fisicamente di nemici sociali e quindi assolutamente conformi alle leggi del potere.

Il CPR di Macomer riassume in sé stesso questa assai sommaria descrizione.

Macomer, situato nel centro della Sardegna, distante dai principali centri abitati, era sede di uno dei Centri Addestramenti Reclute dell’Esercito italiano, in cui talora si veniva destinati per motivi punitivi. Alla fine della leva obbligatoria, rimane una struttura militare (con anche dei settori interforze) ma il paese riacquista il suo ruolo originario nel 2014 con l’apertura di un carcere speciale per “terroristi islamici” nel periodo in cui il nemico era Al Qaeda. Il carcere venne fatto chiudere dalla CEDU per la mancanza dei requisiti minimi previsti dalla UE e, senza ristrutturazione alcuna venne riaperto da Minniti nel 2019 come CPR. La struttura affidata tramite bandi gestiti dalla prefettura ovviamente in maniera “superficiale” è passata tra diverse mani famigerate (ORS, Ekene e ora Officine Sociali) rimanendo sempre lo stesso lager, in cui sono frequenti le rivolte represse con la violenza da tutte le forze dell’ordine presenti (PS, CC e GDF) e dall’esercito. Se nel primo anno di esistenza del CPR chi tentava di avvicinarsi veniva denunciato, negli ultimi due anni il questore Polverino ha decretato la sua zona rossa, estesa a tutta la provincia di Nuoro) emettendo fogli di via per tre anni per tutti coloro che vanno a portare solidarietà ai prigionieri o a tentare di comunicare con gli abitanti del paese e denunciandoli quando partecipano a qualsiasi iniziativa anticarceraria in provincia. Sono almeno una quindicina i fogli di via + emessi negli ultimi due anni: un numero elevatissimo viste le dimensioni del movimento, che continua a lottare anche grazie a chi decide di accollarsi altre denunce per violarli.

In definitiva la lotta contro il CPR è parte integrante della lotta contro tutte le facce del sistema in Sardegna: quella che devasta l’ambiente, quella che si prepara agli stermini di popolazioni, quella che rende parte dell’isola un paradiso per chi ha denaro e un inferno per chi viene sfruttato all’interno del paradiso. Quella che prepara luoghi di annientamento di intensità e forme diverse per chi, in maniera diretta o indiretta, non può accettare lo stato di cose presenti e pertanto deve essere non visibile a nessuno per non turbare, per chi ha eletto il consumo a suo stile di vita, la vivibilità di un’isola considerata tra le più “belle” del mondo, perché si fa finta di non conoscere l’intensità dello sterminio che viene protratto nel suo interno.

AGGIORNAMENTI DAL CPR DI TRAPANI MILO

Continuiamo a diffondere gli aggiornamenti della rete siciliana contro il confinamento, chiedendo la chiusura immediata di tutti i CPR !

Violenza strutturale, grida di aiuto, rivendicazioni di dignità e libertà: voci dal CPR di Trapani

Circa 150 persone si trovano trattenute in queste ore nelle gabbie del CPR di Trapani.
Il CPR è uno strumento di deterrenza e tortura volto a soggiogare le persone, minarne i desideri, impedire la libertà di movimento.

Ieri le persone trattenute hanno iniziato uno sciopero della fame, contro la detenzione e contro le condizioni disumane in cui sono costrette nella vita quotidiana. Chiedono libertà e dignità.

A fronte di una sistematica privazione dei telefoni cellulari, della distruzione delle telecamere dei dispositivi talvolta concessi, e della soppressione violenta dei tentativi di queste persone di documentare la vita in questi luoghi, alcune di loro sono riuscite a farci arrivare le loro voci, i loro pensieri, le loro grida di aiuto.

h.18,00 – 24 Marzo 2025

M.
„Vogliono prenderci il telefono per non farci raccontare cosa succede. Siamo in sciopero della fame. Non ce la facciamo più a stare qui. Non ce la facciamo più. Abbiamo cominciato oggi 24 marzo.”

A.
“Un tunisino ed un egiziano una settimana fa hanno fatto la corda [ndr. hanno provato ad impiccarsi] perché sono da tanti anni in Italia, e piuttosto che il rimpatrio è meglio la corda.”

