BOLOGNA, UN 270 TIRA L’ALTRO. AGGIORNAMENTI SU ALCUNI PROCEDIMENTI IN CORSO

Sull’inchiesta per 270bis in corso

A fronte dell’autorizzazione al prelievo coatto di DNA, firmata dalla GIP Roberta Malavasi, alle/i indagate/i è stato notificato un ordine a comparire per la fine di dicembre.

In questa prima fase, per coloro che si trovavano a Bologna, l’appuntamento si è svolto in modo pressoché identico. Giunti in caserma gli sbirri preposti al prelievo, verificato che non si fosse accompagnati dal proprio avvocato e che ci si rifiutava di attendere l’arrivo di un legale d’ufficio, hanno proceduto con una denuncia per “rifiuto di adempiere all’ordine dell’autorità” (art. 650)

Sulla base di un ulteriore decreto autorizzativo firmato dallo stesso giudice, alle/i indagate/i è stata notificata una nuova data per metà gennaio.

In questa seconda fase, la maggior parte delle/i indagate/i si è presentata all’appuntamento pur senza collaborare in alcun modo al prelievo. Quanti avevano invece scelto di disertare del tutto l’ “ordine a comparire”, a metà febbraio sono stati prelevati a casa o sul posto di lavoro, sulla base di un accompagnamento coattivo.

Ricordiamo che il pretesto per questa operazione di schedatura sarebbe il ritrovamento di materiale biologico su un accendino “rinvenuto in prossimità del luogo dei fatti [in riferimento all’incendio dei ripetitori di Monte Capra], risultato appartenere (il profilo) ad un soggetto ignoto di sesso maschile”. Per questo fatto sono indagati/e solo 5 tra i/le 19 compagni/e, coinvolte/i nell’indagine.

Riportiamo il testo di un breve volantino distribuito, tra gli altri, al presidio del 19 febbraio “Contro la guerra esterna, contro la guerra interna, contro la schedatura genetica”:

A Bologna la caccia dei carabinieri del ROS al DNA anarchico continua. A tutti gli effetti si tratta del tentativo di realizzare una vera e propria schedatura su base ideologica: più DNA a disposizione significa più possibilità di sfornare indagini e processi.

Si parte da un fatto, avvenuto nell’estate 2022, un attacco incendiario ai danni di alcuni ripetitori, in opposizione alla guerra in Ucraina e alla imposizione del 41bis al compagno anarchico Alfredo Cospito. Il fatto, contestato a cinque compagni/e, ha fatto da pretesto per una schedatura che coinvolge ben 19 persone, a loro volta fatte oggetto di sospetto perché, a vario titolo, coinvolte in lotte anarchiche o contro il 41bis.

Di fronte al ricatto del prelievo coatto ciascuna delle 19 persone ha dovuto scegliere, in base alle proprie possibilità e condizioni di vita, se cedere il proprio DNA o meno. Attualmente almeno tre persone hanno scelto di non collaborare in modo assoluto, di non subire il ricatto. Hanno scelto di non presentarsi all’appuntamento dato per il prelievo coatto, di non cedere quel microscopico pezzo di loro utile ad agevolare questa e successive sporche indagini. Verso di loro è quindi stato disposto un accompagnamento coatto. Volanti e sbirri sono stati sguinzagliati alla loro ricerca, prelevandoli/e da casa, o dal lavoro, trasportandoli/e in caserma, aprendone a forza la bocca alla presenza di ignoti avvocati di ufficio a far da garanzia legale a questa violenza.

Questi compagni/e hanno tutto il nostro sostegno. Nell’affermarlo ribadiamo la nostra opposizione:
– alla schedatura genetica, che sia o meno su base ideologica
– a pratiche ammantate di certezza scientifica, ma di fatto basate su calcoli di probabilità e il cui solo scopo è arrivare a condanne facili verso i soliti sospettati.
– a una tecno-scienza che ci identifica come codici parziali, usata come arma in mano a inquisitori tutt’altro che degni di fiducia.

