GALLICO (RC): PRESENTAZIONE DELL’OPUSCOLO “PRIMI PASSI… ATTRAVERSO IL DDL SICUREZZA VERSO UNO STATO DI GUERRA”

Diffondiamo

Venerdì 7 Marzo al CSOA Cartella la presentazione dell’opuscolo:

𝐏𝐑𝐈𝐌𝐈 𝐏𝐀𝐒𝐒𝐈 – 𝘼𝙩𝙩𝙧𝙖𝙫𝙚𝙧𝙨𝙤 𝙞𝙡 𝘿𝘿𝙇 𝙨𝙞𝙘𝙪𝙧𝙚𝙯𝙯𝙖 𝙫𝙚𝙧𝙨𝙤 𝙪𝙣𝙤 𝙨𝙩𝙖𝙩𝙤 𝙙𝙞 𝙜𝙪𝙚𝙧𝙧𝙖
a cura di 𝐌𝐚𝐭𝐞𝐫𝐢𝐚𝐥𝐞 𝐏𝐢𝐫𝐨𝐜𝐥𝐚𝐬𝐭𝐢𝐜𝐨

“È la preparazione della guerra in altri ambiti – politici e sociali – che da lungo si preparano ad essere qui arrivati ad un punto di svolta. Dopo i passi che la legislazione emergenziale ha approntato in questi anni, con il ddl 1660-1236 è la volta di scoprire le carte, con un bel salto in avanti. Il terreno è finalmente fertile per l’accrescersi del sentimento patriottico, il pozzo è avvelenato, la costruzione del nemico è ultimata, le forche sono distribuite ai passanti.”

Quali sono le prospettive col nuovo DDL sicurezza? Sicurezza? Ma per chi?
Ne parliamo insieme 𝐕𝐞𝐧𝐞𝐫𝐝𝐢’ 𝟕 𝐌𝐚𝐫𝐳𝐨, 𝐨𝐫𝐞 𝟏𝟗 al 𝐂𝐒𝐎𝐀 𝐂𝐚𝐫𝐭𝐞𝐥𝐥𝐚 (via Quarnaro, I, Gallico, RC)

CATANIA: VOLI LA CIVETTA

Alfredo M. Bonanno.
Discussione e testimonianze sul movimento anarchico degli anni ’60, ’70, ’80

Palestra LuPo (Piazza Pietro Lupo 25)
4 marzo
ore 17.30

Se la lotta non è una meta, ma un modello interpretativo della realtà, per riappacificarci con il nostro intelletto abbiamo la necessità di conoscere la storia delle lotte nel nostro territorio. La nostra isola trattata alla stregua di una colonia; dove riversare nocività industriali, basi, armi e soldati oltre a ogni tipo di prigione, ha ormai una salda ed univoca narrazione.

La sottomissione, il disinteresse e l’indifferenza, queste le caratteristiche che regnano sovrani nella Trinacria, non sono solo un atteggiamento temporaneo legato ad uno specifico contesto, ma sono una categoria dell’anima, un tratto comune della popolazione, una tara di lombrosiana memoria. Questa tossica vulgata è strumentale, palesemente per proteggere lo Status Quo ed è fondamentale per isolare tra rabbia e impotenza qualsiasi pensiero sovversivo individuale.

Riappropriarsi della conoscenza di una Sicilia ribelle e indomabile non è assolutamente da ritenere come risolutivo, ma è senza ombra di dubbio concime per le teste che nascondono un seme di ribellione, che altrimenti potrebbe non germogliare mai.

Nel giorno in cui Alfredo Maria Bonanno avrebbe compiuto 88 anni ci sembra doveroso cogliere l’occasione per parlare di un eccezionale figura anarchica e del suo contesto.

Prolifico autore che ha scritto più di 150 opere tradotte in decine di lingue, non ha mai smesso di mettere il suo pensiero e il suo corpo al servizio della libertà, senza aver avuto mai paura di perderla. I suoi continui studi ed interventi sui metodi e le strutture organizzative anarchiche, in un modo o in un altro, hanno influenzato nella sua interezza l’odierno pensiero anarchico; rimanendo per lo più sconosciuto nel territorio dove è nato, ha passato la sua giovinezza e soprattutto, ha dato luogo alle sue prime battaglie. Nostra intenzione è recuperare questo passato attraverso le testimonianze di chi, quelle battaglie, le ha vissute in prima persona prima che cadano nell’oblio, rafforzando il mito della Sicilia impassibile e inerte a qualsiasi moto di rivolta.

