BOLOGNA: PARCO DON BOSCO. BOLLETTINO E BILANCIO AL 7 MAGGIO 2025

Riceviamo e diffondiamo:

PARCO DON BOSCO: MR. SBATTI LEGALI NON FA PASSI DI LATO. BOLLETTINO E BILANCIO AL 7 MAGGIO 2025

03 aprile 2024.
Bologna, Parco Don Bosco. Mattina presto. Facce assonnate e tè caldo. Si parlotta e si scherza, tensione nell’aria, unx giovane ghirx sbadiglia su un pioppo. Arrivano le camionette, quante ce n’erano? La digos inizia già a filmare. Qualcunx ci parla, chi davvero, chi per scherzo… presto avrebbero invaso i confini del parco che proteggevamo. Le ore passano rapide scandite da grida: “Attenti! Sono entrati di là!”, “Facce schifose”, “Mi fai male!”, “Daje regaaa”. In quel prato verde le creature volevano ancora giocare a tiro alla fune, allo sparviero, all’arrampicata, a guardie e ladri. Vinsero lx ladrx mentre gridavano: “Fuori! Gli sbirri! Dal Don Bosco!”.

03 aprile 2025. La natura del Parco Don Bosco fiorisce per un’altra primavera ancora, ma un’ombra grigia si aggira tra condomini e cantieri, turbando il risveglio delle creature dopo il riposo invernale. Anche le indagini per i fatti relativi al 20 giugno sono state concluse, e la figura del Signor Sbatti Legali di cui abbiamo parlato qualche mese fa ha preso la sua forma definitiva, mostrandosi in tutta la sua arroganza: un decreto penale di condanna per il 29 gennaio, una condanna in primo grado a seguito del vergognoso pestaggio ad unx di noi da parte dei carabinieri la notte seguente al 3 aprile, due fogli di via da Bologna, tre daspo dagli eventi sportivi applicati “fuori contesto” con obbligo di firma in questura, 23 persone denunciate per le giornate di lotta del 3 aprile e del 20 giugno. Vengono contestati i reati di oltraggio, resistenza e aggressione a pubblico ufficiale, omesso preavviso di manifestazione pubblica, travisamento, rifiuto di identificarsi, lancio di oggetti, interruzione di pubblico servizio. Il tutto aggravato dal concorso con altre creature, perché non eravamo mica pochx, ma uno sciame a difesa degli alberi.

Eccoci, dunque, ancora qui. Nell’attesa che Mr. Sbatti Legali convochi tra qualche mese lx imputatx all’udienza preliminare, continuiamo a tracciare sul cemento di questa città una linea, la traccia di una storia che, seppure irregolare, tutt’oggi si scrive.
I ricordi di notti stellate tra i rami rimangono vividi, le cicatrici nei corpi e nei cuori bruciano ancora. È tempo che le creature si siedano attorno al fuoco per trarre un bilancio di quello che è stato il presidio a difesa del Parco Don Bosco.

Giocare è una cosa tremendamente seria, come la lotta; lo sapevamo allora e lo sappiamo ancora meglio adesso.

Per cosa ci battevamo il 20 Giugno? Per il parco? Certo. Per gli alberi? Ovviamente. Contro il tram? Forse. Il passaggio dal “No al progetto per le nuove scuole Besta” all’opposizione ai lavori per la tranvia non era scontato. Basti pensare a metà marzo 2024, quando la comunità del parco assistette inerme e confusa al primo taglio di alberi armato sul terrapieno di Via Serena, propedeutico al cantiere della linea rossa. Non c’è mai stata nei sei mesi del presidio permanente una riflessione condivisa sulla contestazione al progetto del tram, ma i tre mesi che hanno separato marzo e giugno sono stati sufficienti per rendersi conto che la favola di un trasporto pubblico più green non vale il taglio di un albero, né al Don Bosco né altrove. Ci pare che questo sia un aspetto positivo, che racconta di come una comunità in lotta si trasformi e maturi man mano che gli eventi procedono, e con essi cresca e prenda consapevolezza di sé e dei valori per cui battersi.

