FORLÌ: LA STRAGE DI STATO E IL FILO NERO DELLA STORIA

Riceviamo e diffondiamo:

Giovedì 12 dicembre 2024
Al Circolo ARCI Asyoli, Corso Garibaldi 280, Forlì

LA STRAGE DI STATO E IL FILO NERO DELLA STORIA

Dalle 19.15
_ Buffet Vegan
_Esposizione mostra “Piazza Fontana, sappiamo chi è Stato”
_Proiezione di “La notte che Pinelli” e “Falsi miti su Piazza Fontana e la strategia della tensione”
_Dibattito


IL FILO NERO DELLA STORIA

Il 12 dicembre cade l’anniversario della Strage di Piazza Fontana a Milano (1969), che causò 17 morti e 88 feriti per lo scoppio di una bomba alla Banca dell’Agricoltura. Strage commessa dai fascisti, voluta e coperta dagli apparati statali, con la complicità dei servizi segreti e dei vertici militari N.A.T.O. Si inseriva nel contesto della “guerra fredda” tra blocco occidentale, di cui l’Italia faceva parte, e quello guidato dall’Unione Sovietica. L’Italia, infatti, al tempo era un’eccezione tra i paesi europei del mediterraneo. In Spagna, Portogallo e Grecia governavano dittature fasciste o militari, appoggiate da Stati Uniti e N.A.T.O. Anche in Italia il “partito del golpe” – ampi strati di politica, giornalismo, economia ed esercito – credeva che una dittatura di stampo fascista/militare avrebbe meglio compresso la conflittualità sociale, allora decisamente maggiore di oggi, evitando l’avvento di qualche forma di “comunismo”.
Si doveva atterrire l’opinione pubblica attribuendo le stragi agli anarchici, per dare avvio alla svolta autoritaria. Si è dato a questo disegno il nome di “strategia della tensione”.

Oggi il protagonismo dei gruppi neofascisti è nuovamente presente. Chi governa usa questa manovalanza per provocare e attaccare i movimenti. Inoltre nuove leggi come il DDL 1660, che il governo Meloni sta per approvare, andranno ad incidere pesantemente, con l’introduzione di 13 nuovi reati e diverse aggravanti (pensiamo al reato di “blocco stradale” o a quello di “rivolta carceraria” per chi, anche pacificamente, protesta nelle carceri e nei CPR). Siamo davanti ad una innegabile svolta repressiva, uno “Stato di polizia” la cui evidenza è data dall’art.20 di questo decreto, che autorizza gli sbirri a portare armi senza licenza anche fuori servizio. Se poi aggiungiamo la volontà del governo di far adottare all’Italia il presidenzialismo, vediamo che alcuni dei progetti dei golpisti di un tempo stanno trovando applicazione nel solco della democrazia formale.

Se durante gli anni della “strategia della tensione” da contrastare era una conflittualità sociale di massa che impensieriva e non poco il potere, oggi come si spiega questa “controrivoluzione preventiva” in assenza di agitazioni rivoluzionarie? Si spiega con le dinamiche mondiali, che vedono nuovamente schierarsi gli Stati in blocchi contrapposti. L’Italia è pienamente coinvolta nelle guerre che insanguinano il pianeta, con le armi fornite all’Ucraina e a Israele (per fare gli esempi più noti), con l’eventualità di entrare direttamente nei conflitti in corso. Questo genera politiche di tagli ai servizi e una continua dissipazione di fondi pubblici per fare la guerra. Lo Stato italiano teme che l’economia di guerra, generando povertà, possa far da volano a proteste sociali molto più forti di quelle che vediamo oggi. Ecco perché, preventivamente, ricorre ai fascisti e a norme ed assetti sempre più autoritari. Per farli accettare la tattica è sempre la solita: creare artificialmente il bisogno di “sicurezza” con la designazione dei nemici interni. Un’informazione controllata a dovere mostrifica a turno i “manifestanti violenti” che se la prendono coi “poveri poliziotti” (anche se sono questi ad usare il manganello), i sindacalisti che scioperano creando disagi al “paese che lavora”, i “clandestini” e i figli di immigrati (quando uno di loro – Ramy – viene ammazzato al Corvetto a Milano, per non essersi fermato all’alt dei carabinieri, il pensiero è “se lo è cercato!”), finendo ovviamente con gli anarchici “professionisti degli scontri”. La divisione del corpo sociale in buoni e cattivi serve a compattare sul fronte interno l’esercito dei buoni: una “nazionalizzazione delle masse” per rendere più agevole il compito del partito trasversale della guerra sul fronte esterno.