Ancor più in questi tempi di guerra crediamo che la solidarietà e la lotta siano l’unico argine possibile contro chi uccide, sfrutta affama e reprime.

Solidali con chi ha subito il ricatto del prelievo forzato.
Complici con chi ha deciso di opporsi.

Chiusura indagini per i due cortei dello scorso inverno in solidarietà ad Alfredo e contro il 41 bis

In questi mesi abbiamo appreso della conclusione delle indagini per i due cortei che lo scorso inverno si erano svolti in città in solidarietà ad Alfredo e contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Alfredo, tutt’ora detenuto in 41bis, era allora in sciopero della fame già da mesi, le sue condizioni fisiche si stavano deteriorando. All’interno della campagna internazionale che aveva coinvolto tantissime persone, non solo anarchiche/i, chi era in questa città aveva deciso di contribuire scendendo in strada in modo determinato, indicando alcuni dei responsabili della miseria quotidiana di questo mondo, portando solidarietà ai detenuti del carcere minorile del Pratello che in quel periodo avevano scelto di rivoltarsi contro le angherie subite.

Per il corteo del 21 dicembre 8 compagne/i, non solo di Bologna, sono accusati a vario titolo di corteo non autorizzato, imbrattamento, danneggiamento, resistenza, accensioni pericolose e porto di oggetti atti ad offendere.

Per il secondo del 19 gennaio 2023 le/i compagne/i coinvolti sono 16, la maggior parte della provincia di Bologna e Forlì. Le accuse sono di manifestazione non autorizzata, danneggiamento, imbrattamento, accensioni pericolose, porto di oggetti atti ad offendere, violenza privata, diffamazione, contraffazione e diffusione di notizie false.

Le parti offese sono lo Stato Italiano, il comune di Bologna, alcuni istituti di credito tra cui Intesa San Paolo, Eni Enjoy, TIM e il Resto del Carlino.

Entrambe queste indagini sono state condotte dalla DIGOS che, evidentemente, non poteva proprio rimanere a mani vuote.

Sull’udienza preliminare dell’Operazione Ritrovo

Il 21 febbraio 2024 si è tenuta presso il Tribunale di Bologna l’udienza preliminare dell’Operazione Ritrovo, avviata dai ROS nel 2018 e coronata nel 2020 da 7 arresti e 5 obblighi di dimora con rientro notturno con le accuse di 270 bis, istigazione a delinquere, incendio, danneggiamento e imbrattamento. In sede di riesame, a fine maggio 2020, l’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” era caduta, le misure
cautelari ridimensionate ad obblighi di dimora con rientro notturno per alcunx e, per altrx, venute meno. Nei mesi successivi erano state avanzate richieste di sorveglianza speciale per 7 compagnx coinvoltx in questa vicenda; solo una è poi andata in porto (per la durata di 2 anni e con obbligo di dimora nel comune di Bologna) a carico di un compagno accusato di essere stato l’autore dell’incendio di un ripetitore nel 2018, fatto inserito tra le cartacce dell’operazione Ritrovo.

I fatti qui riassunti, va ricordato, sono avvenuti nel periodo successivo al lockdown del 2020, alle rivolte nelle carceri e alla solidarietà che ad esse è seguita. Il PM Dambruoso, nella conferenza stampa successiva agli arresti, aveva apertamente sbandierato la natura preventiva delle misure cautelari attuate. Dopo mesi di restrizioni e divieti imposti a tutta la popolazione per l’emergenza COVID lo Stato dichiarava apertamente il timore che la rabbia sociale potesse deflagrare, non solo internamente alle galere (come avvenuto durante le rivolte) ma anche fuori. Se dentro le gabbie le guardie non si erano fatte scrupolo di reprimere a suon di botte e torture le legittime richieste e preoccupazioni delle persone detenute, arrivando ad ammazzare 14 persone, fuori lo Stato aveva la necessità di tenere sedate le coscienze instillando paura e minacciando con la repressione. In tal senso le misure cautelari richieste a Bologna a carico di 12 anarchicx dovevano essere un monito verso chi non accettava di buon grado le forme di controllo sociale sperimentate dallo Stato durante i lockdown, e ancor più verso chi ancora credeva che fosse quantomai necessario continuare a lottare.

