PARMA: STREET PARADE 24 MAGGIO 2025

Riceviamo e diffondiamo

Si muore in guerra, a lavoro e in alternanza.
Si muore nel Mediterraneo e nelle rotte migratorie, si muore di freddo per le strade, si muore in galera, si muore per le alluvioni e per gli incendi, si muore di patriarcato e polizia.
Si muore, poco a poco, tutti i giorni, scambiando il nostro tempo e le nostre vite per merce e denaro.
Siamo sempre più irregimentatx in un sistema votato al profitto e alla morte.
Disertare questa realtà diventa una necessità. Confluiamo allora per le strade e abbandoniamo i nostri ruoli mortiferi.
Una street non crea solamente un momento di svago, ma di lotta, in cui tentare di creare spazi di socialità liberi da sfruttamento e mercificazione.
Vogliamo raccogliere sotto le casse tuttx coloro che desiderano disertare questo sistema a favore di un cambiamento radicale anticapitalista, ecologista e transfemminista.
Anche quest’anno, un insieme eterogeneo di realtà e individualità cittadine si interseca e fonde per creare un momento catartico di riflessione e diserzione. Unisciti a noi nella sovversione con il tuo contributo artistico, qualunque esso sia.

La vita quotidiana è una guerra, disertiamola insieme.

Riteniamo fondamentale la partecipazione almeno a una delle riunioni di organizzazione.

NO LOCALI
NO CLUB
STAY FREE

Per info: deportati@insiberia.net

BARI: SALUTO AL CPR

Riceviamo e diffondiamo

Da fonti indirette sappiamo che Giovedì 27 c’è stata una rivolta nel Cpr di Bari in seguito a un tentativo di fuga. Il ragazzo che ha provato a fuggire, dopo essere stato preso è stato brutalmente picchiato e rimandato in cella. Una volta tornato i suoi compagni, vedendo le chiare violenze subite, hanno iniziato una piccola rivolta, salendo anche sui tetti e lanciando frutta alle guardie, il tutto sedato dalle forze dell’ordine.

Anche per questo:
Domenica 30 in poch3 compagn3 ci siamo ritrovate sotto le mura del Cpr per portare solidarietà ai detenuti e mostrare che le loro lotte non rimangono isolate come le istituzioni vorrebbero. Ci siamo ritrovate di pomeriggio, con solo fischietti e la nostra voce, urlando cori e cercando di fare più rumore possibile, a posteriori sappiamo che ci hanno sentito ma sul momento non abbiamo ricevuto risposta. Il tutto è durato una ventina di minuti, senza risposta da dentro e senza l’intervento delle guardie.
Non contente del risultato e col dubbio che non ci avessero sentitɜ, altr3 compagn3 sono tornate Martedì 1 Aprile con qualche strumento in più che ci rendesse più rumorosɜ. Ad oggi abbiamo la certezza che ci hanno sentitɜ e adesso loro sanno che quei saluti, quelle urla e quel calore erano per loro e chissà se dalla prossima volta grideremo insieme contro quelle mura infami!

L’ultima visita al Cpr prima di domenica è stata il giorno del presidio
autorizzato fuori dal Cpr di Bari il 22 Febbraio. Abbiamo scelto di comunicare alla questura il presidio e, nonostante sapessimo che la Digos di Bari non permette più di avvicinarsi tanto alle mura, abbiamo comunque comunicato l’intento di avvicinarci il più possibile, specificando il luogo esatto che avrebbe dovuto essere sotto le celle. La Digos non ha rigettato la comunicazione né inviato prescrizioni, rimandando la contrattazione del punto al momento di arrivo in piazza.

La decisione di comunicare il presidio è stata mossa principalmente da 3
ragioni:
– Rendere la giornata inclusiva e accessibile a chiunque volesse portare
solidarietà ai detenuti.
– Poter stare più tempo sotto le mura e poter portare strumentazione
provando a comunicare e non solo a farsi sentire.
– Avevamo pubblicizzato in larga scala la giornata, probabilmente la Digos
e la celere sarebbero state lì ugualmente.
Arrivate in piazza 15 minuti prima del concentramento, la Digos non presenta le prescrizioni ma ci dice che avrebbero dovuto mettere in sicurezza l’area, poiché c’era troppa spazzatura in giro e che l’Amiu (servizio raccolta spazzatura) non era venuta a svuotare i bidoni.Tutte
menzogne perché di spazzatura non ce n’era neanche l’ombra.

Questo dura almeno 1 ora e più, tempo in cui la Digos mostra le prescrizioni rimanendo vaga sulla posizione, rimandando sempre a quando avranno finito di pulire, ma rassicurandoci che una soluzione l’avremmo trovata. Ovviamente una volta “pulito”, le guardie si sono schierate, mentre si schierava la celere la Digos continuava a fingere, continuava a prenderci in giro. Questa è la polizia, queste sono le istituzioni, nonostante i tentativi di isolare il presidio, quel giorno c’è stata una risposta da dentro dopo ore di cori, musica e interventi in inglese, francese e arabo. Per questo abbiamo deciso di continuare a portare solidarietà ai fratelli rinchiusi, ma senza comunicare né chiedere il permesso a nessuno.

Speriamo di aver rovinato il sonno all’allievi finanzieri, ma ancora di più speriamo che una notte non troppo lontana sarà il fuoco del Cpr a svegliarli, e magari le urla di qualche collega.
Morte alla Digos, morte a tutte le forze dell’ordine. Fuoco ai Cpr.

Anarchic* contro le frontiere

UN SALUTO AL CPR DI TRAPANI MILO. SCIOPERI DELLA FAME, DELLA SETE E DEI MEDICINALI, RIVOLTE E VENDETTA DI STATO

Diffondiamo da Sicilia NoBorder:

Lunedì sera, un gruppo di solidali ha deciso di recarsi sotto le mura del CPR di Milo per mostrare solidarietà ai prigionieri in sciopero della fame, della sete e dei medicinali da più di una settimana.

Le ultime informazioni circolate da dentro parlavano di tentativi di suicidio. Di una rivolta, la notte di venerdi 28, che avrebbe comportato un danneggiamento alla struttura.

Di sequestro degli ultimi telefoni personali rimasti in mano diretta ai detenuti e del blocco delle comunicazioni con l’esterno anche tramite i telefoni del CPR, finora utilizzabili a pagamento, sorvegliati e con lungo tempo di attesa. Questi sono ora fuori uso e non si sa se e quando li aggiusteranno e renderanno di nuovo funzionanti.

Isolare definitivamente sembra essere la punizione scelta dallo stato di fronte al fatto che, nei giorni scorsi, è stato diffuso su alcuni media un video in cui si sentono chiaramente le aggressioni poliziesche e le invocazioni di aiuto da parte dei prigionieri, le loro grida. È chiaro il bisogno di chi tortura di non lasciar passare informazioni su come le persone recluse vengono maltrattate e disumanizzate.

Di fronte a tutto questo e al tremendo isolamento dei prigionieri, si è sentita forte l’esigenza di andare sotto quelle mura, per portare solidarietà e calore e provare ad ascoltare quello che succede lì dentro dalle stesse voci dei reclusi e poterlo così diffondere fuori.