Vediamo un filo nero che lega la “strategia della tensione” di ieri e quella di oggi. Ed è preoccupante, ma emblematico, che il DDL 1660, all’art.23, conceda a funzionari ed agenti dei servizi segreti infiltrati nei movimenti l’impunità penale nel caso di “direzione ed organizzazione di associazioni terroristiche” nonché di “fabbricazione o detenzione di ordigni o di materiale con finalità di terrorismo”. Non lo abbiamo sempre detto? Terrorista è lo Stato!
Democrazia borghese e dittatura sono due facce della stessa medaglia!
Contro l’economia di guerra, la lotta e l’azione diretta sono nostre amiche!

Collettivo Samara – samara@inventati.org

*********************

DA PIAZZA FONTANA A CORVETTO, LO STATO E I SUOI SGHERRI ASSASSINI!

C’è un orribile e sanguinario filo nero che lega la strage di stato di Piazza Fontana (12 dicembre 1969) all’assassinio causato dai carabinieri di Ramy Elgaml, ragazzo di 19 anni di Corvetto, Milano.
Questo filo nero è la mentalità che sta alla base della società che ci troviamo a subire: la mentalità dei padroni che si sentono onnipotenti e che decidono, letteralmente, della vita, della morte, della malattia, della carcerazione, della disperazione di milioni di individui, umani e non.
Se i padroni del 1969 infatti hanno armato i fascisti (tramite i servizi segreti che la sinistra chiama “deviati” ma semplicemente i servizi segreti fanno, sempre, ovunque, questo sporco infame lavoro) che hanno messo la bomba nell Banca dell’Agricoltura per seminare il panico tra la gente, i carabinieri, la polizia, le guardie carcerarie, gli assistenti sociali, i professori, i guardiani privati, seminano quotidianamente paura e violenza (certo a piccole dose rispetto alla bomba che fece 88 morti) per inculcare in tuttx noi, emarginatx o ribelli all’ordine costituito, i più devastanti dei virus: la rassegnazione e l’obbedienza.
E la mentalità dei padroni dell’epoca, e dei padroni di oggi, che poi sono sempre gli stessi (politici, industriali, grandi proprietari terrieri, banchieri, generali) è quella che ci mantiene costantemente sotto il tallone di ferro dell’autorità: all’epoca però, nei famigerati anni ‘60 e ‘70, grande parte della popolazione povera e ribelle rispondeva con fantasia, pistole, corpi, canti, cortei, occupazioni, scritti, molotov, oggi, aihnoi, ci pare che quella violenza e quella frustrazione che quotidianamente immagazziniamo, la rivolgiamo piuttosto contro noi stessx, ammalandoci, commiserandoci, disprezzandoci (perchè il mondo ci fa sentire inutili, sbagliatx) oppure contro i nostri fratelli e sorelle potenziali, ossia altrx emarginatx, altrx ragazzx arrabbiatx, altrx che stanno in strada tutto il giorno perchè in casa c’è la solitudine ma fuori comunque non c’è niente.