MESSINA: CORTEO CARNEVALE NO PONTE [1 MARZO]

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L’ombra del ponte è già qua: espropri, cantieri propedeutici, depositi di scorie, propaganda, sottrazione di risorse, decreti legge per aggirare prescrizioni e per reprimere il dissenso… Il ponte è il simbolo di un’idea di progresso che se ne infischia delle nostre vite: estrae valore dai territori a costo di devastarli, li sottrae ai bisogni e ai desideri degli abitanti… per far guadagnare i pochi soliti noti.

Per ribaltare questo scenario e far sì che non si ripresenti mai più, abbiamo bisogno di capovolgere prospettive, ricontattare energie, immaginare mondi nuovi, creare relazioni differenti.

E allora… CARNEVALE!

Da sempre festa popolare, eretica, liberatrice, che dissacra, rovescia, si fa beffe del potere, la festa del tempo che tutto distrugge e rinnova!

…un carnevale per difendere lo Stretto, un carnevale per esorcizzare i mostri del profitto, un carnevale di festa, un carnevale di lotta!

Volete inondarci di cemento… …ma sarà la nostra risata che vi seppellirà!

STAMPA E DIFFONDI

FILE STAMPA VOLANTINO

SOLIDARIETÀ AI DETENUTI DEL CPR DI MACOMER

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Nella notte di giovedi 13 febbraio i prigionieri del CPR di Macomer hanno dato vita ad una protesta (uno di loro è salito sul tetto) poiché due loro compagni avevano tentato il suicidio e per le sempre peggiori condizioni di vita all’interno della struttura.

Il CPR è totalmente isolato dal punto di vista geografico, a due ore circa di auto da Cagliari, nascosto in prossimità della zona industriale di Macomer (tanto che qualche abitante del paese ne ignora addirittura l’esistenza), strettamente sorvegliato da tutti i tipi di forze dell’ordine e dall’esercito e per raggiungerlo è necessario utilizzare strategie adeguate a evitare di essere intercettati e respinti prima di arrivarci.

La notte della protesta qualcun* ha deciso di fare un salto nella zona del CPR per capire che aria tirasse. Dalla struttura la situazione sembrava abbastanza tranquilla ma i diversi posti di blocco posizionati per tutto il paese sono stati una conferma indiretta che fosse accaduto qualcosa di significativo.

Per questo la mattina di sabato 15 febbraio abbiamo deciso quindi di effettuare un saluto per portare solidarietà a tutti i detenuti e per ricordargli che non sono soli. La risposta è stata forte e calorosa, sono riusciti a informarci che all’interno sono in cinquantatre, che una mezza dozzina di prigionieri non dovrebbero essere reclusi neppure per la durissima legislazione in vigore (perché figli di genitori con cittadinanza italiana o perché privi dei requisiti previsti per la detenzione amministrativa), che il cibo è immangiabile, che non hanno acqua calda, che gli viene impedito qualsiasi tipo di comunicazione telefonica se non alcune a pagamento, che gli viene impedito di svolgere qualsiasi tipo di attività compreso quelle ricreative (hanno una sola televisione con un unico canale) e che all’interno alcune celle sono completamente bruciate tanto da non essere abitabili. Ci hanno detto che si rendono conto di venire uccisi lentamente.

Dopo una mezzora di scambio di comunicazioni con i prigionieri, come consuetudine si sono presentati polizia, digos e carabinieri, che dopo averci identificato e filmato e avere registrato i messaggi che scambiavamo con i prigionieri in lingue diverse dall’italiano dopo diverse ore di fermo ci intimavano di andarcene, denunciando i compagn* che hanno violato il foglio di via da Macomer; fogli di via che il questore di Nuoro, Alfonso Polverino, emette, con motivazioni di fantasia, per tutt* coloro che si avvicinano al CPR per solidarizzare con i detenuti e/o protestare.