A distanza di quasi 4 anni si è tenuta l’udienza preliminare. Un’operazione partita con il roboante 270 bis vede ora il rinvio a giudizio di 10 compagni per i soli capi d’imputazione di imbrattamento e danneggiamento. Per l’ istigazione a delinquere (manifesti e scritti) e il danneggiamento mezzo incendio (un ripetitore incendiato affiancato dalla scritta
“Spegnere le antenne risvegliare le coscienze”) è stato dichiarato il “non luogo a procedere”. Quattro compagnx sono statx proscioltx da ogni accusa.

I 14 detenuti ammazzati nelle carceri nel marzo 2020 e quelli torturati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile dello stesso anno, invece, continuano a gridare vendetta. Mai come ora, mentre si consuma in diretta mondiale il genocidio della popolazione palestinese per mano dello Stato di Israele con la complicità delle democrazie occidentali, è chiaro quanto la violenza assuma nella narrazione del potere un valore differente a seconda di chi la attua: viene chiamata terrorismo quando parte dal basso, quando è diretta contro gli autori di stragi, torture e devastazioni perpetrate dall’alto; viene chiamata democrazia quando è il massacro degli ultimi, così nelle carceri nel 2020 così come oggi nei territori di Gaza.

A FIANCO DEL POPOLO PALESTINESE E DI CHI CONTINUA A LOTTARE CONTRO LA VIOLENZA DEL POTERE, A OGNI LATITUDINE, DENTRO E FUORI LE GABBIE.

A FIANCO DI ANAN YAEESH, PRIGIONIERO PALESTINESE NELLE CARCERI
ITALIANE PER CUI ISRAELE CHIEDE L’ESTRADIZIONE E DI TUTTX LX PRIGIONIERX PALESTINESI.

A FIANCO DI ILARIA, TOBIA, MAJA, GABRIELE E TUTTX LX ANTIFASCISTX IN CARCERE IN UNGHERIA O CON RICHIESTA DI ESTRADIZIONE.

A FIANCO DEX COMPAGNX ANARCHICX RINCHIUSI IN CARCERE O CON MISURE RESTRITTIVE IN OGNI PARTE DEL MONDO.

CON ALFREDO NEL CUORE E CONTRO LA TORTURA DEL 41 BIS

Bologna, febbraio 2024
Anarchiche e Anarchici

BOLOGNA: MANIFESTAZIONE CONTRO LE OPERE INUTILI, IMPOSTE E DANNOSE

Diffondiamo:

Sabato 9 marzo, ore 14 – Piazza Maggiore

“Come è trattato l’ambiente a Bologna? Ce lo dicono le reti arancioni che stiamo vedendo dappertutto, ce lo mostrano le centinaia di alberi tagliati ai bordi della tangenziale, nei parchi e nelle strade. Nonostante il consumo di suolo in atto, nella regione Emilia Romagna si costruisce al ritmo di 2 mq al secondo.”

IL PARCO DON BOSCO NON SI TOCCA! GIÙ LE MANI DI SPECULATORI E PALAZZINARI DALLA CITTÀ!

BOLOGNA: MICROZAD AL PARCO DON BOSCO

Cosa ci fanno delle casette sull’albero al Parco Don Bosco? Perché c’è sempre gente, iniziative e socialità? Cosa succede a Bologna accanto alle Scuole Besta? Di seguito un piccolo racconto, sicuramente parziale e non esaustivo, dell’inedita resistenza che sta vedendo protagonista un parco e i suoi abitanti, nel contesto del cemento bolognese.