Quel filo nero che collega Piazza Fontana e la morte di Ramy sono le divise sguinzagliate dappertutto, impunite, che con il nuovo DDL1660 diventaranno ufficialmente (già lo sono nei fatti) dei cittadini di classe superiore a tuttx lx altrx: potranno girare armati anche non in servizio, per ogni processo lo stato, ossia le tasse di chi le paga, sborserà fino a 40mila euro (preventivi!) per difenderli e tutelarli e noi, poverx mortalx, se ci rifiutiamo di dare le generalità finiamo in processo penale senza contare le minacce, gli schiaffi, l’umiliazione.
Sì, forse non sono proprio tutti uguali, ma andatelo a dire a chi è stato torturato nella caserma di Piacenza o a Bolzaneto (Genova 2001) chi al carcere di Santa Maria Capua Vetere o di Reggio Emilia (solo per citare casi “famosi”) andatelo a dire alle ragazze stuprate dai militari a Firenze e a l’Aquila, andatelo a dire a Ramy, che potevamo essere noi, ognunx di noi.
Andate a dire che i padroni non esistono più e che la legge è uguale per tutti ax detenutx nelle carceri italiane (e di tutto il mondo), ax prigionierx nei CPR e negli istitui minorili, che hanno come alternative di fronte a sè o gli psicofarmaci del vitto ministeriale (e diventare zombi) oppure l’evasione o la rivolta…e quando ci provano gli sparano addosso e dicono che erano tutti tossici strafatti di metadone (vi ricordate le rivolte che hanno inaugurato l’incubo securitario della “gestione COVID” nel 2020? Noi sì.)
E se in carcere non hai nel cuore la fuga o la rivolta resta solo il lenzuolo stretto al collo e già, in Italia, se ne sono ammazzatx 77 di detenutx.
E tutto quello che politici ed “esperti” (qualunque cosa significhi) sanno fare è istituire altri reati per i quali altrx emarginatx, altrx poverx, altrx ribelli finiranno dietro le sbarre a popolare questi inferni dimenticati.
E più ci ammazzano, più ci incarcerano, più ci arrestano, più ci terrorizzano, più si lamentano che siamo cattivi, delinquenti, violenti e se a Corvetto lx amicx di Ramy hanno tirato pietre e incendiato qualche cassonetto pare che sia la guerriglia urbana! Ma magari!! Cosa contano oggetti e strade bloccate di fronte ad una vita stroncata? Come si può mettere sullo stesso piano un ragazzino ammazzato da un carabinieri per odio securitario e un autobus coi vetri rotti per rabbia?!

La mentalità dei padroni è una mentalità intrinsecamente stragista: le persone affogate nel Mediterraneo, alle frontiere di montagna, sui posti di lavoro o in strada, durante un “normale controllo di polizia”, sono lì a testimoniarlo.
È la mentalità, portata alle sue estreme logiche conseguenze, che lo stato sionista sta applicando in Palestina e in Libano: sterminare, fisicamente, chi è di troppo, chi si frappone fra il potere e i suoi obiettivi.
E proprio la questione palestinese sbatte in faccia a qualsiasi sincerx democraticx quanto la legge, le regole, i trattati vengano chimati in casua solo ed esclusivamente quando fa comodo a chi li ha stipulati: lo stato sionista, sostentuo, finanziato, armato da USA e Unione Europea può commettere un genocidio in diretta TV e nessuno muove un dito. Se lx studentx manifestano in piazza contro il genocidio, pacificx e coloratx, gli sbirri li manganellano e li denunciano. Ecco cos’è la legge: il ghigno schifoso e maledetto dell’autorità che dopo averti derubato, pestato, incarcerato ti presenta pure il conto.
Questo era vero nel 1969 ed è vero anche oggi, la sostanziale differenza per chi scrive è che cinquant’anni fa tanta parte della popolazioni (in Italia e nel mondo) lottava per stroncare questo stato di cose, mentre ora (di certo in italia, forse anche altrove) la mentalità dei padroni è stata assunta dallx sfruttatx come se avessimo le stesse garanzia e le stesse priorità: no, non siamo sulla stessa barca, chi ha privilegi è nemico di chi non li ha, e sarebbe opportuno che fosse vero, nei fatti, anche il contrario!

La memoria di ciò che è accaduto, di quanto lo stato italiano abbia sempre mantenuto la “pace” con le bombe (Piazza Fontana, Italicus, Stazione di Bologna, Piazza della Loggia) ci fa restare lucidx e non fidarci delle carogne che ci promettono che questo è “il migliore dei mondi possibili”: ce ne sono altre di possibilità, infinite, quanto infinito è il desiderio di creare un modo altro di vivere. Desiderare ardentemente questi sogni e poi armare la fantasia per concretizzarli!