La risposta ricevuta dai prigionieri, più forte del previsto, è per noi una spinta a continuare la lotta. Contro il razzismo del sistema e di chi lo appoggia, contro il razzismo volgare e squallido della destra e il razzismo elegante e raffinato della sinistra d’opposizione (quella che ha creato i CPR, che ogni tanto finge di indignarsi in maniera decisa ma che agisce perché nulla cambi, protestando contro il progetto CPR albanese mentre ignora il suo prototipo di Macomer), contro la distrazione che sconfina nel razzismo, di chi dimentica l’esistenza di prigioni come il CPR in una Sardegna che è una Cayenna con le altre sue 14 prigioni (3 delle quali con il 41 bis) e l’occupazione militare più ampia d’Europa. È evidente che la lotta contro il CPR di Macomer è una lotta che il sistema ci fa pagare caro, con l’utilizzo di misure di prevenzione e le successive denunce nel caso di violazione. Tanto accanimento ci fa pensare che forse stiamo colpendo nel segno, ricordando ancora una volta che non saranno quattro sbirri in divisa e un pezzo di carta a farci allontanare dalle lotte.

LE GALERE SI CHIUDONO CON IL FUOCO

TUTTE LIBERE E TUTTI LIBERI

Anarchicx contro carcere e repressione

COMO: SALUTO AL CARCERE BASSONE

Riceviamo e diffondiamo

Nella giornata di domenica 9 alcune persone si sono riunite per portare un saluto di solidarietà e vicinanza alle persone detenute dentro al carcere Bassone, a Como.
Il saluto ha permesso di parlare con le persone dentro, e di abbattere, seppure per un momento, il muro che divide dentro-fuori. L’intento era quello di comunicare un indirizzo postale a cui scrivere da dentro, per raccontare ed essere meno sol*.
Sappiamo che le condizioni all’interno del carcere sono disumane, con un sovraffollamento al 185.4% (dati antigone 2024) che lo rende il terzo carcere più sovraffollato d’Italia, numero inadeguato di personale sanitario, violenza delle forze dell’ordine, e molteplici tentati suicidi.
Il carcere non è un  luogo per  rendere giustizia  ma solo un posto violento che cerca di togliere alle persone libertà, dignità e parole.
Crediamo che il carcere elimini le storie personali e comunitarie attraverso la criminalizzazione delle stesse. Con tutto l’aiuto di un sistema giuridico e di un codice penale razzista e classista, che confina chi non si vuole adeguare alla quotidiana oppressione in luoghi dimenticabili e dimenticati.
Il saluto è stato portato a termine con grande entusiasmo, sia dall’interno che dall’esterno, ma la repressione non è tardata ad arrivare. Alla fine della giornata, sei persone sono state fermate per identificazione e una di queste è stata arrestata in flagrante; le accuse che pendono sono manifestazione non autorizzata e resistenza a pubblico ufficiale, con due fogli di via da Como per un anno. Come al solito e sempre degno di nota, le accuse hanno seguito un racconto fasullo della situazione vissuta, creduta e riportata anche dai giornali locali, e sono quindi esito dell’ostinazione delle forze dell’ordine nel soffocare azioni e parole dissidenti.
Il carcere non è un luogo da riformare, ma un’istituzione inutile e criminalizzante e che per questo va eliminata. Solidarietà con lx carceratx, libertà x tuttx.
Fuoco alle galere

Report antigone https://www.antigone.it/osservatorio_detenzione/lombardia/188-casa-circondariale-di-como

DUE NOTE SULL’ISOLAMENTO DEL CPR DI BARI-PALESE E DEI SUOI DETENUTI. VERSO IL PRESIDIO DEL 22 FEBBRAIO

Riceviamo e diffondiamo

Il CPR di Bari Palese (come il CARA) si trova nei pressi dell’aeroporto internazionale di Bari – Karol Wojtyla, vicino al quartiere San Paolo. In un’area oltre che periferica, completamente militarizzata, dallo stesso aeroporto ma soprattutto dalla Guardia di Finanza con gli edifici, le mura e il filo spinato del gruppo operativo Bari 1 e della Legione Allievi Finanzieri. A primo impatto sembra un grande residence di lusso perché spiccano i palazzi alti, in mezzo al nulla, con i loro balconi e finestre, poi quando ti avvicini e vedi le mura, le targhe, qualcosa inizia a puzzare… Quelle mura nella parte a nord del lato est combaciano con quelle di un’altra struttura, molto più piccola, che di alto non ha nessun palazzo e non ha nessun balcone: è il centro di tortura di stato chiamato “ufficialmente” Centro di Permanenza per i Rimpatri, dove vengono detenute le persone in movimento sprovviste dei documenti richiesti dall’Unione Razzista Europea.