Da diversi mesi un comitato di cittadinx è riuscito a rompere il silenzio intorno al progetto di “riqualificazione” delle scuole Besta. Parliamo di oltre 18 milioni di euro per abbattere decine di alberi ad alto fusto, distruggere la fauna presente, non ristrutturare e demolire la scuola esistente, e ricostruirne una nuova accanto – “green” – asfaltando il parco. Un vero capolavoro.

Il 16 dicembre 2023 circa duecento persone tra abitanti e giovani del quartiere, collettivi e realtà ecologiste, cittadine e cittadini in lotta contro il Passante di mezzo, e un’idea di città escludente ed esclusiva, hanno attraversato il quartiere San Donato in corteo per dire no alla devastazione del Parco Don Bosco. Sono state organizzate iniziative, momenti di incontro e confronto, oltre che costanti presidi per impedire l’inibizione dell’accesso al parco.

Il 29 gennaio, quando operai e municipale si sono presentati per recintare definitivamente l’area in vista degli abbattimenti, un gruppo di cittadinx si legato agli alberi, mentre le abitanti del quartiere hanno divelto le recinzioni per impedire l’allestimento del cantiere. Da quel giorno il Parco Don Bosco è presidiato costantemente, animato da iniziative, momenti di incontro e libera socialità, colazioni, pranzi, cene, merende, bricolage, sculture in legno, casette sull’albero, tende, tessuti, trapezi, musica e discussioni!

Una situazione assolutamente inedita e singolare per le nostre latitudini, soprattutto all’interno di contesti iper-urbanizzati, una vera e propria micro ZAD in città – Zone a Defendre, Zona da difendere – inserita come un cuneo tra i palazzi della fiera e i progetti dell’amministrazione, in cui abitanti del quartiere, di età e generazioni diverse, si stanno incontrando, vincendo pregiudizi e paure, non solo per difendere un parco, ma contro un modello di sviluppo insensato che annienta la vita di individui, territori e comunità, e un’idea di città “green” come il colore dei soldi. In barba a chi avrebbe già voluto vederlo distrutto, il Parco Don Bosco oggi è più vivo che mai!

ZAD – Zone a Defendre, Zona da Difendere – è un neologismo francese che indica quelle occupazioni che hanno lo scopo di bloccare progetti dannosi e nocivi per comunità e ambienti, rendendo possibile, qui e ora, la riappropriazione collettiva da parte delle comunità dei territori che abitano, oltre le logiche del consumo e del profitto.

Qualcuno non aveva fatto i conti con una comunità ostinata!
Siamo tuttx invitatx a presidiare il Parco!

IL PARCO DON BOSCO NON SI TOCCA!

Alcunx abitanti in lotta


Testo in PDF: MICROZAD AL PARCO DON BOSCO

BOLOGNA: TAZ – TEMPORARY AUTONOMOUS ZONE

Diffondiamo:

In risposta alla repressione che prova ad inficiare ogni forma di autodeterminazione ed emancipazione collettiva, che tenta costantemente di demonizzare l’autogestione relegandola ad un problema di ordine pubblico, abbiamo deciso di occupare e costruire collettivamente giornate di libertà e anarchia.

Dalle 18:00
Presentazione delle fanzine “Repressione e acidità di stomaco”:
-Presi a Maalox

Dalle 20:00
-Tavola rotonda tema:
Free party  e  repressione

Dalle 22:00
Proiezioni di KomaK (2002) diretto da Alberto Grifi e a seguire altri film..

A SEGUIRE BALLI PROIBITI…

Double stage!

