BOLOGNA: GIOVANE DETENUTA MUORE AL CARCERE DELLA DOZZA

Dai media locali apprendiamo del decesso di una giovane detenuta al carcere della Dozza.

“Una giovane detenuta di 29 anni, che si trovava reclusa nel carcere bolognese della Dozza, è morta, mercoledì, all’ospedale Maggiore dove era ricoverata da qualche giorno dopo un malore accusato in carcere. La madre ha presentato una denuncia e la procura ha disposto l’autopsia per far luce sulla vicenda. Patricia Bonora Mos, nata in Romania nel 1994 e residente a Piacenza, era da qualche mese alla Dozza per piccoli reati. Il 12 agosto è stata ricoverata d’urgenza all’ospedale, a causa di un malore accusato dopo aver mangiato della carne.”

BOLOGNA: 2 AGOSTO. UNA REPUBBLICA FONDATA SULLE STRAGI

Diffondiamo il testo di un volantino distribuito al corteo del 2 agosto a Bologna.

Oggi 2 agosto si commemorano le vittime della strage alla stazione di Bologna del 1980. Una strage da ascriversi allo Stato nella sua ideazione e progettazione, e ai fascisti nella sua realizzazione pratica, che rientra nella violenza rivolta contro le lotte operaie e le proteste sociali dell’epoca.
A presenziare questa volta alla ricorrenza come portavoce del Governo, il Ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, chiara espressione dello spirito democratico fondato sulle stragi: capo di gabinetto di Salvini ai tempi dei decreti sicurezza, artefice quest’anno del decreto anti-rave e di molteplici misure anti-migranti. Uno Stato che ancora oggi si nutre delle stragi in mare, sul lavoro, nelle carceri, nei Cpr, alle frontiere, e della dura repressione di chi lotta contro questo esistente fatto di dominio e sfruttamento.
Il recente sciopero della fame del prigioniero anarchico Alfredo Cospito, durato oltre sei mesi, ha rotto il silenzio sulla tortura democratica del 41bis e dell’ergastolo ostativo. Condannato per “strage” nell’ambito dell’inchiesta Scripta Manent insieme ad Anna Beniamino, compagna anarchica, Alfredo è attualmente ancora recluso in regime di 41-bis in attesa del ricalcolo delle modalità detentive. L’accusa si riferisce ad un ordigno esploso fuori dalla caserma degli allievi dei carabinieri di Fossano (CN), le condanne comminate sono altissime: 23 anni per Alfredo, 17 anni e 9 mesi per Anna. Come per Juan, condannato in appello a 14 anni e 10 mesi con l’accusa di aver attentato alla sede della Lega di Villorba (TV), e Zac, rinchiuso da diversi mesi nelle celle di Stato in attesa di giudizio, accusato di un attacco incendiario al consolato greco nell’ambito della campagna di solidarietà al compagno Dimitris Koufontinas, detenuto in sciopero della fame in Grecia.
Lo Stato, oggi come ieri, continua imperterrito la sua battaglia repressiva contro il così detto “nemico interno”. Negli ultimi mesi in tutta Italia compagne e compagni, da nord a sud, hanno subito perquisizioni e ricevuto notifiche di apertura indagini tra cui alcune con capo di imputazione 270bis (associazione sovversiva con finalità di terrorismo) – a seguito dell’intensa lotta portata avanti nei mesi di mobilitazione per la campagna contro il 41-bis e l’ergastolo ostativo, al fianco di Alfredo. Intanto, Domenico Porcelli, detenuto al carcere di Bancali (SS), è in sciopero della fame da oltre 5 mesi contro il 41-bis, nel totale silenzio dei media e della così detta società “democratica” e “civile”. La sua lotta contro la tortura di Stato del 41-bis è anche la nostra, consapevoli che la solidarietà verso chi resiste dentro e fuori le galere è un’arma contro la società dello Stato e dei padroni che ci vorrebbe docili e divisi.