L’ingresso del CPR non è sulla strada principale, la stessa strada della GdF, ma infondo ad un viale alberato che costeggia le mura della GdF.

Il CPR di Bari Palese dunque ha un perimetro rettangolare. Vicino all’angolo sud ovest, sul lato sud c’è il cancello in direzione del viale alberato, poi si sviluppa verso est con una decina di moduli: un paio per gli uffici, uno per l’infermeria e gli altri sono celle. Oltre le celle e i moduli, a contenere i prigionieri c’è una prima cinta di mura, poi una seconda in cemento, alta 6 metri.

Negli ultimi anni ci sono state importanti rivolte dentro al CPR di Bari Palese, una in particolare che causò l’inagibilità di una parte, riducendo la capienza del lager di stato. Ma sappiamo che quello non fu un caso isolato, chi è rinchiusx dentro il CPR lotta ogni giorno. Grazie alle testimonianze dei reclusi o di chi lo è stato, possiamo farci un’idea della violenza che viene usata per sedare le proteste, da quella più diretta della celere al momento della rivolta, a quella indiretta degli psicofarmaci, dell’assenza dei servizi sanitari, dell’isolamento.

Sempre negli ultimi anni la repressione dentro e fuori il centro di tortura di Bari Palese è cresciuta: per aumentare l’isolamento e vanificare i presidi a sostegno di chi è colpito dal razzismo di stato dentro i CPR, la questura di Bari tramite prescrizioni o tramite il dispiegamento dei powerrangers con casco e manganello, ha allontanato il presidio dalla strada adiacente al CPR, obbligando le persone a stare lontane, annullando le possibilità di interazione con chi è imprigionato, ostacolando il più possibile anche solo la vista del CPR.

Noi questo CPR -come gli altri- lo immaginiamo preso dalle fiamme della rabbia di chi è rinchiuso e vogliamo dare loro tutta la solidarietà e il coraggio possibile per la lotta verso la libertà. Sabato 22 febbraio alle 14 rompiamo l’isolamento al centro di tortura di stato CPR di Bari Palese.

UDINE: PRESIDIO SOLIDALE SOTTO IL CARCERE

Riceviamo e diffondiamo

Sabato 15 febbraio dalle ore 15
in via Ragusa

Nel carcere di Udine il sovraffollamento ha raggiunto un limite insopportabile, vi sono rinchiusi 180 detenuti a fronte di una capienza di 90 posti, dei quali ben 57 si trovano nella prima sezione, situata al piano terra, in condizioni di grave degrado ambientale con umidità, muffa, fili elettrici scoperti, mancanza di tubi di scarico nei lavandini. Questa sezione è quella dove vengono collocati i nuovi giunti, che vivono il trauma dell’entrata in carcere, i prigionieri che manifestano problemi di disagio mentale o di tossicodipendenza e dove ci sono le celle di isolamento.

Inoltre all’interno del carcere manca una copertura medica e infermieristica sulle 24 ore.

Però i lavori di “riqualificazione della struttura”, tanto sbandierati dai garanti comunali che si sono succeduti in questi ultimi anni, che prevedono l’allestimento di aule studio, laboratori e di una sala polifunzionale uso teatro, vanno avanti. I garanti hanno promosso lo scorso dicembre una “marcia silenziosa e non violenta”, con tanto di rosa bianca in mano, dal duomo al carcere “per festeggiare la conclusione dei lavori del polo culturale e didattico e dolersi per il mancato inizio lavori per la prima sezione”, come se questa ennesima negligenza fosse colpa del destino avverso, che è necessario propiziarsi, o di qualche divinità, e non una precisa responsabilità dell’amministrazione penitenziaria e dell’ASL che evita di controllare e di intervenire sull’area sanitaria.

A lavori ultimati dunque, la “società civile” di questa società distopica potrà provare l’emozione di andare a teatro dentro le mura del carcere, mentre nelle sezioni i detenuti vivono in condizioni disumane, patiscono maltrattamenti fisici e psicologici, vengono psichiatrizzati attraverso la somministrazione di psicofarmaci e metadone.