12 DICEMBRE 1969: IL MANDANTE È LO STATO GLI ESECUTORI I FASCISTI!

VERITÀ E VENDETTA PER RAMY E PER TUTTX LX ALTRX AMMAZZATX DAI TUTORI DELL’ORDINE!

SPAGNA: A 6 MESI DI RECLUSIONE DEL COMPAGNO ANARCHICO ABEL. PER AMORE DELL’ANARCHIA, PER ODIO DELLA REPRESSIONE.

Traduciamo e diffondiamo

Questo 30 novembre sono 6 mesi che il nostro compagno anarchico Abel è stato sequestrato dallo Stato ed incarcerato nel centro penitenziario di Brians 2, con una condanna di 3 anni e 9 mesi per l’aggressione, nel 2018, a un manifestante della JUSAPOL[1] che portava simbologia fascista. Tutte le istanze giudiziali dello Stato hanno ratificato l’accusa di reato di lesioni con aggravante di odio, con l’obiettivo di proteggere gli sbirri e criminalizzare ancor di più la militanza del compagno. Un castigo che la reclusione ha fatto diventare doppio, dato che in tutto questo tempo, in ben due occasioni è stata respinta la classificazione in terzo grado, facendo riferimento all’ideologia del compagno e alla sua mancanza di empatia con la “vittima”. Così il Potere giustifica i programmi di reinserimento (condizione indispensabile per ottenere permessi penitenziari) ai quali deve sottomettersi il prigioniero, con l’obiettivo di annichilire la sua coscienza rivoluzionaria: come un falegname che martella i chiodi storti dell’asse. Così si converte la condanna in tortura e ricatto.

Per noi non rappresenta nessuna novità la loro politica penitenziaria basata sull’esercizio di violenze strutturali in base alla posizione sociale delle persone recluse: lo sfruttamento della manodopera, le umiliazioni e aggressioni delle guardie e il maltrattamento sistematico delle famiglie sono solo la punta dell’iceberg.
Mai abbiamo sperato che le loro leggi potessero essere uno strumento a nostro favore, né abbiamo mai aspirato a riformarle per indorare la pillola di abusi e sofferenze. Perché sappiamo bene che il carcere, come qualsiasi altra istituzione repressiva, è uno strumento al servizio del Potere e della classe dominante, il cui obiettivo è annichilire qualsiasi accenno di dissenso nella società. Un’istituzione che merita solo di essere distrutta e abolita.

La prigione, quel buco dove il tempo sembra essersi fermato e a volte passa senza che ce ne si renda conto, è il luogo che la Democrazia riserva a coloro che osano mettere in discussione l’ordine stabilito, imprigionando quanti sono costretti a vivere in un angolo e chi lotta senza sosta: anche per tuttx loro scendiamo in strada. Perché non ci dimentichiamo del resto dei prigionieri e delle prigioniere in lotta, che resistono dentro e fuori lo Stato. Perché non ci accontentiamo di far tremare a forza di pugni il vetro che ci separa, di far sentire le nostre voci in una chiamata contro il tempo, di inviare il nostro affetto per posta. Vogliamo vedere cadere quei muri.

Questo 30 novembre scendiamo in strada a difendere ciò che è nostro e che vogliono rubarci. Per amore dell’anarchia e per odio della repressione. Perché siamo noi che, amando gli spazi che abitiamo, resistiamo in essi con i nostri corpi, per il banale e semplice fatto che i nostri corpi sono le nostre trincee. Preferiamo le ceneri della metropoli al giogo del Capitale. Per l’odio verso le loro patrie, frontiere, guerre e disastri, dove di fronte ci siamo noi, amanti del conflitto e della rivolta, che seminiamo mutuo aiuto e solidarietà contro l’intero sistema di dominio. Senza inginocchiarci dinnanzi ai morti, ai feriti e ai caduti, senza offrirgli un minuto di silenzio, ma solo una vita intera di lotta e di vendetta. Per l’odio verso capi, borghesi, partiti, fascisti e tiranni che, con le loro maschere democratiche, vorrebbero costringerci con la forza ad essere comparse nello spettacolo della miseria. Nonostante questo, abbiamo deciso di essere protagonisti delle nostre vite, per la nostra passione per la libertà ed il nostro odio per l’autorità, per l’affetto verso i nostri pari e per amore verso lx nostrx compagnx che vogliono portarci via.

