MILANO: SAVERIO IN CARCERE

Diffondiamo

Il nostro compagno Saverio stava scontando da due settimane i domiciliari presso la sua residenza per un definitivo di 14 mesi legato alla lotta NoTap. La questura di Milano, nonostante il pronunciamento positivo del tribunale di Lecce e la relazione del UEPE, non ha reputato idoneo il domicilio e venerdì 15 dicembre lo hanno arrestato.
Ora si trova a San Vittore, un nuovo domicilio è stato indicato al magistrato di sorveglianza. Seguiranno aggiornamenti appena li si avrà.

Per scrivergli:
Saverio Pellegrino
C.C. Francesco Di Cataldo
Via Filangeri 2
20123 Milano

CONTINUIAMO A SCRIVERE AD ALFREDO

Ad un anno di distanza dalla mobilitazione che ha accompagnato lo
sciopero della fame, è importantissimo continuare a scrivere al compagno Alfredo Cospito, tuttora in 41bis nel carcere di Bancali (Sassari).

Il lavoro certosino (e spesso francamente incomprensibile e contraddittorio) dell’ufficio censura, insieme al pressapochismo tipico
delle patrie galere e all’inaffidabilità delle poste italiane (strumento sempre più spesso appannaggio esclusivo delle comunicazioni galeotte), rende fortemente consigliato l’invio della corrispondenza attraverso
sistemi tracciabili quali le raccomandate (anche senza ricevuta di ritorno). Il tagliando e il codice di tracciabilità permettono di
conoscere lo stato della spedizione e intraprendere poi l’iter burocratico per lo sblocco della corrispondenza, dato che gli agenti non sempre rendono noti i trattenimenti e la posta spesse volte semplicemente scompare.
Invitiamo quindi tutti i solidali a scrivere e ad inviare scansione o
foto dei tagliandi (o comunque dei codici di tracciabilità) alla Cassa
Antirep delle Alpi Occidentali, che si incaricherà di raccoglierli e inviarli all’avvocato di Alfredo per fare i dovuti ricorsi e recuperare quante più lettere possibile.

La solidarietà è un atto concreto, non lasceremo mai Alfredo da solo nelle mani dei boia di Stato: sommergiamolo di affetto attraverso
lettere e cartoline!

L’indirizzo per scrivergli è: Alfredo Cospito – C/O C.C. “G.Bacchiddu” – Strada Provinciale 56, n°4 – Località Bancali – 07100 Sassari

mentre per inviare le vostre ricevute:
cassantirepalpi@autistici.org

PS: il compagno può acquistare libri attraverso la direzione del carcere; si può dunque inviargli suggerimenti di lettura, accompagnando il titolo e l’autore con i dati relativi alla casa editrice e, se possibile, il codice ISBN.

Contro tutte le galere!
Cassa AntiRep delle Alpi occidentali

NOTE A PARTIRE DAL CORTEO DELL’11 FEBBRAIO A MILANO

Il 25 giugno a MIlano scatta un’operazione di Polizia che vede emesse sei misure cautelari (obblighi di dimora, divieti e firme) per il corteo dell’11 febbraio scorso in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo Cospito. All’oggi di quelle misure non resta più nulla. Il 14 dicembre infatti il gip, su richiesta del pm, ha deciso di revocare tutte le misure cautelari. Al momento le indagini risultano chiuse, il numero delle persone coinvolte è però salito a 13, imputati a vario titolo di resistenza aggravata, travisamento e danneggiamento.
Oltre a dare aggiornamenti ed esprimere la nostra solidarietà alle persone coinvolte in questa operazione repressiva, vorremmo spendere due parole in più su quella giornata e sulla mobilitazione a sostegno dello sciopero della fame di Alfredo contro il regime di 41 bis e l’ergastolo ostativo. La giornata dell’11 febbraio si inseriva all’interno delle numerose iniziative messe in campo di fronte alle menzogne statali, alla violenza mascherata dietro la freddezza della burocrazia e all’aggravarsi delle condizioni di salute di Alfredo, oramai in sciopero della fame da oltre 100 giorni.
In tutta Italia e all’estero si moltiplicavano cortei, blocchi e iniziative informative o di disturbo, attacchi verso le istituzioni e i loro rappresentanti.
A Milano, all’interno di un percorso cittadino nato e cresciuto intorno alla lotta di Alfredo, centinaia di persone decidono di partecipare al corteo chiamato in Piazza XXIV Maggio. Durante il percorso si susseguono interventi, cori, scritte e danneggiamenti ad alcune vetrine, fino a quando la polizia decide che il corteo non può proseguire oltre. Iniziano le cariche e i lanci di lacrimogeni per disperdere i partecipanti che insieme cercano un’altra strada sicura attraverso la quale muoversi per terminare il corteo.