Il garante regionale, pragmatico, già direttore del carcere di Trieste, non si lagna, ha la soluzione per risolvere il problema del sovraffollamento: costruire “una nuova e moderna struttura carceraria in regione” in modo da realizzare “una sorta di bacino di espansione di fronte al flusso non arrestabile di persone detenute, flusso che non tenderà a decrescere nei prossimi mesi e anni”. Ecco, le persone che vengono imprigionate diventano un flusso…

Nei prossimi mesi ed anni lo Stato infatti, attraverso il Pacchetto sicurezza, la creazione di nuovi reati, le zone rosse, il proliferare dei dispositivi di controllo,… vorrebbe chiudere il cerchio del suo dominio, attraverso la guerra a poveri e marginali, a migranti e ribelli, alle persone detenute nelle carceri e nei CPR, mentre è sempre più attivo nelle guerre guerreggiate con l’industria bellica, le missioni militari, le imprese neo-coloniali, lo sfruttamento e la devastazione della Terra e del vivente.

Qua fuori, la città di Udine, già mostruosamente militarizzata, video-sorvegliata e  blindata, è ora diventata una estesa zona rossa, invasa dalle forze dell’ordine, con una control room e un progetto comunale di istigazione alla delazione detto “sicurezza partecipata”.

Noi rifiutiamo di far parte di una società sottomessa che guarda un marchingegno illuminato mentre tutto va in rovina, vogliamo invece guardarci attorno, metterci in mezzo, cogliere gli sguardi dei fratelli e delle sorelle, dei compagni e delle compagne, lottare insieme per continuare a lottare, ancora e ancora…

SABATO 15 FEBBRAIO 2025 PRESIDIO SOLIDALE CON I DETENUTI DEL CARCERE DI UDINE

MUSICA, PAROLE, SALUTI, URLA DI LIBERTÀ E DI VICINANZA

 

DA MALPENSA A TEL AVIV: COME LE AZIENDE DI SICUREZZA INFORMATICA ISRAELIANE COLLABORANO CON LE AUTORITÁ ITALIANE PER ACCEDERE AI DISPOSITIVI MOBILI

Diffondiamo da No Cpr Torino

La violenza poliziesca non è fatta di soli manganelli; si manifesta anche attraverso l’ingerenza e l’invasività nel privato. Seguire gli spostamenti, osservare e ascoltare il quotidiano fanno parte di un odioso bagaglio di strumenti che la polizia da sempre mette in campo.

Ad oggi, però – attraverso intense partnership con paesi, come Israele, in grado di sviluppare sistemi di sorveglianza capaci di manomettere e accedere facilmente ai dispositivi mobili (smartphone, tablet e PC) – l’accesso da parte delle polizie e dei governi ad informazioni riservate, dettagliate e sensibili può rivelarsi estremamente più pervasivo di quanto si possa immaginare. Il sistema spyware PARAGON ne è un esempio. Il servizio fornito, invece, da Cellebrite è di diverso tipo ed è quello di cui vorremo parlare qui.

Decidiamo di scrivere questo testo – invitando a condividerlo ampiamente – perché riteniamo indispensabile fornire informazioni minime a nostra disposizione, che possano aiutare ad autotutelarsi dalla pervasività della sorveglianza da parte delle autorità.

Stante l’abbassamento dei costi di tali servizi di spionaggio e l’intensificarsi delle relazioni con le aziende del settore, tentare di rompere il velo di mistero attorno a tali strumenti ci sembra tanto doveroso, quanto necessario.

Ci sembra importante, innanzitutto, precisare che le persone a cui sono stati sequestrati e manomessi i telefoni vivono e si organizzano a Torino; qui, portano avanti un percorso di lotta contro la detenzione amministrativa (CPR) e penale e hanno preso parte alla mobilitazione contro 41bis ed ergastolo ostativo. Ciò rende lo sgradevole rapporto con la polizia e le sue indagini – quelle della DIGOS in particolare – abbastanza frequente.

Lo precisiamo non per attestarci un qualche palcoscenico nello spettacolo della repressione, ma perché vogliamo evitare di creare allarmismi e paranoie orwelliane sul controllo totale. Non pensiamo, infatti, sia in atto un controllo di massa. Piuttosto che chi decide di portare avanti lotte o anche solo pratiche di dissenso possa finire tra le maglie di queste forme di spionaggio e necessiti, quindi, di informazioni utili per tutelarsi.

I FATTI

Il 20 Marzo 2024 – a seguito del blocco di un volo di linea della Royal Air Marocc, con il quale stava per essere deportata una persona di origine marocchina dall’aeroporto di Malpensa – 3 smartphone vengono sequestrati dalla polizia di frontiera prima che il fermo di 5 persone si trasformi in arresto per 4 di queste.