Appena le solidali son arrivatx, è bastato qualche coro per sentire da subito i detenuti rispondere con battiture, urla e canti che invocavano libertà, ripetuti più volte nei minuti trascorsi insieme.

Nonostante il calore della solidarietà che questi scambi hanno suscitato, si percepiva chiaramente la stanchezza di chi non solo è sottoposto a una guerra quotidiana (“qui dentro è guerra”, continuavano a gridare), ma ha anche la forza di scioperare e resistere organizzandosi con i compagni.

E nel frattempo, le condizioni dentro continuano a peggiorare. Manca il cibo e addirittura la carta igienica.

Abbiamo sentito anche del silenzio nella sezione più vicina ai solidali: probabilmente si tratta della parte della struttura che è stata resa inagibile dalla rivolta di venerdi 28 e dalla repressione poliziesca che ne è seguita. Alcuni detenuti hanno dovuto dormire a terra nei giorni seguenti. Alcuni sono stati trasferiti al CPR di Brindisi. Facile chiedersi se da lì non passeranno invece presto in Albania, dove potranno diventare nuovamente merce fresca.

Hanno voluto riempire Milo per metterlo a pieno regime, per il loro profitto. Ci hanno portato anche persone che venivano da altri CPR del nord Italia in cui il telefono in sessione è conservabile. Le persone si sono ribellate al fatto che qui viene invece sottratto. E ora lo stato si scontra con questa nuova ingovernabilità. Infame, la vuole far pagare a chi è detenuto. I reclusi hanno confermato che le sette persone punite per le ultime rivolte sono state trasferite in carcere. I giornali parlano di resistenza a pubblico ufficiale, minacce e danneggiamento. Non lo si sa. Intanto stanno al carcere di Trapani. Un’altra persona è stata deportata direttamente via mare in Tunisia. Di nuovo, deportazione e anni di galera sono la vendetta di stato per chi prova a difendersi dalle torture.

Ricordiamo che la macchina della deportazione intanto continua incessante. Oltre ai voli settimanali per la Tunisia del martedi e del giovedì, sempre venerdì 28 è partito il solito volo mensile da Palermo verso l’Egitto. A differenza delle ultime volte in cui è stata l’italiana Aeroitalia a effettuare la deportazione, che ne effettua anche per la Tunisia, questo mese la compagnia è stata la croata Trade Air.

Dopo mezz’ora di dialogo, con l’interno gli scambi sono stati interrotti dalle sirene delle volanti della polizia che hanno iniziato a seguirci lungo la recinzione.

Ad aspettarci all’uscita c’era una macchina della digos a bloccare la stradina di campagna, pochi metri dopo sono arrivate altre volanti a chiuderci dai due lati della strada che stavamo percorrendo per raggiungere le macchine. Siamo rimastx bloccatx per un po’ ma dopo qualche coro e canzoncina, rigorosamente ripreso, si sono accontentati di identificare 5 persone e annotare le targhe delle macchine. Non sono mancati manganelli sguainati. Un carabiniere che proveniva da dentro il CPR aveva con sé un taser, confermando che è un’altra arma che hanno a disposizione lì dentro.

In quel momento a Milo, oltre a detenuti, guardie e solidali, c’erano solo le persone che vanno a giocare al Circolo del Tennis, ignare, indifferenti o complici del fatto che accanto a loro ci sia un carcere razzista dove si tortura (questo circolo si trova al civico n. 40/B di Contrada Milo Errante). Una vicina si è affacciata preoccupata, ma poi è tornata a chiudersi dentro casa.

Il silenzio di Milo è stato rotto solo dalle urla di chi si ribella e dellx solidali. Le sirene delle volanti e i manganelli degli sbirri sono un ennesimo tentativo di provare a isolare ancora di più i prigionieri reprimendo chi porta solidarietà diretta fuori dalle mura di questi luoghi infami. Manco a farlo apposta, qualche ora prima del saluto una parlamentare siciliana del PD ha visitato il CPR, accompagnata da un presidio della CGIL all’esterno (e portandosi dietro una maggiore presenza poliziesca intorno alla struttura che è rimasta anche nelle ore successive al suo passaggio.) Ci era già entrata nel gennaio 2024, sollecitata dal mondo dell’associazionismo. Aveva scelto di farsi accompagnare da una collega di partito che lavora per Badia Grande, la cooperativa sociale che si occupa di integrazione, “disabili e immigrati” e per anni ha avuto tra le mani la gestione del CPR di Milo. Ora la parlamentare si è detta scioccata dal fatto che le persone in questi luoghi siano detenute e non accolte. I giornali hanno ripreso queste dichiarazioni e dato il là all’ennesimo processo di mistificazione della realtà.

Per scrupolo, ci teniamo a ribadirlo: i CPR non hanno mai accolto, ma solo torturato e ucciso. Non c’è mai stato un parlamentare che li abbia fatti chiudere, sono piuttosto loro ad aprirli. Solo la rabbia dei reclusi, le loro rivolte e le fiamme da loro appiccate hanno reso inagibili queste strutture. Lo stato non accoglie, né in CPR, né in altri luoghi chiamati con nomi diversi (centri d’accoglienza, hotspot e via dicendo). Lo stato reprime e uccide, prova a tagliare e spezzare le catene della solidarietà tra oppressx.

E noi a tutto questo ci opponiamo.

Torneremo sotto quelle mura infami, chi lotta e si ribella dentro le patrie galere non verrà lasciato solo.

La liberté c’est d’abord dans nos cœurs

La liberté, la liberté

La liberté nous, ça nous fait pas peur

La libertà è in cima ai nostri cuori

La libertà, la libertà

La libertà a noi non fa paura

Ogni sbirro è una frontiera

Acab sempre e fuoco ai Cpr

Liberx Tuttx

CATANIA: ASSEMBLEA APERTA SUL 25 APRILE – OCCUPA E RESISTI

Diffondiamo da Materiale Piroclastico:

9 APRILE – PALESTRA LUPO H.19.00

A DIFESA DELL’ANTIFASCISMO MILITANTE
Antifascimo è antisionismo, antisionismo è anticapitalismo.

La variante umana non è uno scherzo! Gaetano Bresci che uccide il re ci insegna che a frapporsi tra la guerra ed i popoli innocenti c’è la vendetta e la rabbia di chi cospira contro il potere.

Chiamiamo all’azione e al conflitto sociale tuttx lx antifascistx che si oppongono alle logiche del profitto e del capitale per organizzare un momento di rottura collettivo, per sovvertire l’ordinario, per riprenderci il presente.

Sarà presente la rete noddl sicurezza Catania e Smash repression Sicilia.

PROVARE, FALLIRE, PROVARE ANCORA; PROVARE, FALLIRE, FALLIRE MEGLIO


Testo completo della chiamata:

A DIFESA DELL’ANTIFASCISMO MILITANTE
Antifascimo è antisionismo, antisionismo è anticapitalismo.

“Fino a quando i fascisti continueranno a bruciare le Case del popolo, case sacre ai lavoratori, fino a quando i fascisti assassineranno i fratelli operai, fino a quando continueranno la guerra fratricida gli Arditi d’Italia non potranno con loro aver nulla di comune. Un solco profondo di sangue e di macerie fumanti divide fascisti e Arditi”.