STRAGISTA È LO STATO, NON CHI LO COMBATTE

BOLOGNINA: UN DESERTO CHIAMATO SICUREZZA

Questo testo affronta gli ultimi risvolti di un attacco iniziato da tempo al quartiere Bolognina (Bologna), un processo che, seppur nelle sue specificità, non è differente da quanto stanno subendo altre città e territori: la speculazione e la cementificazione chiamata “riqualificazione”, la strumentalizzazione “dell’emergenza droga” e “dell’allarme sicurezza”, la discriminazione della popolazione migrante, la militarizzazione della vita quotidiana, il progressivo restringimento della sanità e dei servizi. Una realtà in cui la sistematica distruzione di comunità e territori è l’esito di quella violenza istituzionale che si nutre di politiche razziste, proibizioniste e repressive, per sostenere e alimentare economie assassine e rendere più docili le classi sfruttate. Città in cui il continuo rinforzarsi delle retoriche della legalità e del decoro si traduce negli abusi sempre più legittimati delle forze dell’ordine e nella violenza del carcere. Un tempo che rende sempre più evidente la necessità di sovvertire l’esistente e lottare.


Con il patto integrato sulla sicurezza tra Prefettura e Comune di Bologna siglato durante la visita in città del ministro dell’interno Piantedosi del 21 gennaio, l’amministrazione bolognese ha inaugurato una nuova stagione repressiva per dare il colpo definitivo a quei quartieri nel mirino dei piani di “pulizia”, “riqualificazione” e messa a profitto della città, non ancora del tutto asserviti all’ideologia della sicurezza e del decoro.

Lo Stato c’è e si deve vedere” aveva detto Piantedosi; lo abbiamo visto e lo stiamo vedendo.

SPECULAZIONE ED “EMERGENZA DROGA”

La Bolognina in particolare negli ultimi mesi è stata oggetto di un feroce accanimento mediatico volto a normalizzare una militarizzazione della vita pressoché quotidiana. Con le retoriche della lotta al “degrado” e alla “droga” si stanno legittimando agli occhi dell’opinione pubblica sistematici interventi di polizia per le strade, che, a ben vedere, non hanno mai inciso e non incideranno affatto sulle “criticità” millantate, anzi, le esaspereranno ulteriormente, isolandole sempre più.

Oggetto del terrore la così detta “m-i-c-r-o-c-r-i-m-i-n-a-l-i-t-à”, una categoria in cui fasce già marginalizzate di popolazione vengono liquidate come problema di ordine pubblico.

Non spaventa il problema di un diffuso impoverimento, di un sostentamento e di una vita sempre più difficile per moltx, di un accesso alla casa sempre più proibitivo, delle barriere che deve affrontare chi è senza documenti e senza diritti di cittadinanza; non interessano realmente le problematiche legate all’uso e all’abuso di sostanze legali o illegali ecc. Ciò che interessa è soprattutto che tutto ciò non si veda, disturbi o intralci i progetti di speculazione.

Il 18 luglio si è tenuta in Bolognina una riunione della “cabina di regia” istituita col Patto sulla sicurezza, in cui, in continuità con la strategia avviata a gennaio, è stato deciso un ulteriore inasprimento dei controlli “al fine di prevenire e reprimere la vendita e il consumo di sostanze stupefacenti”. Il Sindaco ha colto l’occasione per fare la sua passerella promozionale tra i commercianti e gli abitanti della zona nel tentativo di esacerbare e strumentalizzare quelle difficoltà, pressoché endemiche, espressione di un quartiere storicamente popolare.

Dopo gli “street tutor” in centro arrivano le nuove ronde di periferia, riqualificate per l’occasione come “sentinelle di condominio”. A promuovere il fascino discreto della delazione questa volta Confabitare, associazione per la tutela della proprietà immobiliare che nel 2020, insieme ad Ape-Confedilizia Bologna, si schierò contro la proroga del blocco sfratti, e che nel 2022, in prima linea contro il “degrado”, ha firmato il protocollo di intesa col Comune di Bologna contro il “vandalismo grafico”, per la rimozione dei graffiti in città.