Se non ci fosse stata la resistenza del Comitato Besta, delle creature del parco, dei collettivi cittadini e di tutte quelle persone e figure leggendarie che animavano il presidio, non avremmo visto nessun passo di lato da parte del sindaco, nessuna ritirata da parte delle guardie il 3 aprile, ma solo una grossa colata di cemento sul parco. Chi oggi si trova imputatx, verrà giudicatx per azioni compiute per ragioni che hanno già vinto sul piano politico pubblico, dal momento in cui l’amministrazione ha compiuto il suo “passo di lato” bloccando un progetto di scuola ingiustificabile e insostenibile nonostante le sue stesse bugie. Invece i cantieri della tranvia proseguono, collassando la viabilità urbana e portando a un aumento di più del 50% il costo dei biglietti per il trasporto “pubblico”. Peccato che quella pista ciclabile green che avrebbe dovuto affiancare i binari di Via Aldo Moro, costata la vita ad alberi sani e adulti e qualche osso rotto ad indomite creature, non sia mai stata realizzata. Al suo posto… lo stesso marciapiede rinnovato e lo stesso terrapieno, su cui svettano oggi giovani alberi appena piantumati che impiegheranno decenni a ripristinare il ruolo ecosistemico che avevano i loro predecessori. Anche la logica ingannevole delle compensazioni si mostra nella sua ridicola limitatezza.

Il presidio al Don Bosco ha messo in seria crisi la governance cittadina. Non ha raggiunto potenzialità destituenti, ma in prospettiva ne ha avute: il moltiplicarsi dei comitati cittadini, la solidarietà proveniente da tutta Italia, gli strani e inattesi legami di complicità che si stringevano al parco. Tutto ciò ha aperto lo spiraglio di una contestazione non solo al progetto delle Nuove Scuole Besta, ma alle modalità della trasformazione urbanistica tout court. Ma anche oltre il piano locale, gli esempi di lotte territoriali sono innumerevoli e costellano tutto lo spazio nazionale. Dalla Val Susa allo Stretto di Messina, da Gallarate a Vicenza, che sia per la difesa del verde urbano o contro opere infrastrutturali e strategiche, dovunque si odono i sussurri o le grida di chi pretende e pratica modi diversi di abitare i territori. Sta a noi mettere in relazione queste esperienze e queste voci per inceppare il meccanismo di questa macchina in avaria.

La violenza subita al parco e la repressione che ne è seguita vanno comprese alla luce di questi ultimi aspetti, ma storicamente non rappresentano una novità o una variabile. Il tentativo è stato quello di disinnescare “l’effetto Besta”, scongiurare nuove “commistioni pericolose” e spezzare i legami di solidarietà attraverso il solito braccio forzuto di uno Stato sempre più armato, levatosi a difesa e con la complicità di un’inquietante amministrazione di sinistra, il cui consenso è sempre più fragile. Una debolezza di senso svelata nelle scioccanti scene in cui le forze dell’ordine si aggrappano alle gambe nude di persone arrampicate sugli alberi. Ecco la stupidità ingiustificabile di chi è cieco e sordo, in contrapposizione agli sguardi spaventati e i sussurri di incoraggiamento provenienti dallx bambinx delle scuole Besta, che ci guardavano incredulx attraverso il cortile.

A riprova di quanto fosse pericolosa la commistione che si era creata al parco (citazione letterale del preoccupato Questore), la mano della legge ha estratto dalle varie aree che formavano l’eterogenea composizione del presidio: tra le persone denunciate troviamo studentx delle superiori, dei vari collettivi politici, quasi tuttx giovanissimx e non riconducibili al volto pubblico del comitato. Un paio di persone per area sono state isolate, e poi colpite. Nonostante queste tattiche divisive, stiamo assistendo all’effetto opposto all’isolamento: la solidarietà come arma trasversale, orizzontale e universale.

