IVREA: CAMMINANDO PER SOLE E BALENO

CONTRO CARCERE E 41BIS
A FIANCO DI CHI LOTTA

CAMMINANDO PER SOLE E BALENO

1998-2024

 SABATO 30 MARZO 2024

ore 14,30
Presidio solidale davanti al carcere di Ivrea, c.so Vercelli 165

ore 17
Zac movicentro, dietro la stazione fs di Ivrea, presentazione della rivista Respiro, grafica e parole contro carcere e repressione

DOMENICA 31 MARZO 2024

ore 10,00
Escursione verso la Cavallaria, ritrovo in piazza a Brosso, pranzo al sacco

CASSA ANTIREPRESSIONE DELLE ALPI OCCIDENTALI
https://gancio.cisti.org/event/camminando-per-sole-e-baleno-1

MILANO: PER LA CHIUSURA DI TUTTI I CPR

MOBILITAZIONE PER LA CHIUSURA DI TUTTI I CPR

MILANO, 6 APRILE ORE 15, DA P.ZZA DEL TRICOLORE

La tortura dei lager di Stato è ormai un’innegabile certezza documentata da centinaia di foto, video, dossier e testimonianze arrivate anche nelle aule giudiziarie, davanti alle quali non si più più fingere di non sapere.

E’ tempo di pretendere la fine della violenza legalizzata che nei CPR vede la punta dell’iceberg e che ha la stessa matrice della violenza che insanguina le frontiere europee e di quella che, sulla finzione di un’emergenza permanente ispirata al subdolo binomio immigrazione-sicurezza, trova il pretesto per introdurre norme liberticide e di repressione del dissenso a danno di tutte e di tutti.

E se alla favoletta del modello di CPR in cui i diritti vengano monitorati e rispettati non abbiamo mai creduto, non cominceremo proprio ora che le più recenti vicende di Milano ne dimostrano l’irrealizzabilità: commissariato dalla Procura, il CPR di via Corelli resta il lager di sempre.

Non possiamo pertanto assistere inerti alla moltiplicazione di questi luoghi di repressione e di lenta tortura psicofisica, né tantomeno alla loro rimozione forzata dalla visuale della società civile per essere trasferiti altrove e continuare ad operare indisturbati: ne va della tutela dei diritti di tutte e di tutti.

🔶 UN LAGER COMMISSARIATO RESTA SEMPRE UN LAGER: NON ESISTE UN MODO GIUSTO PER FARE UNA COSA INGIUSTA.

🔶 I CPR VANNO CHIUSI TUTTI E SUBITO, COMINCIAMO DA VIA CORELLI!

🔶 NO CPR NO LAGER DI STATO, NE’ A MILANO, NE’ ALTROVE, NE’ IN LIBIA NE’ IN ALBANIA!

PALERMO: ARRESTI E MISURE CAUTELARI PER UN’AZIONE CONTRO LEONARDO SPA

Diffondiamo:

Questa mattina la Questura di Palermo ha eseguito tre misure cautelari, due obblighi di firma e una custodia cautelare in carcere per tre militanti di Antudo. Le accuse del PM, poi ridimensionate dal GIP, sono quelle di atto terroristico, detenzione di materiale esplosivo, diffusione di materiale informatico, per un sanzionamento ai danni di una sede di Leonardo SPA in via Villagrazia a Palermo. Le immagini del sanzionamento erano state ricevute e divulgate sul portale di informazione antudo.info.

A seguito della pubblicazione del video, i componenti palermitani della redazione erano stati già raggiunti da perquisizioni e sequestro di dispositivi informatici.

Un impianto accusatorio assurdo tutto basato sulla diffusione di un video. Ci chiediamo, allora, quanto la libertà di informazione sia davvero tale. Se per il solo motivo di evidenziare la complicità di Leonardo alla guerra si possano attivare tali misure repressive.