Il 25 Aprile, ormai da tempo, è mera e vuota ricorrenza, in cui il paese per un giorno attua la “liturgia della resistenza”, priva di ogni contenuto attuale e riferimento reale, spinta dalla sinistra istituzionale, ansiosa di strumentalizzare la giornata e i sentimenti che suscita per fini propagandistici.

Adesso, troviamo proprio impossibile attraversare le piazze “antifasciste” del 25 Aprile che si riempiono solitamente di bandiere, e di partiti, aderenti alle sacche di repressione dello Stato, complici con il Genocidio Palestinese, proprio in questo momento quelle piazze rischiano anche di essere ulteriormente vilipese e snaturate dalla propaganda di Guerra.

La bandiera dell’UE non paga di essere lorda del sangue palestinese con il progetto REArm EU continua ad assumere connotati coloniali e guerrafondai stavolta recitando l’epitaffio sul tanto decantato mondo
libero occidentale.

E che se lo mettano bene in testa tutte quelle organizzazioni politiche antagoniste che durante l’anno si impegnano ad indicarci la via maestra per la redenzione dal capitale!

Quello che succede a Gaza non è una guerra tra stati bensì un genocidio da parte di uno stato nei confronti di un intero popolo, quello palestinese, che prova a ribellarsi e liberarsi dall’oppressione.

Un tenace movimento di Resistenza popolare che si oppone ad una delle potenze militari ed economiche più forti del pianeta, Israele, che vanta le migliori tecnologie, i migliori armamenti, il migliore esercito ed una diffusa volontà di pulizia etnica.

Questo dimostra che: la sterilizzazione dell’antifascismo operata dall’intero arco istituzionale, ha operato attraverso la selezione di forme e gestualità occasionalmente represse, lasciando i contenuti e l’essenza a diluirsi nella marea delle ingiustizie umane.

Quindi mentre ci inorridiamo di fronte a braccia tese, marce a passo dell’oca o al rifiuto di rinnegare il ventennio, siamo impassibili di fronte alla detenzione su base etnica dei cpr, alle deportazioni, alle misure di prevenzione poliziale, alla profilazione della repressione.

Ma non solo, come definire la speculazione finanziaria, la turistificazione, la deregolarizzazione del lavoro, la privatizzazione di scuole ed ospedali? Termini gentili ma non meno portatori di miseria, povertà e lutto.

Nel contesto dei già approvati decreto anti-rave, decreto Caivano e persino del nuovo codice stradale è al varo il DDL 1236 che si prepara a diventare il decreto legge più repressivo in tutta Europa.

A farne le spese saranno soprattutto lx detenutx e lx migranti a cui non possiamo che stringerci provando a creare ponti solidali, se carceri e cpr si chiudono col fuoco dellx reclusx il nostro impegno è di essere il fuoco
della vendetta.

A giovarne invece saranno le forze dell’ordine con più deterrenza, scudo penale, incitazione all’uso di armi da fuoco e maggiore discrezione sull’uso della forza. Il Fascismo è già qui!

Ma la variante umana non è uno scherzo! Gaetano Bresci che uccide il re ci insegna che a frapporsi tra la guerra ed i popoli innocenti c’è la
vendetta e la rabbia di chi cospira contro il potere.

A Catania il 25 Aprile andrà in scena la carcassa di quella che ancora molti si pregiano di chiamare ancora antifascismo e noi a questo vogliamo opporci, vogliamo che voli la civetta.
Chiamiamo all’azione e al conflitto sociale tuttx lx antifascistx che si oppongono alle logiche del profitto e del capitale per organizzare un
momento di rottura collettivo, per sovvertire l’ordinario, per riprenderci il presente.

SIAMO TUTTX ANTIFASCISTX? TUTTX?

NO ALLO SFRATTO DI CASA GALEONE!

Diffondiamo

IL GALEONE IN TEMPESTA

Nel 2022, venuti a conoscenza delle intenzioni di sfratto della proprietà nonostante non fossimo mai stati morosi e sussistessero noti accordi con il legittimo proprietario Arnaldo Natali, spalle al muro abbiamo deciso di opporci agli sfratti in sede processuale, forti delle nostre ragioni e delle evidenze che credevamo incontestabili.

Ci siamo imbarcati in un’impresa costosa, lunga e complicata su un terreno ostile che non è mai stato il nostro. In tribunale ci siamo sempre andati o perchè trascinati dalle guardie o per sostenere compagni/e inguaiati/e con la legge. Mai volontariamente a cercare “giustizia”. E così doveva rimanere.

Una volta saliti su questo carrozzone siamo stati travolti da schemi che ci hanno obbligato a contrarre la nostra attitudine al conflitto, sovradeterminando le nostre pratiche e sottraendo energia alle lotte e ai progetti per dedicarci alla raccolta fondi perché, a differenza della proprietà che ha a disposizione fondi illimitati piovuti dal cielo, noi possiamo contare solo sulle nostre forze e sulla solidarietà dei nostri compagni e delle nostre compagne.

Il 12/02/2025 nel giudizio n.r.g. 225/2024 la Sezione specializzata agraria del tribunale di Macerata ha emesso la sentenza in merito al procedimento sulla supposta finita locazione dell’immobile abitativo decretando l’obbligo del rilascio non oltre il 31 Maggio 2025.

Con la stessa ci condannano, inoltre, al pagamento delle spese legali sostenute dalla proprietà e al pagamento degli affitti non versati dal 2023 ad oggi.

Tutte le nostre richieste in merito alla natura del contratto, di fatto agrario e non di civile abitazione, e soprattutto a quelle relative a un importante controcredito che vanteremmo in seguito ai numerosi e dettagliati lavori di ristrutturazione sono state rigettate malamente.

Il 22/11/2024 nel giudizio 1119/2022-535/2023 r. g. vertenti, la corte d’appello d’ Ancona respinge il nostro ricorso condannandoci al rilascio della terra liberandola tempestivamente di ogni soprassuolo e ovviamente siamo stati anche condannati a rifondere spese legali e canoni. Abbiamo infine ricorso in cassazione sperando che, non essendo ancora andato in giudicato, avrebbe “puntellato” l’impianto delle nostre istanze in merito alla questione abitativa.

Un disastro.

Abbiamo infine offerto in extremis, per l’acquisto della casa, una cifra spropositata. Molto più alta del reale valore dell’immobile. Una cifra a cui, solo una manciata di mesi prima, la proprietà ci aveva chiesto di arrivare per la sua cessione e alla quale abbiamo ricevuto come risposta un laconico: “non esistono i presupposti per improntare una qualsivoglia trattativa”. Che tradotto probabilmente significa: “piuttosto la bruciamo”.

Che vi fosse un problema ideologico di fondo lo aveva candidamente confessato il loro avvocato, tale Michelangelo Seri di Civitanova Marche, dobbiamo dire a tratti più realista del re, che probabilmente dietro mandato della Luna srl ha cercato, nelle varie udienze, di inserire la questione politica e morale nel dibattimento. In particolare, durante le mobilitazioni in solidarietà dell’anarchico Alfredo Cospito ha millantato la nostra “pericolosità sociale” perché protagonisti di un’esperienza agricola comunitaria di stampo libertario, arrivando poi a ridicolizzarsi nel tentativo di stigmatizzare come esotico e ambiguo il nostro modello di vita in comune, e definendo inoltre “fantasie agresti” le nostre pratiche contadine.