Siamo consapevoli che i mesi trascorsi dalla fine del presidio abbiano lasciato in moltx un vuoto difficile da colmare. Ma crediamo anche che tante delle energie che avevano trovato nel parco un luogo in cui confluire scorrano ancora per le vie di Bologna: le occupazioni studentesche, le rivolte per Ramy, le manifestazioni contro il genocidio palestinese e tutte le guerre colonialiste, i movimenti contro la precarietà abitativa e salariale, le piazze contro la violenza di genere e il patriarcato o le politiche securitarie, sono i segni di un quadro che si stravolge. Forse quel vuoto non chiede di essere riempito con le risposte corrette, ma con le giuste domande.

L’esito del processo giudiziario dipenderà anche da quella variegata comunità e dalla sua capacità di ribaltare nuovamente i rapporti di forza e restare unita. Una lunga attesa ci si para davanti: anni di una lentezza giudiziaria inconciliabile con l’incalzare frenetico del sistema capitalista. Di questo ritmo rallentato vogliamo fare tesoro, calandoci nei ricordi e passandoli alla memoria collettiva, affinché possano ispirare futuri orizzonti di lotta.

Creature contro la repressione
7 maggio 2025

DENY, DEFEND, DON BOSCO!

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Causale: “Sostegno spese legali vertenza ecologista
parco Don Bosco”


Pdf per stampa e diffusione:
Parco Don Bosco_bollettino_7_maggio

BOLOGNA: PRESIDIO AL CARCERE DELLA DOZZA [25 APRILE]

Diffondiamo:

Il 25 aprile è la festa della liberazione, giorno scelto per ricordare la resistenza, la lotta dei partigiani e delle partigiane che hanno scelto di imbracciare le armi contro il regime nazifascista. Ma come si può parlare di liberazione oggi?

Dall’inizio del 2025 la conta delle “morti di stato” non fa che aumentare, per le strade e nei luoghi di reclusione, mentre oltre 700 detenuti continuano a essere torturati quotidianamente nel regime 41 bis. Il Mediterraneo è un cimitero e dentro e fuori le frontiere della fortezza Europa si moltiplicano i lager dove deportare migranti. Ogni giorno in media tre persone vengono uccise sul lavoro mentre le città diventano gabbie smart a cielo aperto. Nei quartieri, sempre più escludenti e militarizzati, vengono istituite “zone rosse” da cui allontanare chiunque venga giudicato “sospetto”. Intanto, sotto i nostri occhi, a Gaza si sta consumando un genocidio e la guerra torna ad essere l’orizzonte storico terribile del nostro tempo. Ed ecco che con l’ultimo pacchetto sicurezza viene sancita la repressione sistematica di qualsiasi forma di dissenso, rendendo così il carcere l’orizzonte sempre più concreto per chiunque intenda mettere in discussione questo sistema di morte.

Oggi come ieri il carcere rappresenta uno dei pilastri della violenza statale volto a mantenere i rapporti di sfruttamento capitalista e razzista.
Oggi come ieri la guerra col suo portato di morte e distruzione viene presentata come la via d’uscita dalla crisi sistemica in atto per continuare a perpetuare lo sfruttamento capitalista su uomo e natura. E dunque, detto ciò, cosa c’è da festeggiare? Di quale liberazione stiamo parlando?

Il 25 aprile invitiamo tuttx sotto al carcere della Dozza affinchè la liberazione non sia solo una celebrazione.

Ci vediamo alle 15 in via Ferrarese davanti le sezioni femminili (in prossimitá del benzinaio).