É ormai ben noto come l’azienda Leonardo, partecipata statale, sia pedina bellica ed economica fondamentale in questo momento sullo scacchiere mondiale. Infatti mentre il P.M. continua a battere sull’accusa di terrorismo, il GIP afferma l’ inconcludenza delle accuse, ridimensionandole.

Ma non sembra casuale che queste misure arrivino all’alba di stamattina, proprio in un periodo in cui a causa delle proteste contro la guerra e il genocidio in atto a Gaza, la Leonardo è divenuta obiettivo di manifestazioni, presidi, petizioni per denunciarne i profitti miliardari sulle tecnologie militari. Ci sembra un ulteriore segnale di quanto le proteste contro la guerra e le sue industrie sporche di sangue vadano represse anche tramite la privazione della libertà di chi si oppone alle scelte guerrafondaie dello stato italiano e della Nato.

Sono, in effetti, questi mesi, in cui il gruppo Leonardo SPA ha visto esponenzialmente crescere profitti, assunzioni, investimenti e un’ implementazione della produzione di armamenti e tecnologie militari.

Mentre dall’altro lato del Mediterraneo con i droni prodotti da questa azienda, vergogna made in Italy, Israele bombarda la popolazione civile della striscia di Gaza, chi fa luce sulle responsabilità viene raggiunto da misure repressive. Chiediamo con forza la chiusura delle fabbriche di morte e la libertà per tutti coloro che lottano e si oppongono alla guerra.

AGGIORNAMENTI SU ALFREDO COSPITO

La Cassazione ha dichiarato inammissibile l’istanza presentata dai difensori dell’anarchico Alfredo Cospito, detenuto in regime di 41 bis, contro la decisione del tribunale di Sorveglianza di Roma che per il 23 ottobre aveva confermato il carcere duro per Alfredo, attualmente detenuto a Sassari.

Nel corso dell’udienza del 19 marzo, il procuratore generale della Cassazione si era espresso per il “no” al ricorso presentato dall’avvocato Flavio Rossi Albertini.

FREE THEM ALL: SETTIMANA DI MOBILITAZIONE

Dal 18 al 23 marzo 2024
Per mantenere viva l’attenzione, per non lasciare nessuno indietro, per impedire l’estradizione di Gabriele, per una società libera da ogni carcere: in Ungheria, in Italia o in Palestina. Mobilitiamoci per una settimana, ognun come crede, con ogni mezzo che si ritiene opportuno.

  • 23 marzo Roma: corteo né prigione né estradizione
  • 28 marzo Milano: udienza per l’estradizione di Gabriele
  • 28 marzo Budapest: processo a Ilaria e lx altrx antifa

BOLOGNA E MODENA: RAZZISMO ISTITUZIONALE E VIOLENZA POLIZIESCA

A Bologna il 10 marzo un ragazzo egiziano è stato colpito col taser al CAS di via Mattei dopo che un operatore ha richiesto l’intervento delle forze dell’ordine.

A Modena il 14 marzo un ragazzo guineano è stato preso ripetutamente a calci e pugni durante un controllo dei documenti.

Modena: i carabinieri prendono a calci e pugni un uomo

BOLOGNA, UN 270 TIRA L’ALTRO. AGGIORNAMENTI SU ALCUNI PROCEDIMENTI IN CORSO

Sull’inchiesta per 270bis in corso

A fronte dell’autorizzazione al prelievo coatto di DNA, firmata dalla GIP Roberta Malavasi, alle/i indagate/i è stato notificato un ordine a comparire per la fine di dicembre.

In questa prima fase, per coloro che si trovavano a Bologna, l’appuntamento si è svolto in modo pressoché identico. Giunti in caserma gli sbirri preposti al prelievo, verificato che non si fosse accompagnati dal proprio avvocato e che ci si rifiutava di attendere l’arrivo di un legale d’ufficio, hanno proceduto con una denuncia per “rifiuto di adempiere all’ordine dell’autorità” (art. 650)

Sulla base di un ulteriore decreto autorizzativo firmato dallo stesso giudice, alle/i indagate/i è stata notificata una nuova data per metà gennaio.