Dopo aver chirurgicamente fatto a pezzi comunità, sfrattato famiglie, addomesticato realtà e sgomberato spazi sociali, in un contesto di delega e atomizzazione generalizzato, l’amministrazione si appresta a colpire ancora la Bolognina in nome della “legalità” e della “lotta alla droga”, esasperando quella guerra tra poveri utile soltanto ai padroni, cavalcando con retoriche emergenziali quello scarto presente tra sicurezza reale e percepita, e incoraggiando sentimenti quali la paura e la diffidenza tra persone, per una “sicurezza” che ha sempre meno a che fare con la solidarietà e le “comunità”, parole ampiamente abusate dall’amministrazione di questa città, e sempre più con l’esercizio della disciplina e dell’ordine pubblico.

Trattare il consumo di sostanze psicotrope, legali o illegali, in termini sensazionalistici, o liquidarlo come qualcosa da “estirpare”, come avvenuto in questi giorni con le passerelle del Sindaco e la spettacolarizzazione di operazioni “antidroga” dal tempismo quantomeno sospetto – comprese di scenografici elicotteri a sorvolare il quartiere – si inserisce in una propaganda volta per lo più a promuovere speculazioni economiche e manovre politiche.

Militarizzare la bolognina, rastrellare “casa per casa” per “passare al setaccio” con squadre di polizia “le cantine dello spaccio” e riempire il quartiere di agenti in borghese, non migliorerà la vita di chi ha un utilizzo problematico di sostanze legali o illegali, o di chi già subisce discriminazioni di classe, genere, razza e cittadinanza, ne peggiorerà la condizione. Un’occasione per “ripulire” la zona e preparare il terreno a quei progetti di riqualificazione, museificazione e turistificazione pianificati da tempo dall’amministrazione, che esaspereranno ulteriormente l’accesso alla casa e alla reale vivibilità del quartiere.

RAZZISMO ISTITUZIONALE

La sovrarappresentazione della popolazione straniera nel discorso pubblico quando si parla di “allarme sicurezza” è lo specchio della violenza del razzismo istituzionale, e della paura e del pregiudizio che questo riproduce nella “società civile”, piuttosto che di una reale “emergenza sicurezza” in “correlazione con l’immigrazione”, un’equazione distorta e riduzionista.

La dinamica è la stessa subita da chi migrava dalle regioni del sud Italia.

Naturalizzare lo stato di subordinazione che molta popolazione migrante e straniera subisce in termini di sfruttamento, discriminazione, diritti, è utile soltanto a Stato e padroni che si nutrono di questo allarmismo per portare avanti le loro economie assassine.

LE RILEVAZIONI DEI SERVIZI PER LE DIPENDENZE A BOLOGNA

Volendo prendere in considerazione le statistiche e le relazioni – parziali – fornite dall’Ausl di Bologna, queste identificano due categorie di consumatori che si rivolgono ai servizi per le dipendenze (SerD): i consumatori considerati “socialmente integrati”, indicati in aumento, persone pressochè inserite nel tessuto sociale e produttivo, coinvolte in particolare dal consumo problematico di alcol e cocaina, o come policosumatori, consumatori problematici di più sostanze – legali e/o illegali – e non di una sola sostanza elettiva (anche qui con la prevalenza di alcol e cocaina), e i consumatori considerati “socialmente marginalizzati”, una fascia di popolazione indicata in cambiamento (per età media e consumo) ma non in aumento per quanto riguarda l’afferenza ai servizi. Si tratta di una categoria di consumatori costituita in gran parte da persone ai margini del tessuto sociale, fuori dal processo produttivo, con scarsa disponibilità economica e spesso con problemi legati alla legge (consumatori di sostanze assunte per via innettiva, oppioidi, cocaina e consumatori di crack, sostanza il cui utilizzo si sta allargando e che sembra sostituire nel consumo l’eroina). L’Ausl indica che per ogni persona che si rivolge ai servizi sanitari per difficoltà di questo tipo, ce ne sono almeno altre cinque che non lo fanno. Per quanto riguarda la popolazione migrante l’accesso ai servizi resta difficile e complicato, sia per la burocrazia e le norme legate ai documenti, sia per le barriere linguistiche.