Quel giorno, l’arrivo al Terminal 1 dell’aeroporto di Malpensa fu scandito dalla fretta e dall’urgenza politica ed umana di tentare di impedire la deportazione. La macchina accostò – a una delle porte di ingresso dell’aerea partenze – 5 minuti esatti prima dell’orario previsto del decollo del volo per Casablanca. La valutazione del rischio, fatta da chi si trovava in quella macchina, non prevedeva: né che fosse così “semplice” e “realistico” bucare i cosiddetti sistemi di sicurezza dell’aeroporto ed arrivare alla pista di decollo, né che le polizie europee usassero i prodotti di spionaggio dei telefoni ideati in Israele da Cellebrite. Nei pochi secondi a disposizione, nell’imprevedibilità della situazione e considerando il bisogno di comunicare con solidalx, compagnx e avvocatx, venne scelto di portare 3 dei 6 telefoni presenti in macchina. Oggi sappiamo che quei 3 telefoni, poi sequestrati dalla polizia, sono stati spiati e manomessi per mano delle forze dell’ordine o suoi collaboratori, con modalità totalmente silenziate, mai ufficialmente comunicate e senza alcuna convocazione del perito informatico della difesa.

È difficile valutare se in quei pochi minuti, di corsa tra un macchina e un aereo, sarebbe stato possibile – o sensato – fare una scelta differente. Eppure, con questo breve testo invitiamo tuttx a tenere sempre a mente che esiste una zona grigia, alquanto sconosciuta, di utilizzo di tecnologie della sorveglianza da parte della controparte.

I TELEFONI

A tal proposito, e premesso che ci sono parecchi aspetti che non siamo ancora riusciti a chiarire, condividiamo invece quello sappiamo ad ora.

I telefoni al centro di questa vicenda sono degli Android abbastanza comuni, tutti e tre protetti da PIN (o sequenza), abbastanza recenti, aggiornati e con cifratura abilitata. Al dissequestro, i PIN di due dei tre telefoni sono stati trovati scritti a penna su un adesivo posizionato sul retro: non un buon inizio.

Uno degli strumenti che si utilizza in questi casi per dare un’occhiata ai dispositivi si chiama MVT (Mobile Verification Toolkit, https://mvt.re), che permette – riassumendo – di effettuare un’analisi forense consensuale, alla ricerca di indicatori di compromissione già noti. In questo caso non sono state subito trovate tracce note, ma MVT evidenzia anche eventuali altre stranezze come, nel nostro caso, la presenza di due file sospetti in un posto dove non avrebbero dovuto trovarsi.

Verificando la data di creazione di questi file – risultata successiva alla data del sequestro – abbiamo potuto dare per certa la compromissione del dispositivo da parte delle forze di polizia. Questo ci ha stupito perché fino a non molto tempo fa veniva ritenuto abbastanza macchinoso, e soprattutto costoso, superare determinate pratiche di sicurezza.

Dopo qualche ricerca – e a partire dai nomi dei file trovati ed i loro hash (identificativi univoci) – viene trovato e studiato un report pubblicato di recente da Amnesty International in cui compare lo stesso file (definito: falcon) su alcuni dispositivi sequestrati in Serbia.

Questo studio ci fornisce la possibilità di attribuire a Cellebrite – e in particolare al loro servizio UFED / Inseyets l’operazione di manomissione dei telefoni; inizialmente sequestrati dalla Polizia di Frontiera a Malpensa, poi passati alla Procura di Busto Arsizio, poi chissà ancora dove ed infine ritornati a Torino.

Molti pezzi di questa singola storia sono ancora mancanti, sconosciuti e forse secretati. Ciò che ci preme chiarire è che per certo sappiamo che le Procure e le forze dell’ordine italiane hanno a disposizione le tecnologie di manomissione dei telefoni prodotte in Israele da Cellebrite.

A tal proposito lasciamo un link per chi volesse approfondire: https://discuss.grapheneos.org/d/14344-cellebrite-premium-july-2024-documentation

IL MODELLO ISRAELE E LE SUE PARTNERSHIP INTERNAZIONALI

Israele è da sempre un partner strategico, pressoché indispensabile, per l’Occidente, soprattutto in ambito bellico e securitario. Quello che questa storia contribuisce a delineare sono le conseguenze di un business ormai esistente da decenni, basato proprio sullo sviluppo e l’esportazione di tecnologie securitarie e repressive. Un percorso che, da una parte, vede enormi investimenti israeliani alla fase di sviluppo tecnologico e, dall’altra, ingenti finanziamenti da Europa e USA per acquisire il primato e l’esclusiva sul prodotto terminato.