In questa seconda fase, la maggior parte delle/i indagate/i si è presentata all’appuntamento pur senza collaborare in alcun modo al prelievo. Quanti avevano invece scelto di disertare del tutto l’ “ordine a comparire”, a metà febbraio sono stati prelevati a casa o sul posto di lavoro, sulla base di un accompagnamento coattivo.

Ricordiamo che il pretesto per questa operazione di schedatura sarebbe il ritrovamento di materiale biologico su un accendino “rinvenuto in prossimità del luogo dei fatti [in riferimento all’incendio dei ripetitori di Monte Capra], risultato appartenere (il profilo) ad un soggetto ignoto di sesso maschile”. Per questo fatto sono indagati/e solo 5 tra i/le 19 compagni/e, coinvolte/i nell’indagine.

Riportiamo il testo di un breve volantino distribuito, tra gli altri, al presidio del 19 febbraio “Contro la guerra esterna, contro la guerra interna, contro la schedatura genetica”:

A Bologna la caccia dei carabinieri del ROS al DNA anarchico continua. A tutti gli effetti si tratta del tentativo di realizzare una vera e propria schedatura su base ideologica: più DNA a disposizione significa più possibilità di sfornare indagini e processi.

Si parte da un fatto, avvenuto nell’estate 2022, un attacco incendiario ai danni di alcuni ripetitori, in opposizione alla guerra in Ucraina e alla imposizione del 41bis al compagno anarchico Alfredo Cospito. Il fatto, contestato a cinque compagni/e, ha fatto da pretesto per una schedatura che coinvolge ben 19 persone, a loro volta fatte oggetto di sospetto perché, a vario titolo, coinvolte in lotte anarchiche o contro il 41bis.

Di fronte al ricatto del prelievo coatto ciascuna delle 19 persone ha dovuto scegliere, in base alle proprie possibilità e condizioni di vita, se cedere il proprio DNA o meno. Attualmente almeno tre persone hanno scelto di non collaborare in modo assoluto, di non subire il ricatto. Hanno scelto di non presentarsi all’appuntamento dato per il prelievo coatto, di non cedere quel microscopico pezzo di loro utile ad agevolare questa e successive sporche indagini. Verso di loro è quindi stato disposto un accompagnamento coatto. Volanti e sbirri sono stati sguinzagliati alla loro ricerca, prelevandoli/e da casa, o dal lavoro, trasportandoli/e in caserma, aprendone a forza la bocca alla presenza di ignoti avvocati di ufficio a far da garanzia legale a questa violenza.

Questi compagni/e hanno tutto il nostro sostegno. Nell’affermarlo ribadiamo la nostra opposizione:
– alla schedatura genetica, che sia o meno su base ideologica
– a pratiche ammantate di certezza scientifica, ma di fatto basate su calcoli di probabilità e il cui solo scopo è arrivare a condanne facili verso i soliti sospettati.
– a una tecno-scienza che ci identifica come codici parziali, usata come arma in mano a inquisitori tutt’altro che degni di fiducia.

Ancor più in questi tempi di guerra crediamo che la solidarietà e la lotta siano l’unico argine possibile contro chi uccide, sfrutta affama e reprime.

Solidali con chi ha subito il ricatto del prelievo forzato.
Complici con chi ha deciso di opporsi.

Chiusura indagini per i due cortei dello scorso inverno in solidarietà ad Alfredo e contro il 41 bis

In questi mesi abbiamo appreso della conclusione delle indagini per i due cortei che lo scorso inverno si erano svolti in città in solidarietà ad Alfredo e contro il 41bis e l’ergastolo ostativo.

