ANAN YAEESH LIBERO! NO ALL’ESTRADIZIONE IN ISRAELE

Diffondiamo

Domenica 10 marzo dalle 14 alle 17
Presidio davanti al carcere di Terni

Il 29 gennaio 2024 le autorità italiane a seguito di una richiesta di estradizione avanzata dalle autorità israeliane hanno arrestato Anan Yaeesh, attualmente detenuto nel carcere di Terni. 
Anan Yaeesh, 37 anni, è un palestinese originario della città di Tulkarem, in Cisgiordania, nel corso degli anni ha condotto la propria attività politica all’interno del contesto della Seconda Intifada; ha scontato oltre 4 anni nelle carceri dell’occupazione e subito un agguato delle forze speciali israeliane nel 2006, durante il quale ha riportato gravi ferite per i colpi a lui inferti.

Anan lascia la Palestina nel 2013, diretto verso l’Europa. Si reca inizialmente in Norvegia dove viene sottoposto a degli interventi chirurgici per rimuovere i proiettili rimasti nel suo corpo per anni.

Nel 2017 raggiunge l’Italia, dove si stabilisce e dove nel 2019 ottiene un regolare titolo di soggiorno e la protezione speciale dell’Italia per i suoi trascorsi politici in Palestina. Nel 2023 si reca in Giordania, dove viene rapito dai servizi di sicurezza giordani allo scopo, con ogni probabilità, di consegnarlo a Israele.

Dopo oltre sei mesi di detenzione, a seguito della diffusione della notizia del suo arresto e il pericolo che venisse consegnato alle autorità israeliane, i servizi di sicurezza giordani si trovano nella condizione di doverlo rilasciare al fine di evitare malcontento e reazioni da parte dell’opinione pubblica.

Nel novembre del 2023 torna in Italia, a L’Aquila, dove risiede, e viene arrestato il 29 gennaio a seguito di un mandato di cattura italo-israeliano; l’arresto ha luogo a seguito del consenso da parte del governo italiano all’estradizione – è infatti sulla base delle indicazioni del Ministero della Giustizia italiano che viene portata avanti la richiesta di misura cautelare.

La decisione di procedere con l’estradizione è di enorme gravità, e alla gravità del fatto che sia presa in considerazione l’estradizione di un cittadino palestinese alle autorità israeliane (sulla base di ipotetiche azioni di resistenza, svoltesi nei territori occupati, tutelate quindi dal diritto internazionale), si aggiungono anche una serie di considerazioni dettate dall’attuale situazione politica.

In primis l’Italia consegnerebbe un palestinese alle autorità israeliane, le quali lo processerebbero in un tribunale militare. Inoltre molteplici sono stati i rapporti di organizzazioni e associazioni internazionali per i diritti umani – tra cui il consiglio ONU per i diritti umani – che riportano e denunciano le inumane condizioni di detenzione e tortura nelle carceri italiane.

In caso di estradizione, il destino di Anan sarà quello di essere condotto davanti ad una corte militare e sottoposto a trattamenti disumani, condizioni detentive impensabili, che hanno già causato negli ultimi quattro mesi la morte di nove prigionieri politici palestinesi, uccisi nelle carceri israeliane dalla tortura e dalla negligenza sanitaria.

Inoltre, con ogni probabilità, gli elementi su cui sono state formalizzate accuse ad Anan Yaeesh sono il frutto di ormai noti metodi d’investigazione e interrogatori considerati illegali in Italia e compatibili con la definizione di tortura.

Riteniamo che questo episodio rischi inoltre di rappresentare un pericoloso precedente volto a sdoganare l’estradizione e la consegna di palestinesi in Italia e in Europa dietro richiesta di Israele che, ricordiamo, porta avanti la pulizia etnica e il massacro del popolo palestinese, la colonizzazione e l’occupazione militare dei territori palestinesi.

Per la liberazione immediata di Anan Yaeesh, per far sentire la contrarietà ad un’estradizione in aperta violazione del diritto internazionale e per far sentire ad Anan Yaeesh la voce solidale di chi contrasta il genocidio del suo popolo.