M.
“Ora sono qui fuori con caschi e manganelli per picchiarci. Tra poco ci toglieranno anche questo telefono che usiamo in 40. Hanno rotto il video del telefono, prima di darcelo. Ora vogliono togliercelo. Perchè?
Ecco stanno entrando con i bastoni per menarci.
Aiuto. Abbiamo bisogno di aiuto. Perché tutto questo?
BASTA. Basta. Aiuto. Aiutateci.”

h. 2.00 – 25 Marzo 2025

A.
“Ci hanno riempito di botte. Ci sono 9 feriti. Qui ci sono tanti “piccoli”, ragazzi di 19, 20 anni. Dormono adesso. Sono tutti stanchi.
Siamo trattati peggio degli animali. Peggio dei cani.
Abbiamo letti di cemento e lenzuola di carta.
Ci danno un rotolo di carta igienica per 15 giorni.
Fate vedere dove viviamo e come viviamo.”

https://sicilianoborder.noblogs.org

MAPPE DELLA DETENZIONE, MILITARIZZAZIONE E REGIME DI FRONTIERA IN SICILIA

Diffondiamo da Sicilia No Border:

SICILIA: UNA COLONIA PENALE E MILITARE, AVAMPOSTO DELLA FORTEZZA EUROPA

In Sicilia, l’apparato tecno-militare-carcerario è parte centrale di un’espropriazione estrattivista di stampo coloniale che da più di un secolo impoverisce e mette costantemente in pericolo chi vi è natx o abita. Questa terra insulare, resa zona di frontiera anche dalla Fortezza Europa, è sempre più un luogo in cui continuare a impiantare l’industria più tossica (petrolchimici e affini), e la sua versione apparentemente green (distese di pannelli solari e pale eoliche), nonché tanti avamposti militari.
L’apparato tecno-militare-carcerario si legittima in Sicilia da un lato come una rara opportunità di lavoro, venendo fatto entrare tramite stage e interventi “educativi” nelle scuole pubbliche o nascondendosi come intervento umanitario (come nel caso dell’indotto lavorativo prodotto dalle cosiddette emergenze sbarchi) e, dall’altro, come veicolo di modernizzazione, anche attraverso una rappresentazione della “mafia” come presunto tratto culturale del popolo siciliano (e non un prodotto preciso dell’agire sinergico e complice di imprenditori e pubblici ufficiali, ovvero di capitalismo e stato nazionale).
La crescente criminalizzazione e detenzione di coloro che vengono considerati come “pericolosi” e portatori di “degrado” (sex worker, ambulanti, giovani delle periferie, ecc.) favorisce inoltre un’altra grande forma di sfruttamento di quest’isola: la sua turistificazione. Le speculazioni sui centri urbani (Palermo, Catania e Siracusa in primis), sulla costa (si pensi a Marzamemi, Taormina o Cefalù) e nei paesi in montagna e campagna (es. le Madonie, il siracusano), aumentano gli affitti e rendono impossibile continuare a vivere per abitanti sempre più impoveritx, espulsx, sfrattatx, incriminatx. In questo senso, l’eventuale costruzione del ponte sullo stretto si configura come un’ulteriore arma di questo attacco, poiché al di là dello sventramento della terra dato dai lavori, aumenterebbero i turisti, il traffico delle merci e anche l’operatività della NATO, che già sta usando la Sicilia per permettere il genocidio in Palestina e le altre guerre.

E’ per questo che militarizzazione, detenzione e confinamento vanno letti e combattuti assieme. Con questi presupposti, qui potete trovare una mappa sui luoghi della detenzione, del confinamento e della militarizzazione legata alla NATO e alla occupazione statunitense in Sicilia. Aprendola troverete  informazioni più specifiche ma, come indicazioni di base, sappiate che in:

  • nero sono indicate le case circondariali e di reclusione per maggiorenni,
  • arancione le strutture detentive per minori,
  • blu le REMS,
  • verde i CPR e i CPRI,
  • rosso gli hostpot,
  • rosa i Centri di prima accoglienza,
  • giallo la sede della polizia europea di frontiera FRONTEX,
  • viola le basi e gli avamposti logistici della NATO e dell’esercito statunitense.