Alfredo, tutt’ora detenuto in 41bis, era allora in sciopero della fame già da mesi, le sue condizioni fisiche si stavano deteriorando. All’interno della campagna internazionale che aveva coinvolto tantissime persone, non solo anarchiche/i, chi era in questa città aveva deciso di contribuire scendendo in strada in modo determinato, indicando alcuni dei responsabili della miseria quotidiana di questo mondo, portando solidarietà ai detenuti del carcere minorile del Pratello che in quel periodo avevano scelto di rivoltarsi contro le angherie subite.

Per il corteo del 21 dicembre 8 compagne/i, non solo di Bologna, sono accusati a vario titolo di corteo non autorizzato, imbrattamento, danneggiamento, resistenza, accensioni pericolose e porto di oggetti atti ad offendere.

Per il secondo del 19 gennaio 2023 le/i compagne/i coinvolti sono 16, la maggior parte della provincia di Bologna e Forlì. Le accuse sono di manifestazione non autorizzata, danneggiamento, imbrattamento, accensioni pericolose, porto di oggetti atti ad offendere, violenza privata, diffamazione, contraffazione e diffusione di notizie false.

Le parti offese sono lo Stato Italiano, il comune di Bologna, alcuni istituti di credito tra cui Intesa San Paolo, Eni Enjoy, TIM e il Resto del Carlino.

Entrambe queste indagini sono state condotte dalla DIGOS che, evidentemente, non poteva proprio rimanere a mani vuote.

Sull’udienza preliminare dell’Operazione Ritrovo

Il 21 febbraio 2024 si è tenuta presso il Tribunale di Bologna l’udienza preliminare dell’Operazione Ritrovo, avviata dai ROS nel 2018 e coronata nel 2020 da 7 arresti e 5 obblighi di dimora con rientro notturno con le accuse di 270 bis, istigazione a delinquere, incendio, danneggiamento e imbrattamento. In sede di riesame, a fine maggio 2020, l’accusa di “associazione sovversiva con finalità di terrorismo” era caduta, le misure
cautelari ridimensionate ad obblighi di dimora con rientro notturno per alcunx e, per altrx, venute meno. Nei mesi successivi erano state avanzate richieste di sorveglianza speciale per 7 compagnx coinvoltx in questa vicenda; solo una è poi andata in porto (per la durata di 2 anni e con obbligo di dimora nel comune di Bologna) a carico di un compagno accusato di essere stato l’autore dell’incendio di un ripetitore nel 2018, fatto inserito tra le cartacce dell’operazione Ritrovo.

I fatti qui riassunti, va ricordato, sono avvenuti nel periodo successivo al lockdown del 2020, alle rivolte nelle carceri e alla solidarietà che ad esse è seguita. Il PM Dambruoso, nella conferenza stampa successiva agli arresti, aveva apertamente sbandierato la natura preventiva delle misure cautelari attuate. Dopo mesi di restrizioni e divieti imposti a tutta la popolazione per l’emergenza COVID lo Stato dichiarava apertamente il timore che la rabbia sociale potesse deflagrare, non solo internamente alle galere (come avvenuto durante le rivolte) ma anche fuori. Se dentro le gabbie le guardie non si erano fatte scrupolo di reprimere a suon di botte e torture le legittime richieste e preoccupazioni delle persone detenute, arrivando ad ammazzare 14 persone, fuori lo Stato aveva la necessità di tenere sedate le coscienze instillando paura e minacciando con la repressione. In tal senso le misure cautelari richieste a Bologna a carico di 12 anarchicx dovevano essere un monito verso chi non accettava di buon grado le forme di controllo sociale sperimentate dallo Stato durante i lockdown, e ancor più verso chi ancora credeva che fosse quantomai necessario continuare a lottare.

A distanza di quasi 4 anni si è tenuta l’udienza preliminare. Un’operazione partita con il roboante 270 bis vede ora il rinvio a giudizio di 10 compagni per i soli capi d’imputazione di imbrattamento e danneggiamento. Per l’ istigazione a delinquere (manifesti e scritti) e il danneggiamento mezzo incendio (un ripetitore incendiato affiancato dalla scritta
“Spegnere le antenne risvegliare le coscienze”) è stato dichiarato il “non luogo a procedere”. Quattro compagnx sono statx proscioltx da ogni accusa.