Probabilmente il problema nasce quando, la non ancora erede Miriam Natali, durante una visita a Casa Galeone accompagnata dal fido Lino Sopranzi, commercialista con delega di amministratore di sostegno del vecchio Arnaldo oramai infermo, si imbatté nel nostro frigorifero a doppia anta. Sicuramente l’elettrodomestico che più di tutti gli altri manifesta il suo Antifascismo. Secondo il loro terzista pare che alla vista di tutti quegli adesivi colorati e inequivocabili, ne sia uscita particolarmente turbata… Il famoso problema ideologico di fondo.

Non vogliamo negare né la profonda tristezza, né la grande rabbia per questo sopruso, né l’oggettiva difficoltà a coprire le spese legali.

Sappiamo che difficilmente gli spazi di casa nostra saranno nuovamente abitati perché sull’immobile pendono una serie di vincoli oltre che una frana attiva che dovrebbero dissuadere anche il più sprovveduto acquirente, e quindi questi spazi così pieni vita, progetti, disagio, ricordi sono destinati all’abbandono, al silenzio.

Sappiamo che a breve la nostra terra che abbiamo trasformato da un campo arido e avvelenato in luogo fertile e ricco di biodiversità verrà riconsegnata all’agroindustria che in una sola stagione procederà allo sterminio dei micro-ecosistemi che vi erano rinati.

In questi giorni stiamo cercando disperatamente un altro posto dove continuare il progetto di casa galeone ma non è semplice. Per niente. Non è semplice immaginare un altro luogo dove ricominciare, organizzare un trasloco in odore di esodo, asportare tutti gli impianti e le migliorie approntate in questi anni, immaginare che una nuova bimba possa nascere proprio nei giorni dello sfratto e pensare di abbandonare un luogo a cui abbiamo dato così tanto e che così tanto ci ha dato. Non è semplice.

Noi comunque non molliamo e i conti non si chiuderanno di certo così.
Non riusciamo ad immaginare un altro modo di vivere e di lottare.

Vorremmo concludere citando testualmente il presidente della commissione speciale agraria del tribunale di Macerata quando per richiamare a gran voce gli avvocati e i suoi colleghi alla lettura dell’ultima sentenza dice:

ADESSO TOCCA AGLI ANARCHICI

SULL’ARRESTO DEI REGAZ DELLA “BABY GANG” A FORLÌ

Diffondiamo da Piccoli Fuochi Vagabondi:

Pubblichiamo un contributo individuale che parte da un recente fatto di cronaca che ha coinvolto alcuni giovani forlivesi indicati dalla polizia e dai giornali locali come appartenenti ad una “baby gang”. A prescindere dal fatto che questo termine serve oggi a designare uno tra i tanti nemici interni con cui lo Stato legittima i suoi dispositivi di repressione, lo scritto parte dalle premesse che, se non può essere giusta la prevaricazione come metodo contro chi viene percepito più debole, la violenza agita da parte di chi sente più forte, forse perché nasconde un profondo senso di fragilità, non può essere considerata criticamente senza considerare il contesto sociale in cui le dinamiche interpersonali e di potere sono inserite. C’è il rancore prodotto dallo stigma che accompagna chi, come i giovani immigrati o le seconde o terze generazioni, non vengono riconosciute come titolari dei diritti di cittadinanza, sfruttate quando lavorano, criminalizzate quando non lo fanno, sotto stretta profilazione quotidiana da parte delle forze di polizia. C’è la fine delle cosiddette “grandi ideologie” del ‘900 che hanno ceduto il passo ai valori che la società capitalista insegna, introiettati oggi per mezzo della scuola-azienda-caserma il cui unico compito è quello di mettere in competizione gli individui per ottenere una posizione. Ma c’è anche un altro tipo di scolastica, quella tipica dei social network, che partendo dalla medesima logica competitiva insegna che chi ottiene like e follower vale anche nella vita reale, chi non ottiene attenzione – questo genere di merce che si cerca di acquisire – è destinato ad un’essenza insignificante, da “perdente”.
La gestione pandemica del 2020-2022, con il suo corollario di privazioni, divieti ed estraniazione sociale, ha certamente aggravato il senso di alienazione e mancanza di rapporti reali di questa generazione che si trova a crescere in questo determinato momento storico e che – ovviamente in parte, perché è sempre stupido generalizzare – crede che solo dalla sopraffazione altrui (che sia economica o fisica) possa arrivare il successo, il riscatto, l’attenzione prima social e poi magari sociale. In un mondo, quello occidentale, in cui il social sta soppiantando il sociale. Oggi accusata di essere la nuova “classe delinquente”, durante un’ipotetica guerra – che appare sempre meno ipotetica e sempre più probabile, oltre che sempre più digitalizzata e interconnessa – la generazione social che ha imparato la lezione della competizione e della sopraffazione potrebbe imparare anche quella dell’obbedienza. L’ordine pubblico ne gioirebbe e lo Stato avrebbe la sua carne da cannone.
Da questo racconto, possiamo dedurre che la rabbia a volte è maldiretta. Come ribadito in questo scritto, quando succede che i rapporti di forza, solitamente sbilanciati dalla parte dello Stato, vacillano “è solo perché chi è oppressx si ribella e mette in discussione, in maniera conflittuale non democratica, le regole vigenti”. E queste regole, detto per inciso, riguardano anche i rapporti di potere.
Ma è proprio dal conflitto che può nascere la possibilità di una società se non democratica – che oramai questo è un termine che il potere ha fatto pienamente suo, e che significa molte cose diverse – di sicuro più libera.


Forse non dalla parte dei maranza, di certo non dalla parte della legge!Sull’arresto dei regaz della “baby gang” a Forlì (22/03/25).

Giornali online e cartacei in questi giorni sono strapieni della notizia degli arresti fatti a Forlì dai solerti uomini della Squadra Mobile della Questura di Forlì-Cesena: 15 idenificati, tutti tra i 17 e i 20 anni, dieci mandati d’arresto, nove eseguiti con altrettante persone in carcere e una ancora latitante, e speriamo per per molto tempo.
Ovviamente non mancano le dichiarazioni dei vari politici fascio-nazional-popolari che affollano il palazzo comunale di Forlì (mentre i sinistrosi tacciono, perchè non possono difendere dei criminali, ci mancherebbe!) che chiedono pene dure, più controlli, più multe, più arresti, più videocamere, più soldi per i sicari in divisa… quello che chiedono sempre insomma.
Soltanto per il gusto e la voglia di non lasciare il monopolio della narrazione di questa vicenda della “baby gang sgominata” a fascisti, sbirri e opinionisti radical chic, mi pare onesto prendersi due minuti per dire qualcosa di ostinato e contrario.