Al di là del piano giudiziario di questa vicenda, ci pare importante ribadire cosa quel giorno e nelle settimane precedenti, aveva animato la testa e il cuore dei tanti che sono scesi in piazza. La determinazione della lotta di Alfredo è riuscita a rompere il silenzio attorno alla tortura di Stato costituita dal regime di 41bis, fatto di isolamento pressoché totale, deprivazione sensoriale e che ha come unico fine l’annullamento fisico e mentale della persona che lo subisce e che lo Stato continua a legittimare e perpetuare attraverso lo spauracchio della mafia.
Da fuori, tante sono state le parole spese per riportare, far emergere le condizioni e la natura violenta e strutturale di quel regime e del carcere tutto. Un’occasione di lotta che tanti e tante hanno condiviso e che in diverse forme aveva trovato una propria agibilità. Non vogliamo qui addentrarci in analisi riguardo la mobilitazione, saremmo sbrigativi e poco chiari, ma crediamo sia importante guardare a quello che è stato e a ciò che resta per poter continuare a creare terreni di lotta. Ci pare che assieme si è riusciti a prenderci dello spazio nel manifestare in strada, e se i numeri hanno sicuramente favorito, fino a un certo punto, un rapporto di forza con chi gestiva l’ordine pubblico, l’eterogeneità nella partecipazione e composizione pensiamo sia stati dei tasselli fondamentali in quei mesi. Essere riusciti a stare in strada, poi senza interfacciarsi con la polizia per contrattare lo spazio ma provando a prendercelo ci sembra un buon auspicio di ciò che potrebbero essere i cortei nella nostra città. Tentare di creare momenti autorganizzati di protesta in cui si cerca di non dialogare con la polizia, tutelando chiunque voglia partecipare con i propri metodi e pratiche, cercando per quanto possibile di stare assieme durante i momenti concitati e di carica. Abbiamo ancora molta strada da fare, di confronti da avere e riflessioni da condividere per mantenere viva la critica al 41bis e all’ergastolo ostativo, ancora più oggi che lo sciopero della fame di Alfredo è giunto al termine.

Il sistema giudiziario e il carcere sono cristallizzatori di una società sempre più diseguale e frammentata, volti a reprimere e disciplinare tutti coloro che non vi si allineano o chi tenta di trasformarlo per una vita all’altezza dei propri desideri. Nella convinzione che sia necessario lottare contro questo stato di cose, continueremo a dare voce e a portare solidarietà a chi si trova ancora rinchiuso ed organizzarci nonostante la repressione continua a colpire e minacciare chiunque non abbassa la testa di fronte alle torture e alle innumerevoli morti nelle carceri, allo sfruttamento nei luoghi di lavoro e dell’istruzione, alla devastazione dell’ambiente, al saccheggio dei territori, alla guerra e al razzismo di stato.

BOLOGNA: CARCERE DELLA DOZZA AL GELO

Il carcere della Dozza è al gelo: sui media locali si parla di una sola caldaia in funzione per tutto il carcere, di temperature insostenibili, acqua e docce fredde. Al di là del sensazionalismo e delle lamentele delle guardie, si tratta di una situazione che si ripete cronicamente da anni, non solo alla Dozza, estati bollenti ed inverni al gelo. Nei giorni scorsi alcuni detenuti avrebbero dato fuoco alla loro cella.

AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA PER I FATTI DI BUDAPEST

Diffondiamo da: Osservatorio Repressione:

Ilaria, anarchica e antifascista, è da nove mesi in carcere a Budapest (Ungheria) per i fatti avvenuti durante la cosidetta “Giornata dell’onore”, ovvero il raduno internazionale di neonazisti dell’Est Europa svoltosi nella capitale ungherese lo scorso febbraio.