Coordinamento ternano per la Palestina

DECOLONIZZARE LA PALESTINA – La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele

Riceviamo e diffondiamo:

“DECOLONIZZARE LA PALESTINA. La Palestina attraverso la storia e il rainbow washing di Israele”

Mentre è in corso l’ennesima tappa della guerra condotta dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese per la conquista dei suoi territori, pubblichiamo i testi di due persone palestinesi che ripercorrono la storia della colonizzazione delle loro terre e la propaganda di rainbow washing di Israele.

164 pagine, 9 euro a singola copia, 6 euro da cinque copie in su. Parte del ricavato del libro sarà benefit per un’organizzazione queer palestinese.

Per ordinare il libro: anarcoqueer@riseup.net

Dalla prefazione:

Al momento della compilazione di questo libro è in corso l’ennesima tappa della guerra condotta dallo Stato di Israele contro la popolazione palestinese per la conquista dei suoi territori. Una guerra che non ha avuto inizio nel 1948, ovvero l’anno della dichiarazione di indipendenza dello Stato di Israele, come ritengono erroneamente molte persone, ma è nata con lo sviluppo dell’ideologia sionista alla fine del XIX secolo, che scelse il territorio palestinese come destinazione del futuro Stato per il popolo ebraico. La migrazione di massa del popolo ebraico verso quelle terre cominciò quindi già alla fine dell’Ottocento, ma il fenomeno acquisì poi consistenza con la fine della prima guerra mondiale, quando la Gran Bretagna acquisì il controllo di quei territori strappati all’Impero Ottomano e si adoperò per sostenere con forza le aspirazioni del movimento sionista. Da allora, il popolo palestinese non ha conosciuto pace. Guerre e ribellioni si sono susseguite, ma la colonizzazione israeliana, con la conquista e il controllo di sempre nuove fette di territorio palestinese, avanza ogni giorno di più, lasciandosi dietro una scia di sangue che non è possibile ignorare. […] Con questo modesto contributo, che prevede la traduzione e la pubblicazione di alcuni testi che ripercorrono la storia della colonizzazione della Palestina e la propaganda di rainbow washing di Israele, tratti da un sito creato da due persone palestinesi residenti in Cisgiordania, speriamo di offrire un piccolo segnale di solidarietà che getti luce su quello che accade realmente in quella piccola porzione di territorio sotto costante assedio.

Prossima uscita delle edizioni Anarcoqueer prevista per gennaio 2024.

“Come stormi del caos. Un progetto queer nichilista e insurrezionale”

TRENTO: A PRECIPIZIO [TESTO]

Diffondiamo il testo di un volantino diffuso a Trento da compagne e compagni anarchici che ci sentiamo di condividere. Lo condividiamo introducendolo con questa poesia.

Mentre prepari la tua colazione, pensa agli altri,
non dimenticare il cibo delle colombe.
Mentre fai le tue guerre, pensa agli altri,
non dimenticare coloro che chiedono la pace.
Mentre paghi la bolletta dell’acqua, pensa agli altri,
coloro che mungono le nuvole.
Mentre stai per tornare a casa, casa tua, pensa agli altri,
non dimenticare i popoli delle tende.
Mentre dormi contando i pianeti, pensa agli altri,
coloro che non trovano un posto dove dormire.
Mentre liberi te stesso con le metafore, pensa agli altri,
coloro che hanno perso il diritto di esprimersi.
Mentre pensi agli altri, quelli lontani, pensa a te stesso,
e dì: magari fossi una candela in mezzo al buio.

Mahmoud Darwish (1941-2008),
poeta palestinese

Di seguito il testo del volantino:

A PRECIPIZIO

Mentre la repressione dello Stato colpisce sempre più duro, a Gaza si stanno spalancando le porte dell’abisso.