Per tutto questo, scendiamo in strada il 30 novembre. Perché la solidarietà è l’arma che colma la distanza che ci separa. Per amore dell’anarchia, per odio della repressione.

Gruppo di supporto per Abel
Novembre 2024

[1] Associazione spagnola formata da agenti del Corpo Nazionale di Polizia e della Guardia Civile, affine a VOX ed altre organizzazioni di estrema destra.


Manifestazione a Barcellona
30 novembre ore 19.30
Plaça d’Orfila


Manifestazione a Siviglia
30 novembre

MESSINA: INIZIATIVE CONTRO IL DDL 1660

Diffondiamo

Ci vediamo venerdi 25 ottobre alla piazza dell’ex fiera (passeggiata a mare) dalle ore 17.00

In un mondo sempre più scandito dal ticchettio del profitto, distruggiamo le lancette; ‘divertirsi è un bisogno vitale’.
Incontriamoci, organizziamoci, creiamo insieme gli spazi che sogniamo.

Prepariamoci al corteo contro il ‘ddl sicurezza’ di giorno 26 Ottobre.

Microfono aperto, musica e socialità.
Porta i tuoi strumenti musicali, vecchie lenzuola per striscioni, indumenti, colori e/o tutto quello che vorresti decorare con la stampa serigrafica e trovare in piazza.

CONTRO IL DDL SICUREZZA
LIBERX DI LOTTARE!

SABATO 26 OTTOBRE
CORTEO A MESSINA

Concentramento a Largo Seggiola (vicino Piazza del Popolo) alle ore 17

I FASCI IN QUARTIERE CI STANNO GIÀ: SONO QUELLI IN DIVISA

Condividiamo il testo di un volantino diffuso a Bologna il 26 settembre in  occasione del raduno “stop degrado”, promosso da un’accozzaglia fascio-leghista.

L’appuntamento che oggi, giovedì 26 settembre, la destra si è data in Piazza dell’Unità non nasce dal nulla. Negli ultimi anni abbiamo assistito ad un aumento continuo delle politiche di repressione e di controllo anche e soprattutto in questa parte della città, in stretta connessione con i processi di gentrificazione e turistificazione che hanno attraversato anche questo quartiere.
A farne le spese più degli altri sono come sempre le persone che non hanno la pelle bianca, chi non ha soldi, chi non vuole farsi cacciare da ‘sto quartiere sempre più in mano a ricchi e guardie. Identificazioni, fermi, intimidazioni, retate, perquisizioni, presidi fissi di polizia e carabinieri, arresti (e tutto quello di cui non veniamo a conoscenza) sono ormai pane quotidiano in Bolognina.
A questo si sono aggiunte le ronde patriottiche dei fasci, app che permettono di comunicare direttamente alla questura atteggiamenti sospetti, scritte anti degrado e quant’altro. Questo clima di tensione e di razzismo, a suon di manganelli e di prime pagine del resto del carlino, ha dato agibilità politica a questa accozzaglia di gente che si ritroverà oggi in quella piazza. Già in passato Bologna ha vissuto chiamate fatte dai fascisti. Solitamente si trovavano in piazza Galvani, forse per visibilità, forse per essere più protetti dalle via del centro. Altre volte si spingevano nei quartieri popolari per campagna elettorale e propaganda.
Oggi invece, uniti a commercianti e speculatori sotto lo slogan di stop al degrado, si permettono di lanciare un presidio in Piazza dell’Unità, ma soltanto dopo aver fatto fare il lavoro sporco di gestione al PD. Combattere le sfilate della destra in quartiere significa anche, soprattutto, organizzarsi e lottare contro l’occupazione quotidiana della Bolognina, quella dei fascisti in divisa.