In una lettera scritta ai propri legali, Ilaria denuncia una situazione da incubo: detenuti al “guinzaglio”, obbligo di guardare il muro durante le soste nei corridoi, “malnutrizione”, scarafaggi, topi e cimici “nelle celle e nei corridoi”, “una sola ora di aria al giorno”. Per più di 6 mesi Ilaria non ha “potuto comunicare con la famiglia”, mentre durante l’unico interrogatorio, avvenuto senza avvocato, è stata umiliata pubblicamente, costretta “a indossare vestiti sporchi, malconci e puzzolenti”. La missiva – costituita di diciotto pagine scritte a mano – è stata depositata presso la Corte d’Appello di Milano dai difensori per chiedere di non dare esecuzione al mandato d’arresto europeo, e quindi al trasferimento in un penitenziario ungherese, di Gabriele, antifascista milanese arrestato qualche giorno fa e ora ai domiciliari.

L’udienza relativa all’estradizione o meno in Ungheria di Gabriele si svolgerà il 5 dicembre, nell’ambito del maxiprocesso intentato dalla magistratura magiara contro una ventina di antifascisti di mezza Europa, arrivati a Budapest lo scorso febbraio per opporsi alla calata continentale dei neonazisti per la cosiddetta “Giornata dell’onore”.

Antifasciste e Antifascisti sono accusati di avere contrastato i nazisti per le strade, provocando ad alcuni di loro ferite giudicate guaribili nel giro di pochi giorni o settimane. Nonostante questo sono accusati di lesioni aggravate o addirittura tentato omicidio, tanto che a Ilaria è stato proposto un patteggiamento per 11 anni di carcere.

Radio Onda d’Urto ne ha parlato con Eugenio Losco, avvocato di Ilaria e Gabriele insieme a Mauro Straini


AGGIORNAMENTI SULLX ARRESTATX ANTIFA A BUDAPEST

UN ALTRO ARRESTATO PER I FATTI DELL’11 FEBBRAIO A BUDAPEST

UN ALTRO ARRESTATO PER I FATTI DELL’11 FEBBRAIO A BUDAPEST

Diffondiamo:

Questa mattina i carabinieri di Milano si sono presentati a casa di un nostro compagno, Gabriele, e lo hanno arrestato per i fatti dell’undici febbraio a Budapest. Per lui era stato emesso un MAE (mandato di arresto europeo). Gabriele si trova al momento nel carcere di San Vittore in attesa dell’udienza per l’estradizione.

Come ormai ben sappiamo i prigionieri in Ungheria non possono ricevere la posta se non dai contatti autorizzati per i colloqui. Mandiamo tanti telegrammi a Gabriele (ci mettono meno di cartoline e lettere) cosicché possa sentire calore e solidarietà finché è recluso in Italia.

Seguiranno aggiornamenti.

GABRIELE MARCHESI
CC DI MILANO SAN VITTORE
PIAZZA GAETANO FILANGIERI 2
20123 MILANO

TUTTX LIBERX


In seguito all’udienza del 22 novembre a Gabriele sono stati concessi gli arrestati domiciliari con tutte le restrizioni! L’udienza in merito all’estradizione verrà fissata per i primi di dicembre.

GABRI LIBERO
TUTTI LIBERI
TUTTE LIBERE


GABRI LIBERO! NO ESTRADIZIONE!

Nella notte fra il 20 e il 21 novembre Gabriele, un compagno di Milano, è stato arrestato e trasferito nel carcere di San Vittore. In seguito alla prima udienza, mercoledì 22 novembre gli sono stati concessi gli arresti domiciliari con tutte le restrizioni, dove si trova ora. Su di lui pendeva un MAE (mandato d’arresto europeo) emanato dall’Ungheria per i fatti del febbraio 2023, quando alcuni neonazisti presenti a Budapest per commemorare il “giorno dell’onore” vennero attaccati.
Il prossimo appuntamento con la giustizia italiana per lui sarà l’udienza in corte d’appello, l’organo competente in materia di estradizioni, fissata per il 5 dicembre. In questa udienza si entrerà nel merito della decisione per l’estradizione. Esprimiamo la nostra totale solidarietà a Gabriele e rinnoviamo la nostra vicinanza a Ilaria e Tobias. Un pensiero di coraggio e buon augurio anche a tutte le compagne e i compagni tedeschi ricercati dalle autorità per questi MAE.
Mobilitiamoci ovunque affinché Gabriele non venga trasferito in una prigione ungherese dove, come se non bastasse, le condizioni detentive sono tra le peggiori in Europa.