I 14 detenuti ammazzati nelle carceri nel marzo 2020 e quelli torturati nel carcere di Santa Maria Capua Vetere nell’aprile dello stesso anno, invece, continuano a gridare vendetta. Mai come ora, mentre si consuma in diretta mondiale il genocidio della popolazione palestinese per mano dello Stato di Israele con la complicità delle democrazie occidentali, è chiaro quanto la violenza assuma nella narrazione del potere un valore differente a seconda di chi la attua: viene chiamata terrorismo quando parte dal basso, quando è diretta contro gli autori di stragi, torture e devastazioni perpetrate dall’alto; viene chiamata democrazia quando è il massacro degli ultimi, così nelle carceri nel 2020 così come oggi nei territori di Gaza.

A FIANCO DEL POPOLO PALESTINESE E DI CHI CONTINUA A LOTTARE CONTRO LA VIOLENZA DEL POTERE, A OGNI LATITUDINE, DENTRO E FUORI LE GABBIE.

A FIANCO DI ANAN YAEESH, PRIGIONIERO PALESTINESE NELLE CARCERI
ITALIANE PER CUI ISRAELE CHIEDE L’ESTRADIZIONE E DI TUTTX LX PRIGIONIERX PALESTINESI.

A FIANCO DI ILARIA, TOBIA, MAJA, GABRIELE E TUTTX LX ANTIFASCISTX IN CARCERE IN UNGHERIA O CON RICHIESTA DI ESTRADIZIONE.

A FIANCO DEX COMPAGNX ANARCHICX RINCHIUSI IN CARCERE O CON MISURE RESTRITTIVE IN OGNI PARTE DEL MONDO.

CON ALFREDO NEL CUORE E CONTRO LA TORTURA DEL 41 BIS

Bologna, febbraio 2024
Anarchiche e Anarchici

ANAN YAEESH LIBERO! NO ALL’ESTRADIZIONE IN ISRAELE

Diffondiamo

Domenica 10 marzo dalle 14 alle 17
Presidio davanti al carcere di Terni

Il 29 gennaio 2024 le autorità italiane a seguito di una richiesta di estradizione avanzata dalle autorità israeliane hanno arrestato Anan Yaeesh, attualmente detenuto nel carcere di Terni. 
Anan Yaeesh, 37 anni, è un palestinese originario della città di Tulkarem, in Cisgiordania, nel corso degli anni ha condotto la propria attività politica all’interno del contesto della Seconda Intifada; ha scontato oltre 4 anni nelle carceri dell’occupazione e subito un agguato delle forze speciali israeliane nel 2006, durante il quale ha riportato gravi ferite per i colpi a lui inferti.

Anan lascia la Palestina nel 2013, diretto verso l’Europa. Si reca inizialmente in Norvegia dove viene sottoposto a degli interventi chirurgici per rimuovere i proiettili rimasti nel suo corpo per anni.

Nel 2017 raggiunge l’Italia, dove si stabilisce e dove nel 2019 ottiene un regolare titolo di soggiorno e la protezione speciale dell’Italia per i suoi trascorsi politici in Palestina. Nel 2023 si reca in Giordania, dove viene rapito dai servizi di sicurezza giordani allo scopo, con ogni probabilità, di consegnarlo a Israele.

Dopo oltre sei mesi di detenzione, a seguito della diffusione della notizia del suo arresto e il pericolo che venisse consegnato alle autorità israeliane, i servizi di sicurezza giordani si trovano nella condizione di doverlo rilasciare al fine di evitare malcontento e reazioni da parte dell’opinione pubblica.

Nel novembre del 2023 torna in Italia, a L’Aquila, dove risiede, e viene arrestato il 29 gennaio a seguito di un mandato di cattura italo-israeliano; l’arresto ha luogo a seguito del consenso da parte del governo italiano all’estradizione – è infatti sulla base delle indicazioni del Ministero della Giustizia italiano che viene portata avanti la richiesta di misura cautelare.