Area chill out , info point, intervento RdR

TAZ in diretta con Radio Spore

Stand autoproduzioni, Bar, Buffet

NO MACHISM , NO FASCISM, NO SEXISM, NO RACISM

NO SOCIAL, NO DIRETTE, NO FOTO

VIA PRATI DI CAPRARA 12, BOLOGNA

BOLOGNA: IN PIAZZA CONTRO LA MILITARIZZAZIONE DELLA BOLOGNINA

I controlli ad “alto impatto” inaugurati a gennaio dell’anno scorso con la visita in città del ministro Piantedosi in queste settimane hanno trovato nuovo slancio in Bolognina: blitz, vere e proprie retate interforze con ampio dispiegamento di uomini e mezzi, quotidiani e sistematici, con chiara impronta razziale. Sono stati setacciati bar, attività, associazioni, è stato violato un intero quartiere.

Fermiamo le politiche securitarie in quartiere!

Martedì 23 gennaio alle 18:30 tuttx in Piazza dell’Unità!

UNA RIQUALIFICAZIONE SPIETATA

Diffondiamo un contributo contro la riqualificazione del Parco Don Bosco e delle Scuole Besta a Bologna.

Da: Senza chiedere permesso – Mercatino autogestito delle autoproduzioni.

Impossibile non incontrarsi nella solidarietà contro la riqualificazione del Parco Don Bosco e delle Scuole Besta:

Parliamo di oltre 18 milioni di euro per abbattere decine di alberi ad alto fusto, distruggere la fauna presente, demolire la scuola esistente e ricostruirne una nuova accanto – “green” – asfaltando il parco. Un vero capolavoro.

La cementificazione del parco Don Bosco è il volto di una città che non guarda in faccia a nessuno: abitanti, insegnanti, ex insegnanti, genitori di alunnx ed ex alunnx, associazioni.

Non servono grandi analisi, il grido delle Scuole Besta in lotta è inequivocabile: l’edificio più green è quello che è già in piedi.


L’uso strumentale della retorica green, della cooperazione, della partecipazione e dell’inclusione, si schianta con le rivendicazioni di chi gli spazi li vive dal basso.

Non si può accettare in nessun modo la devastazione di un parco frequentato e amato da tuttx gli/le abitanti del quartiere, e la conseguente distruzione di uno dei pochi polmoni verdi nella sempre più cementificata zona Fiera, dove l’aria che si respira è tra le più inquinate d’Europa.

Un progetto, la nuova scuola, in cui si ostentano paroloni come “innovazione scolastica”, “pedagogia cooperativa”, “pedagogia laboratoriale”, quando l’operazione rappresenta un passo indietro non solo per quanto riguarda la sostenibilità e l’impatto ambientale ma anche dal punto di vista didattico: contrariamente alla scuola attuale – progettata alla fine degli anni ’70 con il lavoro congiunto di architetti, pedagogisti ed insegnanti – il nuovo progetto prevede una struttura rigida con aule e corridoi, senza quegli ambienti di espansione delle aule per attività di gruppo e lezioni flessibili, e senza la proiezione delle aule verso il giardino e l’esterno, che caratterizzano l’attuale scuola. Un’operazione che comporterebbe un significativo peggioramento della fruizione degli spazi, della didattica, della vivibilità della scuola e della salubrità degli ambienti per alunnx e insegnanti.

Un edificio che secondo la stesse leggi di chi governa dovrebbe essere tutelato in quanto bene artistico, storico e culturale, come avvenuto per un’altra scuola della stessa architetta, e su cui dovrà pronunciarsi la Soprintendenza ai beni culturali a febbraio.

Se è vero che le scuole Besta necessitano di lavori a causa dei deterioramenti subiti nel corso degli anni, della mancata manutenzione, degli adeguamenti alle normative antisismiche, della scarsa efficienza energetica, è vero anche che non c’è nessun motivo valido per abbatterle e non ristrutturarle.