Parto da un presupposto che so non essere più tanto di moda: la legge e i codici morali di una società sono il prodotto di un rapporto di forza. Lo Stato fa le leggi per proteggere il potere che amministra e i padroni che lo necessitano; se cambiano delle leggi in senso più “libero” succede solo perché chi è oppressx si ribella e mette in discussione, in maniera conflittuale non democratica, le regole vigenti. In mancanza di conflitto sociale, cioè di una coscienza (anche armata) da parte di chi è sfruttatx di chi sono i suoi nemicx, gli amministratori del potere fanno tutto ciò che possono per stringere il cappio al collo della società: lavorate, producete, pagate le tasse, ubriacatevi una o due volte a settimana e consumate. Non rompete le scatole, che noi facciamo girare i soldi grossi. Questa è l’etica dello Stato, qualunque Stato: certo è che quello italiano è un po’ più fascista di altri in Europa, anche perché i padroni hanno avuto tanta paura negli anni ’60 e ’70 dove si stava per fare la rivoluzione…

Perché dico questo? Perché se si crede alla favoletta della democrazia nella quale abbiamo tuttx le stesse opportunità, siamo tuttx cittadinx ugualx e con pari diritti e doveri, allora questa “baby gang” pare proprio un frutto marcio del bell’albero della borghesissima e depressissima città di Forlì (che poi, frutto marcio, suvvia, restituiamo un po’ di dignità alla realtà: furti di biciclette, un paio di rapine di cellulari, spaccate in dei tabacchi, risse tra regaz…cose che si sono SEMPRE viste in tutte le città).
Ma visto che non ci credo alle favole della propaganda (ma a quelle degli gnomi, delle fate, dei draghi che bruciano i castelli dei Re sì!) mi dico che è la logica conseguenza di un sistema che ci alleva fin dalla culla col solo imperativo di fare soldi, consumare, arrivare in alto mangiando in testa a tuttx. Competizione, arrivismo, successo, apparenza.
E quanto in alto possono arrivare dei ragazzi tunisini, senza famiglia, senza casa, che hanno attraversato un mare che è una tomba (il 16 marzo hanno ripescato 43 corpi al largo di Lampedusa: provenivano dalla Tunisia) per arrivare in una terraferma che è una galera a cielo aperto?

Non voglio vittimizzare nessunx, solo mettere nero su bianco che no, non abbiamo le stesse possibilità, non abbiamo gli stessi privilegi, non abbiamo le stesse alternative tra le quali scegliere.
Certo, comunque avevano alternative al furto, alla rapina? Sì, ce l’avevano. Ingrassare le fila dex disoccupatx che elemosinano un posto di sfruttamento pagato una miseria per poi andare ad affittare un buco di cantina in nero pagato una follia e magari, in sei o sette anni, avere un permesso di soggiorno.
O un’altra alternativa è fare la fila alla Caritas e beccarsi due pasti caldi al giorno, e magari potersi fermare a dormire per due settimane di fila (di più non ti tengono e ti fanno la perquisa quando entri) ma alle 8:00 di mattina devi sloggiare perché alla Caritas ci vai solo per dormire. Bello! A chi non farebbe gola una vita così?!

La legge, e gli sbirri col gel che hanno posato per le foto della stampa, sono lì apposta per far sì che chi non ha nulla resti senza nulla o con quel minimo indispensabile per renderlo eternamente ricattabile: se sgarri perderai anche quei due spicci a fine mese.
E tutto questo solo per quanto riguarda i “beni materiali”, ma la vita non dovrebbe essere fatta solo di oggetti comperati o oggetti venduti, ma di tanto altro, tanto di radicalmente altro: condivisione, tempo libero da obblighi e lavoro, scoperta, viaggi, sesso, gioco, creatività, divertimento, affetti, crescita spirituale…ma a chi gliene frega nulla di sta roba ormai?!
E quindi che non ci si scandalizzi se poi coi “proventi delle azioni criminose” i regaz compravano occhiali e scarpe firmate, cos’altro avrebbero dovuto fare?! Mandarli ad organizzazioni di resistenza in Palestina o nel Sahara? Sarebbe stato un sogno, ma i sogni non fanno rima con capitalismo.
Se hai 18 o 20 anni nel 2025 significa che sei statx allevatx con la sola ottica martellante e pervasiva del consumo e del “non me ne frega un cazzo di politica”, e le anime belle (come il sottoscritto) che si augurano che maturi la “coscienza di sfrutatti” in tuttx quex ragazzx per strada notte e giorno, che giustamente odiano le guardie, si mettano l’anima in pace: non c’è rivoluzione (per lo più! eccezioni ci sono sempre) nella rabbia delle strade, solo un cieco senso di fine, di catastrofe, di immediata riscossa e immediata caduta.
O così è quello che dicono lx regaz che incontro sui bus o in stazione…
E invece perché non ci si stupisce o non ci si arrabbia se quegli occhiali firmati o quelle scarpe di plastica da divo della TV te le compri con l’onesto guadagno del sudore della fronte?! (beh, qualcunx in effetti sì che si arrabbia!).

L’essenziale è che stai buono e partecipi alla catena della produzione e del consumo (legale o illegale è una falsa opposizione).
Il furto è una logica conseguenza della proprietà privata: come diceva qualcuno “finché esisterà il denaro non ce ne sarà mai abbastanza per tuttx”.
Se una cosa la voglio dire riguardo all’operato criminoso della baby gang è solo relativa ai bersagli delle loro azioni: perché rapinare un ragazzino al centro commerciale invece di un riccone con la Tesla? Perché picchiarsi tra bande rivali invece di menare i fascisti e i razzisti che speculano sulle tragedie della gente migrante, che rinchiude fratelli e sorelle in galere e CPR? Perché un furto in un minimarket di gente che a sua volta subisce il razzismo, piuttosto che una banca? (Certo, la banca è molto più difficile da fare!).

In definitiva, perché non indirizzare con un minimo di etica, etica data dall’evidenza di come va il mondo, un’azione di riappropriazione e di sopravvivenza, invece di prendersela col primo capitato?! Forse è chiedere troppo, ma nessuna pretesa, sarebbe un auspicio che tutte le volte che ho l’occasione, alla fermata del bus o su un muretto con una birra, cerco di buttar là a chi ha voglia di far due chiacchiere e mi chiede una sigaretta.
Non difendo un tamarro che ti punta un coltellino per farti il portafoglio mentre stai tornando a casa la sera, lo contestualizzo: se non esistesse la miseria non avrebbe semplicemente bisogno di rubare.
Subire violenza, verbale e/o fisica è un trauma che moltx abbiamo sperimentato, perciò capisco chi ha paura della “brutta gente di strada”, ma non posso fare a meno di ragionare in altri termini: quanto danno fanno alle nostre vite (di gente non ricca) banche, assicurazioni, eserciti, poliziotti, secondini, padroni di casa, psichiatri, professori tiranni, burocrati, politici, industriali, fascisti, giornalisti infami, tecno-scienziati che manipolano piante, clima ed animali?
Quante persone sono morte ammazzate dagli sbirri (o torturate, picchiate, vessate nelle questure/caserme) e quante dalle “baby gang”!?
O sono davvero dieci pischelli (giustamente) arrabbiati e senza direzione che ci opprimono? Spazzando via i primi risolveremo la situazione di disparità sociale ai secondi e a noi stessx.

L’unica maniera per eliminare la logica della sopraffazione e della violenza è distruggere la società che ce le impone!

