Ore 15:00 Ritrovo alla scalinata di Piazza VIII Agosto
Ore 17:30 Arrivo e presidio davanti al carcere della Dozza
Da più di 100 giorni Alfredo Cospito è in sciopero della fame. La sua è una battaglia contro la tortura del 41bis e dell’ ergastolo ostativo, ma ancor più è la battaglia di chiunque non vuole rimanere inerme di fronte alla violenza che le galere, i tribunali, l’ingiusta “giustizia” di questo sistema quotidianamente riversa su migliaia di persone.
Comunque andrà a finire Alfredo non lotterà da solo. Liberx tuttx
Stamattina alcunx compagnx del CUA sono stati raggiunti da 12 misure cautelari (10 obblighi di firma e 2 divieti di dimora) per un corteo e un’occupazione di qualche mese fa. Le accuse sono molteplici e pesanti. Durante l’operazione sono state perquisite le case di compagnx ed inoltre sono stati posti sotto sequestro due spazi universitari occupati e autogestiti dal CUA: l’auletta al 38 di Via Zamboni e SPLIT – Spazio per liberare il tempo. Ancora una volta lo Stato attacca con l’obbiettivo di scoraggiare, dividere e isolare chiunque intenda sfidare l’attendismo dilagante e lottare. Ad essere sotto attacco infatti non è solo qualche compagnx, ma tuttx noi. In un momento in cui è sempre più chiaro a molte la necessità di mobilitarsi e agire sul presente, le maglie della legge e della repressione si stringono con l’obiettivo di tenerci isolate: a questa ennesima ed infame operazione repressiva rispondiamo esprimendo la nostra piena complicità e solidarietà.
Oggi riapriamo l’Acerchiata, il locale di via Zampieri 14/a. Uno dei tanti locali che è stato lasciato murato per nove anni da ACER, la stessa istituzione che nel 2021 ha sgomberato l’occupazione abitativa di via Zampieri a due giorni da Natale vantandosi della politica “zero occupazioni” in tempi di piena crisi abitativa in città. Pochi giorni fa il suo presidente, Marco Bertuzzi, ha dichiarato di voler aprire un “Museo delle Case Popolari” all’interno di un vecchio deposito in disuso in Bolognina, il quartiere che la giunta PD da anni sta offrendo in pasto a palazzinari e speculatori, favorendo processi di gentrificazione. Un’amministrazione che prova ad espellere migranti, poveri e soggettività ritenute indecorose per un quartiere considerato strategico, che deve essere sempre meno radicale e più radical-chic.
Cambiano presidenze e giunte, ma le politiche restano le stesse: combatti e sgombera le comunità che quel quartiere lo abitano da decenni, e della loro storia fanne un museo. La memoria però è un ingranaggio collettivo, e la storia “sociale” di una città la fanno la comunità e gli spazi che quella storia l’hanno creata e vissuta. L’indirizzo politico che stanno cercando di imporci è rendere impossibili altre modalità di abitare e vivere il quartiere.
In questo spazio oggi rientra la comunità carica di rabbia e amore che ha animato Via Stalingrado 31, una collettività che vuole costruire un mondo di ugual* e liber* attraverso l’aggregazione, la socialità e la solidarietà dal basso.
In questa giornata di azioni in solidarietá alla lotta di Alfredo contro il regime del 41 bis, diamo il nostro supporto con le nostre pratiche: riapriamo uno spazio per noi e per il quartiere, contro chi ci vuole addomesticare e chiudere la bocca, contro chi specula facendo guerra ai poveri, per immaginare e costruire insieme nuove resistenze e liberazioni.
Nel tardo pomeriggio di venerdì 3 febbraio a Bologna si è svolto un presidio sotto la sede del Provveditorato Regionale dell’amministrazione Penitenziaria, con battiture, interventi e striscioni in solidarietà con Alfredo contro ergastolo ostativo e 41 bis. Circondati da una marea di sbirri e giornalisti, un centinaio di compagne/i si è poi spostato lungo via del Pratello dove è stata fatta una grande scritta “No 41 bis. Come l’Iran e l’Egitto anche l’Italia tortura e condanna a morte”.
Il corteo si è concluso sotto il carcere minorile dove a dicembre ci sono state ripetute rivolte.
A fianco di Alfredo! Continuiamo a stare in strada!
Dopo le innumerevoli retate, fermi e perquisizioni dei giorni scorsi, ieri circa duecento persone tra compagnx e abitanti solidali si sono riprese le strade per dire che la sicurezza la fa chi vive i quartieri, non la polizia.