Vi sono inoltre errori procedurali sui cui l’amministrazione sta tentando di glissare e che potrebbero ostacolare l’ignobile proposito demolitore. Il comitato nato a difesa del parco e della scuola, studiando le carte del progetto, ha scoperto che «per l’erogazione dei fondi del PNRR […] è necessario rispettare il cosiddetto principio DNSH, Do Not Significant Harm, ovvero “non arrecare danni significativi all’ambiente”. Un principio tecnico che deve essere contenuto in una relazione specifica. “Ma la relazione allegata alla delibera di approvazione del progetto non dimostra nulla — dice il comitato — perché è̀ stata utilizzata una scheda sbagliata della specifica Guida operativa del ministero dell’Economia e della Finanza, ovvero la scheda 2 delle ristrutturazioni invece della scheda 1 relativa ai nuovi edifici da costruire e interventi di demolizione e ricostruzione».

Mentre l’amministrazione cerca di convincere la cittadinanza della bontà dell’impresa parlando di rigenerazione dell’area verde nella zona di demolizione – quando è noto che questi suoli non si rigenerano con la bacchetta magica – nel progetto compare – magia, questa si! – la possibilità di destinare parte dell’area ad un eventuale parcheggio, qualora la vicina Fiera ne avesse bisogno.

Siamo convinte che non c’è ecologismo senza anticapitalismo e lotta di classe.

Capitalismo e violenza istituzionale sono due facce della stessa medaglia, una ricetta che la giunta PD ha imparato a vendere bene grazie a strategie di comunicazione e marketing di tipo aziendale.

Non si può guardare alla riqualificazione del parco Don Bosco senza inserirla nel processo che vede coinvolto in egual modo l’arrivo dell’alta velocità e la costruzione della nuova stazione, la Trilogia Navile, la Tettoia Nervi, l’opera di Giulia Srl e delle P Tower, il complesso Unipol, gli Student Hotel, le operazioni speculari in Cirenaica e nel quartiere San Donato, il Tecnopolo, la riqualificazione del polo fieristico, Fico, il People Mover, il Tram, il Passante di Mezzo.

Una città lanciata in corsa sul podio del prestigio europeo, lo stesso “prestigio” che determina un aumento generalizzato del costo della vita, che devasta pianure, Appennini e montagne, e che fonda le sua ricchezza su lavoro sfruttato e alienato.

Scelte politiche precise volte a una turistificazione selvaggia del territorio, che si abbattono sistematicamente su chi vive già discriminazioni di classe, genere e cittadinanza, creando terreno fertile per le destre xenofobe, pronte a raccogliere consenso cavalcando malcontento, paure e stereotipi.

Se a livello internazionale massacri, guerre e genocidi si intensificano, a livello locale aumenta lo sfruttamento, il disciplinamento e il controllo sociale: in ogni città le lotte per l’abitare e per la casa, così come quelle ambientaliste ed ecologiste, vengono duramente represse. La scuola, divenuta territorio di conquista militare, mostra sempre più il suo volto di agenzia al soldo del potere, volta a selezionare la nuova classe dirigente e la nuova classe da sfruttare. Ciò che rimane della sanità pubblica e territoriale viene inesorabilmente smantellato e privatizzato, per privilegiare paradigmi discrezionali di stampo classista e autoritario. Dentro le carceri, nei cpr, alle frontiere, si muore, mentre all’esterno vivere diventa sempre più difficile per moltx.

Una realtà in cui emerge sempre più evidente la necessità di sovvertire l’esistente e lottare!

SPECULAZIONE, PROFITTO E CEMENTO:
COMBATTEREMO CONTRO OGNI ABBATTIMENTO!

CON IL PARCO DON BOSCO E LE SCUOLE BESTA IN LOTTA,
CONTRO LA CITTÀ VETRINA

Versione del testo stampabile qui -> UNA-RIQUALIFICAZIONE-SPIETATA


Link utili:

https://www.wumingfoundation.com/giap/2023/12/balle-green-scuole-besta/

https://sollevamentiterra.noblogs.org/post/2023/12/13/chiacchiere-con-il-comitato-scuole-besta/

https://www.bolognatoday.it/cronaca/pnrr-via-conoscenza-bolognina.html


Le immagini nel testo con quelle “creature strane” sono tratte dal film “Guida Galattica per autostoppisti” ispirato al romanzo di Douglas Adams del 1979.