Portiamo le nostre voci e la nostra solidarietà alle persone detenute, con la consapevolezza che non saremo mai davvero libere, finchè tuttx non saranno liberx (A)

BOLOGNA: UNA RADIO CONTRO IL CARCERE, PER CHI STA DENTRO E PER CHI STA FUORI

Diffondiamo:

Ricordiamo a tuttx la puntata di Mezz’ora D’aria in onda oggi 19 aprile alle 17.30 sulle frequenze di Radio città Fujiko (FM 103.1) o sul sito della radio.

In questa puntata aggiornamenti su cpr, deportazioni e Albania. Un contributo dal cpr di Trapani Milo. Una testimonianza su cpr e detenzione amministrativa. Info sui recenti attacchi in Francia e sulle rivolte dei giorni scorsi a Piacenza, invito al presidio del 25 aprile sotto al carcere della Dozza.

Finchè  tuttx non saranno liberx.

Ogni mese uno spazio a disposizione delle persone private della libertà a cui fare arrivare saluti, dediche ed esperienze ma anche un momento per condividere le lotte dentro e fuori.

Di seguito i riferimenti della radio, a cui potete far arrivare le vostre dediche, i vostri pensieri ed esperienze:
– contatto whatsapp e telegram per chi volesse mandare con un messaggio i propri saluti dentro: 3501550853.
– per chi volesse scriverci una mail: info@mezzoradaria.com
– Per chi invece volesse inviarci una lettera: Mezz’ora d’aria, presso Radio Città Fujiko, via Zanardi 369, 40131 Bologna.

Ricordiamo che Mezz’ora d’aria è in onda tutti i sabato pomeriggio alle 17:30 in FM 103.1

Qui si può trovare l’archivio delle puntate di questo appuntamento mensile.

BOLOGNA: STRAPPATI E IMBRATTATI I MANIFESTI DELLA LUVV

Riceviamo e diffondiamo

Nelle scorse settimane sono comparsi a Bologna dei manifesti di LUVV (Lega Uomini Vittime di Violenza), che riprendono la grafica dei manifesti inerenti alla violenza di genere che hanno tappazzato nei mesi scorsi tutta la città – manifesti che tra l’altro riproponevano vittimizzazione secondaria e davano spazio a stereotipi di genere, binarismo, disparità di potere e linguaggio violento.

Questi nuovi manifesti si appropiano delle parole del movimento transfemminista, denunciano presunte “violenze” agite contro gli uomini da parte delle donne, in particolare partner. Tra queste si parla dell’affido dellə figliə che, come il sistema patriarcale pretende, vengono affidatə alla cura delle madri. Questa “violenza”, però, non è altro che la conseguenza del modello di famiglia nucleare e patriarcale, strutturato su un rigido binarismo di genere con conseguenti ruoli ben prestabiliti.

Se da sempre le istituzioni, l’educazione e il sistema economico costruiscono un modello che vede la donna unicamente come madre, che deve concedere tutta la sua vita alla crescita e alla cura dellə figliə, che deve rinunciare alla sua persona per la famiglia, il padre invece, è colui che si occupa unicamente di procurare risorse economiche. Se da sempre è la madre a occuparsi della casa e dellə figlie, nel momento del divorzio i ruoli vengono stabilizzati, affidando la cura fisica, emotiva e psicologica alla madre e il mantenimento economico al padre. Sarebbero quindi le donne, ancora oggi troppo spesso costrette al lavoro riproduttivo, invisibilizzato e non pagato, ad agire violenza sugli uomini? In un paese come l’Italia, in cui oltre l’80% delle donne uccise trovano la morte in famiglia, quale sarebbe la violenza sistemica ai danni degli uomini da parte delle donne?

Come sempre si cerca di rappresentare la violenza strutturale su soggettività femminilizzate come una realtà di natura simmetrica: mentre donne, persone trans* e froc3 vengono ammazzate, stuprate, marginalizzate e cancellate ogni giorno, questi uomini costruiscono una narrazione di vittime sopra la violenza che loro stessi agiscono.