La decisione di procedere con l’estradizione è di enorme gravità, e alla gravità del fatto che sia presa in considerazione l’estradizione di un cittadino palestinese alle autorità israeliane (sulla base di ipotetiche azioni di resistenza, svoltesi nei territori occupati, tutelate quindi dal diritto internazionale), si aggiungono anche una serie di considerazioni dettate dall’attuale situazione politica.

In primis l’Italia consegnerebbe un palestinese alle autorità israeliane, le quali lo processerebbero in un tribunale militare. Inoltre molteplici sono stati i rapporti di organizzazioni e associazioni internazionali per i diritti umani – tra cui il consiglio ONU per i diritti umani – che riportano e denunciano le inumane condizioni di detenzione e tortura nelle carceri italiane.

In caso di estradizione, il destino di Anan sarà quello di essere condotto davanti ad una corte militare e sottoposto a trattamenti disumani, condizioni detentive impensabili, che hanno già causato negli ultimi quattro mesi la morte di nove prigionieri politici palestinesi, uccisi nelle carceri israeliane dalla tortura e dalla negligenza sanitaria.

Inoltre, con ogni probabilità, gli elementi su cui sono state formalizzate accuse ad Anan Yaeesh sono il frutto di ormai noti metodi d’investigazione e interrogatori considerati illegali in Italia e compatibili con la definizione di tortura.

Riteniamo che questo episodio rischi inoltre di rappresentare un pericoloso precedente volto a sdoganare l’estradizione e la consegna di palestinesi in Italia e in Europa dietro richiesta di Israele che, ricordiamo, porta avanti la pulizia etnica e il massacro del popolo palestinese, la colonizzazione e l’occupazione militare dei territori palestinesi.

Per la liberazione immediata di Anan Yaeesh, per far sentire la contrarietà ad un’estradizione in aperta violazione del diritto internazionale e per far sentire ad Anan Yaeesh la voce solidale di chi contrasta il genocidio del suo popolo.

Coordinamento ternano per la Palestina

RESISTERE ALLA MACCHINA DELLE ESPULSIONI: SUI FATTI ALLA QUESTURA DI TORINO

Diffondiamo:

Non partiremo dalle botte, dal fatto che ci hanno strappato via un compagno, dal fatto che nei CPR torturano e che dai CPR deportano.

Non partiremo da questo perché non sarebbe il discorso di Jamal.
Pertanto non è e non sarà il nostro.

LE RIVOLTE

Un anno fa il CPR di corso Brunelleschi bruciavaBruciava e chiudeva grazie al fuoco dei ribelli. Quelle colonne di fumo che si stagliavano al cielo emanavano la forza di una rivolta, dando coraggio a chi, fuori, coglieva quel momento per immaginare una solidarietà che nelle sue possibilità riuscisse ad essere palpabile ed efficace. Che potesse superare quel tempo e quel luogo e rimanere solida nelle sue prospettive di lotta contro la detenzione amministrativa, la macchine delle espulsioni e il razzismo sistemico e sistematico.

LEGAMI E ALLEANZE

Jamal è un pezzo di questa storia, è il segno profondo che il rapporto tra un dentro e un fuori è stato auspicabile, possibile, reale. Che organizzarsi insieme è un orizzonte non solo desiderabile ma realizzabile.

In questo anno abbiamo provato a tessere i nessi di senso che legano la guerra esterna – che ha raggiunto il suo apice con il genocidio palestinese – insieme alla costruzione del nemico interno – inquadrato per lo più tra il sottoproletariato razzializzato e chi lotta. Abbiamo ribadito, sempre più convint*, che creare qui alleanze di lotta con chi subisce l’oppressione di classe e lungo la linea del colore è il nostro punto, il nostro orizzonte, la nostra strada.