LA TESTIMONIANZA DI UNA LAVORATRICE

La testimonianza di un’operatrice ci informa di come all’interno dei SerD bolognesi (Servizi per le dipendenze) sia sempre più privilegiato un approccio burocratico, medicalizzante, psichiatrizzante e contenitivo, con ampio abuso della delega agli psicofarmaci nel “trattamento”, mentre trova sempre meno spazio la relazione, l’ascolto e la possibilità di accesso a supporto sociale concreto. Emerge un problema specifico per quanto riguarda la popolazione non residente, senza documenti e senza fissa dimora, per cui i servizi sono drasticamente ridotti e di minor qualità.

Aumenta anche il numero delle così dette “doppie diagnosi”, persone con problematiche di dipendenza certificate e una concomitante valutazione psichiatrica, in carico quindi contemporaneamente ai Serd (servizi per le dipendenze) e ai Csm (Centri per la salute mentale). Questo non necessariamente si traduce in un miglioramento dell’offerta di sostegno, anzi, spesso e volentieri determina un processo di delega e “rimpallo” tra servizi che può paralizzare percorsi e possibilità, oltre che determinare un accavallamento delle figure professionali coinvolte, generando lentezze e a volte confusione nella persona. Viene inoltre segnalato come tra le persone migranti in condizioni di fragilità sia diffuso l’abuso di rivotril e crack. In generale i tempi di attesa per una “prima visita” in alcuni servizi possono essere estremamente lunghi, in particolare in quello alcologico e in quello istituito per la popolazione considerata “vulnerabile” non residente; medici e operatori non possono dedicare molto tempo a persona, un po’ per un’organizzazione socio-sanitaria assolutamente scellerata, insensata e inefficace, un po’ per la legittimazione di una cultura sempre più miope in tema di sostanze e mortificante per quanto riguarda la relazione d’aiuto, i ruoli delle “professionalità” coinvolte e la loro formazione.

TRA PROIBIZIONISMO, CRIMINALIZZAZIONE, REPRESSIONE E CARCERE

Davanti a questo quadro la risposta statale continua ad essere la criminalizzazione di intere fasce di popolazione, il progressivo depauperamento dei servizi pubblici territoriali e di prossimità, l’appalto sempre maggiore dell’assistenza a cooperative-azienda e a lavoro sfruttato, e lo speculare rinforzo di strategie e interventi di tipo securitario e carcerario, tanto che alla Dozza, carcere della città, davanti a celle bollenti come forni e un sovraffollamento che sta sfiorando il 160% della capienza consentita – oltre 800 detenuti a fronte di 500 posti previsti, quindi circa 300 persone recluse in più – dopo gli arresti sensazionali degli ultimi giorni si stanno bloccando i nuovi ingressi. Una situazione decisamente in contraddizione con i recenti tentativi di maquillage e “re-branding” volti a coprire la violenza strutturale che caratterizza l’istituto carcerario cittadino.