Gli unici stranieri: fasci e sbirri nei quartieri!

MILANO: RIGETTATA LA RICHIESTA DI ESTRADIZIONE PER GABRIELE

La Corte d’Appello di Milano rigetta la richiesta di estradizione per Gabriele Marchesi, che torna ad essere libero.

Gabriele Marchesi, il 23enne antifascista coindagato di Ilaria Salis, detenuta a Budapest in condizioni da lei denunciate come “inumane”, non sarà trasferito in carcere in Ungheria e torna libero. Lo ha deciso la Corte d’Appello di Milano, che ha rigettato la richiesta di consegna avanzata dalla magistratura ungherese in seguito ad un mandato di arresto europeo eseguito lo scorso novembre. Esiste il “rischio reale di un trattamento inumano e degradante” nelle carceri ungheresi e c’è fondatezza di timori di reali rischi di violazione dei diritti umani”.

Sono questi due dei passaggi delle motivazioni con cui la Corte d’Appello di Milano ha rigettato la richiesta di consegna.

FREE THEM ALL: SETTIMANA DI MOBILITAZIONE

Dal 18 al 23 marzo 2024
Per mantenere viva l’attenzione, per non lasciare nessuno indietro, per impedire l’estradizione di Gabriele, per una società libera da ogni carcere: in Ungheria, in Italia o in Palestina. Mobilitiamoci per una settimana, ognun come crede, con ogni mezzo che si ritiene opportuno.

  • 23 marzo Roma: corteo né prigione né estradizione
  • 28 marzo Milano: udienza per l’estradizione di Gabriele
  • 28 marzo Budapest: processo a Ilaria e lx altrx antifa

MILANO: NÉ PRIGIONE NÉ ESTRADIZIONE – MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA

Diffondiamo:

NÉ PRIGIONE NÉ ESTRADIZIONE
📢 APPELLO PER LA MANIFESTAZIONE ANTIFASCISTA
MILANO, COLONNE DI SAN LORENZO
17 FEBBRAIO, 18.30
Dopo il corteo antifascista del 13 gennaio scorso che ha visto molte persone scendere in piazza in solidarietà agli e alle arrestate e ricercati per gli attacchi contro alcuni neonazisti a Budapest durante le celebrazioni per il “Giorno dell’onore” nel febbraio 2023, scegliamo di tornare un’altra volta in strada.
Aver attraversato così numerosi le vie di Milano dimostra che siamo tanti e tante convinte che sia giusto opporsi al fascismo e che sia importante farlo in prima persona senza delegare alle istituzioni o allo stato il compito di proteggerci dalla violenza e dall’odio fascista; che vogliamo agire fuori dal teatrino mediatico che vede in contrasto maggioranza e opposizione; che sia importante continuare a lottare.
Il 29 gennaio si è svolta la prima udienza del processo a Budapest che si prevede duri almeno un altro anno. Il 13 febbraio a Milano si è svolta un’altra udienza in merito all’estradizione del compagno ai domiciliari che è stata rinviata al 28 marzo chiedendo all’Ungheria una misura di detenzione alternativa al carcere. Anche altri due compagni in Europa sono in attesa delle procedure in seguito all’esecuzione del MAE.
Mentre sulla stampa mainstream i partiti politici fanno campagna elettorale sulla pelle delle persone arrestate e ricercate per i fatti di Budapest, noi vogliamo continuare a esprimere la nostra solidarietà ai compagni e alle compagne che oggi non possono essere al nostro fianco.
Sentiamo forte l’urgenza di opporci alle politiche securitarie dell’Italia e degli altri Paesi europei che collaborano sempre più strettamente nell’ambito del controllo e della repressione. Per l’indagine di Budapest sono stati infatti spiccati 14 MAE (Mandato d’Arresto Europeo), uno strumento che velocizza e semplifica la cooperazione giudiziaria europea, ridotta a pratica amministrativa sempre più basata sulle informative di polizia e priva delle garanzie della procedura giuridica ordinaria. La semplificazione delle procedure a riguardo attuata negli ultimi anni è a senso unico: avvantaggia le richieste afflittive nel mentre rende più difficili possibili alternative alla detenzione. La Ragion di Stato sgomina le tradizionali tutele di chi è “inguaiato con la legge”.
In questo momento di crisi generalizzata in cui peggiorano le condizioni economico-sociali, la guerra infuria appena fuori i confini dell’Europa e al suo interno si rafforzano gruppi e partiti nazi-fascisti, per gli Stati diventa prioritario eliminare qualsiasi forma di dissenso e chiunque decida di lottare e ribellarsi. Per essere vittoriosi sul fronte esterno il fronte interno deve essere pacificato e perciò ogni tipo di opposizione sociale e di contrasto deve essere configurata come “nemico interno da neutralizzare”.
Lo vediamo in Italia con l’inasprimento delle pene per i picchetti e i blocchi stradali, strumenti di lotta fra i più utilizzati dai lavoratori o con l’ultimo Pacchetto Sicurezza del Governo Meloni che prevede l’introduzione di nuovi reati con pene altissime per chi si rivolta all’interno di carceri e CPR, e contemporaneamente conferisce maggiori finanziamenti e poteri alle forze di Polizia.
In Francia intanto si propone di inserire nell’elenco delle organizzazioni terroristiche alcuni gruppi antifascisti mentre in Germania già da tempo la repressione verso questi collettivi e le pratiche che portano avanti è spietata e ha visto nel recente passato la revisione del reato associativo e la sua applicazione per colpirli.
Come possiamo affrontare questa situazione? La tradizione degli oppressi contiene una vasta gamma di pratiche ancora oggi attuali e da riproporre. Nel farlo, è necessario scardinare la dicotomia fra violenza e non-violenza. L’apriori pacifista e legalitario è, come ogni assoluto, un impedimento allo sviluppo di lotte efficaci; come insegnano da oltre sessant’anni gli afroamericani, ci si batte “con ogni mezzo necessario” e, come recita un antico proverbio tedesco, “quando un grave pericolo è alle porte, le vie di mezzo conducono alla morte”.
Perciò siamo al fianco di chi viene accusato di aver aggredito dei nazisti, di aver attaccato sedi dell’estrema destra, di aver contrastato con decisione i dispositivi della Fortezza Europa.
Gli Stati rafforzano i loro legami. Noi rafforziamo i nostri.
LIBERTA’ PER TUTTI E TUTTE

ESITO UDIENZA PER GABRIELE

Il 13 febbraio si è tenuta un’udienza per decidere in merito alla possibile estradizione di Gabriele in Ungheria. L’udienza è terminata con un ulteriore rinvio al 28 marzo.
Nonostante il giudice si fosse ritirato in camera di consiglio per prendere una decisione a fine udienza la scelta finale è stata quella di un nuovo rinvio.
Il giudice italiano ha infatti deciso che venga chiesta all’Ungheria la possibilità di una misura detentiva alternativa al carcere, quindi i domiciliari in Ungheria o in Italia. Questo perché sono state riconosciute delle criticità nelle condizioni di detenzione in carcere in Ungheria.
L’Ungheria dovrà rispondere entro i 15 giorni antecedenti all’udienza del 28 marzo.
Nel frattempo Gabri resta ai domiciliari con tutte le restrizioni.

ROMA: IL CORTEO PER ILARIA E LE ALTRX ANTIFA BLOCCATO PER ORE E CARICATO

Diffondiamo:

“Dall’Ungheria alla Palestina Free Them All: al fianco di Gabri, Ilaria, Tobias e i/le compagn* sotto processo, detenut*, ricarcat* “

Il corteo in solidarietà a Ilaria e a tuttx i/le prigionierx è stato bloccato per circa due ore nei pressi dell’ambasciata dell’Ungheria e poi attaccato con una pesante carica per impedire ai compagnx di raggiungere il corteo per la Palestina. Alle 17.30 il corteo è riuscito a ripartire.

LIBERTÀ PER TUTTX LE ANTIFA!