CILE: CONCLUSIONE DEL PROCESSO E DICHIARAZIONI FINALI DI FRANCISCO SOLAR E MÒNICA CABALLERO

Diffondiamo:

Nell’ultima settimana si sono tenute le udienze finali del processo di primo grado contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar, arrestati il 24 luglio 2020 e accusati (il solo Francisco) dell’invio dei pacchi-bomba al 54° commissariato dei carabineros e a Rodrigo Hinzpeter, ex ministro dell’interno e della difesa nazionale, nonché dirigente del gruppo Quiñenco (25 luglio 2019), ed entrambi del duplice attacco esplosivo nell’edificio dell’immobiliare Tánica (27 febbraio 2020), situato nel quartiere borghese di Vitacura (nell’area metropolitana di Santiago) e avvenuto nel contesto della rivolta generalizzata scoppiata in Cile nell’ottobre 2019. L’azione contro il 54° commissariato e Hinzpeter venne rivendicata dai Cómplices Sediciosos – Fracción por la Venganza, mentre quella nell’edificio Tánica dalle Afinidades Armadas en Revuelta.

Nel dicembre 2021 Francisco si è assunto la responsabilità per entrambe le azioni, sostenendone le ragioni, la scelta degli obiettivi e la significatività rivoluzionaria.

Il 10 agosto 2022, dopo una serie di proroghe al periodo d’indagine, si sono concluse le udienze preliminari e sono state rese note le richieste di condanna: 30 anni di carcere per Mónica e 129 anni per Francisco (secondo il sistema giudiziario vigente nello Stato cileno la procura esprime le richieste prima dell’inizio della fase dibattimentale vera e propria, il juicio oral). Il 18 luglio di quest’anno, dopo un rinvio, è quindi iniziato il processo, cui i compagni hanno assistito in presenza solamente nel corso delle prime e delle ultime udienze, assistendo in videoconferenza per le restanti. Durante quella del 18 luglio il pubblico ministero, rimodulando le richieste iniziali, ha dichiarato che la procura intende infliggere una condanna tra i 20 e i 25 anni a Mónica e una di oltre 150 a Francisco. Durante l’udienza del 19 luglio Francisco ha ribadito l’assunzione di responsabilità per tutte le azioni.

L’arresto e le udienze contro i compagni sono state costantemente seguite dai mass-media in Cile, vista la rilevanza del processo, volto a dare un monito agli anarchici e alle forme di guerriglia sviluppatesi nella realtà sociale cilena in particolare negli ultimi anni, a partire dalla rivolta generalizzata del 2019-‘20. Alle udienze processuali è coincisa una mobilitazione solidale con attività di agitazione e propaganda, trasmissioni sulle frequenze radiofoniche solidali, iniziative in strada e dibattiti, la pubblicazione di un numero unico (“Complicidad y sedición”).

Riportiamo qui di seguito l’aggiornamento sul verdetto e le dichiarazioni finali dei compagni, presenti in aula durante l’udienza del 6 novembre (si tratta di trascrizioni, pertanto non essendovi una stesura scritta la punteggiatura è stata definita da chi ha tradotto).


Verdetto contro i compagni anarchici Mónica Caballero e Francisco Solar

Ieri, 7 novembre 2023, mentre all’esterno si teneva un presidio solidale, il tribunale – dopo quattro mesi di processo – ha emesso il verdetto contro i compagni Mónica e Francisco.

Francisco è stato dichiarato colpevole come autore per:

– due invii di ordigni esplosivi (alla 54° comisaría dei carabineros e a Hinzpeter);
– un tentato omicidio nei confronti dei carabineros;
– un reato di lesioni gravi nei confronti di un agente dei carabineros;
– un reato di lesioni;
– cinque reati di lesioni lievi;
– un danneggiamento (54° comisaría);
– un tentato omicidio nei confronti di Hinzpeter;
– due reati di collocazione di ordigno esplosivo (edificio Tánica).