Nonostante i laboratori antiproibizionisti da oltre 20 anni indichino come l’unico modo per stroncare alla radice i narcotraffici sia la depenalizzazione della coltivazione di cannabis per uso personale e il commercio legale delle foglie di coca – come chiedono le popolazioni indigene sudamericane da decenni – le politiche repressive e la caccia alle streghe su categorie sociali già marginalizzate e stigmatizzate non si arresta, anzi, appunto, li arresta: gli ultimi dati indicano che circa il 35% della popolazione detenuta è in carcere per violazione della legge sulle droghe, e che oltre il 40% di chi finisce in cella in Italia fa uso di sostanze o ha problemi di dipendenza che spesso esordiscono o si cronicizzano/acutizzano proprio durante la detenzione, alla faccia del tanto declamato “recupero sociale”. Questo è accaduto grazie a leggi razziste, discriminatorie e liberticide come la Fini/Giovanardi, la Bossi/Fini, la Cirielli, le leggi sulla sicurezza volute da Minniti e Salvini. Politiche repressive il cui bersaglio non è mai stato il grande narcotraffico – un giro miliardario che allo Stato e alle sue mafie fa evidentemente comodo così – ma, come sempre, chi non ha documenti, mezzi di sostentamento, reti sociali o non è spendibile in termini di profitto.

IL TESTO UNICO DELLE LEGGI IN MATERIA DI DISCIPLINA DEGLI STUPEFACENTI

Nell’ordinamento giuridico italiano la detenzione di sostanze stupefacenti è sanzionata dal DPR n.309/1990, Testo unico delle leggi in materia di disciplina degli stupefacenti e sostanze psicotrope, prevenzione, cura e riabilitazione dei relativi stati di tossicodipendenza. In particolare i due articoli rilevanti per quanto riguarda “droghe” e galera sono il 73, per il caso di detenzione ai fini di spaccio e il 75, per il caso di detenzione al fine di utilizzo personale.

L’articolo 73 recita “Chiunque, senza l’autorizzazione di cui all’articolo 17, coltiva, produce, fabbrica, estrae, raffina, vende, offre o mette in vendita, cede, distribuisce, commercia, trasporta, procura ad altri, invia, passa o spedisce in transito, consegna per qualunque scopo sostanze stupefacenti o psicotrope di cui alla tabella I prevista dall’articolo 14, è punito con la reclusione da sei a venti anni e con la multa da euro 26.000 a euro 260.000”.

Questa legge continua a rappresentare la principale causa di ingresso nel sistema giudiziario italiano e di detenzione nelle patrie galere.

MANGIATE LE CAROTE RESTA SOLO IL BASTONE

Mentre sanità e servizi sprofondano inesorabilmente verso il baratro sotto gli occhi – e sulla pelle – di tutti, e le spese militari aumentano, le politiche della “tolleranza zero” si confermano strumento di governo delle diseguaglianze per il mantenimento dello status quo, una dissimulata guerra ai poveri e alle dissidenze volta ad isolare chi, per rifiuto o necessità, vive ai margini delle città, mirando a spostare questi margini, sempre un po’ più in là.

Distrutte comunità e legami, ridotti quegli ammortizzatori sociali che consentivano di scaricare parzialmente i danni prodotti dal capitalismo sulla “cosa pubblica”, accentuato lo sfruttamento, la precarizzazione e l’insicurezza lavorativa, non deve stupire il naturale determinarsi di situazioni di conflitto e attrito all’interno delle città, non riconducibili ad ambiti di compatibilità. Per neutralizzarli, esaurita la strada del welfare state, non rimane che quella repressiva. A noi, non resta che la lotta.


Link alla versione pdf del testo e alle note: UN DESERTO CHIAMATO SICUREZZA

OPERAZIONE PANICO: RIGETTATO IL RICORSO. MANDATO DI ARRESTO PER UN COMPAGNO

Ieri, 14 luglio 2023, si è concluso il processo per l’operazione Panico.
La Cassazione ha rigettato in toto il ricorso presentato dagli avvocati per 9 imputati/e, confermando quindi la sentenza della Corte d’Appello con pene che vanno dai 2  anni e 3 mesi agli 8 anni.

L’esito del ricorso è stato reso noto in serata ed è stato emesso subito il mandato di arresto per Paska che, intorno alla mezzanotte di ieri, è stato arrestato a Bologna e tradotto nel carcere della Dozza.