Attraverso la sperimentazione sulla pelle del popolo palestinese, si ottiene la “miglior versione possibile”, soprattutto economicamente competitiva sul mercato. Da qui la riproposizione nel nostro contesto del “modello Israele”, autoritario, securitario e fondato sulla cultura del nemico interno ed esterno; un modello da importare non solo ai costi di mercato – sempre più accessibili – ma soprattutto al costo di una totale sottomissione e immobilismo delle cosiddette “democrazie occidentali” di fronte a 15 mesi di genocidio.

Nella speranza che ognuno possa cogliere da questa vicenda ciò che ritiene utile ai fini di incrementare il proprio livello di sicurezza, proteggersi dall’occhio dello Stato e dei suoi scagnozzi, nonché immaginare con creatività le proprie strade di lotta: vorremmo chiedere che a questa informazione sia data ampia diffusione.

PALESTINA LIBERA!

TUTTE LIBERE! TUTTI LIBERI!

PALERMO: 400 DETENUTI IN SCIOPERO DELLA FAME AL PAGLIARELLI

Nei giorni scorsi è scoppiata una rivolta nel carcere Pagliarelli di Palermo, a causa delle nuove restrizioni in vigore che prevedono il divieto di ricevere, tramite pacchi postali, alimenti ed altri oggetti come coperte e maglioni di pile. 400 detenuti hanno dato il via a uno sciopero della fame. Condividiamo la seguente riflessione: 

400 detenuti in sciopero della fame. I motivi della protesta nel carcere di Palermo: “In una situazione carceraria disastrosa che l’anno scorso ha registrato il record di suicidi, ed in cui il sovraffollamento è una costante, appare assurdo gravare in maniera ancora maggiore sulla vita dellx reclusx”

Ci riempie il cuore una rivolta collettiva per due ragioni:
– La prima per ovvie ragioni di solidarietà e di complicità. Un governo che introduce il reato di “resistenza passiva”, reato al vaglio del senato, con il nuovo DDL sicurezza si ritrova a fronteggiare una rivolta collettiva di 400 persone, detenutx che non abbassano la testa di fronte a limitazioni assurde, volte alla mera repressione che mira all’annientamento delle condizioni umane decenti. Niente più cibo dall’esterno, tuttx con lo stesso sapori in bocca: quello che sa di rancido, imposto dall’apparato repressivo.
– La seconda è che finalmente una rivolta in carcere, finalmente collettiva, finalmente finalizzata a distruggere una discriminazione classista, finalmente da dentro una rivolta contro il potere che reprime in maniera strutturale.

COMPLICI E SOLIDALI SEMPRE AL FIANCO DI OGNI RIBELLE CONTRO IL POTERE

DENTRO NESSUNX SOLO MACERIE

 

CATANIA: PRESENTAZIONE DELL’OPUSCOLO “NON È FORSE QUESTA GUERRA?” + BENEFIT NO PONTE

Diffondiamo

🏴‍☠️ CATANIA 15 FEBBRAIO 2025 PALESTRA LUPO P.zza LUPO 25 h. 18.00

“La democrazia è un cappio al collo di un suicida, con il nodo fatto male. Mantiene in vita morenti come zombie frustrati. E sempre più spesso poi ci si ritrova a fissare il vuoto; non è forse questa guerra?! Le nostre esistenze sono inondate da un sentimento di separazione, percezione a volte irreparabile di astrazioni sempre più isolanti. Diventiamo complici silenti di questa ‘barbarie democratica; obbligati ed obbligate ad essere costantemente diretti/e oppure ad essere la nuova classe dirigente, quella che brinda ai disastri del Libano, dell’Afghanistan, di Gaza, della provincia noiosa e del sobborgo povero; non è forse questa guerra?!”

🚨 A seguire presentazione del Carnevale No Ponte 1 marzo 2025

🎧 Dj set e Live benefit “carnevale no ponte” per danze contro il nulla che avanza:

– DJ SET MIMMO POMPADOUR e MARI J VOCAB

– LIVE MUGEN MENTALCHEMIST