Ciò che da anni si sperimenta anche qui contro le minoranze ribelli – una mistificazione costante sul concetto di «terrorismo», l’isolamento carcerario di compagne e compagni per impedire loro persino di leggere e di scrivere, la chiusura di siti e la detenzione dei redattori di un quindicinale anarchico – si sta allargando a chiunque dissenta o anche solo ricordi quella storia che la propaganda di guerra vorrebbe cancellare. Direttori di giornali che auspicano nei salotti televisivi la distruzione di Gaza, studenti picchiati a Livorno per uno striscione che dice «Né con Israele né con Hamas», i governi francese e tedesco che vietano le manifestazione in solidarietà con la popolazione palestinese in quanto «apologia del terrorismo» – tutto questo sta dicendo anche ai più distratti una cosa ben precisa: siamo in guerra.

La spirale in atto non è né sorprendente né casuale. Più la classe dominante occidentale si sente fragile e più diventa feroce. Da un lato deve imporre quella violentissima ristrutturazione della società chiamata quarta rivoluzione industriale, dall’altro vede vacillare – in Ucraina, in Niger e ora con lo shock per il crollo del mito dell’invincibilità dei muro israeliano – il proprio potere globale. E allora colpisce a casaccio: ecologisti dai propositi ben poco rivoluzionari ed ex ambasciatrici che ricordano l’oppressione storica dei palestinesi, passando per un ricercatore universitario fino a ieri simbolo della libertà di parola incarcerata dalla dittatura egiziana, e ora in odore di «terrorismo» per le parole contro Netanyahu. Se all’intellettuale scomodo si tirano le orecchie, il terrore poliziesco vero e proprio è riservato ai giovani proletari di periferie sempre più grandi ed esplosive, e alle masse dei poveri in fuga. Un’umanità da tenere sotto il tallone di ferro anche grazie a quella detenzione amministrativa – cioè all’imprigionamento in assenza di qualsiasi reato – sperimentata proprio in Israele o oggi estesa in tutto il mondo.

La propaganda totalitaria ricalca sempre gli stessi schemi: non accetti la gestione autoritaria del Covid, e allora sei un «negazionista»; non ti schieri con la NATO, e allora sei un «filoputiniano»; consideri il 41 bis una forma di tortura, e allora stai con i mafiosi. Questa logica binaria sta raggiungendo ora il più ignobile parossismo: mentre in Israele giornalisti e persino ex capi dell’esercito o dei servizi segreti definiscono il governo di Netanyahu una banda del Ku Klux Klan (e come altro definire dei ministri che sostengono apertamente la superiorità del sangue ebreo e la natura animalesca dei palestinesi?), in Italia chi dice molto meno finisce alla gogna mediatica o sotto i manganelli della polizia.

Mentre quasi un milione di palestinesi sono in fuga da un lato all’altro della prigione di Gaza con un’unica destinazione consentita: il deserto del Sinai, per sopravvivere nel quale l’ONU si dichiara pronta ad offrire ai fuggiaschi delle generose tende; mentre il ministro della guerra israeliano definisce gli abitanti di Gaza «animali dalle sembianze umane» e una deputata suo stesso partito Likud invoca il «giudizio finale» con la distruzione totale dei gazawi; mentre in quelle terre l’utopia anarchica di una libera federazione, egualitaria e senza Stati, tra arabi ed ebrei giace nel fango e nel sangue, è necessario più che mai non rinunciare né alla propria umanità né alla propria facoltà di giudizio. Il nostro campo è quello delle sfruttate e degli sfruttati contro tutti gli Stati e tutte le borghesie. Siamo senza alcuna ambiguità con le masse palestinesi contro il colonialismo e il razzismo del sistema-Israele. Se affermiamo chiaro e tondo che la violenza dell’oppresso è sempre responsabilità dell’oppressore, l’unica violenza che difendiamo è quella liberatrice e rivoluzionaria: una violenza che non colpisce nel mucchio, che distingue governi e popolazioni, classi dominanti e classi dominate. Dal momento che è proprio per aver sempre difeso – e, nel limite delle nostre capacità, praticato – questo posizionamento etico e sociale che veniamo colpiti dal carcere e dalla repressione, saranno gli stessi princìpi a orientarci anche nel precipizio dell’orrore e delle parole che lo giustificano.