Per scrivergli:

Pierloreto Fallanca

Casa Circondariale di Bologna Rocco D’Amato (Dozza)

Via del gomito 2

40127

Bologna

Libertà per tutti e tutte

AGGIORNAMENTI SULLA RECENTE INDAGINE PER 270BIS E SULL’OPERAZIONE “RITROVO” DEL 2020 A BOLOGNA

Diffondiamo un aggiornamento sulla recente indagine per 270 bis che sta coinvolgendo compagnx bolognesi e trentini, e un aggiornamento sull’operazione “Ritrovo” del 2020 a Bologna.

Bologna, 30 maggio 2020- corteo in solidarietà all* arrestat* nell’operazione “Ritrovo”.

Il 5 luglio i R.I.S. di Parma hanno iniziato ad analizzare, tramite accertamenti irripetibili, il materiale repertato in fase di indagine e inviato loro dai R.O.S. , nell’ambito dell’indagine per 270bis depositata il 13 giugno dal procuratore Gustapane per 4 compagni e compagne di Bologna e due a Rovereto. Curiostà: i reperti in questione sono arrivati all’attenzione dei R.I.S. tramite pacco Amazon, che a quanto pare per loro è il mezzo più sicuro per il trasporto di tali oggetti. Le fasi di analisi sono state seguite da un perito nominato dall* indagat* e si sono concentrate sulla ricerca, sul materiale repertato, di eventuale materiale biologico ed ematico nonché impronte digitali e indagini merceologiche. Il materiale analizzato il 5 luglio riguarda volantini, bottiglie di plastica e resti di materiale combusto. Precedenti analisi di questo tipo erano già state effettuate su altri reperti, di cui non siamo ancora a conoscenza, prima che gli indagati da ignoti passassero a noti, così come è stata già effettuata in precedenza l’analisi di liquidi repertati, per evitarne il degradamento in tempi lunghi.
Nel frattempo è stata fissata al 20 ottobre l’udienza preliminare dell’operazione Ritrovo. In fase di riesame era caduto il reato associativo, restano in piedi i reati specifici di concorso in istigazione a delinquere, danneggiamento, imbrattamento e danneggiamento mezzo incendio. L’operazione Ritrovo era scattata il 13 maggio 2020 e aveva portato in carcere 7 compagni e compagne a Bologna più altre 5 con firme e obblighi di dimora. Alla base dell’operazione c’era l’accusa di 270bis per tutti/ le indagate/i, dopo anni di indagini da parte dei R.O.S. relative a compagni e compagne anarchiche e allo spazio di documentazione Il Tribolo, apparse al G.I.P. meritevoli di custodie cautelari come “prevenzione sociale” nel clima di lockdown e soprattutto in conseguenza della solidarietà portata ai rivoltosi del marzo 2020 nelle carceri italiane. Dopo 18 giorni il riesame aveva portato alla caduta del reato associativo e all’uscita dal carcere dei/lle compagni/e, alcuni/e dei quali erano state sottoposte ad obbligo di dimora per sei mesi. Come strascico dell’operazione Ritrovo erano state chieste 6 sorveglianze speciali, di cui una sola è stata eseguita per un compagno nell’autunno 2022, dopo 1 anno e mezzo da quando gli era stata comminata, per la durata di due anni. Nel corso delle indagini, chiuse a gennaio 2021, altre tre persone sono state iscritte nel registro degli indagati per reati di danneggiamento e imbrattamento in episodi di piazza.
Seguiranno aggiornamenti.

COME UNA FORESTA IN CITTÀ

Bologna – Ieri sera dopo la proiezione di “Come una foresta in città”, documentario sulla storia di Xm24, un corteo spontaneo ha attraversato la Bolognina fino a raggiungere il cantiere dell’Ex Mercato. Una parte della recinzione in legno è stata abbattuta. L’amministrazione ha già provveduto a chiudere il varco.