Volantino distribuito durante l’iniziativa
Il presidio chiamato in Piazza dell’Unità a Bologna per rispondere alla maxi-operazione anti-degrado di questi giorni si è trasformato in un corteo contro l’arroganza delle forze dell’ordine sui quartieri, con cori, interventi e volantinaggi. Sono stati toccati i luoghi simbolo della gentrificazione in Bolognina come lo Student Hotel, la Tettoia Nervi, la stazione dell’alta velocità. Sono stati indicati i responsabili del deserto sociale che avanza e si è ribadito il fatto che queste retate fanno parte integrante del processo di “riqualificazione” della Bolognina e delle prime periferie, un processo che inesorabilmente, con la scusa della “lotta al degrado”, mira ad espellere dai quartieri tutti quei corpi scomodi e non utili al profitto, per far posto a studentati di lusso e negozi chic. La deriva autoritaria in corso non è percepita solo da qualche compagnx, l’iniziativa ha raccolto l’approvazione di molti passanti e abitanti del quartiere, che, anche dalle finestre, hanno fatto arrivare il loro sostegno.
Il corteo ha voluto esprimere la propria solidarietà ad Alfredo in sciopero della fame contro il 41 bis, e a chi lotta dentro e fuori le prigioni, con un pensiero complice e solidale a tutte le compagne colpite dalla repressione.
In questi giorni la Bolognina e diverse zone della città sono state teatro di maxi retate da parte delle forze dell’ordine, retate che continuano a protrarsi anche in queste ore. Un’operazione muscolare, con ampio dispiegamento di uomini e mezzi, con controlli e fermi indiscriminati.
È l’esito del patto integrato sulla sicurezza tra Prefettura e Comune di Bologna siglato il 21 gennaio con la benedizione del Ministro dell’Interno Piantedosi, che per l’occasione ha affermato “Lo Stato c’è e si deve vedere”. Militari, polizia, carabinieri, finanza, unità cinofile e reparti speciali, lungo le strade, sotto i portici, alle fermate, dentro i bar, davanti alle scuole. Questi interventi hanno lo scopo di ripulire il quartiere da tutte quelle persone scomode alla città vetrina esasperando un clima di paura e tensione e alimentando discriminazioni di classe, genere e razza.
Il Sindaco Lepore naturalmente si sfrega le mani e applaude chiedendo la continuità e la costanza di interventi di questo tipo per le strade, pronto a svendere ogni angolo di città e a intascare i voti di perbenisti e forcaioli. A colpi di decoro e repressione stiamo vedendo annientato un quartiere storicamente popolare, solidale. Una vera e propria guerra ai poveri, alle dissidenze, alla solidarietà, che con le retoriche della riqualificazione, dell’innovazione urbana e del degrado intende mettere a profitto ogni angolo di quartiere facendo il deserto sociale, e impedendo qualsiasi possibilità di autodeterminazione, relazione e solidarietà dal basso, oltre che qualsivoglia forma di tensione, conflitto e messa in discussione del presente.
RIPRENDIAMOCI LE STRADE
LA SICUREZZA LA FACCIAMO NOI, NON LA POLIZIA!
Maxi retata l’altra sera in Bolognina. Un’operazione straordinaria che ha coinvolto militari, polizia, carabinieri, finanza, unità cinofile e reparti speciali. 300 persone identificate e controllate, 8 esercizi commerciali ispezionati, 72 veicoli fermati.
Dalle 18 del 30 gennaio sono state moltissime le segnalazioni di fermi indiscriminati, veri e propri rastrellamenti lungo la strada, sotto i portici, alle fermate, dentro i bar.
Questi sono i primi “frutti” dell’accordo per l’ordine e la sicurezza pubblica siglato il 21 gennaio scorso qui a Bologna con la benedizione del ministro dell’interno Piantedosi.
Lepore naturalmente si sfrega le mani e applaude chiedendo la continuità e la costanza di questo tipo di interventi, d’altronde fare la guerra ai poveri per mettere a profitto ogni angolo di città è il suo mestiere.
“Spaccio, immigrazione e degrado” questo il titolo razzista con cui il 22 gennaio 2023 Il Resto del Carlino – giornale storicamente voce di camerati e padronato – comunica l’esito del patto integrato sulla sicurezza tra Prefettura e Comune di Bologna, siglato con la visita del Ministro dell’Interno Piantedosi in città.
Un titolo che sinergicamente esprime e rilancia l’evidente proposito dell’incontro: mistificare la realtà delle cose per legittimare agli occhi dell’opinione pubblica gli abusi di potere sempre più frequenti delle forze dell’ordine e nascondere sotto al tappeto le reali problematiche di quest’organizzazione sociale e di questo modello di sviluppo insensato.