Per fare posto ad una superstrada alcune ruspe minacciano di demolire la casa di Arthur Dent; ma la sorte dell’abitazione di Arthur Dent è niente rispetto a quanto sta per accadere a tutto il pianeta: una flotta spaziale Vogon è pronta a demolire la terra per conto dell’Ente Galattico Viabilità, per far posto ad una nuova superstrada iperspaziale.

POPOLO DELLA TERRA, ATTENZIONE, PREGO. QUI PARLA LA COMMISSIONE PER LA PIANIFICAZIONE DELL’IPERSPAZIO GALATTICO. I PIANI DI SVILUPPO DELLE ZONE PERIFERICHE DELLA GALASSIA RICHIEDONO LA COSTRUZIONE DI UNA SUPERSTRADA IPERSPAZIALE ATTRAVERSO IL VOSTRO SISTEMA STELLARE. IL CHE RENDE SFORTUNATAMENTE NECESSARIA LA DEMOLIZIONE DI ALCUNI PIANETI TRA CUI IL VOSTRO. I LAVORI AVRANNO INIZIO IMMEDIATO E DURERANNO CIRCA DUE MINUTI TERRESTRI. GRAZIE.

I Vogon, le creature rappresentate nelle foto, sono ottusi burocrati zelanti che senza un ordine in triplice copia spedito, ricevuto, verificato, smarrito, ritrovato, soggetto a inchiesta ufficiale, smarrito di nuovo ed infine sepolto nella torba per tre mesi e riciclato come cubetto accendifuoco, non alzerebbero un dito per salvare nemmeno la propria nonna.
 La maggior parte dei Vogon è impiegata negli uffici della burocrazia galattica e nella Flotta costruzioni Vogon, un lavoro che permette loro di vivere una vita socialmente accettabile pur seminando distruzione nell’universo.

AGGIORNAMENTI SULL’INCHIESTA PER 270BIS IN CORSO A BOLOGNA

Diffondiamo:

La procura di Bologna avanza nell’inchiesta per 270bis contro 19 compagne e compagni anarchici di Bologna e del Trentino, procedendo questa volta con la richiesta coatta di DNA firmata dalla GIP Roberta Malavasi.

A metà novembre 2023 le abitazioni delle stesse 19 persone erano state perquisite ed era stato richiesto a tutti di sottoporsi a prelievo volontario del DNA. Al rifiuto di (quasi) tutti e tutte le indagate di rilasciare il proprio DNA, la procura ha celermente provveduto con una richiesta di prelievo coattivo di campioni biologici.

Brevemente ricordiamo che tra i/le 19 compagni/e sotto indagine, 11 sono accusati/e di associazione con finalità di eversione dell’ordine democratico (270bis), e vari fatti specifici, ovvero: il tentato danneggiamento di alcuni mezzi della MARR, l’ incendio di alcuni ripetitori, l’interruzione di una messa, l’occupazione di una gru e il blocco di una via con dei cassonetti incendiati; su di essi non ha senso entrare nel merito, se non per dire che sono gesti che riteniamo giusti e assolutamente comprensibili all’interno del clima di lotta in cui si sono espressi, ovvero nell’ambito della mobilitazione di solidarietà al fianco di Alfredo Cospito contro il 41 bis.

Altre 8 persone tra i/le perquisiti/e risultano indagati/e unicamente per la partecipazione al presidio solidale svoltosi in occasione dell’occupazione di una gru nel centro di Bologna, dalla quale venne calato un lungo striscione con la scritta “IL 41 BIS UCCIDE, ALFREDO LIBERO, TUTTXLIBERX.
MORTE ALLO STATO”.