TENTARE IL POSSIBILE

Jamal è un nostro compagno, un nostro amico. Ha fatto questa strada con noi e non potevamo che tentare il possibile: inceppare il suo trasferimento in un CPR, dove per 18 mesi può essere sottoposto a detenzione e violenza, può essere torturato, per poi, un giorno, arrivare alla deportazione.
Mentre sotto i nostri occhi si muovevano gli ingranaggi del razzismo di Stato, non potevamo permetterci di rimanere inermi.

La macchina delle deportazioni e della detenzione amministrativa si compone di tanti piccoli pezzi: dalle perizie medico legali delle ASL, alle imprese che costruiscono e/o gestiscono i centri di detenzione; dai rastrellamenti degli sbirri durante le retate, ai voli charter che realizzano le deportazioni.
Ognuno di questi tasselli è più vulnerabile di quanto non sembri nel suo insieme il moloch delle detenzione amministrativa.
La sorpresa e la difficoltà degli sbirri nel dover gestire lo slancio di solidarietà di fronte alla questura ne sono la conferma.

IL COPIONE DEI MEDIA

La copertura mediatica dell’accaduto ha seguito un copione decisamente rodato: una comunicazione dell’ufficio stampa della questura viene inoltrata e ripubblicata da agenzie di stampa e giornali senza la minima rielaborazione.
E così gli aggressori diventano aggrediti e i professionisti della violenza (coloro cioè che della violenza istituzionale fanno la propria professione) passano per vittime.
Spariscono i pugni in testa, le manganellate scomposte, le minacce, gli insulti. Nella narrazione univoca e standardizzata delle veline poliziesche, sparisce la radice stessa della violenza, quella dei meccanismi di potere e dei dispositivi di governance delle classi sfruttate, quotidianamente emarginate, discriminate, incarcerate, espulse. Unica vera notizia (nel senso di fatto degno di nota) in questo caso è stata la “necessità” da parte della polizia di dispiegare appieno questa violenza per portare uno “straniero” nel CPR di Milano, un posto – tra gli altri destinati alla detenzione – disumanizzante al punto da creare scandalo per la gestione delle persone recluse.
Se in questi giorni la brutalità della polizia è balzata agli onori delle cronache per alcuni casi di violenze perpetrate durante momenti di protesta, la storia di ieri può aggiungere allora un prezioso tassello alla comprensione dei meccanismi che regolano e reggono le iniquità sociali: i poliziotti non picchiano solo ai cortei, non colpiscono solo gli avversari di questo o quel governo. I poliziotti pestano tutti i giorni, per garantire a suon di botte che la società dello sfruttamento rimanga tale.

Sappiamo che su Jamal è caduta più potente la brutalità della repressione perché ha scelto di lottare, ha scelto di organizzarsi. Il colpo e i colpi di oggi però non sono niente in confronto alla rabbia che abbiamo nel cuore e all’amore che arde questa lotta e ci lega alle compagne e compagni che troviamo lungo la strada.

MANTENIAMO VIVA LA SOLIDARIETÁ!

PRESIDIO SOTTO LE MURA DEL CPR DI VIA CORELLI DI MILANO

10 MARZO 2024 ORE 15

Il fuoco dei CPR brilla ancora e il coraggio delle lotte e delle rivolte stenta a placarsi.

A Jamal e alla sua libertà
A chi si ribella e si rivolta.
Ai rivoluzionari e alle rivoluzionarie.

FUOCO ALLE GALERE
FUOCO AI CPR

BOLZANO: ABBATTERE LE FRONTIERE DAL BRENNERO ALLA PALESTINA – CORTEO

Manifestazione “From Gaza to Brennero smash the borders”

3 marzo 2024, ore 14.30

Via Museo/Cassa di Risparmio (Bolzano)

Diffondiamo:

Mentre viene trasmesso in diretta televisiva l´orrore del genocidio del popolo palestinese, il prossimo 5 marzo la Corte di Cassazione si pronuncerá sulle condanne per la manifestazione contro il muro del Brennero del maggio 2016. Se saranno confermati i 130 anni complessivi inflitti in appello, per alcune decine di compagni/e si apriranno le porte del carcere.