Il nuovo nemico pubblico sono giovani e adolescenti, minori non accompagnati, soprattutto, stranieri, seconde e terze generazioni cresciute ai margini delle metropoli, nelle periferie e per le strade dei quartieri popolari.
Emergenza micro-criminalità, emergenza droga, emergenza immigrazione, emergenza babygang, emergenza malamovida. E m e r g e n z a, parolina dai risvolti repressivi certi, quando è usata dai padroni.
Degrado, spaccio, prostituzione, accattonaggio, danneggiamento al patrimonio pubblico e privato, insediamenti abusivi… questi i focus citati nell’incontro col ministro a Bologna.
Nel mirino corpi randagi, dissidenti, senza fissa dimora, sex workers, senza documenti, e naturalmente chi lotta per la libertà di tutte, contro tutte le gabbie che sorreggono questo sistema di oppressione.
Un’escalation securitaria che attraverso il governo poliziesco delle marginalità mira a sostenere il processo di ristrutturazione neoliberista e a contenere il conflitto sociale all’interno delle città. Una vera e propria guerra ai poveri e alle dissidenze, che con le retoriche della riqualificazione, dell’innovazione urbana e del degrado intende mettere a profitto ogni angolo di quartiere e annientare qualsiasi possibilità di autodeterminazione, relazione e solidarietà dal basso, oltre che qualsivoglia forma di tensione, conflitto e messa in discussione del presente. Un’intensificazione della repressione che opera anche attraverso l’interiorizzazione dell’autorità da parte delle masse sfruttate, sempre più passive e addomesticate. La solidarietà precipita all’interno di rapporti completamente colonizzati dalle logiche dei padroni.
E cosi assistiamo a rastrellamenti quotidiani, morti, abusi e uccisioni che si consumano pressoché nell’indifferenza.
La lista è infinita. Ad unire queste uccisioni il fatto di non essere episodi, tragiche fatalità, ma il preciso esito della medesima violenza strutturale accettata tutti i giorni.
Un sistema di neutralizzazione selettiva che si gioca sempre sulle linee del privilegio, volta ad annientare tutti quei soggetti sociali non utili alla macchina neoliberista e problematici al discorso del potere.
Come il trentaseienne trovato morto in via Carracci a Bologna pochi giorni fa o l’anziano senza tetto settantacinquenne morto di freddo il mese scorso in via San felice, sempre a Bologna, entrambi spirati in pieno centro, a pochi passi da molteplici servizi e attività commerciali.
Intanto la sanità sprofonda inesorabilmente verso il baratro sotto gli occhi – e sulla pelle – di tutti, mentre Stato e amministrazioni si organizzano per portare la polizia anche all’interno degli ospedali e dei servizi socio-sanitari. Si parte da Roma, Milano, Napoli, ma si valuta anche per altre città e naturalmente per Bologna, dove al policlinico Sant’Orsola sono già stati sperimentati giubbotti antiggressione per gli infermieri.
Un approccio securitario che tende ad investire e a travolgere anche ambiti in cui tali ingerenze non sempre storicamente sono state così accettate, come a scuola, in cui l’intervento militare e poliziesco si fa sempre più violento.
A Parma il 12 ottobre 2022 presso l’istituto tecnico Bodoni hanno fatto irruzione due agenti di polizia che hanno atterrato e immobilizzato con la forza uno studente di 14 anni.(Parma: fuori la polizia dalle scuole)
Nel 2021 a Fano un giovane studente è stato sottoposto a Tso (trattamento sanitario obbligatorio) e ricoverato al reparto psichiatrico di Pesaro soltanto perchè si rifiutava di indossare la mascherina.(Fano Tso su studente)
Gli studenti del Liceo Manzoni di Milano sono stati invece puniti per le loro rivendicazioni sui muri durante l’occupazione. Recitava il murals dipinto in palestra “Non saremo merce per chi lucra sulle nostre vite, stop alternanza”. E poi altre sparse “Salvini appeso”, “Meloni in piazzale Loreto”, “Fuoco sull’autorità”. Non essendo stato possibile individuare i responsabili tutte le famiglie sono state chiamate a risarcire. (Liceo Manzoni, i danni per le scritte li pagano le famglie)
Come per le rivolte dei detenuti, le sollevazioni degli studenti che hanno infiammato l’Italia dopo decine di mesi di isolamento sono finite duramente represse, finanche col carcere. Sono stati quattro i giovani che hanno pagato con mesi di misure cautelari l’aver osato alzare la testa contro l’aternanza scuola lavoro.
Ciò che è chiaro è che non conta da dove arriva la rabbia, la paura, la frustrazione e la sofferenza in crescente aumento, non importa cos’ha da dire chi non ha mai avuto voce, l’importante è contenere, sedare e reprimere.