Come sempre quando viene chiesto loro di riconoscere il proprio privilegio, si nascondono dietro il tanto citato “non tutti gli uomini” con il solo scopo di smarcarsi da possibili accuse, di silenziare le violenze reali, di sentirsi meno in colpa per le violenze che agiscono al posto di prendersi realmente la propria fetta di responsabilità!

Le istituzioni legittimano una campagna distruttiva e di disinformazione, dando visibilità a narrazioni che possono fomentare solo odio e legittimare, ancora una volta, discorsi misogini e omolesbobitransfobici. Se la città ci vuole zitt3 e succubi, se la città ci impone la lettura di frasi violente, noi queste scritte le strappiamo, le bruciamo, le imbrattiamo. Prendiamo tutt3 parola con ogni mezzo possibile: strappiamoli, bruciamoli, imbrattiamoli tutt3 insieme, fino all’ultimo manifesto, fino all’ultima scritta. Riprendiamoci ogni muro, ogni manifesto, ogni discorso. Portiamo avanti la nostra rabbia senza aspettare che ci venga chiesto o che sia un’altra morte a smuovere le coscienze. Non c’è spazio per compromessi.

Siamo stanch3 di essere ammazzat3, siamo stanch3 della vittimizzazione secondaria a cui siamo destinat3 dopo essere mort3, siamo stanch3 delle coscienze che si ripuliscono partecipando a cortei e fiaccolate solo per dire “io ero lì, io non potrei mai farlo”. Ma noi sappiamo bene che sono i bravi ragazzi i primi a ucciderci.

Sappiamo bene che a ucciderci è la transfobia e la transmisoginia sistemica e diffusa, è l’odio riversato sul web, è l’indifferenza dei movimenti femministi che non pensano mai lontanamente di scendere in piazza quando muore una persona trans, razzializzata e/o sex worker.

Siamo arrabbiat3, siamo stanch3, siamo furios3.

Riprendiamoci tutto.

BOLOGNA: NÈ RECLUSI, NÈ TRASFERITI, TUTTX LIBERX. RESOCONTO DEL PRESIDIO AL CARCERE DELLA DOZZA.

Diffondiamo:

Sabato 15 marzo siamo tornatx sotto al carcere della Dozza per portare la nostra solidarietà ai detenuti, contro l’istituzione di un nuovo regime speciale per “giovani adulti problematici” (provenienti da istituti minorili) all’interno del carcere e i trasferimenti annunciati per quel giorno.

Grida, cori e battiture non si sono fatti attendere.

Da dentro ci è stato comunicato da più voci il decesso di un detenuto all’interno del carcere, in infermeria. La notizia l’abbiamo ritrovata sui giornali i giorni successivi, sulle cronache di regime si parla di una morte in cella, di una terapia con il metadone appena iniziata, di indagini in corso, autopsia. La persona aveva trentacinque anni, era dentro da qualche giorno. L’ennesimo omicidio di Stato.

Ci hanno raccontato del sovraffollamento, dell’isolamento, della mancanza di assistenza sanitaria, di persone anziane e disabili che non riescono a farsi nemmeno la doccia. Del cibo fetido, del sudicio nelle docce, dappertutto. Della mancanza di attività e corsi, della spesa inaccessibile che grava su riferimenti e famiglie, dello sfruttamento lavorativo all’interno e dei pagamenti che non arrivano, delle visite di garanti ed ispettori che non servono a niente. Alcuni detenuti, a fronte di alluvioni e terremoti, si chiedevano quale sarebbe stato il loro destino in caso di terremoto qui, nella consapevolezza di essere solo carne da macello.

Per qualche ora abbiamo comunicato con i reclusx oltre il muro, scambiato informazioni e rotto l’isolamento del carcere.