In seguito alla repertazione da parte del ROS di alcuni materiali in corso di indagini, nel mese di luglio erano stati eseguiti sugli stessi degli accertamenti (irripetibili e non) dai RIS di Parma, in cerca di tracce biologiche e impronte digitali. Ad accertamenti conclusi, né i/le indagati/e né gli avvocati né il perito di parte (presente durante gli accertamenti) sono stati informati degli esiti di queste operazioni. Solo attraverso l’ordinanza di prelievo coatto siglata dalla GIP ne siamo venuti/e a conoscenza, scoprendo che le uniche tracce di qualche interesse investigativo sono state trovate “su di un accendino rinvenuto in prossimità del luogo dei fatti [in riferimento all’incendio dei ripetitori di Monte Capra], risultato appartenere (il profilo) ad un soggetto ignoto di sesso maschile”. Per questo fatto specifico sono indagati/e solo 5 tra i/le 19 compagni/e, ma il prelievo viene imposto per tutti/e poiché, sostiene la giudice, è assolutamente necessario verificare “se l’accendino rinvenuto sul luogo dell’attentato incendiario sia riconducibile direttamente o indirettamente (per le donne) agli attuali indagati o agli altri soggetti appartenenti alla galassia anarco-insurrezionalista che ha rivendicato l’attentato”.

Crediamo non serva essere esperti di diritto per capire che in questa vicenda il prelievo coattivo del DNA abbia solo in parte a che fare con la costruzione del “colpevole”, ma rappresenti piuttosto un pericoloso precedente nel normalizzare l’opera di schedatura genetica su base ideologica.

Se nella repressione anarchica e non solo questo tipo di modalità risulta tutt’altro che innovativa (con rocamboleschi furti di spazzolino e caccia tra mozziconi di sigarette), crediamo che questo caso rappresenti un ulteriore, grave, avanzamento della repressione del dissenso tutto.

Il dato è chiaro, ovvero: “appartenere alla galassia anarco-insurrezionalista” è motivo sufficiente per essere indagati o comunque sospettati di ogni espressione manifesta di dissenso, e per esser ricondotti a questa galassia è elemento sufficiente partecipare ad una qualsiasi iniziativa pubblica.

Questo fatto non è un problema solo per noi anarchici/che, che di repressione ne abbiamo già subita tanta, ma è un problema per chiunque senta di dovere esprimere il suo disaccordo con delle monolitiche decisioni statali. Il cerchio in cui la repressione vuole rinchiudere i/le anarchici/che è da anni sempre più stretto. Non ce ne lamentiamo, semmai ci preoccupa molto constatare che il potere stia indiscriminatamente infilando in questa tenaglia repressiva non solo i pochi soliti sospetti, ma tutta una serie di persone che in qualche momento hanno sostenuto, ciascuna secondo il proprio sentire, un’istanza concreta.

Questa volta si tratta della permanenza o meno di un anarchico in un regime di tortura bianca, ma domani che altro?

In tempi di pandemia abbiamo assistito alla gestione autoritaria di ogni aspetto della nostra esistenza fin anche se e come curarci o tutelarci da un virus; quotidianamente vediamo dispiegarsi gli effetti più estremi della violenza patriarcale sistemica; dallo scoppio della guerra in Ucraina subiamo gli effetti indiretti del pericoloso vortice militarista in cui l’Italia è attivamente coinvolta e che in questi ultimi mesi, in Palestina, ha mostrato l’essenza cruda e semplice di ogni guerra: il genocidio di un intero popolo.

Di fronte a tutto ciò è davvero possibile continuare a sentirsi in salvo semplicemente perché ci si accontenta di vivere silenti le proprie sempre più misere vite?

Alcunx indigatx


Testo pdf AGGIORNAMENTI-Bologna