CONTRO LA TORTURA DEL 41 BIS, DALLA PARTE DI CHI LOTTA

Da: Smash Repression Emilia Romagna

Nei giorni scorsi alcune compagnx bolognesx e trentinx hanno ricevuto un avviso di apertura indagini per fatti inerenti alla mobilitazione in solidarietà ad Alfredo Cospito contro l’ergastolo ostativo e la tortura del regime di 41 bis. L’accusa si riferisce all’articolo 270bis, associazione sovversiva con finalità di terrorismo, un dispositivo giudiziario volto a spezzare la solidarietà e a colpire chi lotta per un mondo senza galere.

Alle due Street Parade che hanno attraversato Bologna al grido di “Smash Repression!” siamo scese nelle strade per rivendicare il corpo come strumento di lotta, in queste occasioni non è mancata la solidarietà a chi, in sciopero della fame da mesi e non avendo altri mezzi, stava usando il suo per rompere il muro di silenzio e omertà intorno al carcere duro. Sui carri e per le strade, striscioni, comunicati, scritte sui muri, in tantissimi si sono espressi contro la società carceraria al fianco di Alfredo.

In questo contesto di recente alcunx compagnx hanno ricevuto denunce per imbrattamento e resistenza a pubblico ufficiale relative alla street che ha attraversato Bologna a dicembre 2022.

In tutta Italia in questi giorni molte compagne e compagni stanno subendo indagini, perquisizioni, oltre che misure cautelari.

Sembra che lo Stato voglia punire duramente, e con ogni mezzo, chiunque abbia osato o intenda supportare questa mobilitazione.

Esprimiamo la nostra solidarietà alle compagne e ai compagni colpitə.

Chi lotta non è mai solo!

BOLOGNA: LA GUERRA DEI TANUKI NELL’EPOCA DELLA GENTRIFICAZIONE [PROIEZIONE]

Diffondiamo:

*INIZIATIVA ANNULLATA*

Mercoledì 28 al parchetto di via Fioravanti proiezione di:

Pom Poko – La Guerra dei Tanuki del Periodo Heisei, regia di Isao Takahata (Giappone, 1994)

Nel pieno del boom economico del Giappone, la città di Tokyo necessita sempre più di spazi da cementificare per accogliere la sua crescente popolazione. Un progetto di espanzione urbana, che minaccia la deforestazione e la distruzione di una collina, vede un’inaspettata quanto improbabile opposizione in un gruppo di coraggios* Tanuki, piccoli mammiferi simili ad un misto tra cane e procione dotati di particolarissimi poteri. Riusciranno i simpatici animaletti a difendere il proprio habitat dalle grinfie dell’Uomo? Dallo storico Studio Ghibli (fondato dal maestro Hayao  Miyazaki e dallo stesso Takahata) una piccola perla dell’animazione nipponica che getta uno sguardo particolare sul problema della cementificazione e sulle ricadute che le attività umane hanno sull’ambiente naturale.

Mercoledì 28 giugno al calar del sole ci ritroviamo al parchetto di via Fioravanti per la proiezione del film, per ri-appropiarci della socialità e degli spazi che i progetti di cementificazione e gentrificazione tentano di toglierci. Proprio come i Tanuki scegliamo di resistere e opporci al modello capitalista di questa società, che sempre di più agisce su di noi cercando di reprimerci. Per questo motivo ribadiamo che gli spazi siamo noi a crearli e non aspettiamo che ce li diano.
Ci rivendichiamo la solidarietà come strumento di lotta e resistenza davanti ad uno stato che oggi più che mai ci vorrebbe zitti e omologati.
Esprimiamo la nostra solidarietà agli indagati per 270 bis e a chi lotta dentro e fuori le carceri.

Prima della proiezione dibattito su cementificazione/gentrificazione, per riflettere collettivamente e pensare a nuove prospettive.
Tutti i banchetti sono benvenuti (portati tavolo e luci!).
Il tutto sarà animato da dj set con cenetta a cura del collettivo cannibale.

Resistere è meglio che cementificarsi