Contro il DDL1660 e contro i suoi falsi critici, ovvero la stessa sinistra che ha inasprito i pacchetti sicurezza precedenti (Minniti) e le ordinanze antidegrado, a Forlì come in tutta Italia.

Contro ogni confine, contro ogni tribunale, contro ogni galera!

La proprietà è il furto!

 

CATALOGNA: NUOVO CASO DI INFILTRAZIONE POLIZIESCA NEI MOVIMENTI SOCIALI

Diffondiamo

È di oggi la scoperta dell’undicesimo caso di infiltrazione poliziesca nei movimenti sociali in Spagna: Álvaro Gaztelu Alcaire, sotto la falsa identità di Joan LLobet Garcia, dal 2019 al 2021 ha portato avanti un’attività di spionaggio a Lleida (Catalogna) all’interno del SEPC (Sindacato di studenti dei paesi catalani), Endavant (sezione ecologista) e Ateneo la Baula. Ha anche partecipato agli eventi della PAP (Piattaforma antirepressiva di ponente), e alle mobilitazioni contro l’incarcerazione del rapper Pablo Hesel.

«Con le ultime infiltrazioni, ci chiediamo: quanti ancora? Non abbiamo una risposta, ma abbiamo chiaro che già sono troppi! (…) Le infiltrazioni sono una pratica abituale: gli ultimi casi riconfermano l’idea che si passano il testimone l’un l’altro, condividono informazioni e utilizzano alibi e infrastrutture comuni. Uno va quando un altro, o più, sono già sul posto e la loro infiltrazione ha iniziato a consolidarsi. Vogliamo chiarire che questa pratica dello Stato riguarda tutti noi: non è qualcosa di nuovo o isolato, è il modo in cui lo Stato lavora per distruggere i movimenti sociali e politici, un ulteriore meccanismo di repressione e controllo poliziesco. Non permettiamo che l’infiltrazione della polizia e le violazioni della vita di così tante persone si normalizzino a un livello così grave. Non normalizziamo la TORTURA come strumento repressivo dello Stato, né la brutale repressione della dissidenza politica. Continueremo a lottare e a denunciare queste pratiche fino all’ultimo, fino a quando non le avremo trovate tutte. Perché, se abbiamo imparato una cosa, è che fanno degli errori e sappiamo già come sbrogliare la matassa per scoprire le loro montature e le loro bugie. UNITX CONTRO LO SPIONAGGIO DI STATO»

Fonti:

ACCIÓ contra l’espionatge d’estat

La Directa

CATANIA: APPELLO PER UNA MOBILITAZIONE UNITARIA CONTRO LEGGI REPRESSIVE E STATO DI GUERRA

Assemblea regionale per una mobilitazione unitaria contro leggi repressive e stato di guerra
6 aprile ore 15.30
Palestra Lupo (Catania)


Di seguito il testo dell’appello:

La repressione nel territorio

La repressione in Sicilia si snoda tra una cinquantina di nodi nevralgici sparsi su tutto il territorio: carceri, CPR, CPA e basi militari. L’isola, ospitando 23 carceri sulle 94 presenti nel territorio italiano e 4 istituti penali per minorenni su 17, detiene il triste primato del maggior numero di detenuti per abitante. Solamente nel 2022 in Sicilia, ci sono stati 5 tentativi di suicidio negli istituti penali per minorenni (su un totale nazionale di 12); nelle carceri, nello stesso anno, sono “state suicidate” dallo stato 11 persone (su 85 totali in Italia); 8 i morti nel 2023. Le carceri siciliane si distinguono per la violenza sistematica utilizzata contro i detenuti, oltre che per l’inumano sovraffollamento. Nel 2025 sono stati imposti dei nuovi divieti che proibiscono l’ingresso di alcune tipologie di abiti e di alimenti.(1)

Questo ha provocato una serie di proteste come battiture e scioperi del carrello che hanno visto picchi di partecipazioni altissimi, soprattutto a Siracusa e Palermo (700 al Cavadonna e 400 al Pagliarelli). Il nostro territorio è in prima linea nella guerra ai migranti ospitando 3 CPR su 8(2), 5 Hotspot su 6(3) e 2 CPA su 9(4). A completare il complesso mosaico repressivo sono le strutture militari segno tangibile della natura coloniale dell’isola, in prima linea nella sempre più vicina guerra “guerreggiata”. Sono presenti nel territorio, oltre ai presidi militari dell’Esercito Italiano anche la Stazione aeronavale dell’esercito statunitense a Sigonella; il MUOS presso la Sughereta di Niscemi(5); l’Aeroporto Militare di Trapani Birgi(6); il Porto di Augusta(7); RADAR a Lampedusa, Noto, Marsala(8)

La corsa al riarmo

L’accelerazione della morsa repressiva dello Stato è ancora più tangibile in questi ultimi mesi. La comunità internazionale assiste complice del genocidio in Palestina, lo Stato Italiano e l’Unione Europea continuano ad appoggiare il criminale governo di Israele e si lanciano in una sfrenata corsa agli armamenti a livello globale. Attraverso ReArm Europe sono previsti 800 miliardi di investimenti per l’ampliamento delle spese belliche a discapito delle spese sociali, trasformando il welfare europeo in un warfare. Oggi l’Italia spende per la difesa 33 miliardi di euro (sono evidenti gli aumenti nell’ultima finanziaria); con il piano
europeo il nostro Paese, entro quattro anni dovrebbe spendere circa 70 miliardi, intorno al 3% del Pil che spingerebbe il disavanzo pubblico dal 3,4% registrato nel 2024 al 5%. Queste risorse andranno drenate da altre voci di spesa (pubblica amministrazione, aiuti allo sviluppo, sostegno della cooperazione e delle fragilità, sanità e istruzione) contribuendo a demolire le ultime tracce di welfare.

Il fronte interno

Il conflitto tra Russia e Ucraina dimostra come sia essenziale la capacità di controllo, la manipolazione delle coscienze, la pacificazione di ogni forma di conflitto interno. Lo strumento strategico ideato dal governo per neutralizzare ogni forma di dissenso è il ddl 1236 (ex ddl 1660), ormai di fatto approvato al Senato che a breve sarà legge dello stato. Include una serie di provvedimenti che colpiscono penalmente ogni forma di lotta; segna una nuova fase nel processo di invisibilizzazione dei migranti e peggiora i luoghi di detenzione amministrativa, trasformandoli in lager fuori dal diritto penale; rende ancora più critica la situazione nelle carceri; criminalizza ulteriormente i salvataggi in mare equiparando navi della guardia Costiera a navi da guerra; favorisce l’aumento delle armi possedute dagli agenti di pubblica sicurezza, creando di fatto attorno a loro uno scudo legale e penale. Il disegno di legge contiene la “norma anti-No ponte” integrato nell’art. 19, un emendamento che introduce aggravanti per tutti gli atti finalizzati all’impedimento della realizzazione di infrastrutture ritenute strategiche tra cui il TAV e il Ponte sullo Stretto. Il Ponte, presentato dal governo come un’opera strategica necessaria alla vita dex sicilianx, è una devastante truffa sociale e ambientale. Andrebbe edificato in un’area ad alto rischio sismico costantemente instabile. Costerebbe più di 14 miliardi di euro, fondi che andrebbero destinati a reti ferroviarie, strade e porti. Fino ad ora è già costato centinaia di migliaia di euro, prelevati dai Fondi di Coesione e Sviluppo di Calabria e Sicilia, originariamente pensati per ridurre divari socio-economici che avrebbero dovuto supportare la micro impresa e finanziare la tutela dell’ambiente, la promozione della cultura, dell’istruzione, della formazione e il miglioramento della salute. Di contro, sono stati il salvadanaio del malaffare siciliano. L’opera determinerebbe un irrimediabile impatto ambientale, modificando irreversibilmente l’ecosistema, distruggendo la bellezza paesaggistica. Andrebbero demoliti interi paesi, con relativo spostamento coatto dei residenti e chiusure delle attività economiche esistenti. Nonostante ci siano, ormai da decenni, possibili alternative alla promozione della mobilità (dal potenziamento dei porti all’apertura di nuovi aeroporti), il governo insiste nel progetto eco-mostro, ai danni della popolazione di Sicilia e Calabria.