È stato assolto dall’accusa di usurpazione di identità.

Mónica è stata condannata in qualità di complice per due reati di collocazione di ordigno esplosivo (edificio Tánica), mentre è stata assolta dall’accusa di possesso di marijuana.

Riassumendo, il tribunale ha accolto quasi tutte le richieste della procura, tranne, nel caso di Francisco, una delle imputazioni di tentato omicidio (che è stata derubricata in lesioni) e l’accusa di furto d’identità (per cui è stata disposta l’assoluzione); nel caso della compagna Mónica ha modificato la sua posizione da “autrice” dei fatti a “complice” e ha rigettato alcune aggravanti richieste dagli inquirenti.

Il tribunale dovrebbe emettere la sentenza definitiva, comprensiva degli anni di condanna che peseranno su ciascuno di loro, il prossimo 7 dicembre.

Salutiamo i cuori neri che assumono il compito di colpire i potenti.

Amore e anarchia per Mónica e Francisco.


Dichiarazione di Francisco Solar Domínguez

Buongiorno,

le azioni delle quali mi sono già assunto la responsabilità, che ho rivendicato politicamente e per le quali verrò condannato, fanno tutte parte di una lunga tradizione storica, specificatamente anarchica, che si incarica di restituire, in prima persona e senza necessità di intermediari, i colpi dei potenti e dei repressori; perché se qualcuno pensava che le loro politiche del terrore, basate su imposizioni e restrizioni di ogni sorta, così come su ondate repressive in cui addirittura, spesso e volentieri, calpestano la loro propria legalità (che tanto dicono di difendere e rispettare), sarebbero passate inosservate e non avrebbero suscitato risposte, si sbagliava di grosso.

Siamo in molti a saper aspettare il momento giusto per agire, a concepire la memoria non come un baule in cui riporre ricordi da contemplare e lamentele, ma piuttosto come un motore, che dà impulso all’azione vendicatrice come parte di una nostra pratica politica permanente, che si nutre della nostra storia, con i nostri successi e le nostre sconfitte.

Ed è stato questo esercizio mnemonico a nutrire le azioni individuali che realizzai negli anni 2019 e 2020; azioni individuali che non necessitavano né del consenso né dell’accordo collettivo, ma che furono il risultato dell’analisi, della decisione e della volontà personali, azioni che per alcuni altri furono parte e indubbiamente fortificarono la guerriglia urbana anarchica, la quale non scompare a prescindere dai costanti colpi repressivi, dimostrando nei fatti la praticabilità e l’efficacia delle relazioni informali orientate all’azione rivoluzionaria. Dimostrando peraltro come non sia necessaria una grande struttura organizzativa per la realizzazione di azioni incisive.

In questo senso, è importante far notare come le grandi organizzazioni rigide e stabili si trasformino rapidamente nel proprio stesso fine, cioè si organizzano nient’altro che per fortificare l’organizzazione stessa, a differenza delle organizzazioni informali che basano le proprie relazioni sull’attacco, cosa che conferisce loro quel dinamismo che previene l’irrigidimento e la comparsa di logiche burocratiche.

Le azioni, oltre a essere colpi diretti a dei rappresentanti e a dei simboli del potere, e oltre a dimostrare che è possibile realizzare i suddetti attacchi, costituiscono un mezzo per la diffusione di idee e messaggi, messaggi di ribellione e libertà, che verranno recepiti e posti in pratica da chiunque lo desideri. Messaggi che solo collegati con queste azioni costituiscono un reale pericolo per l’ordine imposto.