A distanza di otto anni il senso di quella giornata é sempre piú attuale. Guerre, razzismo, frontiere, muri e filo spinato sono l´emblema del nostro presente. Dalla guerra fra NATO e Russia in Ucraina alla Gaza sotto assedio totale in cui la popolazione é alla fame, dai lager della Libia ai morti nel Mediterraneo e al Brennero, le frontiere continuano a determinare la vita o la morte di chi prova a superarle. Se a Gaza e nel resto della Palestina una parte di umanitá considerata “di scarto” é direttamente sterminata, nel resto d´Europa gli immigrati “indesiderabili” senza documenti vengono sfruttati o rinchiusi nei CPR, strutture di detenzione amministrativa, dove spesso trovano la morte.

Oggi come ieri scendiamo in piazza, certi di essere dalla parte giusta della storia, quella degli oppressi e di chi lotta per la propria libertà ed emancipazione. Con il cuore gonfio di rabbia per il genocidio in corso in Palestina, con il cuore pieno di amore per tutti i compagni che nel 2016 hanno messo in gioco la propria libertá per rompere l´indifferenza e l´apatia con cui troppo spesso vengono accettati i peggiori crimini compiuti dal potere.

Con il cuore a Gaza ed agli oltre 9000 prigionieri palestinesi vessati nelle carceri israeliane.

Chi lotta non é mai solo. Dalla Palestina all´Italia solidarietà internazionalista contro guerre e frontiere! Free all political prisoners!

freepalestinebz@inventati.org

Während der grauenvolle Völkermord am palästinensischen Volk live im Fernsehen übertragen wird, fällt das Kassationsgericht am 5. März die Urteile für die Demonstration im Mai 2016 gegen die Brenner-Mauer. Wenn die insgesamt 130 Jahre Gefängnis, die im Berufungsverfahren erhoben wurden, bestätigt werden, landen mehrere Dutzend Genoss:innen im Gefängnis.
Nach acht Jahren wird die Bedeutung dieses Tages immer aktueller. Kriege, Rassismus, Grenzen, Mauern und Stacheldraht sind emblematisch für unsere Gegenwart. Grenzen entscheiden nach wie vor über Leben und Tod derer, die versuchen, sie zu überschreiten – vom Krieg zwischen NATO und Russland in der Ukraine bis zum vollständig belagerten Gazastreifen, in dem die Bevölkerung verhungert, von den Lagern in Libyen bis zum Tod im Mittelmeer und am Brenner. Während in Gaza und im restlichen Palästina ein Teil der Menschheit, der als “Abfall” betrachtet wird, direkt ausgelöscht wird, werden in Europa “unerwünschte” Einwanderer:innen ohne Papiere ausgebeutet oder in Präventivhaftanstalten eingesperrt, wo sie allzu oft zu Tode kommen.
Heute wie gestern gehen wir auf die Straße, in der Gewissheit, dass wir auf der richtigen Seite der Geschichte stehen, auf der Seite der Unterdrückten und derjenigen, die für ihre Freiheit und Befreiung kämpfen. Mit dem Herzen voller Wut über den andauernden Genozid in Palästina, mit dem Herzen voller Liebe für all die Genossinnen und Genossen, die 2016 ihre Freiheit aufs Spiel gesetzt haben, um die Gleichgültigkeit und Apathie zu brechen, mit der allzu oft die schlimmsten Verbrechen der Machthaber:innen hingenommen werden.
Unsere Herzen sind in Gaza und bei den mehr als 9.000 palästinensischen Gefangenen, die in israelischen Gefängnissen schikaniert werden.
Wer kämpft, ist nie allein. Internationale Solidarität gegen Kriege und Grenzen, von Palästina bis nach Italien! Free all political prisoners!
freepalestinebz@inventati.org