STUDENTƏ REPRESSƏ

Secondo il nuovo art 31 del ddl, se studentx o docente dovessero partecipare a un movimento politico o fossero attivistx di una associazione, l’Università dovrebbe comunicarlo su richiesta dei Servizi Segreti. Lo stesso avverrà se un professore insegna in aula argomenti ritenuti “pericolosi” o sovversivi. Purtroppo già è stato eclatante il caso del professor Raimo, sanzionato e sospeso, per aver criticato il ministro Valditara. Il governo vuole limitare le possibilità degli studenti di apprendere di più su temi di attualità, di sviluppare un pensiero critico e soprattutto di esprimere il proprio dissenso e ribellarsi. Per gli studenti, come per tutte le altre soggettività, sarà più difficile manifestare visto il rafforzamento dei controlli e l’aumento del potere garantito alle forze di polizia, ormai legittimate a intervenire sempre. Chi partecipa a manifestazioni non autorizzate, rischia multe che possono variare da 2.000 a 10.000 euro; queste sanzioni sono applicabili alle proteste che vengono giudicate “minacciose” per l’ordine pubblico, anche senza episodi di violenza diretta. Se la manifestazione sfocia in episodi di violenza o danneggiamenti a persone o cose, le pene possono essere la reclusione da 1 a 4 anni. L’intento è di intimorire i giovani, che spesso sono protagonistx di proteste su temi come l’ambiente, l’istruzione, i diritti civili o le strutture scolastiche fatiscenti nelle quali quotidianamente si tengono le lezioni senza alcuna sicurezza. Ciò solleva una domanda cruciale: fino a che punto un governo può limitare il diritto di protestare per garantire “l’ordine pubblico”? Il ddl sicurezza propone una serie di modifiche giuridiche liberticide per punire i soggetti che non abbassano la testa di fronte alle ingiustizie e protestano per chiedere giustizia climatica, contro le “grandi opere” o che si oppongono al PCTO. A Catania, ad esempio, all’istituto tecnico aeronautico Arturo Ferrarin è OBBLIGATORIO partecipare alle attività tenute nella base NATO di Sigonella(9). Chi prende posizione contro le ingiustizie sociali e politiche, rischia di essere privato della propria libertà di espressione e penalizzato.

La Rete No DDL Sicurezza Catania

In continuità con i lavori del ddl al Senato, il Ministro degli Interni, quale segno tangibile della nuova politica di governo, ha promosso anche l’istituzione delle “Zone Rosse”, aree sottoposte a controlli intensificati di pubblica sicurezza, in tantissime città italiane, anticipando i dispositivi e le logiche del ddl. La prefetta di Catania ha subito risposto alla sollecitazione decretandone sei. L’opposizione alle Zone Rosse è stata un tratto fondante della neo costituita Rete No DDL Sicurezza Catania, un soggetto politico eterogeneo, autoconvocato, animato da militanti e attivisti di gruppi organizzati e soggettività autonome, nato lo scorso novembre, attraverso una prassi di organizzazione orizzontale ben definita: le assemblee cittadine pubbliche itineranti sono state unico luogo di discussione e decisione politica; settimanalmente sono state costruite iniziative informative, supportate da volantinaggi e affissioni. Ogni evento ha segnato un momento di riappropriazione temporanea di uno spazio pubblico (piazza, strada, giardino, ville). Sono stati numerosi i momenti di lotta, per allargare la partecipazione alla mobilitazione, non solo in modo quantitativo ma anche qualitativo. I cortei e le azioni dirette, unite ad una massiccia opera di contro informazione che ha coinvolto le strade e le piazze oltre che i canali social, hanno permesso alla mobilitazione di crescere e di porsi nuovi obiettivi come il contrasto del modello Caivano che dovrebbe essere applicato nel centrale quartiere di San Cristoforo; la mobilitazione del fronte cittadino in difesa di produzione, distribuzione e uso della Canapa light; il contrasto di logiche di gentrificazione e turistificazione selvaggia, imposte alla popolazione come unico modello di sviluppo economico possibile, difese attraverso misure di controllo poliziesco e retorica del decoro.

L’appello

Il carattere marcatamente repressivo presente nel ddl 1236, ma anche nel dl “Caivano” della direttiva “Zone Rosse” e persino nelle modifiche al codice della strada tende, non solo, a risolvere ogni questione sociale attraverso misure penali(10), ma sposta il soggetto del diritto: dalla tutela della collettività verso la tutela dell’autorità pubblica scivolando in direzione della legge marziale. Legge emergenziale d’eccellenza, che qui, presuppone l’intento specifico di colpire, anche preventivamente, là dove le lotte si intersecano con il disagio e lo organizzano proponendo soluzioni militanti. Perseguendo un’alleanza con le forze di polizia, protagoniste dell’avvitamento repressivo e destinatarie di robuste politiche di sostegno. Crediamo che un aspetto della lotta, fondamentale per sbaragliare i piani del nemico, sia la solidarietà, bersaglio principe del disegno di legge 1236. In quanto ricorrono nel testo veri e propri tentativi di colpire individui e disarticolare reti sociali, sanzionando chi supporta gli occupanti di edifici pubblici a scopo abitativo, cercando di spezzare la solidarietà all’interno delle carceri tra i detenuti (e con chi sta fuori) e attraverso il neonato “reato di parola”, volto a colpire lo scambio e la diffusione d’informazioni. Per rilanciare la complicità e la solidarietà tra sfruttatx/oppressx, pensiamo sia necessario provare a costruire insieme in Sicilia una mobilitazione unitaria, che possa affinare legami e pratiche, utili a combattere la repressione nel nostro specifico territorio. Vogliamo ribaltare la narrazione di una Sicilia disomogeneamente abitata e vissuta, una terra d’emigrazione, talvolta deserta, arretrata, abbandonata, perfetta unicamente per edificare basi militari e strutture detentive, come cattedrali nel deserto, isolate, mute ed occultate alla vista.

Riteniamo necessario che proprio dalla Sicilia si alzi una voce contraria, forte ed unita per contrastare i progetti repressivi e guerrafondai previsti dallo Stato Italiano per quella che considera una debole colonia periferica e silenziosa. Sappiamo quanto sia necessario che la mobilitazione esondi fuori dai circuiti militanti cittadini. Crediamo non si possa più indugiare. Ci appelliamo pubblicamente a organizzazioni, realtà politiche, individualità che condividono le analisi trattate in questo appello a partecipare alla costruzione di una mobilitazione regionale contro leggi repressive e stato di guerra.