Un carcere che sta inaugurando un nuovo regime speciale per colpire nei minorili quei detenuti di età compresa tra i 18 e i 25 anni che creano problemi, identificati come non educativamente recuperabili. Di fatto chi non si allinea alle pratiche rieducative del carcere e si rivolta, se ha superato la maggiore età, potrà essere deportato in queste nuove sezioni. La prima qui a Bologna, ma sembra che altre città siano pronte a seguire l’esempio. Per inaugurare questo regime 70 reclusi della sezione “Alta sicurezza 3″ sono stati smistati e deportati in altre carceri, mentre intere sezioni in carcere hanno subito stravolgimenti.

Abbiamo raccontato le rivolte al Beccaria e al carcere minorile di Bari, avvenute proprio di recente. Abbiamo ricordato le rivolte che nel 2020 hanno infiammato le carceri di tutta Italia, i morti al Sant’Anna – il carcere di Modena – la strage di Stato. Abbiamo condiviso quanto il DDL sicurezza all’orizzonte intenda colpire chi lotta dentro ancora più duramente di prima, e allo stesso modo chi da fuori sostiene con la solidarietà. Abbiamo condiviso quanto avviene nelle strade, nei quartieri, i rastrellamenti polizieschi quotidiani sulla linea del colore, il razzismo di Stato. È stata rilanciata la solidarietà al popolo palestinese, ad Anan, detenuto da oltre un anno nelle carceri italiane, perché nessunx sarà liberx finché la Palestina non sarà libera. Abbiamo diffuso i riferimenti del Sindef – sindacato nazionale detenuti e famiglie – un progetto sindacale gestito dai reclusi in sviluppo nelle carceri italiane, e lasciato i riferimenti per scrivere a Mezz’ora d’aria, trasmissione sulle frequenze di Radio Città Fujiko a disposizione dei detenuti e delle detenute qui su Bologna.

La repressione non basterà a fermare la solidarietà

CONTRO IL 41 BIS, L’ALTA SICUREZZA E TUTTI I REGIMI SPECIALI
FUOCO ALLE GALERE

BOLOGNA: PRESIDIO AL CARCERE DELLA DOZZA [15/3/2025]

Diffondiamo aggiornamento:

Vista la situazione meteo il presidio sotto al carcere della Dozza previsto per sabato 15 marzo alle 15 è anticipato alle 10:30 del mattino.
Ci vediamo perciò sotto le sezioni maschili (Stradello sterrato – via del Gomito) alle 10:30!

Contro l’istituzione di un nuovo regime speciale per “giovani adulti problematici” (provenienti da istituti minorili) all’interno del carcere della Dozza.
Contro i trasferimenti annunciati per il 15 marzo.
Contro il 41 bis, l’alta sicurezza e tutti i regimi speciali.
Contro il DDL sicurezza e il razzismo di stato.

NE’ RECLUSI, NE’ TRASFERITI, TUTTX LIBERX


Di seguito un volantino diffuso sotto al carcere minorile del Pratello il 25 febbraio. Se in un primo momento i trasferimenti sembrava fossero previsti per quel giorno, nei giorni successivi sono stati annunciati per il 15 marzo -> IL CARCERE FA SCHIFO

BOLOGNA: CONTRO L’ISTITUZIONE DI UN NUOVO REGIME CARCERARIO SPECIALE PER “GIOVANI ADULTI”

Diffondiamo:

Ieri martedi 25 febbraio un po’ di persone si sono trovate sotto al carcere del Pratello per un volantinaggio rumoroso contro l’istituzione di un nuovo regime speciale per “giovani adulti problematici” (provenienti da istituti minorili) all’interno del carcere della Dozza, e per portare la loro solidarietà ai reclusx. Di seguito il volantino distribuito:

IL CARCERE FA SCHIFO

Siamo qui per contestare l’istituzione di una sezione speciale destinata a “giovani adulti problematici” (giovani provenienti da istituti minorili) all’interno del carcere della Dozza (carcere “per adulti”). Sembra che proprio oggi martedì 25 febbraio stia avvenendo il trasferimento di 50/70 detenuti (il numero non è chiaro) provenienti da diversi istituti penali per minori di Italia, pare, dal centro nord. Questa misura ha già previsto la deportazione di 70 reclusi in “Alta sicurezza 3”, per fare spazio ai detenuti in arrivo. Le sezioni “alta sicurezza”, articolate su tre livelli, sono regimi speciali, i più isolati e degradanti di tutta la struttura penitenziaria, peggio dell’ AS c’è solo il carcere cosiddetto duro\41bis. Il trasferimento di questi detenuti potrebbe creare ulteriori trasferimenti interni tra sezioni AS, scombussolando la vita già difficile di ben piu di una cinquantina di giovani detenuti. I detenuti trasferiti dai penitenziari minorili sono di età compresa tra i 18 e i 25 anni, hanno commesso un reato quando erano ancora minorenni e per il ministero sono da considerarsi non educativamente recuperabili.

Ma chi è “non recuperabile”? Probabilmente chi non si allinea alle pratiche rieducative del carcere, che, come si è visto a Milano al Beccaria, consistono in punizioni, pestaggi e violenze. Questa manovra che viene spacciata come risolutiva dei problemi di spazio e di inagibilità del carcere minorile del Pratello mostra la vera faccia di questo sistema: non esiste alcuna differenza tra un carcere per minori ed uno per adulti, il carcere fa schifo.

I detenuti vengono gestiti, presi, spostati, assegnati ad altri carceri, considerati come numeri in più all’interno di una struttura sempre più sovraffollata e in decadenza. Il trasferimento spesso viene usato come arma di punizione da parte dell’amministrazione penitenziaria per isolare le persone dai legami che si sono costruite all’interno del carcere e dai loro affetti all’esterno. Una quotidianità carceraria che oltre ad essere priva di dignità umana è, post pandemia e post rivolte, sempre più soggetta a soprusi di ogni tipo: dalla potenziata discrezionalità di ogni singola Direzione carceraria e Sanitaria, all’abuso di potere delle guardie penitenziarie. Quando qualcuno prova a rompere questo monopolio restituendo un’infinitesimale parte della violenza statale viene duramente represso, come avvenuto dopo le rivolte del marzo 2020.

Anche al carcere minorile del Pratello vi sono stati episodi di rivolta ed evasione: a fine dicembre del 2022 una cella è stata data alle fiamme e qualche giorno dopo vi è stata una rivolta. Anche in questo caso vi sono stati trasferimenti punitivi dei detenuti maggiorenni coinvolti alla Casa circondariale per adulti. Si parla di cinque celle rese inagibili e di una porta blindata divelta. A luglio del 2024 i detenuti hanno dato fuoco a due celle e sfidato le guardie, mentre un detenuto è riuscito ad evadere attraverso un foro scavato nella cella. Un’altra evasione risale a settembre del 2023. Ma questi sono soltanto alcuni degli episodi di rifiuto e rivolta di cui abbiamo notizia dalla stampa di regime, chissà invece quante sono le rivolte che rimangono represse dietro quelle mura.

Chi riduce il problema del carcere ad un problema di “sovraffollamento” è lo stesso che le galere le ha riempite fino a farle scoppiare.

Con l’approvazione del Decreto Caivano, un provvedimento fortemente punitivo e repressivo volto a criminalizzare e colpire i giovani delle periferie e le fasce più marginalizzate della popolazione, la situazione si è ulteriormente aggravata: più pene, più carcere, più facilità per un minore di finire in arresto e/o di essere tradotto in questura, eliminazione di istituti alternativi al carcere (ora subordinati a lavori di pubblica utilità nonostante la minore età, riproducendo la premialità già presente nelle carceri comuni e nei regimi speciali). Un decreto approvato per far fronte a quella che il governo Meloni definisce come “emergenza baby gang”,un tipo di retorica, non lo dimentichiamo, propagandata non solo dai governi di destra ma anche da tutte quelle realtà politiche e partitiche che si proclamano di sinistra ma che hanno sempre portato avanti e vidimato politiche emergenzialiste e securitarie.