Alcune di queste strutture (CPR/I, Hotspot, CPA) sono espressione diretta del razzismo coloniale del regime europeo di frontiera, ovvero volte al confinamento di persone perché migranti e povere. La criminalizzazione specifica di cui sono oggetto le persone migranti e non (abbastanza) bianche si rivela anche nelle carceri e negli istituti per minorenni: le persone migranti in prigione sono proporzionalmente molte di più (17% della popolazione detenuta, a fronte di un 10% rispetto a quella abitante in Italia).
Lo stato opera poi una differenza tra i cosiddetti detenuti normali e quelli considerati come più pericolosi, esposti a regimi di detenzione ancora più duri. La maggiore pericolosità sociale viene attribuita a chi si organizza con altrx (reati associativi) o a chi viene rappresentato come un “barbaro” “arretrato” (mafiosi, trafficanti, ecc.) autore di “reati” efferati. Questo nasconde la natura politica della criminalizzazione: non è giustizia, ma una vendetta dello stato la scelta di seppellire in carcere chi si ribella alle oppressioni sistemiche e alla violenza guerrafondaia e razzista in cui siamo immersx; punire chi  lavora per la mafia, rappresentandoli come demoni vuol dire celare che in Italia la mafia è un prodotto del capitalismo di stato; il cosiddetto traffico o favoreggiamento dell’immigrazione “clandestina” non esisterebbero se tuttx fossero liberx di muoversi e sostare.
In tutte queste galere, l’oppressione legata all’appartenenza di classe e di genere, nonché all’orientamento sessuale, si amplifica e impatta in maniera diversificata le condizioni di vita, i vissuti di violenza e abuso a cui si è espostx.
È necessario essere consapevoli di come lo stato, differenziando i trattamenti, tenta di creare divisioni, ma tutto il sistema penale va abbattuto, in qualsiasi forma questo si presenti e in qualsiasi modo tenti di legittimarsi.
Nel 2022, nelle carceri siciliane sono “state suicidate” dallo stato 11 persone (in totale 85 in Italia) e vi sono stati 5 tentativi di suicidio negli istituti penali per minorenni (12 in Italia). Nel 2023 sono state invece 8 le persone “suicidate” nell’isola. In altri termini, le carceri siciliane si distinguono anche per la violenza che vi viene esercitata e le molteplici forme di autodifesa che vengono dispiegate.
Nelle carceri e nei CPR si susseguono rivolte, scioperi della fame, tentativi di evasione, che ne compromettono il funzionamento. A chiunque è detenutx vanno dedicate le azioni e pensieri di chi si trova fuori.

 

RIAPERTURA DEL CPR DI TORINO: A SORPRESA PER LE VIE DELLA DETENZIONE AMMINISTRATIVA

Diffondiamo

L’apertura del CPR di Torino, prevista per il 24 Marzo, non poteva e non potrà passare nel silenzio.

A 2 anni dalle rivolte che ne hanno determinato la chiusura, 70 nuovi posti di detenzione amministrativa, in 2 sezioni delle 6 a disposizione nella struttura, verranno messi a regime da un ente gestore torinese – Sanitalia Service – che promette condizioni dignitose e progetti di sostegno con cui provare a mascherare il volto razzista dei centri di permanenza per il rimpatrio.

Se poco ci importa delle promesse e dei propositi di chi guadagna e si accanisce sulla pelle delle persone senza “giusti” documenti, riteniamo invece sia fondamentale immaginare e praticare azioni che possano mettersi di traverso al razzismo di Stato, che nei CPR e nelle deportazioni trova una delle sue massime espressioni.

Coordinarsi per cogliere di sorpresa le guardie, trovare obiettivi comuni e puntare alle parti sensibili delle strutture detentive e della macchina che le manda avanti è il minimo che possiamo fare per non lasciare che la solidarietà sia un mero slogan.
Quelle mura e quelle gabbie, quelle reti e quelle telecamere – come ci ha insegnato chi da dentro i CPR da Torino a Bari e da Trapani a Gradisca si è ribellato e continua a farlo – sono meno indistruttibili e invalicabili di quanto non sembri.

Con questa consapevolezza abbiamo attraversato le vie attorno al CPR ieri e nei mesi precedenti.

Con questa consapevolezza abbiamo attraversato le vie attorno al CPR ieri e nei mesi precedenti.

Così vogliamo continuare a fare, ricordando a gran voce che:
I CPR si chiudono col fuoco e s’è successo una volta può succedere di nuovo!