E parlo di ordine imposto perché in questa società non esiste un contratto sociale per il quale gli individui abbiano delegato la propria libertà allo Stato in cambio di libertà e sicurezza – impostazione che per inciso costituisce le fondamenta degli Stati moderni – ma, al contrario, lo Stato si fonda sulla spoliazione storica delle libertà degli individui, sottomettendoli e limitandoli in sempre più aspetti della loro vita, cosa che fortifica e perpetua il dominio statale. Lo Stato non è più solo un’istituzione, ma lo si ritrova in ognuna delle nostre relazioni, rendendo ancora più complesso ed esteso il dominio statale, e pertanto azioni contro lo Stato non solo sono giustificate, ma assolutamente necessarie. E, certo – come ha detto anche il signor Pubblico Ministero nella sua requisitoria finale – “concediamogli pure la parola!”, ma una parola che sia vincolata all’azione rivoluzionaria, perché una parola che pretenda costruire nuove relazioni, scevre di qualunque autorità, deve necessariamente andare di pari passo con l’azione rivoluzionaria.

Non si può negare la crescita e la proliferazione dei gruppi anarchici, negli ultimi tempi, cosa che ha comportato il fatto che i discorsi e le pratiche antiautoritarie siano presenti in gran parte delle mobilitazioni e delle rivolte attuali. Vedendo l’anarchia come una tensione piuttosto che un punto d’arrivo, e intendendola al pari di una lotta permanente contro ogni espressione dell’autorità piuttosto che una società perfetta o un paradiso terrestre, come in molti suggeriscono, si comprende come queste azioni individuali violente siano una parte imprescindibile di questo percorso di liberazione. Voglio lasciar intendere molto chiaramente che, lungo questo percorso, azioni come queste non sono le prime né saranno le ultime, ma come ho già detto precedentemente sono parte di un continuum storico che non sparirà; nonostante ci condannino a decadi di reclusione, e persino se ci uccidessero, ci saranno sempre individui e gruppi di individui che sono disposti a rispondere alla brutalità dello Stato e del capitalismo: ciò è inevitabile.

Infine, voglio approfittare di questa occasione per mandare un saluto complice ai prigionieri e prigioniere, anarchici e sovversivi, che lottano nelle carceri di questo paese.

Viva l’anarchia!

[6 novembre 2023]


Dichiarazione di Mónica Caballero Sepúlveda

Cercherò di essere abbastanza breve, visto che avevo deciso di non prendere la parola in questa sede, però reputo che sia necessario precisare una serie di questioni piuttosto specifiche rispetto ad alcune affermazioni in prevalenza del Pubblico Ministero.

Dunque, ho deciso di rilasciare una dichiarazione finale in questo processo, che mira a essere una punizione esemplare, perché non posso lasciar passare l’opportunità di difendere e chiarire una serie di aspetti che hanno a che fare con le idee e le pratiche che ho difeso e adottato praticamente negli ultimi 20 anni della mia vita.

Il signor Pubblico Ministero ha chiesto al mio coimputato se sono anarchica. E sì, certo che sono anarchica, però questo che significa? Dicendo anarchismo mi riferisco a un insieme di idee e pratiche che, inquadrate in principi che sono, ad esempio, il mutuo appoggio, la solidarietà, l’autogestione, costruiscono idee e pratiche che si iscrivono nella distruzione e nella costruzione, che voglio dire con questo?, la costruzione di ciò che è…

Quando mi riferisco all’anarchismo, intendo quell’insieme di idee e pratiche che in base a principi come il mutuo appoggio, la solidarietà e l’autogestione, costruiscono le condizioni affinché tutti gli individui… costruiscono le condizioni affinché tutti e tutte ci sviluppiamo in maniera integrale, tuttavia allo stesso tempo queste condizioni mirano alla distruzione di ogni forma di dominio.

Cosa intendo con “ogni forma di dominio”? Quelle forme di dominio che sono, ad esempio, l’attuale sistema di oppressione economica imperante, ciò vale a dire il capitalismo, e anche l’egemonia del potere politico, ovvero l’attuale Stato.

All’interno di queste pratiche noi anarchici possediamo un ampio ventaglio, come ben diceva il Pubblico Ministero. Tra le pratiche anarchiche esiste la violenza, ma ciò non è appannaggio unicamente dell’anarchismo, e allo stesso modo l’anarchismo non contempla la violenza come sua unica espressione pratica; e sì, ci sono compagni che hanno collocato degli ordigni, o che hanno spedito ordigni esplosivi, ma insisto: questa pratica di violenza politica non appartiene al solo anarchismo e l’anarchismo non esercita unicamente la violenza politica.