A Bologna questo attacco ha trovato infatti nuovo vigore con l’asse Lepore-Piantedosi, tra retate, espulsioni, arresti, interventi ad “alto impatto” nei quartieri e per le strade, fino alla recente ordinanza del prefetto che vieta l’accessibilità ad alcune zone della città a quelle persone valutate “moleste” da guardie e divise, naturalmente con “valutazioni” iper discrezionali e arbitrarie. Un dispositivo, quello delle “zone rosse”, che sta armando ancora di più il senso di impunità delle forze dell’ordine. Una caccia alle streghe che conferma la funzione primaria del carcere come strumento di repressione, governo delle diseguaglianze e del conflitto sociale, volto al mantenimento di un ordine fatto di sfruttate e sfruttatori.

In un clima di guerra interna e sistematica repressione del dissenso (in qualsiasi forma esso si esprima) il carcere diventa prospettiva concreta per chiunque si opponga a questo esistente. Non vogliamo un carcere bello. Non vorremmo nessun carcere.

CHE LA RIVOLTA SOCIALE (PAROLA VUOTA E RIDICOLA IN BOCCA AI CANI DA GUARDIA DEL PADRONATO) DIVENTI REALTÀ DENTRO E FUORI LE GALERE

BOLOGNA: SENZA CHIEDERE PERMESSO [6/3/25]

Diffondiamo:

Giovedi 6 marzo 2025 diciassettesima edizione!

🏴‍☠️ Dalle 17 allestimento del mercatino, musica, birrette e microfono aperto!

🔥 Dalle 20 chiacchierata con alcune compagne e compagni dell’assemblea antidetentiva di Torino su CPR, deportazioni e tentativi di inceppare la macchina del razzismo istituzionale.
In vista della riapertura del CPR di Torino, chiuso a seguito delle rivolte di Febbraio/Marzo 2023, e della mediatizzazione della violenza nei centri di detenzione amministrativa, provare ad allargare lo sguardo non solo alle condizioni nelle strutture detentive, ma alla loro funzione e ai meccanismi che le alimentano, può aprire nuove prospettive di attacco al razzismo di Stato e istituzionale.
In un contesto repressivo che tenta di essere sempre più schiacciante e di allargare le sue maglie, sentiamo la necessità di costruire forme di solidarietà e complicità con chi resiste e lotta contro la detenzione amministrativa e penale, con le compagne e i compagni che subiscono la repressione e tutte quelle che vogliono cogliere nuovi stimoli per organizzarsi.
Se la mobilitazione contro il 41bis e l’ergastolo ostativo è stata un’occasione per trovarsi e lottare insieme a livello nazionale e internazionale, oggi, che Procure e Digos di tutta Italia provano a presentare il conto a chi si è mosso in solidarietà allo sciopero della fame di Alfredo, rilanciare nuovi spunti di attacco contro le oppressioni dello Stato può essere uno dei modi per non lasciarsi schiacciare.

Alle compagne e i compagni dell’Operazione City, imputati nel processo per devastazione e saccheggio a Torino.
A chi resiste e lotta dentro le carceri e i CPR, nonostante gli scarsi strumenti a disposizione, ma con rabbia, coraggio e creatività.

I CPR si chiudono col fuoco.
Tutte libere. Tutti liberi.

⚓ A seguire cena a sostegno degli Spazi Autogestiti By Vascello Vegano: panini, fritti misti e pizze.

🖤 A scaldarci, come di consueto, caldo vin in brulè benfit prigionierx e inguaiatx.

🧨 Dalle 21 carichx appallaa!! R.W.A. Riderz with Attitude* working class rap da Torino!