anarchiche e anarchici

STRAGE A GAZA E RAPPRESAGLIA DI ISRAELE SUI PRIGIONIERI

Gaza: ieri sera è stato colpito l’ospedale al-Ahli Aarab Hospital, conosciuto anche come Baptist Hospital. Si parla di oltre 500 persone rimaste uccise tra pazienti, personale sanitario e famiglie che cercavano rifugio, ma il numero di morti potrebbe essere molto più alto. Mobilitazioni in tutta la Cisgiordania. Ad Amman, in Giordania, assaltata la sede dell’ambasciata israeliana.

https://www.osservatoriorepressione.info/strage-gaza-bomba-sullospedale-1000-morti

Israele: per bloccare ogni accesso ai media e ai mezzi di comunicazione da parte dei detenuti, le autorità israeliane hanno interrotto la fornitura di elettricità e acqua ai prigionieri palestinesi (oltre 5.000 detenuti).

https://www.osservatoriorepressione.info/israele-interrotta-la-fornitura-elettricita-acqua-oltre-5-000-detenuti-palestinesi/

PER UNA PALESTINA LIBERA DA DOMINIO E OPPRESSIONE

Diffondiamo il testo di un volantino distribuito ieri a Bologna al presidio in solidarietà al popolo palestinese:

“Israele si deve difendere” è il leitmotiv che viene ripetuto ogni qual volta Israele viene colpito e l’invincibilità del suo esercito viene scalfita, passando da brutale forza di occupazione a vittima di un’aggressione.

È la prima volta che dai territori occupati parte un’offensiva di questo livello. Ma deve essere chiaro: la guerra che lo Stato di Israele ha dichiarato contro i palestinesi è iniziata da molto tempo.  Parliamo di decine e decine di anni di furto della terra, dell’acqua, di apartheid, sfruttamento, espropri, arresti, detenzioni amministrative, morti, uccisioni, aggressioni, umiliazioni e torture.

Il sostegno e l’impunità che Stati Uniti e Europa hanno sempre assicurato alle forze di occupazione Israeliane è responsabile della degenerazione di questo conflitto.

In un contesto del genere non ci stupisce il successo di Hamas, unica organizzazione sul territorio con gli appoggi per organizzare una resistenza armata di tale portata. Dopo il fallimento degli accordi di pace e del così detto “diritto internazionale”, con il progressivo retrocedere di qualsiasi istanza di autodeterminazione e liberazione, davanti alla corruzione e al collaborazionismo di Al-Fatah, non ci coglie alla sprovvista il consenso che questa organizzazione – Hamas – continua a raccogliere. Sappiamo che le destre estreme in ogni tempo hanno fondato il loro potere sul governo della paura.

Ci preoccupa però, questo si, come alleate e solidali, come dissidenti sessuali, come persone che lottano contro ogni forma di dominio e oppressione, che la resistenza palestinese venga assimilata ad una forza fondamentalista di estrema destra. Ci chiediamo a chi fa comodo che la brutalità dell’occupazione israeliana venga rappresentata come “scontro tra civiltà”. Non è uno scontro tra civiltà. E questo dobbiamo dirlo forte e chiaro. Non è uno scontro tra l’ “occidente civilizzato” e il “brutale mondo arabo”. Questa narrazione è falsa, tendenziosa, distorta. In un contesto di guerra globale rifiutiamo il ruolo di facili pedine da usare dall’asse imperialista di turno sullo scacchiere internazionale.

Vogliamo anche dire molto chiaramente che rifiutiamo la normalizzazione della tortura  e della cultura dello stupro come possibile arma di liberazione. Combattere per l’autodeterminazione e la libertà ammettendo come possibili queste azioni significa già aver rinunciato ad un mondo di libere e uguali.

Rifiutiamo altresì la narrazione propugnata dai media, dove non si esita a strumentalizzare episodi violenti, facendo leva sulla morbosità del pubblico, per fare tabula rasa delle uccisioni e degli abusi quotidiani compiuti sui palestinesi.

La nostra solidarietà è internazionalista, anti-coloniale, antirazzista, antisessista, contro qualsiasi forma di dominio e oppressione.
From the river to the sea Palestina will be free