In relazione a tutto ciò, devo necessariamente porre una domanda e contemporaneamente rispondermi: che cosa caratterizza la pratica anarchica? Le pratiche anarchiche, violente o meno, si inscrivono e traggono ispirazione necessariamente all’interno delle idee antiautoritarie. Non possiamo separare l’idea dalla pratica antiautoritaria anarchica, finanche rivoluzionaria in un ampio spettro, senza tenere in considerazione la complementarietà tra idea e pratica. Vale a dire che le pratiche anarchiche non si sostengono senza la colonna vertebrale delle idee. Mettendo in chiaro tale questione rilevante tra idea e pratica, posso categoricamente dire che una pratica anarchica, violenta o no, non sarà mai indirizzata in maniera indiscriminata.

Il Pubblico Ministero, in una delle sue repliche, chiedo venia, durante la sua requisitoria, ha menzionato un concetto molto azzeccato e antico di noialtri anarchici: si è riferito alla propaganda con il fatto. La prospettiva del Pubblico Ministero sulla propaganda con il fatto, o ciò che ha cercato di spiegare in relazione a questo concetto, è una maniera molto miope di vederla, fondamentalmente perché ha tentato di inquadrarla nel contesto storico in cui ebbe il suo apogeo. Se non ricordo male, tra la fine dell’‘800 e l’inizio del 1900, durante un congresso a Londra, un gruppo di anarchici di diversi luoghi del mondo assunsero come pratica la propaganda con il fatto, e questa propaganda con il fatto la incarnarono attraverso assassinii, collocazioni di ordigni esplosivi, e una lunga lista di altri episodi. Ma la propaganda con il fatto è molto più di questo. Ciò che io sto facendo, ciò che sta facendo il mio coimputato in questo stesso processo, con le nostre parole, è propaganda con il fatto; questo è il punto: tutto ciò va molto più in là del mero esercizio della violenza, e nello specifico degli ordigni esplosivi.

Devo anche sottolineare come in questo processo, così come in tutti gli altri processi penali in cui sono stata e in quelli di cui sono stata spettatrice, nei confronti di compagni e compagne tanto in Cile come in altre parti del mondo, si è sempre assimilata la nostra visione politica a dei fatti delittuosi, e mi pare curioso, per non dire altro, che si stia negando questo aspetto investigativo, altrimenti che senso avrebbe avuto il sequestro delle decine, per non dire centinaia, di libri, le centinaia o migliaia di volantini, poster, opuscoli, e così via? Non capisco se non abbia altro scopo che lo studio della nostra concezione del mondo o del nostro modo di intendere la politica o lo scontro con il dominio, e non comprendo la negazione di questo aspetto.

Come già dicevo prima sono anarchica, pertanto nemica di ogni forma di dominazione, sottomissione od oppressione realizzata attraverso qualsiasi struttura di potere, per cui lo Stato, in tutte le sue forme e rappresentazioni, è illegittimo. Partendo dall’idea per cui questo, lo stesso Stato, si creò e consolidò a partire dall’idea del bene comune, o per lo meno il bene della gran maggioranza, cosa che è assai lontana dalla verità, vivo in un mondo in cui un gruppo privilegiato esiste al prezzo della miseria della grande maggioranza. Costruire forme antagoniste alle relazioni di potere è necessario affinché esista uno sviluppo integrale di tutti gli abitanti di questo mondo, tanto umani quanto animali.

Infine, posso dire a tutti i presenti che aspetto piuttosto tranquillamente il verdetto di questo tribunale, perché so che le idee di emancipazione alle quali ho dedicato buona parte della mia vita trascendono me stessa.

In ultimo, ai presenti e ai miei compagni e compagne presenti, come a coloro che ascolteranno o leggeranno in seguito le mie parole, posso dire che fino all’ultimo respiro che mi rimanga, sempre affermerò: morte allo Stato e che viva l’anarchia!

[6 novembre 2023]

Qui il PDF del testo.

 

“Dal fuoco alle esplosioni, percorriamo lo stesso percorso di vendetta. Solidarietà e complicità con Monica e Francisco”

“Che i prigionieri escano e le carceri brucino. Monica, Francisco e Marcelo in strada! Morte allo Stato, viva l’Anarchia!”