Con il nostro cuore rivolto al genocidio palestinese, forma repressiva più estrema ed
espressione massima di brutalità e annichilimento di una intera popolazione. Stop Genocide! Free Palestine!

No ddl Sicurezza Catania.


1 come salumi, pesce, formaggi (solo se stagionati), farina, lievito, vino e birra.
2 Centri di detenzione per le persone senza permesso di soggiorno, quindi deportabili nei paesi detti
“di origine”.
3 Centri di identificazione e confinamento per coloro che sono appena sbarcatx.
4 Centri Governativi di Prima Accoglienza di trattenimento coatto, per coloro che riescono a
presentare una domanda di protezione internazionale.
5 Mobile User Objective System è un sistema di comunicazioni satellitari (SATCOM) militari ad alta
frequenza(UHF).
6 stazione di rifornimento delle Forze di Mobilità Aerea statunitensi che ospita gli aerei-radar AWACS
e i caccia della NATO.
7 stazione di rifornimento della marina militare italiana e statunitense.
8 avamposti dell’aeronautica militare italiana in cui sono installati dispositivi di ultima generazione,
fabbricati dalla Leonardo SPA, presente con varie dislocazioni sul territorio.
9 pensate per indurre a scegliere un percorso di addestramento militare piuttosto che un percorso di
studi civile, svolte e finanziate dalla Leonardo, azienda leader nella produzione di armi.
10 cd. panpenalismo già ampiamente utilizzato nei cd. Pacchetti di sicurezza degli ultimi 25 anni.

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CPR DI MACOMER: PERQUISIZIONI, DENUNCE E FOGLI DI VIA

Diffondiamo

Oggi alcuni solidali si sono presentati di fronte al cpr di Macomer per portare un po’ di vicinanza ai reclusi. Al loro arrivo hanno trovato una jeep dei carabinieri e, ai tentativi di comunicazione con i reclusi, c’è stata una risposta, subito silenziata da una camionetta della celere già presente dentro.
Le forze dell’ordine hanno immediatamente bloccato i solidali, pretendendo di portarli in caserma per effettuare foto segnalazioni  e delle perquisizioni personali più accurate delle compagne presenti, nella ricerca di armi.
I solidali si sono negati di spostarsi in caserma e, dopo aver minacciato di trattenerli sino a notte,gli sbirri hanno proceduto alle perquisizioni personali e delle auto sequestrando diverso materiale, sono stati notificati fogli di via e diverse denunce.

Nel lager di Macomer sono al momento recluse una cinquantina di persone, la maggior parte portati da altri cpr per motivi punitivi. Si trova in un posto isolato, difficile da raggiungere e costantemente presidiato dalle forze dell’ordine, che impediscono a chiunque di avvicinarsi a meno di 500 metri. Alle persone recluse viene costantemente impedito di contattare avvocati, accedere al telefono, ricevere pacchi. Ad ogni saluto, la repressione e il tentativo di silenziare la solidarietà aumenta. Ma i legami si rafforzano, i cpr continuano a bruciare, e noi restiamo al fianco di chi lotta per la libertà.

SALUTO AL CARCERE DI TARANTO

Diffondiamo:

“Un manicomio di pazzi” così, il SAPPE nel 2018 definiva il carcere di Taranto.
“Un vero e proprio manicomio con detenuti pazzi con licenza d’uccidere poiché tanto non pagheranno nulla”, così continuava nella sua orribile descrizione.
Questi “pazzi” secondo il sindacato sarebbero la causa dei continui disordini che si registrano nel carcere di Taranto, uno tra i carceri di grandi dimensioni più affollati d’Italia, con 940 detenut* su una capienza di 500, di cui 720 definitiv*, costrette a scontare lunghe pene in condizioni di disagio.

Dal 2018 ad oggi non è cambiato molto, neanche le scuse usate dalle istituzioni per giustificare le condizioni disumane delle galere. Una relazione del Procuratore Generale della Corte d’appello di Lecce evidenzia come il sovraffollamento non è il problema principale, ma lo sarebbero appunto i cosiddetti pazzi dal Sappe. L* detenut* affett* da disturbi psichiatrici sono 52 secondo il report e l* detenut* in affidamento al serd intramurale, poiché (ex)consumatori di sostanze, sono 258.
Dal report sappiamo anche che dal 1 luglio 2023 al 20 giugno 2024 non si sono verificati suicidi ma ci sono stati ben 27 tentati suicidi, 18 aggressioni ai secondini e 12 risse tra detenut* e qui sentiamo un’ altra lagna dal sindacato: “Per la capienza regolare della struttura (500 posti) servirebbero 349 guardie, il personale in servizio attivo per 940 detenut* invece raggiunge solo 311 e, ancora più importante, l’età media è di 46 anni… chiedetevi: perché nessun* vuole fare l* sbirr*?

Hanno distrutto un territorio, il bello che è rimasto stanno cercando di svenderlo come stanno provando a fare col fiume Tara, dove l’Acquedotto Pugliese vuole costruire un “impianto di dissalazione delle acque salmastre delle sorgenti del fiume Tara” vendendolo come un progetto che porterà acqua potabile a 385.000 persone, ma che sappiamo bene che porterà solo speculazione e distruzione.
Siamo tossic*, delinquent* e pazz* per colpa vostra, siamo malat* per colpa vostra: secondo un report scientifico del 2020 pubblicato su Nature nel 2024, I bambini di età compresa tra 6 e 11 anni identificati nei comuni di Taranto/Statte avevano una prevalenza statisticamente significativa più alta di bambin* affett* da autismo (ASD) rispetto ai bambin* di altri comuni.

I risultati osservati in questo studio sono indicativi dell’associazione tra la vicinanza residenziale alle strutture industriali che emettono inquinanti atmosferici (Ilva) e una maggiore prevalenza di ASD.
Speriamo ci saranno sempre meno sbirri per le vostre carceri e purtroppo, tra zone rosse e repressione in aumento, ci saranno sempre più pazz*, tossic* e delinquent* in quei posti, le vostre carceri crolleranno e noi speriamo di essere ancora lì fuori a supportare chi si rivolta e combatte per farle crollare.
Per questo, la sera del 28 marzo, un gruppo di solidali ha voluto portare un po’ di sana pazzia fuori dal carcere di Taranto, con cori,fuochi e un piccolo discorso si è sovvertita la monotonia e distanza che regna sovrana nei luoghi di detenzione.
Un’ immediata risposta è arrivata dall’interno con cori e battiture, abbiamo sentito la gratitudine dellx reclusx che ci hanno anche avvisatx dell’arrivo delle guardie data la loro posizione di maggiore visibilità. Il loro calore ci ha ricordato ancora una volta quanta potenza, vicinanza e complicità può esplodere con un gesto così piccolo come un saluto.

Solidarietà a l* compagn* fermate e denunciate a Taranto la notte tra il 12 e il 13 marzo.
Tutt* Liber*
Pazz*, tossic* e delinquent* a volte anarchic